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«Quand`ero bambino le feste erano sinonimo di semplicità e gioia

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«Quand`ero bambino le feste erano sinonimo di semplicità e gioia
Lunedì 7 Dicembre 2015
www.corrieredelmezzogiorno.it
Tradizioni
IL FASCINO SENZA TEMPO DEL NATALE
«Quand’ero bambino le feste
erano sinonimo di semplicità
e gioia: chiedevo a mamma
le dieci lire per acquistare
il pastore per il presepe»
di Leo Gullotta
I
l Natale che ognuno porta dentro di sé è
quello gioioso e semplice dell’infanzia,
quando sei curioso della vita e ti senti
protetto dall’affetto dei tuoi cari. Io poi a
Catania, ultimo di sei figli, avevo nei miei
fratelli e sorelle tanti altri papà e tante altre
mamme che si prendevano cura di me.
Quand’ero ragazzino, a metà degli anni ‘50,
vivevamo nella speranza di ricostruire il Paese uscito malconcio dalla guerra, non c’erano divisioni di classe e si lavorava tutti con la
Sicilia gioia dell’attesa
On line
Lo speciale
Tradizioni
in Sicilia si può
leggere e
sfogliare anche
sul sito internet
www.corrierede
lmezzogiorno.it
gioia di stare insieme. Ricordo la tavola colorata, l’abbondanza dei piatti, gli odori delle pietanze, il piacere della convivialità: io
vivevo al Fortino, un quartiere povero, popolare, pieno di gente che lavorava, e negli altri
giorni dell’anno ci mettevamo a tavola alle
sei del pomeriggio. La mattina si mangiavano due fette di pane casereccio, quello vero,
mica il pane plastificato di oggi, con pomodoro, olive, acciughe e formaggio e poi nel
pomeriggio, davanti a enormi piatti di pasta, ci raccontavamo quello che era successo
a scuola: se eravamo stati interrogati, il voto
che avevamo preso al compito o lo scherzo
fatto al compagno. D’estate, poi, mangiavamo sul balcone l’insalata di cipolle e pomodori o la parmigiana mentre giù nel cortile
la nostra vicina di casa tagliava il cocomero
dolce. Quante volte è capitato che ce ne of-
frisse una fetta: noi calavamo il cestino e
contraccambiavamo con una fetta di parmigiana. C’era il piacere del dialogo, c’era
l’unione, che oggi purtroppo non c’è più. A
tavola sempre più spesso la famiglia tipica è
composta dal padre che sta in chat, dalla
madre che manda le e-mail, dal figlio che
guarda i cartoni animati, dalla figlia che si fa
i selfie e tutti e quattro svogliatamente sbocconcellano un primo o al massimo un secondo. A Natale non aspettavo Babbo Natale
perché da noi non esisteva: a Catania il 2 novembre è come se fosse l’Epifania, non è il
giorno che mette in relazione con la morte
ma quello in cui si lasciavano i giocattoli sotto al letto e si diceva ai bambini che li avevano portati i parenti che non c’erano più. La
sorpresa era impagabile, pari al ringraziamento che facevamo ai nostri defunti con la
preghiera. Il presepe, poi, quello sì, era un
rito, considerato un riflesso positivo nei riguardi della vita, che si faceva in qualsiasi
angolo della casa. Io chiedevo a mamma le
dieci lire per comprare i pastori fatti di terracotta. Poi, la carta con il cielo stellato e quella per le montagne facevano tutto il resto, in
un trionfo di fantasia e creatività.
A Natale si spandeva per tutta la casa
l’odore della buccia dei mandarini: le spruzzavamo sul fuoco che veniva dal braciere in
cui mettevamo la carbonella per riscaldarci.
Il braciere era una conca che aveva tutt’intorno un giro di tavolato che ci consentiva di
stare vicino al fuoco senza bruciarci.
Ma ciò che caratterizzava la festa era l’abbondanza, la tavola ricca di colori rappresentativi di un territorio, di piatti saporiti
della tradizione, ai quali nessuno poteva ri-
nunciare. E d’altra parte avremmo mai potuto dire di no alle polpette preparate dalla
mamma? Oppure all’anguilla? O ai dolci che
portava papà che era pasticciere? Ricordo
mitiche cassate che mangiavamo preferibilmente la mattina a colazione o il pomeriggio a merenda. Perché, trattandosi di un
dolce un po’ impegnativo, consumato alla
fine di un pasto, provoca un senso di noia.
Ricordi incancellabili di un tempo fatto di
serenità e di speranza. Poi a diciott’anni ho
perso papà e la mia vita è cambiata: ho cominciato a fare l’attore, quest’anno sono 55
anni di professione vera, forte dell’insegnamento paterno basato sul rispetto degli altri
e sulla propria dignità. Ma i sapori, gli odori
e i colori del Natale dell’adolescenza non potrò mai dimenticarli, fanno parte di me.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
PA
I presepi
L’appuntamento
Cava Ispica
centoventi figuranti
in costume d’epoca
Ben centoventi figuranti in costume d’epoca, oltre
cinquanta tableaux vivants con scene di vita agropastorale e botteghe di antichi mestieri, decine di
ambienti tra chiese rupestri, rifugi e grotte
ripopolati da uomini e animali, tra cui anche un
mulino e un antico palmento settecentesco che
nell’occasione del presepe viene rimesso in
funzione, ripropongono allo spettatore l’atmosfera
ideale del presepe Il 25, 26 e 27 dicembre e il 1°, 2,
3 e 6 gennaio al Parco Archeologico di Cava Ispica.
La XVIII edizione del Presepe vivente, organizzato
dall’Associazione Promo Eventi con il patrocinio
del Comune di Ispica, valorizza al meglio uno
scenario naturale inimitabile, straordinariamente
vocato all’allestimento presepiale per la sua
somiglianza con i luoghi storici della Palestina. Il
percorso procede per quasi un chilometro dal
centro storico all’area archeologica, tra pareti di
nuda roccia illuminate dal fuoco delle torce e dalla
luce delle stelle..
L’altra Natività
Cammarata
A San Vito
scene di vita
di 2000 anni fa
A
Trappitello
Il presepe
vivente di
Trappitello, tra i
più famosi e
apprezzati
della Sicilia,
ogni anno è
meta di
migliaia di
visitatori,
provenienti da
tutta la Sicilia,
ma anche dal
resto d’Italia e
dall’estero, che
si lasciano
meravigliare ed
emozionare da
circa 200
figuranti che
con passione e
gratuitamente
offrono un
realistico
spaccato della
vita popolare di
2.000 anni fa
Sacre rappresentazioni
Quando Gesù Bambino
non è una statuina di creta
La manifestazione più antica nella grotta Mangiapane
Mestieri e tradizioni sono in scena a Balata di Baida
N
el territorio della provincia di Trapani sono
tante le località che
mettono in scena dei
bellissimi presepi, il più antico
si trova nella Grotta Mangiapane a Custonaci. Una grotta dove il tempo si è fermato e dove
ogni anno nel mese di dicembre in questo suggestivo luogo
viene allestito uno dei presepi
viventi più affascinanti e incantevoli della Sicilia, dove storia e tradizione si mescolano.
In questa magica location,
ogni anno, da oltre trent’anni,
un’intera comunità locale si
riunisce per dare scena ad uno
spettacolo unico, per sei giorni, i visitatori attraversano i
luoghi allestiti di una settantina tra attività e scene di vita
quotidiana, a stretto contatto
con personaggi, che riproducono fedelmente l’esecuzione
di antichi mestieri e scene
sempre più rare. Grazie a que-
sto lungo e incessante lavoro
preliminare, coadiuvato dall’Università di Palermo, è stato
possibile attenersi fedelmente
alla realtà dell’epoca, senza false rappresentazioni, permettendo alla tradizione locale di
rivivere e conservarsi, anno
dopo anno nel rispetto della
tradizione. La manifestazione
si svolgerà anche quest’anno
nei giorni 25, 26, 27 dicembre
2015 e dal 2 al 6 gennaio 2016.
Una manciata di chilometri
più a nord, nella strada che
corre tra Castellamare del Golfo e San Vito Lo Capo, a Balata
di Baida piccola frazione del
comune di Castellamare, da
vent’anni, prende vita e coinvolge questa piccola comunità
il presepe vivente degli antichi
mestieri. Un appuntamento
che si rinnova, anno dopo anno, alla riscoperta dei valori
della civiltà contadina perché
il presepe con i suoi quadri ri-
evocativi di arti e mestieri intende richiamare alla memoria, oltre alla centralità del mistero dell’incarnazione, le
stesse origini della civiltà contadina, alla quale sono orgogliosamente legati gli abitanti
della piccola frazione. Un nugolo di casette, un tradizionale
baglio siciliano, primo nucleo
abitato della piccola frazione,
tra fichidindia, sommacchi,
olivi e piante: un luogo incantato dove si ha la sensazione
che il tempo si sia cristallizzato.
Un sito dove sono riproposti
gli antichi mestieri della civiltà
rurale in Sicilia, le attività contadine, l’artigianato locale, la
vita quotidiana: il ricottaio «ricuttaru» che rimesta paziente
il latte delle sue pecore nel
«quararo», il pentolone di rame, attendendo che la ricotta
«acchiani» (galleggi sul siero
del latte). Il contadino che agita il cernitore «cirnituri» per
setacciare il grano. Tutti sono
all’opera, compresi i più piccoli che eseguono il compito che
gli è stato affidato, tanti altri
eseguono i lavori come il falegname che pialla con pazienza
e cura meticolosa le travi di legno, o il fabbro «firraru» che
forgia gli oggetti in ferro mentre il canestriere «cannistraru»
si cimenta nell’arte di intrecciare i vimini. La manifestazione si svolge nei giorni 26, 27
dicembre 2015 e 2, 3, 6 gennaio
2016. Per la gioia estasiata di
grandi e piccini.
Roberto Chifari
Cammarata, in
provincia di Agrigento,
sarà riproposto anche
quest’anno il presepe vivente
ambientato nel quartiere di
San Vito, nel cuore del centro
storico. Un paese da molti
descritto come un paesepresepe per la suggestiva
collocazione arroccata in un
pendio, dove le strade si
trasformano in uno scorcio di
vita quotidiana, che ha come
protagonisti pastori, animali,
artigiani e contadini, che
fanno rivivere il Natale,
attraverso la vita semplice di
altri tempi, lontano dalla
tecnologia imperante della
nostra epoca, riproponendo
attività scomparse, usanze
dimenticate e costumi e
sapori di vita tramontati.
L’allestimento ricerca
un’accurata e meticolosa cura
nei dettagli e fa si che ogni
anno il presepe si arricchisca
di fascino e nuove
suggestioni per
rappresentare al meglio arti e
mestieri di un tempo ormai
lontano, ogni attrezzo o
personaggio parla e racconta
la storia del paese. Una storia
collettiva fatta di singole
individualità, episodi
semplici e modesti, e ricordi
che il tempo non è riuscito a
cancellare. La manifestazione
si svolge nei giorni canonici a
ridosso e durante la festa: 20,
26, 27, 29, 30 dicembre e 1, 3,
6, gennaio 2016 dalle ore 17
alle ore 22.
R. C.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Palermo ospita «TumìAmì», il festival dell’intercultura solidale tra i popoli
Fino al 20 dicembre trentacinque ragazzi di sette Paesi vivono un’esperienza di crescita e cooperazione
U
n festival dell’Intercultura solidale. Si chiama «TumìAmì»
che in lingua bangladese significa «Tu, Io, Noi», ed è organizzato dalla Life and Life, organizzazione umanitaria internazionale.
La kermesse iniziata lo scorso
weekend con incontri, convegni, tavoli tematici, ha avuto come oggetto
l’intercultura tra i popoli e il confronto con l’altro. E con un obiettivo,
quello di raccogliere 17mila euro da
destinare al reparto di Oncologia dell’ospedale Policlinico di Palermo per
la realizzazione di una stanza dedicata ai giovani pazienti chemioterapici.
Nell’ambito del «Tumìamì» arriveranno a Palermo 35 ragazzi di sette
Paesi (Lituania, Estonia, Armenia,
Serbia, Spagna, Inghilterra, Italia),
che grazie al progetto di scambio
giovanile, vivranno un’esperienza di
cooperazione, crescita e arricchimento personale nel pieno spirito
del Festival, che si concluderà il prossimo 20 dicembre ad Aspra presso il
museo dell’acciuga dei fratelli Balistrieri.
L’Organizzazione umanitaria prosegue il suo percorso sotto il segno
della diffusione della cultura della
solidarietà vista non come mera beneficenza, ma come volano di sviluppo e di pace. L’impegno principale è
quello di promuovere la costruzione
Il premio
Per l’evento la medaglia
dal Capo dello Stato
Integrazione e amicizia
A lato, un’immagine significativa
di amicizia a prescindere dal colore
della pelle. In alto, il simbolo del
festival giunto alla seconda edizione
di una struttura ospedaliera in Bangladesh, il VinCenterm con il coinvolgimento dell’Università degli Studi di Palermo, del FESSM (Fondazione per le Emergenze Sanitarie nel
Sud del Mondo) e di enti pubblici e
privati del Bangladesh.
Il Festival, giunto alla terza edizione, è stato premiato nel 2013 dalla
Medaglia di rappresentanza dell’allora Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. L’anno
scorso ha ricevuto l’adesione dello
stesso Presidente Napolitano. Quest’anno, invece, è stata, con la sua
esperienza, protagonista assoluta
del Terzo Forum Mondiale delle Nazioni Unite tenutosi a Torino nel mese di ottobre.
Ro. Chi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
Presepi
L’evento
Apre a Messina
la decima Mostra
d’arte natalizia
Sarà inaugurata sabato 12 dicembre, nei chiostri
del Palazzo Arcivescovile di Messina, la Mostra di
Arte Presepiale. Quest’anno l’esposizione compie
dieci anni e per l’occasione sarà pubblicato un
catalogo che ripercorre sia le edizioni passate che
l’attività della sede di Messina dell’Associazione
Italiana Amici del Presepio, organizzatrice
dell’evento. La mostra è a ingresso libero e sarà
aperta al pubblico sino al 10 gennaio, tutti i giorni
dalle 16.30 alle 20. Tra le novità l’ampio spazio
dedicato all’antica tradizione napoletana. Il grande
presepe scenografico presentato l’anno scorso,
tornerà arricchito di nuove figure e particolari,
mentre saranno esposti altri presepi ambientati
nella Napoli del ‘700. Nel settore dedicato all’antica
tradizione del presepe a Messina, saranno esposte
figure risalenti al XIX secolo, modellate dai
“pasturari” con materiali poveri come il legno,
l’argilla e la telacolla per gli abiti. Lo spazio è curato
dall’Associazione Amici del Museo.
Da Caltagirone a Modica
pastori in adorazione
Il gruppo del ‘700 di Acireale a grandezza naturale
porta con sè una storia che risale al XVIII secolo
Statuine
d’epoca
Pastori
del presepe
napoletano
del ‘700
e del presepe
di Caltagirone
La curiosità
Nella chiesa
di Santa Maria
di Betlemme,
a Modica, è
esposto un
presepe
realizzato
con materiali
naturali (legno,
sughero, fibre
vegetali).
B
isogna andare a est,
verso Catania, per trovare la massima espressione del presepe artistico siciliano. Tra i più famosi
c’è quello settecentesco di Acireale, costituito da una trentina
di elementi a grandezza naturale, con volti realizzati in cera
e costumi curati nei minimi
dettagli. La grotta è fatta di lava, che da queste parti non
manca. Si racconta che in un
giorno di fine estate del 1741, il
sacerdote don Mariano Valerio,
di ritorno da un pellegrinaggio, fu costretto a ripararsi in
un anfratto lavico a causa di un
violento temporale. Qui ebbe
l’idea di realizzare nello stesso
luogo una grotta simile a quella
di Betlemme. A distanza di circa dieci anni esattamente per la
notte della vigilia del 1752, si
poteva ammirare il tempio
“Sancta Maria ad Praesepe”.
Anche a Caltagirone il presepe è una tradizione centenaria,
a partire da quello monumentale nella cripta dei Cappuccini
così come quello che si realizza
lungo la scala di Santa Maria
del Monte. I personaggi sono
fatti dai ceramisti della città: le
prime testimonianze risalgono
alla fine del Settecento e con il
tempo questa attività ha dato
vita a una vera e propria scuola.
Rimanendo a oriente, una
chicca si può trovare a Modica,
la “città delle cento chiese”. In
quella di Santa Maria di Betlemme è esposto un presepe
realizzato con materiali naturali (legno, sughero, fibre vegetali). I pastori sono vestiti con i tipici costumi dei contadini siciliani del XIX secolo. Questa natività venne realizzata nel 1882
dai maestri di Caltagirone. Sul
muro esterno della chiesa, in
un vicoletto, è anche possibile
ammirare la cosiddetta “lunetta Berlon”, un’adorazione dei
pastori del XV-XVI secolo. Tornando verso ovest, e in particolare a Cinisi (Palermo), si può
visitare dal 13 dicembre al 6
gennaio nella Sala ex Antiquarium del palazzo municipale,
una mostra di presepi. La partecipazione è aperta a costruttori di presepi e collezionisti
Nel museo
Esposti nel museo
etnoantropologico di
Palermo raffigurazioni
della tradizione sicula
che troveranno a disposizione
uno spazio per allestire o
esporre uno o più presepi. I
presepi dei “collezionisti” dovranno essere affidati agli organizzatori della mostra entro
il 9 dicembre, quelli dei “costruttori” dovranno essere allestiti nell’ex Antiquarium dal 9
al 12 dicembre. Spostandosi a
Palermo è possibile visitare il
museo etnoantropologico “Pitrè”. Al suo interno sono esposti vari presepi dell’antica tradizione siciliana, in particolare
quella trapanese.
Simona Licandro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
PA
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
L’itinerario
Il rito
Si battezza Gesù
tra voli di colombe
e lunghi applausi
Le festività si chiudono con la celebrazione
dell’Epifania, il 6 gennaio, durante la quale
in alcuni paesi dell’entroterra siciliano
come Piana degli Albanesi, Mezzojuso,
Contessa Entellina e Palazzo Adriano, vige
ancora oggi l’antica tradizione del
battesimo di Gesù. Una memoria storica
tramandata di generazione in
generazione dall’antica comunità
albanese e oggi trasmessa a
testimonianza della presenza
multiculturale e spirituale in Sicilia. La
tradizione vuole che in chiesa o in piazza
sia posta una grande tinozza ricolma
d’acqua. Durante la funzione, il celebrante
immerge per tre volte una croce
nell’acqua, nel silenzio dei fedeli. Alla terza
immersione, una colomba viene liberata in
cielo . Un momento solenne che culmina
con un lungo applauso e l’inizio dei canti.
Processioni e mercatini Sacro e profano
Il viaggio a tappe nelle più antiche consuetudini natalizie: a Mondello gli stand del contadino
Messina celebra la nascita di Gesù Bambino con un corteo religioso che risale al XVII secolo
Dolcezze
Enna rende
omaggio al
buccellato, il
dolce di frolla
tipico della
tradizione
natalizia locale.
Mentre a
Mussomeli, in
provincia di
Caltanissetta, il
Comune punta
sulla prima
edizione della
sagra delle
“Guastedde”,
un altro dolce
tipico locale.
U
n viaggio a tappe alla
scoperta delle tradizioni più antiche che ancora oggi reggono nonostante l’incedere dei tempi.
Partendo da domani, giorno
dell’Immacolata, che apre ufficialmente il periodo natalizio.
dalle bombe del 1943. La notte
di Natale, dopo la mezzanotte,
dalla Chiesa S. Francesco all’Immacolata si snoda la secolare Processione del Bambino
Gesù. Dopo la Messa di Natale,
sotto un artistico baldacchino,
un corteo religioso, secondo
una tradizione che risale al XVII
secolo, un bambinello in cartapesta viene portato in processione. È una delle più sentite
tradizioni religiose, animata da
nenie della banda musicale,
ma anche dal suono delle zampogne e dai giochi pirotecnici.
In provincia, a Longi, il presepe
è accompagnato da canti dialettali natalizi o da suoni di
strumenti antichi come la zampogna “a chiave”. A Bordonaro
è allestito il pagghiaru, un abete natalizio formato da una pertica di nove metri circa, rivestita di verghe, fogliame e agrumi, ciambelle e cotone, sulla
cui cima vi è una croce alta due
metri, anch’essa addobbata
con frutta, nastri, ciambelle e
forme di pane.
Palermo
Luci colorate, atmosfera natalizia e stand, anche quest’anno si rinnova la Fiera natalizia.
Un lungo viale illuminato a festa accoglie i visitatori all’interno della settecentesca Villa Castelnuovo per il «Primo mercatino di Natale» organizzato dall’associazione Smile’s. Sempre
in città, al Cortile Lo Bianco ritorna il «Natale Vintage e Creativi» al Centro esposizioni per
appassionati dell’HandMade e
del vintage. L’amministrazione
comunale riprende i grandi temi che hanno caratterizzato il
2015: migranti, profughi e rifugiati politici e l’Expo di Milano,
proponendo per le festività il
tema «Natale a Palermo: nutrimento culturale e solidarietà».
A Mondello per tutto dicembre, ogni giovedì e domenica
mattina, si svolgerà il «Mercato
del contadino» in cui si potranno degustare e acquistare tante
eccellenze del territorio. L’Università degli Studi di Palermo
organizza «Natale Unipa» la
rassegna natalizia organizzata
dall’ateneo palermitano con incontri, spettacoli e laboratori
per bimbi. In provincia, a Bagheria, presso Villa Valguarne-
Bordonaro
Il pagghiaru è un abete
natalizio formato da
una pertica di 9 metri
con una croce in cima
ra dei principi Alliata di Villafranca, ci sarà la fiera di «Arte e
Sapori di Natale». La fiera è
aperta tutti i giorni dalle 10 sino
a tarda serata. Dal 20 al 23 dicembre, sempre a Bagheria,
una fiera è dedicata a tutti i creativi, in cui poter trovare: gioielli artigianali, ceste tradizionali, pietre dipinte e tanto altro, tutto rigorosamente fatto a
mano. A Termini Imerese, in
piazza Duomo, numerosi artigiani locali esporranno i loro
prodotti per godersi momenti
di evasione e immergersi nel
calore e nelle luci di stand e
banchetti e, perché no, stupirsi
di fronte allo spettacolo di fiabeschi scenari imbiancati da
nevicate notturne.
Enna
Si chiama «Ennatale» e racchiude in sé una serie di iniziative e di eventi per le festività
natalizie di Enna. La festa rende omaggio soprattutto al buccellato, il dolce di frolla tipico
della tradizione natalizia ennese. Ad Aidone per Natale si rinnova la rappresentazione della
nascita di Gesù Bambino in
uno spaccato della vita contadina. Le particolari casette in
legno ospiteranno produttori,
hobbisti, artigiani, commercianti, che delizieranno i tan-
Catania
tissimi visitatori con sapori,
manufatti, e tante prelibatezze.
Caltanissetta
che vendono ed espongono,
saltuariamente, oggetti di propria creazione.
Un trionfo di glasse, creme,
mandorle e pistacchi, che con i
loro colori rallegrano ogni tavola, saranno il leitmotiv delle
festività natalizie del centro
della Sicilia. A Mussomeli, per
la gioia dei bambini, tre abitanti del luogo mimano l’arrivo dei
Re Magi a cavallo in una delle
più antiche rappresentazioni
dell’isola. L’amministrazione
comunale mussomelese punta, inoltre, sui prodotti della
tradizione gastronomica, lanciando la prima edizione della
sagra delle “Guastedde”, il dolce tipico preparato soprattutto
in occasione della festa dell’Immacolata.
Agrigento
Trapani
Messina
Ad Erice, il piccolo borgo
medievale si veste a festa con i
suoi mercatini, prodotti tipici
della gastronomia locale, dolci
e piccolo artigianato. Ogni anno poi, si ripete l’antica arte dei
suonatori della zampogna che
procedono lungo i vicoli del
borgo medievale per portare
l’atmosfera del Natale. Fino al
27 dicembre ad Alcamo, la manifestazione «Arte&Artigianato» promuove la sicilianità nel
mondo con musica, artisti di
strada, arte, prodotti tipici, folclore, spettacoli musicali e artigianato. A Trapani sono nove le
aree in città individuate dall’amministrazione comunale
per consentire il commercio,
temporaneo, in occasione delle
festività natalizie e di particolari eventi stabiliti dall’amministrazione comunale che rientrano nello stesso periodo.Le
nove aree, inoltre, sono state
suddivise anche per zone. Nella prima rientrano quelle dove
sarà possibile l’esercizio temporaneo del commercio su
aree pubbliche, mentre nella
seconda sarà consentito l’esercizio temporaneo di hobbisti,
collezionisti ed associazioni
Una serie di manifestazioni
ed eventi richiamano sulla città
dello Stretto l’interesse e la curiosità di tutta la Sicilia. Si parte
domani con la Festa dell’Immacolata Concezione di Maria con
la consueta processione cittadina dell’antico ed artistico simulacro argenteo, realizzato
In provincia di Agrigento, a
Canicattì, la «festa di Li Tri Re»,
è il riferimento ai Tre Re Magi
che vennero dall’Oriente per visitare Gesù a Betlemme, seguendo la scia della Stella Cometa. La rappresentazione ha
inizio nel pomeriggio: in sella
ai loro cavalli «Li Tri Re» partono dalle chiese di San Francesco, Santa Lucia e San Domenico e raggiungono i vicoli del
centro del paese. Per la prima
volta nella sua storia Agrigento
ospita i mercatini di Natale che
si svolgeranno dalle 10 alle 22
nel periodo compreso tra il 20
e il 31 dicembre.
nel XVII secolo ed interamente
rivestito da una lastra argentea.
Secondo la tradizione, la statua
della Vergine viene accolta dalla Comunità Parrocchiale della
Basilica Cattedrale. Qui la venerata statua dell’Immacolata del
Boccetta rimase miracolosamente indenne in occasione
del catastrofico incendio del
1884, del terremoto del 1908 e
Aria di festa
Processioni,
mercatini e
leccornie: ci
sono tutti
gli elementi
caratteristici
della festa ad
accompagnare
i siciliani , e non
solo loro, nella
riscoperta del
valore più alto
del Natale
Come in molte città la festa
dedicata alla Madonna Immacolata segna l’inizio delle festività natalizie. La processione si
svolge nel Santuario di San
Francesco d’Assisi all’Immacolata, che custodisce un artistico
simulacro settecentesco della
Madonna ed è preceduta dalla
«dodicina», durante la quale
molti fedeli si recano al Santuario. La processione si snoda per
il centro storico, sostando dinanzi la chiesa di San Benedetto, per il tradizionale «canto
delle suore». Anche quest’anno
l’Università di Catania organizza la Messa di Natale. Le celebrazioni si terranno martedì 22
dicembre alle 17, nella Basilica
Collegiata. A celebrare sarà l’arcivescovo di Catania, monsignor Salvatore Gristina.
Ragusa
Per tutto il periodo natalizio
sono organizzate nel centro
storico le mostre di presepi,
visite guidate, spettacoli e
concerti. Pregiati sono i presepi, quello di Ispica per esempio, risale al XVIII secolo ed è
visibile nella Chiesa della Santissima Annunziata; altri
esempi di presepe siciliano a
Scicli.
Siracusa
Tra le più belle città siciliane
per la sua storia, l’arte ma anche per l’invidiabile posizione
paesaggistica e per le sue tradizioni. Ne è testimonianza Ortigia, il centro storico di Siracusa, che si trova per intero su
un’isola. Passeggiare per le sue
viuzze strette antiche per poi
giungere nella maestosa piazza
Duomo, con la sua chiesa costruita su un tempio greco, oppure camminare lungo lo
splendido lungomare per raggiungere la leggendaria fonte
Aretusa, con il suo papiro, è
un’esperienza da non perdere
soprattutto a Natale quando gli
addobbi illuminano a festa i vicoli del centro.
Roberto Chifari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
PA
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7
Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
Come una volta
Dopo cinquant’anni a Catania è ritornata la grande “Cona” di Natale
L’edicola con la Sacra Famiglia addobbata a festa e arricchita di agrumi
Qualche tempo fa l’associazione “Siciliantica” ha riproposto a
Catania, dopo 50 anni, la realizzazione di una grande “Cona”
di Natale. In passato “a Cona” era preparata nelle case per la
celebrazione della novena: l’edicola al cui interno era
collocata l’immagine della Sacra Famiglia veniva addobbata
a festa con ramoscelli di biancospino, batuffoli di cotone e
nove lumini, che venivano accesi quando gli zampognari, che
solitamente arrivavano a Catania già dal giorno
dell’Immacolata, l’8 dicembre, cominciavano a suonare.
L’edicola veniva poi arricchita da agrumi e dolciumi vari
preparati in casa: cibarie che costituivano una vera
tentazione, soprattutto i ragazzi che aspettavano il momento
opportuno per ‘rubacchiare’ qualcosa. Una tradizione che
ultimamente tenta di riemergere in alcune zone.
Novene La preghiera si fa show
Vengono commissionate da privati ed eseguite all’interno delle loro case
Un segno di devozione cristiana che è anche occasione per stare insieme
 Davanti
all’immagine
sacra si
appendevano
nove grosse
arance che
simboleggiava
no i nove mesi
che Gesù
trascorse nel
seno di Maria
S
icilia, terra di novene.
Regge la tradizione nell’Isola dove, per il periodo natalizio, si possono
assistere a varie tipologie di novene, spesso commissionate da
privati ed eseguite all’interno
delle loro abitazioni in prossimità del presepe, ma anche all’esterno, nei pressi di edicole
votive.
Dal 16 al 24 dicembre, preghiere e canti si mescolano per
nove giorni consecutivi, in segno di devozione cristiana: la
novena trae infatti ispirazione
dagli Atti degli Apostoli, dove
viene descritto come la Madonna e gli Apostoli pregarono
in modo assiduo e concorde
nei nove giorni compresi tra
l’Ascensione di Gesù Cristo e la
discesa in terra dello Spirito
Santo durante la Pentecoste.
Le novene venivano (e vengono ancora) preparate addobbando queste edicole sacre, generalmente incorniciate con
alti rami di alloro, e preparando sopra di esse una sorta di
cielo stellato in mezzo a cui si
facevano impigliare batuffoli
di cotone e fili di stagnola.
All’interno dell’edicola, davanti all’immagine sacra, si appendevano nove grosse arance,
pari ai giorni in cui si celebra la
novena, ma che simboleggiavano, ancor di più, i nove mesi
che Gesù Bambino trascorse
nel seno della Vergine Maria. Il
popolo accorreva in massa per
vedere e ascoltare le vicende
del Natale di Gesù.
Raccontano i libri che i ragazzini si spostavano da una
novena all’altra portando con
sé una piccola bacchetta di legno che usavano per colpire,
non visti, la testa di altri bambini che stavano attorno al falò
creato con un fascio di legna
che simbolicamente doveva riscaldare il Bambinello. Se scoperti, si limitavano rispondere
nuvèni su!, ovvero “Che vuoi
farci, sono novene”).
Tra le novene natalizie siciliane più caratteristiche va segnalata quella che si effettua a
Longi, in provincia di Messina,
che prevede l’esecuzione di ca-
l
a
o
t
t
Tu
La Pastorale
Si tratta di una
rappresentazione
comica che prevede
tre personaggi
Longi
Tra le novene più
caratteristiche va
segnalata quella di
Longi, vicino Messina
Piazza Armerina
Negli anni ‘70
la tradizione stava
sparendo: un concorso
riuscì a tenerla in vita
ratteristici canti dialettali natalizi; nell’Agrigentino i festeggiamenti per commemorare
degnamente la nascita di Gesù
Cristo sono suddivisibili in due
momenti distinti.
Oltre alla classica novena,
che prevede il coinvolgimento
diretto delle persone che si riuniscono presso la casa di colui
che l’ha commissionata, evento
tipico è la “Pastorale”: si tratta,
in pratica, di una rappresentazione comica che prevede la
partecipazione di tre personaggi, Nardu e Mirtiddru, due pastori pigroni, e “U Curaduru”, il
padrone del gregge, nonchè titolare dei due pastori. La rap-
presentazione si conclude con
l’avvistamento di una luce misteriosa da parte dei due pastori, luce che li condurrà presso
la grotta dove assisteranno alla
nascita di Gesù.
A Lentini, nel Siracusano,
ma anche in altri paesi della Sicilia dove questa tradizione è
riuscita ad attraversare indenne le mode effimere dettate dal
consumismo, si è soliti allestire nel periodo natalizio degli
altarini, chiamati novene, con
al centro un’immagine della
nascita di Gesù e tutto intorno
addobbati con arance, mandarini, limoni, ramoscelli e tutto
ciò che la fantasia popolare
APERTI ANCHE
LA DOMENICA
Ieri e oggi
Una tipica
novena
siciliana
eseguita
negli anni ‘50
e una
dei giorni nostri
diavolerie tecnologiche.
In chiesa come per le strade
o in piazza. In diverse zone dell’Isola vengono accesi dei falò
per quadiari lu Bammineddu
(riscaldare il Bambin Gesù). I
brani più richiesti e commissionati dai devoti sono Lu viaggiu dulurusu (lu caminu di San
Giuseppi), A la notti di Natali,
Ninu Ninu lu picuraru, Li tri re,
Dinghi dinghi la campanedda,
la Sarvi Regina di Natali. I Ballitti concludono le novene.
Giuseppe Pitrè, illustre studioso di cultura popolare siciliana,
testimonia di novene di Natale
eseguite con svariati strumenti: fischietto, scacciapensieri,
violino, contrabbasso e flauto.
Alla fine, i cantanti, che non
pretendevano nè ingaggi nè
cachet, ricevevano il loro giusto compenso dai devoti: fari u
firriatu, ovvero offrire ai suonatori e ai presenti vino, ceci,
buccellati, uva passa e fichi
secchi.
Fabio Scavuzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Dal 28/11/2015 AL 13/12/2015
Le arance
può ideare come abbellimento.
Girando per i vari quartieri, si
possono ammirare questi altarini negli angoli di una piazza,
su un muro o su un balcone di
una strada qualsiasi.
Vi fu un periodo, intorno
agli anni ’70, che a Piazza Armerina (Enna) le novene stavano per scomparire dalla consuetudine così come altre manifestazioni popolari. Un club
cittadino però volle riesumarne la memoria proponendo addirittura un premio per il miglior allestimento e così il filo
della tradizione fu riannodato,
al punto che le novene sono aumentate di numero, seppur più
orientate al folklore.
Ma le novene rappresentano
in Sicilia non solo religiosità e
fede, ma anche l’occasione per
stare insieme e fare festa.
Un’occasione di sana aggregazione che resiste al solipsismo
imposto dall’uso sfrenato dei
social network e dalle ultime
8
Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
PA
Come una volta
Rosticceria
In ventiquattr’ore
volume d’affari
da due milioni
Il giorno di Santa Lucia per Palermo, ormai, più che una
devozione, è un rito cui nessuno vuole proprio
rinunciare. E così tra il sacro della festa e il profano della
celebrazione gastronomica, in molti hanno ribattezzato
il 13 dicembre «Santa Arancina». Insomma, non esiste
Santa Lucia senza arancine, il solo pensiero fa venire
l’acquolina in bocca. Che siano acquistate in uno dei
tanti bar della città o fatte in casa seguendo la ricetta
delle mamme e delle nonne, in tutte le case dei
palermitani, non mancherà di certo questa celeberrima
pietanza a base di riso. Ma Santa Lucia è soprattutto un
business gastronomico, perché Palermo e il suo
hinterland conta poco più di un milione e duecento mila
abitanti e in ogni paese della provincia, così come in
città, la tradizione va rispettata. Ebbene, in un solo
giorno molti bar preparano in media duemila arancine,
c’è chi si spinge anche di più ma sono numeri da record
che danno il senso della misura che ha raggiunto la
festa palermitana. Un volume di affari che supera, in
appena ventiquattro ore, i due milioni di euro.
Santa Lucia Devozione senza pane e pasta
Astinenza nel ricordo della carestia del 1646
I palermitani, in segno
di riconoscenza per il
miracolo che mise fine
alla fame, il 13 dicembre
non mangiano farinacei
Proverbio
Un vecchio
proverbio
contadino
dell’entroterra
siciliano dice
che a Santa
Lucia è ù jurnù
chi ù curtu cà
c’è in tuttu
l’annu .
I
l perché nel giorno di Santa
Lucia non si mangi né pane
né pasta è presto detto. La
tradizione vuole che in Sicilia nel 1646 ci fosse una lunga
carestia che fiaccò la popolazione. La gente pregò affinché
l’aiuto divino intercedesse per
far terminare la carestia. E così,
il 13 dicembre, proprio nel
giorno di Santa Lucia, giunse
nel porto di Palermo una nave
carica di grano. Il grano fu subito distribuito tra la gente, e la
popolazione per non perdere
ulteriore tempo per macinarlo
e trasformarlo in farina e poi in
pane o pasta, lo bollì direttamente nell’acqua così com’era.
Da allora, in segno di riconoscenza, il giorno di Santa Lucia,
ritenuta l’artefice del miracolo,
i palermitani rigorosamente ricorrono all’astensione per l’intera giornata dal consumare farinacei, sostituiti con la cuccìa,
così come venne mangiata secoli fa.
Oggi come allora la tradizione si rinnova, anche se la ricetta è cambiata con il mutar del
tempo, la sua preparazione è
quasi un rito nelle famiglie siciliane e palermitane in particolare, un’antica consuetudine
che racconta come durante la
mietitura, i chicchi di grano
raccolti venissero lessati e
mangiati sul posto nei momenti di pausa dalle fatiche
della campagna. Con il passare
dei secoli, la cuccìa è diventata
da piatto principale a dolce, a
L’altra festa
A Siracusa
c’è il corteo
con carrozza
settecentesca
I
Fede e cibo
La processione
in onore di
Santa Lucia che
si svolge ogni
anno, il 13
dicembre, a
Siracusa e, in
basso, il tipico
cibo di strada
che spopola nel
giorno della
festa. In cima
alle preferenze,
i classici
arancini
base di grano bollito e ricotta di
pecora, o crema di latte bianco.
Guarnita poi, con zuccata, cannella, frutta secca o candita e
scaglie di cioccolato. La variante del trapanese consiste nel
consumare il grano bollito
semplicemente aggiungendo il
vino cotto, che altro non è che
il mosto di vino cotto fino alla
riduzione del suo volume originario e al punto di caramellarlo. Giuseppe Pitrè, antico studioso delle tradizioni popolari,
nel suo saggio sui proverbi siciliani, scrisse: Santa Lucia pani
vurria, pani nun n’haiu, accussì mi staiu ovvero: Santa Lucia
vorrei del pane, ma pane non
ho, così mi sto – resto digiuno». Il digiuno, quello vero, i
siciliani non sanno cosa sia ma
la tradizione anche quest’anno
sarà salva.
Roberto Chifari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Arancini o arancine? Sul nome esatto indaga Montalbano
In un’avventura del commissario creato da Camilleri sciolto il dilemma sullo street food
S
anta Lucia non è solo un
appuntamento religioso, è soprattutto una festa che va assaporata a
tavola, perché la città ha assorbito, come una spugna, secoli
di dominazioni che hanno arricchito la cucina palermitana
di innumerevoli sapori, gusti e
colori. E poiché, in questo giorno non si mangia nulla che
contenga farine e grani (come
pane e pasta), ecco che le arancine diventano protagoniste
delle tavole nel giorno di Santa
Lucia.
A proposito, si dice arancina
o arancino? Nella Sicilia orientale, tra Messina e Catania si dice arancino, così come ci racconta lo scrittore Andrea Camilleri in una delle avventure
del commissario Montalbano,
dal titolo «Gli arancini di Montalbano». A Palermo, e nel resto della Sicilia, è chiamata
arancina. Il motivo è semplice
ed è da ricercarsi nella sua classica forma sferica e nel colore
ambrato brillante che ricorda
l’arancia. Arancino, invece,
prenderebbe il nome dall’albero di arancio e ha la classica
forma a punta che lo ha reso
celebre anche fuori dai confini
regionali. «Per me non ci possono essere dubbi, l’arancina
va declinata al femminile sempre e comunque, al pari del
pensiero corrente espresso anche nel palermitano. Più volte
mi è stata posta questa domanda, se si dice arancino o arancina. E io ho sempre risposto allo
stesso modo. La rotondità nell’immediato fa pensare alle
morbide forme di una donna.
Ragion per cui l’arancina è
femmina». E se lo dice lo chef
Ciccio Sultano, due stelle michelin a Ragusa, c’è da crederci.
Al di là dell’etimologia, parlare di arancina o arancino è
molto riduttivo perché nel
tempo la pietanza principe dello street food è cambiata radicalmente per stare al passo coi
tempi. Non è raro imbattersi in
altre combinazioni di gusti, come il nero di seppia, la versione
Gusti tipici
Si dice arancine
o arancini?
Ci viene
in soccorso
Camilleri che
ha scritto «Gli
arancini di
Montalbano»
gamberetti e pistacchio, o al
salmone, o ancora, agli spinaci.
Non mancano le versioni con
gulash; speck, noci e mozzarella; fagioli e chili piccante (riservata ai più temerari); salsa barbecue e costolette di maiale; o
la variante con un mix di formaggi siciliani abbinati ai salu-
mi del territorio; o ancora, pomodoro basilico e mandorle;
gorgonzola, olive e pomodori
Pachino; ai funghi; pollo e curry; senape, finocchio e cipolla;
e la versione con la vastedda
del Belice, il formaggio a pasta
filata della zona del trapanese.
Senza dimenticare quelle dol-
ci, semplicemente ripiene al
cioccolato o alla ricotta. I bar
della città nel tempo si sono
specializzati in arancine alternative, un modo per attrarre
nuovi clienti e intercettare il
palato dei più esigenti, ma la
tradizione è tradizione è quella
classiche al burro o alla carne
vanno ancora per la maggiore.
Per una buona arancina è
importante il riso che deve essere della categoria Arborio,
perché è quello che più di tutti
è in grado di esaltare i sapori.
L’acqua che deve essere in un
rapporto di uno a due e mezzo
e la pentola che deve essere
stretta e lunga per evitare una
rapida ebollizione. E infine, c’è
la panatura da fare con gesti rapidi e precisi unendo uovo e
pangrattato, in modo da rendere le arancine compatte e omogenee e che consente di avere
un involucro perfettamente
croccante da rompersi al primo
morso.
Ro. Chi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
l 13 dicembre Siracusa
celebra la patrona Santa
Lucia, una festa sentitissima
dai siciliani e dai siracusani che
la venerano e a lei dedicano le
proprie preghiere. La
tradizione vuole che la statua
venga portata in lenta
processione, dal Duomo alla
chiesa di Santa Lucia al
Sepolcro; il corteo è seguito da
una carrozza settecentesca, con
personaggi in costume. Ma i
festeggiamenti continuano
anche dopo, quando il corteo
compie il percorso inverso e la
statua, portata a spalla dai
berretti verdi (nomignolo
affibbiato ai portatori per il
caratteristico colore dei
berretti) della confraternita dei
falegnami, ritorna nella
cattedrale.
Curiosità vuole che in
occasione dei festeggiamenti di
Santa Lucia, si svolga, dal 1970,
la manifestazione Lucia di
Svezia, un gemellaggio fra
Siracusa e la Svezia nel nome di
Santa Lucia. La manifestazione
vuole avvicinare la festività
cristiana, che si commemora a
Siracusa in occasione della
celebrazione della santa
patrona, alla tradizione
nordica. Infatti, da molti secoli,
anche in Svezia il 13 dicembre è
un giorno solenne (in questo
giorno cade il solstizio
d’inverno che segna la fine
della lunga notte). Il clima di
festa però, è tutto siciliano e il
giorno della vigilia in
Cattedrale iniziano ad
accorrere i devoti per assistere
alla traslazione del Simulacro
dalla Cappella all’Altare
Maggiore.
Un quarto d’ora prima di
mezzogiorno, il Campanellaio e
il Maestro di Cappella danno
inizio alle operazioni
necessarie fin quando
l’esplodere dell’applauso dei
fedeli accoglie la Santa fuori
dalla sua Cappella. Il giorno
dopo ha inizio la solenne
processione delle Reliquie e del
Simulacro argenteo che
attraverseranno la città per
giungere alla Basilica di Santa
Lucia al Sepolcro. La lunga
processione che dura molte ore
è un pellegrinaggio solenne e
devoto, ricco di molti segni che
rendono questa festa unica nel
suo genere. L’uscita del
Simulacro è senza dubbio uno
dei momenti più forti della
festa; da quel momento Santa
Lucia è in mezzo alla sua città,
ai suoi fedeli che la acclamano
a gran voce. Un corteo che dura
tutto il giorno fino all’arrivo al
Ponte Umbertino, lì dove la
città saluta festosamente con
fuochi pirotecnici Santa Lucia,
prima che riprenda il suo
percorso verso la Cattedrale.
R. C.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
Come una volta
Catania
Dal 12 dicembre
pupi e marionette
animano le novene
Dal 12 al 30 dicembre il teatro Machiavelli di
Catania ospita la XII edizione di Zampognarea, la
mostra multimediale di strumenti musicali e
fotografie. A cura di Maurizio Cuzzocrea, musicista
e studioso di strumenti tradizionali, l’edizione
2015 di Zampognarea propone quest’anno
un’inedita sinergia fra imprenditori culturali,
videomaker, artisti della cartapesta e del teatro
delle marionette, zampognari provenienti da
Maletto, dai comuni messinesi dei Nebrodi e da
Acireale, studiosi di strumenti antichi e band
impegnate nella ricerca di frammenti e brani della
tradizione musicale orale, sia siciliana che dei
paesi del Mediterraneo. Tre i concerti in
programma. Assieme all’esposizione di diverse
zampogne, strumenti a fiato e a corda della
tradizione rurale siciliana e mediterranea, è in
programma una “Novena animata”, una
particolare forma di novena con la partecipazione
di pupi e marionette.
Non è Natale se non ci sono gli zampognari
Girano insieme soprattutto nei piccoli centri siciliani come Monreale e Licata
Il loro compito è animare le celebrazioni ma dietro compenso suonano a casa
Ciaramidde
Ciaramiddari
si chiamano
gli zampognari
palermitani, la
cui ultima
generazione
si è estinta
all’inizio
degli anni ‘60.
C
he Natale sarebbe senza il suono inconfondibile della zampogna? In
Sicilia quella della ciaramedda è una tradizione musicale che si è mantenuta particolarmente vitale. Nelle case,
davanti agli altari o ai presepi,
nelle strade, presso edicole votive ben addobbate, nelle chiese ancora si ripetono gli antichi
canti, eseguiti dietro compenso da suonatori specializzati o
in coro dai fedeli. Sono gli zampognari i principali protagonisti delle novene e la loro musica risente del mescolarsi di apporti folkloristici con ascendenze religiose, dovute
soprattutto a interventi della
Chiesa. In particolare, tra il IV e
il IX secolo, nacquero anche le
rappresentazioni drammatiche incentrate sulla Natività
che, fondate sulla sequenza
narrativa Annunciazione-Natività-Fuga in Egitto, andarono a
costituire una forma particolare di dramma sacro, originariamente denominato officium
pastorum. I canovacci destinati
all’esecuzione pubblica erano
prodotti in ambiente ecclesiastico e presentavano quindi testi rigidamente controllati. Più
o meno ciò che accadeva anche
per i canti. A tal proposito, va
Gli orbi
Fin dal 1661 suonatori
e cantanti ciechi
avevano il compito di
diffondere testi e canti
ricordata la vicenda degli orbi
(ciechi), cioè suonatori e cantanti ambulanti siciliani. Gli
orbi vennero infatti riuniti in
congregazione a Palermo dai
Gesuiti fin dal 1661, con il preciso obiettivo di diffondere
presso il popolo un’ampia
produzione di testi poetici
dialettali di argomento religioso: storie di santi, canti di
Natività e di Passione, rosari.
La Chiesa fissava così, attraverso la scrittura, temi e motivi destinati alla più ampia ricezione popolare grazie alla
mediazione ‘orale’ degli orbi.
Una commistione che è dura-
ta fino ai giorni nostri.
Gli zampognari sono all’opera specie nei piccoli centri. Come Monreale (Palermo) . Qui i
cantori si esibiscono dietro
compenso dall’Immacolata all’Epifania,
utilizzando - unici in
Sicilia - la grande
zampogna ‘a chiave’,
strumento diffuso
nell’Italia centromeridionale e adoperato
dai ciaramiddari palermitani, la cui ultima generazione si è
estinta all’inizio degli
anni ‘60, sostituiti in
parte dai monrealesi
che ancora oggi suonano in alcune zone
periferiche del capoluogo. Vitale è la tradizione musicale del
Natale a Licata, popoloso centro costiero
dell’Agrigentino. Sono soprattutto gli
zampognari ad animare le celebrazioni,
partecipando alle
processioni dell’Immacolata (8 dicembre) e di Santa Lucia
(13 dicembre) ed eseguendo le
novene domiciliari. Da segnalare, tra i tanti, il Gruppo Zampognari Licatesi che si è esibito sempre con grandissimo riscontro in termini di pubblico.
Fabio Scavuzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
PA
Il personaggio
Il comparto
Il distretto
protagonista
all’Expo di Milano
Un grande comparto produttivo, quello degli
agrumi in Sicilia, la maggiore regione
agrumetata d’Italia (nell’isola 93.771 ettari
sono coperti da agrumi, circa il 60% del
totale di quelli presenti in Italia) con una
rilevante quota in biologico e la straordinaria
biodiversità delle sue produzioni. Quattro
agrumi siciliani hanno già conquistato il
bollino di qualità: quello Igp per l’Arancia
Rossa di Sicilia, per i Limoni Interdonato di
Messina e Siracusa, e il DOP per l’Arancia di
Ribera (senza dimenticare il Mandarino di
Ciaculli, presidio Slow Food in attesa di
riconoscimento). Diffondere e far conoscere
il mondo degli agrumi siciliani: è stata questa
la mission del Distretto Agrumi di Sicilia, in
occasione di Expo Milano 2015. Il Distretto,
che riunisce aziende private, enti pubblici e
rappresentanze agricole, è nato nel 2011.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«A Napoli gli agrumi siciliani»
La storia di Daniele Furia che produce liquori artigianali nel capoluogo campano
«Lavoriamo direttamente limoni piccoli e verdi non trattati, preleviamo la buccia»
Chi è
Daniele Furia
ha la sua
bottega
gastronomica
in via dei
Tribunali nel
cuore di
Spaccanapoli,
a due passi da
San Gregorio
Armeno
A
d apprezzare gli agrumi siciliani, specialmente per il loro utilizzo nella tradizionale
produzione dolciaria, sono stati per i primi proprio i napoletani. Nel Settecento l’acqua di
fiori d’arancia era utilizzata nel
Regno delle Due Sicilie per la
preparazione di dolci come la
pastiera napoletana, la cassata
siciliana e le sfogliatelle. Napoli
e Palermo, le due grandi metropoli del Mezzogiorno, sono
oggi così profondamente somiglianti nello spirito e nella
passione di chi le vive quotidianamente da essere unite, al di
là della distanza geografica. Vicoli e stradine di entrambe le
città sono avvolte in ogni angolo da profumi, colori, voci che
spesso si mescolano. Per questo non è così raro imbattersi in
napoletani affascinati dalle
bellezze di Palermo e viceversa.
Di sicuro, è più raro trovarsi davanti a chi ha trasmesso questa
sua passione per una città nello
studio e nel lavoro di ogni giorno.
È il caso Daniele Furia, napoletano doc intimamente innamorato del capoluogo siciliano. «Il mio è un amore viscerale, nato da un filo immaginario
che lega Napoli a Palermo –
In azione
A sinistra
Daniele Furia,
il racconto
dela sua storia
unisce
sempre di più
le tradizioni
e il fascino
delle due
più grandi
città del Sud,
Palermo
e Napoli
racconta -. C’è qualcosa di magico a Palermo, si rimane colpiti dalla vostra cortesia e dalla
vostra filosofia di vita, tanto vicina a quella di noi napoletani». Daniele ha la sua bottega
gastronomica in via dei Tribunali nel cuore di Spaccanapoli,
a due passi dalla Napoli sotterranea e da San Gregorio Armeno. Nel cuore di Napoli, Daniele coltiva la passione per i liquori artigianali ottenuti da ingredienti rigorosamente legati
al territorio campano e siciliano: in primis il limone, il melo-
ne, il finocchietto selvatico, la
mela, il nocino e la rucola. Una
piccola produzione di due mila
litri l’anno, appena 15 mila bottiglie. Nel suo lavoro si rintraccia la passione di chi studia e
non lascia mai nulla al caso.
«Con il mio lavoro ho dimostrato che gli agrumi erano già
presenti al tempo dei romani e
questo mio studio di ricerca lo
devo proprio a un palermitano,
il professor Francesco Calabrese che ha scritto un libro dal titolo “La favolosa storia degli
agrumi”, un’opera che mi ha
permesso di andare avanti nel
mio lavoro e di approfondire i
miei studi universitari».
Una ricerca continua per migliorare e perfezionare le antiche ricette tramandate fino ai
giorni nostri, come quella del
limoncello che secondo la tradizione sarebbe nato agli inizi
del Novecento nella zona tra
Sorrento e Amalfi. Non gli ha
dato i natali, ma per l’abbondanza e la qualità dei suoi limoni, la Sicilia rappresenta oggi una tra le migliori produttrici di limoncello. «Lavoriamo
direttamente limoni piccoli e
verdi, non trattati perché ne
preleveremo direttamente la
buccia. Questi limoni sono i
migliori nel mantenere un’alta
concentrazione di olii essenziali – spiega -. La procedura
indispensabile è la pelatura a
mano perché solo così escludiamo la parte bianca che conferirebbe un fastidioso retrogusto amaro. Una volta ottenute le bucce di limone, queste
sono messe a macerare in alcool puro per sette giorni, dopodiché vengono filtrate, e poi,
una volta separate le bucce dall’alcool, otteniamo un infuso
che va miscelato con uno sciroppo, composto semplicemente da acqua e zucchero nelle debite proporzioni e da un
ingrediente segreto, quello
della nonna e che non riveliamo a nessuno».
Roberto Chifari
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
Menu di festa
Superlavoro in pasticceria, è il trionfo dei deliziosi buccellati
Da domani i dolcetti tipici saranno sulle tavole di tutta la Sicilia
I dolci sono la vetta della cucina siciliana. Quell’apice a cui si
aspira fin da quando si è ancora all’antipasto. Nel periodo
natalizio compaiono, fin dall’8 dicembre, i buccellati o
cucciddati, fatti di mandorle e nocciole, noci e uva passa, fichi
secchi e buccia d’arancia. Il suo nome deriva dal tardo latino
buccellatum, cioè pane da trasformare in buccelli, ossia
bocconi, per la sua morbidezza. Anche i nucatuli sono dei
tipici biscotti natalizi di origini arabo-medioevali conosciuti
come mucatuli a Modica, ciascuna (dal dialetto ciascu, ovvero
fiasco, recipiente) nel Siracusano, saschitedda a Buscemi
(Siracusa). Un tempo erano famosi i nucatili di Natale,
preparati nel monastero di Santa Elisabetta a Palermo, città
in cui questi dolcetti sono conosciuti sin dal XV secolo. Col
vino cotto si preparano i “mostaccioli” o “mustazzola”.
L’isola del mangiar bene Anche a Natale
Dalla “cuccia”, dolce tipico di Santa Lucia, alla scacciata con cavolfiori lo slalom è gastronomico
Nel Modicano non manca il pasticcio di broccoli o spinaci mentre a Palermo è tempo di sfincione
Agglassato
Con questo
termine
in Sicilia
si indica il
pezzo di manzo
comunemente
detto roastbeef
stracotto
nelle cipolle
la cui riduzione
poi viene
frullata
ed usata
per nappare
le fette di carne
o per condire
la pasta
I
n Sicilia si mangia sempre,
figuriamoci a Natale. Il percorso di avvicinamento al
25 dicembre comincia addirittura il 13 con il festeggiamento di Santa Lucia che soprattutto a Palermo è prevalentemente di tipo gastronomico.
Non si possono mangiare farinacei quel giorno e i palermitani, ligi alla regola, fanno colazione con panelle dolci (ripiene di nutella o cosparse di
zucchero). A pranzo si mangia
un gateau o, meglio, si comincia a “inanellare” arancine (o
arancini, se preferite) in vista
del conteggio finale che designerà il “vincitore” assoluto
solo allo scadere della mezzanotte. Per l’occasione, i cuochi
dei bar cittadini sfoderano la
loro fantasia. Si vendono le tipiche alla carne, al burro, agli
spinaci, a cui si affiancano
quelle al salmone, ai funghi,
agli asparagi, alla norma, al nero di seppia, ai gamberi, con
salsiccia. Ma anche quelle con
ricotta e cioccolato o alla nutella.
Ma il dolce tipico di Santa
Lucia è decisamente la “cuccia” fatta con ricotta dolce e
grano bollito. Ci si prepara così
allo slalom gastronomico della
vigilia e di Natale.
Nel Catanese l’antipasto è rigorosamente fritto e sono le
crispelle con ricotta e acciughe
(per dolce ci sono quelle di riso dette “dei Benedettini” condite con il miele). Regina indiscussa della tavola natalizia è la
scacciata, con la sua variante di
scaccia nel Ragusano e Modicano. C’è la scacciata con cavolfiori affogati nel vino, arricchiti di aglio tritato, olive nere,
primosale, acciughe, e pepe; la
scacciata di cipolle, con cipollotti scalogni, acciughe, pepe e
olio; quella di broccoli con
broccoletti lessi e saltati in padella con aglio tritato, tuma,
olive nere, acciughe, pepe e
olio. Sempre nella Sicilia
orientale si trova spesso, sulle
tavole natalizie, la zucca rossa
fritta con olive e i broccoli affogati con vino e olive nere.
C’è ancora spazio (si spera)
polla, prezzemolo, mezzo
bicchiere di vino rosso vecchio, maccheroni di casa, cime
di broccoli lessate e soffritte,
un limone, ricotta, piacentino
grattugiato, olio d’oliva, sale,
pepe.
Più a ovest, nel Palermitano,
si troveranno sulle tavole imbandite lo sfincione (pizza base di cipolla), cardi in pastella,
insalate di arance con aringa e
cipolla, agnello al forno, sformato di anellini al forno con ricotta, pasta con le sarde e sarde
a beccafico (ripiene di mollica,
pinoli, bucce di arance, foglie
di alloro e uva passa), carne
con pancetta coppata con contorno di sparacelli e caponata.
Tra i piatti della tradizione
non deve assolutamente mancare il baccalà fritto o in umido
o quantomeno con la salsa insaporito dalle “passole” (uva
Cassate e cannoli
Per dolci cassate,
cannoli, mustazzoli, il
tutto innaffiato da vini
liquorosi come marsala
La zucca rossa
Nella Sicilia orientale
è tradizione la zucca
rossa fritta con olive
e i broccoli affogati
Il baccalà
In tavola è d’obbligo
il baccalà fritto
o in umido, insaporito
dall’uva sultanina
per il timballo di riso detto anche gallina ripiena. Si prepara
il brodo di gallina insaporito
con la cipolla, poco pomodoro, prezzemolo e sedano e le
polpette precedentemente
preparate impastando la carne
di vitello - o di manzo - trita
con uova, formaggio pecorino
grattugiato, prezzemolo e
aglio tritato, mollica di pane
ammorbidita nel latte, sale e
pepe.
Nel Modicano non possono
mancare a Natale le “lasagne
cacate” fatte con farina, uova,
ragù, ricotta fresca setacciata,
pecorino grattugiato, sale e pepe. Sempre caratteristico di
Modica è il pasticcio di spinaci
o broccoli, mentre viene da
Noto, in provincia di Siracusa,
quello chiamato per antonomasia pasticcio di Natale, realizzato con pasta di grano tenero lievitata, ragù di polpa magra di maiale, pomodori, ci-
sultanina) o stoccafisso, precedentemente mantenuto in acqua per farlo ritornare e renderlo commestibile, lo si prepara alla “ghiotta” con salsa di
pomodoro, capperi, uva sultanina, sedano e olive nere.
Chi preferisce la carne, mangerà l’agglassato (pezzo di
manzo stracotto nelle cipolle la
cui riduzione poi viene frullata
ed usata per nappare le fette di
carne o per condire la pasta).
Per dolci, buccellati di Enna
(dolci tipici ripieni di fichi secchi), cassate e cannoli, i mustazzoli a base di mandorle,
cannella e chiodi di garofano e
cubaita (torrone di miele con
nocciole e mandorle o pistacchi), il tutto innaffiato dai vini
liquorosi come il marsala, il
passito di Pantelleria, malavasia, limoncello o amaro fatti in
casa.
Simona Licandro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cubaita, il mandorlato senza limiti di scadenza
Camilleri ne ha scritto l’elogio. Sciascia: «Ci vuole il martello per romperlo»
Leggenda
Poiché
la cubaita
non scade, si
racconta che i
guerrieri arabi
la tenevano
dentro
le bisacce
o quello
che erano
le loro sacche
durante
i lunghissimi
viaggi per terra
e per mare
M
andorle, pistacchi e
miele gli ingredienti
principali della cubaita, torrone tradizionale siciliano, nonché dolce
preferito dello scrittore Andrea
Camilleri che ne ha scritto anche un elogio. La cubaita ha
evidenti origini arabe perché
deriva dalla parola qubbiat che
significa mandorlato. «La cubaita – scrive Camilleri - è semplice e forte, un dolce da guerrieri, lo devi lasciare ad ammorbidirsi un pochino tra lingua e palato, devi quasi
persuaderlo con amorevolezza
ad essere mangiato. Ti invita
alla meditazione ruminante.
Rende più dolce e sopportabile
l’introspezione che non sem-
pre è un esercizio piacevole».
Dolce tipico natalizio, per
preparare la cubaita occorrono
semi di sesamo, miele, zucchero e mandorle e pistacchi ben
abbrustoliti. Occorre sciogliere
il miele o lo zucchero in un tegame sul fuoco e dopo si versano i semi di sesamo e la frutta
secca. L’impasto si mescola con
un cucchiaio di legno finché si
raggiunge l’ebollizione. Quando il composto è amalgamato,
lo si versa su di un piano umido
e lo si spiana fino a quando
raggiunge lo spessore di un
centimetro circa, quindi lo si
taglia a quadrati o a rombi.
Come narra Camilleri «alla
dolcezza del miele mischia
l’amarostico delle mandorle to-
state e il ricordo del verde attraverso il pistacchio. Diventa così
una sorta di filosofia del vivere». Dura come l’acciaio, “ci
vuole il martello a romperla”,
scrive Sciascia. Si racconta che i
guerrieri arabi se la tenevano
dentro le bisacce o quello che
erano durante i loro lunghissimi viaggi per terra e per mare:
infatti è un dolce che non ha limiti di scadenza. «La cubaita –
scrive ancora Camilleri - ti obbliga a una particolare concezione del tempo, ha bisogno
dei tempi lunghi del viaggio
per mare o per treno, non si
concilia con l’aereo, con la fretta».
S. L.
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
Non solo folclore
La curiosità
Hobby, regali e risparmi: ecco il «riciclo creativo»
C’è chi pensa al Natale e viene assalito dall’ansia per la corsa
all’ultimo panettone e ai regali per tutti, e chi lo vede come
un’occasione per dare libero sfogo a fantasia e manualità.
Una pratica, quella del riciclo creativo, che non vale solo nel
campo dell’hobbystica e che ha pure il vantaggio di essere
amica dell’ambiente, che di questi tempi non guasta. Su
internet non si contano i tutorial che insegnano a «far da sé»
qualsiasi cosa, dai gioielli alle sciarpe di lana, e sono un
milione i negozi virtuali attivi su Etsy, popolare sito di ecommerce tutto dedicato al fatto a mano. Se il fai-da-te va
tanto di moda, le ragioni sono più d’una. La crisi, certamente,
ha contribuito alla riscoperta dei prodotti casalinghi, che
permettono di risparmiare un po’.
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Mercatini, la festa diventa tradizione
Da Palermo a Modica: ecco tutti i luoghi delle iniziative artigianali e locali
Nella «Via del Natale» Itinerario tra casette in legno a caccia di profumi e colori
Il luogo
 ll centro
storico di Erice,
piccolo paese
medievale che
sovrasta
Trapani, ospita
uno degli
appuntamenti
più gustosi:
addobbi, regali,
tradizione
artigianale e
tante specialità
gastronomiche,
non solo per
chi viene in
vacanza
N
on saranno suggestivi
come quelli del nord
Italia o del nord Europa, ma i mercatini di
Natale siciliani offrono la possibilità a tanti artigiani di far
conoscere i propri lavori e agli
acquirenti di possedere qualcosa di unico con cui addobbare l’albero di Natale, decorare la
casa o il terrazzo in vista delle
festività.
Da diversi anni, a Palermo il
mercatino di Natale trova posto
in viale Praga dove è possibile
visitare gratuitamente il presepe, fare foto ricordo con Babbo
Natale e assistere all’arrivo della Befana. Ovviamente, si possono acquistare regali e addobbi.
Tutto intorno, e in particolare in viale Strasburgo, le strade
cominciano ad accendersi di
luci natalizie ed è possibile
proseguire lo shopping facendo una breve passeggiata. Il
mercatino è aperto dalle 10 del
mattino fino a mezzanotte.
Canti natalizi, tradizione in
musica al consueto mercatino
di Natale di Viagrande (Catania). Il mercatino di Natale è
una festa per tutti i sensi: ascoltare e poi ammirare, respirare e
poi gustare, toccare con mano
la tradizione, vivere il clima di
festa che avvolge e riscalda.
I visitatori potranno passeggiare per la «Via del Natale» fra
le casette in legno, per gustare i
profumi e i colori, tra decorazioni tradizionali, prodotti di
puro artigianato, oggetti per la
casa, candele e prodotti tipici.
Ci sono anche laboratori artistici in cui gli artigiani creeranno «in diretta» alcune delle loro opere facendo rivivere gli
antichi mestieri e tradizioni.
Per riscaldarsi non mancheranno thè e cioccolata calda,
caldarroste e vin brulè in
un’area tutta dedicata alla gastronomia.
Per tutto il periodo del mercatino sarà allestita una mostra
di presepi, con animazione e
spettacoli serali. Anche Catania
si veste a festa con il mercatino
in via Pacini (nel tratto tra via
Etnea-via Sant’Euplio) con il
Merry Christmas Market. Artigiani e artisti del territorio allestiranno i loro stand per vivere
le magiche atmosfere dei tradizionali mercatini del nord Europa.
Sempre nel capoluogo c’è
«La Rue de Noel» in via Carca-
di ingegno creativo e artigianato proposte da numerosi artigiani di Messina e provincia.
Un’occasione unica per andare
alla ricerca dei regali di Natale
più originali e sfiziosi.
Nella vicina Milazzo, sul lungomare Marina Garibaldi, ci
saranno oltre quaranta casette
in legno che ospiteranno i più
originali espositori, l’evento si
aprirà con uno spettacolo di
palloncini colorati luminosi ci
saranno attrazioni ogni giorno,
animazione per bambini, degustazioni, gare di cucina a tema natalizio e soprattutto la casetta di babbo Natale e le sue
renne.
I bambini potranno imbucare la letterina nella cassetta di
Babbo Natale e vivere un momento magico. Ci saranno
spettacoli , band musicali, artisti di strada e i personaggi più
amati del momento dai bambini (come Masha e Orso e Peppa
Pig).
Al Modica Christmas Village
eventi, attività e spettacoli, atPer i bimbi
I mercatini
di Natale,
a Palermo
e nelle altre
città
della Sicilia,
affascinano
soprattutto
i bambini
Babbo Natale
e i regali:
i più piccoli
non perdono
l’occasione
per le visite
ci. Fino al 27 dicembre tante
idee sui regali di Natale. A Caltagirone, nel centro storico,
viene organizzato dall’associazione Asieur un appuntamento
da non perdere anche per la
degustazioni di prodotti tipici,
come i cuddureddi, tipici dolci
natalizi a base di miele, mandorle, farina e aromatica cannella e cannoli.
A Messina ad occuparsi del
villaggio natalizio sarà l’associazione «Il risveglio». La location scelta è la storica Galleria
Santa Marta, in via Giovanni
Pascoli, che viene riaperta al
pubblico per ospitare le opere
Il knitting è
considerato
un atto quasi
terapeutico,
una metodo
antistress
per arginare
i ritmi frenetici
della vita
moderna
I
n Sicilia abbandonate l’idea di
trovare sotto l’albero maglioni
in stile nordico, magari ricamati
con iconografie tipicamente invernali, quali alci, fiocchi di neve, bacche e foglie di agrifoglio, poiché la
tradizione siciliana della maglia si
allontana da quei pullover che
hanno reso famosa quella scena
del film «Il diario di Bridget Jones». Nessuno riceverà in dono un
capo handmade simile a quello indossato da Mr. Darcy (Colin Firth)
durante uno di quei pranzi natalizi
di famiglia, perché sull’Isola i lavo-
trazioni per grandi e piccini,
concerti di Natale e contest di
ballo. Oltre alle degustazioni e
all’area bimbi dove i bambini
potranno sognare e godersi la
magia del Natale. A Siracusa il
mercatino celebra prima la festa della patrona Santa Lucia (il
13 dicembre) all’Isola di Ortigia.
Ci saranno le eccellenze gastronomiche della Sicilia, lo
street food, l’artigianato tipico,
il modernariato, ma anche un
concorso per artisti da tutta Italia che realizzeranno le «luci di
Natale».
Il centro storico di Erice, piccolo paese medievale che sovrasta Trapani, è il posto ideale
per un mercatino di Natale. Tra
le due piazze principali saranno proposti tipici addobbi,
idee regalo, tradizione artigianale e tante specialità enogastronomiche. Grandi appuntamenti, dunque, per un Natale
all’insegna della tradizione.
Simona Licandro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Calze e maglioni: in Sicilia c’è il fai da te
Il metodo
A Caltagirone
Nel centro storico
da non perdere la
degustazione
dei dolci «cuddureddi»
ri a maglia o a telaio si basano solo
sul rapporto simbiotico tra trama e
ordito.
Ogni creazione appare sospesa
tra passato e futuro, in un limbo
ancestrale che ricorda le reti dei
pescatori, un retaggio antico in
grado di confermare quel trait
d’union tra donne e uomini che,
seppur avendo una manualità diametralmente opposta, nascondono tutta la loro sapienza, nell’arte
dell’intreccio. Ed ecco che allora
nonne e zie durante il periodo dell’avvento si cimentano in manufat-
ti in maglia, come calze da notte,
scialli, maglioni, cappucci, sciarpe
e manicotti che donano a chi li riceve il vero calore di un presente
fai-da-te. Un’usanza soffice come
un caldo abbraccio che prende
piede soprattutto nel dopoguerra,
quando i filati di lana e di cotone
erano quasi un lusso, e le donne,
spesso autoproducevano il filato
distruggendo gli indumenti logori
della famiglia. E’ proprio in quel
periodo che si è diffuso l‘uso di
scùsiri (scucire) vecchi capi in maglia ormai in disuso, filarne il filo
per unirlo poi a dell’altro che inspessisca l’indumento divenendo
quindi più caldo e protettivo. Quel
continuo sferruzzare, considerato
qualche anno addietro solo un
hobby, oggi sta prendendo sempre più il sopravvento, soprattutto
da quando molto celebrities hanno incoronato il knitting come un
atto quasi terapeutico, una metodo antistress per arginare i ritmi
frenetici della vita moderna. Il tintinnio dei ferri che sbattono sembra sia un antidoto rilassante che
contribuisce a rallentare il battito
cardiaco, ad abbassare la pressione arteriosa e rimedio per stanchezza, malumore e depressione.
Venera Coco
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
PA
Relax d’inverno
La curiosità
Per le vacanze
fatte in casa
c’è «Mamma Sicily»
Vivere una vacanza da veri siciliani? Da oggi si può
fare grazie a Mamma Sicily: un’associazione che
nasce dall’idea dello scrittore/giornalista Giovanni
Vallone insieme alla chef Silvana Recupero. Oltre a
mettere a disposizione dei turisti, ville esclusive di
proprietà di alcuni soci, il portale organizza tour
sull’Etna, corsi di cucina, percorsi gastronomici, cene
gourmet, nonché coordina «Le Silvanine», un
gruppo di persone che amano la cucina siciliana e
ne vogliono divulgare e preservare le sue ricette
tradizionali, aprendo le loro abitazioni private ai
turisti per cene/pranzi inconsueti. Per far parte de
«Le Silvanine» basta contattare l’associazione,
diventarne soci e, dopo un incontro e una
degustazione/approvazione da parte di Mamma
Sicily, si fa parte del circuito. Il turista che prenota
un’esperienza da una Silvanina potrà gustare un
vero e proprio pasto «alla siciliana». Il menù non è
mai fisso ma cambia secondo la stagionalità.
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Etna, il paesaggio tra fuoco e neve
Così Catania affascina i turisti
I quattro crateri
sommitali del vulcano,
raggiungibili
sia da sud che da nord,
perfetti per lo sci alpino
Il luogo
L’Etna si è
originato nel
Quaternario e
rappresenta il
vulcano attivo
terrestre più
alto della
Placca
euroasiatica.
Le sue
frequenti
eruzioni nel
corso della
storia hanno
modificato
il paesaggio
circostante,
arrivando più
volte a
minacciare le
popolazioni
che nei millenni
si sono
insediate
intorno
Q
uando sua maestà
l’Etna vuole attirare
l’attenzione su di se
indossa, con grande
charme, il suo soprabito bianco e investe lo sguardo dei suoi ammiratori con
una luce soave. Così l’attrazione per quello spettacolo magnifico porta gli sportivi sulle
piste da sci e, nel percorrere le
discese lungo i suoi fianchi,
prendono forme candide e silenziose danze, spezzate solo
dal fruscio del metallo sulla
neve.
Per gli amanti della settimana bianca non mancano i comprensori sciistici etnei che si
dividono tra quello di Linguaglossa Piano Provenzana (1800
e i 2317 metri di quota) e quello
di Nicolosi (1910 e i 2700 metri). La prima ski area è dotata
di una seggiovia quadriposto e
tre skilift che servono quattro
piste rosse e due blu, ideali per
la discesa. Invece, la stazione
di Nicolosi comprende una telecabina a sei posti, una seg-
Cartoline
di dicembre
L’Etna nella sua
versione
invernale, con
le piste
innevate:
un’immagine
suggestiva che
attrae ogni
anno, durante
le vacanze di
Natale, tantii
appassionati
di sci
I percorsi
Gli appassionati
praticano il fuoripista
per l’assenza
di crepacci o slavine
giovia biposto e tre skilift su
tre piste rosse ed una blu, adatta per lo sci alpino. L’area del
grande vulcano offre anche
numerose piste per chi pratica
lo sci di fondo, come quella di
Piano Vetore, vicino a Nicolosi,
di Piano Provenzana e l’anello
di Maletto, dove si trovano sentieri naturali designati dall’Ente del Parco dell’Etna e dalla forestale.
I quattro crateri sommitali
del vulcano, raggiungibili sia
da Etna Sud che da Etna Nord,
sono perfetti persino per lo sci
alpino. Si può praticare pure il
fuoripista, favorito dall’assenza di crepacci o slavine o farsi
condurre sul versante nord con
il gatto delle nevi per poi scendere autonomamente con gli
sci. Per capodanno saranno disponibili gli chalet che costeggiano la montagna, alcuni dislocati nel comune di Milo, altri prenotabili tramite Airbnb.
Per pernottare sulla neve c’è
poi il Rifugio Sapienza a Nicolosi, un piccolo albergo con
ventiquattro camere in stile alpino, situato a quota 1920 metri, vicino agli impianti della
Funivia dell’Etna e a quelli sciistici.
Ancora, ideale per il periodo
natalizio, il Rifugio Citelli che
sa far vivere l’incanto dell’escursione alle zone sommitali del vulcano. Quest’ultimo
si trova nel comune di Sant’Alfio (Catania) alle pendici nord
orientali del vulcano Etna, nell’antica caldera di un cratere
avventizio il Monte Concazze.
Inaugurato nel 1935 è stato totalmente ristrutturato nel
2012, ad oggi consta di diciotto
posti letto.
Il comprensorio si avvale di
valide scuole di sci per chi ha
voglia di perfezionare il proprio stile sulle piste. Principianti, sciatori provetti e piccole promesse, tutti possono seguire lezioni singole o collettive presso la «Scuola Italiana di
Sci – Enta Nord Linguaglossa»
o presso lo Sportclub Etnasci
che alternano corsi basic a
quelli advance per pennellare
le curve in conduzione.
Sull’Etna naturalmente non
si può solo sciare ma anche
programmare escursioni a seguito di esperti alpini che guidano verso ascensioni giornaliere sui crateri sommitali, oppure verso gli apparati eruttivi
del 2002, come anche alla
Grotta del Gelo e nella Valle del
Bove.
Chi pensa che per vivere una
vacanza sulla neve occorrano
latitudini nordiche, evidentemente dimentica che l’Etna sa
far sentire tutta la sommità del
suo dominio, riuscendo a regalare allo stesso tempo il clima mite di un’isola del Mediterraneo.
Chi la conosce veramente ha
imparato che quel manto di
neve non riuscirà a raffreddare
la linfa di fuoco che scorre nelle sue vene, quasi a testimoniare il carattere autentico della
sua gente.
Venera Coco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La storia
Tre anni fa il monte fu inserito
nel patrimonio dell’Unesco
Il 21 giugno 2013 il Comitato
Unesco, nel corso della
riunione che si svolse a
Phnom Penh in Cambogia,
inserì il Monte Etna
nell’elenco dei beni
costituenti il patrimonio
dell’umanità. Come scrive
Wikipedia, dunque, l’Etna
sorge sulla costa orientale
siciliana ed è attraversato dal
15º meridiano est, che da esso
prende il nome. Occupa una
superficie di 1265 chilometri
quadrati, con un diametro di
oltre 40 chilometri e un
perimetro di base di circa 135.
Il vulcano è classificato tra
quelli definiti a scudo a cui è
affiancato uno strato vulcano;
la sua altezza varia nel tempo
a causa delle sue eruzioni che
ne determinano
l’innalzamento o
l’abbassamento. Nel 1900 la
sua altezza raggiungeva i
3.274 metri sotto il livello del
mare e nel 1950 i 3.326. Nel
1978 era stata raggiunta la
quota di 3.345 metri e nel
2010 quella di 3.350. La
superficie dell’Etna è
caratterizzata da una ricca
varietà di ambienti che
alterna paesaggi urbani, folti
boschi che conservano
diverse specie botaniche
endemiche ad aree desolate
ricoperte da roccia
magmatica e periodicamente
soggette ad innevamento alle
maggiori quote. L’Etna ha una
struttura piuttosto complessa
a causa della formazione, nel
tempo, di numerosi edifici
vulcanici.
R. S.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 7 Dicembre 2015
PA
L’amarcord
Moda
Cassate e cornetti
su capi e accessori
creati da Enriquez
Cannoli, cassatine, cornetti e vassoi stracolmi di
dolci mignon sono i protagonisti di capi e accessori
creati dello stilista Alessandro Enriquez, classe
1983, palermitano di origine ma milanese di
adozione. Posizionati sulla stoffa, come su un
vassoio d’argento, ogni genere di leccornia è presa
in prestito dalla pasticceria siciliana, tanto amata
dall’ecclettico designer a tal punto da dedicargli
un’intera collezione. Ad illuminare il Natale, la linea
10X10AnItalianTheory di Enriquez che celebra
l’Italia nei colori, nei materiali e nelle forme
tradizionali e che risplende di capi ‘sweety’,
rigorosamente in rosso e nero, decorati con
stampe golose, gioiose e allegre, in armonia
perfetta con il clima delle feste. L’italianità diventa
quindi una ricetta da seguire per Enriquez che
spazia dalla progettazione di pattern a tessuti che
non rinunciano a raccontare il patrimonio
enogastronomico siciliano e non solo. (Ve. Co.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Attori, cuochi e scrittori
Le madeleine di Natale
Torregrossa: «Ricordo il sorriso felice di mio nonno»
Chiaromonte: «La festa? Le bacche di mirto bianco»
Proust
Con il mitico
dolcetto
francese
Marcel Proust
accompagna
il flusso
inarrestabile
dei ricordi. Se
fosse vissuto
in Sicilia forse
si sarebbe
ispirato ai
buccellati
O
gni volta che si avvicina il +Natale nei meandri più reconditi
della mente si attivano
vecchie immagini, sapori straordinariamente seducenti, piccoli segreti senza tempo che
come flashback ritornano dolcemente a rendere vivo il passato. Chi può fare a meno di ricordare quei dolcetti forse non
troppo elaborati, che come les
petites madeleine stuzzicano
Proust alla ricerca di sapori
perduti. Le luminarie lungo le
vie, i negozi abbelliti da semplici festoni che li rendono
quasi magici e surreali. I piatti
perfezionati con maestria da
mamme le cui mani non trovano riposo perché impegnate in
mille attenzioni. I presepi, costruiti alla buona, non avevano
bisogno certamente di particolari ingegni perché bastavano a
rendere reale una ricostruzione che di reale aveva bene poco. Eppure, filtrato dall’emozione di quella magia, il Natale
ritorna come un momento speciale in una continua ricerca di
quel sapore unico e irripetibile
ma che ormai da grandi forse
possiamo solo ricordare.
L’attrice Barbara Tabita adesso nelle sale cinematografiche con i film, “Matrimonio al
Sud” e “Belli di papà” - racconta
di come trascorreva le ore prima della vigilia di Natale: «I
miei genitori avevano dei negozi di giocattoli ad Augusta, ci
sedevamo a tavola per il consueto cenone sempre in ritardo
poiché c’era sempre il ritardatario che aveva dimenticato di
acquistare qualche dono. Io ero
addetta ad impacchettare ogni
singolo regalo, incartavo persino il mio che abitualmente era
una Barbie in limited edition
(ne possiedo ben 174). Oggi
quei gesti che da piccola erano
così consueti, mi mancano
moltissimo, tant’è che quando
compro un cadeau penso io
stessa ad infiocchettare il pacchetto».
Parla del rapporto speciale
che aveva con il nonno, invece,
la dottoressa-scrittrice palermitana Giuseppina Torregrossa: «Ai piedi di un albero di Natale in plastica, avvolto in una
nuvola di fumo, i suoi occhi
che brillavano come cristalli di
Ricordi
d’autore
Dall’alto, in
senso orario, lo
chef Carmelo
Chiaramonte,
l’attrice
Barbara Tabita
vista in “Belli
di papà” e
“Matrimonio al
Sud” e la
scrittrice
Giuseppina
Torregrossa
ghiaccio al sole, un sorriso felice sul volto scavato, un vezzeggiativo affettuoso Ciuriddu che
ancora mi risuona nelle orecchie, così mi accoglieva il nonno la mattina del 25 dicembre.
A tavola, accanto a lui, aspettavo fiduciosa che m’imboccasse.
Le sue mani nodose si muovevano agili tra le fondine, sminuzzavano la salsiccia punteggiata di semi di finocchio,
stringevano le posate con l’eleganza del chirurgo. Le dita
sbucciavano i mandarini profumati e disponevano gli spicchi a raggera nel piatto di porcellana. I palmi rugosi si poggiavano infine sulle mie guance in una carezza leggera come
la neve di Natale, calda come i
tizzoni nel braciere. La nonna
disapprovava le smancerie e ci
fissava con il consueto sguardo
severo. Andavo via con la pancia piena e il cuore vuoto, mi
dispiaceva separarmi dal nonno. E lui per consolarmi m’infilava nelle tasche pezzettini di
cubaita».
Sono legate a dei sapori le rimembranza dello chef modicano Carmelo Chiaramonte. «La
Barbara Tabita
«Da bambina a Natale
incartavo i doni nel
negozio di giocattoli
dei miei genitori»
mia madeleine del Natale è
sempre stata un pugno di bacche di mirto bianco, da mangiare. Questo frutto ha un sapore tannico, intenso e canforato, non so perché sugli Iblei
si mangiasse solo a Natale ma
voglio credere che in qualche
modo sia un riverbero di quello
che il mirto è sempre stato in
tutto il Mediterraneo e cioè una
pianta benevola, antisettica e
nutriente, specialmente per
tutti i sali minerali che contiene. Accanto a questa bacca, ricordo i pani-giocattolo che
modellava mia madre: un cavallo, un gallo, il carciofo e due
pupi che si baciano».
Venera Coco
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Lunedì 7 Dicembre 2015 Corriere del Mezzogiorno
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