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Distinguere un diamante naturale da uno sintetico, scoprire a cosa

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Distinguere un diamante naturale da uno sintetico, scoprire a cosa
A SCUOLA
DI GEMME
O
Prima e dopo. Dall’alto:
un diamante grezzo,
con un frammento di lava.
Un diamante di 5,46 carati
osservato attraverso il
lentino. Nella pagina
accanto, dall’alto:
orecchini pendenti Tulle,
della collezione Opera,
in oro bianco, con 260
diamanti taglio brillante
da 6,01 carati, e due
diamanti taglio smeraldo,
da 1 carato, Buccellati
(prezzo su richiesta).
Anello Bague
carismatique, collezione
Les Talismanes, in oro
bianco, con 314 diamanti
taglio brillante, al centro
tanzanite blu, taglio
Sugarloaf, 4 zaffiri blu e 4
zaffiri viola, taglio
barocco, Chanel Joaillerie
(85.000 €).
66
tto ore per apprendere tutto quello
che c’è da sapere su diamanti naturali,
sintetici, carati, tagli e gemme di
colore. È l’obiettivo del corso “Le
domande da porre per un acquisto
consapevole”, workshop che Geci,
Gemological Education Certification
Institute di Milano, ha studiato
appositamente per How to spend it. E
io oggi sono qui per imparare. Alla fine della giornata, non
saprò distinguere a occhio nudo un diamante vero da
un’imitazione, ma imparerò a destreggiarmi in viaggio, in
un negozio d’antiquariato, durante un’asta.
Nato due anni fa, Geci fa già parte dei big six, la rosa dei
più importanti certificatori mondiali di gemme preziose,
ma forma anche gemmologi. Il mio insegnante sarà Fabio
D’Amico, ceo e direttore educativo dell’istituto. «È un
mercato che vale milioni di euro e in cui se ne investono
altrettanti per scoprire nuovi giacimenti, ma le leve che
spingono l’acquisto di un diamante sono e rimangono
emozione e passione», racconta. E i dati parlano da soli:
«L’80 per cento delle vendite di gioielli nel mondo è
legata ai diamanti», continua.
Prima lezione: «Quando si compra una gemma,
bisogna sempre chiedere il certificato, una sorta di carta
d’identità. Esiste per i diamanti e per le pietre di colore»,
precisa D’Amico. Ecco, penso, chissà quante imitazioni di
pietre preziose ho tra i miei anelli e collane, comprati
come veri durante i viaggi all’estero.
Dopo questa premessa, il corso comincia
sul serio. Partiamo dalle nozioni
scientifiche. «Il diamante è un
cristallo naturale, composto da
atomi di carbonio. Si è
formato in una sorta di
girone dantesco, a 200 km
di profondità della crosta
terrestre, dove la
pressione e il calore sono
altissimi. Ma solo un
caso fortuito l’ha portato
in superficie:
un’eruzione vulcanica di
tipo kimberlitica, in
pochissimi minuti»,
prosegue D’Amico. Eccone
spiegata la rarità. Non basta:
«Di tutti i camini kimberlitici
del pianeta (50/60 mila), solo il 10 per cento ha diamanti
e non sono tutti sfruttabili». Quelli che si usano in
oreficeria sono di qualità gemma, spiega. I principali Paesi
produttori sono Sudafrica, Botswana, Australia, Brasile,
Canada. E come tutte le risorse naturali, non sono
infinite. «Basti pensare che al mondo esistono solo 20
diamanti rossi e uno porpora». Un numero che mi lascia
stupefatta: si contano sulla punta delle dida.
La magia e il fascino dei diamanti deriva dal modo in
cui reagiscono alla luce: «Pulsano energia, emanano
lampi di luce bianca e colorata. I raggi entrano dalla
corona e sono riflessi dalle pareti interne del padiglione».
Fino a qui, è tutto chiaro. Le cose però si complicano,
perché da un anno in commercio si trovano anche
diamanti sintetici, creati in laboratorio dall’uomo. «Prima
capitava raramente, perché i prezzi per produrli erano
proibitivi. Poi si sono abbattuti, per i progressi
tecnologici». E ora si stanno diffondendo, soprattutto in
America e in Asia: costano meno, sono ugualmente belli e
in più sono etici e sostenibili. Il problema però sono quelli
diffusi illegalmente: «Il 30 per cento dei lotti di diamanti
naturali, al di sotto dei 0,30 carati, sono, in realtà,
sintetici. Un diamante sintetico di 0,5 carati può costare
20 euro, l’analisi per accertarne la natura 150/200 euro».
Questa è la prima ragione per cui bisogna pretendere il
certificato, quando si compra un gioiello. Le altre hanno a
che vedere con le famose 4C, parametri che definiscono il
valore commerciale della gemma. «Sono: carat (carati);
clarity (purezza); cut (taglio); (colour) colore». Entriamo
nel vivo della lezione, queste sono le informazioni da
memorizzare, che mi saranno utili al prossimo acquisto.
I carati corrispondono al peso: 1 carato equivale a 0,200
grammi ed è suddiviso in 100 punti. «Il peso più venduto
è 0,30 carati, 30 punti. Sotto i 0,17 carati si chiamano
Melée e si usano per i pavé, taglio singolo. Il prezzo dei
diamanti è esponenziale al peso».
La purezza indica la mancanza di imperfezioni, ma guai
a pronunciare quel termine, mi avverte D’Amico. I difetti
del diamante hanno dei nomi poetici: piume (venature e
fratture interne), inclusioni (presenza di segni), nuvole
(altri cristalli inclusi). Meno inclusioni ci sono, interne ed
esterne, più è puro. «La scala internazionale va da flawless
a I3. Per essere flawless non deve avere nessuna
inclusione. Esistono pochi esemplari di questo tipo e chi li
ha, li tiene ben stretti, perché valgono il doppio degli
altri». Fra i più celebri: il Centenary Diamond con cui la
DeBeers ha celebrato il suo centenario, 273 carati, e il
Millennium Star, diamante di 203 carati. Parliamo di pietre
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PATRICK LANDMANN/GETTY IMAGES, FRANCOIS LENOIR/REUTERS/CONTRASTO
Distinguere un diamante naturale da uno sintetico, scoprire a cosa
corrisponde un carato, riconoscere un taglio baguette da un fancy cut. Per
diventare esperti di gioielli, siamo andati a lezione. Con uno scopo: comprare
meglio e imparare a fare le domande giuste. Di Loredana Saporito
grandi quasi come il palmo di una mano: cerco di
immaginarne la dimensione. Sarebbe un sogno poterli
tenere in mano e sentire il peso di tanta perfezione.
Anche per valutare il colore c’è una scala, che va da D a
Z e si usa per i diamanti incolori, gialli, marroni e grigi. Poi
ci sono i diamanti colorati, detti fancy solo se di origine
naturale. «Se sintetici, si dice semplicemente colorati. La
presenza di altri elementi chimici, oltre il carbonio,
produce tonalità diverse. Per esempio, se ci sono tracce di
boro, è blu». Per stabilire il colore si usa uno strumento
chiamato lampada fluorescente. «L’Hope diamond è uno
degli esemplari più leggendari della storia: quasi tutti
coloro che l’hanno posseduto sono morti», fra cui Maria
Antonietta e Luigi XVI. «È blu scuro, ma emette una
Scala colore. Orecchini
in oro bianco e platino,
con 2 zaffiri blu,
6 smeraldi, 2 smeraldi
e 2 diamanti ovali,
Bulgari High Jewellery
(prezzo su richiesta).
Certosino. Dall’alto:
ricerca di diamanti fra
pietre grezze. Un
momento della lezione
presso Geci. Anello
Fleurs D’Opales, in oro
bianco e titanio,
con tsavorite, zaffiri,
diamanti marroni,
lazaliti e un opale nero
di 20 carati, Chopard
(prezzo su richiesta).
esempio, il rubino è composto da alluminio e ossigeno,
ma il colore è dato dal cromo. Il mercato è il 10 per cento
di quello dei diamanti e le tre superstar più vendute sono
rubino, smeraldo e zaffiro. Se per i diamanti, la bellezza è
legata a come reagiscono alla luce, qui dipende dal colore.
Ci sono anche varietà meno conosciute, come lo sfene,
molto raro e costoso. «L’esclusività però può essere
controproducente. Aumenta il valore, ma allontana il
pubblico. “Per quel prezzo, mi compro un diamante”, è il
pensiero comune». Infatti, penso, spesso nei gioielli le
gemme di colore sono accompagnate da diamanti.
L’origine geografica è importante, perché determina il
colore e quindi il valore. Il Myanmar è la zona di
provenienza più importante per il rubino, ma anche
Thailandia, Vietnam, Cambogia, Afghanistan e l’Africa
La gemma dei record? Il Centenary Diamond,
un diamante di 273 carati, grande quasi come
il palmo di una mano, che eccelle per purezza
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umani non si limitano al design. Le
gemme vengono manipolate, in
laboratorio, per nascondere le imperfezioni inclusioni - e migliorare il colore. Sono operazioni fatte
per perfezionare visivamente la gemma, ma non il valore,
che rimane quello antecedente alle modifiche. D’Amico
insiste su questo punto: bisogna fare molta attenzione e
richiedere il report: qualunque tipo di modifica deve
essere indicata. Ovviamente, «solo l’analisi al microscopio
della gemma permette di distinguerla dalle imitazioni e
scoprire se sono stati fatti degli interventi artificiali».
Questo è un tema molto sentito, anche per le gemme di
colore, altro mondo vastissimo e ancor più pieno di
insidie. Come per i diamanti, racconta D’Amico, quasi la
totalità dei rubini e degli zaffiri è trattata in laboratorio,
per rendere più intenso il colore. Quindi, attenzione.
L’altra cautela da avere è per i nomi, perché spesso si
usano termini ambigui, che creano confusione e falsano il
valore percepito. «Quello venduto come “diamante
dell’Alaska” o diamante nero è hematite. Lo smeraldo di
seta è un peridoto, non c’entra con gli smeraldi, e quello
chiamato water sapphire è iolite, non zaffiro», precisa.
La maggior parte delle gemme di colore sono di origine
minerale, composte da atomi di elementi diversi. Per
sudorientale. Per lo smeraldo: Colombia, Brasile, Zambia
e Zimbabwe. Il Kashmir era celebre per gli zaffiri, ma oggi
il filone è esaurito. Ora provengono da: Madagascar, Sri
Lanka, Myanmar, Thailandia, Cambogia, Australia e
Sudafrica. A differenza dell’industria dei diamanti, che dal
Duemila ha elaborato una certificazione etica, il Kimberly
Process, per controllare la filiera, quella delle gemme di
colore è più arretrata. C’è ancora molto lavoro da fare.
La teoria è finita. Uno sguardo veloce ai cosiddetti amici
del gemmologo - luce nordica, pinzetta, lentino - per
osservare da vicino alcune gemme e diamanti e poi di
corsa a casa. Per guardare con occhi nuovi i miei gioielli.
PERCORSI SU MISURA
GECI, via delle Asole 2, tel. 02 84980022, www.geci-web. L’offerta
formativa va dal master in Gem & Jewelry ai corsi on demand.
Effettua analisi di laboratorio anche ai privati. Il prezzo varia a
seconda del peso del diamante e dell’analisi richiesta. Se la gemma
è montata, l’indagine è limitata. INFORMARSI Per avere un’idea
(non ufficiale) delle quotazioni dei diamanti: www.rapnet.com
e www.idexonline.com/index.aspx. COMPRARE Chanel Joaillerie,
www.chanel.com. Buccellati, www.buccellati.com. Bulgari,
www.bulgari.com. Chopard, www.chopard.it.
how to spend it
BAZ RATNER/REUTERS/CONTRASTO, COURTESY GECI
fluorescenza rossa intensa, che
persiste anche dopo lo spegnimento
della lampada». L’ultimo proprietario, il
gioielliere Harry Winston, l’ha donato allo
Smithsonian Institute di Washington. Mi metto nei suoi
panni e penso che sia stata una scelta molto saggia. Lo
annoto come meta per il prossimo viaggio negli Usa.
L’ultima delle 4C è il taglio, operazione delicatissima,
perché trasforma il cristallo in una gemma lucida e
brillante, senza romperla o rovinarla. «Viene eseguita da
tagliatori esperti», sottolinea D’Amico. «I 4 centri
principali sono: New York, Tel Aviv, Mumbai, Anversa.
Alcuni lavorano ancora manualmente, altri con l’ausilio di
macchine». Il taglio più noto è quello brillante, con 57
faccette, che esalta la perfezione e la bellezza della
gemma, tanto che nel linguaggio comune è sinonimo di
diamante. Poi ci sono: smeraldo, marquise, goccia, cuore,
fancy cut, baguette. Ma la ricerca non si ferma. «Gli
ultimi nati sono il Quadrillion, con i lati squadrati, e Idea
Square, attualmente molto in voga. È l’unica forma
fantasia paragonabile, come resa, al taglio brillante».
Facciamo una pausa, ne approfitto per rivedere tutte le
informazioni da immagazzinare.
Riprendiamo da un argomento spinoso: gli interventi
Fly UP