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Sentirsi belli - Fabbri Editori
3 Esperienze di vita – Storie di adolescenti Françoise Dolto Sentirsi belli, sentirsi brutti Françoise Dolto nel corso della sua intensa attività di psicanalista si occupò soprattutto dei problemi degli adolescenti, ossia di quei ragazzi che hanno un’età compresa fra i 13 e i 17 anni. Periodo critico e sicuramente decisivo per la formazione e l’impostazione della vita di ognuno di noi, l’adolescenza per Françoise Dolto è spesso vittima di un doppio fraintendimento. Da un lato gli adulti tendono a sottovalutarla come fase transitoria o a osservarla con sguardo benevolo e accondiscendente, sminuendo o addirittura ignorando i problemi e le angosce dei ragazzi; dall’altro gli adolescenti stessi sono portati a esagerare in senso negativo l’atmosfera di incertezza e di precarietà che li circonda e finiscono per sentirsi incapaci di affrontare le trasformazioni fisiche e psicologiche che li investono. 1. acne: infezione della pelle, tipica dell’età dell’adolescenza, che si manifesta con la presenza di molti brufoli sul viso. 2. mutazione: cambiamento. 3. look: termine inglese che significa «aspetto, immagine esteriore». Come i gamberi quando perdono il loro guscio, ci si ritrova adolescenti con un aspetto che cambia. È un po’ la storia di tutti gli adolescenti. Il bambino si trovava molto bello con il guscio che conosceva. Durante l’adolescenza ci si continua a chiedere: sono bello? sono brutto? Ci si sente a disagio con quell’acne1 sul viso. Ci si sente troppo alti, troppo grassi, goffi. Ci si sente come un appartamento dove stanno lavorando i muratori e in cui non c’è un angolo tranquillo per riposare. Si è in piena mutazione2: all’interno come all’esterno. Durante questo periodo si è completamente assoggettati allo specchio, al riflesso inerte rinviato dal cristallo, al riflesso vivo che si cerca di leggere negli occhi degli altri. Lo si spia per vedere se stessi conformi a un’immagine ideale. Ma è uno specchio che non mostra mai veramente quello che gli altri vedono quando ci guardano, perché un viso non rivela la personalità se non quando si anima. Un sorriso può illuminare tratti che, fissi, sembrano sgradevoli. Occhi belli e ben truccati sono solo una facciata che può trarre in inganno, ma lo sguardo che parla da dentro è molto più importante: non si trucca. Talvolta non si sa neppure più chi si è e che cosa si vuole mostrare di sé. Ci si sente in imbarazzo con il proprio essere (ciò che si è) e con la propria apparenza (ciò che si vuol mostrare di sé). I mezzi di difesa interiori che si avevano prima, quando si era piccoli, non esistono più. Allora ci si difendeva con l’esteriorità, con l’apparenza, con l’abitudine. Poiché si avverte un senso di povertà, di vuoto interiore, si crede che farsi notare dagli altri sia un bene, sia un valore. E ci si nasconde dietro al proprio look3. E questo look è una specie di guscio provvisorio. Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education 1 3 Esperienze di vita – Storie di adolescenti 4. allineamento: ade- guamento. 5. canoni: regole, nor- me. 6. pagina patinata di un rotocalco: pagina lucida, levigata di un giornale periodico (prevalentemente settimanale) illustrato. Improvvisamente si hanno gusti propri. Per esempio il gusto per il nero. Non sono i genitori che dicono ai loro figli di portare il nero. Gli abiti, il trucco e spesso anche la camera sono neri. Forse, inconsapevolmente, è un modo di portare il lutto per la perdita della propria infanzia? È un mettersi in sintonia con le cupe idee che ci ispira il futuro? È, per le ragazze, la voglia di imitare la madre con il loro abitino nero? Nell’adolescenza ci si costruisce un’immagine ideale di sé basata sui criteri del gruppo, delle sue mode, della sua morale, dei suoi valori. Ci si sente belli o brutti nella misura in cui ci si avvicina o meno a questa immagine ideale di sé. Seguire una moda, quella del gruppo, è un modo di affermarsi e anche di portare la divisa del gruppo, ciò che gli altri hanno deciso di indossare. È un segno di allineamento4, di integrazione; nella moda e nel gruppo (il «branco») ci si sente spesso al riparo. Dal momento che non ci si piace più, si cerca di vedersi belli nello sguardo degli altri. Ma le mode cambiano incessantemente e i canoni5 della bellezza mutano a seconda delle epoche e delle culture. Per seguire una moda si finisce spesso con il nascondere le cose belle e mostrare ciò che di meno bello si possiede. Talvolta si è per natura vicini all’immagine di sé «alla moda», e allora la cosa è sopportabile. Altre volte, invece, se ne è molto lontani, e questo provoca sofferenza. Per esempio, la linea ultramagra che era la regola alla fine degli anni Sessanta ha causato problemi drammatici a molte adolescenti. Ma con la moda si può giocare, adattarla alla propria personalità, volgerla a proprio vantaggio. Spesso, non sapendo più chi si è, si avverte il bisogno di attirare l’attenzione: facendosi notare si ha l’impressione di esistere. Si provoca per essere guardati. Ragazze e ragazzi molto belli ne invidiano altri che non sono meglio di loro ma che sono molto sicuri e sanno farsi notare. Può capitare che il bisogno di provocare, con gli abiti o il trucco, renda quasi ridicoli. E tuttavia è importante spingersi fino a quel punto. È necessario saper provocare, sopportare gli sguardi, saper rispondere. Ma farsi notare può essere pericoloso: attirando lo sguardo su ciò che non si possiede, si corre il rischio di apparire ciò che non ci si sente di essere, ci si può perdere tra se stessi e ciò che si esibisce. Il trucco sta nell’operare con ciò che si ha e valorizzarlo, e nell’operare con ciò che si è e valorizzarsi. È importante avere il coraggio di valorizzarsi senza mai scordare che la bellezza e il fascino sono due cose totalmente diverse. Certi volti che sembrano perfetti sulla pagina patinata di un rotocalco6 possono molto presto diventare brutti nella realtà. E invece non si possono staccare gli occhi da altri volti, piuttosto irregolari, che però si aprono e si trasformano continuamente durante la conversa- Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education 2 3 Esperienze di vita – Storie di adolescenti 7. sedurre: attrarre, av- vincere. zione. Per questo certi «brutti» sono così affascinanti e fanno tante vittime… Il fascino agisce là dove non ce lo aspettiamo, sorprende per meglio sedurre7. In ciò sta il fascino del fascino, ed è proprio per questo che si è sempre i meno adatti a giudicare colui che lo sprigiona. Del resto va bene così, perché, in fondo, non spetta a noi giudicarne gli effetti. Il fascino è qualcosa di naturale. È meglio non mascherarlo. E aggiungiamo: simulare di possedere fascino è uno sport pericoloso, si rischia di perdere quello di cui si dispone per natura. Poiché non ci si conosce ancora, si cerca di piacersi negli sguardi degli altri. Per questo siamo pronti a calarci in una forma che non è la nostra. La cosa peggiore è che la forma che credevamo così seducente è talvolta proprio ciò che fa fuggire colui o colei che volevamo sedurre. In ogni caso, bruttezza e bellezza non esistono in assoluto. Si può soffrire molto scoprendo la bruttezza interiore in qualcuno la cui bellezza fisica ci aveva sedotti. Ci si è ingannati su una persona credendo che fosse bella dentro così come lo è esteriormente. Al contrario, basta innamorarsi di qualcuno che si credeva brutto per scoprire che, quando si ama, tutto questo non ha più alcun significato. (da I problemi degli adolescenti, Longanesi, Milano) 3 Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education