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emily dickinson: l`io travestito
EMILY DICKINSON: L’IO TRAVESTITO Introduzione “Al sicuro nella sua stanza d’alabastro”1 in compagnia degli spiriti, Emily riduce al minimo ogni contatto con gli esseri umani viventi, consapevole della sua fragilità emotiva. È infatti dopo una misteriosa crisi isterica che decide di chiudersi in casa e di vestirsi quasi esclusivamente di bianco, come uno spirito esiliato in terra. Emily non è soltanto ipersensibile al massimo grado; è priva di quel guscio protettivo che consente alle persone normali di avere delle relazioni umane e muoversi nel mondo, combattendo le proprie battaglie quando è necessario. Il contatto diretto con le persone mette in serio pericolo la sua stabilità mentale e la sua salute; è costretta a consegnarsi prigioniera ad un quotidiano di gesti minuscoli e rituali poveri, pur essendo un’anima da grandi spazi e grandi azioni. Le sue azioni sono quasi esclusivamente azioni “interne”, su di sé, eccezion fatta per le sue lettere che operano all’esterno, sugli altri. L’azione esterna, quando c’è, viene lasciata soltanto alla parola scritta , in modo da evitare qualunque contatto diretto. Le azioni interne che Emily compie sono tutte volte al rafforzamento del proprio io e della propria consapevolezza. A dispetto dello sviluppo normale dell’io che richiede il confronto sociale e le gratificazioni altrui, Emily opera questo sviluppo attingendo alla propria interiorità ed esclusivamente alle persone della propria famiglia. Il suo cammino interiore ed il modo in cui ella procede sono dichiarati nella poesia seguente2 : Growth of Man - like G row th of Nature Gravitates within Atmos phere, and Sun Confirm it -But it stir - alone - La crescita dell'uomo - come quella della Natur agravita dentro l'Atmosfera e il Sole la Confermano ma si muove - da sola - Each - it' s difficult Ideal Must achieve - Itself Though the solitary prowess O f a Silent Life - Ciascuno - il suo difficile Ideale deve raggiungere - da solo -attraverso l'eroismo solitario d'una Vita Silente Effort - is the sole condition -Patience of Itself Patience of opposing forces And distinct Belief - -Lo sforzo - è l'unica condizione -pazienz a con Se stessi pazienza con le forze contrastanti ed un preciso C redo - Looking on - is the Department Of it's Audience But Transaction - is assisted By no Countenance - Stare a guardare - è il Ministero del suo Pubblico Ma l' Operazione - non è assistita da Incoraggiamento alcuno - “L’eroismo solitario d’una vita silente” è il modo scelto da Emily; ma come conciliare con questo l’esistenza del “pubblico” dell’ultima quartina? Chi è questo pubblico e cosa guarda? Non il cammino di Emily, perché “ l’ Operazione - non è assistita /da Incoraggiamento alcuno”; ma il risultato dell’azione, cioè Emily stessa. Se esiste un “pubblico” significa che Emily si sente “attrice” e quale ruolo sta impersonando? Ribelle Dice di lei Higginson1 : “Aveva un’aria singolare, da suora, come se fosse stata una sacerdotessa Germanica di qualche ordine religioso, che prescrivesse come abito del piqué bianco con uno scialle a rete blu di lana pettinata”.2 Ecco la maschera di Emily: quella di capo d’un ordine religioso suo personale - non importa se con seguaci o no. L’eretica travestita da agnellino pauroso. Ma di quale religione? Emily è una ribelle. Non solamente dal punto di vista poetico e formale delle sue opere, ma proprio nella vita. È ribelle verso Dio e verso la società. Dal canto loro i suoi parenti, i suoi concittadini, la guardano come un fenomeno. Anche Higginson la guarda senza capirla e, anzi, con una specie di stupore misto a ripugnanza: “Era un essere troppo enigmatico per me perché lo potessi capire nell’incontro di un’ora... potei soltanto sedere e guardare, come si fa in mezzo al bosco”.3 La poesia “This is my letter to the World” sembra confermare la consapevolezza di Emily di avere questo pubblico di compatrioti giudicanti; ed Emily chiede loro indulgenza in nome della Natura... come dire: non sono anormale, non sono un mostro, sono naturale come i fiori di campo e la rugiada sui prati... Emily adora la rugiada, perché è limpida e fatta di gocce piccole come lei: This is my letter to the World That never wrote to MeThe simple News that Nature told-With tender Majesty Her Message is committed To Hands I cannot seeFor love of Herr--Sweet-countrymenJudge tenderly--of Me Q uesta è la mia lettera al Mondo Che non ha mai scritto a Me Le semplici Notizie di cui parla la Natura Con tenera Maestà Il suo Messaggio è consegnato In mani che non pos so vedere Per amore di Lei - D olce - concittadini G iudicate con tenerezza - Me Poesia di ribellione1 è la seguente: I never felt at H ome - Below And in the Handsome Skies I shall not feel at Home - I know I don't like Paradise Because it's Sunday - all the time And R ecess - never comes And Eden'll be so lonesome Brigth Wednes day Afternoons If God could make a visit Or never took a Nap So not to see us - but they say Himself - a Telescope Perennial behold us Myself would run away From H im - and Holy Ghost - and all But there is the "Judgement D ay"! Non mi sono mai sentita a Casa - Quaggiù E nei Bei Cieli Non mi sentirò a Casa - lo so Non mi piace il Paradiso Perché è D omenica - sempre E Vacanza - non arriva mai E l'Eden sarà tanto solitario Nei luminosi Venerdì Pomeriggio Se Dio potesse far visita O ppure schiacciare un Pisolino Così da non vederci - ma loro dicono Che sia un Telescopio Che ci fissa perennemente Io vorrei fuggire Da Lui - e dallo Spirito Santo - e da tutto Ma c'è " il Giorno del Giudizio" ! La religiosità di Emily è, infatti, ambigua. Leggere la Bibbia non significa crederci ciecamente e parlare di Dio non significa amarlo; qui Dio è un “telescopio”1 , un occhio sempre aperto e sempre vigile ( Egli “non schiaccia mai un pisolino” - “never took a nap ”). Un giudice dal quale lei vorrebbe fuggire come fugge da ogni altro occhio umano; ma quello è l’unico occhio a cui non può sfuggire. Dio fa parte del suo pubblico, dunque, e per lui trasforma la sensualità in saggezza. Sembra di capire, da questa poesia, che Emily soffochi una certa esuberanza per paura della punizione. Ha paura di essere giudicata cattiva. Altre due considerazioni emergono da questa poesia. La prima riguarda l’uso delle maiuscole che - non ne capisco la ragione - nelle traduzioni di solito spariscono. L’uso dell’iniziale maiuscola (peraltro non limitato a questa poesia) lascia intendere che Emily tratti di concetti assoluti. Lei vive nell’assoluto - o almeno vorrebbe. La seconda riguarda il ritmo. Emily ansima; sembra esausta, sul punto di esalare l’ultimo respiro. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una parte di Emily che non può vivere e dunque muore: forse la Emily “normale”. Non c’è posto, per lei, né in Terra né in Cielo. Quella Emily che in passato ha sperato e forse tentato di fuggire dalla gabbia: I never hear the word "escape" Without a quicker blood, A sudden expectation, A flying attitude! I never hear of prisons broad By soldiers battered down, But I tug childish at my bars Only to fail again! Non sento mai la parola "fuga" Senza che il mio sangue scorra più veloce, Un'attesa improvvisa, Un atteggiamento di volo! Non sento mai parlare di prigioni enormi abbattute da soldati, Senza dare strattoni come un bimbo alle mie sbarre Solo per fallire di nuovo! La Emily che voleva fuggire muore nel 1861; quel che resta di lei rimane nella gabbia; rinuncia al pubblico umano e all’amore umano che la prima Emily molto probabilmente aveva desiderato; rinuncia perché le due parti erano inconciliabili e lei ha dovuto lasciarne morire una - probabilmente quella che le ha causato la crisi nervosa - per poter vivere. Dietro ad Emily c’è il segreto di questa lacerazione ed è in questo che consiste il suo fascino. La notorietà è solo una delle rinunce di Emily e forse la meno dolorosa. Ci sono alcune poesie che riguardano la notorietà volontariamente negata: di acida consolazione come “I am Nobody! Who are you” (1861) in cui chi è qualcuno è paragonato ad una rana che gracida il proprio nome al pantano (“Che tristezza – essere – Qualcuno! / Com’è pubblico – come una Rana - / pronunciare il tuo nome – per tutto Giugno – ad un Pantano ammirato!”1 ); di rimpianto come “Success is counted sweetest”, in cui la poetessa sembra identificarsi con lo sconfitto, al quale il successo appare più dolce proprio perché gli è negato; ed infine di accettazione, come risulta dalla Lettera ad Higginson dell’8 giugno 18622 : “ Se la fama mi fosse destinata, non potrei sfuggirle; se non lo fosse, il giorno più lungo passerebbe per me in caccia e l’approvazione del mio cane allora mi abbandonerebbe. ”. Emily si interroga sul senso della sua vita e si risponde nell’unico modo possibile, che è quello delle persone a cui è negato un ruolo socialmente riconosciuto e celebrato: If I can stop one heart from breaking, I shall not live in vain; If I can ease one life the aching, O r cool one pain, O r help one fainting robin Unto his nest again, I shall not live in vain. Se io posso impedire ad un cuore di spezzarsi, Non sarò vissuta invano; Se posso aiutare l'azione d'una vita, O lenire un dolore, Od aiutare un pettirosso incerto A raggiunger di nuovo il nido, Non sarò vissuta invano. Come ho già detto, Emily sposa il Quotidiano e cerca di trascenderlo rendendolo Assoluto. Come la maggior parte delle donne, non parla di concetti assoluti ma “assolutizza” il suo vissuto, che è fatto di contemplazioni della natura e poche relazioni umane. In questo è talmente maestra da dare l’impressione che le sue poesie siano avulse dalla sua personalità e dalla sua esperienza. Io non credo che sia possibile produrre alcunché di completamente estraneo a se stessi, per cui sono convinta che la poesia di Emily rispecchi la maschera ch’ella ha voluto indossare per se stessa e per i suoi “discepoli” e che questa maschera sia, in definitiva, la seconda delle due personalità in cui si è scissa e poi totalmente identificata. La vera Emily non la conosceremo mai perché non è mai vissuta; di lei s’intuisce soltanto che avrebbe potuto essere donna di grandi passioni trasgressive e di gesti estremi. Le poetesse di cui mi sono occupata sono “doppie”: è un fatto davvero strano? La doppiezza di cui parlo è dovuta alla grandezza della frattura tra desiderio e realtà; tra immagine di sé e realtà di questo sé. Le persone comuni hanno un’immagine “conforme” di sé e la vita non produce una grossa frattura tra immagine e realizzazione. Le persone non comuni1 e che sono state represse hanno una smisurata immagine di sé e la vita produce loro dei veri abissi... Questo poi è particolarmente vero per le donne. La maggior parte delle poetesse, credo, ha cercato di vivere nella poesia il lato del proprio io che la società ha imposto loro di soffocare. Vitalità, sensibilità, creatività, espressività, sono indipendenti dal sesso; la società impone di incanalarle in base a questo attribuendo dei ruoli rigidi. Le donne non comuni si sentono costrette nei ruoli delle donne comuni e dall’immagine di sé, esagerata per compensazione, sviluppano anche un’arte incomparabile! Nel caso di Emily la realizzazione di questo sé è demandata nell’Eternità; nel Presente esiste un io fragilissimo, ipersensibile e sensitivo, che fa assumere l’aspetto “di una suora”. Emily ha soffocato passione e sessualità, forse perché non poteva lasciarle vivere nell’ambiente in cui era nata. Emily ha recitato la parte della suora ben sapendo di non esserlo e di possedere, invece, uno spirito dionisiaco, portato all’ebbrezza e al divampare del fuoco. Questo spirito è stato spezzato due volte (così dichiara Emily in due poesie: “My life closed twice before its close” e “I never lost as much but twice”. Quali sono i due terribili eventi che segnarono la sua vita? Non è facile rispondere. S’intuisce che sono due affetti perduti - gli affetti sono le uniche cose che contano per lei - ma bisogna ricordare che gli affetti di cui si è a conoscenza (la cognata Sue, il reverendo Wadsworth, Samuel Bowles) sono più che altro dei sostegni: Emily non si regge in piedi. I suoi amori – almeno quelli giovanili - sono amori di dipendenza psichica. Bisogna quindi cercare più indietro nel tempo e altrove per scoprire ciò che ha “spezzato le gambe” ad Emily, cosicché non poté più reggersi in piedi e fu costretta ad appoggiarsi ad ogni affetto e, soprattutto, non poté vivere la propria ribellione. Purtroppo non si può far altro che tirare ad indovinare prendendo come riferimento l’anno 1848 e la crisi religiosa al Mount Holyoke Seminary. Crisi che appare dovuta alla presa di coscienza di non potersi adeguare al modello proposto dalla chiesa di riferimento. Non potendo rifiutare la sua chiesa, Emily è costretta ad accettare la colpa d’essere inadeguata: un senso di colpa è sufficiente a spezzare le gambe. Essa scrive alla sua amica Abiah che, diversamente da lei, riesce ad adeguarsi molto bene: “La riva è più sicura, Abiah, ma io amo solcare il mare; posso contare le onde minuscole qui in queste piacevoli acque, ed ascoltare mormorare i venti… tu stai imparando controllo e fermezza. Gesù Cristo ti amerà di più. Io temo che non amerà affatto me”.14 La poesia seguente2 ci dà un’idea della sua ribellione nei confronti della religione di famiglia e delle usanze dei suoi concittadini: Some keep the Sabbath going to Church I keep it staying at Home With a Bobolink for a Chorister And an O rchard, for a Dome. Some keep the Sabbath in Surplice I just wear my Wings And instead of tolling the Bell, for C hurch Our little Sexton-sings. God preaches, a noted C lergyman And the sermon is never long, So instead of getting to Heaven, at last, I'm going, all along. Alcuni impiegano il Sabato ad andare in Chiesa Io lo impiego stando a casa Con un D oliconice come C orista E un Frutteto, come Duomo. Alcuni impiegano il Sabato in Cotta Io indosso soltanto le mie Ali E invece di suonare le Campane, per la Chiesa Il nostro piccolo Becchino - canta. Prega Dio, un illustre Sacerdote E il sermone non è mai lungo, Così invece di andare in Paradiso, alla fine, Ci vado, all'improvviso. Emily dichiara la sua indipendenza dalle usanze comuni; proclama, esistenzialista ante-litteram, la sua diversità e la capacità di trovare l’infinito in una goccia d’acqua. Alcuni trovano strano che, dopo aver deciso di andare controcorrente, ella si sia relegata in casa completamente dipendente dal padre. Ma è una vera dipendenza od una posizione di comodo? Il “mare” che Emily solcava era il mare della fantasia e del mondo interiore e, evidentemente, la famiglia non era simile a quella società moralista alla quale non riusciva ad adeguarsi. La ribellione di Emily non è nei riguardi della famiglia; non è la classica ribellione dell’adolescente che “scappa di casa”; è caso mai l’esatto contrario e ciò è coerente. A questo proposito è significativo il dialogo, riportato da Mabel Loomis Todd, tra lei stessa e Susan Gilbert, cognata e grande amica (o grande amore?1 ) di Emily. Susan sconsiglia Mabel di andare a visitare i Dickinson col novello sposo: Sue replicò: “Non permetterai a tuo marito di andare da loro, spero!” “Perché no?” chiesi innocentemente. “Perché nessuno di loro ha la minima idea di moralità” rispose lei, con un tono di soddisfazione. 2 L’assenza di moralità portò Emily ad essere percepita dalle donne come una specie di mangiatrice di uomini. Questo fatto è singolare e rasenta il ridicolo, dal momento ch’ella conduceva una vita tale da non poter in apparenza suscitare delle chiacchiere. Invece le chiacchiere c’erano, come se fosse stata una donna libera... ed in effetti era libera in spirito. A ben guardare, però, l’unico rapporto che vive con le persone di sesso maschile è quello di maestro-allieva; Emily passa da un “tutore” all’altro, ma questo rapporto è ambiguo non solo per le implicazioni sado-maso (per chi le vuol cercare) insite in questo rapporto se vissuto in età adulta, ma specialmente perché Emily non segue, in realtà, il suo tutore di turno. Sembra servirsi del tutore come stampella per andare dove vuole. I suggerimenti di Higginson, per esempio, esplicitamente chiamato al ruolo di insegnante di poesia, non vengono minimamente messi in pratica: la poetessa non cambia il suo stile di una virgola. Si può indovinare che avvenisse lo stesso in materia religiosa. Emily gioca il ruolo dell’allieva passiva soltanto per eludere le direttive impartite dal maestro; ribellione continua dietro la maschera della passività assoluta. Ha invece un sentimento preciso e consapevole della propria statura e ciò s’indovina anche nel fatto che molte sue liriche iniziano dichiarando che lei conosce o fa qualcosa che altri non fanno (I taste a liquor never brewed, per esempio), o che è già morta più volte. Questa sua “mania” delle numerose morti può avere diversi significati. Indica la sua capacità di far fronte ai dolori della vita - e quindi è un indice di “abilità” – ma anche la profondità del suo dolore, il che è un indice di vulnerabilità e sensibilità al tempo stesso. Emily si fa grande della sua fragilità, come un magnifico vaso di cristallo che persino una piuma od un lieve soffio può far vibrare pericolosamente. E come un vaso di cristallo si conserva al riparo degli aliti altrui. Momenti d’un cammino spirituale Sergio Baldi, nel suo bel saggio “La poesia di Emily Dickinson” osserva che nella sua poesia Emily assume sempre il ruolo di maestra di vita e, a parte alcune liriche (fra cui la bellissima Theres’a certain slant of ligth), le sue poesie sono più che altro degli aforismi. L’opera poetica di Emily è, dunque, il libro sacro della sua religione personale, scritto nei momenti di “stato mistico”, lo “stato uxorio” , o “stato d’amore”: “Come ha detto acutamente Richard Chase1 , dalla sua solitudine spirituale la Dickinson riconobbe nella propria vita due momenti cruciali ch’ella disse sacramentali, i quali spezzano l’esistenza nettamente in tre parti: l’amore e la morte. Prima dell’esperienza amorosa [...] vi è la fanciullezza, tempo infelice di paure [..]; dopo l’esperienza amorosa vi è lo «stato regale» di «donna» o, come dice lei, di «moglie» o di «regina»; poi l’altro momento sacramentale, la morte, e dopo di quella l’immortalità. [..] Questi sono i «termini personali della sua Rivelazione» [..] lo stato da cui parla la Dickinson poeta è sempre lo «stato uxorio» [..]2 “. Aforismi o, meglio, momenti di predicazione che rivelano un pensiero vagamente gnostico o – diremmo ora – “New Age” sono, per esempio, “ We never know how high we are”3 e “ Each life converges to some centre”: We never know how high w e are Till w e are called to rise; And then, if we are true to plan, O ur statures touch the skies. The heroism we recite Would be a daily thing, Did not ourselves the cubits w arp For fear to be a King. Each life converges to some centre Expressed or still; Exists in every human nature A goal, Admitted scarcely to itself, it may be, Too fairFor credibility's temerityTo dare. Adored w ith caution, as a brittle heaven, To reach Were hopeless as the rainbow's raiment To touch, Yet persevered toward, surer for the distance; How highUnto the saints' slow diligence The sky! Ungained, it may be, by a life' s low venture, Non sappiamo mai quanto siamo alti Finché non siamo chiamati ad alzarci: E allora, se siamo coer enti col piano, Le nostre stature toccano i cieli. L'eroismo che recitiamo Sarebbe una cosa quotidiana, I cubiti non ci farebbero curvare Per paura di essere un R e. O gni vita converge a qualche centro Dichiarato o taciuto; Esiste in ogni natura umanaUna mèta, Ch'essa stessa ammette a malapena, Troppo bella Per rischiare l'audacia Di credervi. Adorata con cautela, come un fragile cielo, Raggiungerla Sarebbe impresa disperata come toccare La veste dell'arcobaleno, Ma se perseguita, è più sicura quanto più distante; Com'è alto Alla lenta pazienza dei santiIl cielo! Theres’a certain slant of ligth1 è invece poesia pura ed è la lirica che, a mio parere, descrive il passaggio nello “stato uxorio” e ciò che esso comporta: una specie di improvviso satori2 , uno stato in cui si ricevono, violentemente come delle ferite, i significati profondi della vita; ma questi significati non consolano, solo consolerebbe il permanere nello stato magico. There's a certain Slant of light, W inter Afternoons That oppresses, like the H eft O f C athedral Tunes Heavenly Hurt, it gives us We can find no scar, But internal difference, Where the Meanings, are None may teach it - Any Tis the Seal Despair An imperial affliction Sent us of the Air W hen it comes, the Landscape listens Shadow s - hold their breath When it goes, tis like the Distance On the look of Death - C'è una certa Lama di luce, Nei pomer iggi invernali Che opprime, come il Peso Di Accordi di Cattedrale Una Ferita celeste, ci infligge Non troviamo paura Ma una differenza interiore, Dove i Significati, sono Nessuno può insegnarlo - Nessuno È il Sigillo della Disperazione Un'afflizione imperiale Mandata a noi dall' Aria Quando arriva, il Paesaggio ascolta O mbre - trattengono il fiato Quando va via, è come la Distanza Sullo sguardo della Morte - Io non sono del tutto d’accordo col Chase. Considerando l’opera della Dickinson come le tappe d’un cammino spirituale, mi sembra di poter distinguere alcuni momenti di questo cammino, descritti da poesie diverse in contenuto e forma, ferma restando la caratteristica di base del verso spezzato da pause. Ho così catalogato le poesie nel modo seguente: · Le poesie dello Stato Uxorio, caratterizzate da toni e contenuti predicatori, ossia gli aforismi. In esse Emily mostra consapevolezza di sé, della sua statura e del proprio cammino (es. We never know how high we are); · Le poesie dello Stato Mistico o d’esaltazione, caratterizzate da un ritmo ansimante, da Sibilla in trance. In esse Emily contempla o riceve la “rivelazione” (es. There’s a certain Slant of light e Safe in their Alabaster Chambers); · Le poesie della Diversità, caratterizzate da un ritmo più moderato ma che lascia trapelare una certa emozione, in cui Emily dimostra di essere consapevole della propria diversità e dichiara d’accettarla (es. Some keep the Sabbath going to Church); · Le poesie del Cammino, ossia quelle in cui Emily parla di se stessa in termini di sentimenti e sensazioni (es. I never hear the word “escape”). Noi siamo abituati a considerare “poesie vere” quelle dello Stato Mistico e del Cammino perché sono descrizione di stati d’animo interiori. In particolare, le poesie dello Stato Mistico descrivono l’irrompere di un qualcosa di divino nella sua vita e questa irruzione a volte è estatica e a volte terrificante1 . Gli psicoanalisti junghiani forse parlerebbero di maschile percepito come numen. Certo è che il maschile per Emily è numinoso2 nel vero senso junghiano, in quanto per suo tramite ella va oltre lo stato di dipendenza: il “master” non è padrone ma è modello per farsi ella stessa predicatrice e sacerdotessa: la Grande Sacerdotessa del Quotidiano. Emily e l’horror A dispetto del suo vestirsi sempre di bianco e del suo ostentare solarità proclamando l’amore per le cose piccole e semplici, Emily è un’ombra scura. L’atmosfera di molte liriche è da Wuthering Heights1 e There’s a certain slant of light, per esempio, evoca ambientazioni gotiche (ci starebbero bene i santi azzurrini di The moon and the yew tree di Sylvia Plath!2 ). L’horror della Dickinson è tuttavia più sottile di quello della Plath; è quasi impercettibile, ma quando si percepisce fa molto più effetto di qualunque immagine splatter. Come nella Brontë, è l’orrore dell’anima rifiutata (quale frase più orrenda di quel “Perché non sei come lei?” pronunciato da Heathcliff3 contro la propria moglie?), dell’anima che non può vivere nel proprio corpo… dell’anima vicina alla pazzia: The first Day' s Night had come And grateful that a thing So terrible - had been endured I told my Soul to sing She said her Strings were snapt Her Bow - to Atoms blown And so to mend her - gave me work Until another Morn And then - a D ay as huge As Yesterdays in pairs, Unrolled its horror in my face Until it blocked my eyes My Brain - begun to laugh I mumbled - like a fool And tho' 'tis Years ago - that Day My Brain keeps giggling - still. And Something's odd - within That person that I was And this O ne - do not feel the same -Could it be Madness - this? Venne la N otte di quel primo Giorno E grata che una cosa Così terribile - fosse finita Chiesi alla mia anima di cantare Ella disse che le sue Corde erano spezzate -Il suo Archetto - ridotto in Atomi E così per aggiustarla - ebbi da lavorare Fino ad un altro Giorno E allora - un G iorno enorme Come coppie di Ieri, Mi srotolò in faccia il suo orrore Finché mi chiuse gli occhi Il mio C ervello - iniziò a ridere Borbottavo - come una pazza E benché sia success o Anni fa - quel Giorno Il mio C ervello continua a ridacchiare - ancora. E Qualcosa è strano - dentro Quella persona che ero E Questa di adesso - non sentono le stesse cose Potrebbe essere Pazzia - questa? Ma è soprattutto l’orrore d’una presenza fantasmatica continua e capace di farsi sentire all’improvviso ed in modo incomprensibile. Ciò fa sospettare che Emily sia stata vittima nell’infanzia di uno spavento causato dall’Autorità Negativa Primaria e che il suo “sacerdozio”, che esprime una religiosità primitiva, naturale, sia la fedeltà a questo dio potente e terribile. A favore di questa tesi giocano l’uso ripetuto del termine Awe (timore riverenziale misto a terrore: è radice dell’aggettivo awful, terribile) e la predilezione di forme di comunicazione non verbale simili a rituali, come l’offerta di fiori ed il modo di vestire. Per tutti questi motivi ritengo che la Dickinson sia una poetessa da annoverare nella letteratura nera, che è quella che racconta il rapporto con il “potente e terribile” e che, com’è noto, è più femminile che maschile.