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La leggenda del pianista sull`oceano
Atlante digitale del '900 letterario www.anovecento.net La leggenda del pianista sull'oceano Film di Giuseppe Tornatore La leggenda del pianista sull’oceano è un film prodotto in Italia da Francesco Tornatore nel 1998. Il cast del film, diretto da Giuseppe Tornatore, è formato da Francesco Frigeni alla scenografia, Lajos Koltai per la fotografia, Maurizio Millenotti per i costumi ed Ennio Morricone per la colonna sonora, mentre gli interpreti principali sono Tim Roth, nel ruolo di Novecento, Pruitt Taylor Vince, nel film Max Tooney, Bill Nunn, Melanie Thierry e Clarence Williams III che interpreta Jelly Roll Morton. Il film viene accolto dalla critica con un Golden Globe per la migliore colonna sonora nel 2000, 5 David di Donatello nel 1999, sei nastri d’argento e un efebo d’oro. Il testo a cui Tornatore si è liberamente ispirato, Novecento di Alessandro Baricco, è un monologo teatrale che si presta alla rappresentazione scenica, essendo stato tra l’altro già rappresentato a teatro nel 1994. La musica di Novecento, sebbene ad un lettore del testo teatrale possa sembrare impossibile da comporre, grazie ai trenta brani della colonna sonora composta dal maestro Ennio Morricone, riesce ad accompagnare e a valorizzare ogni scena del film. Nella rielaborazione cinematografica vengono aggiunte scene che nel testo non sono presenti e la narrazione avviene attraverso un lungo flashback, dove Max Tooney racconta ad un incredulo negoziante di strumenti musicali la vita di Novecento sul transatlantico “Virginian”. Il flashback viene interrotto dai dialoghi tra i due, fino ad arrivare al momento in cui Max viene a sapere dell’imminente demolizione del “Virginian”. La vita di Novecento inizia insieme al XX secolo sulla nave, dove viene trovato da un macchinista, Danny Boodman, che lo alleverà insieme all’intero equipaggio. Dopo la morte del padre adottivo, Novecento riesce a sfuggire all’orfanotrofio nascondendosi nella nave per poi riapparire con un’inspiegabile abilità nel suonare il pianoforte. Da allora comincia a suonare e, qualche anno dopo, nell’orchestra della prima classe stringe amicizia con il trombettista Max Tooney. La sua notorietà porta sulla nave il famoso pianista Jelly Roll Morton, desideroso di confrontarsi con lui. Durante la sfida, a cui tutto l’equipaggio accorre per assistere e scommettere, Novecento, dopo i primi due brani suonati dall’avversario, sembra non star prendendo sul serio la competizione e suona prima un semplice motivetto, poi lo stesso pezzo appena suonato da Jelly Roll Morton. Dopo aver ascoltato Big Foot Ham,The Crave e Fingerbreaker però lascia esterrefatti gli spettatori eseguendo il brano Enduring Movement e aggiudicandosi indiscutibilmente la vittoria. Continua quindi a suonare sulla nave, in prima e in terza classe ed incide su un disco una musica scritta per una passeggera di cui si innamora, che si ritrova nel brano Playing Love. Anni dopo Max ritrova quel disco nel negozio dove era andato a vendere la sua ormai vecchia tromba e così viene a sapere della demolizione del “Virginian”. Ricerca l’amico nello scheletro della nave ormai vuota e destinata ad essere fatta saltare in aria. www.anovecento.net Novecento scende dalla scaletta della nave per giungere a terra ma si ferma a metà. Come Max immaginava, i suoi tentativi di convincerlo a scendere sulla terra sono vani. Durante la sua vita, trascorsa interamente sulla nave, Novecento ha tentato di scendere una volta sola, incuriosito e attratto dalla varietà del mondo, dalle molteplici diversità che caratterizzavano i passeggeri del “Virginian”. Ma a metà della scala tra la nave e la terra si è reso conto che le possibilità e i casi della vita sulla terra sono infiniti e non avrebbe quindi potuto essere davvero libero, davvero padrone della sua vita se non sulla nave, l’unico posto dove esisteva davvero, con un pianoforte conosciuto, l’unico strumento dove la sua musica poteva essere infinita. Contributo Elisa Tata IV D (L. C. Virgilio, Roma) Tornatore ha girato il film in modo onirico. Il racconto di Max è così ricco di elementi apparentemente magici e mistici che, inizialmente, neanche il negoziante crede sia una storia vera. La leggenda del pianista sull’oceano, film poco realistico ma in cui tutti ci possiamo riconoscere, è totalmente montato sulle parole, alle quali è stata accostata un’immagine accompagnata e cullata da una ricca, dolce e incalzante colonna sonora. Il film appare come un sogno e questa idea surreale è favorita da un’ambientazione mistica che avvolge il racconto fragile di un personaggio. In questo film è evidente un’unione magica di sceneggiatura e scenografia. Novecento, il protagonista, sceglie di passare la vita su una nave che fa avanti e indietro sull’oceano senza mai avere effettivamente un avanti e un indietro. Lui non ha mai visto la terra e non esiste per questa, lui non ha un futuro né un passato, lui non ha neanche un nome; di lui esiste solo la musica che è cullata dal mare, come si vede in modo chiaro nella scena della danza della tempesta. Danza della tempesta. Novecento è un eterno bambino e come ogni bambino è un sognatore, che non ha un obiettivo come “gli uomini della terra”, che hanno il costante senso di non appartenenza e la necessità di cercare qualcosa che non hanno; per questo motivo tutti i passeggeri del “Virginian” salgono e scendono dalla nave. Gli uomini sono definiti “finiti” ma in realtà sono infiniti perché sono alla costante ricerca di qualcosa che li colmi. I bambini ancora non sentono questo bisogno, i bambini sono puri, i bambini sono ancora ricchi di passioni e d’impulsi, i bambini non hanno bisogno di cercare, quindi vagano senza una meta cercando di coltivare se stessi. Questo loro vagare è visto dagli adulti www.anovecento.net con occhio surreale o onirico, perché sono presenti elementi reali ma in contesti bizzarri. Novecento, anche se adulto, è un bambino puro perché ha la sua musica, e capisce le persone ma non i loro perché. Questo film riesce a presentare l’idea di sogno e di una mente bambina perché il mare, la nave, i passeggeri, gli uomini, la musica sono elementi comuni a tutti e reali ma attraverso inquadrature, colori e suoni, tutti questi elementi non sembrano appartenere a questo mondo. Tornatore per rendere evidente l’idea di sogno o di viaggio ha tenuto in continuo movimento la macchina da presa, motivo per cui il punto di vista non è soggettivo ma oggettivo. Quindi lo spettatore non è immerso nel sogno di Novecento, ma lo vede dall’esterno e si riconosce in alcuni punti. Gli elementi che tengono uniti i continui movimenti, passando da un primo piano ad una panoramica ad un’altra zoomata, sono i colori e l’illuminazione. Quest’ultima crea una luce diffusa, quasi grigiastra. Su questa illuminazione apparentemente neutra il fotografo Lajos Koltai ha lavorato per far risaltare i colori predominanti, che sono bianco, nero, grigio, rosso e blu. I primi tre sono la base cromatica e su questi si innesta un gioco di rosso e blu. Il colore caldo rappresenta il lusso presente sulla nave, mentre il blu rappresenta il mare e la sua infinitezza (non a caso gli occhi della ragazza ammirata sono di questo colore). È presente anche del marrone, colore che caratterizza i vestiti dei migranti. Attraverso il montaggio, sono stati creati giochi di primi piani incastrati tra panoramiche e diversi punti di vista. Quindi anche se le inquadrature sono in continuo movimento, tuttavia si possono ammirare delle scene che, se si potessero fermare, creerebbero una fotografia perfetta. Un esempio potrebbe essere il momento in cui Novecento scende la scaletta per giungere a terra. La macchina da presa lo ritrae di lato quasi a creare una silhouette, che inquadra il protagonista incastrato tra le linee geometriche della struttura della nave, in grande contrasto con il cielo grigiastro sullo sfondo. Anche i primi piani potrebbero essere delle foto di ritratto, in quanto sono usati per presentare, con le espressioni e il linguaggio del corpo, le sensazioni e le emozioni dei personaggi principali. Invece le panoramiche sulle masse sia delle persone a terra sia sui passeggeri sono utili per rendere evidente il contrasto delle classi sociali. Sullo sfondo di questa leggenda è presentato il ’900, periodo storico di cambiamento e repentino progresso che ha portato a una varia stratificazione sociale, che nel film è evidenziata attraverso gli abiti che le comparse indossano. Infatti sul “Virginian” c’era chi indossava abiti charleston, cappelli piumati e panciotti e aveva l’obiettivo di rilassarsi in una vacanza in America, e chi, con valigie di cartone, vestiti sgualciti e berretti, migrava in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo. Di elevata importanza è la sceneggiatura poiché questo film è nato dal piccolo libro di Baricco. Il regista Tornatore ha ripreso le parole dello scrittore e le ha adattate in modo meraviglioso sin dalla presentazione iniziale fino al famoso monologo finale. La grandezza di questo film consiste in questo: rendere visivo qualcosa che è raccontato. Lo stesso Novecento ha la capacità di saper leggere le persone guardandole e saper descrivere a parole luoghi mai visti se non nella mente. Contributo Elisa Tata e Lidia Valente, IV D (L.C. Virgilio, Roma) www.anovecento.net