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Ascensore - Tuttocondominio.it
Ascensore
Orientamento operativo
Gestione e uso dell'impianto
Modalità d'uso
Riparazioni
Installazione ex novo
Il D.P.R. n. 162/99
Legge 9 gennaio 1989, n. 13
Gestione e uso dell'impianto
Le problematiche inerenti all'impianto dell'ascensore, che deve ritenersi di proprietà comune anche
dei negozi (Appello Bologna Sez. II, 1° aprile 1989, n. 273) si possono suddividere in due aspetti
principali e fondamentali. Il primo riguarda l'installazione di un nuovo impianto dell'ascensore da
parte di alcuni, o anche di uno solo, dei condomini dell'edificio, e l'altro inerisce, viceversa, le
modalità di gestione e di uso dell'impianto medesimo. Per quanto attiene il secondo problema a sua
volta si suddivide in ordine all'uso e alle modalità d'uso dell'impianto, alle riparazioni necessarie al
medesimo, e alle modalità delle delibere inerenti la gestione dell'impianto di cui trattasi.
Devono essere, comunque, sempre rispettate tutte le norme tecniche inerenti alla sicurezza di
esercizio dell'impianto, computate, soprattutto, quelle emanate dal Parlamento europeo, da ultimo
recepite in Italia con la legge 24 aprile 1998, n. 128
Modalità d'uso
In ordine alle modalità d'uso va subito osservato che la suprema Corte di cassazione, con
giurisprudenza ormai costante per le differenti fattispecie, ha ribadito il principio che emerge dall'
art. 1102 del Codice civile in tema di comunione, stabilendo quindi che l'uso da parte di un singolo
condomino o di più condomini di una parte comune, nella fattispecie ascensore, a destinazione e
miglior utilizzo della propria unità singola di proprietà individuale, è ammissibile a condizione che
altri condomini ne abbiano pari uso ovvero non subiscano danni o pregiudizi. Per la precisione la
suprema Corte di cassazione ha stabilito che ove il pregiudizio subito da un singolo condomino sia
comunque tollerabile, l'innovazione attuata dagli altri condomini all'impianto dell'ascensore, per un
uso del medesimo in modo differenziato a prima, può essere legittimamente consentito. Soltanto
ove tale pregiudizio sia intollerabile la relativa delibera condominiale che ha adottato le nuove
modalità d'uso è legittima e quindi non attuabile. Ugualmente dicasi, come concetto generale, in
ordine all'uso dell'ascensore allorché il medesimo venga adoperato per il trasporto di materiale
edilizio ovvero un singolo condomino sostituisca il pulsante dell'ascensore con il blocchetto a
chiave allorché l'ascensore sia a termine corsa e quindi il condomino sia proprietario dell'ultimo
piano dello stabile. Nella prima fattispecie è illegittimo l'uso per il trasporto di materiale edilizio
allorché si venga concretamente a determinare un pericolo di danno alla buona conservazione delle
strutture portanti e dell'abitacolo dell'impianto stesso dell'ascensore. Se concretamente tale pericolo
non sussiste anche il predetto uso per il trasporto di materiale edilizio deve considerarsi
perfettamente legittimo (Cass., 6 aprile 1982, n. 2117). Identico principio vale anche per la
sostituzione del pulsante dell'ascensore da parte del proprietario dell'ultimo piano con un blocchetto
a chiave e ciò perché all'ultimo piano può arrivare soltanto il condomino proprietario di tale
appartamento e quindi a tutela della sua proprietà ben può il condomino introdurre quei mezzi
cautelativi che impediscano a chiunque di accedere alla sua unità immobiliare. Infatti in tal modo
soltanto il possessore della chiave potrà azionare l'impianto per raggiungere l'ultimo piano.
Sempre in tema di modalità d'uso dell'impianto dell'ascensore va precisato che la sostituzione del
servizio a gettoniera con quello a chiave ha essenzialmente una natura patrimoniale per cui
l'eventuale vertenza che ne dovesse insorgere dovrebbe essere devoluta al magistrato competente
per valore della radicanda causa e non quindi essere devoluta direttamente al pretore, in quanto tale
controversia non rientra nella competenza funzionale di tale magistrato. Per contro, l'assemblea
condominiale, può anche disporre l'installazione di una gettoniera nell'ascensore, allorché
ovviamente l'impianto in precedenza ne fosse sprovvisto. Tale delibera è validamente adottata
anche in presenza di un regolamento condominiale contrattuale, in quanto hanno natura negoziale, e
quindi modificabili solo con una delibera assunta con l'unanimità di tutti i condomini, soltanto le
disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi dei condomini stessi, mentre hanno natura
regolamentare quelle che ineriscono le modalità d'uso delle parti comuni e quindi nella fattispecie le
modalità d'uso dell'ascensore con l'installazione di una gettoniera (Cass., 12 marzo 1976, n. 864).
Riparazioni
Altra problematica che riguarda l'impianto dell'ascensore inerisce il tema della ricostruzione o
comunque del rifacimento dell'impianto. Va subito precisato che il rinnovamento, la ricostruzione o
la sostituzione dell'ascensore vengono considerate come riparazioni straordinarie dell'impianto e
quindi la relativa spesa deve essere posta a carico del nudo proprietario dell'appartamento e non
viceversa a carico dell'usufruttuario (Tribunale Milano, 22 febbraio 2001, n. 2113).
In ogni caso, proprio in funzione di tali interventi, la ripartizione delle spese deve essere applicata
con interpretazione analogica per metà in ragione del valore delle singole porzioni di piano e per
l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano ai sensi dell' art. 1124 del Codice
Civile (Tribunale Milano Sez. VIII, 30 maggio 1991, n. 4189; Appello Milano, 27 febbraio 1998, n.
524), con la conseguenza che il condomino proprietario di una unità immobiliare sita al piano
terreno, dovrà rimborsare pro quota solo la metà della spesa inerente al valore delle singole porzioni
di piano (Tribunale Monza, 12 novembre 1985).
Differente criterio può essere adottato per la riparazione delle porte di sbarco dell'ascensore solo
però se da queste si acceda direttamente alle singole proprietà esclusive, considerato il possibile
differente uso che di tali porte i condomini possono fare (Tribunale Milano, 7 dicembre 1995, n.
10968).
Quanto sopra però solo nell'eventualità non sussista un regolamento condominiale contrattuale che
specifichi i criteri di ripartizione delle spese; infatti in tale caso la spesa inerente la ricostruzione
degli ascensori dovrà essere ripartita in relazione a quanto statuito dalla norma regolamentare
negoziale (Cass., 16 luglio 1981, n. 4646; Cass., Sez. II, 25 marzo 1999, n. 2833) e quindi se
prevista anche dai condomini del piano terreno (Cass. Sez. II, 6 novembre 1986, n. 6499).
Una siffatta deroga deve essere però esplicita e chiara (Tribunale Milano, 4 giugno 1998, n. 6788).
Si è affermato che le spese inerenti al mantenimento e all'uso dell'ascensore vanno ripartite
proporzionalmente tra i condomini in ragione dei diversi piani, mentre quelle attinenti all'impianto
(modificazioni e migliorie) vadano ripartite in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà
(Tribunale Bologna, Sez. V, 27 febbraio 1986, n. 357).
Tale criterio deve essere applicato anche nel caso di adeguamento dell'impianto a nuove
disposizioni legislative (Tribunale Bologna, 2 maggio 1995, n. 685; Tribunale Taranto 23 maggio
1996).
Nell'eventualità poi, che in un condominio, esistano più scale di accesso anche ad un solo edificio,
la delibera inerente le riparazioni o comunque la sostituzione della cabina di un ascensore, dovrà
essere adottata esclusivamente dai condomini che utilizzano quell'impianto e non viceversa anche
dai condomini che usufruiscono delle altre scale in omaggio alla teoria del condominio parziale.
Comunque la delibera dell'assemblea condominiale inerente la sostituzione o il rifacimento
dell'impianto non deve essere adottata con la maggioranza prevista dall' art. 1136 quinto comma
Codice civile in quanto tale intervento deve considerarsi di manutenzione straordinaria, come sopra
indicato, e quindi non può rientrare nell'ambito delle innovazioni di cui all' art. 1120 del Codice
civile stesso. Ove però la sostituzione della cabina dell'ascensore e gli interventi ai locali annessi
modificassero sostanzialmente la struttura dei medesimi o comunque la loro funzionalità, solo in
questo caso si avrebbe una vera e propria innovazione e quindi dovrebbe essere adottata con due
terzi del valore millesimale del condominio e con la maggioranza dei partecipanti al condominio
stesso. Nelle altre ipotesi, come indicato in precedenza, è sufficiente, considerato che si tratta di
sostituire a un impianto usurato uno nuovo, che la delibera sia approvata a maggioranza semplice
(Cass. 16 luglio 1981, n. 4646).
La sostituzione di un argano o del motore dell'ascensore per contro è da considerarsi manutenzione
ordinaria (Appello Bologna Sez. II, 1° aprile 1989, n. 273).
La delibera dell'assemblea condominiale adottata in materia di sostituzione dell'ascensore o
comunque di rifacimento del medesimo, è stata ritenuta annullabile e non nulla, in quanto l'oggetto
della medesima non sarebbe impossibile o illecito e quindi la delibera stessa deve essere impugnata
avanti il magistrato nei termini previsti dall' art. 1137 del Codice civile e quindi nel termine di 30
gg. dal giorno della delibera, per il condomino che era presente all'assemblea, e nel termine
viceversa di 30 gg. dal ricevimento del verbale d'assemblea per il condomino che ne era stato
assente (Cass., 25 ottobre 1975, n. 3558). Il rifacimento o la nuova installazione dell'impianto di
ascensore presuppone poi, una volta deliberato, un contratto di appalto tra il condominio e l'impresa
ad hoc scelta con le conseguenze previste in caso di inadempimento contrattuale.
E' escluso comunque che si possa applicare nella fattispecie sopra citata, l' art. 1669 del Codice
civile in tema di responsabilità del costruttore in quanto tale responsabilità deriva da gravi difetti di
costruzione e non semplicemente da difetti di funzionamento degli impianti, come normalmente si
verifica per l'impianto dell'ascensore (Cass., 13 febbraio 1973, n. 440).
E' inoltre privo di effetti giuridici in capo al condominio un contratto di manutenzione con una ditta,
ora certificata, che abbia una durata superiore ad un anno, se non specificatamente approvata
dall'assemblea, trattandosi di una questione di gestione straordinaria del condominio (Giudice di
pace Torino, Sez II, 28 ottobre 1999, n. 2885).
Installazione ex novo
In tema di installazione ex novo dell'impianto dell'ascensore va affrontata ora la problematica
inerente alla richiesta da parte di alcuni condomini dell'installazione di un nuovo ascensore. Ebbene
l'installazione di un nuovo ascensore a cura e a spese di alcuni condomini di un edificio, non
rappresenta un'innovazione, anche se la giurisprudenza non è unanime su tale concetto (Tribunale
Milano, Sez. VIII, 22 febbraio 1988, n. 1572; Tribunale Milano Sez. VIII, 12 ottobre 1989, n. 8434;
Pretura Roma 15 maggio 1996), e quindi può ben essere autorizzata a condizione che il nuovo
impianto non pregiudichi in modo sensibile l'utilizzo di parti comuni da parte degli altri condomini,
quali il piano di calpestio delle scale e dei pianerottoli (Tribunale Milano Sez. VIII, 23 settembre
1991; Cass. Sez. II, 29 aprile 1994, n. 4152; Tribunale Napoli 19 giugno 1996, n. 6329; Appello
Milano 23 luglio 1996, n. 2214, Cass. Sez. II, 4 luglio 2001, n. 9033). Una siffatta installazione può
essere attuata anche da un singolo condomino (Tribunale Orvieto 17 luglio 1998, n. 226). Inoltre
deve essere sempre consentito al condomino che non partecipa all'installazione originaria di
intervenire nella comunione del bene in epoca successiva (Tribunale Napoli, 1° ottobre 1991;
Pretura Taranto, 5 ottobre 1993; Cass., Sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1529), né può essere rifiutata
dall'assemblea la relativa domanda, trattandosi di un diritto soggettivo del condomino
originariamente dissenziente (Tribunale Napoli, sez. III 25 marzo 1997, n. 2913). I condomini che
intervengono successivamente alla partecipazione della spesa per l'installazione dell'impianto
dell'ascensore al fine di aderirvi, devono corrispondere esclusivamente tutte le spese inerenti al
precitato intervento, nonché le spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto stesso, escluse
però le spese per la sua manutenzione ordinaria (Tribunale Napoli, Sez. II, 18 aprile 2001). La
magistratura ha più volte deciso che non rappresenta pregiudizio per gli altri condomini l'uso di
un'area, nella tromba delle scale, per l'installazione dell'impianto (Cass., 9 luglio 1975, n. 26096;
Cass. 5 aprile 1977, n. 1300; Tribunale Foggia, 29 giugno 1991; Tribunale Firenze, 19 maggio
1992). In ogni caso va considerato in concreto tale pregiudizio, quale la privazione di luce alla scala
condominiale (Appello Milano 23 luglio 1996, n. 2214) che non può sussistere in assenza di un
esame dell'assemblea condominiale della fattibilità tecnica dell'intervento (Tribunale Milano Sez.
VIII, 18 aprile 1991).
Ovviamente poi l'installazione del nuovo impianto non deve recare pregiudizio alla sicurezza, alla
stabilità e al decoro dell'edificio. Considerato infine che la proprietà del nuovo impianto di
ascensore appartiene esclusivamente ai condomini che ne sostengono la spesa, la circostanza che
non siano noti né il progetto né il preventivo di spesa, non può comportare opposizione da parte
degli altri condomini (Cass., 14 novembre 1977, n. 4921) e soprattutto non può comportare
opposizione da parte di un condomino di altra scala purché non venga alterata una parte comune
goduta da tutti, indistintamente, i condomini del complesso residenziale (Tribunale Milano Sez.
VIII, 12 aprile 1990). Unica eccezione consentita è rappresentata dalla possibilità di una
installazione che non rispecchi completamente la disciplina inerente alle distanze legali (Tribunale
Napoli Sez. III, 16 novembre 1991, n. 13008) anche se su tale tesi la magistratura non è uniforme
(Tribunale Milano, 27 novembre 1995, n. 10622).
Tra l'altro se sussiste una servitù a favore di un singolo condomino per l'installazione dell'ascensore
è a tale atto pubblico che, innanzitutto, bisogna fare riferimento (Pretura Roma Sez. IV, 28 giugno
1994, n. 4191).
Infine si devono affrontare gli aspetti procedurali di tale problematica: il primo inerisce la
possibilità di opporsi all'installazione del nuovo impianto di ascensore da parte dei condomini
dissenzienti per una valida motivazione, come ad esempio, che l'impianto reca pregiudizio allo
stabile; l'altro concerne la fattispecie per cui in un condominio sussistano soltanto due condomini, e
quindi sia impossibile una decisione a maggioranza. Nella prima ipotesi trattasi di un giudizio di
puro merito e quindi la sentenza di secondo grado è incensurabile per Cassazione. Non è neppure
proponibile un ricorso ex art. 700, Codice procedura civile , se non nel caso di riduzione dei termini
per la definizione della problematica de qua (Pretura Milano, 5 novembre 1987, n. 8091).
Nell'eventualità poi che in un condominio di un edificio sussistano soltanto due soli partecipanti e
quindi ogni delibera non possa essere adottata se non all'unanimità, l'installazione di un nuovo
ascensore deve essere deliberato ai sensi dell'art. 1108 del Codice civile e non a sensi dell' art. 1136
del Codice civile e in caso di contrasto fra i condomini, l'interesse dell'uno può trovare tutela solo
attraverso il ricorso all'Autorità giudiziaria (Cass., 24 aprile 1975, n. 1604).
Da ultimo necessita ricordare la recente legge 9 gennaio 1989 n. 13 , integrata dalla legge 27
febbraio 1989 n. 62, in base alla quale i portatori di handicap possono richiedere l'installazione
dell'ascensore e la relativa delibera in seconda convocazione può essere assunta con la maggioranza
di 1/3 dei condomini ed 1/3 del valore millesimale, fatto salvo il disposto degli artt. 1120, secondo
comma e 1121, terzo comma, Codice civile (Tribunale Milano, 26 aprile 1993, n. 4466).
Qualora l'assemblea non provveda, il portatore di handicap può ricorrere all'autorità giudiziaria
anche ex art. 700, Codice di procedura civile per conseguire un provvedimento di urgenza ad hoc
(Pretura Roma, 21 luglio 1989 (ord.)).
Tale norma, purché non rechi un grave pregiudizio agli altri condomini, può essere applicata anche
nel caso nell'immobile non risieda un portatore di handicap (Tribunale Milano Sez. VIII, 19
settembre 1991; Tribunale Firenze, 19 maggio 1992; Appello Napoli Sez. II, 27 dicembre 1994, n.
3074).
In ogni caso una delibera che sia lesiva dei diritti di proprietà esclusiva di un singolo condomino
deve ritenersi radicalmente nulla (Cass. Sez. II, 25 giugno 1994, n. 6109).
Anche per tale motivo l'installazione dell'ascensore deve comunque rispettare le distanze legali
previste dal primo comma dell' art. 873 del codice civile con esclusione però di quelle maggiori
eventualmente disposte dai regolamenti comunali (Tribunale Genova 13 novembre 1997).
Comunque le spese inerenti all'installazione ex novo dell'impianto dell'ascensore sono da ripartirsi
tra i condomini con il criterio previsto dall' art. 1123 Codice civile , vale a dire con i millesimi c.d.
di proprietà (Cass. Sez. II, 10 gennaio 1996, n. 165), compresi i condomini proprietari di unità site
al piano terreno (Tribunale Milano 30 maggio 1996, n. 5048.
In ogni caso le disposizioni tecniche previste dal d.m. 14 giugno 1989, n. 236 , non si applicano agli
edifici già esistenti alla data di pubblicazione del precitato decreto (Tribunale Roma, sez. III, 13
giugno 1997).
Il D.P.R. n. 162/99
Il D.P.R. del 30 aprile 1999 n. 162 entrato in vigore il 1° luglio 1999 in attuazione della direttiva
95/16/CE dell'Unione Europea ha stabilito una nuova normativa che si applica a tutti gli impianti
d'ascensore installati dopo il 1° luglio 1999 e non quindi sugli impianti già esistenti alla data del 30
giugno 1999.
Per tutti questi impianti infatti deve essere rilasciato un certificato di collaudo direttamente o
dall'Ispesl o da un ente appositamente notificato ovvero con la stessa autocertificazione
dell'installatore con perizia giurata di ingegnere iscritto all'Albo, purché la ditta installatrice sia in
possesso del certificato ISO 9001; il collaudo deve avvenire entro il termine massimo del 25 giugno
2000.
Per quanto riguarda invece gli impianti nuovi essi devono essere dotati:
1. di un sistema bidirezionale di comunicazione con un centro permanente per il necessario
intervento finalizzato a liberare le persone che rimangono chiuse nell'ascensore fermatosi;
caratteristica particolare di questo sistema di comunicazione con l'esterno è l'automatismo della
comunicazione affinché tra il passeggero rimasto chiuso nell'ascensore e l'operatore del soccorso vi
sia una comunicazione diretta con un semplice gesto di pressione in un pulsante di soccorso
installato nella cabina dell'ascensore;
2. il tecnico incaricato dell'intervento di soccorso deve avere la possibilità di accedere al fabbricato
direttamente e senza intralci e ritardi; il tecnico del soccorso ovviamente dovrà avere le chiavi di
accesso al palazzo;
3. tutte le cabine dovranno essere dotate di un dispositivo di sovraccarico che, ove si verifichi tale
situazione, non consenta alla cabina dell'impianto di muoversi, impedendo contestualmente la
chiusura delle porte automatiche, ove siano installate;
4. nel caso nella cabina siano installate le porte automatiche queste devono essere munite di
dispositivo che ne impedisca comunque la chiusura in presenza di un ostacolo, per esempio una
persona che vi si sta introducendo;
5. deve essere tra l'altro garantita la sicurezza del manutentore dell'impianto e quindi devono essere
trovati sistemi che impediscano l'eccesso di velocità degli ascensori elettrici, i parapetti sui tetti di
cabina, per evitare cadute, scelta rigorosa del tipo di funi e guide di scorrimento della cabina nonché
del contrappeso, l'installazione di valvole paracadute omologate per ascensori oleodinamici;
6. tutti gli ascensori dovranno essere marcati con il marchio CE di omologazione che attesti
l'utilizzo con componenti di sicurezza omologati e marcati CE, nonché della corretta loro
progettazione e installazione. Tale marcatura tra l'altro consente la messa in esercizio dell'impianto
con una semplice comunicazione al Comune effettuata direttamente dall'installatore dopo che
comunque sia stato effettuato il collaudo;
7. le visite periodiche di controllo dell'ascensore sono affidate anche a organismi di certificazione
privati notificati con una periodicità biennale;
8. la manutenzione dell'impianto deve essere effettuata da una ditta specializzata che operi
esclusivamente con personale abilitato. Tra l'altro ogni sei mesi deve essere effettuato un controllo
specifico delle apparecchiature di sicurezza.
Conseguentemente in relazione a questa nuova disciplina, pur nella vigenza della legge 13/89 e del
D.Lgs. 662/94 che prevedono tra l'altro anche accorgimenti particolari per i portatori di handicap
(come ad esempio le porte larghe, i pulsanti con braille, le fotocellule etc.) è opportuno, in caso di
impianti particolarmente vecchi, provvedere ad un loro riammodernamento, nonché stipulare
regolari contratti di appalto per la manutenzione con ditte specializzate che:
a) assicuri il personale abilitato;
b) lo tenga costantemente aggiornato;
c) provveda ad una copertura R.C.T. e R.C.O. anche per il danno biologico.
Da ultimo si ritiene opportuno, ad integrazione delle polizze del canone manutentivo, provvedere
con autonome polizze di garanzia.
Legge 9 gennaio 1989, n. 13
"Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli
edifici privati."
(Pubblicata nella G. U. 26 gennaio 1989, n. 21)
1. 1. I progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici,
ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata, presentati dopo sei
mesi dall'entrata in vigore della presente legge sono redatti in osservanza delle prescrizioni tecniche
previste dal comma 2.
2. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei lavori pubblici fissa con
proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la
visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata (1).
3. La progettazione deve comunque prevedere:
a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l'accesso ai piani superiori, ivi
compresi i servoscala;
b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari;
c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento;
d) l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni
scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini.
4. E' fatto obbligo di allegare al progetto la dichiarazione del professionista abilitato di conformità
degli elaborati alle disposizioni adottate ai sensi della presente legge.
(1)Si ricorda che con Decreto Ministeriale 14 giugno 1989, n. 236 (G.U. 23 giugno 1989, n. 145,
S.O.) sono state approvate le citate prescrizioni tecniche.
2. 1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad
eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971,
n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978,
n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione
atti a favorire la mobilità dei ciechi all'intemo degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea
del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo
1136, secondo e terzo comma, del codice civile.
2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta
per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la
tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie
spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare
l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e
alle rampe dei garages.
3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del
codice civile.
3. 1. Le opere di cui all'articolo 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze
previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di
uso comune a più fabbricati (2).
2. E' fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile
nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o
alcuna area di proprietà o di uso comune.
(2) Si ricorda che il comma è stato cosí sostituito dall'art. 1 della Legge 27 febbraio 1989, n. 62
(G.U. 27 febbraio 1989, n. 48).
4. 1. Per gli interventi di cui all'articolo 2, ove l'immobile sia soggetto al vincolo di cui all'articolo 1
della legge 29 giugno 1939, n. 1497, le regioni, o le autorità da esse subdelegate, competenti al
rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 7 della citata legge, provvedono entro il termine
perentorio di novanta giorni dalla presentazione della domanda, anche impartendo, ove necessario,
apposite prescrizioni.
2. La mancata pronuncia nel termine di cui al comma 1 equivale ad assenso.
3. In caso di diniego, gli interessati possono, entro i trenta giorni successivi, richiedere
l'autorizzazione al Ministro per i beni culturali e ambientali, che deve pronunciarsi entro centoventi
giorni dalla data di ricevimento della richiesta.
4. L'autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio
pregiudizio del bene tutelato.
5. Il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio,
della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l'opera si colloca e con riferimento a tutte le
alternative eventualmente prospettate dall'interessato.
5. 1. Nel caso in cui per l'immobile sia stata effettuata la notifica ai sensi dell'articolo 2 della legge
1° giugno 1939, n. 1089, sulla domanda di autorizzazione prevista dall'articolo 13 della predetta
legge la competente soprintendenza è tenuta a provedere entro centoventi giorni dalla presentazione
della domanda, anche impartendo, ove necessario, apposite prescrizioni. Si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 4, commi 2, 4 e 5.
6. 1. L'esecuzione delle opere edilizie di cui all'articolo 2, da realizzare nel rispetto delle norme
antisismiche e di prevenzione degli incendi e degli infortuni, non è soggetta all'autorizzazione di cui
all'articolo 18 della legge 2 febbraio 1974, n. 64.
2. Resta fermo l'obbligo del preavviso e dell'invio del progetto alle competenti autorità, a norma
dell'articolo 17 della stessa legge 2 febbraio 1974, n. 64.
7. 1. L'esecuzione delle opere edilizie di cui all'articolo 2 non è soggetta a concessione edilizia o ad
autorizzazione. Per la realizzazione delle opere interne, come definite dall'articolo 26 della legge 28
febbraio 1985, n. 47, contestualmente all'inizio dei lavori, in luogo di quella prevista dal predetto
articolo 26, l'interessato presenta al sindaco apposita relazione a firma di un professionista abilitato.
2. Qualora le opere di cui al comma 1 consistano in rampe o ascensori esterni ovvero in manufatti
che alterino la sagoma dell'edificio, si applicano le disposizioni relative all'autorizzazione di cui
all'articolo 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni ed integrazioni.
8. 1. Alle domande ovvero alle comunicazioni al sindaco relative alla realizzazione di interventi di
cui alla presente legge, è allegato certificato medico in carta libera attestante l'handicap e
dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n.
15, dalla quale risultino l'ubicazione della propria abitazione, nonché le difficoltà di accesso.
9. 1. Per la realizzazione di opere direttamente finalizzate al superamento e all'eliminazione di
barriere architettoniche in edifici già esistenti, anche se edibiti a centri o istituti residenziali per
l'assistenza ai soggetti di cui al comma 3, sono concessi contributi a fondo perduto con le modalità
di cui al comma 2. Tali contributi sono cumulabili con quelli concessi a qualsiasi titolo al
condominio, al centro o istituto o al portatore di handicap (3).
2. Il contributo è concesso in misura pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi fino a lire
cinque milioni; è aumentato del venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta per costi
da lire cinque milioni a lire venticinque milioni, e altresì di un ulteriore cinque per cento per costi
da lire venticinque milioni a lire cento milioni.
3. Hanno diritto ai contributi, con le procedure determinate dagli articoli 10 e 11, i portatori di
menomazioni o limitazioni funzionali permanenti, ivi compresa la cecità, ovvero quelle relative alla
deambulazione e alla mobilità, coloro i quali abbiano a carico i citati soggetti ai sensi dell'articolo
12 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché i condomini ove
risiedano le suddette categorie di beneficiari.
4. Nella lettera e) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, le parole "mezzi necessari per la deambulazione e la locomozione", sono
sostituite dalle parole "mezzi necessari per la deambulazione, la locomozione e il sollevamento". La
presente disposizione ha effetto dal 1° gennaio 1988.
(3) Si ricorda che il comma è stato cosí modificato dall'art. 2, L. 27 febbraio 1989, n. 62 (G.U. 27
febbraio 1989, n. 48).
10. 1. E' istituito presso il Ministero dei lavori pubblici il Fondo speciale per l'eliminazione e il
superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati.
2. Il Fondo è annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del Ministro dei lavori
pubblici di concerto con i Ministri per gli affari sociali, per i problemi delle aree urbane e del tesoro,
in proporzione del fabbisogno indicato dalle regioni ai sensi dell'articolo 11, comma 5. Le regioni
ripartiscono le somme assegnate tra i comuni richiedenti.
3. I sindaci, entro trenta giorni dalla comunicazione delle disponibilità attribuite ai comuni,
assegnano i contributi agli interessati che ne abbiano fatto tempestiva richiesta.
4. Nell'ipotesi in cui le somme attribuite al comune non siano sufficienti a coprire l'intero
fabbisogno, il sindaco le ripartisce con precedenza per le domande presentate da portatori di
handicap riconosciuti invalidi totali con difficoltà di deambulazione dalle competenti unità sanitarie
locali e, in subordine, tenuto conto dell'ordine cronologico di presentazione delle domande. Le
domande non soddisfatte nell'anno per insufficienza di fondi restano valide per gli anni successivi.
5. I contributi devono essere erogati entro quindici giorni dalla presentazione delle fatture dei lavori,
debitamente quietanzate.
11. 1. Gli interessati debbono presentare domanda al sindaco del comune in cui è sito l'immobile
con indicazione delle opere da realizzare e della spesa prevista entro il 1° marzo di ciascun anno.
2. Per l'anno 1989 la domanda deve essere presentata entro il 31 luglio (4).
3. Alla domanda debbono essere allegati il certificato e la dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorietà di cui all'articolo 8.
4. Il sindaco, nel termine di trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione
delle domande, stabilisce il fabbisogno complessivo del comune sulla base delle domande ritenute
ammissibili e le trasmette alla regione.
5. La regione determina il proprio fabbisogno complessivo e trasmette entro trenta giorni dalla
scadenza del termine previsto dal comma 4 al Ministero dei lavori pubblici la richiesta di
partecipazione alla ripartizione del Fondo di cui all'articolo 10, comma 2.
(4) Si ricorda che il comma è stato cosí modificato dall'art. 3, L. 27 febbraio 1989, n. 62 (G.U. 27
febbraio 1989, n. 48).
12. 1. Il Fondo di cui all'articolo 10 è alimentato con lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 1989,
1990 e 1991. Al predetto onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 1989-1991, al capitolo 9001 dello stato di previsione del
Ministero del tesoro per l'anno 1989 all'uopo utilizzando l'accantonamento "Concorso dello Stato
nelle spese dei privati per interventi volti al superamento delle barriere architettoniche negli edifici"
per lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 1989, 1990 e 1991.
2. Le somme eventualmente non utilizzate nell'anno di riferimento sono riassegnate al fondo per
l'anno successivo.
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
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