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Piuttosto che morire m`ammazzo

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Piuttosto che morire m`ammazzo
guido catalano
Piuttosto che morire
m’ammazzo
© 2013 Miraggi Edizioni
via Dronero 2, 10144 Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
Finito di stampare a Città di Castello
nel mese di maggio 2013 da CDC Artigrafiche
per conto di Miraggi Edizioni
su carta Palatina 85 gr delle Cartiere Milani Fabriano
realizzata secondo principi ecosostenibili e a basso impatto ambientale
Prima edizione: maggio 2013
isbn 978–88–96910–33–7
Miraggi Edizioni
Preambolo dell’Autore
La morte è quello che fa svegliare i poeti
la mattina.
Billy Collins
Una poesia è come una rapina in banca:
entri, attiri l’attenzione, prendi i soldi
ed esci.
Charles Simic
Chissà che cosa sognano i biscotti.
Snoopy
Si può fare i poeti senza essere poeti? Si può non fare i poeti
ed esserlo? Cosa significa essere poeta? Qual è la differenza tra
essere poeta e fare il poeta? Il pessimo poeta è comunque poeta
in quanto poetizza? Chi lo dice, sa di esserlo? E soprattutto chi
può dirlo? Pur non essendo io un Ente, posso riuscire a farmi
devolvere l’otto per mille sul conto corrente in quanto poeta?
Basta affermare di essere poeta o bisogna ottenere una maggioranza relativa? Cosa avrebbe risposto Henry Sidgwick all’affermazione «Sandro Bondi è un poeta»? Chi è Henry Sidgwick?
Ecco, questa è solo una piccola percentuale delle domande
che mi pongo da anni prima di andare a letto o mentre faccio la
pipì nei bagni dei bar che frequento.
Domande alle quali non so rispondere e soprattutto non ne
ho alcuna intenzione.
So però per certo che questo è il mio sesto libro di poesie.
Raccoglie gran parte delle cose scritte nell’ultimo anno della
mia esistenza.
E anche della vostra, di esistenza.
Mi sono divertito un sacco a scriverle.
Spero voi a leggerle.
Il titolo è forte.
C’è la morte nel titolo.
Ma c’è anche un sacco di vita e di speranza.
Dentro e fuori dal libro, intendo.
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E poi come sempre – e forse più che in passato – dalle pagine
di questa raccolta tracima una quantità d’amore che non si capisce come sia possibile tutto questo amore per un uomo solo.
Guido Catalano
Piuttosto che morire
m’ammazzo
io non so
io i punti cardinali non li so
e non so le lancette
e i lacci delle scarpe
io non so il corsivo
non so il trapano
io non so le auto
i cani
non so lo spartito
non so i tasti del pianoforte
io non so gli schiaffi
i pugni
i calci
io non so le lacrime
ma li sapevo i tuoi occhi
io non so la bomba
non so le strade
non so i pianeti
non so la polizia
io non so il sonno
li ho dimenticati, come la tua voce
io non so il vomito
non so il calcio di rigore
non so la rivoltella
io non so la notte fonda
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io non so la solitudine
non so la pace
non so la fionda
non so gli accenti
non so il paradiso
non so la violenza
io non so i fiori
no
non è mai successo
è che sta cosa
stava prendendo una china
da melodramma dei miei coglioni
e l’odore della tua pelle, anche
dice che faccio ridere
che follia
la mia merda
è quanto di più lontano dal comico esista
ma è merda buona, sana e santa
gran concime per questi prati spelacchiati
e comunque ha ragione
faccio ridere
ma io so
che
il tuo sorriso triste
era di una bellezza dolorosa
come il dolore sublimissimo che provai
quella volta che venni scagliato completamente nudo
giù dal toro meccanico lanciato a tutta potenza
con solo un cappello da cowboy sulla testa
schiantandomi al muro
di faccia, pancia e cazzo
ricordi?
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alcolicomalinconica
e devo ricordarmi
di metterti
in conto
una notte
insonne
passata
a bestemmiarti
contro
comunque
guarda in su
adesso
la luna
la vedi?
io sì
dài guarda in su
no
non è la stessa tua luna
no
non è quella che vedi tu
e non avrai
una seconda opportunità
e non avrai
altro gatto
all’infuori di me
la mia luna
mi vuole bene
la tua no
a dir la verità io ne vedo due
di lune
quindi in tutto fan tre lune
due io
una tu
vedo doppio
penso triplo
bevo assai
i gatti non chiedono perdono
mai
e volevo essere il tuo gatto
e non me l’hai concesso
e non ho voluto mai
essere il gatto di nessuno
di nessuna
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bim bum bomba
mi ringhia la minchia
mi tremano i denti
mi ballano i piedi
mi puzzano gli occhi
mi romba il cervello
e siate pure felici
ma
per favore
non
datemelo
a
vedere
la vostra dignità
è un inutile fardello
liberatevene
non vi serve
avrete più spazio
per birra
vino
e grassi saturi
mi tende la vena
mi grandina il cuore
mi piange lo stomaco
mettetevi fuori dai vostri cannoni
e vedete l’effetto che fa
giocare a bim bum bomba
con la carne della vostra carne
sono cintura nera di solitudine
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come stanno veramente le cose
fumo digitale
chiavo analogico
bevo intrugli rossi ghiacciati gastroaggressivi
mi masturbo a scimmia meccanica
ho appena attivato la ricezione dei miei aggiornamenti pubici
per non rimanere indietro con il mio stesso sesso
sono il sosia di David Bowie
anche se pochi sarebbero disposti ad ammetterlo
disprezzo parecchio
compro poco
se ti trovi a spazzolarti la lingua nera alle quattro del mattino di
un mercoledì di maggio
è inutile
delle domande te le fai
tipo:
perché porco cazzo ho la lingua nera come il frate obeso del
Nome della rosa?
poi
ma solo poi
percorreremo assieme
la lunga, lunga strada che ci porterà sotto l’arcobaleno
fratello ignobile
zoppicheremo sorreggendoci l’un l’altro
e potremo
finalmente
suggere
le dolci goccioline
che colando dall’arco colorato
ci faranno
vedere
ci faranno
capire
come stanno
veramente
le cose
perché?
poeti che abbaiano è pieno
di meno
cani che scrivono poesie oneste
con una buona pistola comunque li abbatti entrambi facile
e se ti avanza un colpo
sparatelo nel piede
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dormire da solo
Fernando
dormire da solo, hai spazio
puoi rotolarti nel letto
puoi fare capriole
cunìculi sotto le coperte
metterti a sghimbescio
mangiare i crackers sbriciolosi
e altro
c’è stato un periodo piuttosto infame
nella mia vita precedente
che ogni volta che mi innamoravo di una ragazza
a un certo punto ineluttabilmente
lei mi diceva:
ma non puoi
accucchiaiarti a un corpo femmina
che gli fai quella cosa spaziale
da dietro
che con la mano le prendi la tetta superiore
e ti assopisci
con il calore
della sua schiena
sulla tua pancia
e se sei fortunato
i vostri respiri
andranno via all’unisono
la tua pancia
la sua schiena
la sua nuca
le tue braccia
i piedi nei piedi
che si carezzano
tenendo il tempo della notte
fottendosene del regno dei cieli
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– no, guarda, sei un ragazzo dolcissimo
sei proprio una bella persona
ti meriti veramente di trovare
una ragazza che ti meriti
che la meriti
che ti meriti
che vi meritiate
ti voglio tanto bene
ma ti vedo come un amico speciale
e poi a me piace Fernando
(Fernando è un nome di fantasia)
oggi come oggi
quando una ragazza che mi innamoro
mi dice una di queste tre parole chiave:
“bella persona”
“amico”
“Fernando”
prima che io sia riuscito a stamparle un bacio
sulle sue labbra squisite
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faccio un inchino
faccio la riverenza
le sorrido e dico:
– scusi signorina, no
credo ci sia stato un errore
in questo pazzo sistema del cazzo
dunque la saluto e le auguro tantissime bellissime cose
porti i miei omaggi al dottor Fernando
e scompaia subito dal mio raggio d’azione visivo
uditivo, tattile e olfattivo
per il resto della mia vita
grazie
poi
torno casa
bestemmio un quarto d’ora
metto su la musica
mi faccio un bagno caldo
spengo tutto
dormo
fu grazie a lei che capii
– non riesco a non guardarti le labbra
dicevo
– probabilmente desideri baciarmi
diceva
poi tacevo
taceva
aveva occhi nerissimi
fu grazie a lei che capii
che il nerissimo
può competere con
e addirittura di molto battere
l’azzurrissimo
il bluissimo
e, sì,
pure il meraviglioso verdissimo
non dirò il suo nome
men che meno il suo cognome
il suo codice fiscale
o la sua città natale
– anche perché è ancora viva
e potrebbe riconoscersi
poi si monta la testa –
ma dirò che
ripeteva spesso la frase:
– non siam mica qui a pettinar le bambole
e quasi sempre
fuori contesto
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