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Relazione Intermedia (febbraio 2013)

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Relazione Intermedia (febbraio 2013)
Autorità di Bacino Interregionale
del Fiume Magra
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica
Studio dei processi idrologici, idraulici e geomorfologici e della pericolosità ad essi
associata nel bacino del Torrente Pogliaschina (Val di Vara, Provincia della Spezia)
Stato di avanzamento intermedio (febbraio 2013)
Lorenzo Marchi1, Marco Cavalli1, Francesco Comiti2, Ana Lucía Vela2, Alessia Viero1
1
2
CNR IRPI Padova
Libera Università di Bolzano, Facoltà di Scienze e Tecnologie
1. Articolazione delle attività e cenni metodologici
Come previsto dall’accordo di contributo alla ricerca in essere fra l’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume
Magra ed il CNR IRPI, lo studio del bacino del torrente Pogliaschina si articola nelle seguenti attività:
1. raccolta ed analisi delle informazioni disponibili (cartografia topografica e tematica, modelli digitali del
terreno, dati idrometeorologici, documenti relativi alla pianificazione di bacino);
2. ricostruzione dell’evento alluvionale del 25 ottobre 2011;
3. caratterizzazione della risposta idrologica del bacino, dei fenomeni erosivi e di instabilità dei versanti e
dei processi di alimentazione e trasporto del legname;
4. indicazioni per la gestione del bacino e la mitigazione del rischio.
Mentre l’attività di raccolta delle informazioni disponibili (1) si pone come preliminare e la definizione di
indicazioni gestionali (4) rappresenta la fase conclusiva dello studio, le restanti due attività non sono
temporalmente successive fra loro e, di fatto, vengono sviluppate contemporaneamente.
Merita di essere sottolineato il carattere multidisciplinare dello studio, che vede la partecipazione di
competenze afferenti all’idrologia, alla geologia delle frane, alla geomorfologia, alla geomatica ed allo studio
delle interazioni fra vegetazione e processi di dinamica fluviale. Quest’ultimo aspetto è di particolare rilevanza
in ragione del ruolo assunto dal legname in occasione della piena del 25 ottobre 2012 (nel Pogliaschina come in
altri corsi d’acqua del bacino del fiume Magra, non esclusi i maggiori). Nello sviluppo dello studio si è inteso
conseguire un’effettiva integrazione delle competenze coinvolte, evitando una mera giustapposizione di
contributi provenienti da discipline diverse
1
1.1 Ricostruzione delle portate di picco e dello sviluppo della piena
Nel caso di piene improvvise (flash flood) le scale spaziali coinvolte sono tali che solo raramente i bacini
interessati sono dotati di stazioni per la misura dei deflussi. Anche quando tali stazioni sono presenti, non è
raro il caso che vengano danneggiate dai deflussi di piena nelle fasi più intense dell’evento, ciò che spesso
limita le registrazioni alla fase iniziale della piena. Si può osservare, incidentalmente, che analoghe
considerazioni riguardo all’inadeguatezza della densità della rete di misura valgono per le precipitazioni: i forti
gradienti spaziali delle piogge responsabili dell’innesco delle piene improvvise rendono problematica la
rappresentazione dei campi di precipitazione mediante i soli dati registrati dalle reti di pluviografi ed
enfatizzano l’importanza delle registrazioni dei radar meteorologici (Borga et al., 2008).
L’impossibilità di valutare la risposta di piena mediante dati registrati dalle stazioni di misura dei deflussi rende
necessario l’impiego di metodi indiretti per la determinazione delle portate di picco. Tali metodi, ben noti nella
pratica idrologica ed oggetto, anche recentemente, di numerosi studi (ad esempio: Webb e Jarett, 2002, Costa
e Jarrett, 2008; Gaume e Borga, 2008; Marchi et al., 2009), consistono, essenzialmente, nel rilievo topografico
di sezioni dei corsi d’acqua interessati dalle piene e nell’applicazione di formule dell’idraulica. Più in particolare,
sono oggetto di rilievo le sezioni trasversali, il fondo dell’alveo ed i punti sulle sponde corrispondenti al
massimo livello della piena (flood marks o high water marks). Mentre le operazioni di rilevo sono relativamente
semplici, notevole esperienza e sensibilità è richiesta nella scelta dei tratti d’alveo in cui effettuare i rilievi, che
devono essere rettilinei e non interessati da apporti di affluenti, nel riconoscimento dei livelli raggiunti dalla
piena e nella scelta del coefficiente di scabrezza da utilizzare nella determinazione della velocità della corrente.
Il metodo applicato, denominato in inglese slope conveyance (Gaume, 2006) si basa sull’applicazione della
formula empirica di Manning–Strickler, sotto l’assunzione di condizioni di moto uniforme (pendenza della linea
dell’energia Sf uguale alla pendenza del fondo dell’alveo S):
(1)
(2)
dove V è la velocità media della corrente, Q la portata (m /s), A l’area della sezione bagnata (m2), R il raggio
idraulico (R = A/P, dove P è il perimetro bagnato in m) e K è il coefficiente di scabrezza di Strickler, i cui valori
dipendono dalle caratteristiche della sezione del corso d’acqua.
3
Per la rappresentazione grafica dei dati e per il calcolo delle variabili richieste per la determinazione della
velocità della corrente e della portata di picco è stato utilizzato un template per MS Excel, sviluppato
nell’ambito del progetto europeo HYDRATE (www.hydrate.tesaf.unipd.it).
A titolo di esempio si riportano nella figura 1.1 i grafici che presentano i dati topografici rilevati per la
ricostruzione della portata di picco: la linea della pendenza dell’energia e del fondo dell’alveo e la sezione
trasversale.
2
Fig. 1.1. Esempio della rappresentazione grafica dei risultati di rilievi topografici per la ricostruzione delle
portate di picco: profilo longitudinale (linea dell’energia e fondo dell’alveo) e sezione trasversale.
Parallelamente alla ricostruzione delle portate di picco, si è proceduto alla documentazione degli aspetti
fenomenologici della piena e della sua evoluzione temporale. L’evoluzione temporale dell’evento viene
ricostruita attraverso la raccolta di documentazione (rapporti tecnici, eventuali pubblicazioni curate da enti
locali, video reperiti in rete) e mediante interviste a testimoni dell’evento.
1.2 Trasporto di legname e variazioni morfologiche degli alvei
L’analisi della piena ha strette connessioni con lo studio della dinamica del legname e con l’evoluzione
morfologica degli alvei. Questi due aspetti sono, a loro volta, strettamente connessi fra loro.
La quantificazione degli apporti di legname alla rete idrografica e del trasporto dello stesso da parte dei deflussi
di piena si è basata su rilievi di terreno e su analisi GIS (Tab. 1.1). I rilievi di campagna del legname, condotti
suddividendo gli alvei principali in tratti aventi caratteristiche morfologiche il più omogenee possibili, hanno
mirato al riconoscimento delle zone di alimentazione e ad una quantificazione – seppure approssimata - dei
volumi di materiale legnoso presenti in alveo depositati durante l’evento. Contestualmente al rilievo di terreno
del legname, per gli stessi tratti sono stati condotti rilievi speditivi sull’evoluzione morfologica degli alvei
associata all’evento di piena, ed è stata misurata la loro pendenza del fondo. Tramite fotointerpretazione di
immagini aeree georiferite in ambiente GIS è stato possibile valutare l’allargamento degli alvei causato da tale
evento, tuttavia con l’incertezza dovuta all’impossibilità di individuare correttamente dalle foto aeree le
sponde prima dell’evento, a causa della fitta copertura arborea. Questa analisi è stata condotta soltanto nei
3
tratti della rete idrografica per i quali sono disponibili fotografie aeree precedenti e successive alla piena del 25
ottobre 2011.
Sono state inoltre acquisite le valutazioni volumetriche effettuate dalla Provincia di La Spezia (Ufficio Difesa del
Suolo) sul materiale legnoso accatastato subito dopo l’evento e non più presente al momento dei rilievi, al fine
di ricostruire più fedelmente i volumi legnosi depositati lungo gli alvei e presso l’abitato di Borghetto di Vara.
Tab. 1.1. Sommario delle attività svolte per l’analisi del trasporto di materiale legnoso grossolano.
Osservazioni di terreno
Suddivisione del corso d’acqua in tratti di caratteristiche morfologiche omogenee
Valutazione delle variazioni verticali dei tratti (erosione/equilibrio/deposito)
Stima speditiva delle quantità di materiale legnoso depositato nei singoli tratti
Valutazione di altezza e caratteristiche degli accumuli di materiale legnoso (large wood jam)
Analisi GIS
Determinazione delle variazioni planimetriche degli alvei
Riconoscimento delle aree di alimentazione di materiale legnoso (boschi della pianura alluvionale erosi durante
la piena e frane su versanti boscati) e determinazione dei relativi volumi legnosi coinvolti attraverso
provvigione media fornita dal Corpo Forestale dello Stato
1.3 Mappatura dei fenomeni franosi innescati dall’evento alluvionale del 25 ottobre 2011
Al fine di realizzare un database cartografico dei fenomeni franosi avvenuti nel bacino del torrente Pogliaschina
è stato sviluppato un progetto GIS entro cui sono stati caricate le basi dati per effettuare una
fotointerpretazione 2D da foto aeree. In particolare sono stati analizzati:
- dati provenienti dal Sistema Informativo regionale della Liguria (carta tecnica regionale in formato raster alla
scala 1:10.000, Digital Elevation Model (DEM) con risoluzione 10 m derivato da cartografia tecnica, ortofoto a
colori anno 2006 Volo Italia;
- dati provenienti dai rilievi aerei post-evento : (a) Foto aeree rilevate il giorno 28 ottobre 2011 dalla Regione
Liguria; (b) foto aeree acquisite contestualmente al rilevo LiDAR della Protezione Civile della Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia in data 28novembre 2011. Entrambi i rilievi coprono solo parzialmente il
bacino del Pogliaschina (Fig. 1.2);
- database fenomeni di dissesto idrogeologico del bacino del fiume Magra innescati dall’evento 25 ottobre
2011, basato sui rilievi effettuati da personale di ricerca dell’Università di Pisa.
Come prima fase di lavoro si è proceduto all’omogeneizzazione dei livelli informativi provenienti da fonti
differenti attraverso la definizione dei sistemi cartografici di riferimento, e, nel caso di livelli informativi non
georeferiti, quali le foto aeree post-evento del volo 28/10/11, alla loro correzione geometrica. Quest’ultima
procedura è stata condotta mediante gli strumenti di georeferenziazione implementati nel software ArcGIS 10.
Per la georeferenziazione delle foto aeree sono stati utilizzati punti di controllo ben definiti come incroci
stradali e spigoli di tetti, in modo tale da assicurare la corretta proiezione del punto del raster sul dataset di
riferimento (ortofoto anno 2006).
La georeferenziazione si basa su una funzione di interpolazione da cui dipende il numero di punti di controllo
utilizzati: per questo lavoro sono stati scelti non meno di cinque punti controllo, permettendo l’utilizzo di una
funzione polinomiale di primo ordine, che assicura la minor distorsione tridimensionale del raster. Attraverso il
controllo dello scarto quadratico medio associato alla funzione di interpolazione scelta si può valutare
iterativamente il numero di punti di controllo che meglio soddisfa la georeferenziazione.
4
(b)
(a)
Fig. 1.2. Mappe del Bacino Pogliaschina con sovrapposti i livelli informativi per la georeferenziazione dei
fenomeni franosi: a) copertura del volo della Regione Liguria del 28/10/11; b) copertura del volo della
Regione Friuli Venezia Giulia del 28/11/11.
La georeferenziazione delle foto aeree post-evento del 28/10/11 è stata per taluni fotogrammi difficoltosa
perché la scelta dei punti di controllo non sempre ha garantito una distribuzione omogenea degli stessi a causa
dell’estesa copertura vegetale nell’area del bacino. Si consideri inoltre che un’immagine digitale acquisita da
sensori aviotrasportati presenta delle distorsioni dovute a molteplici fattori (variazioni nella quota di
acquisizione, variazioni nella velocità del mezzo che ospita il sensore, effetti panoramici, curvatura terrestre,
rifrazione in atmosfera, topografia), per cui maggiore è il numero dei punti di controllo utilizzati minore è la
distorsione risultante. Queste problematiche non sono emerse per le foto aeree associate al rilievo LiDAR del
28/11/11 perché già ortorettificate sulla topografia derivata dal rilievo stesso.
Successivamente alla georeferenziazione si è proceduto al confronto delle foto pre (ortofoto 2006) e postevento (foto aeree 28/10/11 e 28/11/11) per verificare la presenza di dissesti innescati dall’evento meteorico
del 25/10/11. Si è assunta come rappresentativa delle condizioni geomorfologiche territoriali pre-evento
l’ortofoto del 2006 in quanto evidenzia la medesima condizione geomorfologica di generale stabilità che
emerge dalla foto aerea più recente ma di minor qualità disponibile con il software freeware Google Earth
(http://www.google.com/earth/index.html ) datata 20/07/2011. Tra le immagini post-evento, le foto
georeferite sulla base della procedura sopra indicata, seppur più distorte, sono risultate anche le foto con la
minore ombreggiatura e la più ampia banda cromatica. Sono state perciò utilizzate per identificare le aree in
frana e per classificare il tipo di dissesto. L’uso combinato delle foto aeree post-evento del volo 28/11/11, che
verificano le condizioni di minima distorsione geometrica da georeferenziazione, ha permesso di ubicare e
perimetrare con precisione i poligoni di dissesto. Queste immagini, inoltre, pur non possedendo la stessa
qualità cromatica delle foto aeree rilevate il mese precedente, presentano una più alta risoluzione spaziale,
favorendo perciò l’identificazione di fenomeni sovrapposti o parzialmente interdigitati.
In questo iter cartografico, la mappatura dei dissesti idrogeologici del bacino del torrente Pogliaschina messa a
disposizione da parte dell’Autorità di Bacino del Fiume Magra ha permesso di compiere un controllo finale dei
poligoni creati per ciascun fotogramma e consentito di verificare che tutte le aree dello stesso fossero state
adeguatamente analizzate. Questo confronto ha permesso di convalidare o revisionare criticamente le
classificazioni operate, apportando una sensibile miglioria al metodo di mappatura.
5
1.4 Analisi geomorfometrica
L’utilizzo di sistemi informativi geografici (GIS), oltre a permettere la gestione dell’insieme delle informazioni
relative allo studio, rende possibili elaborazioni geomorfometriche, che vanno dalla determinazione dei
parametri morfometrici tradizionali, quali pendenza, esposizione e curvatura, allo sviluppo di indici
morfometrici più articolati, relativi all’erosione ed al trasporto di sedimento (indici di stream power ed indici di
connettività del sedimento). Un ulteriore indice che ha trovato applicazione nello studio del bacino del torrente
Pogliaschina, denominato openness, ha per finalità la rappresentazione del rilievo indipendente dalla scelta a
priori delle posizione una sorgente di illuminazione, come avviene nel caso della derivazione delle mappe
ombreggiate del rilievo.
Per quanto riguarda i livelli geomorfometrici di base, si rammenta l’importanza di un’affidabile determinazione
di una carta delle pendenze ai fini dello studio dei processi erosivi e di instabilità. Anche l’esposizione riveste un
ruolo importante nell’ambito del ciclo idrologico di un bacino montano condizionando fattori come
evaporazione, evapotraspirazione e scioglimento nivale.
Particolare significato interpretativo riveste la curvatura che rappresenta la variazione della pendenza nello
spazio e si esprime come gradiente della pendenza. Il calcolo della curvatura del terreno può essere effettuato
in due componenti:
1.
lungo la linea di massima pendenza (profile curvature o curvatura di profilo);
2.
ortogonalmente alla linea di massima pendenza (plan curvature o curvatura planare)
L’analisi della curvatura di profilo indica se un qualsiasi punto lungo il profilo appartiene ad un’area concava o
convessa: la profile curvature è convessa quando in pianta le curve di livello si avvicinano e concava quando le
curve di livello si allontanano oppure, in sezione longitudinale, convessa se la pendenza aumenta verso valle e
concava nel caso opposto.
La curvatura calcolata ortogonalmente alla linea di massima pendenza fornisce un’importante misura della
convergenza e divergenza del deflusso ed è spesso utilizzata in letteratura come indice per la classificazione di
creste e canali. Aree che presentano una superficie concava sono associabili ad una tipologia di flusso
convergente, mentre le forme convesse possono essere relazionate ad un flusso di tipo divergente.
Tutti i parametri descritti in precedenza sono stati derivati a partire dal DTM originario a 10 m di risoluzione
utilizzando i tool disponibili nell’estensione Spatial Analyst di ArcGIS 10.
Ulteriori elaborazioni sono state finalizzate alla derivazione dei principali livelli informativi utili per la
caratterizzazione idrologica del bacino oggetto di studio (i.e. direzioni di deflusso, area drenata).
Per poter derivare questi livelli informativi in modo che le direzioni di deflusso siano il più possibile fedeli alla
realtà è necessario, specialmente nel caso in cui il DEM sia derivato da dati da cartografia tecnica ed a bassa
risoluzione come nel caso in studio, ricondizionare il DEM sulla base dei percorsi noti forniti dalle blue line nelle
aree non coerenti e correggere idrologicamente lo stesso.
Riguardo al primo passaggio, il ricondizionamento del DEM è stato effettuato utilizzato l’algoritmo DEM
reconditioning disponibile in ArcHydro che modifica il DEM originale operando un abbassamento delle quote in
corrispondenza delle celle attraversate da una feature lineare di riferimento rappresentate l’andamento reale
dei corsi d’acqua ed in un suo intorno definito dall’utente. Per il bacino del Pogliaschina, le blue line utilizzate
per lo “scavo” del DEM, principali corsi d’acqua e tributari del bacino, sono state scelte sulla base di un
6
processo iterativo di calcolo dell’area drenata e confronto con la situazione reale. I parametri utilizzati nel
ricondizionamento del DEM sono: 2 m di scavo nelle celle attraversate dalle blue line ed un intorno di 2 celle
(i.e. 20 m). Ovviamente il DEM risultante presenta notevoli alterazioni rispetto all’originale ed il suo utilizzo
deve essere quindi limitato alle elaborazioni dei livelli informativi di tipo idrologico.
La creazione del DEM idrologicamente corretto consiste nel sottoporre il DEM ricondizionato ad un filtraggio
(depittaggio) per eliminare le depressioni locali (celle la cui quota è inferiore alla quota delle otto celle
circostanti). Questa operazione è stata effettuata utilizzando l’algoritmo di riempimento Fill di ArcGIS 10.
Sulla base del DEM privo di depressioni è stato infine possibile ricavare i percorsi del deflusso superficiale e,
conseguentemente, individuare il raster dell’area drenata che rappresenta la superficie drenata a monte di
ogni pixel. L’individuazione delle direzioni di deflusso rappresenta l'operazione preliminare di elaborazione del
DEM, necessaria per la determinazione della distribuzione nel bacino dell’ area drenata. L'operazione ha lo
scopo di individuare un insieme di percorsi che collegano ciascuna cella alla sezione di chiusura in modo
univoco. L’area drenata viene calcolata sommando progressivamente il numero di celle che si trovano lungo
tutti i percorsi dallo spartiacque alla sezione di chiusura. Intuitivamente le celle dello spartiacque dreneranno
solo se stesse mentre la sezione di chiusura avrà come area contribuente tutte le celle del bacino.
Per il calcolo della direzione di deflusso è possibile scegliere tra diversi algoritmi che simulano il
comportamento del deflusso superficiale nella scelta della direzione del proprio percorso (e.g. D8 Classic,
Multiple Flow, D ∞, D8 facets). Nel caso in oggetto si è optato per l’algoritmo tradizionale di calcolo D8 Classic
in cui per ciascuna cella viene calcolata la pendenza verso gli otto pixel circostanti e si suppone che il deflusso
scelga la direzione della massima pendenza.
1.4.1 Openness
Il parametro morfometrico denominato openness (Yokoyama et al., 2002), è stato utilizzato per creare una
mappa in grado di rappresentare la topografia senza la necessità di stabilire a priori una sorgente di
illuminazione, come avviene nel caso della derivazione delle mappe ombreggiate del rilievo. La mappa
dell’openness è stata derivata utilizzando AdBToolbox, applicativo GIS liberamente fruibile previa registrazione
al Geoportale Nazionale del Ministero dell’Ambiente (http://www.pcn.minambiente.it/GN/adbtoolbox.php)
che può essere utilizzato per visualizzare ed elaborare dataset spaziali. Questo parametro esprime il grado di
dominanza o depressione topografica di un luogo in una superficie irregolare ed è rappresentato dalla misura
angolare della relazione tra il rilievo della superficie ed una distanza orizzontale. La misura è calcolata a partire
dagli angoli zenitali e nadirali lungo otto direzioni azimutali. L’openness ha due prospettive visuali e dunque
può essere espresso da due indici differenti. L’indice positivo di openness restituisce solamente valori positivi
che esprimono la dominanza al di sopra della superficie e che sono maggiori per le forme convesse. L’indice di
openness negativo produce valori negativi che descrivono questo attributo al di sotto della superficie e che
sono maggiori per le forme concave (Yokoyama et al., 2002). L’openness negativo è utilizzato principalmente
per applicazioni concernenti i fondali marini e può risultare inidoneo se utilizzato in ambiti montani.
Il parametro openness può essere derivato mediando i valori del calcolo degli angoli zenitali, ottenendo in
questo caso valori positivi, o degli angoli nadirali, e dunque valori negativi, lungo ognuna delle otto direzioni
azimutali. La figura 1.3a mostra un punto di origine A per il calcolo dell’openness ed i punti esterni (in nero)
dall’origine lungo le otto direzioni azimutali D (D=0, 45, 90, 135, 180, 225, 270 e 315). L definisce la distanza
radiale entro la quale è effettuato il calcolo. Nella figura 1.3b è rappresentato il parametro openness per il
7
punto A in termini di angoli zenitali (Φ) o nadirali (Ψ). Quindi, lungo l’azimut D, l’angolo zenitale DΦL di un pixel
del DEM all’interno di una distanza radiale L è dato dalla formula:
  90 - DL
(3)
D L
e l’angolo nadirale DΨ L:
L  90 - DL
(4)
D
Si definisce quindi l’openness positiva ΦL di una cella del DEM per una distanza L come:
L 
0L  45L  ...  315L 
(5)
8
e l’openness negativa Ψ L:
L 
0L  45L  ...  315L 
(6)
8
Variando i valori di L è possibile mediante il parametro openness rappresentare forme da piccola a grande
scala.
a
b
Fig. 1.3. (a) punto di origine A per il calcolo dell’openness ed i punti esterni (in nero) dall’origine lungo le otto
direzioni azimutali; (b) openness per il punto A in termini di angoli zenitali e nadirali lungo una direzione
azimutale D.
8
1.4.2 Indici geomorfometrici per l’analisi della dinamica del sedimento
La combinazione di diversi parametri morfometrici derivabili direttamente dal DEM in indicatori di tipo
complesso è in grado di fornire utili informazioni riguardo ai processi connessi alla dinamica del sedimento. Di
particolare rilevanza per l’analisi in esame, riguardante i processi di erosione e trasporto e di connettività del
sedimento, sono gli indicatori che combinano pendenza e area drenata. Di seguito verranno illustrati tre indici
geomorfometrici finalizzati rispettivamente alla valutazione della connettività del sedimento (Indice di
Connettività - IC) dell’intensità potenziale dei processi d’erosione (Stream Power Index – SPI) ed alla valutazione
dell’efficienza del processo di convogliamento del sedimento lungo la rete idrografica (Stream Power DEficit on
channel NETwork - DENET).
1.4.2.1 Indice di connettività del sedimento
La connettività del sedimento, definita come il grado di connessione dei flussi di sedimento all’interno di un
territorio ed in particolare tra le sorgenti di sedimento e le aree a valle, è un parametro chiave nello studio dei
processi di trasferimento del sedimento nei bacini idrografici. La caratterizzazione spaziale dei pattern di
connettività in un bacino consente di stimare il contributo di una determinata parte dello stesso come sorgente
di sedimento e di definirne i potenziali percorsi di trasferimento verso valle. In particolare, la determinazione
della connettività risulta importante nei bacini in cui la variabilità dei processi di trasporto è determinata dalla
morfologia e dall’eterogeneità di tipologia, estensione e posizione delle aree sorgenti di sedimento (Cavalli et
al., 2012).
L’indicatore geomorfometrico utilizzato in questo studio è quello proposto da Cavalli et al. (2012) che hanno
adattato al contesto montano un modello di connettività originariamente sviluppato da Borselli et al. (2008).
L’indice intende rappresentare la potenziale connettività del sedimento tra le diverse parti di un bacino e mira
a valutare la potenziale connessione tra i versanti e le diverse aree del bacino che agiscono come aree di
trattenuta del sedimento (sink) o risultano di particolare interesse a fini gestionali (e.g. corsi d’acqua principali,
rete viaria).
L’indice consente di determinare la connettività del sedimento utilizzando principalmente l’informazione
topografica fornita dal DEM e non considera l’eventuale disponibilità di sedimento ad essere mobilizzato
all’interno del bacino.
L’indice di connettività (IC) è definito come:
(
)
(7)
dove Dup e Ddn rappresentano rispettivamente la componente upslope e quella downslope (Fig. 1.4). I valori di
], con la connettività che aumenta al crescere di IC.
connettività variano nell’intervallo [
La componente Dup definisce il potenziale per il trasporto del sedimento verso valle prodotto a monte e viene
stimata come:
̅ ̅√
(8)
in cui ̅ e ̅ rappresentano le medie del fattore peso, che verrà descritto più avanti nel testo, e della pendenza
(m/m) dell’area drenata a monte mentre A è l’area contribuente (m2).
9
La componente Ddn considera invece la lunghezza del percorso necessario al sedimento per raggiungere il più
vicino target o sink (e.g. corso d’acqua permanente, strada, lago) ed è espressa come:
∑
(9)
dove di rappresenta la lunghezza del percorso lungo la cella i-esima secondo la direzione di massima pendenza
(m), S la pendenza (m/m) e W il fattore peso della stessa cella.
Nel calcolo di S sono stati posti un limite inferiore di 0.005 m/m, per evitare divisioni per 0 nell’ Eq. 7, e un
limite superiore pari a 1 m/m, per limitare l’effetto nel calcolo di IC di elevati valori di pendenza, situazione
abbastanza comune nel caso di DTM ad alta risoluzione di bacini montani. L’area drenata è calcolata utilizzando
l’algoritmo D-infinito (
- Tarboton, 1997).
Fig. 1.4. Le componenti upslope e downslope dell’indice di connettività (da Borselli et al., 2008).
Il fattore peso W, presente in entrambe le componenti dell’IC, rappresenta l’impedenza al deflusso ed al
trasporto del sedimento a causa delle condizioni locali di uso del suolo e delle caratteristiche morfologiche
della superficie del suolo stesso. Il fattore peso W controlla dunque l’efficienza del convogliamento del
sedimento alla sezione di chiusura del bacino o ai diversi target di riferimento. Nel caso oggetto di studio, non
disponendo di un DEM ad alta risoluzione ed essendo il bacino densamente vegetato, si è scelto di utilizzare il
fattore C della USLE, come proposto da Borselli et al. (2008), piuttosto che impiegare un indice basato sulla
misura della scabrezza topografica come proposto nel lavoro di Cavalli et al. (2012). Si ritiene infatti che
solamente nei bacini di alta quota (non dominati da vegetazione e uso del suolo eterogenei) la scabrezza
topografica possa assumere un ruolo preponderate nel condizionare la dinamica del sedimento rispetto a uso
del suolo, vegetazione e proprietà del suolo.
10
1.4.2.2 Stream Power Index (SPI) e DEficit on channel NETwork (DENET)
Un secondo indice finalizzato alla caratterizzazione del bacino in termini di potenziale intensità dei processi di
dinamica del sedimento è lo Stream Power Index (SPI). SPI, che combina l’area drenata con la pendenza locale,
rappresenta un valido indicatore di tipo del controllo esercitato dai fattori topografici sull’intensità potenziale
dei processi d’erosione e di trasporto del sedimento. La base fisica a monte di questo indice geomorfometrico
può essere ricercata nel concetto di stream power ():
    g Q  S
(10)
dove ρ è la densità dell’acqua, g l’accelerazione gravitazionale, Q la portata e S la pendenza locale.
Assumendo la radice quadrata dell’area drenata (A) come surrogato della portata, Marchi e Dalla Fontana
(2005) hanno formulato un indice di stream power su base topografica che presenta la seguente formula:
SPI  A0.5S
(11)
Nonostante la sua semplicità, SPI è in grado di fornire una preziosa informazione sul controllo topografico
dell’intensità dei processi di erosione a scala di versante e, soprattutto, di trasporto solido lungo la rete
idrografica. Per poter analizzare quest’ultimo aspetto è essenziale estrarre un reticolo sintetico dal DEM di
partenza che sia il più fedele possibile all’idrografia realmente presente all’interno del bacino. Secondo diversi
autori (e.g. Montgomery e Foufoula-Georgiou, 1993 e Desmet et al., 1999), indici geomorfometrici che
combinano l’area contribuente e la pendenza locale sono in grado di identificare in modo affidabile i possibili
punti di inizio dei collettori che costituiscono la rete idrografica.
Utilizzando la mappa di SPI, i punti di inizio della rete idrografica possono essere identificati in corrispondenza
di celle, ricadenti in aree di convergenza topografica, nelle quali l’indice superi un determinato valore soglia.
Una volta estratto il reticolo sintetico è possibile caratterizzare, sempre sulla base dei valori di SPI, l’intensità
relativa dei processi di trasporto solido mediante l’applicazione di un indice geomorfometrico, già testato con
successo in bacini delle Alpi Orientali Italiane, denominato DENET, il cui algoritmo di calcolo è implementato
nel già citato AdB Toolbox.
Le celle della rete idrografica caratterizzate da bassi valori di SPI evidenziano situazioni dove uno od entrambi i
fattori considerati (A, S) risultano limitanti e dove quindi i processi di trasporto solido hanno luogo con intensità
ridotta. L’indicatore DENET identifica i tratti della rete idrografica a basso valore di SPI e li classifica secondo la
loro lunghezza. Celle a basso SPI hanno una modesta influenza sulla dinamica del sedimento se ubicate
singolarmente in tratti di rete idrografica provvisti, nella loro generalità, di una buona capacità di trasporto (SPI
elevato). Diverso è il caso in cui si abbiano lunghe sequenze di celle, fra loro successive, caratterizzate da basso
valore di SPI: questa situazione appare indicativa di una ridotta efficienza dei processi di convogliamento del
sedimento. Il programma di calcolo per la determinazione di DENET opera una scansione della rete idrografica
sintetica identificando le celle con SPI inferiore al valore soglia prescelto. Quando si incontra una cella a basso
valore di SPI, il valore dell’indicatore viene posto pari a 1; se ulteriori celle a basso valore di SPI sono presenti
immediatamente a valle, ad esse vengono assegnati valori progressivamente crescenti di un’unità. Quando due
o più tratti di rete idrografica costituiti da celle a basso SPI confluiscono in una stessa cella, a sua volta
caratterizzata da un basso valore di SPI, a quest’ultima viene assegnato un valore corrispondente alla somma di
quelli delle celle contribuenti, incrementato di 1. La procedura di calcolo è esemplificata nella figura 1.5.
11
Fig. 1.5. Procedura di calcolo dell’indicatore DENET. “L” e “H” indicano, rispettivamente, valori di SPI inferiori e
superiori alla soglia per l’estrazione della rete idrografica.
In presenza di rilevanti apporti solidi da monte, tratti ad elevato valore di DENET individuano tratti con
prevalenza dei fenomeni di deposito del sedimento. In parti della rete idrografica caratterizzate da modesta
disponibilità di materiale solido, elevati valori di DENET indicano una modesta intensità delle dinamica del
sedimento (modesti volumi solidi trasportati al fondo, con prevalenza di granulometrie fini assenza di processi
di erosione dell’alveo).
L’impiego di DENET non permette di quantificare l’entità del trasporto solido, ciò che richiede analisi di ben
maggiore dettaglio, ma rende possibile evidenziare zone in cui i processi di trasporto avvengono con maggiore
o minore efficacia. Ad esempio, se un tratto di asta torrentizia che drena un bacino con estese aree in erosione
presenta valori di SPI elevati (DENET basso), è plausibile attendersi processi di trasporto solido di forte
intensità, anche in forma di piene di detriti (debris flood). Al contrario, il prevalere di fenomeni di deposito di
sedimento in tratti ad elevato valore di DENET è indicativo di una riduzione dell’intensità del trasporto solido.
12
2. Ricostruzione dell’evento di piena
2.1 Ricostruzione delle portate di picco
Rilevi topografici per la ricostruzione indiretta delle portate di picco erano già stati effettuati nel febbraio 2012
su tre aste torrentizie nel bacino del Pogliaschina (siti 1, 2 e 4 nella Fig. 2.1). Questi rilievi rientrano nel quadro
della campagna di osservazioni condotta dal CNR IRPI in collaborazione con varie strutture Universitarie, fra le
quali si ricordano, in particolare, il Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali dell’Università di Padova e la
Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano. Le sezioni rilevate nel febbraio 2012 sono
ubicate sul torrente Pogliaschina nei pressi del cimitero di Pogliasca, sul torrente Pogliasca (Rio dell’Ago nella
carta Kompass 1:50000) poco a monte della confluenza con il torrente Pogliaschina, e sul torrente Cassana
nella parte medio-bassa del suo corso.
Ai fini dell’espletamento del presente incarico, è apparso opportuno aumentare la già elevata densità delle
sezioni in cui è stata effettuata la ricostruzione delle portate di picco. E’ stato pertanto effettuato il rilievo di
altre quattro sezioni, la cui ubicazione è indicata nella figura 2.1. Due di tali sezioni sono ubicate sul torrente
Cassana, a monte del ponte della SP 35, in posizioni tali da poter escludere l’influenza del sovralluvionamento
dell’alveo causato dall’ostruzione del ponte. Una terza sezione si trova sul torrente Redarena, immediatamente
a valle dell’abitato di Faggiona ed una quarta su un piccolo tributario dello stesso Redarena (Fosso della
Benoia) (Fig. 2.1).
Fig. 2.1. Ubicazione delle sezioni rilevate topograficamente per la ricostruzione delle portate di picco. Sono
indicati anche i punti di esecuzione delle osservazioni geostrutturali e di prelievo dei campioni per le analisi
geotecniche.
13
Si deve rilevare che già nel febbraio 2012 non era stato possibile condurre rilievi nelle parti inferiori degli alvei a
causa dei lavori di ripristino che avevano sostanzialmente modificato la geometria degli stessi.
Per quanto riguarda i rilievi del novembre 2012, si sottolinea che il tempo relativamente lungo trascorso dalla
piena dell’ottobre 2011, così come lo sviluppo della vegetazione nei mesi primaverili ed estivi, hanno
parzialmente obliterato le tracce lasciate dalla corrente sulle sponde anche in parti della rete idrografica non
interessate da interventi di sistemazione.
La tabella 2.1 riporta alcune informazioni sulle sei sezioni per le quali è stato possibile effettuare la
ricostruzione delle portate di picco. I metodi utilizzati per queste determinazioni sono descritti nella sezione 1.1
del presente rapporto. La figura 2.2 mostra alcune immagini rappresentative dei tratti d’alveo rilevati. Altre due
sezioni lungo il corso del Cassana (Fig. 2.1), una delle quali rilevata nel marzo 2012, l’altra nel novembre 2012,
sono state scartate per l’emersa impossibilità di addivenire a delle coerenti stime delle portate.
I risultati delle elaborazioni sono presentati nella tabella 2.2. Si osserva un’accentuata variabilità dei contributi
di piena per unità di superficie del bacino sotteso, con i valori più elevati lungo l’asta del Cassana, mentre il più
basso emerge per la parte superiore del bacino del Pogliaschino (sez. n. 1, Pogliaschino al cimitero di Pogliasca).
Per entrambe le sezioni rilevate sull’asta principale del Cassana è stato ottenuto un valore della portata di picco
pari a 200 m3s-1. Questo risultato, che contrasta con le differenti superfici sottese dalle due sezioni, deve essere
attribuito alle approssimazioni, inevitabili in questo tipo di determinazioni e particolarmente rilevanti nel caso
in esame, che riguardano la ricostruzione delle portate di picco a partire dalle tracce dell’evento.
La variabilità dei contributi di piena appare in accordo con la diversa intensità degli effetti morfologici della
piena negli alvei e nei fondovalle, nonché con le testimonianze raccolte da testimoni dell’evento. Manca, al
momento, un riscontro con i valori degli apporti meteorologici pervenuti alle diverse parti del bacino in
occasione dell’evento del 25 ottobre 2011.
La Tab. 2.3 propone un confronto fra le portate di picco ricostruite dalle tracce dell’evento e le portate di picco
di diversi tempi di ritorno, calcolate utilizzando le formule sviluppate per il Piano Stralcio Assetto Idrogeologico
(pag. 106 della Relazione Generale, Tab. 2.9.3.1). La forte variabilità delle portate di piena all’interno del bacino
del torrente Pogliaschina trova rispondenza nei valori dei tempi di ritorno. I valori più elevati, superiori a 500
anni, si hanno per il Cassana; il più basso (inferiore a 30 anni) per l’alto bacino del Pogliaschino. Valori
intermedi, comunque indicativi di un evento di piena di rilevante intensità, si hanno per il Pogliasca e per il
Redarena, orientati approssimativamente nella stessa direzione del Cassana ed ubicati, rispettivamente a Nord
ed a Sud di questo.
Il programma di lavoro del presente studio prevede il confronto delle portate di picco ricostruite dalle tracce
dell’evento con le portate simulate da un modello afflussi-deflussi. Questa analisi, che verrà condotta in una
delle prossime fasi del lavoro, richiede come input al modello dati di pioggia spazialmente distribuiti, quali
quelli ottenibili a partire da radar meteorologico. L’analisi dei dati rilevati dal radar di Monte Settepani ha
evidenziato la presenza di numerose lacune nelle registrazioni dell’evento meteorico del 25 ottobre 2011. Ne
conseguirà, probabilmente, una degradazione della risoluzione spaziale con cui potrà essere rappresentato il
campo di pioggia. Ciò potrebbe risultare fonte di difficoltà nel confronto della risposta di piena nei vari
sottobacini del Pogliaschina, nei quali l’accentuata variabilità della risposta idrologica sembra indicare la
presenza di forti gradienti spaziali negli apporti meteorici. Meno gravi potrebbero dimostrarsi le limitazioni
14
legate alla risoluzione spaziale del campo di precipitazioni per l’analisi afflussi-deflussi del bacino del
Pogliaschina nel suo complesso e per il confronto con altri affluenti del fiume Vara.
1
2
3
4
5
6
Fig. 2.2. Immagini rappresentative delle sezioni rilevate per la determinazione delle portate di picco. I numeri
corrispondono alle sezioni indicate nella figura 2.1.
15
Tab. 2.1. Sezioni rilevate per la ricostruzione delle portate di picco della piena del 25 ottobre 2011 nel bacino
del Pogliaschina
N. sezione
(Fig. 2.1)
Bacino
Area (km2)
Coordinate (Gauss
Boaga fuso Ovest)
Data rilievo
1
Pogliaschino a monte di
Pogliasca
3.43
1554866, 4897489
15.02.2012
2
Pogliasca a Pogliasca
3.80
1554935, 4997155
14.02.2012
3
Cassana monte
5.66
1554695, 4895186
13.11.2012
4
Cassana valle
7.30
1556064, 4895469
14.02.2012
5
Redarena
1.75
1556700, 4894367
11.11.2012
6
Fosso della Benoia
0.50
1557609, 4895143
11.11.2012
Tab. 2.2. Risultati della ricostruzione delle portate di picco in varie aste torrentizie nel bacino del Pogliaschina
(Q: portata al colmo, Qu: portata unitaria al colmo, v: velocità media)
Bacino
Q (m3s-1)
Qu (m3s-1km-2)
Pendenza
(m/m)
v (m/s)
N. Froude
Pogliaschino a monte
di Pogliasca
30
8.7
0.02
3.0
0.85
Pogliasca a Pogliasca
65
17.1
0.012
2.1
0.54
Cassana monte
200
35.4
0.021
4.2
0.90
Cassana valle
200
27.4
0.012
3.0
0.69
Redarena
37
21.1
0.034
3.0
0.85
Fosso della Benoia
11
22.0
0.15 *
2.1
0.52
* pendenza media di un tratto a step-pool
Tab. 2.3. Confronto delle portate ottenute dai rilievi di terreno con le portate di vari tempi di ritorno
determinate con i metodi del Piano Stralcio “Assetto Idrogeologico”
Q (m3s-1)
Q30
Q100
Q200
Q500
(da rilievi di Periodo di
3 -1
3 -1
3 -1
3 -1
(m s )
(m s )
(m s )
(m s )
terreno) ritorno (anni)
Pogliaschino a monte di
Pogliasca
46
60
71
83
30
< 30
Pogliasca
50
65
78
90
65
100
Cassana monte
70
92
109
127
200
> 500
Cassana
87
114
135
157
200
> 500
Redarena
26
34
40
47
37
100 - 200
9
12
14
16
11
30 - 100
Fosso Benoia
16
2.2. Osservazioni di testimoni e documentazione delle caratteristiche della piena
Si è proceduto alla raccolta materiale informativo sulle modalità con cui ha avuto luogo l’esondazione del
torrente Pogliaschina nell’abitato di Borghetto di Vara e sullo sviluppo temporale della stessa. A tal fine, sono
state condotte interviste a testimoni dell’evento e sono stati acquisiti video da siti internet quali
www.youtube.com e www.youreporter.it . Di particolare interesse sono risultate le informazioni fornite dal
Geom. Paolo Boicelli dell’Ufficio Tecnico del Comune di Borghetto di Vara.
Per quanto riguarda la informazioni ricavabili dai video, si riportano nella figura 2.3, a titolo di esempio, alcuni
frame estratti da un video scaricato da www.youtube.com. Le indicazioni delle ore relative alle varie immagini,
sono approssimativamente coerenti con quelle risultanti da altre testimonianze.
1
2
3
4
Fig. 2.3. Immagini tratte dal video http://www.youtube.com/watch?v=kITwmx8KCRI&feature=plcp; la casa
sulla sponda destra del torrente si trova approssimativamente di fronte all’edificio che ospita una banca.
1. Livello ancora nettamente inferiore alla sommità della sponda.
2. La corrente è ancora contenuta entro le sponde; il parziale allagamento del giardino appare dovuto al
sormonto del muro di sponda avvenuto a monte.
3. Il livello del corso d’acqua è prossimo alla sommità del muro di sponda. Stando agli orari riportati nel video,
fra le 13.31 e le 14.27 la variazione del livello è stata piuttosto contenuta.
4. Esondazione in corso; si intravvedono ancora la sommità del muro di sponda ed il gradino più basso della
scala.
17
Si riporta una sintesi delle informazioni raccolte che, pure se suscettibili di ulteriori integrazioni, forniscono un
quadro sufficientemente coerente sulla piena e l’esondazione a Borghetto di Vara. Alla data dell’evento era in
vigore l’ora legale: a tale ora si intendono riferite le informazioni raccolte dai testimoni dell’evento riportate di
seguito.
Per quanto attiene alle caratteristiche dell’evento meteorico emergono i seguenti aspetti:
- pioggia intensa con caduta verticale di grosse gocce, almeno a partire da mezzogiorno,
- assenza di vento forte,
- assenza di grandine.
Verso le 13 il torrente risultava in piena ma contenuto entro le sponde, con un franco di circa 0.5 m sotto il
ponte nel centro del paese. In seguito, per oltre 30’, le variazioni del livello idrometrico sono state contenute..
Fra le 14 e le 14.30 la corrente ha trasportato dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti solidi e delle piante.
L’ostruzione del ponte causata dalle piante ha dato luogo all’inondazione della piazza, inizialmente con bassi
tiranti idrici. In seguito il livello è salito ancora, rapidamente, raggiungendo profondità e velocità rilevanti.
Diverse testimonianze indicano l’inizio della fase parossistica verso le ore 15. L’esondazione ha raggiunto la
massima intensità verso le ore 15.30 ed è durata oltre un’ora. La profondità dell’acqua nel centro abitato ha
raggiunto circa 3 metri.
Le testimonianze raccolte confermano che fra il materiale accumulato contro il ponte nel centro di Borghetto di
Vara vi era il rottame di un’autocorriera, che risulta, peraltro, essere stato trasportato ad ostruzione del ponte
già avvenuta.
2.3 Interazioni della piena con i ponti
La raccolta di testimonianze e di documentazione fotografica ha riguardato anche l’interazione fra la piena ed i
ponti presenti a monte del centro di Borghetto di Vara.
Il ponte sul Pogliaschina presente poco a monte della confluenza con il Cassana è stato sormontato e solo
parzialmente ostruito dal legname, che si è accumulato prevalentemente verso la sponda sinistra (Fig. 2.4).
L’esondazione che ne è conseguita è evidenziata dalle tracce presenti sulla sede stradale. L’assenza di danni
maggiori ai cartelli stradali e ai paracarri di plastica (Fig. 2.5) sembra indicare profondità di flusso e velocità
relativamente contenute. L’esondazione sulla strada ha comunque concorso all’inondazione del centro abitato,
come indicato anche da alcune testimonianze.
Maggiori sono stati i danni risultanti causati dalla piena e dal trasporto di legname lungo il corso del torrente
Cassana: il ponte sul Cassana fra Corneto e Faggiona è stato ostruito e sepolto sotto il legname trasportato dal
torrente; il ponte posto più a valle è stato parzialmente asportato.
Degno di nota, e in buon accordo con i contenuti valori delle portate di picco risultanti dalla ricostruzione delle
portate sopra riportata, appare il fatto che i ponti sul Pogliaschino nell’abitato di Pogliasca (a monte della
confluenza del torrente Pogliasca) non hanno avuto danni (non sono stati ostruiti né sormontati). Le
testimonianze raccolte sottolineano l’importante ruolo del Cassana nel quadro dell’evento, sia per quanto
riguarda la piena idrica sia per l’apporto di legname.
18
Fig. 2.4. Il ponte sul torrente Pogliaschina poco a monte della confluenza
con il torrente Cassana (foto AdB Magra).
Fig. 2.5. Tracce dell’esondazione del torrente Pogliaschina all’entrata
dell’abitato di Borghetto di Vara (foto AdB Magra).
Le verifiche idrauliche effettuate in corrispondenza dei ponti sono state rese disponibili per la consultazione
dall’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra. E’ stato consultato, inoltre, l’Allegato 3 (Individuazione
dei tratti fluviali a rischio nel bacino del Fiume Magra) al Piano Stralcio “Assetto Idrogeologico” del bacino del
Fiume Magra. Secondo quanto riportato in questo documento, il ponte ubicato a monte del centro abitato di
Borghetto di Vara, poco prima della confluenza del Cassana (sezione Vps008, Fig. 2.4) risulta in pressione per
portate superiori alla centennale. I ponti sul Pogliaschina presenti a monte (sezioni PO0015 – PO009) sono già
sormontati da una piena con tempo di ritorno di 30 anni. Risultati non dissimili emergono per i ponti lungo il
corso del torrente Cassana. I ponti nel centro di Borghetto di Vara (sezione Vps4) risultano ”in pressione per la
piena cinquecentennale ma già la centennale presenta un franco inferiore al metro”. L’osservazione delle
19
sezioni e dei livelli idrometrici corrispondenti alle piene con i diversi tempi di ritorno indica, peraltro, che il
ponte a tre archi più a valle risulta in pressione anche per portate associate a tempi di ritorno inferiori.
Sulla base delle ricostruzione delle portate effettuate, emerge che, anche in assenza di trasporto di rilevanti
quantità di legname, si sarebbe verificato il sormonto della maggior parte dei ponti lungo il corso dei torrenti
Pogliaschina e Cassana. Il trasporto di legname, tuttavia, ha sicuramente aggravato la situazione, producendo
l’ostruzione totale o parziale della luce dei ponti e facilitandone il sormonto. Ciò ha verosimilmente anticipato il
verificarsi dell’esondazione e ne ha sicuramente accentuato l’entità (ovvero le portate esondate) ed i danni
prodotti. Particolare rilevanza sembra aver avuto il trasporto di legname nel caso dei ponti nel centro di
Borghetto di Vara, dove le ostruzioni dovute al legname risultano aver contribuito in modo decisivo ad
accrescere la severità dell’esondazione e i danni da essa prodotti.
2.4 Cenni allo sviluppo temporale dell’evento a Casale di pignone e a Brugnato
Al fine di inquadrare dal punto di vista dell’articolazione temporale l’evento che ha interessato Borghetto di
Vara, può essere di qualche interesse il confronto delle informazioni raccolte con documentazione e
testimonianze relative ad altri centri abitati della Val di Vara colpiti dalla piena del 25 ottobre 2011, in
particolare quelli interessati dalle piene dei torrenti Casale, Chiciola e Gravegnola.
Per quanto riguarda il torrente Casale, interessanti informazioni sulla piena nel centro abitato di Casale sono
fornite dalla pubblicazione “Casale, lì 25 ottobre 2011”, curata dall’Associazione di volontariato “Casale e i suoi
borghi”. Verso le ore 13.30 la luce del vecchio ponte ad arco nel centro del paese risultava interamente
impegnata (nella foto riportata nella citata pubblicazione il ponte non risultava ostruito); il crollo del ponte
avveniva verso le ore 14, anche in seguito all’accumulo di legname. Il legname causava la formazione, a ridosso
di un secondo ponte a valle nel centro del paese, di un’ulteriore ostruzione che collassava verso le ore 16.
Le informazioni relative a Brugnato derivano principalmente dalla testimonianza di un volontario della
Protezione Civile, che aveva prestato la sua opera sul posto durante l’evento. Secondo questa testimonianza, la
pioggia assumeva intensità molto forte fra le 13 e le 14; viene riferita caduta di fulmini, assenza di grandine,
precipitazione con grosse gocce. La pioggia risulta essere cessata in serata. Un secondo testimone riferiva in
merito a pioggia di forte intensità fino alle 17 circa. Il trasporto di tronchi verso Brugnato provenienti dal T.
Gravegnola sembra aver avuto inizio dalle ore 15 – 15.30 ed è cresciuto progressivamente, non in modo
impulsivo. Immagini ricavate da un video (http://www.youtube.com/watch?v=qHsMtMkb0WM), nel quale è
visibile l’orologio del campanile, confermano che alle ore 15.10 il centro storico di Brugnato era allagato, anche
se con profondità di flusso contenute dalle acque esondate dal torrente Chiciola.
3. Analisi del trasporto di legname e delle variazioni morfologiche dell’alveo
Rilievi di campo e interpretazione da foto aeree pre- e post-evento sono stati condotti al fine di valutare il
trasporto di legname avvenuto all’interno del bacino del Pogliaschina nel corso dell’evento alluvionale del 25
ottobre 2011. Nella figura 2.6 sono evidenziati i sottobacini oggetto dell’indagine. Il legname reclutato
(“eroso”) è stato stimato sulla base dell’allargamento dell’alveo generato dall’evento di piena, valutato in
diversi tratti, e dell’estensione spaziale delle aree interessate dai processi di instabilità di versante. Per la stima
del volume totale reclutato dalle diverse aree sono stati utilizzati i dati di provvigione forniti dal Comando
Provinciale di La Spezia del Corpo Forestale dello Stato:
 200 m3 ha-1 per il corridoio fluviale (popolamenti maturi di ontano bianco);
20
 250 m3 ha-1 per versanti con predominanza di castagno;
 140 m3 ha-1 per versanti dominati da conifere (popolamenti di pino marittimo).
La quantificazione del legname asportato dai fondovalle è strettamente legata alla determinazione delle
variazioni morfologiche degli alvei, che è stata effettuata mediante l’interpretazione di fotografie aeree. Nei
tratti d’alveo in cui è risultata impossibile la valutazione da foto aeree delle larghezze degli alvei prima della
piena del 25 ottobre 2011 (a causa della copertura dovuta alla vegetazione), sono stati assunti valori compresi
fra 3 e 5 metri. Lungo il corso del Pogliaschina e dei suoi principali tributari, le variazioni osservate sono
consistite in rilevanti ampliamenti degli alvei attivi, mentre la variazioni altimetriche sono risultate solitamente
piuttosto contenute.
Fig. 2.6. Sottobacini oggetto di indagine per la valutazione del trasporto di legname.
21
Il volume di legname depositato in alveo in ogni tratto è stato stimato in campo con approccio geometrico in
alcuni tratti dei torrenti Cassana e Redarena (Fig. 2.7). Per il Cassana ed il Poglischina sono stati inoltre
acquisite le stime effettuate dai tecnici della Provincia di La Spezia dei volumi di legname depositato e
asportato meccanicamente nei giorni successivi all’alluvione ,che coprono i tratti di valle di questi torrenti ed in
prossimità dell’abitato di Borghetto di Vara (Fig. 2.8). In questo caso, gli intervalli dei valori sono stati assegnati
considerando due livelli di porosità dei depositi (stimati variare tra 80 e 90 %).
Fig. 2.7. Localizzazione dei tratti studiati all’interno del Bacino del Pogliaschina.
22
Fig. 2.8. Localizzazione e volumi dei depositi di legname all’interno del Bacino del Pogliaschina. I valori riporati
includono i vuoti all’interno degli accumuli (stimati tra 80 e 90%)
La tabella 2.4 fornisce delle indicazioni di sintesi sull’allargamento degli alvei causato dalla piena: si osserva che
le variazioni maggiori si sono avute sul Cassana e sull’asta principale del Pogliaschina (in questo secondo caso
nella parte inferiore del corso). La figura 2.9 presenta un esempio di allargamento di alveo e di reclutamento di
23
legname dalla piana alluvionale (torrente Cassana). La tabella 2.5 presenta il bilancio approssimativo del
legname grossolano (LW) eroso, trasportato e depositato nel bacino del torrente Pogliaschina.
Tab. 2.4. Variazioni della larghezza dell’alveo a seguito
della piena del 25 ottobre 2011.
Corso d’acqua
N. tratti
Variazione della larghezza dell’alveo
(fattore di moltiplicazione della
larghezza precedente l’evento)
Pogliaschina
7
3.1 - 6.3
Pogliasca
1
1.4 - 2.4
Redovego
1
1.4 - 2.4
Valle Campo Sotano
1
2.2 - 3.7
Cassana
11
2.8 - 4.7
Ginepro
2
1.3 - 2.7
Redarena
10
1.7 - 2.7
Fig. 2.9. Allargamento dell’alveo e reclutamento del legname dalla piana alluvionale. Esempio nel torrente
Cassana (a sinistra ortofoto del 2006 e a destra quella del 2011).
24
Tab. 2.5. Bilancio approssimativo del materiale legnoso di grosse dimensioni (LW) mobilizzato durante la piena del 25 ottobre 2011.
Asta
LW eroso
LW depositato
LW in uscita
Contributo LW dai
versanti sul totale*
piana
versanti*
max
min
max
min
min
max
max
min
m3
3749
m3
2742
m3
2470
m3
2205
m3
2484
m3
4960
m3
3735
Pogliaschina
a monte
confluenza
Cassana
1341
917
1079
971
1128
2257
Pogliasca
Redovego
106
46
53
23
176
131
158
118
115
49
Valle Campo
Sotano
119
89
421
379
Cassana
Ginepro
Redarena
2141
166
560
1678
61
322
1231
411
1007
1091
370
906
Pogliaschina alla
confluenza Vara
m3
-12
stima LW
max
0.40
stima LW
min
0.45
1292
-368
0.45
0.51
230
99
167
128
-18
42
0.62
0,74
0.75
0.84
64
128
476
340
0.78
0.81
955
151
243
1903
303
486
2417
426
1324
866
128
742
0.37
0.71
0.64
0.39
0.86
0.74
*rimane da controllare ulteriormente la connettività in termini di legname di alcune frane con le aste torrentizie
25
A commento della tabella 2.5, è necessario sottolineare che la forbice tra valori minimi e massimi dei volumi di
legname in uscita dal bacino è molto ampia. Questo deriva dall’avere sommato le forti incertezze nella stima
dei vari termini che concorrono alle definizione del bilancio del legname. In particolare, queste includono la
porosità degli accumuli (stima del materiale depositato in alveo) e la larghezza degli alvei pre-evento (che
influisce sui volumi reclutati dalla piana alluvionale). A questi fattori poi si devono aggiungere le incertezze sulla
reale connessione, in termini di legname, degli alvei minori e di molte frane. Inoltre, si ricorda come si siano
usati dei valori di provvigione costanti per le diverse formazioni boschive. In generale, valori intermedi tra gli
estremi min-max (non necessariamente medi in senso aritmetico) sono probabilmente i più corretti.
Pur tenendo conto delle approssimazioni richiamate sopra, si possono trarre alcune conclusioni:
 il bacino del torrente Pogliaschina chiuso alla confluenza con il fiume Vara ha esportato una quantità di
materiale legnoso piuttosto modesta: ciò ben si accorda con le cospicue quantità di legname depositate a
Borghetto di Vara, soprattutto a causa delle ostruzioni dovute alla presenza dei ponti nel centro abitato ed
in prossimità dello stesso;
 la maggior parte del legname arrivato a Borghetto di Vara proveniva dal torrente Cassana;
 la maggior parte del legname arrivato a Borghetto di Vara deriva dall’erosione dei boschi ripariali, questo
soprattutto per il forte contributo del Cassana, ma il contributo dei fenomeni franosi è stato importante;
 il reclutamento di legname negli alvei minori (confinati) è dominato dai fenomeni di versante, come è
normale aspettarsi. Tuttavia il loro contributo appare minore rispetto alle aste principali, che presentano
alvei semi-confinati.
4. Studio dei fenomeni franosi
Il bacino del torrente Pogliaschina, a seguito degli eventi alluvionali del 25-26 ottobre 2011, si presenta
interessato da forme di dissesto diffuse su ampi settori del suo territorio, in particolare in corrispondenza dei
versanti della parte medio-bassa del bacino, nei pressi di insediamenti abitativi. Secondo le conoscenze
geologiche del territorio spezzino, la franosità qui riscontrabile deriva dalla combinazione di vari aspetti legati
alla complessa storia geologica di tutto il territorio ligure, che ha sovrapposto caratteri strutturali e stratigrafici
a processi morfogenetici particolarmente attivi. La presenza di giaciture degli strati con un assetto a
franapoggio, di alternanze di litotipi pelitico-arenacei e litologie prevalentemente argillose sono condizioni che
favoriscono lo sviluppo di fenomeni di scivolamento planare e colate, piuttosto ridotti arealmente ma diffusi.
L’attività condotta per la caratterizzazione dei fenomeni franosi è consistita nell’analisi di informazioni e
documentazione messa a disposizione dall’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra, nell’esecuzione
di rilievi di terreno con il prelievo di campioni per analisi geotecniche e nella realizzazione di una carta
inventario dei fenomeni franosi mediante fotointerpretazione. E’ stata anche avviata, in collaborazione con la
Sede di Perugia del CNR IRPI (Dott. Alessandro Mondini), la mappatura delle frane da immagini satellitari.
La figura 2.10 presenta la carta geologica del bacino oggetto di studio, derivata dai fogli geologici CARG alla
scala 1:25,000 che ricoprono il territorio in studio (il foglio Sestri Levante 232, 233 Pontremoli, 248 La Spezia ).
26
Fig. 2.10. Carta geologica dell’area in studio. La legenda è basata su principali suddivisioni litologiche,
individuate distinguendo intervalli stratigrafici omogenei dal punto di vista litologico e del loro comportamento
deformativo. Sono inoltre riportati le ubicazioni dei punti di esecuzione delle osservazioni geostrutturali e di
prelievo dei campioni per le analisi geotecniche.
Durante le campagne di rilievo dei giorni 22-23 ottobre, 12-13 e 23 novembre 2012 sono stati prelevati dei
campioni di materiale prevalentemente eluviale (derivato da alterazione in posto delle rocce del substrato) per
l’esecuzione di prove di laboratorio volte ad una caratterizzazione geotecnica dei materiali franosi dell’area. Il
campionamento è stato condotto rispondendo a criteri di omogeneità spaziale e di rappresentatività delle
litologie principali presenti, siano esse state coinvolte dai recenti fenomeni franosi del 25-26 ottobre 2011 o
caratterizzate da condizioni di sostanziale equilibrio (le figure 2.1 e 2.10 presentano l’ubicazione dei punti di
prelievo dei campioni). Come accennato in precedenza, il bacino del torrente Pogliaschina è stato
pesantemente colpito dai dissesti idrogeologici registrati a seguito degli eventi meteorici del 25 ottobre 2011,
fenomeni che con tutta probabilità sono relazionati, in termini di tipologia, ubicazione e magnitudo, al contesto
geologico e strutturale del territorio. Nell’area in esame sono state attive dal Miocene superiore importanti
faglie normali ad alto angolo che hanno provocato l’abbassamento ed il riempimento del bacino con cospicue
quantità di sedimenti continentali (Arenarie di Monte Gottero, Macigno in Fig. 2.10). Le note illustrative del
Foglio 248-La Spezia (carta geologica CARG alla scala 1:50000) attribuiscono questi elementi tettonici a
deformazioni di tipo appenninico, solo in taluni casi - non sempre accreditati, alla subduzione alpina.
Complessivamente sono stati prelevati 14 campioni disturbati da:
- 6 siti in corrispondenza di affioramenti di Arenarie di Monte Gottero;
- 3 siti in corrispondenza di affioramenti di Macigno;
27
-
2 siti in corrispondenza di affioramenti di Scaglia Toscana;
1 sito in corrispondenza di affioramenti di Argille a Palombini
2 siti in corrispondenza di affioramenti di Argille e calcari di Canetolo;
Il materiale è da intendersi superficiale, cioè prelevato entro i primi 10-30 cm di profondità, e comunque
rappresentativo di una coltre eluviale che raggiunge profondità massime di circa 1-2 m.
Nella tabella 1 si riportano le tipologie di prove geotecniche attualmente in fase di esecuzione per la
caratterizzazione dei parametri geotecnici dei materiali.
Tab. 2.6. Prove di laboratorio in fase di esecuzione per i campioni raccolti nelle aree in frana.
Prova di laboratorio
N° di campioni
Determinazione del peso dell’unità di volume (UNI CEN ISO/TS 17892-2:2005)
Analisi granulometrica per vagliatura a secco (UNI CEN ISO/TS 17892-4:2005)
Analisi granulometrica per vagliatura a umido (UNI CEN ISO/TS 17892-4:2005)
Determinazione dei limiti di Atterberg (UNI CEN ISO/TS 17892-12)
Prova di taglio diretto su campione rimaneggiato con ricostituzione del provino
(UNI CEN ISO/TS 17892/10)
6
10
2
10
10
4.1 Inventario delle frane innescate dall’evento meteorico del 25 ottobre 2011
L’inventario delle frane sviluppato nell’ambito del presente studio si basa su un’analisi di dettaglio tramite
fotointerpretazione delle foto aeree post-evento commissionate dalla Regione Liguria il giorno 28 ottobre 2011
e di quelle rilevate della Protezione Civile della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia il giorno 28 novembre
2011 in concomitanza a rilievi laser scanner da aeromobile. Entrambi i rilievi aerei, non coprono
completamente il bacino in esame, ma solo la porzione medio-bassa. La mappatura delle frane da immagini
satellitari, che hanno minor risoluzione spaziale rispetto alle foto aeree ma coprono la superficie dell’intero
bacino, consentirà l’identificazione di eventuali fenomeni franosi nella parte alta del bacino verso Ovest,.
La fotointerpretazione delle immagini e i rilievi di campo hanno evidenziato un sostanziale addensamento di
fenomeni franosi, in particolare sui versanti esposti a Sud nella porzione orientale e nord-orientale del bacino.
Quest’area presenta le litologie più erodibili, alterate e scarsamente coesive, i rilievi sono meno acclivi, meno
vegetati se comparati ai versanti della porzione occidentale e sud-occidentale del bacino, separata dalla
porzione orientale e rialzata da sovrascorrimenti tettonici e faglie con direzione principale NO-SE. Tutte queste
caratteristiche costituiscono i fattori predisponenti dei fenomeni franosi.
Da una prima analisi delle frane finora rilevate e cartografate emergono due tipologie principali (Fig. 2.11): le
colate di terra e le frane di scivolamento diffuso. Entrambe le fenomenologie hanno carattere superficiale,
infatti le superfici di scivolamento/colamento e nicchie di distacco non superano i due metri dal piano
campagna e presentano dimensioni areali medio-piccole, differenziate a secondo del tipo di fenomeno.
28
Fig. 2.11 Mappa della distribuzione delle frane rilevate nel Bacino del torrente Pogliaschina
Più nel dettaglio, le colate di terra rappresentano circa il 50 % dei fenomeni cartografati, con una superficie
media per dissesto di circa 920 m2. Le colate di terra presentano nel territorio morfologie allungate e
incanalate, sviluppandosi prevalentemente lungo canali secondari effimeri. Il processo di innesco è legato ad
una intensa e repentina imbibizione del terreno, che staccandosi da monte, raccoglie detriti, suolo, acqua e
non di rado materiale legnoso lungo il suo percorso, fluidificandosi e generando un processo a cascata verso
valle, simile ai fenomeni di propagazione delle valanghe.
Altra classe di tipologia di frana frequente nel territorio in esame (circa il 30% dei fenomeni gravitativi
analizzati) è lo scivolamento superficiale diffuso, che può essere considerato lo stadio precursore delle altre
tipologie di fenomeni di scivolamento cartografati: presenta superfici piuttosto estese, in media di 1730 m2 per
dissesto, coinvolge sia superfici regolari, scarsamente vegetate e non molto acclivi, sia pendii terrazzati e
destinati alla coltivazione agricola. La rimozione del terreno è piuttosto irregolare, non creando una vera e
propria superficie di distacco; questi dissesti spesso alimentano le colate di terra e ed il trasporto solido nella
rete idrografica minore.
L’evoluzione dei processi di scivolamento diffusi sono i processi di scivolamento traslativi superficiali, la cui
perimetrazione è ben definita e la cui cinematica comporta un movimento in blocco del materiale di versante,
generalmente causata dall’erosione al piede del versante operata da rii e torrenti. Le frane superficiali per
scivolamento traslativo rappresentano circa il 19% dei fenomeni analizzati e presentano superfici medie di 550
m2 per dissesto.
Nella figura 2.12 si riportano alcuni esempi delle diverse tipologie di frane innescatesi a seguito dell’evento
alluvionale del 25 ottobre 2011.
29
(a)
Fig. 2.12. Tipologie di frane innescatesi a seguito dell’evento alluvionale del 25 ottobre 2011: (a), (b) Esempio di
colata di terra superficiale nei pressi dell’abitato di Cassana prima e dopo la fase di fotointerpretazione; (c)
esempi di frana di scivolamento superficiale diffuso nei pressi dell’abitato di Cassana; (d), (e) esempio di frana
di scivolamento superficiale traslativo a Sud della confluenza dei torrenti Cassana e Pogliaschina.
30
Sovrapponendo il tematismo delle frane alla carta delle pendenze (Fig. 2.13) si evince come la pendenza non
possa essere considerato un criterio per discriminare la franosità del territorio. Si osserva, semmai, una
maggior diffusione dei dissesti suii versanti esporti a Sud, che, nell’area oggetto di studio, non presentano
valori di pendenza distintivi.
Fig. 2.13. Mappa della distribuzione delle frane rilevate nel bacino del torrente Pogliaschina in funzione
della pendenza dei versanti calcolata sul modello digitale del terreno.
Nel complesso, l’area coinvolta dai fenomeni franosi copre circa il 2.3% della superficie totale del bacino del
torrente Pogliaschina, e può essere così descritta:
- circa 240000 m2 interessati da colate di terra superficiali;
- circa 50000 m2 interessati da frane superficiali per scivolamento traslativo;
- circa 270000 m2 interessati da frane di scivolamento diffuso superficiale.
Da un’analisi territoriale d’insieme, i fenomeni franosi si concentrano maggiormente lungo le valli dei torrenti
Cassana e Ginepro, e il maggior addensamento superficiale di fenomeni insiste lungo i pendii della dorsale
collinare su cui sorge l’abitato di Cassana.
Da un confronto con il catasto dei fenomeni franosi messo a disposizione dall’Autorità di Bacino Interregionale
del Fiume Magra e prodotto dall’Università di Pisa si osservano alcune differenze legate al numero di fenomeni
evidenziati e alla loro perimetrazione. Si sottolinea l’importanza anche in ambito cartografico di evidenziare le
singole fenomenologie, anche se in parte sovrapposte ad altre attigue, perché tale informazione promuove la
comprensione della dinamica di dissesto nonché la caratterizzazione del materiale coinvolto.
31
Come si è accennato in precedenza, è previsto un ulteriore confronto con la mappatura delle frane mediante
l’impiego contestuale di immagini satellitari e di modelli digitali del terreno. Al momento sembra emergere una
sottostima sia del numero, sia dell’estensione dei fenomeni franosi rilevati attraverso le immagini telerilevate.
Ciò appare ascrivibile principalmente al livello di accuratezza del DEM fornito dalla Regione Liguria, che
difficilmente può sfruttare e valorizzare l’elevata risoluzione spaziale delle immagini multispettrali e
pancromatiche rilevate il 28 ottobre 2011.
Nonostante le differenze riscontrate in questi ulteriori catasti frane, essi risultano entrambi utili alla
focalizzazione delle porzioni di territorio colpite da dissesto e per verificare la corretta perimetrazione delle
frane più estese o più evidenti, risultando in un efficace approccio metodologico.
4.2 Analisi della distribuzione delle frane
La carta inventario delle frane è stata posta in relazione alla geologia del territorio riferita alla cartografia CARG
in scala 1:25000, nell’ottica di evidenziare l’esistenza di un controllo strutturale su innesco, distribuzione e
tipologia degli eventi di dissesto idrogeologico. In particolare è stato osservato come il 74 % delle aree in frana
(grafico a) in Fig. 2.14) nel bacino insista sulle Arenarie di Monte Gottero, seguito dai depositi di frana che
prima dell’evento non mostravano indizi di evoluzione (7% delle aree in frana). Emergono importanti
considerazioni sulla distribuzione delle frane anche dal confronto con la diffusione delle diverse classi
geologiche nel territorio analizzato (grafico b) in Fig. 2.14): la litologia più diffusa, il Macigno, risulta
nettamente meno franosa delle Arenarie di Monte Gottero. La presenza di aree in frana in corrispondenza di
depositi alluvionali recenti ed attuali appare ascrivibile a depositi di frana che hanno raggiunto le zone di
fondovalle durante l’evento oggetto di studio.
Differenziando l’analisi sulla base della tipologia di evento franoso emergono dei risultati piuttosto simili
(Tabella 2.7): le aree dei tre tipi di frana che insistono sulle Arenarie di Monte Gottero mantengono valori
percentuali simili tra loro e nettamente superiori alle aree in frana su altri litotipi, seguiti dai depositi alluvionali
attuali e recenti e dai depositi di frana senza indizi di evoluzione.
Si evidenzia ulteriormente come sulle Arenarie di Monte Gottero si sia avuta la maggior parte delle frane, e
come, in prevalenza, le frane cartografate si concentrino per la quasi totalità nella parte medio-bassa del
bacino del Pogliaschina, in corrispondenza degli affioramenti di questa formazione. In questa parte del bacino
le frane si distribuiscono in maniera disomogenea, in particolare concentrandosi lungo i pendii rivolti a Sud.
L’esposizione dei versanti sembra causare un diverso grado di alterazione a parità di litotipo, spesso
traducendosi in una differenziazione della pendenza topografica tra i versanti settentrionali e meridionali. Ciò
va a sommarsi ad un diverso uso del suolo dei versanti rivolti a Sud, più diffusamente utilizzati per l’agricoltura.
32
(a)
b)
Fig. 2.14 (a) Grafico a torta della superficie del bacino soggetta a fenomeni di dissesto idrogeologico in
funzione della geologia del substrato; (b) Grafico a torta della suddivisione della superficie del bacino in
funzione della geologia del substrato.
Tabella 2.7. Valori percentuali di area in frana differenziati in funzione del tipo di movimento e della
geologia del substrato.
Tipo di dissesto
Percentuale di superficie in frana differenziata in
base al substrato geologico
-
Colata di terra superficiale
Scivolamento superficiale diffuso
-
Scivolamento traslazionale superficiale
-
76% su Arenarie di Monte Gottero;
9% su Depositi alluvionali attuali e recenti;
5% su Macigno
74% su Arenarie di Monte Gottero;
13% su Depositi di frana senza indizi di
evoluzione;
4% su Serpentiniti
74% su Arenarie di Monte Gottero;
7% su Depositi alluvionali attuali e recenti;
5% su Depositi di frana senza indizi di
evoluzione;
4% su Scaglia Toscana
Un ulteriore fattore che condiziona la distribuzione delle frane nel bacino è infatti l’uso del suolo: la figura 2.15
permette il confronto dei poligoni delle aree in frana con la carta dell’uso del suolo della Regione Liguria
redatta nel 2009.
33
Fig. 2.15 Mappa dell’uso del suolo del bacino del torrente Pogliaschina con sovrapposto il tematismo delle
frane innescate dall’evento alluvionale
Più in dettaglio, la figura Fig. 2.16 mostra che la maggiore incidenza delle aree in frana (24% del totale) si ha su
terreni con boschi a prevalenza di castagno, che rappresentano, peraltro, i popolamenti forestali più diffusi nel
bacino oggetto di studio (ricoprono infatti il 45% della superficie). Nel considerare la relazione fra uso del suolo
e distribuzione spaziale dei fenomeni franosi si deve ricordare che questi sono condizionati anche da un forte
controllo strutturale: estese zone boscate, con prevalenza di castagno, sono presenti su suoli derivati dal
Macigno nella parte superiore del bacino, che risultano poco propensi all’instabilità superficiale. Di fronte ad
un’incidenza sulla superficie del bacino molto minore di quella dei popolamenti dominati dal castagno, i boschi
con prevalenza di pino marittimo presentano un’incidenza dei fenomeni franosi solo moderatamente inferiore.
A ciò ha verosimilmente concorso il cattivo stato fitosanitario di questi popolamenti. Spicca, inoltre, la
diffusione delle frane nelle aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione, che pur coprendo una
piccola parte della superficie del bacino (4% della superficie totale), vedono la presenza di una significativa
superficie in dissesto (19% dell’area totale in frana). Differenziando le tre classi di fenomeni franosi in relazione
all’uso del suolo, sia nota che le colate di terra superficiali e gli scivolamenti traslativi superficiali sono
particolarmente diffuse in boschi a prevalenza di castagno (31% e 58% delle aree soggette a questi tipi di
movimenti gravitativi, rispettivamente), mentre gli scivolamenti superficiali diffusi insistono soprattutto su aree
a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione (30% dell’area totale soggetta a questo tipo di dissesto).
34
Fig.2.16. Confronto dell’uso del suolo espresso come percentuale della superficie totale del bacino del
Pogliaschina (istogramma rosso) e come percentuale della superficie totale di aree in frana (istogramma
blu).
Le frane che hanno interessato le aree agricole, pur se piuttosto limitate in termini di superficie complessiva,
presentano una notevole incidenza ove si consideri la limitata ampiezza delle aree agricole sui versanti del
bacino del torrente Pogliaschina (Fig. 2.16). Questo aspetto viene ulteriormente evidenziato nella figura 2.17,
che mostra le frane rilevate sul colle su cui sorge Cassana, l’area più densamente interessata da fenomeni di
dissesto idrogeologico. In questo settore del bacino la maggior parte delle frane si innesca in corrispondenza di
terreni occupati da vigneti, oliveti, oliveti abbandonati e vigneti misti ad oliveti, mentre le porzioni di terreno
ricoperte da boschi sono solo marginalmente coinvolte dai dissesti. Vista l’omogeneità strutturale del colle di
Cassana, costituito da una sequenza potente di Arenarie di Monte Gottero, si può dedurre come una scarsa
copertura arborea dei versanti esposti a Sud nel bacino, rappresenti un fattore predisponente all’innesco di
frane in concomitanza di eventi meteorici eccezionali. In questi contesti litologici con materiale sabbioso
prevalente, la presenza di terrazzamenti non soggetti ad una costante manutenzione ed un corretto drenaggio
delle acque superficiali può tradursi in un sovraccarico dell’intera coltre superficiale e quindi in un suo
cedimento. Canalizzazioni sia superficiali che sotto-superficiali potrebbero concorrere alla riduzione
dell’eccesso delle pressioni neutrali dei suoli in occasione di piogge di forte intensità.
35
Fig. 2.17. Carta dell’uso del suolo e della distribuzione delle frane in corrispondenza dell’abitato di Cassana.
5. Caratterizzazione geomorfometrica del bacino
5.1 Generalità e indici morfometrici di base
La base topografica utilizzata per l’analisi geomorfometrica del bacino del torrente Pogliaschina è
rappresentata dal DEM della Regione Liguria, in uso dall’Autorità di Bacino del Magra. Il DEM è stato fornito in
formato raster di ESRI ed è caratterizzato da una risoluzione di 10 m.
Il DTM del bacino del torrente Pogliaschina (25.2 km2) è stato estratto sulla base della delimitazione ufficiale
dell’Autorità di Bacino comprensiva di una fascia di 100 m di buffer per evitare errori di bordo nel computo dei
diversi parametri morfometrici che si è inteso derivare.
Le prime analisi GIS effettuate hanno riguardato la derivazione dei principali parametri morfometrici in grado di
completare la descrizione morfologica e topografica di base dell’area di studio: pendenza, esposizione e
curvatura. L’importanza di questi livelli informativi risiede nel ruolo chiave della topografia nel condizionare i
processi del ciclo idrologico ed erosivo nei piccoli bacini montani.
Le figure 2.18, 2.19, 2.20 e 2.21 presentano, rispettivamente, la mappa raster delle pendenze, delle esposizioni,
della curvatura di profilo e planare. Al fine di meglio evidenziare il contributo della curvatura planare e di
profilo nell’interpretazione della morfologia, la figura 2.22 mostra un’immagine di un settore della parte
centrale del bacino in cui questi due indici sono presentati unitamente a un’ortofoto.
La mappa raster delle aree contribuenti a ciascuna cella, che sarà utilizzata per il calcolo degli indicatori relativi
all’influenza della topografia sull’erosione ed il convogliamento del sedimento, è presentata nella figura 2.23.
La mappa dell’openness (Fig. 2.24) completa la caratterizzazione morfometrica di base del bacino del
Pogliaschina.
Nella carta delle pendenze (Fig. 2.18) si osserva una fascia, con andamento NO-SE, caratterizzata da una
pendenza piuttosto uniforme. Questa fascia corrisponde ad un sovrascorrimento con associate faglie normali
ad alto angolo e pieghe anticlinali. Questa struttura tettonica ha permesso alle unità più antiche (serpentiniti,
36
ofioliti, gabbri spesso inglobati a rocce argillose – Fig. 2.10) di venire a giorno, determinando un evidente
cambio delle pendenze in sua corrispondenza.
Si può inoltre osservare un evidente cambio di pendenza tra le porzioni di territorio poste a Est ed a Ovest della
fascia tettonica centrale del bacino, fatto attribuibile alle caratteristiche geomeccaniche delle diverse
formazioni presenti (Fig. 2.10). Nello specifico, le Arenarie di Monte Gottero, che affiorano nella parte inferiore
del bacino, sono costituite da depositi torbiditici in strati di spessore anche notevole (in media di 3 m), il cui
rapporto arenarie/pelite è superiore a 4, seppur in certe aree la porzione pelitica risulti prevalente (carta
geologica CARG alla scala 1:50000 - note illustrative del Foglio 248-La Spezia). Nell’area in esame le Arenarie di
Monte Gottero presentano granulometria media-grossolana, mediamente compattate ma con scarso cemento,
il che le rende estremamente erodibili agli agenti esogeni e quindi originano topografie con rilievi poco acclivi.
A Ovest della fascia centrale, ovvero nella parte superiore del bacino, si riscontra la formazione torbiditica del
Macigno, caratterizzata nell’area in studio da arenarie medio-grossolane con ricorrenti strati potenti a tessitura
massiva, cementati e compatti, a cui si accompagnano livelli discontinui di arenarie conglomeratiche e clasti
appiattiti argillitici e calcareo-marnosi. Queste caratteristiche determinano una maggiore resistenza
all’alterazione da parte del Macigno rispetto le Arenarie di Monte Gottero e perciò i rilievi che formano
presentano pendenze maggiori.
37
Fig. 2.18. Carta delle pendenze derivata dal DEM della Regione Liguria (risoluzione di 10 m).
38
Fig. 2.19. Carta delle esposizioni derivata dal DEM della Regione Liguria (risoluzione di 10 m).
39
Fig. 2.20. Carta della curvatura di profilo derivata dal DEM della Regione Liguria (risoluzione di 10 m).
40
Fig. 2.21. Carta della curvatura planare derivata dal DEM della Regione Liguria (risoluzione di 10 m).
41
Fig. 2.22. Ortofoto, curvatura di profilo e curvatura planare
in un’area campione del bacino del torrente Pogliaschina.
42
Fig. 2.23. Carta dell’area drenata derivata dal DEM della Regione Liguria (risoluzione di 10 m).
43
Fig. 2.24. Mappa dell’openness del bacino del torrente Pogliaschina.
44
5.2 Indici morfometrici espressivi della dinamica del sedimento
5.2.1 Indice di connettività del sedimento IC
Ai fini del calcolo dell’indice di connettività IC, è necessario assegnare a ciascuna cella un valore del fattore W,
espressivo dell’impedenza al convogliamento del sedimento.
Nella tabella 2.8 si riportano i valori del fattore C della USLE (Borselli et al., 2008) utilizzati come fattore peso
W. .
Tabella 2.8. Valori del fattore C della USLE utilizzati come fattore peso W per il calcolo dell’indice di connettività
nel bacino del torrente Pogliaschina.
Uso del Suolo
Fattore C
Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione
0.006
Aree prev. occup.da colture agrarie, con spazi nat.
0.05
Boschi di conifere
0.001
Boschi di latifoglie
0.001
Boschi misti
0.001
Sistemi colturali e particellari permanenti
0.1
Spiagge, dune, sabbie
0.9
Tessuto urbano discontinuo
1
Vegetazione erbacea
0.04
Il calcolo di IC nel bacino oggetto di studio è stato effettuato considerando tre diversi target (aree ricettrici): (i)
la sezione di chiusura del bacino a Borghetto (Fig. 2.25), (ii) la rete idrografica principale (come da
classificazione dell’AdB Magra) (Fig. 2.26), (iii) la statale Aurelia (Fig. 2.27).
La mappa dell’indice di connettività con riferimento alla sezione di chiusura del bacino del torrente
Pogliaschina (Fig. 2.25) mette in evidenza le aree in cui è maggiore la probabilità che il sedimento, se presente,
raggiunga la sezione di chiusura del bacino. Le aree con elevato valore di IC sono le zone in prossimità di
Borghetto di Vara, zona densamente urbanizzata, e dell’abitato di Cassana, dove oltre all’urbanizzazione anche
la forte pendenza riveste un ruolo importante nella dinamica del sedimento. Una buona connettività
caratterizza anche la zona prativa in testata del bacino del torrente Cassana, che seppur distante
idrograficamente dalla sezione di chiusura, è potenzialmente in grado di consentire un efficace convogliamento
del sedimento al corso d’acqua principale che a sua volta risulta molto ben connesso al target prescelto. È
interessante notare come questo indice, seppur di natura piuttosto semplice, sia in grado di evidenziare
situazioni particolari legate alla dinamica del sedimento come, ad esempio, i medio-alti valori di connettività di
quattro bacini di testata nella porzione meridionale del bacino del torrente Redarena in un’area caratterizzata
da bassa connettività imputabile alle basse pendenze dovute al sovrascorrimento con associate faglie normali
ad alto angolo e pieghe anticlinali (vedasi precedente sezione). In generale, si può notare che il bacino del
torrente Pogliaschina è mediamente contraddistinto da valori inferiori di IC rispetto ai bacini del torrente
Cassana e del torrente Redarena, a meno di alcune zone in prossimità della confluenza con il Cassana e
dell’abitato di L’Ago.
45
Fig. 2.25. Indice di connettività IC calcolato con riferimento alla sezione di chiusura del bacino.
Fig. 2.26. Indice di connettività IC calcolato con riferimento alla rete idrografica principale.
46
I pattern di connettività cambiano notevolmente se si considera il reticolo idrografico principale, come da
classificazione dell’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra, come target per il calcolo (Fig. 2.26). In
questo caso, elevati valori di IC si riscontrano, come era prevedibile attendersi, nei versanti sovrastanti i corsi
d’acqua considerati come principali con i valori più alti nei versanti del torrente Cassana che sono
contraddistinti da maggior pendenza e minor distanza idrografica per raggiungere il corso d’acqua rispetto a
quelli del torrente Pogliaschina. Relativamente poco efficace risulta il potenziale convogliamento del sedimento
nel bacino del Redarena, principalmente per l’assenza di idrografia classificata come principale, e per la
porzione del bacino del Pogliaschina a monte della confluenza tra Pogliaschina e Pogliasca.
Fig. 2.27. Indice di connettività IC calcolato con riferimento alla Statale Aurelia.
Per finalità gestionali può essere particolarmente utile considerare un elemento sensibile (e.g. viabilità, aree
densamente popolate, serbatoi, ecc.) come target per il calcolo dell’Indice di Connettività. Nel caso oggetto di
studio, si è scelta la Statale Aurelia, che attraversa la parte settentrionale del bacino e che ha presentato
diverse problematiche connesse a frane superficiali e colate di detrito nel corso dell’evento alluvionale, come
elemento di interesse (Fig. 2.27). La lettura di questa mappa richiede un criterio diverso rispetto alle due
mappe presentate in precedenza: in questo caso, assume importanza il confronto relativo dei valori di IC tra i
diversi bacini interessati dalla strada statale. I valori assegnati alle altre porzioni del bacino, se la loro continuità
idrologica non è interrotta dalla strada statale (i.e. bacini dei torrenti Cassana e Redarena), sono riferiti alla
sezione di chiusura.
47
5.2.2 Distribuzione dei fenomeni franosi e indice di connettività del sedimento
La carta inventario delle frane è stata posta in relazione con l’indice di connettività del sedimento IC, calcolato
in relazione sia alla rete idrografica principale (Fig. 2.28), sia alla sezione di chiusura del bacino (Fig. 2.29).
Questa analisi può servire per identificare le aree in frana che presentano la maggiore probabilità di interagire
con i corsi d’acqua principali o di pervenire alla chiusura del bacino.
In generale si osserva una buona correlazione tra le aree a maggior concentrazione di poligoni di frana e le aree
a maggior Indice di Connettività (IC), sia esso calcolato rispetto al reticolo idrografico o alla sezione di chiusura.
In parte ciò è ascrivibile alla prevalente ubicazione delle frane nella parte inferiore del bacino, posta a minor
distanza dalla sezione di chiusura ed i cui versanti contribuiscono direttamente alla rete idrografica principale.
Peraltro, il bacino del torrente Redarena, pur confluendo nel Cassana, presenta un indice di connettività del
sedimento relativamente basso e ciò vale, di conseguenza, anche per le frane in esso presenti. Ciò ribadisce
come l’indice IC non costituisca un mero surrogato di indici morfometrici più semplici, come per esempio la
distanza da un dato punto del bacino, e, nel caso dell’analisi dei fenomeni franosi, possa fornire indicazioni non
scontate sul diverso grado di connettività.
In particolare, i fenomeni franosi che nel bacino del Pogliaschina presentano più alta connettività con il reticolo
idrografico principale sono gli scivolamenti superficiali diffusi seguiti dalle colate di terra superficiale (Tab. 2.9).
Fig. 2.28. Mappa dell’indice di connettività IC del bacino del torrente Pogliaschina calcolato rispetto al
reticolo idrografico principale con sovrapposto il tematismo delle frane innescate dall’evento alluvionale.
48
Osservando la mappa dell’Indice di Connettività calcolato rispetto alla sezione di chiusura (Fig. 2.29), si osserva
che i valori di IC riferiti ai tre tipi di frana sono molto simili tra loro e mediamente più bassi rispetto ai rispettivi
IC calcolati sul reticolo idrografico principale (Tab. 2.9). I valori di deviazione standard associate a questi valori
medi sono inoltre inferiori rispetto i valori associati agli IC medi del caso (a) della Tab. 2.9, fatto imputabile sia
ad un contributo maggiore dei fenomeni di frana più vicini alla sezione di chiusura, sia ad una minore
dispersione delle aree con valore simile di IC (si confronti a tal proposito la Fig. 2.28 con la Fig. 2.29). I valori
massimi di IC rispetto la sezione di chiusura si hanno per le colate di terra superficiali, di poco superiori ai valori
massimi di IC associati agli scivolamenti superficiali diffusi.
Fig. 2.29. Mappa dell’indice di connettività IC del bacino del torrente Pogliaschina calcolato rispetto la
sezione di chiusura, con sovrapposto il tematismo delle frane innescate dall’evento alluvionale.
Infine, sono stati analizzati i valori medi di connettività delle frane rispetto alla viabilità principale (statale
Aurelia) (Fig. 2.30); dalla figura emerge un positivo riscontro tra la mappa della connettività e la densità dei
poligoni di frana, più frequenti sul versante sinistro della valle e con una differenziazione dell’intervallo di
connettività che rispecchia la posizione delle frane rispetto al fondovalle.
Si può concludere che gli apporti di materiali solido meglio connessi al reticolo idrografico sono dovuti
maggiormente alle dinamiche di versante nelle parti inferiori delle valli dei torrenti Pogliaschina e Cassana. In
particolare, i versanti esposti a sud apportano il maggior contributo di materiale solido nella forma di
scivolamento superficiale diffuso. Gli apporti di materiale solido meglio connessi alla sezione di chiusura sono
principalmente collegati alla valle del torrente Cassana e ai versanti che circondano l’abitato di Borghetto di
Vara. In queste porzioni di territorio i tipi di frana meglio connessi alla sezione di chiusura sono le colate di
terra superficiale e i scivolamenti superficiali diffusi.
49
.
Fig. 2.30. Mappa dell’indice di connettività IC del bacino del torrente Pogliaschina calcolato rispetto la
viabilità stradale (Statale Aurelia), con sovrapposto il tematismo delle frane innescate dall’evento
alluvionale
Tabella 2.9. Risultati delle analisi statistiche dell’indice di connettività IC delle frane per due diverse aree
ricettrici: (a) il reticolo idrografico e (b) la sezione di chiusura. ‘Count’ indica il numero di pixel classificati da un
IC che ricadono nei poligoni di frana per una data tipologia; ‘Area’ indica l’area totale sottesa da tutti i poligoni
di frana di una classe; ‘IC Min’, ‘Max’, ‘Range’, ‘Mean’ e ‘StdDev’ indicano rispettivamente il valore minimo,
massimo, il range di variazione, la media e la relativa variazione standard dell’Indice di connettività in esame.
(a)
IC rispetto al reticolo idrografico
Tipo
Count
Area
(m2)
IC
Min
IC
Max
scivolamento traslazionale
superficiale
521
52100
-10.7
-1.52
9.18
-8.81
1.73
colata di terra superficiale
2355
235500
-10.71
-0.59
10.13
-8.02
2.04
scivolameno superficiale
diffuso
2634
263400
-10.84
0.45
11.29
-7.78
2.42
(b)
IC
IC
Range Mean
IC
StdDev
IC rispetto alla sezione di chiusura
Tipo
Count
Area
(m2)
IC
Min
IC
Max
scivolamento traslazionale
superficiale
518
51800
-10.82
-5.32
5.50
-9.74
1.03
colata di terra superficiale
2377
239000
-10.91
-4.16
6.75
-9.57
1.06
scivolameno superficiale
diffuso
2645
265100
-11.29
-4.29
7.00
-9.57
1.19
50
IC
IC
Range Mean
IC
StdDev
5.2.3 Indice di stream power SPI
La mappa dell’indice SPI per il bacino del torrente Pogliaschina è presentata nella figura 2.31. Rispetto all’Indice
di Connettività illustrato in precedenza, si può notare come in questo caso la pendenza giochi un ruolo
preponderante nella determinazione dell’indicatore. Nonostante la sua intrinseca semplicità, SPI è comunque
in grado di fornire una preziosa informazione sul controllo topografico dell’intensità dei processi di erosione a
scala di versante e, soprattutto, di trasporto solido lungo la rete idrografica. Per poter analizzare quest’ultimo
aspetto è essenziale estrarre un reticolo sintetico dal DEM di partenza che sia il più fedele possibile
all’idrografia realmente presente all’interno del bacino. Secondo diversi autori (e.g. Montgomery e FoufoulaGeorgiou, 1993 e Desmet et al., 1999), indici geomorfometrici che combinano l’area contribuente e la
pendenza locale sono in grado di identificare in modo più affidabile rispetto ai metodi basati su semplici soglie
di area drenata i possibili punti di inizio dei collettori che costituiscono la rete idrografica.
Fig. 2.31. Mappa dell’indicatore SPI.
5.2.4 Indice DENET
Si rammenta che la determinazione dell’indicatore DENET presuppone l’estrazione della rete idrografica
sintetica dal DEM del bacino. Utilizzando la mappa di SPI, i punti di inizio della rete idrografica possono essere
identificati in corrispondenza di celle, ricadenti in aree di convergenza topografica, nelle quali l’indice superi un
determinato valore soglia. Il confronto fra diversi reticoli sintetici estratti dal DEM con soglie variabili e la rete
idrografica dell’Autorità di Bacino del Magra ha portato alla scelta di una soglia di SPI pari a 50 m.
Le figure 2.32 e 2.33 presentano, rispettivamente, la mappa risultante dall’applicazione di DENET nel bacino del
torrente Pogliaschina ed i valori assunti da questo indicatore in un tratto della valle del torrente Cassana. Non
appare sorprendente che i valori più elevati di tale indice, espressivi di tratti piuttosto lunghi e continui di celle
51
a basso indice di stream power, si collochino nelle parti inferiori delle aste torrentizie principali (Fig. 2.32). Si
può rilevare che la presenza di condizioni topografiche tendenzialmente poco favorevoli al trasporto solido non
ha impedito che, in occasione della piena del 25 ottobre 2011, si determinassero vistosi allargamenti degli alvei
e cospicue quantità di sedimento e di legname venissero trasportate verso la parte terminale del bacino. E’
opportuno tuttavia, segnalare, a questo riguardo, che queste parti della rete idrografica hanno visto anche la
presenza di depositi alluvionali e di accumuli legname, specie in tratti d’alveo a bassa pendenza, solitamente
correttamente identificati da DENET.
Fig. 2.32. Mappa dell’indicatore DENET.
52
Fig. 2.33. Mappa raster dell’indicatore DENET sovrapposta ad un’ortofoto successiva all’evento del 25 ottobre
2011 in un settore della valle del torrente Cassana.
53
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