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Riporto di perdite fiscali e interessi passivi nelle fusioni alla luce del
Operazioni straordinarie
Riporto di perdite fiscali
e interessi passivi nelle fusioni
alla luce del nuovo abuso del diritto
di Luca Rossi (*) e Antonio Privitera (**)
A seguito dell’eliminazione di qualsiasi vincolo temporale al riporto degli interessi passivi e delle
perdite fiscali pregresse e dell’introduzione di una disciplina antiabuso, le disposizioni di cui all’art. 172, comma 7, del T.U.I.R., aventi la finalità di contrastare taluni effetti elusivi della fusione, non possono trovare applicazione nel caso in cui le società partecipanti alla fusione non
siano riconducibili nel novero delle c.d. bare fiscali e l’operazione non sia “ex se” elusiva ai
sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000, che rappresenta il faro cui orientare l’applicazione
di tutte le disposizioni antielusive previste dall’ordinamento nazionale.
Lo scopo del presente lavoro è quello di verificare se sia possibile pervenire ad una nuova
lettura interpretativa delle disposizioni limitative del riporto delle perdite fiscali e degli interessi passivi nell’ambito delle operazioni di
fusione, alla luce sia delle modifiche in tema
di riportabilità di tali posizioni soggettive recate dal legislatore nel corso degli ultimi anni sia
della nuova nozione di abuso del diritto, recentemente introdotta nell’ordinamento tributario
nazionale.
Pertanto, dopo aver ripercorso la disciplina concernente il riporto degli interessi passivi e delle
perdite fiscali, sia in via autonoma (c.d. stand
alone) sia in occasione delle operazioni di fusione, e la nuova nozione di abuso del diritto, il
contributo si propone di offrire taluni spunti interpretativi in merito al possibile riporto di tali
posizioni soggettive nell’ipotesi in cui la società
partecipante ad una fusione, pur non verificando in toto le condizioni previste dall’art. 172,
comma 7, del T.U.I.R., non sia riconducibile
(*) Dottore commercialista, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci
(**) Dottore commercialista, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci
(1) In epoca antecedente all’emanazione della Legge n.
244/2007 (Legge Finanziaria 2008) la deducibilità degli interessi passivi era disciplinata dal combinato disposto delle disposizioni di cui agli artt. 96 (Interessi passivi), 97 (Pro-rata patrimoniale) e 98 (Contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione) del T.U.I.R.
(2) Per completezza, si precisa che, per quanto qui di interesse, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 96 del T.U.I.R.,
Corriere Tributario 10/2016
nel novero delle c.d. bare fiscali (cfr. infra) e
l’operazione di fusione non configuri ex se un’operazione elusiva, ai sensi dell’art. 10-bis della
Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del
Contribuente), nella considerazione che, in tale
fattispecie, gli effetti elusivi che la medesima disposizione del Testo Unico intende contrastare
non possono verificarsi.
La riportabilità degli interessi passivi
e delle perdite fiscali “stand alone”
e nell’ambito della fusione
Per effetto delle novità introdotte dalla Legge
finanziaria 2008 (1), ai sensi dell’art. 96 del
T.U.I.R., gli interessi passivi (2) sostenuti da
soggetti passivi IRES (diversi da quelli esercenti l’attività bancaria e assicurativa (3)) sono
deducibili in ciascun periodo di imposta fino a
concorrenza dell’ammontare degli interessi attivi e, per l’eccedenza, nel limite del 30% del
risultato operativo lordo della gestione caratteristica (ROL) (4).
assumono rilevanza, ai fini in esame, gli interessi passivi e gli
interessi attivi, nonché gli oneri e i proventi assimilati, derivanti
da contratti di mutuo, da contratti di locazione finanziaria, dall’emissione di obbligazioni e titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria, con esclusione degli interessi
impliciti derivanti da debiti di natura commerciale e con inclusione, tra gli attivi, di quelli derivanti da crediti della stessa natura. Sul punto si veda anche il par. 2.2 della circolare n.
19/E/2009.
(3) Nonché tutti i soggetti esplicitamente richiamati dai
commi 5 e 5-bis del medesimo art. 96 del T.U.I.R.
(4) Definito dal comma 2 del medesimo art. 96 del T.U.I.R.,
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Operazioni straordinarie
tesi in cui la società che
Inoltre, la quota parte deSOLUZIONI OPERATIVE
le ha generate partecipi
gli interessi passivi che,
Interessi
passivi
e
perdite
nella
fusione
ad un’operazione di fusioper effetto dell’applicazioIl
riporto
di
interessi
passivi
e
perdite
ne, ma tale diritto è, tutne di tali regole, si rende
pregresse è consentito anche nell’ipotesi in
tavia, limitato dalle dispoindeducibile in un detercui la società che ha generato tali posizioni
sizioni antielusive previste
minato periodo di imposta soggettive partecipi ad un’operazione di
dall’art. 172, comma 7,
può essere ammessa in de- fusione, ma tale diritto è, tuttavia, limitato
del T.U.I.R., preordinate
duzione nei periodi di im- dalle disposizioni antielusive preordinate a
a contrastare il c.d. composta successivi se e nei li- contrastare il “commercio delle bare
mercio delle bare fiscali,
miti in cui, in tali periodi fiscali”, vale a dire società, prive di
capacità
produttiva,
la
cui
unica
dote
è
vale a dire società, prive
di imposta, l’importo degli
di capacità produttiva, la
interessi passivi di compe- rappresentata proprio dalle perdite fiscali
e/o
dalle
eccedenze
di
interessi
passivi,
che
cui unica dote è rappretenza, eccedenti gli intela società risultante dalla fusione, a seguito
sentata proprio dalle perressi attivi, sia inferiore al
dell’integrazione, può utilizzare al fine di
30% del ROL di compe- abbattere i propri eventuali redditi imponibili dite fiscali (6) e/o dalle
eccedenze di interessi pastenza e la riportabilità di futuri.
sivi, che la società risultale eccedenza di interessi
passivi nei periodi di imposta seguenti non è tante dalla fusione, a seguito dell’integrazione,
soggetta ad alcun limite temporale, come chia- può utilizzare al fine di abbattere i propri evenrito anche dall’Amministrazione finanziaria tuali redditi imponibili futuri.
nel paragrafo 2.4 della Circolare n. 19/E del Più in particolare, tale disposizione, in origine
riferita esclusivamente al riporto delle perdite
2009.
Con riferimento alle perdite fiscali pregresse, fiscali e successivamente estesa anche al riporinvece, si ricorda che l’art. 23, comma 9, del to degli interessi passivi dalla Legge finanziaria
D.L. n. 98/2011 (5) ha modificato il testo del- 2008 (7), si propone di impedire l’implemental’art. 84 del T.U.I.R. allo scopo di eliminare il zione di quelle manovre intese a realizzare, meprevigente limite temporale quinquennale di diante l’operazione di aggregazione, la compenriporto in avanti di tali posizioni soggettive, sazione intersoggettiva sia degli interessi passiintroducendo, al contempo, un limite quanti- vi sia delle perdite fiscali tra i diversi soggetti
tativo “di periodo” al loro utilizzo in misura coinvolti nell’operazione, subordinando, in caforfetaria pari all’80% del reddito imponibile, po alla società risultante dalla fusione, il diritto
fatta eccezione per le perdite realizzate nei pri- di utilizzare entrambe le posizioni soggettive almi tre periodi di imposta dalla data di costitu- la sussistenza:
zione, utilizzabili senza alcun limite sia tempo- - di condizioni minime di vitalità economica
rale sia quantitativo (cfr. Agenzia delle Entra- delle società che hanno realizzato i detti risultati negativi (c.d. requisiti economici di vitalite, Circolare n. 53/E del 2011).
Il riporto di entrambe le sopra menzionate po- tà). A tal fine, è richiesto che dal conto ecosizioni soggettive è consentito anche nell’ipo- nomico della società le cui perdite e/o interessi
ai sensi del quale “Per risultato operativo lordo si intende la
differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lett.
A) e B) dell’art. 2425 del Codice civile, con esclusione delle voci di cui al numero 10, lett. a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, così come risultanti dal conto
economico dell’esercizio; per i soggetti che redigono il bilancio
in base ai principi contabili internazionali si assumono le voci
di conto economico corrispondenti. Ai fini del calcolo del risultato operativo lordo si tiene altresì conto, in ogni caso, dei dividendi incassati relativi a partecipazioni detenute in società non
residenti che risultino controllate ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), del Codice civile”.
(5) Convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 111/2011.
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(6) Per completezza, si ricorda altresì che, per effetto delle
modifiche recate dall’art. 35, comma 17, del D.L. n. 223/2006
(convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 248/2006) al citato art. 172, comma 7, del T.U.I.R., in caso di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione, le disposizioni limitative in esame
si applicano anche al risultato negativo, determinabile applicando le regole ordinarie, che si sarebbe generato in modo
autonomo in capo ai soggetti che partecipano alla fusione in
relazione al periodo che intercorre tra l’inizio del periodo d’imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della
fusione.
(7) Si veda, in tal senso, la Relazione illustrativa della Legge
finanziaria 2008 e il par. 2.8 della citata circolare n. 19/E/2009.
Corriere Tributario 10/2016
Operazioni straordinarie
passivi sono riportabili (ivi inclusa la società
incorporante), relativo all’esercizio precedente
a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese
per prestazioni di lavoro subordinato e relativi
contributi, di cui all’art. 2425 del Codice civile, superiore al 40% di quello risultante dalla
media degli ultimi due esercizi anteriori; inoltre, come specificato in più occasioni dall’Amministrazione finanziaria, tali requisiti minimi
di vitalità economica devono essere verificati
non solo nell’esercizio precedente a quello in
cui è stata deliberata la fusione, come si ricava
dal dato letterale della norma, ma devono continuare a sussistere fino al momento in cui la
fusione viene eseguita (ragguagliando ad anno
l’ammontare dei ricavi e proventi dell’attività
caratteristica e dei costi per prestazioni di lavoro relativi a detto intervallo di tempo, in modo
da consentire il raffronto con la media dell’ammontare dei medesimi elementi contabili degli
ultimi due esercizi precedenti) (8); e
- del limite quantitativo rappresentato dal patrimonio netto della società che riporta le perdite risultante dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui al-
l’art. 2501-quater del Codice civile, determinato senza tener conto dei conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi ventiquattro mesi
anteriori alla data cui si riferisce il bilancio,
ovvero, la predetta situazione patrimoniale,
fatta eccezione per i contributi erogati a norma
di legge dallo Stato e da altri enti pubblici
(c.d. requisito del patrimonio netto) (9).
Trattandosi di norme sostanziali aventi portata
antielusiva, in epoca anteriore alla pubblicazione dei Decreti legislativi emanati ai sensi della
Legge n. 23/2014 (che ha indicato al Governo
i criteri cui uniformare la riforma dell’ordinamento tributario nazionale), la disapplicazione
delle disposizioni contenute nell’art. 172, comma 7, del T.U.I.R. poteva essere richiesta su
istanza del contribuente ai sensi del comma 8
dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, in base
al quale “Le norme tributarie che, allo scopo di
contrastare comportamenti elusivi, limitano
deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre
posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che
nella particolare fattispecie tali effetti elusivi
non potevano verificarsi” (10).
(8) Si veda, in tal senso, Agenzia delle entrate, risoluzione
n. 116/E/2006, risoluzione n. 143/E/2008 e circolare n.
9/E/2010 (par. 2.1).
(9) Inoltre, nell’ipotesi in cui l’operazione di fusione coinvolga società partecipanti ad una tassazione consolidata nazionale di cui agli artt. da 117 a 129 del T.U.I.R. e la medesima operazione di fusione non sia interruttiva di tale regime di tassazione, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che le disposizioni limitative al riporto delle perdite fiscali di cui all’art. 172,
comma 7, del T.U.I.R. trovino applicazione solo con riferimento alle perdite fiscali anteriori all’ingresso nel regime consolidato di ciascuna società partecipante all’operazione, rimanendo
escluse le perdite prodotte in vigenza della tassazione consolidata. Conseguentemente, la stessa Agenzia delle entrate ha
sottolineato che, ove l’operazione, ai sensi dell’art. 11, comma
3, del D.M. 9 giugno 2004, preveda l’incorporazione, da parte
di una società inclusa in un regime di tassazione di gruppo (sia
in veste di consolidante sia in veste di consolidata), di una società non inclusa in tale tassazione di gruppo (come nel caso
di una società consolidante che incorpora, mediante una fusione inversa, una società esterna al regime di tassazione di gruppo, quale, ad esempio, la propria controllante a seguito di
un’acquisizione), le limitazioni in parola trovino applicazione
esclusivamente con riferimento alle perdite anteriori all’ingresso nella tassazione di gruppo dell’incorporante e alla totalità
delle perdite realizzate dalla società incorporata (cfr., in tal senso, il par. 3 della circolare n. 9/E/2010). Diversamente, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che le disposizioni limitative di cui al predetto art. 172, comma 7, del T.U.I.R trovino applicazione relativamente alla riportabilità degli interessi passivi
anche in ipotesi di operazioni di aggregazione aziendale che
coinvolgono società che partecipano ad un consolidato nazionale e che non interrompono la tassazione di gruppo (cfr. in tal
senso la risoluzione n. 42/E/2011).
(10) In proposito, si ricorda che, secondo la Relazione illustrativa del D.Lgs. n. 358/1997 (introduttivo dell’art. 37-bis nell’ordinamento tributario italiano), la disposizione di cui al comma 8 della norma in parola ha recato nell’ambito del sistema
fiscale italiano un principio di civiltà giuridica e di pari opportunità tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti. Più in
particolare, come è possibile leggere nel medesimo documento accompagnatorio del D.Lgs. n. 358/1997, il legislatore,
prendendo atto di come l’ordinamento giuridico nazionale fosse caratterizzato da una pluralità di norme sostanziali di carattere antielusivo e dell’ineliminabile imprecisione di tali norme,
in grado di provocare indebite penalizzazioni in relazione a
comportamenti che non avevano nulla di elusivo, aveva conseguentemente concesso al contribuente il diritto di richiedere
all’Amministrazione finanziaria la disapplicazione di tali norme
antielusive, nell’ipotesi in cui quest’ultimo fosse stato in grado
di dimostrare che la loro applicazione avrebbe comportato
conseguenze irrazionalmente penalizzanti. In altri termini, cosi
come lo stesso legislatore aveva concesso all’Amministrazione
finanziaria di disapplicare l’applicazione di norme tributarie,
nell’ipotesi in cui fossero state oggetto di manipolazione da
parte del contribuente allo scopo di ottenere vantaggi fiscali
indebiti (ai sensi del previgente art. 37-bis, commi da 1 a 7, cfr.
infra), allo stesso modo era stato concesso al contribuente la
possibilità di sterilizzare l’applicazione di specifiche norme antielusive, ove la loro applicazione avesse condotto a penalizza-
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Operazioni straordinarie
A seguito dell’integrale abrogazione dell’art.
37-bis del D.P.R. n. 600/1973 ad opera dell’art.
1, comma 2, del D.Lgs. n. 128/2015 e della sua
sostituzione con le disposizioni contenute nell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 da parte
del comma 1 della medesima norma (cfr. infra), la disposizione recata dal sopra menzionato art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n.
600/1973 è stata identicamente riproposta nell’art. 1, comma 3, del medesimo D.Lgs. n.
128/2015.
Successivamente, per effetto delle modifiche
introdotte nell’ordinamento tributario nazionale dal D.Lgs. n. 156/2015:
- la disposizione recata dal medesimo art. 1,
comma 3, del D.Lgs. n. 128/2015 attualmente
prevede che, al fine di ottenere la disapplicazione di disposizioni limitative di “deduzioni,
detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni
soggettive”, il contribuente interpella l’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 11,
comma 2, della Legge n. 212/2000 (come modificato dall’art. 1 del medesimo D.Lgs. n.
156/2015); più in particolare, la norma da ultimo richiamata, per quanto qui di interesse,
prevede che “Il contribuente interpella l’Amministrazione finanziaria per la disapplicazione
di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti
ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo
la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi”
(cfr. art. 7, comma 14, del D.Lgs. n.
156/2015) (11); e
- con specifico riferimento alla precedentemente descritta disciplina limitativa al riporto
delle perdite fiscali e degli interessi passivi nell’ambito delle operazioni di fusione, è stato
esplicitamente previsto che, al fine di disapplicare le disposizioni elusive contenute nell’art.
172, comma 7, del T.U.I.R., il contribuente
interpelli l’Amministrazione finanziaria, ai sensi del predetto art. 11, comma 2, della Legge n.
212/2000.
Stante quanto sopra, è da rilevare che, ai fini
della disapplicazione dei limiti al riporto delle
perdite fiscali e/o degli interessi passivi relativamente alle società non in grado di verificare
la sussistenza dei requisiti economici di vitalità
economica e/o del requisito del patrimonio
netto previsti dal predetto art. 172, comma 7,
del T.U.I.R., l’Amministrazione finanziaria, fino ad oggi, ha valorizzato unicamente la circostanza che la non ascrivibilità delle società in
esame nel novero delle c.d. bare fiscali potesse
essere dimostrata diversamente, dando evidenza che il mancato superamento dei requisiti
previsti dalla disposizione in parola fosse dovuto a fattori meramente contingenti e non ad
un effettivo depotenziamento della società, ovvero che l’operazione, per le modalità con cui
era stata strutturata, non comportasse la compensazione intersoggettiva delle eccedenze degli interessi passivi e delle perdite fiscali di una
società, rispettivamente, con il ROL e con gli
utili imponibili di un’altra società.
Diversamente, ai fini in esame ed a quanto
consta, l’Amministrazione finanziaria ha attribuito scarsa rilevanza al fatto che le operazioni di fusione a cui le società non in possesso
dei sopra menzionati requisiti di vitalità economica e/o del patrimonio netto partecipavano fossero sorrette o meno da valide ragioni
economiche, diverse da quelle di natura prettamente tributaria, circostanza che, invece,
assumeva rilevanza prevalentemente ai fini
della (dis)applicazione della norma antielusiva generale contenuta nell’art. 37-bis, commi
da 1 a 7, del D.P.R. n. 600/1973 che, come si
vedrà anche nel prosieguo, era condizionata
dalla ricorrenza di talune operazioni analitica-
zioni altrettanto indebite.
(11) Esulano dall’analisi effettuata nel presente lavoro le disposizioni recate sia dagli artt. 1, comma 3, del D.Lgs. n.
128/2015 e 11, comma 2, della Legge n. 212/2000, nella parte
con cui riconoscono al contribuente la possibilità di fornire la
dimostrazione in ordine alla disapplicazione di specifiche disposizioni antielusive, non solo in sede di istanza di interpello
preventiva, ma anche in sede amministrativa e contenziosa,
sia dall’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 156/2015 che prevede la
possibilità per il contribuente di impugnare la risposta all’interpello disciplinato dai predetti artt. 1, comma 3, del D.Lgs. n.
128/2015 e 11, comma 2, della Legge n. 212/2000 in sede di
ricorso avverso il successivo ed eventuale atto impositivo.
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Operazioni straordinarie
mente individuate, tra cui erano ricomprese
anche le fusioni (12).
Tuttavia, la sussistenza di valide ragioni economiche sottese all’operazione di fusione è stata
valorizzata dall’Amministrazione finanziaria
nell’ambito di talune operazioni di fusione
rientranti nello schema del c.d. merger leveraged buy out, realizzate ai sensi dell’art. 2501bis del Codice civile, in cui, stante sia l’assenza
di esercizi precedenti sulla base dei quali verificare la sussistenza dei requisiti di vitalità economica (essendo le società veicolo, in possesso
di perdite fiscali e/o interessi passivi, solitamente neocostituite) sia la naturale presenza di
conferimenti e versamenti effettuati nei 24
mesi antecedenti alla situazione patrimoniale
presa a riferimento ai fini della fusione (a causa della recente capitalizzazione delle società
veicolo, strumentale all’acquisizione della società bersaglio), la medesima Amministrazione
finanziaria ha necessariamente dovuto analizzare le complessive motivazioni economiche che
sostenevano l’aggregazione al fine di consentire
o meno la riportabilità delle perdite e/o degli
interessi passivi da parte delle società partecipanti alla fusione.
Tutto ciò premesso, al fine di verificare se sia
possibile pervenire ad una nuova lettura interpretativa delle disposizioni limitative recate
dall’art. 172, comma 7, del T.U.I.R., alla luce
sia delle modifiche in tema di riportabilità di
tali posizioni soggettive recate dal legislatore
nel corso degli ultimi anni, sia della nuova nozione di abuso del diritto, è opportuno analizzare previamente (ed in estrema sintesi) la disposizione di cui all’art. 10-bis della Legge n.
212/2000, recentemente introdotta nell’ordinamento tributario nazionale ad opera del predetto art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 128/2015.
La nuova disciplina dell’abuso del diritto
(12) La stessa Amministrazione finanziaria, nella circolare
n. 7-993953/1998 aveva precisato, tra l’altro, che “L’art. 37-bis
individua due autonome e distinte fattispecie. La prima, regolata dai commi da 1 a 7, è costituita dalla inopponibilità all’Amministrazione finanziaria degli atti, fatti e negozi - anche collegati tra loro - che sono stati posti in essere senza valide ragioni
economiche e con finalità esclusivamente elusive (‘diretti ad
aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, e
ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti’)
che pertanto vengono disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria. Si tratta, all’evidenza, di una norma antielusiva di carattere generale ma condizionata dalla ricorrenza di talune
operazioni analiticamente elencate nel successivo comma 3.
La seconda, invece, regolata dal comma 8, consente la disapplicazione di talune norme tributarie che, per finalità antielusive ‘limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario’“.
Corriere Tributario 10/2016
Come in precedenza ricordato, in epoca anteriore alla pubblicazione dei Decreti legislativi
emanati ai sensi della Legge n. 23/2014, nell’ambito dell’ordinamento tributario nazionale
una norma antielusiva generale era contenuta
nel D.P.R. n. 600/1973, recante le disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, all’art. 37-bis, commi da 1 a 7,
in base alla quale erano inopponibili all’Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi
o divieti previsti dall’ordinamento tributario e
ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. Tuttavia, come espressamente previsto dal comma 3 della disposizione in
esame, la predetta norma antielusiva poteva
trovare applicazione unicamente nell’ambito di
alcune operazioni ritenute più significative specificatamente identificate, tra cui, come visto,
erano annoverate anche le operazioni di fusione.
La collocazione di tale norma nell’ambito delle
disposizioni relative all’accertamento delle imposte sui redditi e la sua applicabilità solo al ricorrere di specifiche operazioni tassativamente
elencate, unitamente ad alcuni orientamenti
assunti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in merito alla sussistenza, rispettivamente, di un generale principio antiabuso valido nell’ambito dei tributi armonizzati (non
scritto ma enucleato dalla Corte di Giustizia
nella sentenza del 21 febbraio 2006, causa C255/02, Halifax) e di un generale principio antiabuso immanente nell’ordinamento tributario
nazionale e fondato sulla base del principio di
capacità contributiva di cui all’art. 53 della
Costituzione, applicabile in materia fiscale anche per le operazioni non identificate nel c.d.
735
Operazioni straordinarie
catalogo delle operazioni potenzialmente elusive sopra menzionato, ha reso difficile, nel corso degli ultimi anni, l’individuazione della corretta linea interpretativa da attribuire alle disposizioni della norma antielusiva generale di
cui al predetto all’art. 37-bis, commi da 1 a 7,
del D.P.R. n. 600/1973 (13).
Conseguentemente, allo scopo di superare le
incertezze emerse in sede interpretativa e giurisprudenziale, il legislatore, come si legge nella
Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 128/2015,
per il tramite dell’art. 5 della Legge n.
23/2014, ha fissato i “criteri diretti a promuovere una chiara normativa di attuazione che
determini esaustivamente e senza ambiguità i
connotati dell’abuso e le modalità dell’uso distorto degli strumenti negoziali, in sostituzione
del richiamato art. 37-bis”, delegando, pertanto, il Governo alla “revisione delle vigenti disposizioni antielusive, al fine di unificarle al
principio generale di divieto dell’abuso del diritto”.
Stante quanto sopra, sulla base dei criteri individuati dal predetto art. 5 della Legge n.
23/2014, la disciplina dell’abuso del diritto è
stata inserita in un apposito e nuovo art. 10-bis
della Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti
del Contribuente), allo scopo, come si legge
nella già citata Relazione illustrativa del
D.Lgs. n. 128/2015, di:
- introdurre un istituto che unifichi i concetti
di elusione e di abuso del diritto, essendo, pertanto, a tali fini, i due termini equipollenti ed
utilizzabili indifferentemente;
- conferire alla nuova nozione di abuso del diritto una valenza generale relativamente a tutti
i tributi, sia quelli armonizzati, per i quali l’abuso trova fondamento nei principi comunitari, sia quelli non armonizzati, per i quali il fondamento è stato individuato dalla giurisprudenza di legittimità nazionale nel principio di
capacità contributiva di cui all’art. 53 della
Costituzione, consentendo, pertanto, l’applicazione di tale disciplina sia alle imposte sui redditi sia alle imposte indirette, fatta salva la speciale disciplina in materia doganale (14); e
- attribuire alla disciplina in esame la forza di
principio preordinato alle regole previste nelle
discipline dei singoli tributi, come più volte riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità
con riferimento alle altre disposizioni recate
dal predetto Statuto dei diritti del Contribuente (15).
Tutto ciò premesso, ai sensi del nuovo art. 10bis, comma 1, della Legge n. 212/2000, “Configurano abuso del diritto una o più operazioni
prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano
essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. Tale
disposizione, come si legge nella Relazione illustrativa del D.Lgs. n. 128/2015, “individua... i
tre presupposti per l’esistenza dell’abuso: l’assenza di sostanza economica delle operazioni
effettuate, la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito e la circostanza che il vantaggio
è l’effetto essenziale dell’operazione”.
Il comma 2 dell’art. 10-bis della Legge n.
212/2000 chiarisce, invece, in modo analitico,
il significato dei termini utilizzati nella definizione di abuso del diritto sopra riportata, specificando cosa debba intendersi per operazioni
prive di sostanza economica e per vantaggi fiscali indebiti. Più in particolare:
- costituiscono operazioni prive di sostanza
economica i fatti, gli atti e i contratti, anche
collegati fra loro, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali e, a titolo
esemplificativo, la disposizione individua quali
indici di mancanza di sostanza economica: (i)
la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico
del loro insieme; e (ii) la non conformità degli
(13) Le problematiche interpretative emerse in sede di applicazione della disposizione di cui all’art. 37-bis, commi da 1 a
7, del D.P.R. n. 600/1973 sono compiutamente descritte nell’ambito della Relazione illustrativa del D.Lgs. n. 128/2015 alla
quale si rinvia.
(14) Con riferimento ai tributi doganali si veda l’art. 1, comma 4, del D.Lgs. n. 128/2015.
(15) Per un inquadramento sistematico dell’elusione e dell’abuso del diritto, anche alla luce dei principi codificati dall’art.
5 della Legge n. 5/2014, nonché per una completa disamina
delle precedentemente menzionate problematiche interpretative emerse in sede di applicazione della previgente disciplina di
cui all’art. 37-bis, commi da 1 a 7, del D.P.R. n. 600/1973, si
rinvia a Assonime, Interventi n. 2/2016, Considerazioni generali
sulla nuova nozione di abuso del diritto, Prefazione del Condirettore Generale di Assonime Ivan Vacca al Manuale Il nuovo
abuso del diritto. Analisi normativa e casi pratici, a cura di L.
Miele, Eutekne, gennaio 2016.
736
Corriere Tributario 10/2016
Operazioni straordinarie
- come chiarito dalla prestrumenti giuridici utilizSOLUZIONI OPERATIVE
zati a normali logiche di
detta Relazione illustratiNon
riconducibilità
delle
partecipanti
mercato;
va del D.Lgs. n. 128/2015,
alla
fusione
alle
bare
fiscali
- si considerano, invece,
tra le ragioni economiche
La dimostrazione in merito alla non
vantaggi fiscali indebiti i
riconducibilità delle società partecipanti alla extrafiscali rilevano “anbenefici, anche non im- fusione nel novero delle c.d. bare fiscali,
che quelle che, pur non
mediati, realizzati in con- oltre a poter essere fornita ponendo
essendo alla base di una
trasto con le finalità delle riferimento alla capacità di queste ultime di
redditività immediata, sonorme fiscali o con i prin- conseguire comunque un ammontare
no comunque rispondenti
cipi dell’ordinamento tri- adeguato di ricavi afferenti la propria
ad esigenze di natura orgabutario. A tale riguardo, gestione caratteristica e di sostenere un
nizzativa volte ad un micome chiarito dalla citata sufficiente importo di costi per il personale
glioramento strutturale e
Relazione illustrativa del impiegato, nonché alla composizione del
funzionale dell’attività
loro attivo patrimoniale, dovrebbe poter
D.Lgs. n. 128/2015, per- essere fornita anche sulla base del fatto
economica del contriché i vantaggi fiscali con- che, al momento di effettuazione
buente”;
nessi alla realizzazione di dell’operazione, i titoli di tali società sono
- per ciò che concerne la
un’operazione possano es- negoziati su mercati regolamentati.
possibile coesistenza di rasere ritenuti indebiti, “degioni economiche di natuve sussistere... la violazione della ratio delle ra extrafiscale con quelle di natura fiscale,
norme o dei principi generali dell’ordinamento
sempre la Relazione illustrativa del D.Lgs. n.
e, soprattutto, di quelli della disciplina tributa128/2015 ha precisato che “per cogliere la non
ria in cui sono collocati gli obblighi e i divieti
marginalità delle ragioni extrafiscali occorra
elusi”, in modo da poter adeguatamente distinguardare all’intrinseca valenza di tali ragioni riguere il perseguimento del legittimo risparmio
spetto al compimento dell’operazione di cui si
di imposta dall’elusione;
sindaca l’abusività. In questo senso, le valide
- inoltre, come precisato sempre dalla predetta
Relazione illustrativa del D.Lgs. n. 128/2015, ragioni economiche extrafiscali non marginali
l’abuso del diritto si connota altresì per la cir- sussistono solo se l’operazione non sarebbe stacostanza che i vantaggi fiscali indebiti che l’or- ta posta in essere in loro assenza. Occorre apdinamento intende contrastare “devono essere punto dimostrare che l’operazione non sarebbe
fondamentali rispetto a tutti gli altri fini perse- stata compiuta in assenza di tali ragioni”;
guiti dal contribuente, nel senso che il perse- - in altri termini, tale disposizione dovrebbe esguimento di tale vantaggio deve essere stato lo sere, pertanto, confermativa di un principio
già contenuto nella definizione di abuso del discopo essenziale della condotta stessa”.
Secondo quanto previsto dal comma 3 del pre- ritto sancita dai predetti commi 1 e 2 dell’art.
detto art. 10-bis della Legge n. 212/2000, “Non 10-bis della Legge n. 212/2000, vale a dire che
si considerano abusive, in ogni caso, le opera- nessuna condotta elusiva è ravvisabile da parte
zioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, del contribuente ove le motivazioni di carattenon marginali, anche di ordine organizzativo o re extrafiscale a sostegno dell’operazione siano
gestionale, che rispondono a finalità di miglio- prevalenti e le motivazioni di natura fiscale si
ramento strutturale o funzionale dell’impresa connotino, di conseguenza, per essere marginaovvero dell’attività professionale del contri- li, ovvero non essenziali ai fini della scelta in
buente”. Quanto alla corretta portata applica- merito all’effettuazione o meno dell’operazione
tiva della disposizione in esame si sottolinea stessa da parte del medesimo contribuenche:
te (16).
(16) Sul punto cfr. L. Rossi, “L’abuso del diritto nelle operazioni di scissione e di ‘leveraged buy out’“, Corr. Trib., 7/2015,
Corriere Tributario 10/2016
pag. 494. Nello stesso senso, si veda, Assonime, Interventi, n.
2/2016, op. cit.
737
Operazioni straordinarie
Conseguentemente, sulla base della sopra delineata descrizione della disciplina antiabuso,
risulta di palese evidenza che la disposizione
in esame, essendo collocata nella cornice dello Statuto dei diritti del Contribuente e, pertanto, costituendo un principio preordinato
all’applicazione delle singole discipline della
totalità dei tributi previsti dall’ordinamento
tributario nazionale, rappresenti il faro cui
orientare l’applicazione della pluralità di norme sostanziali di carattere antielusivo presenti
nell’ambito del sistema fiscale italiano; ragion
per cui, ove fosse possibile dimostrare che
qualsiasi operazione posta in essere, per le modalità con cui è stata strutturata, non configuri un abuso del diritto, vale a dire non sia elusiva secondo i canoni indicati dal predetto
art. 10-bis della Legge n. 212/2000, in termini,
ad esempio, di presenza di sostanza economica
(coerenza con il proprio fondamento giuridico
e conformità alle normali logiche di mercato)
e di sussistenza di valide ragioni di natura extrafiscale prevalenti rispetto agli eventuali
vantaggi di natura tributaria, comunque non
essenziali ai fini della sua implementazione, si
dovrebbe ragionevolmente poter concludere
che gli effetti elusivi che le specifiche norme
sostanziali di carattere antielusivo intendono
contrastare non possano verificarsi e, conseguentemente, si dovrebbe poter consentire la
loro disapplicazione, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 128/2015 e dell’art. 11,
comma 2, della Legge n. 212/2000, con riferimento all’operazione di volta in volta oggetto
di indagine.
La disapplicazione delle disposizioni
limitative al riporto delle perdite fiscali
e degli interessi passivi nella fusione
Sulla base delle conclusioni raggiunte in precedenza resta da analizzare se, a seguito delle modifiche recate dal legislatore in merito all’insussistenza di qualsivoglia limite temporale di
utilizzo al riporto degli interessi passivi e delle
perdite fiscali e dell’introduzione di una disciplina generale antiabuso, applicabile trasversalmente alla totalità dei tributi disciplinati dal
sistema fiscale nazionale e avente lo status di
738
principio preordinato alle regole previste nelle
discipline di questi ultimi, stante la sua collocazione nell’ambito dello Statuto dei diritti del
Contribuente, la disapplicazione delle disposizioni limitative alla riportabilità delle perdite
fiscali e degli interessi passivi nell’ambito delle
operazioni di fusione, contenute nel predetto
art. 172, comma 7, del T.U.I.R., possa, de iure
condito, essere accordata alle società per le quali non sia possibile verificare la sussistenza dei
requisiti di vitalità economica e/o del patrimonio netto, anche sulla base di ulteriori e maggiormente ampie considerazioni.
A tale riguardo, è opportuno innanzitutto precisare che, anche ai fini delle considerazioni
più oltre recate, è, in ogni caso, essenziale che
le società partecipanti alla fusione aventi perdite fiscali e/o interessi passivi a riporto non
siano soggetti privi di capacità produttiva, vale
a dire non siano annoverabili tra le c.d. bare
fiscali, e che il mancato superamento dei requisiti previsti dalla disposizione del Testo
Unico da ultimo citata sia dovuto a fattori meramente contingenti e non ad un effettivo depotenziamento di tali società.
In proposito, vale la pena di sottolineare che la
dimostrazione in merito alla non riconducibilità
delle società partecipanti alla fusione nel novero delle c.d. bare fiscali, oltre a poter essere fornita ponendo riferimento alla capacità di queste
ultime di conseguire comunque un ammontare
adeguato di ricavi afferenti la propria gestione
caratteristica e di sostenere un sufficiente importo di costi per il personale impiegato, nonché alla composizione del loro attivo patrimoniale (prevalentemente investito in beni strumentali ad un effettivo esercizio di un’attività
di impresa o in altre attività prontamente liquidabili allo scopo di effettuare, nel prossimo futuro, nuovi investimenti in aree di business
maggiormente redditizie), dovrebbe poter essere
fornita anche sulla base del fatto che, al momento di effettuazione dell’operazione, i titoli
di tali società sono negoziati su mercati regolamentati, avuto presente che tale circostanza
rappresenta per il legislatore un indice di “garanzia” tendente ad escludere intenti elusivi ai
fini della (dis)applicazione di altre specifiche di-
Corriere Tributario 10/2016
Operazioni straordinarie
ossia se la fusione sia imscipline tributarie, tra cui
SOLUZIONI OPERATIVE
plementata o meno sulla
ad esempio il regime delle
Valide
ragioni
di
natura
extrafiscale
base di reali motivazioni
società non operative (cfr.
per
le
fusioni
economiche ed imprendiart. 30, comma 1, n. 4),
Al fine di evitare il rischio che possano
della Legge n. 724/1994) e manifestarsi effetti elusivi, occorre verificare toriali di natura non tridelle società in perdita si- se la realizzazione dell’operazione di fusione butaria e tali ragioni di
natura extrafiscale siano
stematica (cfr. art. 2, com- sia o meno sorretta da valide ragioni di
prevalenti (o meglio asma 36-decies, del D.L. n. natura extrafiscale, ossia, se la fusione sia
sorbenti) rispetto alle
138/2011) (17) (18) e il implementata o meno sulla base di reali
motivazioni
economiche
ed
imprenditoriali
eventuali ragioni di caratbeneficio della participation
tere fiscale;
exemption di cui all’art. 87 di natura non tributaria e tali ragioni di
natura extrafiscale siano prevalenti (o
- in altre parole, se l’evendel T.U.I.R. (cfr. art. 87,
meglio assorbenti) rispetto alle eventuali
tuale vantaggio fiscale
comma 1, lett. d), e 4, del ragioni di carattere fiscale.
connesso all’implementaT.U.I.R.) (19).
zione della fusione, in terUna volta appurata la
non ascrivibilità delle società partecipanti alla mini di riportabilità delle perdite fiscali e degli
fusione nel novero delle c.d. bare fiscali, la di- interessi passivi (comunque da considerare già
sapplicazione delle disposizioni limitative con- di per sé non indebito nell’ipotesi in cui le entenute nell’art. 172, comma 7, del T.U.I.R. do- tità aderenti all’operazione non siano riconduvrebbe poter essere, pertanto, consentita anche cibili nel novero delle c.d. bare fiscali), possa o
in base alla verifica in merito alla non elusività meno essere ritenuto essenziale se paragonato
dell’operazione di fusione nel suo complesso, alla totalità delle utilità potenzialmente conseossia analizzando se la medesima operazione guibili dalla società risultante dall’operazione
configuri o meno un abuso del diritto ai sensi diverse da quelle di natura prettamente tribudel nuovo art. 10-bis della Legge n. 212/2000, taria e, pertanto, se l’integrazione tra le entità
eliminando così in radice il rischio che gli ef- societarie coinvolte sarebbe stata, in ogni caso,
fetti elusivi che il predetto art. 172, comma 7, posta in essere anche in assenza del riporto deldel T.U.I.R. intende contrastare possano in le sopra menzionate posizioni soggettive fiscali;
- sempre ai fini dell’ascrivibilità o meno di taconcreto manifestarsi.
A tale riguardo, occorrerebbe, ad esempio, ve- le eventuale vantaggio fiscale nel novero di
quelli ritenuti indebiti, perché contrari alla
rificare:
- se la realizzazione dell’operazione sia o meno ratio di specifiche norme fiscali o dei principi
sorretta da valide ragioni di natura extrafiscale, dell’ordinamento tributario (anche nell’ipote(17) Convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 148/2011.
(18) Più in particolare, ai sensi dell’art. 30, comma 1, n. 4),
della Legge n. 724/1994, la disciplina delle società non operative non trova applicazione nei confronti delle “società ed enti
che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in
mercati regolamentati italiani ed esteri”, nonché delle “stesse
società ed enti quotati” e delle “società da essi controllate, anche indirettamente”. Con riferimento, invece, alle società in
perdita sistematica, l’art. 2, comma 36-decies, del D.L. n.
138/2011, prevede, anche per tali società, l’applicazione delle
cause di non applicazione della disciplina in materia di società
non operative di cui al predetto art. 30 della Legge n.
724/1994, fra cui è da ricomprendere, ovviamente, anche quella di cui al sopra descritto comma 1, n. 4). Inoltre, relativamente a tale causa di disapplicazione della disciplina delle società
non operative (attualmente valida anche per le società in perdita sistematica), l’Assonime, nella circolare n. 46/1997, ha sostenuto che “l’esclusione in parola trova presumibilmente ragione nelle garanzie che offrono e nei controlli cui devono sottoporsi i soggetti i cui titoli siano ammessi alle negoziazioni di
Corriere Tributario 10/2016
borsa e degli altri mercati regolamentati”.
(19) A tale riguardo, si ricorda altresì che, ai sensi dell’art.
87, comma 4, del T.U.I.R., per “le partecipazioni in società i
cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati” si presume
sempre sussistente il requisito dello svolgimento da parte della
società partecipata di un’impresa commerciale (c.d. requisito
della commercialità di cui all’art. 87, comma 1, lett. d), del
T.U.I.R.), come specificato anche dalla Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 344/2003, ove è possibile leggere che
“Per le partecipazioni in società quotate in mercati regolamentati, …, il requisito contenuto nella lett. d) [vale a dire, quello
della commercialità, N.d.R.] si considera sempre soddisfatto”.
Inoltre, la sussistenza del requisito in esame, come chiarito altresì dall’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 7/E/2013, presuppone che la società partecipata sia dotata di un patrimonio
che configuri un’azienda utilizzata nell’esercizio di un’attività di
impresa, vale a dire che la medesima partecipata sia dotata di
una struttura operativa idonea alla produzione e/o alla commercializzazione di beni e servizi potenzialmente produttivi di
ricavi.
739
Operazioni straordinarie
si in cui quest’ultimo non potesse essere considerato non essenziale), se, stante l’insussistenza di qualsiasi vincolo di natura temporale all’utilizzo sia delle perdite fiscali sia degli
interessi passivi, il medesimo vantaggio non
si traduca unicamente in un maggior utilizzo
effettivo di tali posizioni soggettive, in ragione della potenzialmente maggiore capacità
della società risultante dalla fusione di generare sia ROL sia redditi imponibili; in altri
termini, occorrerebbe verificare se il vantaggio fiscale connesso all’operazione si sostanzi
o meno principalmente nell’accelerazione
dell’esercizio di un diritto - la riportabilità
delle perdite fiscali e degli interessi passivi che, anche in virtù della mancata riconducibilità delle società partecipanti all’operazione
nel novero delle c.d. bare fiscali, sarebbe comunque spettato a tali società, anche in assenza di integrazione, sia pur da esercitarsi secondo una tempistica maggiormente dilatata
nel tempo; e
740
- se la fusione realizzata sia o meno coerente
con il proprio fondamento giuridico e risponda
alle normali logiche di mercato, valutando se
l’operazione sia o meno posta in essere allo
scopo di addivenire ad una reale aggregazione
aziendale tra le società in essa coinvolte, al fine di cogliere appieno le sinergie produttive
derivanti dalla loro integrazione industriale.
Conseguentemente, ove dall’analisi sopra delineata si dovesse concludere che l’operazione in
parola vede coinvolte società non ascrivibili
nella categoria delle c.d. bare fiscali e l’operazione di fusione ex se non sia elusiva, non rappresentando un abuso del diritto secondo i canoni statuiti dal nuovo art. 10-bis dello Statuto
dei diritti del Contribuente, si dovrebbe poter
ragionevolmente concludere per la disapplicazione delle disposizioni limitative contenute
nell’art. 172, comma 7, del T.U.I.R., in quanto
gli effetti elusivi che tale disciplina intende
contrastare non possono verificarsi relativamente all’operazione oggetto di indagine.
Corriere Tributario 10/2016
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