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10. La chiamata di Samuele

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10. La chiamata di Samuele
« La parola del Signore era rara in quei giorni … »: la chiamata di Samuele
Profeti:
Tirano: bassorilievo in ricordo di
Carlo Maria Martini ,
David Maria Turoldo,
Camillo de Piaz.
Il racconto della chiamata di Samuele si presenta come una bella storia, semplice e lineare. Un
ragazzo, dono di Dio ad una madre umiliata e offesa dalla rivale, viene offerto al Signore « perché
gli appartenga per tutta la vita ». (1 Samuele 2,18.26). Avviene in tempi in cui la parola del Signore
era rara, e le visioni non erano frequenti: tempi di decadenza religiosa e morale. I figli di Eli «
erano uomini perversi; che non riconoscevano il Signore » (1 Sam 2,12). Tempi di guerre intestine,
odi, vendette e divisione tra le tribù (Gdc 17-21).
Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in
quei giorni, le visioni non erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo
posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio
non era ancora spenta e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio.
(1 Samuele 3,1-3).
Per gustare la bellezza del racconto, ci facciamo accompagnare da don Angelo Casati, un
“vecchio sacerdote” milanese, che ha condiviso l’amicizia, del card. Martini, di padre Turoldo e
padre Camillo:
Vorrei iniziare dalla voce nella notte. Mi colpiva l’incipit del racconto, che mette senza censure davanti ai
nostri occhi la situazione religiosa e sociale di quei giorni, i giorni del vecchio sacerdote Eli e del giovane
Samuele che serviva nel tempio. Mi sembra, perdonate, di rivedere per qualche aspetto i nostri tempi. “La
parola del Signore” è scritto “era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti”. Starei per dire “rara”
oggi la parola, perché soffocata dal rumore di troppe vuote vecchie parole. Del vecchio sacerdote è
detto: “i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere”. Penso a noi preti sempre più
vecchi e forse indeboliti anche negli occhi. Gli occhi di Eli indeboliti dall’età, ma indeboliti anche dalla
sua incapacità di smascherare i figli, che per vile interesse approfittavano della fede del popolo. Della
fede e della buona fede di coloro che ancora frequentavano il tempio. Anche oggi, purtroppo, c’è, e
come!, il pericolo di far finta di non vedere, di tacere su coloro che approfittano della religione per vile
interesse. In questo panorama di ombre mi colpiva però, nel testo, l’accenno alla lampada: “la lampada di
Dio non era ancora spenta”. E nella mente mi immaginavo quel sacerdote, quel vecchio sacerdote che in
tempi di decadenza religiosa fedelmente, oserei dire testardamente, teneva accesa la lampada del tempio,
quasi a dire che Dio resiste, resiste anche nella notte dei tempi. E anche la notte più fonda può essere
attraversata da voci. (ANGELO CASATI, Commento alle letture della VIII domenica dopo Pentecoste –
Anno A).
La chiamata di Samuele si chiarisce progressivamente. Samuele - che « fino ad allora non aveva
ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore » - risponde
prontamente « eccomi! » a Eli, che per ben due volte lo rimanda a dormire!
Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse:
«Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si
mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli
dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio
mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore,
né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!»
per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!».
Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire
e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuele andò a dormire
al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele,
Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». (1 Samuele 3,4-10).
La voce di Dio sveglia Samuele e apre gli occhi a Eli, uomo del culto e della tradizione.
Disabituato ad ascoltare la parola del Signore, ma onesto nel riconoscere ed accogliere il divino.
Chi è Samuele? Significativo il suo cammino, di cui vengono indicate chiaramente le tappe. È un buon
ragazzo, che è stato lasciato nel tempio per fare il chierichetto e lo fa con diligenza, ma senza avere
esperienza di Dio. […] «Parla»; è Dio colui che parla, «il tuo servo ti ascolta»: l’uomo è anzitutto ascolto
di una parola che Dio pronuncia. Cosi Samuele passa da una esistenza buona, di servizio, a una coscienza
teologica profonda del mistero dell’uomo e di Dio: l’uomo è accoglienza, Dio è iniziativa, parola,
comunicazione, dono di sé, amore. (CARLO MARIA MARTINI, Samuele profeta religioso e civile).
La parola del Signore chiama Samuele ad un compito difficile. Lui, il “chierichetto”, deve
rivelare a Eli una dolorosa verità: « io [il Signore] faccio giustizia della casa di lui per sempre, perché
sapeva che i suoi figli disonoravano Dio e non li ha ammoniti. Per questo io giuro contro la casa di Eli: non
sarà mai espiata la colpa della casa di Eli, né con i sacrifici né con le offerte!». (v. 13). Samuele è stato
costituito profeta, e – attraverso di lui – la parola del Signore torna a farsi sentire in Israele:
Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò
tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore.
Il Signore continuò ad apparire a Silo, perché il Signore si rivelava a Samuele a Silo con la sua
parola. La parola di Samuele giunse a tutto Israele. (1 Samuele 3,19-4,1a)
Il compito del profeta non è mai facile. Tutti i profeti hanno dovuto accettare i propri limiti,
rinunciare ai propri punti di vista e affrontare l’ostilità del potere politico e dei suoi collaboratori:
cortigiani, sacerdoti, “falsi profeti”. Per affermare il primato di una Parola che si presenta nella
debolezza della loro parola.
Il profeta non è colui che impara a memoria una parola, per poi trasmetterla e nemmeno un estatico, che
parla «fuori di sé». È invece l’artigiano della parola, colui che forgiando con cura la parola umana cerca
di esprimere il suo incontro con Dio.
Dio è colui che muove il primo passo e invita il profeta a entrare in relazione con lui. Dio chiama, il
profeta risponde. Dio è leale e fedele al suo patto, l’uomo si mostra incostante e sempre incline al
tradimento. Proprio per ricondurre il popolo alla fedeltà minacciata o già tradita, i profeti presentano se
stessi come «ambasciatori» di Dio. Per questa funzione essi devono presentare delle credenziali, al fine di
rendere certo l’uditorio che davvero stanno parlando in nome di Dio. La credenziale che essi possono
offrire è l’esperienza della loro chiamata. Molti libri profetici fanno direttamente riferimento al momento
in cui il profeta si è sentito investito della sua missione (si pensi ad Am 7,14-15; Is 6; Ger 1; Ez 1-3). I
«racconti di vocazione», prima di ogni altra finalità biografica o mistica, sono appunto le credenziali che
il profeta offre per accreditarsi di fronte ai suoi interlocutori.
La pagina di 1 Sam 3 presenta una figura rara per descrivere la vocazione profetica, che va a pescare nel
simbolismo “didattico”: il profeta è presentato come un discepolo, uno scolaro che deve imparare a
percepire la parola del Signore , quella parola che JHWH vuole comunicare a Israele proprio attraverso
il profeta. (GIANANTONIO BORGONOVO, Commento alle letture della VIII domenica dopo PentecosteAnno A).
Insieme ad Anna – la madre di Samuele – ed a Maria, ringraziamo il Signore per i profeti che ci
ha inviato. E lo invochiamo perché non manchi tra noi, oggi, chi – come Carlo Maria Martini,
Turoldo, Tonino Bello, papa Francesco – ci aiuta a cogliere le « grandi cose che » il Signore opera
continuamente.
IL SIGNORE INNALZA GLI UMILI
(1 Samuele, 1-10)
Nel mio Signore esulta il mio cuore,
grazie al mio Dio la fronte innalzo:
esplode il canto su tutti i nemici,
perché io godo del suo favore.
2
Non vi è santo uguale al Signore,
né rocca come il nostro Iddio:
3
più non tenete superbi discorsi
né arroganza vi esca di bocca.
Egli è un Dio che tutto conosce,
tutte perfette son le opere sue.
4
Rotto, spezzato è l’arco dei forti,
del suo vigore egli cinge i deboli.
5
Va per un pane il sazio a giornata
e l’affamato ora cessa il lavoro;
sette la sterile ne ha partoriti
ed è sfiorita la donna ubertosa.
6
Vita e morte concede il Signore,
manda agli inferi e fa risalire;
7
è lui a rendere poveri o ricchi,
lui che umilia oppure innalza.
8
Egli solleva dal fango il misero,
dall’immondizia il povero esalta:
lo mette in trono in mezzo ai principi,
sopra un trono di gloria lo pone.
Son del Signore le basi del mondo
e fa poggiare su di esse la terra.
9
E sempre in veglia sui passi dei giusti,
gli empi spariscono dentro la tenebra.
Non per la forza un uomo prevale:
10
egli, il Signore, abbatte i potenti!
Tuona l’Altissimo Iddio dai cieli,
a giudicare la terra egli viene:
giudicherà il Signore ogni gente,
fino agli estremi confini del mondo;
darà potenza al suo re il Signore
e innalzerà del messia la fronte.
Gloria al Padre che agli umili guarda,
al Figlio gloria, per noi fatto servo,
gloria allo Spirito sempre vivente
canti con gioia il popolo santo.
(DAVID MARIA TUROLDO, Salmi e Cantici)
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