Il pennello del giovane Guidobono in un piatto “reale”
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Il pennello del giovane Guidobono in un piatto “reale”
Il pennello del giovane Guidobono in un piatto “reale” di Guido Farris e Paola Roseo Maiolica Piatto reale (diametro cm 45). La decorazione nello stile “a tappezzeria” ha nel cavetto la rappresentazione del tema Allegoria della musica ed è stata eseguita da Bartolomeo Guidobono nel periodo dal 1669 al 1671. Collezione privata, Genova. Casualmente venuto alla nostra osservazione, un grande piatto di maiolica decorato in monocromia blu ha rivelato qualità tali da richiamare una particolare attenzione ed ha sollecitato la messa in opera di un idoneo approfondimento storico ed estetico. Si tratta di un “piatto reale” (diam. cm 45) di fabbrica savonese (ha la marca dello stemma di Savona sul fondello) che presenta una decorazione nella quale si colgono importanti particolari di eccezionale valore artistico e di inconsueta bellezza. È purtroppo andato incontro ad una rottura che lo ha ridotto in quattordici frammenti e risulta essere stato ricomposto in modo discretamente corretto. Non è però andato perduto alcun pezzo e per fortuna le linee di frattura hanno interessato la decorazione in modo trascurabile. Dalle ricerche fino ad ora effettuate non abbiamo trovato alcuna notizia del piatto che ha attirato la nostra attenzione. È verosimile pensare che lo stato di frammentazione ed uno sfortunatissimo difetto di cottura che, pur essendo di pochi millimetri, è andato a deturpare proprio il volto di uno dei personaggi, siano stati di ostacolo all’interesse di un approfondito esame. Ed è però curioso che nessuno studioso di ceramica ligure abbia mai avuto l’opportunità di osservarlo perché siamo certi avrebbe sentito la necessità di sottolinearne il livello della qualità pittorica, livello non facilmente constatabile nella moltitudine di prodotti ceramici savonesi del XVII secolo, decorati solitamente da quei mediocri copiatori, come risulta fossero piuttosto frequentemente i “pittori di bottega”. In realtà non sono molti i nomi di pittori illustri che possiamo elencare tra i decoratori della maiolica savonese. Questo fatto viene a giustificare il suggerimento di approfondire l’osserva- Maiolica La marca “Stemma di Savona” sul fondello del Piatto reale. zione quando si constatino elevate qualità decorative come sono quelle che abbiamo scoperto nel nostro “piatto reale” frantumato. È pressocché superfluo ricordare come sia impossibile stabilire una qualche paternità esecutiva quando lo si voglia fare per maioliche liguri decorate nello stile “calligrafico naturalistico”, dato che le elaborazioni basate sugli schemi orientali non concedevano mai uno spazio sufficiente per riuscire ad esporre in modo personale i valori decorativi. È quando la decorazione diventa rappresentazione descrittiva, mostrando l’accettazione dei modi dell’ “istoriato” - il raccontare e del suo insegnamento e si giunge allo stile “a scenografìa barocca” ed alla sua affermazione, cioè quando compaiono rappresentazioni di personaggi e di paesaggi, che diventa possibile per il pittore esprimersi con una grande libertà ed evidenziare così il proprio modo di ricopiare una stampa o di vedere ed interpretare la realtà. Ma anche nello stile “a tappezzeria” possiamo trovare - con limiti che non eccedono quasi mai lo spazio del cavetto - rappresentazioni di personaggi isolati o raggruppati e di scenette che sarebbero stati in maggiore coerenza con la “scenografìa barocca” e che inducono quindi a pensare a commistioni stilistiche di probabile significato transizionale. Il “piatto reale” sul quale abbiamo soffermato la nostra attenzione è proprio da annoverare - per i prodotti savonesi in maiolica attribuibili allo stile “a tappezzeria”- tra quelli che non hanno voluto rinunciare a “raccontarci”, con una bella scenetta animata da quattro figure, il piacere di eseguire o di ascoltare una gradevole composizione musicale. Nel rispetto della tradizione, la scenetta occupa il cavetto e mostra al centro una figura femminile seduta che suona il violino1, ha alla sua sinistra un putto alato ed è accostata, alla sua destra, ad una figura maschile seduta - quella con il volto deturpato dal difetto di cottura che suona una lunga tromba2. Alla destra di questo gruppetto si trova, a breve distanza, un putto nudo seduto che ha sulla spalla sinistra un indumento svolazzante e suona anch’egli una tromba di foggia affine alla precedente; occupa una zona che si trova un po’ al di là di quella spettante al cavetto (che non fruisce però di alcuna cornice delimitante) giungendo quasi ad invadere le proprietà dell’ingiro. La disseminazione di piccole raffigurazioni - quelle proprie dello stile “a tappezzeria” - risulta molto genero49 Nella parte centrale del cavetto vi è una figura femminile che suona il violino; alla sua destra una figura maschile che suona una lunga tromba e alla sua sinistra un putto alato. Particolare con la suonatrice di violino. Staccato dal gruppo e seduto alla sua destra il putto che suona la tromba. 50 sa e prova ad occupare con approssimata simmetria molta parte della superficie. La partecipazione maggiore è costituita da piccoli cespi fogliati o felciformi che ricordano i modelli delle porcellane Wanli, ma non sono tralasciate le piccole corolle o le presumibili farfalle. Nello spazio che è alla sinistra e al di sopra della coppia di suonatori si trovano massicce costruzioni con solide mura e altre costruzioni, con le stesse caratteristiche di solidità, sono presenti sulla tesa ai due lati ed al di sotto del cavetto. Sia il cavetto che la tesa fruiscono - nella loro parte superiore - di sei schematiche nuvolette globulari, quelle che caratterizzano lo stile “a tappezzeria”. Dall’osservazione da noi compiuta ci è parso di dover sottolineare: un armonioso ed elegante progetto decorativo ed una sua attenta stesura, una diligente esecuzione di tutti gli elementi compositivi non esclusi quelli che - avendo solo funzioni riempitive - avrebbero potuto essere considerati di minore importanza, una severa attenzione anche per quegli elementi che, come i complessi di costruzioni, hanno sempre un ruolo di secondo piano, una corretta posizione del tronco e degli arti per tutte quattro le figure rappresentate (figure che risultano ritratte in atteggiamenti diversi e di grande spontaneità), un disegno che attribuisce alla testa ed al viso dei tre personaggi (escludiamo ovviamente quello deformato dal difetto di cottura) una notevole bellezza ed una gradevole espressione. Una decorazione di notevole correttezza e di elevata qualità, dunque, che conferiva al manufatto indiscutibili valori nettamente differenziabili dalla produzione ceramica corrente e suggeriva la necessità di ricercare l’artista al quale attribuirla. Ne conseguiva evidentemente l’obbligo di ricorrere al maggior numero possibile di confronti nel tentativo di trovare analogie sufficienti ad avvalorare una qualche ipotesi attributiva. Numerosi elementi suggerivano di Maiolica condurre la ricerca soprattutto nell’ambito dei pittori, ma non potevamo contare questa volta sul prezioso aiuto di rappresentazioni di significato laudativo od ammirativo o di blasoni araldici che riportassero ad un qualche straordinario evento e potessero quindi fornire elementi informativi per la datazione3. Quello che stavamo osservando era solo un manufatto in maiolica di buon censo mercantile in quanto appartenente alla categoria “piatti reali” ma niente di più, non possedeva alcun carattere indicativo... era stato commercializzato nonostante fosse portatore di un difetto di cottura, probabilmente però come prodotto di seconda qualità. Sicché l’unico ausilio sul quale si potesse fare affidamento per riuscire a formulare ipotesi attributive era proprio quello che avrebbe potuto provenire dalla scoperta di analogie esistenti nel modo di eseguire le singole raffigurazioni o i loro dettagli. L’esistenza di possibili confronti è stata cercata esplorando disegni, incisioni, dipinti, affreschi e decorazioni su maiolica del XVII secolo. Tralasciando ovviamente di riportare una lunga ed inutile elencazione di analogie dubbie, diciamo subito che una delle possibilità di confronto è quella che ci è stata offerta dall’osservazione delle decorazioni policrome che si trovano sui piatti in maiolica del servizio che esibisce lo scudo araldico di Ludovico Emmanuel Fernandez de Portocarrero timbrato da cappello di dignità gerarchica cattolica4. Osservando gli esemplari di questo corredo ci è parso fosse possibile praticare confronti: con la capacità di illustrare volti dall’aspetto molto gradevole e con una espressione molto personalizzata, con una accentuazione piuttosto marcata dei segni che ritraggono le componenti fisionomiche - occhi, naso, bocca -, con un ciuffo di capelli che occupa la regione frontale o fronte-parietale e che si muove in coerenza con i movimenti del capo o lasciando presumere l’effetto di Maiolica un soffio di vento, con atteggiamenti posturali che espongono con frequenza una torsione del tronco, con una armoniosa gestualità degli arti superiori, con la linea delle massicce costruzioni presenti in secondo piano. La decorazione dei piatti appartenenti al servizio del cardinale de Portocarrero, che sono privi di qualsiasi marca, è stata attribuita da tempo5 a Bartolomeo Guidobono proponendone una collocazione cronologica tra il 1680 ed il 1690. Ora possiamo giovarci però di una importante informazione di cui non disponevamo nel 1992 quando formulammo questa proposta e cioè che il cardinale de Portocarrero si era trovato a Savona l’11 aprile 1670 e che potrebbe in quell’occasione avere “...osservato la lavorazione della maiolica...” 6. Si tratta di un dato di grande valore e ci rammarichiamo di non averlo conosciuto al momento dell’attribuzione a Bartolomeo Guidobono. È verosimile che il cardinale possa aver deciso di entrare sollecitamente in possesso di un servizio in maiolica savonese che portasse le sue insegne aral- Uno dei piatti con le armi del cardinale Ludovico Emmanuel Fernandez de Portocarrero, attribuito a Bartolomeo Guidobono. diche e ne abbia chiesto l’esecuzione al momento del suo breve soggiorno savonese nel quartiere delle officine ceramiche, ma nulla ci vieta ovviamente di pensare che la committenza non possa essere stata fatta in un periodo precedente alla sua sosta savonese dell’ 11 aprile 1670. Ci sembra importante ricordare che Bartolomeo Guidobono nel 1670 aveva soltanto sedici anni e ne consegue che, se può essere accettata la possibilità che abbia eseguito la decorazione del servizio commissionato dal cardinale, ci troviamo di fronte ad uno stupendo esempio, difficilmente eguagliabile, di pittura su maiolica che deve essere annoverato tra i capolavori dell’arte ceramica savonese ma eseguito in età eccezionalmente giovanile. Per molte delle analogie che abbiamo creduto di sottolineare tra il piatto reale con i musicanti ed i piatti del cardinale di Portocarrero, abbiamo tro- 51 vato conferme piuttosto convincenti anche in decorazioni su maioliche che Bartolomeo ha poi eseguito nel 16807 e nel 16838 così come in affreschi del 16909 e in disegni del 169910. Ma riteniamo qui necessario richiamare l’attenzione su qualche particolare dettaglio della decorazione presente sul piatto reale frantumato dopo averlo sottoposto ad un esame particolarmente attento e prolungato con l’ausilio di strumenti di ingrandimento. Ci è parso di notevole interesse il fatto di aver colto qualche piccola incertezza esecutiva nella rappresentazione delle estremità delle figure e nella loro partecipazione gestuale. Le mani ed i piedi sono utilizzabili come elemento di riferimento in tutte le esecuzioni di Bartolomeo e rappresentano nel suo lavoro solo un dettaglio compiuto che si trova in silente armonia con le restanti parti della figura. Nel caso dei musicanti e dei putti che vedevamo sul piatto reale avevano caratteri sufficienti per esprimere un lievissimo accento dissonante che era soprattutto percettibile se lo si confrontava con la stupenda ed irreprensibile espressione dei volti (vedasi in particolare quello della violinista). Non ci sembra sufficientemente rilevante questa incoerenza per influenzare la nostra proposta di attribuire a Bartolomeo Guidobono l’esecuzione della decorazione del piatto reale, ma è certamente importante che se ne debba tenere conto ai fini della datazione. È possibile infatti che qualche lieve incertezza esecutiva debba essere messa in rapporto con il fatto che l’artista non fosse ancora in possesso di una manualità ripetitiva così elevata da poter contare su una completa spontaneità e su una indifferente sicurezza del segno. Veniamo quindi a trovarci anche per questa ragione nella necessità di interpretare l’esemplare decorativo di Bartolomeo come un lavoro eseguito in età molto giovanile e forse un poco precedente a quello dei piattini del cardinale di Portocarrero. Proponiamo che l’esecuzione possa essere collocata tra il 1669 ed il 1671, periodo nel 52 Bartolomeo Guidobono, “La Verità scoperta dal Tempo”, collezioni d’arte di Banca Carige. quale Bartolomeo si trovava tra i quindici ed i diciassette anni. Crediamo che non sia poi così difficile accettare queste proposte di datazione se si tengono presenti le condizioni di un apprendistato che probabilmente ha avuto il suo inizio in una età molto precoce ma che è comunque maturato in quell’ambiente in cui Bartolomeo aveva trascorso la sua fanciullezza osservando il quotidiano lavoro del padre, Giovanni Antonio, che decorava gli oggetti in maiolica. La datazione nella quale abbiamo proposto di collocare quest’opera potrebbe avvalorare, se fosse considerata accettabile, il presunto inizio del suo lavoro di pittore a partire dal tempo che potrebbe essere quello dell’ultima parte del suo apprendistato vero e proprio ma forse non ancora del tutto compiuto. Abbiamo letto che “Si ritiene che (Giovanni Antonio Guidobono) abbia impartito lezioni di pittura ai suoi figli... sin dalla loro età di dodici anni”11. Se le nostre ipotesi di datazione fossero sufficientemente convincenti, dobbiamo ammettere che, tanto il “piatto reale” frantumato quanto il servizio con le armi del cardinale Ludovico Emmanuel Fernandez di Portocarrero, costituiscono un prezioso documento per attestare la precocità del talento artistico di Bartolomeo Guidobono. Tenuto conto del fatto che “Il laboratorio Guidobono è ancora operoso nel novembre del 1673”12 si potrebbe anche discutere come verosimile l’ipotesi che le decorazioni su maiolica che abbiamo attribuito all’opera dell’adolescente Bartolomeo nel periodo che va dal 1669 al 1672, potrebbero invece dover essere assegnate alla mano del di lui padre Giovanni Antonio. Ma il confronto che può essere effettuato attraverso l’esame di quanto è stato assegnato a Giovanni Antonio è di una evidenza così spiccata da escludere la presa in considerazione di questa ipotesi13. Il disegno e la realizzazione pittorica di Bartolomeo si allontanano infatti in maniera inequivocabilmente evidente da quanto sapesse eseguire il di lui padre e maestro. Per quanto si possa presumere infine sulla scelta del tema decorativo, che ci sembra potrebbe essere contenuto in un titolo come “Allegoria della musica”, è presumibile che il ripetersi di disegni e di dipinti nei quali venivano rappresentati nel XVII secolo gli esecutori di musica - di solito in piccoli gruppi - possa aver attirato l’attenzione del giovane Bartolomeo nel tempo in cui già si proponeva come precoce e straordinario decoratore di maioliche. Che poi il suo punto di riferimento - su questo tema decorativo - possa essere stato il Piola che, come è noto14, aveva proposto frequenti rappresentazioni dell’“Allegoria della musica”, è particolarmente importante per il fatto che il rapporto intercorrente tra i Guidobono ed il Piola era tale da lasciar supporre che Bartolomeo possa aver avuto modo di vederne qualcuna di queste figurazioni e sia stato attratto a tal punto dal tema da volersi poi cimentare in una sua realizzazione, ritrattandolo però in modi suoi e del tutto diversi, quelli che abbiamo trovato sul piatto reale appunto. A meno che dell’ “Allegoria della musica” non abbia avuto modo di osservare una qualche rappresentazione da poter usare come modello... è una rappresentazione che non siamo riusciti pe- Maiolica rò a scoprire nelle nostre prolungate ricerche ma che speriamo altri ci vogliano segnalare. In un importante volume - al quale potrebbe annettersi il valore di punto di riferimento per precisare la collocazione dell’attività di Bartolomeo Guidobono nell’ambito dell’arte - abbiamo trovato che “...Fu nel 1679 che Bartolomeo Guidobono... divenne sacerdote ed inaugurò la propria carriera pittorica affrescando la Cappella Crocetta a Savona...”15. Poiché Bartolomeo Guidobono nel 1679 aveva venticinque anni, dovremmo ritenere che sia quella l’età nella quale ebbe inizio la sua professione di pittore. Ma questa affermazione non tiene conto di un fatto al quale riteniamo si debba attribuire molta importanza, e cioè che la “carriera” di Bartolomeo ha avuto inizio molto tempo prima con la pittura su maiolica. A meno che la pittura su maiolica debba essere considerata non meritevole del titolo di “pittura”. Certo, viene chiamata “decorazione”... di solito. Ma quella eseguita da Bartolomeo non può essere sicuramente vista con l’aggettivazione, del resto desueta, di “minore” e che comunque ha - nei suoi lavori - ben più che sufficienti caratteri distintivi rispetto a quella normalmente eseguita dai “decoratori di bottega”. Siamo ora in possesso di elementi che pensiamo siano sufficienti a dimostrare, con una attendibilità scarsamente discutibile, che, già tra il 1669 ed il 1672, e quindi quando si trovava tra i quindici ed i diciotto anni, Bartolomeo ha eseguito un buon numero di pitture su maiolica, molte delle quali verosimilmente su precisa committenza. Dieci anni quindi (o quasi... e chissà se non possano essere anche di più?) prima degli affreschi alla Crocetta. È piuttosto difficile ammettere che alla “carriera pittorica” possa essere stato attribuito il significato di una esplicita esclusione della “pittura su maiolica”, quella che Bartolomeo ha continuato presuntivamente ad eseguire professionalmente fino al 1674 Maiolica riera pittorica” e dimostrando la non comune precocità del suo geniale e naturale talento. Possono anche costituire una utilissima e preziosa fonte esemplificativa di riferimento per i confronti e per lo studio dello sviluppo dell’attività artistica del Prete savonese. Note e bibliografia AUTORE non riportato, Il mondo della musica. Ed. Garzanti, Milano 1956, voce “violino” col. 2507: Verso il 1600 il violino - soprano del quartetto a corde - veniva chiamato “violino piccolo”. Sempre nel medesimo periodo assunse la forma definitiva per mano dei liutai cremonesi. 2 AUTORE non riportato, 1. c., voce “tromba” (XVII sec.), col. 2513: Nel XVII secolo la tromba aveva forma simile a quella d’oggi ma era realizzata in metallo più pregevole, aveva padiglione ed imboccatura più ampi che danno un suono più morbido (la tromba a pistoni appare dopo il 1830). 3 G. FARRIS, Per la storia d’un capolavoro dell’arte ceramica savonese. A partire da un’insegna araldica, “La Casana”, Genova 2003, p. 54. G. FARRIS, Sottocoppa traforato in maiolica di produzione savonese: analisi ed interpretazione di una decorazione guidoboniana, in corso di pubblicaz. 4 A. CAMEIRANA, Ceramica in “Bartolomeo e Domenico Guidobono” a cura di M. Newcome Schleier, Torino 2002, da tav. LIXa a tav. LIXg. 5 G. FARRIS, Ceramica in “Genova nell’Età Barocca” a cura di E. Gavazza e G. Rotondi Terminiello, Genova 1992, p. 379. 6 A. CAMEIRANA, 1. c., 2002, p. 379. 7 A. CAMEIRANA, Contributo alla identificazione delle maioliche decorate da Bartolomeo Guidobono, Albisola 1997, pag. 142. 8 G. FARRIS, 1. c., 2003, p. 54. 9 G. FARRIS, Sottocoppa traforato in maiolica di produzione savonese: analisi ed interpretazione di una decorazione guidoboniana, in corso di pubblicaz. 10 C. MARCENARO, Gli affreschi del Palazzo Rosso di Genova, Milano 1965, tav, 61. 11 P. BOCCARDO, I grandi disegni italiani del Gabinetto Disegni e Stampe di Palazzo Rosso, Cinisello Balsamo 1999, fìg. XXXV, p. 59 e p. 269. 12 M. NEWCOME SCHLEIER, l.c., 2002, p.2 (v. Nota 4). 13 A. CAMEIRANA, l.c., 2002, p. 153. 14 Sono stati illustrati (I.M. BOTTO, Proposte per un fìgulo dimenticato. Giovanni Antonio Guidobono, in “Genova”, n. 12, 1958, p. 23) undici manufatti in maiolica attribuendoli a “manifattura Chiodo” (tre) o a “manifattura Guidobono”. Non abbiamo trovato, negli oggetti illustrati, alcun elemento che possa attestare che la decorazione sia stata ripresa da “cartone di Giovanni Antonio Guidobono”. L’unica decorazione con la quale possiamo avere la possibilità di fare confronti perché verosimilmente eseguita da Giovanni Antonio Guidobono è quella che si trova su un sottocoppa policromo siglato G. A. G. (A. CAMEIRANA, 1.c., 2002,p.155). 15 E. GAVAZZA, F. LAMERA, L. MAGNANI, La pittura in Liguria. Il Secondo Seicento, Genova 1990, p. 113, 114, 115, 225. 16 M. NEWCOME SCHLEIER, l.c., 2002, p. 1. 17 G. FARRIS, 1. c., 1992, pag. 380. 18 A. CAMEIRANA, l.c., 1997, pag. 142. 1 e cioè fino a quando ebbe inizio la sua preparazione all’acquisizione dell’ordine sacerdotale. Naturalmente però nessuna delle nostre osservazioni può escludere che nei cinque anni (dal 1674 al 1679) della sua preparazione all’ordinazione sacerdotale Bartolomeo non possa aver avuto il modo, seppure saltuariamente, di portare a termine qualche pittura su maiolica. Se per le pitture su maiolica di Bartolomeo alle quali siamo in grado di attribuire datazioni sicure, come il 1680 ed il 1683 per esempio16, possiamo dare solo il significato di un arricchimento della sua produzione artistica, quelle che possono invece essere collocate negli anni che precedono il 1674, riteniamo riescano a portare un saliente contributo alla conoscenza ed alla storia della sua attività artistica anticipando sensibilmente - come già abbiamo detto - la data d’inizio della sua “car- Bartolomeo Guidobono, due particolari di angioletti tratti dalla “Visitazione” e dall’ “Annunciazione”. 53