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Perfusione isolata ipertermica del fegato con
Perfusione isolata ipertermica del fegato con melfalan: percorsi operativi e di sicurezza Gaspare DiLorenzo1; Maurizio Favatella1; Rosalia Longo1; Roberto Paternostro1; Piera Polidori3 ;Roberto Verzaro2 1 Servizio di Perfusione 2 Divisione di Chirurgia Addominale e Trapianti University of Pittsburgh Medical Center European Division. Palermo Italy 3 Servizio di Farmacia Clinica Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) Via Ernesto Tricomi, 1 - 90100 Palermo - Tel. 0912192111 Indirizzo Gaspare Di Lorenzo Via Ernesto Tricomi, 1 - 90100 Palermo Tel. 0912192111 Email: [email protected] RIASSUNTO La perfusione ipertermica in esclusione vascolare totale del fegato (IHP: Isolated Hepatic Perfusion) e’ una procedura relativamente recente che si propone come una metodica valida per la palliazione dei pazienti affetti da metastasi epatiche multiple non resecabili. Descriviamo la nostra tecnica applicata a cinque pazienti con utilizzo del farmaco Melphalan. Non abbiamo registrato complicanze intraoperatorie legate alla tecnica di perfusione ne’ alla tecnica chirurgica. I risultati ottenuti in termini di efficacia antitumorale del trattamento verrano valutati dopo 6 mesi. Esami TAC e RMN eseguiti ad un mese dalla procedura hanno dimostrato in tutti i pazienti una risposta parziale. Nel presente lavoro descriviamo la tecnica di perfusione adottata presso il nostro centro. Tale tecnica e’ sicura, facilmente realizzabile e riproducibile in centri dove si esegue di routine circolazione extracorporea (trapianti di fegato con by pass veno-venoso o cardiochirurgia). ABSTRACT PAROLE CHIAVE: Perfusione ipertermica isolata, melfalan, metastatsi non resecabili del fegato, tumori colon-retto. KEY WORDS: Hyperthermic isolated liver perfusion, melphalan, unresecable liver mets, colon-rectum cancer. INTRODUZIONE I tumori metastatici del fegato rappresentano un problema di notevole rilevanza clinica. Negli USA ogni anno si registrano circa 250.000 nuovi casi di metastasi epatiche. Nei paesi occidentali i tumori del tratto colorettale sono la causa piu’ frequente di metastasi epatiche (1). Seguono il carcinoma mammario il melanoma e i gli altri tumori del tratto gastrointestinale. La chirurgia resettiva rappresenta sicuramente il trattamento piu’ efficace delle metastasi epatiche specie se il tumore primario ha sede nel colon-retto. Sfortunatamente non tutti i pazienti affetti da metastasi epatiche sono candidati al trattamento resettivo. Per i tumori colorettali, ad esempio, solo il 10% dei pazienti affetti da metastasi epatiche puo’ essere sottoposto a chirurgia resettiva (2). L’impossibilita’ di eseguire resezioni epatiche e’ dovuta a diversi fattori tra i quali, ad esempio, la presenza di metastasi nei due lobi, presenza di grave steatosi epatica, localizzazione delle metastasi rispetto ad elementi vascolari epatici che rendono tecnicamente impossibile l’intervento. Per i pazienti affetti da metastasi epatiche non resecabili le possibilita’ di trattamento sono rappresentate dalla chemioterapia sistemica, associata o meno a tecniche di ablazione locale o chemioterapia loco-regionale. La perfusione ipertermica isolata del fegato con farmaco antiblastico rappresenta una forma di trattamento loco-regionale. Sebbene eseguita per la prima volta nel 1961 da Ausman (3) la perfusione isolata del fegato e’ solo di recente entrata a far parte delle opzioni terapeutiche da offrire al paziente affetto da metastasi epatiche non resecabili. Questo grazie al raffinamento delle metodiche di perfusione e circolazione extracorporea, ai progressi ottenuti nella chirurgia epatica e nel settore anestesiologico. L’IHP prevede l’isolamento vascolare totale del fegato, (clampaggio della vena cava sovra e sotto epatica, della vena porta e dell’arteria epatica) e la perfusione dello stesso con antiblastico, impedendo quindi il passaggio del farmaco nella circolazione sistemica. I vantaggi teorici di tale metodica sono rappresentati dalla possibilita’ di usare dosi elevate del farmaco ed evitare l’esposizione di altri organi agli effetti tossici del farmaco (in particolare reni, cuore e midollo osseo).L’esclusione vascolare totale del fegato e la sua perfusione consentono poi di raggiungere temperature all’interno del fegato intorno ai 4041º C e sfruttare quindi l’azione tumoricida e sinergistica con il chemioterapico dell’ipertermia. L’unica limitazione teorica di una tale procedura e’ rappresentata dalla tolleranza del fegato o meglio agli effetti tossici diretti del farmaco impiegato sull’organo perfuso. METODI Pazienti Nel periodo Novembre 2004 - Febbaraio 2005, 5 pazienti sono stati sottoposti a IHP. L’eta’ dei pazienti e le loro caratteristiche sono elencate in tabella 1. Tutti i pazienti sottoposti a trattamento rientravano nei criteri di elegiblita’ fissati presso il nostro Istituto: ECOG Performance status (4) 0-1, Bilirubinemia Totale ≤ 2 mg/dl, creatininemia ≤ 1.5 mg/dl profilo coagulativo normale, assenza di malattia metastatica extraepatica al momento del trattamento o presenza di malattia extraepatica minima controllata e pericolo di vita per il pazienta causato dalla progressione della malattia epatica (5). I criteri di esclusione assoluti sono rappresentati da cirrosi epatica, ipertensione portale pregressa di malattia extraepatica significativa, condizioni generali scadute (ECOG Performace Status 3-4). Agente terapeutico In tutti i pazienti trattati il chemioterapico utilizzato e’ stato il Melphalan alle concentrazioni di 1.5 mg/kg di peso corporeo calcolato ideale. Il melfalan e’un agente alchilante bifunzionale (mostarda azotata)con azione irritante che agisce primariamente sul DNA legandosi alla base guanina.Non e’ ciclo specifico e la sua attività e’ strettamente dipendente dalla capacità di ingresso nelle cellule tumorali utilizzando il meccanismo di trasporto attivo degli L-aminoacidi. E’ un farmaco altamente tossico, noto gia’ agli inizi degli anni 50 ed impiegato per la cura del mieloma multiplo ed alcuni linfomi ed usato per via orale. La formulazione iniettabile e’ stata impiegata nella perfusione isolata degli arti (melanoma) e, recentemente, del fegato. La tossicità sistemica dose dipendente è uno dei limiti della somministrazione dei farmaci citotossici. La somministrazione di tali farmaci mediante perfusione ipertermica isolata del fegato permette di utilizzare alti dosi del farmaco che normalmente non sarebbero tollerate nella sede del tumore senza avere la tossicità sistemica relativa grazie alla tecnica di isolamento. I meccanismi che si vogliono mettere in atto attraverso l’utilizzo di tale metodica sono diversi ed operano in maniera sinergica: - potenziare l’effetto terapeutico del farmaco attraverso l’utilizzo di alte dosi - limitare gli effetti tossici attraverso l’isolamento del fegato - potenziare l’effetto antineoplastico del farmaco attraverso l’ipertermia, poichè operando a temperature elevate si provoca un danno diretto alla cellula tumorale per la sua incapacità funzionale di vascolarizzazione del tessuto tumorale di adattarsi all’aumento di temperatura aumentando il flusso sanguigno e quindi disperdendo calore - l’ipertermia provoca un aumento della permeabilità della membrana della cellula neoplastica che favorisce l’ingresso del farmaco antiblastico e quindi la sua azione - le temperature elevate impediscono una corretta duplicazione del DNA ed essendo le cellule tumorali a rapida replicazione è evidente che tale azione risulta particolarmente efficace - l’utilizzo della perfusione isolata per 1 ora permette un continuo ricircolo del melfalan con ulteriore uptake del farmaco da parte del tumore. Ad alte dosi il farmaco provoca insufficienza renale e malattia veno-occlusiva epatica. Gli unici effetti tossici riportati in letteratura in seguito ad utilizzo del farmaco per perfusione del fegato sono rappresentati da trombosi delle vene sovraepatiche (5) che non si sono manifestate nei 5 pazienti. Durante l’utilizzo del farmaco per perfusione epatica devono essere adottate tutte quelle misure precauzionali atte a prevenire o ridurre la possibilita’ di contaminazione accidentale con il farmaco. MISURE DI SICUREZZA Prima di effettuare gli interventi il Servizio di Farmacia ha formato il personale afferente alla Sala operatoria sull’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (Guanti per antiblastici in neoprene con spessore di 35mm e con polsino lungo, mascherina con filtro FP3 , Dispositivi Monouso in TNT per il personale e camici in TNT con rinforzi appropriati, kit di lavaggio oculare e spill kit per le procedure di emergenza in caso di spandimento accidentale). Particolare attenzione è stata prestata alle precauzioni necessarie per la corretta somministrazione dell’agente chemioterapico, per la corretta gestione dei reperti anatomici e per le idonee procedure di smaltimento dei rifiuti contaminati e del liquido usata per la per fusione isolata. Il personale è stato informato sulle azioni da intraprendere in caso di contaminazione accidentale dei guanti e/o della cute, di contaminazione oculare, di puntura accidentale con aghi contaminati. Il personale è stato fornito di procedure scritte e della scheda di sicurezza del farmaco. E’ stato inoltre necessario coordinare esattamente il tempo chirurgico con la preparazione del farmaco (allestito in maniera sterile sotto cappa a flusso laminare verticale classe II in ambiente controllato dedicato) poiché entro 60 minuti dalla ricostituzione con soluzione fisiologica deve essere completata la somministrazione a causa dell’instabilità del farmaco che si decompone rapidamente. Essendo un agente citotossico, può causare il cancro, è molto tossico per ingestione e provoca danni al feto per il suo effetto carcinogegenetico. Concentrazioni eccessive nell’aria possono causare diminuizioni di alcuni parametri ematologici a causa degli effetti che ha sul midollo. Altri effetti:nausea,irritazione gastrica,irritante per la mucosa,diarrea neurotossicità. Tali effetti sono amplificati in caso di elevati dosaggi del farmaco. STRUMENTARIO E MATERIALI Apparecchiature • • • • • Macchina cuore polmone con monitor per la rilevazione di pressione e tre temperature Pompa centrifuga Scambiatore di calore Macchina per ACT CDI 500 TERUMO (monitoraggio continuo dei parametri del sangue durante la per fusione) Materiale monouso • Custom pack per perfusione isolata con ossigenatore Terumo Capiox SX10 • 2 Aghi sonda da 15mm per la misurazione della temperatura del parenchima epatico • Custom pack per by-pass veno-venoso • Provette per ACT • Cuvetta e sensore per CDI 500 • Cannula arteriosa femorale Medtronic da 17 Fr x 18 cm modello CB96535-017 (per la vena femorale del by-pass veno-venoso del fegato) • Cannula arteriosa femorale Edwards Lifesciences 18 Fr. Modello D11FEM11018A (per la cannulazione della vena giugulare interna • Cannula venosa femorale 17 Fr x 50cm Medtronic modello 96600-017 (per la cannulazione della vena femorale controlaterale per il by-pass artero-venoso epatico • Connettore ¼ luer lock (per la connessione della linea arteriosa alla vessel cannula) • Vessel cannula da 4mm Medtronic modello 30005 (per la cannulazione dell’arteria Gastroduodenale) • Contenitore per il Wash Out Priming Circuito per il fegato isolato 1. attuare le procedure di controllo dei collegamenti elettrici, degli attacchi dell’acqua dello scambiatore di calore, controllare eventuali perdite di gas o malfunzionamenti meccanici. 2. lavaggio del circuito con CO2 a 4L/min per 5 minuti. 3. riempire il circuito con 1 litro di soluzione salina per "debollare" il circuito. 4. riscaldare il prime a 37 gradi. 5. aggiungere 300 ml di sangue autologo al prime del ciruito eliminando una quantita’ equivalente di soluzione salina e aggiungere 50 mEq di sodio bicarbonato. By-pass veno-venoso 1. aprire il pacco del circuito. 2. aggiungere 1litro di soluzione salina per il debollaggio. Anticoagulazione 1. eseguire un ACT di base 2. somministrare 300 unita’ per kg 3. aggiungere 2000 unita’ di eparina al prime 4. e’ necessario ottenere un ACT superiore a 400 secondi 5. l’ACT deve essere controllato ogni 15 minuti e riferito al chirurgo 6. utilizzare una curva di dose-risposta per le successive dosi di eparina ed il calcolo della protamina. 7. l’ACT sistemico deve essere superiore a 400 secondi 8. somministrare la dose di protamina dopo che lo avra’ richiesto il chirurgo 9. controllare il livello dell’ACT dopo 3 minuti dalla somministrazione. Tecnica Operatoria Dopo avere eseguito anestesia generale con intubazione orotracheale, l’anestesista posiziona un catetere in arteria radiale ed un catetere arterioso polmonare di Swan Ganz per il monitoraggio invasivo dei valori emodinamici. In vena giugulare (destra se possibile) si posiziona una cannula 18 F che servira’ per il ritorno venoso sovraepatico del by pass veno-venoso ( vedi materiali). E’ nostra abitudine infatti, anche durante il trapianto di fegato, eseguire l’incannulamento dei vasi per il by-pass veno-venoso per via percutanea ed utilizzare la vena safena all’inguine e la vena giugulare al collo. Tale pratica e’ associata ad una minore incidenza di complicanze nel post operatorio quali ad esempio linfocele. Con il paziente in decubito supino ed entrambe le braccia addotte si esegue una laparotomia sottocostale destra estesa sulla llinea mediana fino al processo xifoideo. Se l’esplorazione dell’addome e’ negativa per carcinomatosi peritoneale e malattia extraepatica significativa si procede a mobilizzare il fegato dalle connessioni legamentose. Si esegue poi una dissezione della vena cava per un tratto che va dalle vene renali alle vene sovraepatiche. Si legano tutti i rami venosi cavali nel tratto isolato compresa la vena surrenalica destra. La vena cava viene isolata anche a sinistra e a livello delle vene sovraepatiche. Viene poi sottopassata. Si procede quindi ad isolare l’arteria gastroduodenale e, previa arteriotomia, ad incannularla per un breve tratto fino all’arteria epatica comune. Una colecistectomia (per evitare colecistiti post trattamento) completa la dissezione dell’ilo epatico. Dopo aver somministrato eparina alla concentrazione di 300 mg/kg una cannula 18 F (lunghezza 50 cm) viene introdotta per via percutanea nella safena di destra ed avanzata fino allo sbocco delle vene sovraepatiche. Tale cannula viene collegata con la linea venosa di deflusso del circuito di perfusione isolata (By pass extracorporeo n. 1) Vedi fig 1. La linea arteriosa (inflow) del circuito di perfusione (by pass extracorporeo n.1) e’ rappresentata da una cannula collegata con il catetere introdotto in arteria gastroduodenale subito a valle dell’arteria epatica comune (clampata) e subito a monte dell’arteria epatica propria (Fig 1 ). Sempre per via percutanea si introduce una cannula 18F (lunghezza 18 cm) in vena safena sinistra. L’estremita’ distale di tale cannula viene posizionata subito al di sotto delle vene renali (fig 1). Tale cannula e’ collegata con il by pass veno-venoso con rientro in giugulare (By pass extracorporeo n.2) Vedi fig.1). A questo punto si inizia il by pass veno-venoso (vedi sotto) e si esegue l’esclusione vascolare totale del fegato. Un clamp vascolare viene posizionato a livello dell’ilo epatico occludendo arteria epatica comune (a monte dell’arteria gastroduodenale cateterizzata), vena porta e via biliare. La vena cava sottoepatica viene occlusa con un Rumel tourniquet assicurato attorno alla cannula intracavale. La vena cava sovraepatica viene occlusa con un clamp vascolare curvo del tipo usato per la chirurgia del trapianto di fegato (fig.1). L’unico afflusso al fegato e’ quindi rappresentato da catetere introdotto in arteria gastroduodenale e l’unico deflusso dal fegato e’ rappresentato dalla cannula posizionata subito al di sotto delle vene sovraepatiche. Questi due sistemi sono collegati alla pompa di perfusione (by pass extracorporeo n.1) (fig 1) e rappresentano il sistema di perfusione isolata del fegato. By pass veno venoso Rappresenta il by pass extracorporeo n. 2 (vedi fig 1) e consente, come durante un trapianto di fegato, il ritorno venoso dal distretto venoso cavale sottoepatico al distretto sovraepatico superando il clampaggio cavale. Il bypass veno-venoso inizia prima del clampaggio cavale venoso e si stabilizza ad un flusso di circa 1.8-3.0 litri al minuto. Perfusione Rappresenta il bypass extracorporeo n.1 ed e’ costituito da una pompa roller un ossigenatore a membrana ed uno scambiatore di calore ed ovviamente le cannule arteriosa (in arteria gastroduodenale) e venosa (in vena cava a livello delle sovraepatiche).la cannula sara’ connessa al circuito della perfusione epatica che e’ composta da una pompa roller, un ossigenatore a membrana, e uno scambiatore di calore. Il perfusato iniziale e’ composto da 700 ml di soluzione salina e 300 ml di sangue autologo )o una unita’ di sangue intero), 50 mEq di sodio bicarbonato vengono aggiunti per mantenere un pH di 7,32. Il flusso viene regolato per ottenere una pressione del circuito pari a 150-250 mmHg. Generalmente il flusso e’ compreso tra gli 800- 1200 ml/min. La temperatura del perfusato e’ regolata dallo scambiatore di calore ed ha lo scopo di raggiungere i 40º C all’interno del parenchima epatico. Dopo aver verificato il buon funzionamento e la tenuta del sistema di perfusione (pressione, flusso, temperatura) si inizia ad introdurre il melphalan nel sistema. Il melphalan viene somministrato attraverso una luer port prossimale al filtro arterioso per mezzo di una siringa da 60 ml preparata dal servizio di farmacia e recapitata alla sala operatoria dentro una confezione sigillata. La somministrazione puo’ essere effettuata manualmente o con una siringa elettrica di infusione opportunamente regolata per la somministrazione del farmaco in 5 minuti. Si controllano eventuali segni di ipersensibilita’ al farmaco e si mantiene la perfusione per 60 minuti. Fig. 1 Monitoraggio Durante la perfusione epatica diversi paramentri vengono monitorizzati (vedi Tabella 2) Il flusso ematico e’ mantenuto generalmente intorno ai 800-1200 ml/min. Il volume del reservoir deve mantenersi costante. Ogni variazione dello stesso (aggiunta di volume) viene comunicata tempestivamente al chirurgo. La pressione del circuito deve mantenersi intorno ai 150-250 mmHg. Aumenti della stessa indicativi di resistenze a livello dei vasi incannulati o di ostacolato deflusso a livello epatico o cavale devono essere immediatamente risolti. Ogni 15 minuti si esegue una emogas analisi ed un ACT ed i valori vengono comunicati al chirurgo. Tendiamo a mantenere livelli di pH intormo a valori fisiologici aggiungendo bicarbonato alla soluzione di perfusato ed un ACT > 400 secondi. La temperatura del parenchima epatico e’ registrata attareverso due aghi introdotti nel lobo destro e sinistro del fegato. Il costante riscontro di temperatura uguale nei due lobi epatici e’ indice di una perfusione omogenea del fegato. Sotto monitoraggio e’ anche la temperatura del sangue arterioso e dello scambiatore di calore. I parametri emodinamici del paziente vengono sorvegliati in stretta collaborazione con il chirurgo e l’anestesista. Il flusso del gas viene mantenuto generalmente intorno ai 500-1000 ml/min. Wash Out La procedura di lavaggio inizia al termine dei 60 minuti di perfusione dietro richiesta del chirurgo operatore. La procedura di lavaggio precede la deconnessione del circuito di perfusione (by pass extracorpporeo n.2). Si aggiungono 1500 ml di soluzione fisiologica al cardiotomo e si posiziona la linea di drenaggio in un contenitore apposito. Viene chiusa la linea venosa "canalizzando" il perfusato nel contenitore e quando tutta la soluzione fisiologica e’ stata eliminata si aggiungono 1000 cc di Voluven A questo punto si comunica al chirurgo la fine della procedura di wash out e se ritenuto necessario si aggiunge altro liquido( es.: se il perfusato refluo non e’ abbastanza chiaro). Il chirurgo apre per alcuni secondi il clamp all’ilo epatico e permette cosi’ al sangue di eliminare il farmaco eventualmente presente nel sistema portale di essere eliminato. Terminata la procedura di wash out il chirurgo decannula l’arteria gastroduodenale rimuove i clamp vascolari (nell’ordine vena cava superiore vena cava inferiore e flusso portale). I circuiti extracorporei vengono interrotti e le cannule introdotte per via percutanea vengono rimosse. RISULTATI In tutti i 5 pazienti operati non abbiamo osservato complicanze intraoperatorie legate alla tecnica di perfusione. La mortalita’ perioperatoria e’ stata nulla. Le complicanze registrate sono state tutte di tipo chirurgico (vedi Tabella 3). La procedura di perfusione isolata e’ stata realizzabile in tutti i casi. In due pazienti anomalie vascolari hanno richiesto brevi varaizione della tecnica operatoria. In un paziente (caso n. 3) una trombosi dell’arteria epatica propria dovuta ad un pregresso cataterismo percutaneo per chemioterapia locoregionale ha impedito la perfusione del fegato attraverso l’arteria gastrodueodenale e si e’ ricorsi alla cannulazione dell’arteria epatica sinistra accessoria. Nel secondo paziente (caso n. 4) la presenza di un’arteri epatica destra accessoria ma di notevole calibro ci ha costretto a perfondere il fegato attraverso le due arterie e per far cio’ abbiamo utilizzato un connettore ad Y. I parametri monitorizzati sono rientrati nei valori prefissati e il loro mantenimento ha richiesto solo minime correzioni (aggiunta di bicarbonati, aumento del flusso etc) La durate media dell’intervento e’ stata di 6 ore. La degenza media in ospedale e’ stata di 7 giorni. 4 pazienti su 5 hanno avuto valori di bilirubinemia nel post-operatorio non superiori a 2.5 mg/dl e valori di citolisi (AST-ALT) non superiori a 1000. Un paziente (caso n.3) ha manifestato segni clinici e di laboratorio di modesta insufficienza epatica con valori di bilirubinenia uguali a 14 mg/dl. Esami TAC e RMN sono stati condotti in tutti i pazienti a distanza di trenta giorni dalla procedura ed in tutti i pazienti si e’ dimostrata una risposta parziale al trattanmento intesa come riduzione (diametro verticale e-o orizzontale) del volume delle lesioni ripetitive. A distanza di sei mesi eseguiremo ulteriore controllo radiologico delle metastasi. DISCUSSIONE La tecnica di perfusione epatica isolata ipertemica qui descritta ricalca quella eseguita presso il D. Koch Regional Perfusion Cancer Therapy Center di Pittsburgh affiliato con l’University of Pittsburgh Medical Center. La tecnica ha subito modifiche nel tempo ed e’ stata semplificata notevolmente. Alcuni Autori (5-6) infatti, eseguono bypass portale in associazione al bypass veno-venoso e monitorizzano durante la perfusione del fegato la possibilita’ di perdita del farmaco nella circolazione generale, grazie ad albumina umana serica marcata con ioidio radioattivo. Basandoci sulla nostra esperienza di centro trapianti di fegato e sull’esperienza dei colleghi del centro di Pittsburgh abbiamo iniziato questo programma senza eseguire bypass venoso portale e senza monitorizzare il circuito di perfusione per la possibilita’ di un leak (perdita) del farmaco somministrato. La tecnica risulta piu’ agevole e studi farmacocinetici hanno dimostrato la sovrapponibilita’ delle due tecniche riguardo alla sicurezza (comunicazione personale del dr. Bartlett). L’assenza di nefrotossicita’, mileotossicita’ ed altri effetti collaterali nei nostri pazienti dimostra i clampaggi vascolari ed il sistema di perfusione impediscano al farmaco di sfuggire nella circolazione generale. La dose di melphalan utilizzata, pari ad 1.5 mg/kg di perso coroporeo, e’ una dose sicura ed al di sotto di quei dosaggi riportati in letteratura come causa di occlusione venosa epatica (5). Uno dei cinque pazienti (caso n.3) ha manifestato un quadro di insuffcienza epatica con elevati valori di bilirubinemia e transaminasemia. Questo paziente ha sviluppato una grossa necrosi epatica come conseguenza di una ridotta perfusione dell’emifegato di destra. Il motivo di questa ridotta perfusione e’ da ricercarsi nella trombosi dell’arteria epatica propria. Il cannulamento dell’arteria epatica di sinistra accessoria non ha infatti garantito una omogena distribuzione della miscela di perfusione a tutto il parenchima epatico ed ha esitato in una massiva lisi del parenchima epatico. Lo scopo di aggiungere sangue e ossigeno al liquido di perfusione e’ prorpio quello di prevenire una necrosi massiva del fegato durante i 60 minuti del trattamento periodo durante il quale il fegato e’ isolato dalla sua vascolarizzazione. Piu’ specificatamente, un indizio della non omogenea distribuzione del liquido di perfusione si era potuto cogliere durante il trattamento del paziente n.3 quando la temperatura del lobo di destra ha raggiunto i valori desiderati in ritardo rispetto al lobo di sinistra. Raccomandiamo di studiare attentamente l’anatomia vascolare del fegato nel pre operatorio dei pazienti da sottoporre a trattamento IHP. Tutti gli altri pazienti hanno avuto solo un modico rialzo dei valori di funzionalita’ epatica. Il versamento plerurico e’ una complicanza pressoche’ costante in tutti i pazienti ed e’ dovuta a fenomeni aderenziali tra il diaframma e le metastasi epatiche sempre presenti in questo tipo di pazienti. Come strumentario abbiamo adottato quello a disposizione presso il nostro centro dove si eseguono di routine interventi di cardiochirurgia e trapianti di fegato. Il materiale di consumo (cannule specialmente) va ordinato La curva di apprendimento per un perfusionista che esegue circolazione extracorporea di routine (sia essa cardiochirurgia o bypass veno-venoso) e’ di pochi casi e la tecnica e’ facilemente riproducibile nei centri dove chirurgia epatica e circolazione extracorporea sono praticati. Ovviamente tutto il personale centro (medico e paramedico) deve avere familiarita’ con il paziente epatopatico per poter far fronte agevolmente alle problematiche cliniche che possono insorgere nel postoperatorio. Sebbene la nostra esperienza e’ applicata solo a pochi casi possiamo trarre delle conclusioni riguardo la metodologia e tecnica da noi applicata. La IHP rappresenta una tecnica di trattamento palliativo delle metastsi epatiche non resecabili sicura ed affidabile. Se eseguita con criteri rigorosi e le indicazioni al trattamento rispettano criteri ben definiti, la mortailita’ operatoria e’ assente o riconducibile a valori bassissimi. Trattandosi infatti di un trattamento palliativo non sono accettabili valori di mortalita’ e morbilita’ simili a quelli che si registrano in interventi resettivi maggiori con intenti curativi. L’utilizzo di nuovi farmaci (quali ad esmpio oxaliplatino e TNF) nella pratica clinica permettera’ di raggiungere risulati migliori in termini di risposta efficace (riduzione del numero e volume e del numero delle metastasi) e allargare le indicazioni a questo trattamento. E’ una tecnica nuova applicata ancora in pochissimi Centri in Italia ma in veloce crescita e presto dovra’ far parte del bagaglio tecnico di ogni perfusionista. TABELLA 1 Caratteristiche dei pazienti sottoposti a trattamento IHP presso l’IsMeTT Paziente 1 Paziente 2 Paziente 3 Paziente 4 Paziente 5 Sesso F Eta’ 27 Tumore primario Mammella ECOG* 2 Melfalan 100 mg M 29 Colon sinistro 1 80 mg M 43 Colon sinistro 1 120 mg F 45 Colon o sinistro 1 85 mg M 60 Colon sinistro 2 120 mg * Eastern Conference Oncologic Group Perfomance Status. TABELLA 2 Parametri monitorizzati durante la perfusione ipertermica del fegato. • • • • • • • • • • • Flusso ematico Volume del resorvoir Resistenze nel circuito Valori emogasanalitici Act Temperatura del parenchima epatico Temperatura del sangue arterioso Pressione arteriosa Pressione venosa centrale Pressione polmonare arteriosa Flusso gas La tabella mostra i parametri che vengono monitorizzati durante i 60 minuti di perfsusione ipertemica isolata del fegato. TABELLA 3 Complicanze registrate nei pazienti sottoposti a IHP Intraoperaorie: Impossibilita’ di incannulazione dell’arteria epatica: 1 Post-operaorie: Versamento pleurico Modesta insufficienza epatica Relaxatio diaframmatica 5 1 1 La tebella mostra le complicanze intra e post operatorie osservate nei 5 pazienti sottoposti a IHP presso l’IsMeTT BIBLIOGRAFIA 1. De Vita V, Hellmann S, Rosenberg S: Cancer Principles and Practice of oncology. 7th edition 2004 LippincottWilliams and Wilkins Philadelphia 2. Scheele J, Stang R, Altendorf-Hofmann A et al: Resection of colorectal liver metastases. World Journal of Surgery 1955: 19: 59. 3. Ausman RK: Development of a technique for isolated perfusion of the liver. NY State J Med 1961. 61: 3393. 4. Oken MM, Creech RH, Tomey DC et al: Toxicity and response criteria of the Eastern Cooperative Oncology Group. Am J Clin Oncol. 1982 5: 649 5. 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