...

manuale parte 1

by user

on
Category: Documents
23

views

Report

Comments

Transcript

manuale parte 1
Tecnostrada.it Formazione
Una iniziativa importante per permettere a tutti di crescere professionalmente
Videocorso di certificatore 1° livello.
Premessa di Giuliano Latuga
Perché spostare gli allievi?
Questo videocorso di dieci lezioni darà la possibilità a tutti di avere il suo coach personale
a casa propria da vedere e rivedere ogni volta che si vuole, perché “la ripetizione è la
madre di ogni capacità”.
Avrà modo di apprendere le norme che sono utili alla sua formazione come certificatore di
primo livello. Potrà verificare i suoi progressi con le prove e gli esercizi che saranno inviati
on line e affrontare tutte perplessità ed i dubbi direttamente in videoconferenza con il
nostro docente.
In una settimana di facile apprendimento potrà finalmente cominciare ad affrontare il suo
nuovo lavoro con il supporto e la collaborazione dei nostri tecnici che lo aiuteranno a
perfezionarsi ogni volta che dovrà cimentarti in un nuovo collaudo. Imparerà a realizzare
un verbale di collaudo a seguito di modifiche apposte su di un veicolo e a decidere su ciò
che è sicuro o meno. Potrà fornire consulenze e avviare officine a nuove opportunità di
lavoro, come per esempio i gommisti a montare cerchi maggiorati e pneumatici ribassati.
Trasformare la propria abilitazione di Responsabile tecnico di linea di revisione auto e
moto in una opportunità di crescita professionale ed economica è un gesto verso il
successo.
Come funziona il corso:
Ecco le dieci lezioni:
Lezione 1
Pagina 3
- Armonizzazione delle norme europee per l’omologazione delle autovetture (categoria
internazionale M1)
- La commercializzazione di accessori sul territorio Europeo ed in Italia
- Trattato della Comunità Europea
- Sentenza della Corte di Giustizia Europea n 265/2008
Lezione 2
Pagina 15
Che cos’è una omologazione europea
Che cos’è una certificazione europea
Applicazione delle norme europee al Codice della strada italiano
Perché è così importante la legge 14/2009 (milleproroghe)
Lezione 3
Pagina 18
Accessori e componenti
Direttive europee e Regolamenti internazionali ECE ONU
Cosa dicono le norme nazionali sulle modifiche delle autovetture
Lezione 4
Pagina 29
Definizione ed esempi di unità tecniche indipendenti e loro omologazione
Direttive Europee recepite in Italia di riferimento
Lezione 5
Pagina 34
Definizione ed esempi di sistemi, componenti tecnici e loro certificazione
1
Direttive Europee recepite in Italia di riferimento
Lezione 6
Pagina 88
Gli Organismi ed Enti di Certificazione ed omologazione in Europa e in Italia
Procedure di Omologazione Europea
Procedure di Certificazione Europea
Lezione 7
Pagina 93
Chi è Tecnostrada.it
Cosa si può certificare ed omologare con Tecnostrada.it
Procedure per ottenere la certificazione europea Tecnostrada.it
Lezione 8
Pagina 95
La domanda di certificazione Tecnostrada.it
I documenti da allegare
Le foto da allegare
Appendice
Lezione 9
Come effettuare un collaudo in unico esemplare
Rilievi da effettuare direttamente sul veicolo
Come si deve compilare il Brogliaccio di Collaudo
Lezione 10
Come si redige un verbale di collaudo
Responsabilità civili e penali di chi sottoscrive un verbale e un certificato Tecnostrada.it
Il fascicolo tecnico da archiviare
Schede tecniche
2
Lezione 1
- Armonizzazione delle norme europee per l’omologazione delle autovetture
(categoria internazionale M1)
- La commercializzazione di accessori sul territorio Europeo ed in Italia
- Trattato della Comunità Europea
- Sentenza della Corte di Giustizia Europea n 265/2008
Breve storia dello sviluppo tecnologico e normativo per garantire la sicurezza stradale con
l’immissione in circolazione di veicoli a motore.
I veicoli a motore risalgono alla fine degli anni 1800 ed in Italia il primo autoveicolo risale al
1894.
Da Wikipedia: Il Codice della strada italiano definisce autoveicolo un veicolo a motore
con almeno quattro ruote e diverso dal motoveicolo.
Caratterizzato da propulsione autonoma, l'autoveicolo ha di solito lo scopo di trasportare
su strada persone e cose, in misura diversa a seconda della categoria di appartenenza.
D'altra parte, però, esso può anche non essere predisposto per il trasporto: è il caso di
alcuni autoveicoli per uso speciale, il cui utilizzo è determinato dalle attrezzature o
apparecchiature permanentemente installate.
La costruzione a carattere industriale degli autoveicoli risale agli anni fra il XIX e il XX
secolo, quando il motore a benzina cominciò a funzionare con una discreta regolarità. In
quel periodo, infatti, nacquero la Fiat (1899), la Mercedes-Benz (1900) e la Lancia (1906).
Per la realizzazione del motore a benzina furono molto importanti le esperienze di Felice
Matteucci e Nicolò Barsanti. Per il ciclo a quattro tempi, invece, si dimostrarono
fondamentali i lavori di Beau de Rochas (l'inventore), Nikolaus August Otto ed Eugen
Langen. Il cammino verso l'autoveicolo, inoltre, ricevette un impulso determinante anche
grazie a un tipo di motore brevettato da Gottlieb W. Daimler e Carl F. Benz,
indipendentemente l'uno dall'altro, nel 1885.
La prima vettura interamente italiana con motore a benzina può essere considerata quella
costruita nel 1894 da Enrico Bernardi
Con il recepimento della direttiva europea 92/53 CEE c’è una svolta epocale nel mondo
dell’omologazione degli autoveicoli di categoria internazionale L e M1.
Entra in vigore l’omologazione europea o comunitaria.
Il sistema delle omologazioni per queste categorie di veicoli in cui rientrano i motocicli e le
autovetture (secondo l’articolo 47, 53 e 54 del CDS) entra in armonizzazione comunitaria.
Fino ad allora per commercializzare un veicolo in uno stato comunitario il costruttore era
obbligato a presentare una specifica domanda di omologazione presentando in ogni stato
uno specifico fascicolo tecnico. Le omologazioni erano di tipo nazionale.
Un veicolo è un insieme di componenti, di accessori di parti assemblate tra loro.
Dal 1970 con l’avvento della Direttiva 70/156 CEE, i membri della CEE (allora Comunità
Economica Europea) avevano compreso la necessità di darsi norme unitarie per poter
arrivare un giorno ad ottenere un totale complesso di norme che fossero uguali in ogni
paese membro.
Per giungere a questo obiettivo era pertanto necessario predisporre una norma (direttiva)
generale che fornisse tutti gli elementi necessari per ottenere l’idoneità alla circolazione
3
di un veicolo completo dopo aver superato tutte le prove effettuate sul prototipo e su
ogni singolo componente e/o per ogni sistema di cui il veicolo era costituito.
La direttiva generale, così, predisponeva tante altre direttive per giungere
all’approvazione di ogni singolo componente (definito unità tecnica indipendente) e di ogni
singolo sistema.
Il lavoro svolto dalle commissioni tecniche costituite dalla comunità, composte da
funzionari tecnici di ogni paese aderente, dal 1970 al 1992 si è evoluto su due direttrici
essenziali:
1) Realizzazione delle singole direttive atte a regolamentare
l’approvazione/omologazione di ogni sistema o componente
2) Aggiornare le precedenti direttive in funzione dello sviluppo tecnologico e
normativo per un miglioramento della sicurezza meccanica e un
abbattimento degli effetti nocivi (inquinamento acustico ed atmosferico).
Nel 1991 con l’avvento della direttiva 91/441 CE nasce il primo riferimento normativo per
veicoli ecolgicamente idonei ad un abbattimento consistente delle emanazioni inquinanti.
Nascono i veicoli che tutti conosciamo normalmente come Euro 1.
Per ottenere una omologazione comunitaria il costruttore non è più obbligato a rivolgersi
ad un ente riconosciuto nel suo paese di residenza, ma può farlo presso qualsiasi ente
riconosciuto nel suo paese di riferimento.
Ecco che salgono alla ribalta delle sigle di enti accreditati nei vari paesi europei come
TUV, Lux Control, TNO, ecc.
Questi enti operano al pari ed in concorrenza dell’unico ente accreditato in Italia: la
Motorizzazione Civile. Questa possibilità offre a tutti i costruttori l’ opportunità di scegliere il
suo nuovo ente al quale avanzare la domanda di omologazione comunitaria. La differenza
alla quale non erano preparati i nostri funzionari è che questi enti accreditati all’estero
sono tutti enti privati dotati di una aggressiva attività commerciale che nasce dal loro
status di impresa. In Italia, nel giro di pochi anni, l’attività di richieste di omologazioni
europee si è quasi totalmente trasferita all’estero presso questi enti. Molti di questi hanno
assunto tecnici italiani in grado di comunicare facilmente con le aziende nostrane.
Un costruttore di un componente quale unità tecnica indipendente, o di un veicolo finito, ha
trovato un’offerta variegata per ottenere l’approvazione del suo prodotto.
Una dato che dovrebbe far riflettere: nel 1998 quando ancora questa offerta non era
ancora così aggressiva, in un CPA (Centro Prove Autoveicoli) ufficio periferico della
Direzione Generale della Motorizzazione abilitato al rilascio di queste omologazioni,
presso il quale esercitavo la mia professione, si sono rilasciate 235 omologazioni tra
nazionali e non. Nel 2009 ne sono state rilasciate 15. Non certo per l’avvento della crisi.
Tutte queste omologazioni si riferiscono a componenti e veicoli nuovi di fabbrica.
Decreto di armonizzazione per le Omologazioni comunitarie
Si riporta di seguito il contenuto essenziale del Decreto di recepimento per
l’armonizzazione delle omologazioni comunitarie.
DECRETO MINISTERIALE
8 maggio 1995
(S.O.G.U. n. 148 del 27.6.1995)
Recepimento della Direttiva n. 92/53/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 che modifica la Direttiva n.
70/156/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative
all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi.
… Articolo 1
4
Campo di applicazione
Il presente decreto riguarda l'omologazione comunitaria dei veicoli a motore e dei loro rimorchi
fabbricati in una o più fasi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati all'impiego nei
suddetti veicoli e rimorchi.
Il presente decreto non riguarda:
la visita e prova dei singoli veicoli, peraltro non esclude che in tale sede sia accettata qualsiasi
omologazione valida di sistemi, componenti, entità tecniche o veicoli incompleti, accordata in virtù del
presente decreto;
i quadricicli ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3 del decreto 5 aprile 1994 pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 1994 (12), di recepimento della Direttiva n. 92/61/CEE (13),
relativa alla omologazione dei veicoli a motore a due o a tre ruote.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente decreto, s'intende per:
"omologazione", l'atto con cui uno Stato membro della Unione Europea che di seguito verrà più
semplicemente indicato come "Stato Membro", certifica che un tipo di veicolo, sistema, componente o entità
tecnica è conforme alle prescrizioni tecniche del presente decreto di recepimento della Direttiva n.
92/53/CEE (10) che di seguito verrà più semplicemente indicato con le parole "presente decreto" o del
decreto di recepimento di una direttiva particolare figurante nell'elenco completo degli allegati VI o XI;
"autorità che rilascia l'omologazione", le autorità di uno Stato membro responsabili di tutti gli aspetti
dell'omologazione di un tipo di veicolo, sistema, componente o entità tecnica; esse rilasciano e, se
necessario, ritirano le schede di omologazione, assicurano il collegamento con i propri omologhi degli altri
Stati membri e verificano le disposizioni prese dai costruttori per assicurare la conformità della produzione.
Le Autorità italiane competenti al rilascio dell'omologazione sono quelle elencate all'allegato XV;
"servizio tecnico", l'organismo o l'ente designato come laboratorio di prova per l'esecuzione di prove o
ispezioni a nome dell'autorità che rilascia l'omologazione di uno Stato membro. Questa funzione può essere
svolta anche dalla stessa autorità che rilascia l'omologazione. I servizi tecnici italiani competenti alla
esecuzione delle prove sono quelli indicati all'allegato XVI;
Articolo 6
Certificato di conformità
1. Il costruttore detentore di una scheda di omologazione di un veicolo rilascia un certificato di
conformità. Questo certificato i cui modelli sono riportati nell'allegato lX accompagna ciascun veicolo,
completo o incompleto, fabbricato in conformità del tipo di veicolo omologato. Se si tratta di un tipo di veicolo
incompleto o completato, il costruttore indica alla pagina 2 del certificato di conformità solo gli elementi
aggiunti o modificati nella fase in corso dell'omologazione e, se necessario, allega a detto certificato tutti i
certificati di conformità rilasciati nel corso delle fasi precedenti.
Articolo 7
Immatricolazione e messa in circolazione
1. Ciascuno Stato membro immatricola veicoli nuovi ovvero ne autorizza la vendita o la messa in
circolazione fondandosi su motivi concernenti la costruzione o il funzionamento degli stessi, solo se detti
veicoli sono accompagnati da un valido certificato di conformità. Nel caso di veicoli incompleti, ciascuno
Stato membro ne autorizza la vendita, ma può rifiutarne l'immatricolazione definitiva e la messa in
circolazione fino a quando i veicoli non sono stati completati.
L'autovettura o automobile, comunemente chiamata con la forma contratta auto o ancor
più frequentemente macchina, è un autoveicolo progettato e costruito per il trasporto di
persone. Una parte rilevante della sua struttura o carrozzeria, di conseguenza, è dotata di
sedili, quello del conducente e quelli dei viaggiatori.
A cavallo tra il XIX e il XX secolo, nell'epoca pionieristica del motorismo, il termine
"automobile" era usato al maschile e "gli automobili" rappresentavano tutti i veicoli terrestri
destinati al trasporto personale, mossi da motori a scoppio, a vapore ed elettrici, quindi
esenti da trazione animale o umana. In seguito, l'ambiguità grammaticale ingenerata da
"l'automobile", quale sinonimo del popolare e generico "la macchina", fece sì che nel
linguaggio comune il termine "automobile" assumesse un genere grammaticale femminile.
5
Comunità europea
La Comunità europea costituisce il "Primo pilastro" dell'Unione europea. La Comunità
europea, la più importante delle Comunità europee, nasce nel 1957 ed entra in vigore il 1º
gennaio 1958 con il nome di Comunità economica europea (CEE), con l'entrata in vigore
dei trattati di Roma, firmati da sei stati fondatori (Italia, Germania, Francia, Belgio,
Lussemburgo, Paesi Bassi) il 25 marzo dell'anno precedente. La parola economica fu
rimossa dal nome dal Trattato di Maastricht del 1992 che fece della Comunità europea il
"Primo pilastro" dell'azione dell'Unione europea.
Secondo il Trattato di Maastricht la Comunità europea ha l'obbligo di promuovere
nell'insieme della Comunità:
•
•
•
•
•
uno sviluppo armonico, equilibrato e sostenibile delle attività economiche
un livello elevato di occupazione e di protezione sociale e pari opportunità tra donne
e uomini
una crescita duratura e non inflazionistica
un elevato livello di competitività e di convergenza dei risultati economici
un livello elevato di protezione e di miglioramento della qualità dell'ambiente,
l'innalzamento del livello e della qualità della vita, la coesione economica e sociale
e la solidarietà tra gli Stati membri
Per perseguire tale risultato, la CE elabora un insieme di politiche settoriali, in particolare
in questi settori:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Occupazione e diritti sociali
Libertà, sicurezza e giustizia
Ambiente
Consumatori e salute
Energia e risorse naturali
Regioni e sviluppo locale
Cultura, istruzione e gioventù
Scienza e tecnologia
Trasporti
Economia, finanza e concorrenza
Politiche industriali e mercato interno
Relazioni esterne e immigrazione
Funzionamento
La CE rappresenta il primo pilastro dell'Unione Europea che è caratterizzato dal "Metodo
comunitario" che ne definisce il modo di funzionamento istituzionale. Nel rispetto del
principio di sussidiarietà, il metodo funziona su una logica d'integrazione ed è
caratterizzato da questi elementi:
•
•
•
•
monopolio del diritto d'iniziativa della Commissione
ricorso generalizzato al voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio
ruolo attivo del Parlamento europeo (pareri, proposte di emendamento, ecc.)
uniformità di interpretazione del diritto comunitario a cura della Corte di giustizia
6
Il metodo comunitario si contrappone al "Metodo intergovernativo", funzionante nel
secondo e nel terzo pilastro dell'UE.
Fonti del diritto comunitario
Le fonti del diritto comunitario derivanti dall'attività della Comunità europea possono
produrre atti vincolanti e non vincolanti. Gli atti non vincolanti sono le raccomandazioni CE
(ossia degli inviti rivolti agli stati membri ad assumere un certo comportamento) e i pareri
(espressione del punto di vista di un organo europeo su di una determinata questione).
Quelli vincolanti sono invece i Regolamenti, le Direttive e le Decisioni.
Regolamenti CE
Regolamenti hanno le caratteristiche tipiche delle leggi nell'ordinamento interno degli stati.
Sono generali, ossia non sono rivolti a soggetti determinati, ma hanno la caratteristica
della generalità e dell'astrattezza. Sono obbligatori, ossia, salvo diversa disposizione del
Regolamento stesso, devono essere applicati nella loro totalità dagli stati membri. Il fatto
che siano atti di applicabilità diretta implica che non sia necessario, e neppure ammesso,
un atto dello stato che ne ordini l'esecuzione nell'ordinamento nazionale.
Direttive CE
Una Direttiva è un atto normativo non generale, ma rivolto in particolare ad uno (o
più) degli Stati membri. Pone allo Stato a cui è rivolta l'obbligo del raggiungimento
di un determinato risultato o standard, lasciando discrezionalità agli organi
nazionali in merito ai mezzi da utilizzare. Molto spesso, comunque, la Direttiva detta
discipline particolareggiate e precise, al fine di limitare la totale discrezionalità dello
Stato
Nell'ambito del diritto comunitario viene detto Direttiva dell'Unione Europea uno degli atti
che il Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio e la Commissione può
adottare per l'assolvimento dei compiti previsti dal Trattato che istituisce la Comunità
Europea.
È così prevista normativamente:
« La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla
forma e ai mezzi »
(art. 249 TCE, 3° comma)
L'elemento principale della direttiva è, pur essendo un atto vincolante, la portata
individuale che la contraddistingue dal regolamento, invece generale: i destinatari dell'atto
normativo sono un singolo o un numero definito di stati membri, anche se non sono
mancate cosiddette direttive generali rivolte a tutti gli stati. Il fine principale di questa fonte
del diritto comunitario è l'avvicinamento degli istituti giuridici riguardanti date materie tra gli
Stati dell'Unione.
La direttiva è obbligatoria in tutti i suoi elementi, proprio come i regolamenti, ma lascia
spazio all'iniziativa legislativa di ogni stato cui è diretta: pertanto è obbligatorio il principio e
il fine fissato in ambito comunitario, ma poi lo stato ha la facoltà di disciplinare la materia
coi mezzi che ritiene più idonei (obbligo di risultato). La libertà dello stato non è assoluta in
7
quanto deve garantire l'effetto voluto dalla Comunità, se ad esempio deve modificare una
materia disciplinata da fonti primarie (leggi e atti aventi "forza di legge") non può farlo
attraverso fonti regolamentari.
Allo stato è inoltre posto un obbligo di standstill: durante il termine di attuazione non può
adottare atti in contrasto con gli obiettivi della direttiva.
La Corte di giustizia delle Comunità europee ha stabilito che in determinate
circostanze (termine scaduto senza attuazione, disposizioni di precettività
immediata e sufficientemente precise) le direttive sono direttamente efficaci cioè
autoapplicative. Tale interpretazione è nota anche come principio dell'effetto utile
cioè nel riservare agli atti della comunità la maggiore efficacia possibile nella
realizzazione degli obiettivi della comunità. Efficacia che sarebbe compromessa se
alle posizioni giuridiche attribuite da una direttiva inattuata ai singoli non fosse
concesso tutela giurisdizionale. L'efficacia diretta di una direttiva inattuata è solo
"verticale": può, cioè, essere fatta valere solo nei confronti degli organi statali (in quanto
responsabili dell'inadempimento). Si tratta dunque di una sanzione a carico dello stato che
non può più pretendere l'adempimento di un dovere imposto ai singoli che sia in contrasto
con tale atto. L'efficacia "orizzontale", la capacità di agire in giudizio contro soggetti privati
che non rispettano gli obblighi loro posti dalla direttiva inattuata, è invece negata.
Le direttive prive di efficacia diretta in quanto non sufficientemente precise o non
incondizionate o perché indirizzate verso soggetti privati la cui applicazione li
svantaggiarebbe, assumono rilevanza nell'ordinamento in via indiretta grazie all'obbligo di
interpretazione conforme che è posto in capo ai giudici nazionali e al "risarcimento del
danno". Quest'ultimo principio, dedotto dalla sentenza Francovich, afferma che lo stato è
tenuto a risarcire il danno causato al singolo dalla mancata attuazione di una direttiva priva
di efficacia diretta a tre condizioni:
1. che sia volta a conferire dei diritti ai singoli
2. che vi sia una grave e manifesta violazione del diritto (la Corte la presume per il
fatto stesso della mancata attuazione da parte dello stato)
3. che vi sia la presenza di un danno.
Con la Costituzione Europea le direttive comunitarie hanno assunto il nome di legge
quadro europea.
Libera circolazione delle merci nella CE.
Il Trattato della Comunità europea nella parte terza di stesura
“ POLITICHE DELLA COMUNITA’ TITOLO I° - LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE
MERCI agli articoli dal 27 al 31 recita:
Articolo 27 (ex articolo 29) Nell'adempimento dei compiti che le sono affidati ai sensi del
presente capo, la Commissione s'ispira:
a) alla necessità di promuovere gli scambi commerciali fra gli Stati membri e i paesi terzi,
b) all'evoluzione delle condizioni di concorrenza all'interno della Comunità, nella misura
in
cui tale evoluzione avrà per effetto di accrescere la capacità di concorrenza delle imprese,
c) alla necessità di approvvigionamento della Comunità in materie prime e semiprodotti, pur
vigilando a che non vengano falsate fra gli Stati membri le condizioni di concorrenza sui
prodotti finiti,
8
d) alla necessità di evitare gravi turbamenti nella vita economica degli Stati membri e di
assicurare
uno sviluppo razionale della produzione e una espansione del consumo nella Comunità.
Capo 2 (Divieto delle restrizioni quantitative tra gli Stati membri)
Articolo 28 (ex articolo 30)
Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché
qualsiasi
misura di effetto equivalente.
Articolo 29 (ex articolo 34)
Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'esportazione e qualsiasi
misura
di effetto equivalente.
Articolo 30 (ex articolo 36)
Le disposizioni degli articoli 28 e 29 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni
all'importazione,
all'esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di
pubblica
sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di
preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico
nazionale, o
di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni
non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione
dissimulata al
commercio tra gli Stati membri.
Articolo 31 (ex articolo 37)
1. Gli Stati membri procedono a un riordinamento dei monopoli nazionali che presentano
un carattere commerciale, in modo che venga esclusa qualsiasi discriminazione fra i cittadini
degli Stati membri per quanto riguarda le condizioni relative all'approvvigionamento e agli
sbocchi. Le disposizioni del presente articolo si applicano a qualsiasi organismo per
mezzo del quale
uno Stato membro, de jure o de facto, controlla, dirige o influenza sensibilmente,
direttamente o
indirettamente, le importazioni o le esportazioni fra gli Stati membri. Tali disposizioni si
applicano
altresì ai monopoli di Stato delegati.
2.Gli Stati membri si astengono da qualsiasi nuova misura contraria ai principi enunciati
nel paragrafo 1 o tale da limitare la portata degli articoli relativi al divieto dei dazi doganali e
delle restrizioni quantitative fra gli Stati membri.
3.Nel caso di un monopolio a carattere commerciale che comporti una regolamentazione
destinata ad agevolare lo smercio o la valorizzazione di prodotti agricoli, è opportuno
assicurare,
nell'applicazione delle norme del presente articolo, garanzie equivalenti per l'occupazione e il
tenore
di vita dei produttori interessati.
Decisioni CE
Le Decisioni hanno le caratteristiche tipiche del procedimento amministrativo
nell'ordinamento degli stati. Tutti gli elementi di una Decisione sono obbligatori e
direttamente applicabili, come i Regolamenti ma, a differenza di questi ultimi, sono rivolti a
specifici soggetti, come uno Stato membro o una persona giuridica.
9
Sentenza della Corte di Giustizia Europea
Corte di Giustizia Europea, sezione terza.
Sentenza nella causa 265 del 10/04/2008 (http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62006J0265:IT:HTML).
Pellicole colorate sui vetri degli autoveicoli - Vietarne l'applicazione adducento motivi di sicurezza stradale e lotta allacriminalità
costituisce, in taluni casi, una limitazione di fatto alla libera circolazione delle merci.
Nella causa C-265/06,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 16 giugno 2006,Commissione delle
Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Caeiros e P. Guerra e Andrade, nonché dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di
agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente,controRepubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Fernandes, in
qualità di agente, assistito dall’avv. A. Duarte de Almeida, avvocatoconvenuta,LA CORTE (Terza Sezione),composta dal sig. A.
Rosas, presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, J. Klu?ka, dalla sig.ra P. Lindh (relatore) e dal sig. A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjakcancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principalevista la fase scritta del
procedimento e in seguito all’udienza del 7 novembre 2007,sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 13 dicembre 2007,ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese,
vietando all’art. 2, n. 1, del decreto legge 11 marzo 2003, n. 40 (Diário da República I, série A, n. 59, dell’11 marzo 2003)
l’applicazione di pellicole colorate sui vetri degli autoveicoli, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt.
28 CE e 30 CE nonché 11 e 13 dell’accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo (GU 1994, L 1, pag. 3; in
prosieguo: l’«accordo SEE»).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
2 Il legislatore comunitario non ha adottato alcuna disciplina riguardante le pellicole colorate da applicare sui vetri degli
autoveicoli[/b].
3 Esiste invece una normativa comunitaria relativa all’omologazione dei vetri di sicurezza degli autoveicoli installati già dalla
fabbricazione, in altre parole prima della loro messa in circolazione, riguardante in particolare la colorazione del vetro. Tale
normativa comprende la direttiva del Consiglio 31 marzo 1992, 92/22/CEE, relativa ai vetri di sicurezza ed ai materiali per vetri
sui veicoli a motore e sui loro rimorchi (GU L 129, pag. 11), come modificata dalla direttiva della Commissione 30 ottobre 2001,
2001/92/CE (GU L 291, pag. 24; in prosieguo: la «direttiva 92/22»).
4 Il terzo ‘considerando’ e l’allegato II B della direttiva 2001/92 rimandano al regolamento della Commissione economica per
l’Europa delle Nazioni Unite n. 43, recante il titolo «Prescrizioni uniformi relative all’omologazione dei vetri di sicurezza e del
montaggio di tali vetri sui veicoli» (E/ECE/324-E/ECE/TRANS/505/Rev.1/Add 42/Rev.2; in prosieguo: il «regolamento n. 43»).
5 L’art. 4 di tale regolamento prevede che, per i parabrezza, il fattore di trasmissione regolare della luce non debba essere
inferiore al 75%. Quanto ai vetri di sicurezza diversi dai parabrezza posti nella visuale anteriore del conducente, tale fattore
deve essere almeno pari al 70%. Per il vetro di sicurezza posto nella visuale posteriore del conducente, il fattore di trasmissione
della luce può essere inferiore al 70% se il veicolo è equipaggiato di due retrovisori esterni. La normativa nazionale
6 L’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003 stabilisce quanto segue: «È vietata l’applicazione di pellicole colorate sui vetri delle
automobili che servono al trasporto di passeggeri o di merci, ad eccezione degli autoadesivi regolamentari e delle pellicole
opache non riflettenti sui cassoni delle automobili che servono al trasporto di merci».
Procedimento precontenzioso
7 Il 1° aprile 2004 la Commissione ha inviato alla Repubblica portoghese una lettera di diffida in cui dichiara che tale Stato
membro, vietando all’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003 l’applicazione di pellicole colorate sui vetri degli autoveicoli che
servono al trasporto di passeggeri o di merci, ad eccezione degli autoadesivi regolamentari e delle pellicole opache non
riflettenti sui cassoni delle automobili che servono al trasporto di merci, e non comunicando alla Commissione il testo del detto
decreto legge allo stadio di progetto, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 28 CE, 30 CE, 11 e 13
dell’accordo SEE nonché 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una
procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 204, pag. 37).
8 Con lettera in data 28 giugno 2004, la Repubblica portoghese ha risposto alla lettera di diffida.
9 La Commissione, non convinta di tale risposta, il 22 dicembre 2004 ha inviato alla Repubblica portoghese un parere motivato
invitandola a conformarsi a detto parere entro due mesi a decorrere dalla sua ricezione.
10 Rispondendo al parere motivato, la Repubblica portoghese ha comunicato, con lettera datata 22 luglio 2005, che avrebbe
10
abrogato la disposizione che vietava l’applicazione di pellicole colorate sui vetri degli autoveicoli, ossia l’art. 2, n. 1, del decreto
legge n. 40/2003.
11 Essa ha altresì informato la Commissione che, quanto all’applicazione di pellicole colorate su vetri del genere, era in corso di
elaborazione un progetto di regole tecniche da includere in uno strumento legislativo. Nel dicembre 2005, ai sensi della direttiva
98/34, è stato notificato alla Commissione un progetto di decreto regolamentare che stabiliva tali regole.
12 Tenuto conto di tale notifica, la Commissione ha deciso di rinunciare alla censura relativa all’omissione di notifica dell’art. 2,
n. 1, del decreto legge n. 40/2003 allo stadio di progetto.
13 La Commissione ha invece mantenuto la censura relativa all’incompatibilità di tale disposizione con gli artt. 28 CE, 30 CE, 11
e 13 dell’accordo SEE e ha proposto il presente ricorso il 16 giugno 2006.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
14 Secondo la Commissione, l’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003, che vieta l’applicazione di qualsiasi tipo di pellicola
colorata per filtrare la luce sul parabrezza e sui vetri che corrispondono ai sedili dei passeggeri nei veicoli a motore, in pratica
impedisce la vendita in Portogallo di pellicole colorate legalmente fabbricate e/o commercializzate in un altro Stato membro o in
uno Stato parte contraente dell’accordo SEE, in violazione degli artt. 28 CE e 30 CE nonché 11 e 13 dell’accordo SEE.
15 Infatti, secondo la Commissione, gli eventuali interessati, commercianti o privati, sapendo che non potranno applicare
pellicole del genere sui vetri degli autoveicoli, non le compreranno.
16 La Commissione ricorda che, ai sensi del regolamento n. 43, applicabile in forza della direttiva 92/22, il parabrezza e gli altri
vetri posti nella visuale anteriore del conducente, davanti a un punto che essa chiama «montante B», devono rispettare un
fattore minimo di trasmissione regolare della luce rispettivamente del 75% e del 70%. Questi vetri potrebbero quindi essere
colorati laddove rispettino tali requisiti.
17 Peraltro, la Commissione sostiene che, per quanto riguarda i vetri posti dietro il montante B, non è previsto nessun valore
minimo di trasmissione regolare della luce quando non hanno un ruolo determinante per la visione del conducente. Nella pratica
ciò significherebbe che un autoveicolo può avere dietro detto montante vetri colorati che hanno un fattore di trasmissione
regolare della luce molto scarso, purché tale veicolo sia dotato di due retrovisori esterni.
18 La Commissione contesta quindi alla Repubblica portoghese di vietare l’applicazione di qualsiasi pellicola colorata sul
parabrezza e sui vetri in corrispondenza dei sedili dei passeggeri negli autoveicoli che servono al trasporto di passeggeri e di
merci, anche qualora queste pellicole consentano che il fattore di trasmissione regolare della luce raggiunga i valori minimi
previsti dal regolamento n. 43.
19 La Commissione sostiene che, in assenza di disposizioni d’armonizzazione a livello comunitario, gli Stati membri possono,
sì, definire il livello di protezione della sicurezza stradale che ritengono appropriato nel proprio territorio e adottare
provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica. Tuttavia, a suo giudizio, la Repubblica portoghese non ha fornito elementi che
consentissero di ritenere che l’uso di una qualunque pellicola colorata, a prescindere dal colore e dalle caratteristiche, in
particolare in termini di fattore di trasmissione luminosa, presenti un rischio per la sicurezza pubblica e/o per la sicurezza
stradale. La disposizione controversa non sarebbe né necessaria né proporzionata agli obiettivi perseguiti.
20 La Repubblica portoghese non contesta i fatti illustrati nel ricorso. Esprime invece il suo disaccordo quanto
all’interpretazione, al valore e al significato di determinati fatti.
21 Innanzitutto, la Repubblica portoghese sostiene che non occorreva che la Commissione proponesse ricorso nei suoi
confronti dal momento che tale Stato membro aveva notificato, durante il procedimento precontenzioso, che avrebbe modificato
la propria legislazione nel senso indicato dalla Commissione. Tale progetto di modifica, che è stato notificato alla detta
istituzione, secondo la Repubblica portoghese implica che quest’ultima ha abolito il divieto previsto all’art. 2, n. 1, del decreto
legge n. 40/2003.
22 Inoltre, la Repubblica portoghese, pur ammettendo che tale disposizione costituisce una restrizione alla libera circolazione
delle merci, sostiene che essa è comunque giustificata da obiettivi di sicurezza stradale e di pubblica sicurezza.
23 La Repubblica portoghese sottolinea quindi che il divieto è inteso a consentire alle autorità competenti di vedere
rapidamente, dall’esterno, l’interno degli autoveicoli, senza che sia necessario fermarli, in primo luogo, per verificare il rispetto
dell’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza e, in secondo luogo, per identificare eventuali delinquenti nell’intento di
combattere la criminalità.
24 Infine, la Repubblica portoghese non ritiene che esistano mezzi meno restrittivi atti a garantire la realizzazione degli obiettivi
di sicurezza stradale e di pubblica sicurezza che si è prefissata. Essa osserva, a questo proposito, che il divieto di applicare
pellicole colorate sui vetri dei veicoli non è totale ma parziale, nel senso che non si applica né ai cassoni delle automobili che
servono al trasporto di merci né ai veicoli non automobili, come le navi.
Giudizio della Corte
25 Occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE, l’esistenza di
un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel
11
parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v. sentenze 17 gennaio 2002, causa C-423/00,
Commissione/Belgio, Racc. pag. I-593, punto 14, e 7 giugno 2007, causa C-254/05, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-4269,
punto 39).
26 Orbene, nella fattispecie, è pacifico che, alla scadenza del termine di due mesi stabilito nel parere motivato, la Repubblica
portoghese non aveva abrogato l’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003, che vietava di applicare pellicole colorate sui vetri
degli autoveicoli. La circostanza che detto Stato membro abbia in seguito notificato un progetto di normativa in cui non figura la
disposizione controversa non modifica in alcun modo il fatto che tale disposizione esistesse al momento rilevante per la
fattispecie.
27 Di conseguenza, occorre esaminare la conformità di tale disposizione, riportata al punto 6 della presente sentenza, alle
disposizioni del diritto comunitario e del diritto dello Spazio economico europeo considerate dalla Commissione.
28 Si deve rilevare che la direttiva 92/22 predispone una disciplina non per le pellicole colorate da applicare sui vetri degli
autoveicoli, ma soltanto per i vetri che costituiscono l’equipaggiamento iniziale di tali veicoli, ossia i vetri colorati.
29 In mancanza di armonizzazione comunitaria, l’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003 deve perciò essere esaminato alla
luce delle disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione delle merci e delle corrispondenti disposizioni dell’accordo SEE.
30 Poiché queste ultime sono redatte in termini pressoché identici a quelle del Trattato, s’intende che le considerazioni che
seguono, relativamente agli artt. 28 CE e 30 CE, si applicano alle corrispondenti disposizioni dell’accordo SEE, ossia gli artt. 11
e 13 di tale accordo.
– Sull’esistenza di una restrizione della libera circolazione delle merci
31 Secondo una costante giurisprudenza, qualsiasi normativa degli Stati membri che possa ostacolare, direttamente o
indirettamente, in atto o in potenza, il commercio intracomunitario va considerata una misura di effetto equivalente a restrizioni
quantitative, vietate dall’art. 28 CE (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5;
19 giugno 2003, causa C-420/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I-6445, punto 25, e 8 novembre 2007, causa C-143/06,
Ludwigs-Apotheke, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25).
32 Nella presente fattispecie, la Repubblica portoghese ammette che il divieto di cui all’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003,
che riguarda l’applicazione di pellicole colorate sul parabrezza e sui vetri in corrispondenza dei sedili dei passeggeri degli
autoveicoli, limita la commercializzazione di tali prodotti in Portogallo.
33 Occorre, infatti, rilevare che gli eventuali interessati, commercianti o privati, sapendo che è loro vietato applicare pellicole del
genere sul parabrezza e sui vetri che corrispondono ai sedili dei passeggeri degli autoveicoli, non hanno praticamente alcun
interesse ad acquistarle.
34 La sola eccezione al divieto di cui all’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003 riguarda l’applicazione di pellicole colorate sui
cassoni degli autoveicoli che servono al trasporto di merci e sui veicoli non automobili.
35 La disposizione controversa pregiudica, di conseguenza, la vendita in Portogallo della quasi totalità delle pellicole colorate
applicabili sui vetri degli autoveicoli, legalmente fabbricate e commercializzate in altri Stati membri o in Stati parti contraenti
dell’accordo SEE.
36 Il divieto di cui all’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003 costituisce pertanto una misura di effetto equivalente a restrizioni
quantitative ai sensi di quanto disposto dagli artt. 28 CE e 11 dell’accordo SEE. Tale misura è incompatibile con gli obblighi
derivanti da tali disposizioni, a meno che non possa essere oggettivamente giustificata.
– Sulla sussistenza di una giustificazione
37 Secondo una giurisprudenza costante, una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’importazione può
essere giustificata solo da uno dei motivi di interesse generale enumerati all’art. 30 CE o da una delle ragioni imperative sancite
dalla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, detta «Cassis de
Dijon», Racc. pag. 649, punto 8), a condizione che, nell’uno o nell’altro caso, tale misura sia idonea a garantire il
conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (sentenze 8 maggio 2003,
causa C-14/02, ATRAL, Racc. pag. I-4431, punto 64; 10 novembre 2005, causa C-432/03, Commissione/Portogallo, Racc. pag.
I-9665, punto 42, e 7 giugno 2007, Commissione/Belgio, cit., punto 33).
38 Nella fattispecie, le giustificazioni addotte dalla Repubblica portoghese si riferiscono, da un lato, alla lotta alla criminalità
nell’ambito della protezione della pubblica sicurezza e, dall’altro, al controllo del rispetto dell’uso obbligatorio della cintura, che
rientra nel settore della sicurezza stradale. La lotta alla criminalità e la protezione della sicurezza stradale possono costituire
ragioni imperative di interesse generale atte a giustificare un ostacolo alla libera circolazione delle merci (v., relativamente alla
sicurezza stradale, sentenza 15 marzo 2007, causa C-54/05, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I-2473, punto 40 e
giurisprudenza ivi citata).
39 Spetta, tuttavia, agli Stati membri dimostrare che la loro normativa è adatta a garantire il conseguimento di obiettivi del
genere ed è conforme al principio di proporzionalità (v., in tal senso, in particolare, sentenza 20 settembre 2007, causa C297/05, Commissione/Paesi Bassi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).
40 A tale riguardo, la Repubblica portoghese ha fornito un unico elemento a sostegno della misura controversa, ossia il fatto
che essa consente di procedere ad un controllo immediato dell’abitacolo degli autoveicoli con una semplice osservazione
12
dall’esterno.
41 Sebbene il divieto di cui all’art. 2, n. 1, del decreto legge n. 40/2003 sembri, è vero, in grado di agevolare tale tipo di
osservazione e quindi idoneo a raggiungere gli obiettivi della lotta alla criminalità e della sicurezza stradale, ciò non significa che
esso sia necessario per raggiungere tali obiettivi e che non esistano altri mezzi meno restrittivi per arrivarci.
42 Infatti, il controllo visivo di cui trattasi è solo un mezzo fra gli altri che le autorità competenti hanno a disposizione per
combattere la criminalità e le infrazioni all’uso obbligatorio della cintura di sicurezza.
43 La pretesa necessità del provvedimento controverso è ancor meno dimostrata considerato che, all’udienza, la Repubblica
portoghese ha ammesso di consentire nel suo territorio la commercializzazione di autoveicoli dotati sin dall’inizio di vetri colorati
nei limiti previsti dalla direttiva 92/22. Orbene, questi vetri colorati, così come le pellicole colorate di cui si controverte, possono
impedire qualsiasi esame visivo, dall’esterno, dell’interno dei veicoli.
44 Di conseguenza, salvo ammettere che, per gli autoveicoli dotati sin dall’inizio di vetri colorati, le autorità competenti hanno
rinunciato ad assicurare la lotta alla criminalità e la sicurezza stradale, si deve necessariamente rilevare che esse devono poter
ricorrere ad altri mezzi per identificare i delinquenti e le eventuali contravvenzioni all’uso obbligatorio della cintura di sicurezza.
45 Peraltro, la Repubblica portoghese non ha dimostrato che il divieto, sempre che riguardi tutte le pellicole colorate, è
necessario ad assicurare la sicurezza stradale e la lotta alla criminalità.
46 Infatti, come ha sottolineato la Commissione all’udienza, le pellicole colorate comprendono una vasta gamma che va da
quelle trasparenti a quelle quasi opache. Questo dato, che non è stato contestato dalla Repubblica portoghese, implica che
almeno alcune pellicole, ossia quelle che presentano un grado di trasparenza sufficiente, consentono l’esame visivo
dell’abitacolo degli autoveicoli che si desidera garantire.
47 Tale divieto va quindi considerato eccessivo e, pertanto, sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti.
48 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che la Repubblica portoghese, vietando all’art. 2, n. 1, del
decreto legge n. 40/2003 l’applicazione di pellicole colorate sui vetri degli autoveicoli, è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza degli artt. 28 CE e 30 CE nonché 11 e 13 dell’accordo SEE.
Sulle spese
49 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta
domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, va condannata alle
spese.
P.Q.M.
Corte dichiara e statuisce:
1) La Repubblica portoghese, vietando all’art. 2, n. 1, del decreto legge 11 marzo 2003, n. 40, l’applicazione di pellicole colorate
sui vetri degli autoveicoli, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 CE, 30 CE, 11 e 13 dell’accordo
2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo.
2) La Repubblica portoghese è condannata alle spese.
A rafforzare questo principio per lo stesso caso in cui è incappata direttamente
l’Italia c’è la circolare ministeriale 2002
Circolare Prot. 1680/M360 del 08/05/2002
(http://www.trasporti.gov.it/page/NuovoSito/site.php?p=normativa&o=vd&id=927&id_cat=34)
Emessa da: Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Titolo/Oggetto
Applicazione di pellicole adesive sui vetri dei veicoli.
Testo
Pervengono richieste di chiarimenti, da parte degli Uffici Provinciali della Motorizzazione, in merito all’applicazione, sui veicoli in
circolazione, di pellicole adesive su vetri dei veicoli.
AI riguardo, si osserva quanto segue.
La materia non è regolata da norme internazionali né da norme comunitarie che prevedano l’omologazione di dette pellicole
quali entità tecniche indipendenti, nè risultano allo studio, sia in sede internazionale che comunitaria, normative specifiche in tal
senso.
Tuttavia, nell’ambito dello Spazio economico europeo alcuni Paesi hanno adottato norme nazionali che disciplinano
l’approvazione di dette pellicole nonché la loro installazione sui vetri dei veicoli.
Lo Stato Italiano, invece, ha ritenuto di non adottare norme nazionali, rinviando la regolamentazione della materia alla eventuale
emanazione di normative comunitarie.
13
Non c’è dubbio, d’altra parte, che secondo il principio della libera circolazione delle merci, sancito dagli art. 28-30 del Trattato
che ha istituito la Comunità europea, non è possibile vietare la commercializzazione di un prodotto approvato in un altro Stato
membro e quindi liberamente circolante nel suo territorio.
Pertanto, nel caso in esame, non possono non essere accettate pellicole applicate ai vetri laterali posteriori e al lunotto
posteriore dei veicoli approvate da altri Stati membri della Comunità europea o da Stati aderenti allo Spazio economico
europeo, fermo restando il rispetto dei campi di visibilità previsto dalle norme comunitarie.
Conseguentemente, in sede di visita e prova di revisione, ove venisse riscontrata l’applicazione delle suddette pellicole, dovrà
essere verificato:
1) che sulle pellicole sia apposto il marchio identificativo del costruttore delle pellicole medesime;
2) che dette pellicole siano state omologate per il vetro sul quale sono state applicate. A tale scopo dovrà essere esibito un
certificato di omologazione, costituito all’estero, dal quale risulti che le pellicole montate siano state approvate per lo specifico
tipo di vetro su cui sono state applicate. L’installatore dovrà certificare che il vetro, ovviamente di tipo omologato, ha lo spessore
previsto in sede di approvazione delle pellicole.
Sulla base delle prescrizioni contenute nelle direttive 92/22/CE (vetri di sicurezza), 71/127/CEE (specchi retrovisori) e
77/649/CEE (campo di visibilità anteriore) non è consentita l’applicazione delle pellicole in argomento né sul parabrezza né sui
vetri laterali anteriori; inoltre, l’applicazione sul lunotto posteriore, è ammessa solo a condizione che il veicolo sia allestito con
specchi retrovisori esterni su ambo i Iati.
E’ appena il caso di precisare che l’applicazione di pellicole adesive sui vetri dei veicoli non comporta l’aggiornamento della
carta di circolazione a norma dell’art. 78 del Codice della strada.
IL DIRETTORE GENERALE
dott. Giorgio Berruti
__________
NOTE
1 Non esistendo al momento norme internazionali, comunitarie o nazionali che prevedano l'omologazione delle pellicole adesive
applicate sui vetri dei veicoli quali entità tecniche indipendenti, e non potendosi quindi non accettare quelle approvate da altri
Stati membri della Comunità europea o da Stati aderenti allo Spazio economico europeo, in sede di visita e prova di revisione,
ove venisse riscontrata l'applicazione delle suddette pellicole, dovrà essere verificato:
a) che sulle pellicole sia apposto il marchio identificativo del costruttore delle pellicole medesime;
b) che dette pellicole siano state omologate per il vetro sul quale sono state applicate. A tale scopo dovrà essere esibito un
certificato di omologazione, costituito all'estero, dal quale risulti che le pellicole montate siano state approvate per lo specifico
tipo di vetro su cui sono state applicate. L'installatore dovrà certificare che il vetro, ovviamente di tipo omologato, ha lo spessore
previsto in sede di approvazione delle pellicole.
2 Sulla base delle prescrizioni contenute nelle direttive 92/22/CE (1) (vetri di sicurezza), 71/127/CEE (2) (specchi retrovisori) e
77/649/CEE (3) (campo di visibilità anteriore) non è consentita l'applicazione delle pellicole in argomento né sul parabrezza né
sui vetri laterali anteriori; inoltre, l'applicazione sul lunotto posteriore, è ammessa solo a condizione che il veicolo sia allestito
con specchi retrovisori esterni su ambo i Iati.
3 L'applicazione delle pellicole non comporta ovviamente l'aggiornamento della carta di circolazione.
14
Lezione 2
Che cos’è una omologazione europea
Che cos’è una certificazione europea
Applicazione delle norme europee al Codice della strada italiano
Perché è così importante la legge 14/2009 (milleproroghe)
Ben presto ci si rende conto che solo all’estero si è preparati per fare omologazioni in
tempi ragionevoli e le aziende non ci pensano due volte ad abbandonare strutture
obsolete e lentissime. L’unico spazio che rimaneva ancora ancorato al monopolio dell’ente
pubblico nazionale era riferito alle modifiche di veicoli circolanti. E’ naturale che un veicolo
che entra in circolazione mediante la sua immatricolazione è stato omologato secondo ben
precise direttive valide al momento della sua approvazione, ma il nostro Codice della
strada non prevede questa stessa procedura per i veicoli targati.
Morale se si voleva attrezzare il veicolo di un componente che migliorava, o quantomeno
non peggiorava la sua sicurezza in Italia risultava impossibile.
Motivo non c’erano norme di riferimento che istruissero gli uffici preposti a tali procedure.
Si arriva così al 2002 quando scoppia la bomba. Un importatore di pellicole oscuranti si
vede rigettare ad ogni livello istituzionale la possibilità di applicare le sue pellicole sui
veicoli circolanti in Italia. Motivazione non ci sono regolamenti che lo prevedono e perché
in Italia c’è una norma che è contraria affinché le autovetture circolino con vetri oscurati.
L’importatore non si perde d’animo e si rivolge alla Corte di Giustizia europea, la quale in
base al trattato della CE non può che accogliere il suo ricorso.
Morale il Ministero è costretto ad emanare in fretta e furia una circolare che riconosce per
la prima volta una Certificazione Europea. Cioè un documento rilasciato da un ente terzo
e di un paese comunitario che certifica la rispondenza ai criteri di sicurezza imposti dalla
Direttive comunitarie.
La stessa circolare impone ai centri di revisione, pubblici e privati di accettare questo
documento anche costituito all’estero. La domanda allora sorge spontanea: “ se questo
documento è stato riconosciuto valido per delle pellicole, perché non può esserlo per altri
accessori e/o sistemi approvati allo stesso modo, visto che in Italia siamo in un vuoto
legislativo.
A garantire la validità della certificazione europea ci giungono in soccorso due atti
legislativi molto importanti.
1) La legge 14/2009 che riempie il vuoto legislativo ed ammette la possibilità di ottenere
delle certificazioni per componenti e/o sistemi da aggiungere ai veicoli circolanti,
impegnandosi a dare al proprio ente nazionale istruzioni per tale rilascio attraverso dei
decreti attuativi. In presenza di queste certificazioni non è più necessario richiedere il Nulla
Osta del costruttore.
La stessa legge differenzia quegli accessori che sono soggetti come unità tecniche
indipendenti e impone loro di ottenere l’omologazione europea nel rispetto delle specifiche
direttive e al contempo stabilisce che per accessori e/o sistemi che sono soggetti al
rispetto delle norme contenute nei regolamenti internazionali e/ direttive europee si
proceda nel rispetto di queste prescrizioni.
Il primo decreto attuativo che determinerà le modalità che l’ente nazionale dovrà applicare
per assolvere a questa approvazione per quanto concerne le modifiche di impianti frenanti
è attualmente all’approvazione della commissione tecnica europea, per verificare la
rispondenza della procedura ai regolamenti attualmente in vigore e da anni applicati in altri
paesi della comunità.
2) Una sentenza della Corte europea di giustizia, la n 265/2008 che ha condannato uno
stato membro che aveva comunque deciso di non voler adottare questo sistema.
15
Tre procedure per poter circolare
Ogni veicolo, per essere considerato idoneo alla circolazione stradale, deve essere
sottoposto a visita e prova dal Dipartimento dei Trasporti Terrestri o da un ente
certificatore dell'Unione europea (come Tüv, Dekra, Luxcontrol, etc.).
Questo, con le modifiche introdotte dalla legge 14/2009, vale sia per il veicolo
completo, per i componenti definiti dalla norma unità tecniche indipendenti,
soggette ad una omologazione propria, che per accessori soggetti comunque al
rispetto di direttive comunitarie.
Con l'espressione "visita e prova" s'intende un insieme di controlli tecnici e
documentali che l'autorità o l'organo competente deve svolgere per garantire la
pubblica sicurezza quando il veicolo viene utilizzato. Questi controlli possono
essere effettuati
•
•
•
per un'omologazione
per un collaudo in unico esemplare
per una revisione.
L'omologazione permette alla casa costruttrice di realizzare una serie di autoveicoli
identici al prototipo provato. Ciascuno degli esemplari prodotti potrà essere immatricolato
direttamente con i documenti forniti dalla fabbrica.
Il collaudo in unico esemplare comporta dei controlli che, pur essendo rigorosi,
normalmente non sono articolati come nell'omologazione. Si ricorre a questa procedura, di
solito, quando non c'è l'esigenza di produrre in serie degli esemplari identici. Molti
autoveicoli industriali e commerciali da lavoro (allestiti con cassoni, furgoni e
apparecchiature come gru caricatrici o sponde montacarichi) hanno dovuto sostenere un
collaudo di questo tipo, per essere dichiarati idonei alla circolazione. In questa procedura
rientrano le modifiche dei veicoli usati (con già targa).
Con la revisione, infine, viene periodicamente verificato che l'autoveicolo conservi ancora
tutti i requisiti per l'idoneità alla circolazione, stabiliti in precedenza tramite omologazione o
collaudo in unico esemplare. Si tratta di una procedura applicabile solo ad autoveicoli non
modificati e già circolanti. Attualmente, la revisione può essere effettuata sia nelle sedi
periferiche del Dipartimento dei Trasporti Terrestri, sia nei centri privati di revisione, per
veicoli di massa massima ammessa fino a 3,5 t e max 16 posti.
Cosa ha modificato la legge 14 (milleproroghe) del 27 febbraio 2009?
Riportiamo di seguito il contenuto che ci riguarda da vicino:
All'articolo 29 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
1-ter. All'articolo 75 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. L'accertamento di cui al comma 1 può riguardare singoli veicoli o gruppi di
esemplari dello stesso tipo di veicolo ed ha luogo mediante visita e prova da parte dei
competenti uffici delle direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e
del trasporto intermodale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con le modalità
stabilite con decreto dallo stesso Ministero. Con il medesimo decreto è indicata la
documentazione che l'interessato deve esibire a corredo della domanda di accertamento";
b) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
16
"3-bis. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce con propri decreti
norme specifiche per l'approvazione nazionale dei sistemi, componenti ed entità
tecniche, nonché le idonee procedure per la loro installazione quali elementi di
sostituzione o di integrazione di parti dei veicoli, su tipi di autovetture e motocicli
nuovi o in circolazione. I sistemi, componenti ed entità tecniche, per i quali siano stati
emanati i suddetti decreti contenenti le norme specifiche per l'approvazione nazionale
degli stessi, sono esentati dalla necessità di ottenere l'eventuale nulla osta della
casa costruttrice del veicolo di cui all'articolo 236, secondo comma, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.
495, salvo che sia diversamente disposto nei decreti medesimi.
3-ter. Qualora le norme di cui al comma 3-bis si riferiscano a sistemi, componenti
ed entità tecniche oggetto di direttive comunitarie, ovvero di regolamenti emanati
dall'Ufficio europeo per le Nazioni Unite recepite dal Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, le prescrizioni di approvazione nazionale e di installazione sono
conformi a quanto previsto dalle predette direttive o regolamenti.
3-quater. Gli accertamenti relativi all'approvazione nazionale di cui al comma 3-bis
sono effettuati dai competenti uffici delle direzioni generali territoriali del Dipartimento per i
trasporti terrestri e per il trasporto intermodale del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti".
17
Lezione 3
Accessori e componenti
Direttive europee e Regolamenti internazionali ECE ONU
Cosa dicono le norme nazionali sulle modifiche delle autovetture
Le parti fondamentali dell'autoveicolo sono:
•
•
•
•
•
•
•
il motore:
è l'organo che permette di rendere autonomo l'avanzamento del mezzo. I motori
possono essere classificati in vari modi, in base all'aspetto costruttivo preso come
riferimento (benzina, diesel, flex, ciclo di funzionamento etc.);
il telaio o la scocca portante (Struttura portante):
è la parte destinata ad assorbire le sollecitazioni generate dal peso permanente del
veicolo (determinato dalla tara), dalla portata, dalla velocità, dalle accelerazioni o
decelerazioni, dalla pendenza e dalle asperità della strada. Negli autoveicoli
industriali, in genere, il telaio è costituito da una coppia di longheroni: ciò favorisce il
montaggio di vari tipi di carrozzerie (furgoni, cassoni, betoniere, cisterne etc.),
capaci di soddisfare diverse necessità lavorative. Nelle autovetture, invece, spesso
la struttura portante è costituita dall'intera carrozzeria (fanno eccezione alcuni
fuoristrada);
gli organi per la trasmissione del movimento:
cioè l'albero motore, la frizione, il cambio di velocità, i giunti, la coppia conica e il
differenziale;
le sospensioni:
la loro funzione è quella di smorzare (assieme agli pneumatici) gli urti e le
oscillazioni durante la circolazione stradale, limitandone così la propagazione ai
passeggeri e alle cose trasportate;
l'impianto frenante:
i freni diminuiscono o annullano la velocità dell'autoveicolo, oppure lo mantengono
immobile;
lo sterzo:
orienta le ruote direttrici e quindi permette di modificare la direzione di marcia;
l'impianto elettrico:
da esso dipende il funzionamento diretto di alcuni motori, ma anche quello dei
dispositivi di illuminazione, di segnalazione visiva e acustica e di altri servizi
ausiliari.
Nella tecnica automobilistica, la tara è la massa minima (permanente) che caratterizza
l'autoveicolo, mentre la massa complessiva a pieno carico è quella massima raggiungibile.
Le direttive europee, in base alle quali vengono omologati gli autoveicoli, includono nella
tara anche il conducente, il carburante, la ruota di scorta, i lubrificanti e il liquido di
raffreddamento. In sostanza, l'autoveicolo è considerato in "ordine di marcia", cioè pronto
per partire.
18
La massa complessiva, invece, viene stabilita dal costruttore e confermata in sede di
collaudo. Questo valore è annotato nel campo F.2 della carta di circolazione (all'interno del
secondo riquadro).
La differenza fra la massa complessiva e la tara individua la portata, cioè la massa
massima di persone e cose trasportabili con l'autoveicolo.
A parte la massa complessiva, non sempre i dati riportati sulla carta di circolazione
permettono di ricavare con sicurezza la portata reale del mezzo. Per determinarla,
pertanto, di solito conviene pesare l'autoveicolo a vuoto (senza carico) e sottrarre il valore
ottenuto dalla massa complessiva.
Durante la circolazione stradale il carico e le persone devono essere sistemati nella
maniera più corretta, in base alle caratteristiche costruttive dell'autoveicolo e alle
disposizioni dettate dal Codice della strada.
Ogni veicolo riporta sull'omologazione dei dati significatici e caratteristici del veicolo : i pesi
massimi ammessi per ogni asse. Questi valori hanno una importanza fondamentale nella
fase progettuale dell'allestimento e nella fase di verifica al momento del collaudo in unico
esemplare del veicolo.
IO SONO OMOLOGATO
Perché questo marchio proprio ora in Italia.
La situazione sino ad oggi (dopo febbraio 2009) era abbastanza paradossale: la normativa
nazionale o meglio il D.Lgs.vo 285/92 Codice della Strada (CDS) del 1992 non aveva
preso in considerazione come trattare le modifiche sui veicoli circolanti (già targati). Un
vero e proprio vuoto legislativo. Nel nostro Codice della Strada non sono contemplate le
norme per regolamentare la trasformazione di veicoli usati in circolazione, perché vedremo
il meccanismo dei Decreti Ministeriali che recepiscono le direttive Europee valgono solo
per l’aggiornamento dei veicoli nuovi.
Se uno va a cercare sul CDS la voce modifiche con appendici aerodinamiche alla
carrozzeria, oppure modifiche degli assetti con modifica delle sospensioni non troverà un
bel nulla, nemmeno sul DPR 495/92 (Regolamento di attuazione). Oltre a questi due
esempi sono decine le carenze in questo senso, ma andiamo con ordine.
In questi anni un automobilista italiano che si appassionava al mondo della
personalizzazione dell’auto e lo voleva fare nel rispetto almeno della propria sicurezza
stradale non aveva riferimenti legislativi per farlo.
Fino a maggio 2002, la materia in Italia non era stata presa in considerazione da nessuno,
ovviamente tanto meno dagli organi istituzionali preposti, tranne che per Gli impianti di
scarico non originali.
In questo periodo si fa un gran parlare di sicurezza stradale, a My Special Car di Rimini
2010 è stato lo slogan utilizzato nei convegni più importanti, ma la vera sicurezza, quella
che riguarda la buona manutenzione dei veicoli, in Italia sembra che nessuno sia
interessato farla.
Lo scopo dell’articolo 80 del CDS è quello di garantire che il parco circolante nazionale sia
efficace ed efficiente dove anche in presenza di una o più modifiche su di un veicolo se ne
migliorino le prestazioni anziché peggiorarle. Un esempio: tutti sanno che se si vuole
sostituire un cerchio con il relativo pneumatico con una misura diversa da quella indicata
sulla carta di circolazione (che riporta quelle ottenute in fase di omologazione) è
19
necessario richiedere il nulla osta alla casa costruttrice e con lo stesso presentare istanza
di aggiornamento della carta di circolazione presso gli uffici della Motorizzazione.
Il nulla osta e il relativo collaudo, ufficialmente si preoccupano di verificare che la nuova
misura è compatibile con il vano parafango nel quale viene alloggiata la ruota con le nuove
dimensioni.
Spesso queste dimensioni non cambiano se non leggermente nella loro larghezza della
base di appoggio del battistrada, mentre la circonferenza di rotolamento corrisponde con
quella precedente, alle volte è anche di qualche mm in meno, ma pur sempre
abbondantemente nelle tolleranze stabilite dalla circolare ministeriale 94/96 (che la
circonferenza di rotolamento non differisca di ± il 5% da quella ammessa in sede di omologazione o
approvazione del veicolo). Ma chi verifica ciò che è maggiormente importante per la
sicurezza stradale del complesso ruota (Cerchio + pneumatico)?
Infatti nessuno si pone la necessità di verificare la sicurezza del cerchio. Per assurdo
potrebbe essere costruito di cartone e nessuno se ne preoccuperebbe perché questo
controllo non è contemplato dalla normativa nazionale. Per questo motivo sono in
circolazione centinaia di migliaia di repliche di cerchi costruiti a basso prezzo che sono
certamente un vero e grave pericolo per l’incolumità di chi sale su quel veicolo con quei
quattro pezzi di ferro montati nel punto più delicato del mezzo.
A questo punto bisogna fare alcune considerazioni:
Un veicolo è un insieme di tanti accessori e componenti.
Un veicolo a motore per circolare su strada deve essere omologato. Per omologazione si
intende che ci sia un costruttore che ha realizzato un prototipo e che lo ha sottoposto a
tutte le prove di sicurezza previste in quel momento per ottenere l’idoneità alla
circolazione. Solo dopo che sono state superate tutte le prove è possibile procedere
20
all’immatricolazione del veicolo e iniziare a circolare. Le normative di riferimento per
regolamentare queste prove di omologazione sono contenute in apposite Direttive
Europee, recepite dal nostro Codice della Strada a mezzo di appositi Decreti Ministeriali.
Le direttive dettano le regole per i veicoli che devono essere omologati in quel momento e
sono in continua evoluzione. Pertanto una norma che è stata applicata per un veicolo
omologato nel 1970 rispetto ad uno del 1998 o di oggi è sicuramente superata da una
direttiva successiva che ha modificato quella in vigore in quegli anni.
Per questo motivo i Decreti ministeriali sono emanati per integrare il nostro codice
sull’aggiornamento della norma da applicare per l’omologazione dei veicoli nuovi, ma non
lo fa per estenderla anche a quanto riguarda il parco circolante.
Veicolo omologato secondo direttiva
2001/116 CE
Veicolo omologato secondo direttiva 98/14 CE e con modifiche aerodinamiche certificate
21
Attualmente in Italia l’unico ente che è chiamato ad effettuare le prove di omologazione dei
veicoli e le successive modifiche è la Direzione Generale della Motorizzazione Civile.
Motorizzazione che si avvale di uffici periferici suddivisi in due specifiche e separate
strutture:
a) i Centri Prova Autoveicoli (CPA), una dozzina di sedi dislocate sul territorio
nazionale con il compito di provvedere alle omologazione dei veicoli nuovi e dei
relativi componenti quali unità tecniche indipendenti.
b) Gli UMC Provinciali (Uffici della Motorizzazione Civile) con il compito di provvedere
all’aggiornamento del parco circolante.
Attualmente i CPA devono continuamente essere aggiornati nell’applicazione delle
Direttive Europee perché dal 1 gennaio 1996 con l’armonizzazione delle norme
comunitarie, sono in concorrenza con gli enti anche privati a loro volta autorizzati nei loro
paesi di appartenenza.
Un dato che dimostra che questa concorrenza si è fatta sentire:
Nel 1996 presso un CPA del nord Italia sono state effettuate oltre 300 omologazioni
nell’arco dell’anno. Nel 2008 le omologazioni sono state in tutto 35 (solo un decimo di
dodici anni fa).
Per quanto riguarda il parco circolante questa concorrenza in teoria non esiste perché gli
aggiornamenti dei veicoli con targa nazionale può essere effettuata solo dagli UMC
Provinciali e non c’è nessun DM che gli imponga nei casi di istanze di modifiche dei veicoli
di applicare anche sui veicoli usati le direttive in vigore al momento della loro
omologazione iniziale.
Pertanto nessun UMC finora si è preso la responsabilità di affrontare seriamente il
problema, anzi l’unica regola nota è: i veicoli circolanti non si possono modificare perché
non ci sono norme in tal senso. Ed allora? Tornando al nostro appassionato che vuole
essere in regola e che vuole modificare il suo veicolo è possibile che non ci sia nessuna
strada che gli consenta di farlo nel pieno rispetto della sua e altrui tanto decantata
sicurezza?
Ci giunge in soccorso il Trattato della Comunità europea che nella parte terza di stesura
“ POLITICHE DELLA COMUNITA’ TITOLO I° - LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE
MERCI” agli articoli dal 27 al 31 recitano:
Questi articoli ci ricordano che in caso un paese della comunità non abbia provveduto con
proprie norme a regolamentare l’utilizzo di accessori, in questo caso automobilistici, ma a
ciò ha provveduto un altro paese della comunità stessa, il primo paese non può negare la
commercializzazione di prodotti che sono stati approvati e/o omologati nel secondo.
A ribadire questo ulteriore concetto, trattando uno specifico caso quali le pellicole
oscuranti, c’è una circolare ministeriale del 2002.
Leggendo la circolare si può rilavare che la posizione del Ministero, per sua stessa
ammissione, è totalmente aperta nei confronti di quegli accessori che non sono considerati
unità tecniche indipendenti e quindi soggetti direttamente a omologazione CE, perché la
normativa italiana essendo inesistente, non può vietarne la commercializzazione in
presenza di “Approvazioni” con “Certificazioni” costituite all’estero in uno dei paesi della
Comunità.
22
Veicolo con pellicole oscuranti certificate
Una domanda ora sorge spontanea: “Cosa sono gli accessori definiti unità tecniche
indipendenti?”
Sono quei componenti che sono specificatamente sottoposti al rispetto delle norme
contenute in una Direttiva Europea e di conseguenza debbono essere sottoposti ad una
specifica omologazione nel rispetto delle disposizioni comunitarie. Al termine del percorso
di omologazione al dispositivo viene rilasciata una omologazione che deve essere
riportata sull’accessorio. Quali sono questi dispositivi?
Il parabrezza, i vetri, gli specchietti retrovisori, i dispositivi di illuminazione e di
segnalazione visiva, gli scarichi, le cinture di sicurezza, il motore, il porta - targa posteriore
ecc.
Per tutti gli altri componenti non ci sono delle Direttive che impongono la loro specifica
omologazione come accessorio riconosciuto quale unità tecnica indipendente e pertanto lo
stato italiano aveva deciso di attendere l’emanazione di apposite direttive europee. In
questo periodo di vacazio legis acquisiscono valore il contenuto e le disposizioni previste
23
dalle norme del Trattato della CE e la circolare del maggio 2002 sopra richiamata, che pur
riferendosi alle pellicole oscuranti di fatto regola tutti quegli accessori che non essendo
regolamentati verrebbero discriminati, come di fatto già accade sul nostro territorio rispetto
a quei paesi che invece hanno previsto di regolamentare anche quegli accessori che
vengono montati dopo l’immatricolazione del veicolo.
Per esempio in Germania per ogni parte del veicolo è stata presa in considerazione dal
Codice della Strada tedesco la modalità di sottoporlo ad un controllo di idoneità alla
circolazione.
Queste verifiche vengono effettuate da enti privati legalmente riconosciuti dal loro stato di
appartenenza, come succede, per analogia sulle revisioni periodiche in Italia, con i centri
di revisione veicoli privati.
Questi istituti riconosciuti sono delegati ad effettuare i controlli tecnici e a certificare con
una apposito documento che tradotto in italiano significa “Certificazione di Prodotto” cioè
una sorta di idoneità alla circolazione relativa all’accessorio montato su di un veicolo
circolante.
Cosa ha modificato la legge milleproroghe di febbraio 2009?
Il disposto di questa norma appare in controtendenza alle vecchie proposte di legge, sia
del precedente governo che quelle presentate da rappresentanti di partiti non di governo in
questa legislatura che miravano a correggere l’articolo 78 del CDS e quindi l’attività di
aggiornamento della carta di circolazione.
Modifica certificabile e non omologabile
Intervenire sull’articolo 75 significa intervenire a monte, sui costruttori degli accessori e
non al momento del collaudo sul singolo veicolo.
Inoltre finalmente le modifiche riempiono il vuoto legislativo sugli accessori e componenti
montati anche su veicoli circolanti, dando precisi riferimenti a quelle parti che sono già
identificate come unità tecniche indipendenti per l’omologazione su veicoli nuovi e a parti
che sono definite “standard di produzione” o “Certificato di prodotto” per le altre.
Ciò significa che il legislatore ha inteso accogliere la modalità di allinearsi agli altri paesi
europei a cominciare dalla Germania, dimostrando idee chiare sull’argomento e ben
istruito sulle relative modalità atte a riempire compitamente il vuoto normativo e in modo
strutturato e non per tappare temporaneamente una falla.
A conferma di quanto sopra riportato ci soccorre il percorso del primo decreto attuativo
relativamente all’approvazione sul territorio nazionale di componenti che non sono soggetti
quali unità tecniche indipendenti a “omologazione CE”, ma a “Certificazione di Prodotto”
recentemente elaborato e licenziato dal Ministro dei Trasporti riguardante le modifiche
dell’impianto frenante che è attualmente presso la Commissione Europea per
l’approvazione del suo contenuto. Difficile pensare che la CE approvi una norma che non
sia in armonia con quelle utilizzate da quasi tutti gli altri paesi comunitari.
Significa rilasciare al costruttore quello che tra gli addetti ai lavori si chiama “Certificato di
Prodotto”, quando non sono previste specifiche Direttive Europee che identificano
24
l’accessorio quali unità tecniche indipendenti e pertanto finalmente la modifica consente di
avviare il percorso di regolarizzazione per gli accessori secondo il quanto contenuto del
nuovo comma 3- bis.
La norma stessa prevede di applicare la modifica del comma 3 – ter per gli accessori con
omologazione europea.
Concludiamo con una indicazione:
In Italia, dal 2003, c’è attualmente un solo ente che opera già utilizzando queste specifiche
procedure, che di fatto la legge mille proroghe al termine del suo percorso renderà
utilizzabili a più operatori concorrenti nel settore. Questo ente, forte della conoscenza dei
retroscena che avevano portato alla emanazione della circolare sulle pellicole basata sul
principio contenuto nel Trattato della Comunità Europea, ha sottoscritto un contratto di
rappresentanza in Italia con un ente straniero (uno degli attuali diversi TUV tedeschi). Il
contratto, nel rispetto delle legislazioni nazionali ed europea, prevede che l’ente italiano
può, per conto di quello tedesco, effettuare prove di laboratorio per l’omologazione e la
certificazione sia dei componenti quali unità tecniche indipendenti soggetti quindi
all’omologazione europea con la marcatura E-1- nel cerchio (E1 si riferisce al paese di
riferimento per l’omologazione dell’accessorio, in questo caso la Germania, E2 sta per la
Francia e E3 per l’Italia)
da apporre sull’accessorio dopo aver ottenuto l’omologazione, sia delle parti che non sono
soggette a tale procedura. In questo modo l’ente italiano è in grado di ottenere, a seguito
delle prove effettuate dai suoi tecnici abilitati, le due tipologie di “omologazioni”:
Accessori che prevedono l’omologazione quale unità tecnica indipendente.
1) L’omologazione europea per singolo accessorio con la E(n)
2) La certificazione di prodotto secondo le direttive nazionali di un paese membro
(trattato comunitario)
25
Esempio di Certificazione Europea rilasciata da ente riconosciuto in Germania
In questo modo può rilasciare a coloro che modificano la propria auto un documento
certificazione, che ha valore di legge anche secondo il Codice della Strada italiano perché
non opponibile e non in contrasto ad una norma Europea per la libera circolazione delle
merci sul territorio comunitario.
26
Appare scontato dover ricordare, come viene richiamato anche dalle attuali norme italiane
e dalle circolari interpretative che a seguito di queste “Certificazioni” non è necessario
provvedere all’aggiornamento della Carta di Circolazione previsto dall’art. 78 CDS. Bene
l’hanno capito i Giudici di Pace di mezza Italia a cui sono stati sottoposti i ricorsi di utenti
che, nonostante il possesso di queste regolamentari documentazioni, si sono
imbattuti in agenti troppo zelanti che prima di verificare la regolarità del documento hanno
preso la scorciatoia del verbale e della sanzione.
Esempi di certificato di prodotto rilasciato all’estero ad azienda italiana
E
27
Esempio di certificato di omologazione di unità tecnica indipendente rilasciato in
Italia
Ora con la pubblicazione della modifica dell’articolo 75 del CDS (e non del 78 come
erroneamente veniva proposto da altre correnti) ci si avvia a rendere possibile la stessa
procedura direttamente anche in Italia senza più doversi triangolare con un paese
straniero per ottenere lo stesso documento valido per la circolazione. Logicamente, con
questa liberalizzazione, ci sarà maggiore concorrenza tra gli operatori a vantaggio degli
utenti, ma a scapito di chi ha promosso per primo l’applicazione di questa procedura.
28
Lezione 4
Definizione ed esempi di unità tecniche indipendenti e loro omologazione
Direttive Europee recepite in Italia di riferimento
Riprendendo il nuovo articolo 75 del codice della strada, modificato dalla legge 14/2009 ci
soffermiamo al punto 3 bis e ter.
"3-bis. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce con propri decreti
norme specifiche per l'approvazione nazionale dei sistemi, componenti ed entità
tecniche, nonché le idonee procedure per la loro installazione quali elementi di
sostituzione o di integrazione di parti dei veicoli, su tipi di autovetture e motocicli
nuovi o in circolazione. I sistemi, componenti ed entità tecniche, per i quali siano stati
emanati i suddetti decreti contenenti le norme specifiche per l'approvazione nazionale
degli stessi, sono esentati dalla necessità di ottenere l'eventuale nulla osta della
casa costruttrice del veicolo di cui all'articolo 236, secondo comma, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.
495, salvo che sia diversamente disposto nei decreti medesimi.
3-ter. Qualora le norme di cui al comma 3-bis si riferiscano a sistemi, componenti
ed entità tecniche oggetto di direttive comunitarie, ovvero di regolamenti emanati
dall'Ufficio europeo per le Nazioni Unite recepite dal Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, le prescrizioni di approvazione nazionale e di installazione sono
conformi a quanto previsto dalle predette direttive o regolamenti.
E’ di facile intuizione che ci si riferisce alle modifiche che possono essere apportate ai
veicoli e queste modifiche le definisce quali sistemi, componenti e entità tecniche.
Ma da dove escono queste definizioni?
Dalle direttive europee recepite volta per volta sul nostro territorio.
Ogni autoveicolo per essere riconosciuto idoneo alla circolazione deve superare una serie
di test all’origine.
Ma chi stabilisce quali sono i test da effettuare?
Sempre le direttive europee recepite in Italia
I veicoli come già detto sono un insieme di componenti, sistemi ed unità tecniche
indipendenti e sono definiti tali da una direttiva quadro che periodicamente viene
aggiornata, man mano che c’è una evoluzione sugli standard minimi previsti per quella
categoria internazionale di veicolo.
La direttiva quadro ha il compito di coordinare tutte le fasi di verifica al momento della
richiesta di idoneità alla circolazione avanzata dal costruttore.
In pratica il costruttore del veicolo completo, indipendentemente di dove ha sede la sua
impresa, presenta all’ente autorizzato presso il proprio stato di appartenenza la domanda
di omologazione, se lo chiede per un prototipo al fine di riconoscerlo idoneo alla
circolazione e poi provvedere al rilascio del C.o.c (certificato di omologazione comunitaria)
per tutti gli esemplari da lui prodotti in serie, altrimenti chiede una autorizzazione in unico
esemplare se non ha intenzione di produrlo in serie.
Allegata alla domanda deve presentare un fascicolo tecnico nel quale indicare tutti i
componenti, sistemi e entità tecniche indipendenti che compongono il suo veicolo.
Il modello del fascicolo tecnico è illustrato in uno degli allegati (allegato II) della direttiva
quadro.
Attualmente la direttiva in vigore è la 2001/116 CE, alla quale ben presto subentrerà un già
disponibile aggiornamento. La direttiva è stata recepita in Italia con DM del 20 giugno
2002.
29
Direttiva quadro generale attualmente in vigore
Gazzetta Ufficiale N. 172 del 24 Luglio 2002
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 20 giugno 2002
Recepimento della direttiva 2001/116/CE della Commissione del 20 dicembre 2001,
che adegua al progresso tecnico la direttiva 70/156/CE del Consiglio concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei
veicoli a motore e dei loro rimorchi. (Testo rilevante ai fini dello Spazio economico
europeo)
IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
Visto l'articolo 229 del nuovo codice della strada approvato con
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio
1992 che delega i Ministri della Repubblica a recepire, secondo le
competenze loro attribuite, le direttive comunitarie concernenti le
materie disciplinate dallo stesso codice;
Visto l'articolo 71 del nuovo codice della strada che ai commi 2,
3 e 4 stabilisce la competenza del Ministro dei trasporti e della
navigazione, ora del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a
decretare in materia di norme costruttive e funzionali dei veicoli a
motore e dei loro rimorchi ispirandosi al diritto comunitario;
Visto il decreto del Ministro per i trasporti e l'aviazione civile
29 marzo 1974, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 23
aprile 1974, recante prescrizioni generali per l'omologazione CEE dei
veicoli a motore e dei loro rimorchi nonche' dei loro dispositivi di
equipaggiamento, in attuazione della direttiva 70/156/CEE;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti 30 giugno 1988, n.
386, pubblicato nel supplemento ordi-nario alla Gazzetta Ufficiale n.
208 del 5 settembre 1988, di recepimento della direttiva 87/358/CEE
di modifica della direttiva n. 70/156/CEE;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 8
maggio 1995, di recepimento delle direttive 92/53/CEE e 93/81/CEE che
modificano la direttiva 70/156/CEE concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei
veicoli a motore e dei loro rimorchi, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 1995;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 4
agosto 1998, di recepimento della direttiva 98/14/CE che adegua al
progresso tecnico la direttiva 70/156/CEE, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 202 del 31 agosto 1998;
Visto il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
13 maggio 2002, di recepimento della direttiva 2001/56/CE relativa al
riscaldamento dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che,
modifica, da ultimo, la direttiva 70/156/CEE, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 125 del 30 maggio 2002;
30
Vista la direttiva 2001/116/CE della Commissione del 20 dicembre
2001, che adegua al progresso tecnico la direttiva 70/156/CEE del
Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei
loro rimorchi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita'
europee n. L 18 del 21 gennaio 2002;
ADOTTA
il seguente decreto:
Art. 1.
1. Il decreto del Ministro per i trasporti e l'aviazione civile 29
marzo 1974, come da ultimo modificato dal presente decreto, si
applica esclusivamente all'omologazione dei veicoli della categoria M
1 con un motore a combustione interna.
2. Per l'omologazione dei veicoli speciali della categoria M 1 si
applica, su richiesta del costruttore, articolo 4, comma 1, del
decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 8 maggio 1995
come modificato dal decreto del Ministro dei trasporti e della
navigazione 4 agosto 1995.
3. L'articolo 10 del decreto del Ministro per i trasporti e
l'aviazione civile 29 marzo 1974, come modificato dal decreto del
Ministro dei trasporti 30 giugno 1988, n. 386, continua ad essere
applicato all'omologazione dei veicoli diversi da quelli della
categoria M 1 con un motore a combustione interna.
Art. 2.
1. All'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto del Ministro
dei trasporti e della navigazione 8 maggio 1995, come modificato dal
decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 4 agosto 1998,
e' soppressa la frase "e viene attribuito un numero di omologazione
speciale, conformemente all'allegato VII".
2. All'articolo 8, comma 2, lettera c), del decreto del Ministro
dei trasporti e della navigazione 8 maggio 1995, come modificato dal
decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 4 agosto 1998,
e' soppressa la frase "e la sostituzione di qualsiasi numero di
omologazione speciale con un numero di omologazione normale".
3. Gli allegati al decreto del Ministro per i trasporti e
l'aviazione civile 29 marzo 1974, come da ultimo modificato dal
decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 13 maggio
2002, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto.
Art. 3.
1. Fino al 30 giugno 2003 e' consentito il rilascio del modello
esistente del certificato di conformita' relativo all'omologazione
CE.
2. Il presente decreto non invalida le omologazioni rilasciate
anteriormente all'entrata in vigore del decreto stesso e non
impedisce l'estensione di tali omologazioni in base al decreto
ministeriale a norma del quale sono state originariamente rilasciate.
31
Art. 4.
1. L'elenco degli allegati e gli allegati da I a XV al presente
decreto ne costituiscono parte integrante.
Art. 5.
1. L'applicazione delle disposizioni contenute nel presente
decreto decorre dal 1 luglio 2002.
Il presente decreto sara pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Roma, 20 giugno 2002 Il Ministro: LUNARDI
In allegato al presente manuale sarà possibile esaminare l’intero contenuto della direttiva.
La direttiva all’allegato IV (pagina 58 della relativa gazzetta europea)
ELENCO DELLE PRESCRIZIONI PER L'OMOLOGAZIONE CE DEI VEICOLI A MOTORE
elenca le ulteriori direttive di riferimento da adottare per l’omologazione del prototipo.
L’elenco è composto di 57 voci.
In questa lezione prenderemo a riferimento le direttive che sono utilizzate per
l’omologazione di un accessorio, componente quale unità tecnica indipendente e sono:
4. Alloggiamento targa d'immatricolazione posteriore
7. Segnalatore acustico
8. Campo di visibilità posteriore (specchietti)
20. Dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa
21. Catadiottri
22. Luci di ingombro, posizione anteriori, posizione posteriori, arresto, posizione laterali, marcia diurna
23. Indicatori di direzione
24. Dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione
25. Proiettori (comprese le lampade)
26. Proiettori fendinebbia (anteriori)
27. Dispositivi di rimorchio
28. Luci per nebbia (posteriori)
29. Proiettori di retromarcia
30. Luci di stazionamento
31. Cinture di sicurezza
39. Emissioni di CO2/consumo di carburante
45. Vetri di sicurezza
46. Pneumatici
Il costruttore al momento della domanda di omologazione deve produrre per questi
componenti il certificato di conformità ottenuto a sua volta dal produttore del componente.
Il componente stesso dovrà riportare in modo indelebile sull’accessorio i riferimenti
omologativi e la simbologia di riferimento del paese dove è stata rilasciata l’omologazione
del componente E + (n) dove n è il numero identificativo del paese. (vedi elenco
seguente)
1 per la Germania,
2 per la Francia,
3 per l'Italia,
4 per i Paesi Bassi,
5 per la Svezia,
6 per il Belgio,
9 per la Spagna,
11 per il Regno Unito,
12 per l'Austria,
13 per il Lussemburgo,
17 per la Finlandia,
18 per la Danimarca,
21 per il Portogallo,
23 per la Grecia,
24 per l'Irlanda.
32
Ogni volta che su di un veicolo circolante viene installato uno degli accessori sopra indicati
deve essere sempre accompagnato dalla relativa documentazione di omologazione, oltre
che verificarne gli elementi identificativi sull’accessorio.
Esempio di certificato di omologazione di unità tecnica indipendente rilasciato in
Italia
Accessori che prevedono l’omologazione quale unità tecnica indipendente.
33
Lezione 5
Definizione ed esempi di sistemi, componenti tecnici e loro certificazione
Direttive Europee recepite in Italia di riferimento
Sempre dalla direttiva europea quadro troviamo l’elenco dei sistemi e dei componenti che
devono essere sottoposti a verifica e superare i test d’insieme del sistema.
Sono spesso componenti che sono soggetti ad una progettazione tecnica secondo la
scienza delle costruzioni come le molle, le sospensioni, lo sterzo, gli assali ecc.
Inoltre gli stessi contribuiscono a costituire dei sistemi che a loro volta debbono garantire
la sicurezza attiva e passiva del veicolo.
Alcuni esempi: il sistema di frenatura, il sistema di sterzo o trasmissione, il sistema di
assetto, il sistema della scocca portante (sporgenze esterne) che per le vetture deve
sopportare la verifica dell’urto anteriore e laterale.
Ecco l’elenco da direttiva quadro:
5 Dispositivi di sterzo
6 Serrature e cerniere porte
9. Frenatura
12. Finiture interne
14. Protezione dello sterzo
15. Resistenza dei sedili
16. Sporgenze esterne
19. Ancoraggi cinture di sicurezza
32. Campo di visibilità
37. Parafanghi delle ruote
40. Potenza dei motori
53. Urto frontale
54. Urto laterale
Ognuno di questi sistemi come definito dallo stesso articolo 75 del nostro CDS deve
rispondere a delle precise prescrizioni che sono contenute nelle direttive specifiche
quando il veicolo è nuovo di fabbrica, mentre potrebbero avere delle variazioni in caso di
montaggio su di un veicolo circolante.
Infatti le direttive europee e di conseguenza le nostre norme nazionali sono spesso in
aggiornamento ed evoluzione.
Pertanto una modifica portata ad un veicolo omologato nel 1990 potrà avere riferimenti
normativi e di sicurezza rispetto ad un veicolo nato nel 2010.
Ecco i vari paesi al momento di adeguare nei loro paesi le norme sui parchi circolanti sono
stati attenti a rispettare questi principi.
Ogni sistema e componente deve comunque garantire degli standard minimi di sicurezza
e questi standard sono verificati sempre dagli enti di certificazione che sono accreditati nei
loro paesi di riferimento.
Come per l’Italia è la Motorizzazione civile, in Germania sono i TUV e Dekra, in Olanda è
TN, in Lussemburgo e Lux Control e così via.
Le norme di riferimento per queste verifiche possono essere quelle comunitarie (oggi al
98%) o in casi molto particolari quelle nazionali. La comunità europea con le direttive di
armonizzazione ha limitato e di molto il campo operativo del vari stati membri.
Una volta superate le prove gli enti rilasciano il certificato di prodotto che ha valenza su
tutto il territorio della comunità europea, come ripreso dal Trattato della costituzione
europea e anche dalle specifiche norme nazionali.
Il lavoro su cui oggi si concentra il nostro maggior lavoro è nell’effettuazione di questi test
su queste tipologie di componenti.
Infatti si modificano le carrozzerie (direttiva di riferimento: n. 16 sporgenze esterne), si
modificano gli impianti di frenata (n. 9 frenatura), si montano le vertical door (n 6 Serrature
e cerniere porte) eccetera. Ovviamente in molti casi abbiamo detto e va ricordato ci si
deve riferire alle norme della scienza delle costruzioni.
34
Di seguito inseriamo alcuni riferimenti normativi per le verifiche delle modifica di
carrozzeria con appendici aerodinamiche tratti dalla direttiva per le sporgenze
esterne.
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO
del 17 settembre 1974
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative alle sporgenze esterne dei veicoli a motore
(74/483/CEE)
IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale,
considerando che le prescrizioni tecniche alle quali devono soddisfare i veicoli a motore ai sensi delle legislazioni
nazionali concernono tra l'altro le sporgenze esterne;
considerando che queste prescrizioni differiscono da uno Stato membro all'alto; che ne risulta la necessità che le
stesse prescrizioni siano adottate da tutti gli Stati membri, a titolo complementare ovvero in sostituzione delle
attuali regolamentazioni in tali Stati, segnatamente al fine di permettere l'applicazione, per ogni tipo di veicolo,
della
procedura di omologazione CEE che forma oggetto della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione
dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (2);
considerando che, per quanto riguarda le prescrizioni tecniche, è opportuno riprendere sostanzialmente quelle
adottate dalla Commissione economica per l'Europa dell'ONU nel regolamento n. 26 («Prescrizioni
uniformi relative all'omologazione dei veicoli per quanto riguarda le sporgenze esterne») (3) che è allegato
all'accordo, del 20 marzo 1958, relativo all' adozione di condizioni uniformi di omologazione e al riconoscimento
reciproco dell'omologazione degli equipaggiamenti e degli elementi dei veicoli a motore;
considerando che tali prescrizioni si applicano ai veicoli a motore della categoria M1; la classificazione
internazionale dei veicoli a motore è riportata nella direttiva 70/156/CEE;
considerando che il ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative ai veicoli a motore comporta il
riconoscimento fra gli Stati membri dei controlli effettuati da ciascuno di essi sulla base delle prescrizioni comuni;
che tale sistema, per ben funzionare, richiede che queste prescrizioni siano applicate da tutti gli Stati membri a
decorrere da una stessa data,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Ai sensi della presente direttiva, s'intende per veicolo ogni veicolo a motore della categoria M1 (definita all'allegato
I della direttiva 70/156/CEE) destinato a circolare su strada, che abbia almeno quattro ruote e una velocità
massima per costruzione superiore a 25 km/h.
35
Articolo 2
Gli Stati membri non possono rifiutare, per motivi concernenti le sporgenze esterne, l'omologazione CEE né
l'omologazione di portata nazionale di un veicolo o di portabagagli, portasci, antenne radio o radiotelefoniche,
considerati come entità tecniche indipendenti:
— se, in ordine alle sporgenze esterne, il veicolo è conforme alle prescrizioni degli allegati I e II,
— se i portabagagli, i portasci e le antenne radio o radiotelefoniche, considerati quali entità tecniche a norma
dell'articolo 9 bis della direttiva 70/156/CEE, sono conformi alle prescrizioni dell'allegato I.
Articolo 3
1. Gli Stati membri non possono, per motivi concernenti le sporgenze esterne, rifiutare o vietare la vendita,
l'immatricolazione, la messa in circolazione o l'uso di un veicolo se dette sporgenze esterne sono conformi alle
prescrizioni degli allegati I e II.
2. Gli Stati membri non possono, per motivi concernenti le sporgenze esterne, vietare la commercializzazione di
portabagagli, portasci, antenne radio o radiotelefoniche, intesi quali entità tecniche a norma dell'articolo 9 bis della
direttiva 70/156/CEE, se questi, a norma dell'articolo 2, sono conformi a un tipo per il quale è stata rilasciata
l'omologazione.
Articolo 4
Lo Stato membro che ha proceduto all'omologazione attua le misure necessarie per essere informato circa
qualsiasi modifica di uno degli elementi o di una delle caratteristiche di cui all'allegato I, punto 2.2. Le competenti
autorità di questo Stato membro giudicano se sul tipo modificato debbano essere effettuate nuove prove, seguite
da un nuovo
verbale. Se dalle prove risulta che le prescrizioni della presente direttiva non sono osservate, la modifica non è
autorizzata.
Articolo 5
Le modifiche che sono necessarie per adeguare al progresso tecnico le prescrizioni degli allegati I, II e III sono
adottate a norma della procedura prevista all'articolo 13 della direttiva 70/156/CEE.
Articolo 6
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano anteriormente al 1 giugno 1975 le disposizioni necessarie per,
conformarsi alla presente direttiva e ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano queste
disposizioni a decorrere dal 1 ottobre 1975.
2. Dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri provvedono inoltre a comunicare alla Commissione, in
tempo utile affinché possa presentare le sue osservazioni, qualsiasi progetto di disposizioni legislative,
regolamentari o amministrative che intendano adottare nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
36
ALLEGATO I
GENERALITÀ, DEFINIZIONI, DOMANDA DI OMOLOGAZIONE CEE,
OMOLOGAZIONE CEE, PRESCRIZIONI GENERALI, PRESCRIZIONI
PARTICOLARI, CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE (1)
1. GENERALITÀ
M1
1.1. Il presente allegato non si applica ai retrovisori esterni né alla sfera del gancio per rimorchi.
1.2. Lo scopo delle presenti prescrizioni è di ridurre il rischio o la gravità delle lesioni corporali subite da una persona
urtata o sfiorata dalla carrozzeria in caso di scontro. M1 Questa disposizione si applica tanto al veicolo fermo quanto al veicolo
in movimento.
2. DEFINIZIONI
Ai sensi della presente direttiva:
2.1. per «omologazione del veicolo», s'intende l'omologazione di un tipo di veicolo per quanto riguarda le sue
sporgenze esterne;
2.2. per «tipo di veicolo per quanto riguarda le sue sporgenze esterne», si intendono i veicoli a motore che non
differiscono sostanzialmente tra loro per quanto riguarda, ad esempio, la forma della superficie esterna, o i materiali impiegati
per quest'ultima;
2.3. Per «superficie esterna» s'intende la parte esterna del veicolo, comprendente il cofano motore, il coperchio del
vano portabagagli, le portiere, i parafanghi, il tetto, i dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa e gli elementi di
rinforzo visibili;
2.4. Per «linea di base» si intende una linea determinata come segue:
Si sposta tutt'intorno ad un veicolo carico un cono ad asse verticale di altezza non definita, che abbia un semiangolo di 30º, in
modo che esso rimanga costantemente a contatto con la superficie esterna del veicolo, nel punto più basso possibile. La linea
di base è la traccia geometrica dei punti di tangenza. Nel determinare la linea di base non si deve tener conto delle sedi di
sollevamento del martinetto, dei tubi di scappamento né delle ruote. Per quanto riguarda i vuoti esistenti in corrispondenza dei
passaggi delle ruote, si supporrà che essi siano continuati da una superficie immaginaria che prolunghi senza soluzione di
continuità la superficie esterna adiacente. Nel fissare la linea di base si terrà conto del paraurti ad entrambe le estremità del
veicolo. A seconda del particolare tipo di veicolo, la traccia della linea di base si può trovare all'estremità della sezione del
paraurti oppure nella fiancata al di sotto del paraurti stesso. Se esistono contemporaneamente due o più punti di contatto, la
linea di base verrà determinata mediante il punto di contatto più basso;
2.5. Per «raggio di curvatura» s'intende il raggio dell'arco di cerchio che più si avvicina alla forma arrotondata della
parte in questione;
2.6. L'espressione «veicolo carico» indica il veicolo con la massa massima tecnicamente ammessa. I veicoli
equipaggiati con sospensioni idropneumatiche, idrauliche o pneumatiche, oppure con un dispositivo di livellamento automatico
in funzione del carico, devono essere sottoposti alla prova su strada nelle condizioni più sfavorevoli di marcia normale
specificate dal fabbricante.
2.7. Per «bordo esterno fuoritutto» del veicolo rispetto alle fiancate s'intende il piano parallelo al piano longitudinale
mediano del veicolo stesso, e tangente al suo bordo esterno fuoritutto laterale, e rispetto alle estremità anteriore e posteriore
s'intende il piano trasversale verticale del veicolo, tangente ai bordi anteriore e posteriore fuoritutto, senza tener conto delle
sporgenze:
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------(1) Il testo del presente allegato è sostanzialmente analogo a quello del regolamento n. 26 della Commissione economica per l'Europa dell'ONU;
la suddivisione dei punti è la stessa; se un punto del regolamento n. 26 non ha il corrispondente nel presente allegato, il suo numero è indicato
fra parentesi, come richiamo.
37
M1
2.7.1. dei pneumatici, presso il loro punto di contatto con il suolo, e degli attacchi per misuratori di pressione;
2.7.2. di eventuali dispositivi antislittamento montati sulle ruote;
2.7.3. dei retrovisori;
2.7.4. degli indicatori laterali di direzione, delle luci di ingombro, delle luci di posizione anteriori e posteriori e delle luci
di stazionamento;
2.7.5 rispetto alle estremità anteriore e posteriore, dei particolari montati sui paraurti, del gancio di traino e del tubo dei
scappamento.
2.8. Per «dimensione della sporgenza» di un elemento montato su un pannello s'intende la dimensione determinata
col metodo descritto all'allegato II, punto 2.
2.9. Per «linea nominale di un pannello» s'intende la linea che passa per i due punti rappresentati dalla posizione del
centro di una sfera quando la superficie di quest'ultima effettua il suo primo e il suo ultimo contatto con un elemento durante la
misurazione di cui all'allegato II, punto 2.2.
3. DOMANDA DI OMOLOGAZIONE CEE
3.1. Domanda di omologazione CEE di un tipo di veicolo per quanto riguarda le sue sporgenze esterne
3.1.1. La domanda di omologazione CEE di un tipo di veicolo per quanto riguarda le sue sporgenze esterne deve
essere presentata dal costruttore del veicolo stesso o dal suo mandatario.
3.1.2. Essa deve essere accompagnata dei seguenti documenti in triplice copia:
3.1.2.1. Fotografie della parte anteriore, della parte posteriore e delle parti laterali del veicolo prese da un angolo
compreso fra 30 e 45º rispetto al piano longitudinale mediano verticale del veicolo stesso.
3.1.2.2. Disegni dei paraurti e, se del caso,
3.1.2.3. Disegni di alcune sporgenze esterne e, se necessario, disegni di alcune parti della superficie esterna di cui al
punto 6.9.1.
3.1.3. Occorre presentare al servizio tecnico incaricato delle prove di omologazione un veicolo rappresentativo del tipo
da omologare. Su richiesta del servizio tecnico occorre fornire altresì alcune parti o campioni dei materiali usati.
3.2. Domanda di omologazione CEE per portabagagli, portasci, antenne radio e radiotelefoniche che
costituiscono entità tecniche
3.2.1. Le domande di omologazione CEE per portabagagli, portasci, antenne radio o radiotelefoniche che
costituiscono un'entità tecnica a norma dell'articolo 9 bis della direttiva 70/156/CEE debbono essere presentate dal costruttore
del veicolo o dal costruttore di queste entità tecniche, ovvero dal loro mandatario.
3.2.2. Per ogni tipo di dispositivo di cui al punto 3,2.1 la domanda di omologazione deve essere accompagnata da
quanto segue:
3.2.2.1. Documenti in triplice copia con la descrizione delle caratteristiche delle entità tecniche, nonché con le
istruzioni per il montaggio fornite per ciascuna entità tecnica in commercio;
3.2.2.2. Un campione del tipo di entità tecnica. Se lo ritiene necessario, l'autorità competente può richiedere un
ulteriore campione. I campioni debbono recare la marcatura, chiaramente leggibile ed indelebile, di cui all'articolo 9
bis, terzo comma, della direttiva 70/156/CEE. Sui portabagagli e portasci deve inoltre essere predisposta una zona per
la successiva apposizione obbligatoria del numero di omologazione CEE, preceduto dalla sigla dello Stato che ha
rilasciato l'omologazione A1 (1)
4. OMOLOGAZIONE CEE
4.6. Si acclude alla scheda di omologazione CEE una scheda conforme al modello indicato nell'allegato III.
M1
4.6.1. Qualora una domanda di cui al punto 3.1 venga accolta, deve essere accluso alla scheda di omologazione CEE
un certificato conforme al modello riportato nell'allegato III.
38
4.6.2. Qualora venga accolta una domanda di cui al punto 3.2, occorre rilasciare un certificato conforme al modello
riportato nell'allegato IV.
4.6.3. Qualora in una domanda di cui al punto 3.1 si faccia riferimento ad un certificato di cui all'allegato IV, occorre
delimitare in conseguenza la portata della prova del veicolo per quanto riguarda le sporgenze esterne. In tal caso, alla scheda di
omologazione del tipo di veicolo occorre accludere anche una copia della scheda di omologazione dell'entità tecnica.
5. PRESCRIZIONI GENERALI
5.1. Le disposizioni del presente allegato non si applicano alle parti della superficie esterna che, qualora il veicolo sia
carico e le porte, le finestre e gli sportelli di accesso ecc., chiusi, si trovano:
5.1.1. a più di 2,00 m di altezza,
5.1.2. al di sotto della linea di base,
M1
5.1.3. situate in modo da non poter essere toccate da una sfera con diametro di 100 mm in condizioni statiche né in
movimento.
5.2. La superficie esterna dei veicoli non deve comportare né parti spigolose o taglienti, né sporgenze esterne che per
la loro forma, per le loro dimensioni, per il loro orientamento o per la loro durezza, aumenterebbero il rischio o la gravità delle
lesioni corporali subite da una persona urtata o sfiorata dalla carrozzeria in caso di scontro.B
5.3. La superficie esterna dei veicoli non deve comportare parti orientate verso l'esterno in grado di agganciare pedoni,
ciclisti o motociclisti.
M1
5.4. nessuna parte sporgente sulla superficie esterna del veicolo può presentare un raggio di raccordo inferiore a 2,5
mm. Questa prescrizione non si applica alle parti della superficie esterna che sporgono meno di 5 mm; gli angoli di queste parti
orientati verso l'esterno devono nondimeno essere smussati, a meno che le sporgenze risultanti siano inferiori a 1,5 mm.
5.5. Le parti sporgenti della superficie esterna, costituite da un materiale la cui durezza non superi i 60 shore
A possono avere un raggio di curvatura inferiore a 2,5 mm. M1 La durezza deve essere misurata con l'elemento
installato sul veicolo. Quando sia impossibile misurare la durezza con il procedimento Shore-A, devono essere
effettuate, ai fini di una valutazione, misurazioni di tipo equivalente.
M1
5.6. Le disposizioni dei precedenti punti 5.1-5.5 si applicano in aggiunta alle prescrizioni speciali del seguente punto 6,
a meno che dette prescrizioni speciali dispongano esplicitamente in altro modo.
6. PRESCRIZIONI PARTICOLARI
6.1. Motivi ornamentali
6.1.1. I motivi ornamentali applicati, che sporgono più di 10 mm rispetto al loro sostegno, devono annullarsi, staccarsi
o abbassarsi sotto una forza di 10 daN esercitata in una direzione qualsiasi sul loro punto più sporgente, su un piano
approssimativamente parallelo alla superficie sulla quale sono montati. Queste disposizioni non si applicano ai motivi
ornamentali esistenti sulle griglie dei radiatori, per i quali vigono le prescrizioni generali del punto 5. M1 Per applicare la forza di
10 daN deve essere usato un pistone ad estremità piatta avente un diametro non superiore a 50 mm. In caso di impossibilità
deve essere usato un metodo equivalente. Una volta che i motivi ornamentali sono rientrati, si sono staccati o piegati, le parti
restanti non devono sporgere oltre 10 mm. In ogni caso, queste sporgenze devono essere conformi al disposto del punto 5.2.Se
il motivo ornamentale è montato su una base, quest'ultima deve essere considerata appartenente al motivo ornamentale e non
alla superficie di supporto.
6.1.2. Le fasce o elementi di protezione che esistono sulle superfici esterne non sono soggetti alle prescrizioni del
punto 6.1.1; devono tuttavia essere solidamente fissati sul veicolo.
M1
6.2. Proiettori
39
6.2.1. Le visiere e le incorniciature sporgenti sono ammesse sui proiettori a condizione che non sporgano più di 30
mm rispetto alla superficie esterna del vetro del proiettore e che il loro raggio di curvatura non sia in nessun punto inferiore a 2,5
mm. M1 Nel caso di proiettore montato dietro un'ulteriore superficie trasparente, la sporgenza viene misurata a partire dalla
superficie trasparente esterna. La sporgenza viene misurata con il metodo descritto all'allegato II, punto 3.
6.2.2. I proiettori retrattili devono rispondere alle disposizioni del punto
6.2.1, sia in posizione di funzionamento che rientrati.
M1
6.2.3. Le disposizioni del precedente punto 6.2.1 non si applicano ai proiettori incassati nella carrozzeria o arretrati
rispetto alla parte di carrozzeria loro sovrastante, se quest'ultima è conforme al disposto del punto 6.9.1.
6.3. Griglie e intervalli tra elementi
M1
6.3.1. Le prescrizioni del punto 5.4 non si applicano agli intervalli esistenti tra elementi fissi o mobili, ivi compresi gli
elementi di griglie di entrata o di uscita dell'aria e della calandra, a condizione che la distanza tra due elementi consecutivi non
superi 40 mm e che le griglie e gli intervalli siano giustificati da esigenze di funzionamento. Quando questa distanza è compresa
tra 40 e 25 mm, i raggi di raccordo devono essere uguali o superiori a 1 mm. Se, invece, la distanza tra due elementi
consecutivi è uguale o inferiore a 25 mm, i raggi di raccordo delle superfici esterne degli elementi devono essere di almeno 0,5
mm. La distanza tra due elementi consecutivi è misurata col metodo descritto nell'allegato II, punto 4.
6.3.2. Il raccordo della superficie anteriore con le superfici laterali di ciascun elemento che forma una griglia o un
intervallo, deve essere smussato.
6.4. Tergicristallo
M1
6.4.1. I tergicristalli devono essere fissati in maniera che l'albero portante sia ricoperto da un elemento protettore con
raggio di raccordo conforme al punto 5.4 e con superficie terminale non inferiore a 150 mm2. Gli elementi protettori arrotondati
devono avere un'area sporgente minima di 150 mm2, misurata a non oltre 6,5 mm dal punto di maggiore sporgenza. Queste
prescrizioni si applicano anche ai tergilunotto ed ai tergiproiettori.
M1
6.4.2. Il punto 5.4 non si applica alle spazzole né agli elementi di sostegno. Questi organi non devono però presentare
spigoli vivi né parti taglienti o appuntite.
6.5. Paraurti
M1
6.5.1. Le estremità laterali dei paraurti devono curvarsi verso la superficie esterna in modo da ridurre al minimo il
pericolo di agganci. Questa prescrizione si considera rispettata sia nel caso di paraurti incassato in un alveolo oppure
incorporato nella carrozzeria, sia nel caso in cui l'estremità laterale del paraurti è curvata all'interno in maniera da non poter
essere toccata da una sfera con diametro di 100 mm, e se l'intervallo tra l'estremità del paraurti e la carrozzeria circostante non
supera 20 mm.
6.5.2. Gli elementi costitutivi dei paraurti devono essere progettati in modo che tutte le superfici rigide volte verso
l'esterno abbiano un raggio di curvatura minimo di 5 mm.
M1
6.5.3. La prescrizione del punto 6.5.2 non si applica alle parti che costituiscono il paraurti o comunque situate su di
esso che formino una sporgenza od una rientranza inferiori a 5 mm, in particolare i coprigiunto ed i getti spruzza-proiettori; gli
angoli di queste parti orientati verso l'esterno devono nondimeno essere smussati, a meno che le sporgenze risultanti siano
inferiori a 1,5 mm.
6.6. Maniglie, cerniere e pulsanti delle porte, coperchi del portabagagli e cofani; tappi e coperchi dei serbatoi
per carburante
6.6.1. Questi elementi non devono sporgere di oltre 40 mm se si tratta di maniglie di porte o di coperchi del
portabagagli, e di 30 mm in tutti gli altri casi.
6.6.2. Se le maniglie delle porte laterali sono del tipo rotante, devono presentare uno dei requisiti sotto indicati:
40
6.6.2.1. Nel caso di maniglie che ruotano parallelamente al piano della porta, l'estremità aperta della maniglia deve
essere orientata verso la parte posteriore. Detta estremità deve essere curvata verso il piano della porta, defilarsi dietro un
bordo protettivo o essere alloggiata in un alveolo.
6.6.2.2. Le maniglie che ruotano verso l'esterno in direzione non definita, ma comunque non parallela al piano delle
porte, devono, in posizione di chiusura, defilarsi dietro un bordo protettivo o essere alloggiate in un alveolo. L'estremità aperta
deve essere orientata verso la parte posteriore o verso il basso. Le maniglie non conformi a quest'ultima prescrizione possono
nondimeno essere autorizzate se sussistono le quattro condizioni seguenti:
— sono munite di un sistema di richiamo indipendente;
— non sporgono di oltre 15 mm in caso di mancato funzionamento dei sistemi di richiamo;
— nella posizione di apertura di cui al precedente comma, sono conformi al punto 5.4;
— la superficie della loro estremità libera, misurata ad una distanza non superiore a 6,5 mm dal punto più sporgente,
non è inferiore a 150 mm2.
6.7. Ruote, dadi delle ruote, coprimozzi e coppe delle ruote
6.7.1. Le prescrizioni del punto 5.4 non si applicano a questi elementi.
M1
6.7.2. Le ruote, i dadi delle ruote, i coprimozzi e le coppe non devono presentare sporgenze spigolose o taglienti che
superino il piano esterno del cerchione. I dadi ad alette non sono ammessi.
6.7.3. Quando il veicolo procede in linea retta, nessuna parte delle ruote, fatta eccezione dei pneumatici, situata al di
sopra del piano orizzontale che passa attraverso il loro asse di rotazione, deve sporgere al di là della proiezione verticale, su un
piano orizzontale, della superficie o struttura esterna. Tuttavia, se esigenze funzionali lo giustifichino, le coppe che ricoprono i
dadi delle ruote e i mozzi, possono sporgere al di là della proiezione verticale della superficie e della struttura esterna, a
condizione che la superficie della parte sporgente abbia un raggio di curvatura almeno uguale a 30 mm e che la sporgenza, in
rapporto alla proiezione verticale della superficie o struttura esterna, non superi in nessun caso 30 mm.
6.8. Spigoli di lamiera
6.8.1. Gli spigoli di lamiera, quali i bordi di gocciolatoi e le slitte di porte scorrevoli, sono ammessi a condizione che i
loro bordi siano incurvati o che questi spigoli siano ricoperti da un elemento protettore conforme alle disposizioni ad esso
applicabili del presente allegato. M1 Uno spigolo non protetto si considera incurvato se ha una bordatura di circa 180º o se è
ripiegato verso la carrozzeria in modo da non poter venire a contatto con una sfera avente 100 mm di diametro.
6.9. Pannelli di carrozzeria
6.9.1. Il raggio di curvatura delle pieghe dei pannelli di carrozzeria può essere inferiore a 2,5 mm a condizione che non
sia inferiore al decimo dell'altezza «H» della sporgenza, misurata conformemente al metodo esposto nell' M1 allegato II, punto
1 .
6.10. Deflettori laterali per l'aria e per la pioggia
6.10.1. Gli spigoli dei deflettori laterali che possono essere volti verso l'esterno debbono avere un raggio di curvatura
di almeno 1 mm.
M1
6.11. Sedi di sollevamento per martinetto e tubi di scappamento
6.11.1. Le sedi di sollevamento per martinetto ed il tubo o i tubi di scappamento non debbono sporgere di oltre 10 mm
rispetto alla proiezione verticale della linea di base che si trova verticalmente al di sopra di essi. Questa prescrizione non si
applica ai tubi di scappamento i cui bordi siano arrotondati con raggi di raccordo minimo di 2,5 mm.
6.12. Deflettori di ammissione e di scarico dell'aria
6.12.1. I deflettori di ammissione e di scarico dell'aria devono essere conformi ai punti 5.2-5.4 in tutte le posizioni
d'impiego.
6.13. Tetto
6.13.1. I tetti apribili vengono considerati soltanto in posizione di chiusura.
6.13.2. I veicoli decappottabili devono essere esaminati con la cappotta nelle due posizioni, alzata ed abbassata.
41
6.13.2.1. Quando la cappotta è abbassata, non si deve effettuare alcun esame del veicolo all'interno di una superficie
immaginaria delineata dalla cappotta stessa in posizione alzata.
6.13.2.2. Se il veicolo è dotato di serie di una foderina per la cappotta ripiegata, esso dovrà essere sottoposto alla
prova con la foderina suddetta.
6.14. Finestrini
6.14.1. I finestrini che si aprono verso l'esterno devono essere conformi alle seguenti disposizioni in tutte le posizioni
d'impiego:
6.14.1.1. Non devono presentare spigoli vivi rivolti verso l'avanti.
6.14.1.2. Nessuna parte dei finestrini deve sporgere oltre il fuoritutto del veicolo.
6.15. Supporti per la targa di immatricolazione
6.15.1. Qualsiasi supporto per la targa fornito dal fabbricante del veicolo deve rispettare le prescrizioni del punto 5.4
del presente allegato se esso può venire a contatto con una sfera avente diametro di 100 mm quando una targa di
immatricolazione è stata montata secondo le istruzioni del fabbricante.
6.16. Portabagagli e portasci
6.16.1. I portabagagli ed i portasci debbono essere fissati al veicolo in modo che possano essere trasmesse forze
longitudinali e trasversali orizzontali non inferiori al carico verticale massimo indicato dal fabbricante, e che almeno in una
direzione queste forze siano trasmesse dalla forma geometrica dell'accoppiamento. Per le prove del dispositivo montato
secondo le istruzioni del fabbricante, il carico non deve essere applicato in un solo punto.
6.16.2. Le superfici che, col dispositivo montato, possono essere toccate da una sfera con diametro di 165 mm non
possono avere parti con raggio di raccordo inferiore a 2,5 mm, a meno che si possano applicare le prescrizioni del punto 6.3.
6.16.3. Eventuali elementi di collegamento, quali viti da stringere o allentare senza utensili, possono sporgere dalle
superfici di cui al punto 6.16.2 non più di 40 mm; questa sporgenza viene misurata con il procedimento descritto nell'allegato II,
punto 2; qualora però trovi applicazione il metodo di cui al punto 2.2, si deve usare una sfera con diametro di 165 mm.
6.17. Antenne radio e radiotelefoniche
6.17.1. Le antenne radio e radiotelefoniche devono essere montate sul veicolo in modo che, se la loro estremità libera
dista meno di 2 m dal piano stradale in una delle possibili posizioni di impiego indicate dal fabbricante, detta estremità libera si
trovi in una zona delimitata da piani verticali situati a 10 cm all'interno dei bordi fuoritutto del veicolo definiti al punto 2.7.
6.17.2. Le antenne devono inoltre essere montate sul veicolo e la loro estremità libera deve essere, se necessario,
guidata in modo che nessuna parte dell'antenna sporga oltre il bordo fuoritutto del veicolo definito al punto 2.7.
6.17.3. Lo stelo dell'antenna può avere un raggio di raccordo inferiore a 2,5 mm. L'estremità libera dell'antenna deve
però essere provvista di un cappuccio inamovibile, con raggi di raccordo non inferiori a 2,5 mm.
6.17.4. Gli zoccoli delle antenne non devono sporgere più di 30 mm; nel caso di antenne con amplificatore incorporato
nello zoccolo è però ammessa una sporgenza di 40 mm. Questa sporgenza viene misurata con il metodo descritto nell'allegato
II, punto 2.
6.18. Istruzioni per il montaggio
6.18.1. Qualora siano stati autorizzati come entità tecniche, i portabagagli, i portasci, le antenne radio e
radiotelefoniche possono essere distribuiti, venduti e acquistati soltanto se accompagnati da un foglio di istruzioni per il
montaggio. Queste istruzioni debbono contenere dati sufficienti affinché gli elementi autorizzati possano essere montati sul
veicolo conformemente alle corrispondenti prescrizioni dei punti 5 e 6. Occorre in particolare indicare in quali posizioni possono
essere usate le antenne telescopiche.
7 scaduto
8. CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE
8.2. Per verficare la conformità con il tipo omologato, si procede ad un numero sufficiente di controlli per sondaggio sui
veicoli di serie.
ALLEGATO II
M1
42
METODI PER DETERMINARE LE DIMENSIONI DELLE SPORGENZE
E DEGLI INTERVALLI
1. METODO PER MISURARE LE SPORGENZE DELLE PIEGHE DEI PANNELLI DI CARROZZERIA
M1 1.1 . L'altezza «H» di una sporgenza si determina graficamente rispetto alla circonferenza di un cerchio di 165 mm di
diametro, tangente interiormente ai contorni esterni della «superficie esterna» della parte da verificare.
M1 1.2 . L'altezza «H» è il valore massimale della distanza, misurata su una retta che passi per il centro del cerchio di 165 mm
di diametro, tra la circonferenza del suddetto cerchio e il contorno esterno della sporgenza (vedasi figura 1).
M1 1.3 . Se la sporgenza ha una forma tale che una parte del contorno esterno della «superficie esterna» della parte esaminata
non possa essere toccata dall'esterno da un cerchio di 100 mm di diametro, si presume che il contorno della superficie di
questa zona corrisponde a quello della circonferenza del cerchio di 100 mm di diametro tra i suoi punti di tangenza con il
contorno esterno (vedasi figura 2).
M1 1.4 . Schemi in sezione della «superficie esterna» delle parti esaminate devono essere forniti dal fabbricante per permettere
di determinare in base a tale metodo l'altezza delle sporgenze.
M1
2. METODO PER MISURARE LA DIMENSIONE DELLA SPORGENZA DI UN ELEMENTO MONTATO SULLA SUPERFICIE
ESTERNA
2.1. La dimensione della sporgenza di un elemento montato su un pannello convesso può essere misurata
direttamente oppure mediante riferimento al disegno di un'adeguata sezione dell'elemento montato.
2.2. Se una misurazione semplice non è possibile, la dimensione della sporgenza di un elemento montato su un
pannello non convesso deve essere determinata mediante la variazione massima della distanza tra il centro di una sfera con
diametro di 100 mm e la linea nominale del pannello quando la sfera viene spostata su detto elemento ed in continuo contatto
con esso. La figura 3 mostra un esempio dell'impiego di questo procedimento.
3. METODO PER MISURARE LA SPORGENZA DELLE VISIERE E DELLE CORNICI DEI PROIETTORI
3.1. La sporgenza rispetto alla superficie esterna del proiettore viene misurata orizzontalmente partendo dal punto di
contatto di una sfera avente diametro di 100 mm, come illustrato nella figura 4.
4. METODO PER DETERMINARE LA DIMENSIONE DI UN INTERVALLO O SPAZIO TRA GLI ELEMENTI DI UNA GRIGLIA
4.1. La dimensione dell'intervallo o spazio tra gli elementi di una griglia viene determinata dalla distanza tra due piani
che passano per i punti di contatto della sfera e che sono perpendicolari alla linea che congiunge detti punti di contatto. Le
43
figure 5 e 6 mostrano esempi dell'impiego di questa
procedura.
Figura 2
44
45
46
Tipi di dispositivi
Sicurezza automobilistica
I dispositivi di sicurezza automobilistica vengono distinti in sistemi di sicurezza attiva e
passiva e molti di essi sono per legge diventati obbligatori, di conseguenza forniti di serie
al momento dell'acquisto di una autovettura. Il fattore che ha concorso alla diffusione dello
studio e della messa in opera di sempre maggiori sistemi di sicurezza è il numero delle
vittime per incidente stradale, elevato in tutto il mondo.
Dai primi progressi in campo automobilistico avvenuti con miglioramenti sostanziali
riguardanti gli impianti frenanti si è passato allo studio di telai e carrozzerie ad
assorbimento progressivo d'urto, ai test simulativi degli incidenti sempre più evoluti.
Le conclusioni di tutti questi studi sono state man mano recepite anche dagli organi
legislativi che hanno introdotto l'obbligatorietà dei sistemi di sicurezza più importanti. In
Italia, da parecchi anni, è obbligatorio sia il montaggio che l'uso delle cinture di sicurezza
mentre l'ultimo dispositivo ad essere considerato inderogabile è stato l'ABS.
Oltre alla sicurezza degli occupanti adulti di un veicolo, particolare importanza hanno
anche i congegni utilizzabili per la ritenuta dei bambini, come i seggiolini in abbinamento
alle cinture di sicurezza o ancor meglio gli appositi seggiolini ancorati direttamente all'auto
attraverso dei punti specifici di fissaggio, definiti internazionalmente dalle norme
dell'ISOFIX
I dispositivi possono essere:
•
•
Attivi, intervengono in modo da ridurre la possibilità che si verifichi un evento
avverso
o ABS dispositivo che evita il bloccaggio delle ruote
o ESP congegni di controllo elettronico della stabilità dinamica, che migliora
anche la funzionalità dell'ABS
o TCS, riduce il pattinamento delle ruote e migliora la stabilità
Passivi, sono protezioni che riducono le conseguenze fisiche di un danno
o Telaio i telai con le sue diverse zone di comprimibilità riesce ad assorbire
parte dell'urto
o Cinture di sicurezza strumento che permette d'evitare l'eiezione del corpo
fuori dall'abitacolo o l'urto con il volante e altre parti della vettura
o Air bag sistema che coadiuva il compito delle cinture di sicurezza
o Seggiolini congegni utilizzabili per la ritenuta dei bambini, dove i normali
dispositivi per adulti oltre ad essere inefficaci possono essere deleteri
Test di sicurezza
È sempre più diffuso l'uso di sottoporre i nuovi veicoli a prove di crash test effettuate da
organismi indipendenti e sovranazionali, ad esempio in Europa dall'EuroNCAP, per
valutare oggettivamente il grado di protezione offerto dalle moderne autovetture.
47
Di seguito diamo alcune nozioni di base sui componenti principale dell’auto (e
moto)
Ruota
Le ruote sono usate in combinazione con gli assi, a cui la ruota può essere solidale e
riceverne moto, oppure può girare liberamente rispetto all'asse per mezzo di cuscinetti.
La riduzione dell'attrito offerta dalla ruota è dovuta al fatto che l'attrito è limitato alla zona di
contatto tra la ruota e l'asse, inoltre la leva costituita dalla ruota con fulcro nel centro riduce
la velocità di sfregamento e quindi l'attrito quanto maggiore è il diametro della ruota.
Esempio:
•
•
Un oggetto pesante 100 Kg (981 N) trainato per 10 m su una superficie con µ = 0,5,
il lavoro richiesto per vincere l'attrito è di 981 × 10 × 0,5 = 4905 J.
Consideriamo lo stesso oggetto montato su quattro ruote. Supponendo che il
diametro di ogni ruota sia di un metro e il diametro dell'asse sia 50 mm, il rapporto
della leva è pari a 0,5. Supponendo un coefficiente di attrito tra le superfici µ = 0,1
(migliore in quanto il cuscinetto della ruota è appositamente studiato per ridurre
l'attrito) si ha: 981 × 0.5 × 0.1 × 10 = 490 J.
In realtà un'ulteriore perdita di energia è dovuta alle deformazioni che la ruota subisce a
contatto con il suolo. Questa perdita è particolarmente bassa nelle ruote rigide dei treni.
Nei ultimi anni le ruote sono state prodotte e presentate in diverse configurazioni, tra cui
l'ultima nel 2005 la ditta francese Osmos wheel, dove si ha solo la parte più perimetrale
del cerchione il quale viene montato su un cuscinetto di dimensioni molto elevate, il quale
dalla parte più esterna è fissato alla ruota, dalla parte più interna è vincolato al sistema di
sospensione del mezzo.
Il cerchione è l'elemento della ruota, che collega lo pneumatico al mezzo
Il cerchione può essere costruito in vari materiali:
•
•
•
•
•
Legno, materiale usato in passato per i cerchioni (escluso il mozzo e i raggi) della
bicicletta
Acciaio, materiale usato principalmente per i cerchi destinati a moto da fuoristrada,
auto stradali o camion
Lega d'alluminio materiale di maggiore impiego per i cerchi stradali delle moto e
delle automobili
Magnesio, materiale usato per i cerchi motociclistici stradali, i quali permettono di
ridurre il peso complessivo, ma risultano decisamente più costosi
Carbonio, materiale usato per alcuni motocicli da competizione
I cerchioni possono essere:
•
A raggi, il cerchione esterno è collegato al mozzo tramite dei raggi, i quali variano
per numero, spessore e incroci (dritti, primo incrocio, secondo incrocio e terzo
incrocio)
48
•
A razze/stampato, questi pneumatici sono un elemento unico o scomponibile di
metallo, con il cerchione esterno e il mozzo centrale in un unico elemento
La misura dell'offset è definita ET ed interessa esclusivamente i cerchi per veicoli a quattro
o più ruote.
Questa misura che viene data in mm, definisce la distanza che si ha tra il piano centrale
del cerchio con il piano di fissaggio del cerchio, quindi se il piano di fissaggio del cerchio è
perfettamente al centro si ha un ET=0, mentre se il piano è più spostato all'esterno si ha
un ET>0 (generalmente va di 10 in 10), mentre se il piano è più spostato all'interno si ha
un ET<0
Quindi a parità di larghezza del cerchio, avere un ET minore rispetto a quello di partenza
porta ad avere un aumento della carreggiata del veicolo.
Un effetto del tutto simile, ma senza la sostituzione del cerchio è quella d'interporre un
distanziale (generalmente una piastra o vari spessori), in modo da ridurre l'offset totale del
gruppo cerchio+distanziale di una misura pari proprio allo spessore del distanziale stesso.
Il diametro, misurato in pollici, del cerchio è molto importante (esempio, 6J x 14 H S),
perché determina le misure degli pneumatici che si possono abbinare. Entro il limite del
diametro totale della ruota completa (cerchione + pneumatico), se si aumenta il diamentro
del cerchio si possono usare pneumatici con spalla minore, il che aumenta la rigidità del
pneumatico e migliora l'impronta a terra e riduce le torsioni del pneumatico in curva, cosa
importante nell'uso su asfalto, ma deleteria su uso fuoristradistico.
Negli ultimi anni le case automobilistiche hanno montato (in primo equipaggiamento)
cerchi di diametro superiore rispetto al passato per svariati motivi, tra cui soprattutto la
necessità di montare impianti frenanti maggiormente dimensionati. Questo a causa del
generale aumento della massa dei veicoli dovuta al rispetto di norme di sicurezza sempre
più stringenti.
La larghezza del cerchio o canale, definisce la larghezza della sede su cui viene montato
lo pneumatico.
Questa misura è definita in pollici e può riportare anche il tipo di profilo del canale stesso
(esempio, 6J x 14 H S), questi dati variano a seconda dei cerchi e degli pneumatici che
ospitano.
Larghezza
La larghezza è una semplice misura espressa in pollici, ma anche molto fondamentale per
definire il comportamento con un determinato pneumatico.
•
In ambito automobilistico: Con una larghezza del cerchione e del battistrada uguali,
si ha il miglior comportamento del pneumatico e le sue spalle sono dritte.
Nel caso il cerchione sia più stretto lo pneumatico tende a bombarsi e avere
un'impronta a terra minore, in modo del tutto analogo ad avere degli pneumatici
troppo gonfi, nel caso opposto, con cerchione più largo lo pneumatico tenderà ad
avere una gola centrale, il che porta ad avere un'impronta a terra ulteriormente più
piccola e divisa in due, in modo del tutto analogo ad avere degli pneumatici sgonfi.
49
•
In ambito motociclistico: Sulle moto avere la larghezza ottimale del cerchione e più
flessibile e varia anche a seconda del tipo di stile di guida, sarebbe corretto
adoperare larghezze superiori a battistrada più larghi, ma bisogna considerare
anche l'altezza della spalla e l'uso del mezzo, difatti ad altezze maggiori della spalla
o a una maggiore richiesta della capacità d'inclinazione, si adoperano canali più
stretti, in modo da poter avere un profilo più arrotondato possibile, mentre se si
esagera si rischia d'avere una ridotta impronta a terra, mentre in casi di richieste e/o
condizioni opposte si ha un profilo poco arrotondato il che porta si ad un aumento
dell'impronta a terra, ma anche a una riduzione della capacità d'inclinazione della
moto.
Profilo canale
Questo profilo si differenzia principalmente per i cerchi automobilistici da quelli
motociclistici:
•
•
•
J: "profilo a J" (per cerchi automobilistici) del bordo di attacco esterno del cerchio
per lo pneumatico fino al bordo d'attacco interno del cerchio per lo pneumatico.
U: "profilo a U" (per cerchi motociclistici o ciclistici) del bordo di attacco esterno del
cerchio per lo pneumatico fino al bordo d'attacco interno del cerchio per lo
pneumatico, il che ne fa un profilo simmetrico e che permette in alcuni casi (devono
essere cerchi studiati appositamente o essere del tipo a raggi) di poter far ruotare il
cerchio in ambedue le direzioni.
H: "profilo a H" (per veicoli d'epoca), il profilo è molto simile al cerchio ad U, ma con
altre due protuberanze verso la parte interna.
Hump
L'Hump è la bombatura/gobba interna di rinforzo del canale che evita allo pneumatico di
far collassare la spalla dentro al canale
•
•
H: questo profilo H1 o H2 definisce l'Hump, ovvero il risalto (bombatura/curvatura)
per tubeless, nel caso sia H o H1 si ha un solo risalto (solo da un lato), nel caso sia
H2 si ha un doppio risalto (entrambi i lati)
FH: o Flat Humb, si ha un risalto piatto, FH2 si h un doppio risalto piatto
Profondità
Profondità dal canale, maggiore sarà la profondità del canale e maggiore sarà la quantità
d'aria contenuta tra pneumatico e cerchio, richiedendo meno attenzioni per il controllo
della pressione degli pneumatici.
•
S: Canale interno del cerchio profondo
PCD
Acronimo inglese, che sta per Numero, Posizione Distanza delle viti di fissaggio.
7,5J x 18 –- ET 35 –- 5/100
50
Il 5 sta per il numero di fori, mentre la loro posizione espressa in mm è di 100 ed esprime il
diametro di un cerchio immaginario che passa per il loro centro o volendo il doppio
dell'interasse tra l'asse della vite e del cerchione.
Cerchione a un bullone
Questi cerchioni sono usati nelle competizioni automobilistiche di formula 1 e sulle moto
con forcellone monobraccio, in questo sistema si ha solo un grande bullone che tiene
vincolata la ruota al mozzo, che a volte può essere accompagnato da una copiglia.
Cerchione senza bulloni
A Catania nel 2005 è stata inventata una ruota che è sprovvista dei bulloni di fissaggio, e
che viene fissata al perno tramite un sistema a pistoni, dove inserendo la ruota su tale
perno fuoriescono i pistoni dal perno e si vanno a incassare nel cerchione in apposite sedi,
bloccando la ruota la perno, mentre per l'estrazione della ruota bisogna azionare un
dispositivo che sblocca i pistoni del perno.[1]
Cerchione senza mozzo
Cerchione sprovvisto di mozzo, dato che si collega al mezzo tramite un cuscinetto di
dimensioni molto elevate, sistema brevettato il 15 gennaio 1990 in Francia,
dall'imprenditore Dominique Mottas. [2]
Nippel
Questo dato è utile solo nei cerchio a raggi, dato che vengono usati solo da questo tipo di
cerchio.
I nippel sono posti all'interno del cerchione (ruota esterna) e riescono tramite regolazione
esterna tramite tiraraggi a regolare la tensione del raggio
Generalmente all'interno del cerchione sono coperti da uno strato di gomma, per evitare di
danneggiare la camera d'aria
Peso del cerchione]
Maggiore è il peso del cerchione e maggiore sarà la sua massa e il peso delle masse non
sospese; aumentando tale peso, si aumenta l'inerzia delle sospensioni, le quali devono
gestire pesi maggiori e sono per questo meno reattive, aumentando la difficoltà nel
mantenere una tenuta ottimale.
Inoltre si aumenta l'inerzia rotazionale, la quale aumenta la resistenza della ruota a
cambiare la sua direzione, con effetti sulla sterzata e, nel caso di motocicli, questo porta
anche ad un aumento della stabilità ad alte velocità e con vento laterale.
Accorgimenti
Nei cerchi motociclistici possono essere presenti:
51
•
•
Parastrappo, sistema usato praticamente solo su alcune motociclette, in modo da
ridurre la violenza dell'erogazione, sistema caratterizzato da uno o piu inserti in
gomma.
Borchia, serve per coprire il cerchione, questa può coprire interamente il cerchione
(tipico caso dei cerchi in acciaio) o lo può coprire parzialmente, generalmente il solo
mozzo con i bulloni di fissaggio, ma in alcuni casi la borchia è divisa in due e una
parte copre il mozzo e l'altra copre la parte più esterna del cerchio, per coprire gli
eventuali pesi d'equilibratura.
Mozzo
In meccanica il mozzo è la parte centrale di una ruota o di un organo rotante che porta
generalmente cuscinetti alloggiati al suo interno per permettere alla componente che verrà
montata sopra di esso di ruotare.
Con il termine mozzo si indica anche un organo meccanico (ruota di frizione, puleggia o
ruota dentata) che può essere calettato su un albero motore o condotto.
In alcuni casi, come le ruote a raggi, i mozzi sono dotati di ganci per i raggi.
mozzi possono essere con aggancio al telaio o sospensione del tipo:
•
•
Monolaterale, come nel caso delle auto o delle moto con forcellone monobraccio, in
questo caso il mozzo è ruotante e trasmette il moto e le varie forze in gioco, dove
l'emento di supporto della sospensione ha un alloggiamento con battuta per il
cuscinetto e una sede per il seger, il mozzo s'infila nel cuscinetto della sospensione,
ha una battutta e può avere una sede per un seger altrimenti usa dei spessori da
applicare prima della ruota, mentre questa si vincola tramite un sistema a millerighe
o tramite dei bulloni e all'estremità presenta una filettatura per un dado di tenuta.
Bilaterale, come nel classico caso di moto e biciclette, in questo caso sono del tipo
fisso e il moto viene trasmesso direttamente sul cerchione applicato sopra o come
nel caso dei cerchi a raggi, sono formati da due parti, di cui una fissa e una mobile
(supporto dei raggi e altri organi)
Assetto ruote
L'Assetto ruote, spesso denominato erroneamente e semplicemente convergenza, è la
registrazione di tutti gli angoli geometrici delle ruote, convergenza, campanatura,
incidenza, non sempre però questi ultimi due angoli sono registrabili, dipende dalla
progettazione della meccanica dell'avantreno e del retrotreno di un autoveicolo.
Effetti
Quando gli angoli di rotolamento delle ruote non sono ottimali, si verifica un'usura anomala
degli pneumatici mentre quando è l'incidenza delle ruote anteriori a non essere ottimale,
l'autoveicolo tende a "tirare" verso destra o verso sinistra durante la marcia rettilinea,
anche se questo difetto può essere causato a volte da uno pneumatico.
52
Revisione
Per effettuare la registrazione dell'assetto ruote, vengono utilizzati particolari e sofisticati
strumenti elettronici che permettono all'autoriparatore di verificare lo stato degli angoli
geometrici e di variarli se il caso lo richiede agendo sulla meccanica dell'avantreno e del
retrotreno.
Questi angoli si deteriorano modificandosi nel tempo a causa dell'usura dell'autoveicolo e
anche a causa di urti contro marciapiedi o buche delle strade.
Anche dopo una riparazione effettuata in una carrozzeria a causa di un incidente, è buona
norma verificare lo stato geometrico dell'avantreno e del retrotreno del veicolo
Sospensione
La sospensione di un veicolo è l'insieme delle componenti mediante le quali il telaio è
collegato alle ruote del veicolo.
Per sospensione di un veicolo si intende l'insieme dei componenti che collegano le ruote e
quanto ad esse connesso (freni, mozzi, ecc.), dette masse non sospese, al telaio del
veicolo, ovvero la carrozzeria e tutte le parti meccaniche in essa contenute, che
appoggiando sugli elementi elastici della sospensione (molle, barre o balestre) viene
definito massa sospesa. I componenti della sospensione controllano i movimenti del telaio
rispetto alle ruote (c.d. braccetti o puntoni, molla), consentendo la compressione o
l'estensione al variare delle forze in gioco, inoltre all'elemento elastico venne quasi subito
applicato l'ammortizzatore, un elemento che ne smorza e rallenta l'oscillazione.
53
Le caratteristiche di un sistema di sospensione/ammortizzatore sono solitamente un
compromesso tra le esigenze di tenuta di strada e quelle di comfort. L'obiettivo principale
dell'impiego delle sospensioni è comunque quello di ottenere, nel complesso e durante i
vari percorsi, un'ottimale stabilità del veicolo ed un elevato comfort per gli occupanti del
veicolo.
I sistemi di sospensione si distinguono per il diverso sistema di collegamento al telaio delle
masse non sospese e per il tipo di organo elastico che assicura il movimento relativo fra
telaio e ruote.
Sospensioni pneumatiche
Sono sospensioni che funzionano tramite la comprimibilità dell'aria, questo tipo di
sospensioni possono essere in alcuni casi anche del tipo regolabili, quindi variando la
pressione dell'aria intrappolata, si può modificare il tipo di comportamento, facendola
diventare più rigida o flessibile.
Sospensioni a molle elicoidali
Sospensione del modello T della Ford
Le sospensioni a molle elicoidali sono realizzate da molle a torsione operanti per
compressione. In questo caso le molle devono avere una guida che eviti la flessione
laterale della stessa. In genere deve essere sempre associato al sistema elastico un
ammortizzatore, dato che le molle non hanno una dissipazione di energia sufficiente a
smorzare il movimento elastico del sistema in tempi brevi.
Struttura
Le sospensioni a molle elicoidali esistono di vario genere, a seconda della cinematica
degli elementi di guida:
1. Ponte De Dion: schema utilizzato per l'asse posteriore, ideato da Jules-Albert De
Dion.
2. Sospensioni a bracci oscillanti longitudinali: sono costituite da due bracci collegati
da un lato alla scocca e dall'altro ognuno ad una ruota. I bracci si dicono
longitudinali in quanto sono paralleli all'asse longitudinale del veicolo cioè secondo
la sua lunghezza. Il collegamento con la scocca e il movimento relativo ad essa
54
3.
4.
5.
6.
sono assicurati da una cerniera. La cerniera permette la rotazione del braccio
durante il movimento verticale della ruota. Fra braccio e scocca sono frapposte la
molla e l'ammortizzatore. Esempi di veicoli che possiedono questo tipo di
sospensione, generalmente utilizzata al retrotreno, sono la Fiat Seicento,Punto 1
serie,fiat coupé Esempio
Sospensioni a bracci oscillanti trasversali: la struttura è simile al caso precedente,
ma in questo caso i bracci sono incernierati al centro vettura e sono trasversali in
quanto sono paralleli alla dimensione della larghezza del veicolo. Un esempio di
veicolo che possiede questo tipo di sospensione, generalmente utilizzata al
retrotreno, è la Mini (Gruppo BMW) Esempio
Sospensioni Mac-Pherson: sono generalmente usate per le ruote anteriori, ma non
mancano casi di utilizzo per le ruote posteriori (Es. Fiat Bravo). Sono caratterizzate
dal fatto che l'ammortizzatore è "strutturale" ovvero ha una connessione rigida con il
portaruota. Tale vincolo elimina due dei 5 gradi di libertà del portaruota,
necessitando quindi di un braccio a tre punti + un'asta di sterzo (ad esempio
all'anteriore della maggior parte delle auto di segmento A B C europee), oppure da
tre aste semplici (ad esempio su BMW serie 1,3,5 anteriore e Alfa MiTo sempre
all'anteriore, oppure Alfa 147 e 156 posteriore), Generalmente ammortizzatore e
molla non sono perfettamente coassiali, ma i loro assi formano fra di loro un piccolo
angolo non nullo per poter minimizzare le forze di taglio sullo stelo ammortizzatore
(così da minimizzare l'isteresi e quindi migliorare il comfort di guida). Sono utilizzate
come sospensione anteriore in praticamente tutte le utilitarie per la loro semplicità
ed economicità (es: FIAT Punto, Peugeot 207, Toyota Aygo, ecc.) e in varie auto di
segmento superiore. (es: Renault Megane, FIAT Bravo, ecc.) Esempio
Sospensioni a quadrilatero: sono costituite da due elementi trasversali, uno
sovrapposto all'altro, generalmente di forma simil-triangolare. Ammortizzatore e
molla sono collegati al braccio inferiore. Entrambi i bracci sono collegati al mozzo
ruota. Possono essere a quadrilatero alto o basso, in funzione della distanza fra i
due bracci. Generalmente le sospensioni a quadrilatero basso sono utilizzate su
veicoli sportivi (es. Ferrari) o comunque con connotazione sportiva (es. Alfa Romeo
147) all'anteriore. Possono essere a quadrilatero alto se sull'asse su cui sono
utilizzati le ruote sono motrici: distanziando i due bracci si può alloggiare i semiassi
che provengono dal motore e che portano il moto alla ruota. Esempio Quadrilatero
basso Esempio Quadrilatero alto
Sospensioni multilink: sono costituite da più bracci trasversali, al massimo 5, perché
5 sono i moto della ruota da vincolare (solo il moto di oscillazione verticale è
permesso). Sono utilizzate al retrotreno e, grazie alla possibilità di decidere le
dimensioni di ogni braccio, è possibile ottimizzare il movimento della ruota. Sono
però più complesse e costose rispetto alle altre soluzioni. Sono utilizzate
maggiormente per veicoli di alta gamma (es. Mercedes Classe E, Alfa 159)
Esempio, ma cominciano ad essere proposte anche su modelli più popolari, che le
propongono come soluzione d'avanguardia (es: Kia cee'd).
55
Tipo di molle
Molle progressive da automobile
Le molle sono principalmente di due tipi:
•
•
Lineari, queste molle hanno una flessibilità costante, caratterizzate da una
compressione direttamente proporzionale alla forza compressione esercitata,
generando un grafico lineare sul piano cartesiano
Flessibilità progressiva, queste molle avendo una flessibilità diversa, ottenibile in
due modi:
o Passo differenziato (generalmente due) delle spire lungo la molla, dove
hanno una compressione sempre più ridotta al crescere della forza
esercitata (la zona di passo maggiore è piu rigida), generando un grafico
esponenziale, con ascissa la compressione e in ordinata la forza.
o Diametro differenziato (generalmente due) delle spire lungo la molla, dove
hanno una compressione sempre più ridotta al crescere della forza
esercitata (la zona di diametro minore è piu rigida), generando un grafico
esponenziale, con ascissa la compressione e in ordinata la forza.
Tipo di collegamento
Le molle possono essere utilizzate tramite due diversi sistemi:
•
•
Diretto, è un sistema che trasmette l'energia alla molla, in modo diretto e
proporzionale a indirettamente della compressione
Leveraggi, è un sistema che trasmette l'energia alla molla in modo diverso a
seconda della compressione a cui si è giunti, utilizzando delle leve che a secondo
della compressione aumentano o diminuiscono la lunghezza dei bracci
d'azionamento della molla.
Sospensioni a balestra
Sospensione a balestra
56
Vari tipi di balestre
In questo caso l'organo elastico è una balestra, operante per flessione di foglie di
materiale elastico (generalmente acciaio) collegate fra loro da graffe metalliche. Il sistema
permette lo spostamento senza necessità di guide, inoltre, dato che le balestre dissipano
velocemente l'energia elastica, è possibile realizzare sistemi di sospensione a balestra
anche senza l'utilizzo di ammortizzatori.
Il sistema a balestra è stato il primo ad essere usato sui veicoli a motore, e, data la sua
notevole rigidezza, viene utilizzato ancora per veicoli particolarmente pesanti, mentre è in
disuso per veicoli leggeri come automobili. Il sistema è stato molto usato nel passato, e lo
è tuttora, in molti rotabili ferroviari
Sospensioni a barre di torsione
In questo tipo di sospensioni, utilizzate oggi principalmente su veicoli con un numero
elevato di ruote, il mezzo elastico è una barra che può essere trasversale (attraversa la
larghezza del veicolo ed è fissata al lato opposto a quello in cui si trova la ruota, o al
centro della scocca) o longitudinale (per le sospensioni anteriori). La ruota stessa è
collegata alla barra da un braccio solitamente triangolare (con movimento limitato ad un
certo angolo), trasversale o longitudinale.
Le sospensioni a barre di torsione vengono ad esempio utilizzate su veicoli di peso molto
elevato (per esempio carri armati), in genere accoppiando la manovella su cui è
imperniata la ruota ad un ammortizzatore. Nel passato, le barre di torsione erano utilizzate
nelle auto di Formula 1 ed in molte vetture di serie (es. Alfa Romeo Alfetta e Giulietta, VW
Maggiolino, Simca 1100, Renault 5 ecc.). Una versione che riprende in parte il concetto di
sospensione a barra di torsione è quella denominata "a ruote interconnesse" ed è usata al
retrotreno di numerosi modelli di auto moderne. Un tubo aperto, con sezione a forma di C,
posto trasversalmente al veicolo collega due bracci longitudinali a sua volta collegati alle
ruote. Sono comunque presenti anche delle molle oltre ai consueti ammortizzatori, uno per
braccio. Tale schema associa la funzione di elemento elastico delle molle a quello
(torcente) del tubo, inoltre lo stesso funge anche da interconnessione tra le due ruote con
benefici per il comportamento dinamico della vettura durante la guida in velocità, altrimenti
penalizzata da ruote a sospensione completamente indipendenti sullo stesso asse. Vista
la loro semplicità ed efficacia sono utilizzate sul retrotreno di veicoli economici come le
utilitarie e furgoni.es.citroen Berlingo oppure peugeot 106,205,206.
Classificazione
Le sospensioni a seconda della loro struttura e sull'effetto delle ruote dello stesso asse si
dividono in:
•
Ruote dipendenti, in questo caso ogni qual volta che una ruota viene azionata da
un ostacolo o dalla sospensione, si ha un effetto anche sulla ruota controlaterale,
l'esempio topico è il ponte rigido.
57
•
Ruote indipendenti, in questo caso ogni qual volta che una ruota viene azionata da
un ostacolo o dalla sospensione, l'azione non coinvolge la ruota controlaterale, ma
si limita a quella ruota.
Le sospensioni a seconda della loro struttura e sul tipo di lavoro dell'elemento elastico, si
dividono in:
•
•
Azione diretta, la sospesone agisce direttamente sulla ruota, soluzione tipica dei
veicoli stradali e dei mezzi a ruote carenate.
Azione indiretta, la sospensione agisce sulla ruota tramite dei rinvii, soluzione tipica
delle vetture a ruote scoperte della Formula 1[2]
o A flessione o a bilanciere, per il collegamento della ruota alla sospensione, si
utilizza un bilanciere, il quale lavora in flessione, il che può conferire una
minore stabilità e difficoltà nella taratura delle sospensioni.
o A trazione o a tirante o Pull-rod, disposizione adottata di rado, che permette
una maggiore stabilità dei tiranti, perché si annulla la flessione dello stesso in
quanto non viene compresso.
o A compressione o Push Rod, disposizione classica, dove i rinvii (puntoni)
lavorano in compressione ed hanno un'inclinazione opposta alle sospensioni
a trazione.
Regolazioni]
Regolazione idraulica del precarico
Compressione di una sospensione senza precarico
58
Compressione di una sospensione con precarico (40 kg/20 mm)
La sospensione nella maggior parte dei casi è sprovvista di possibilità di regolazione, dove
l'unica regolazione esistente è disponibile solo per i sistemi a molla elicoidale.
•
•
Precarico, la sospensione è generalmente costituita da una molla, la quale è
vincolata su un ammortizzatore o su un sistema di guida telescopica, le quali per
evitare che la sospensione si scomponga hanno un limite d'estensione, il precarico
serve per determinare la forza minima espressa dall'elemento elastico della
sospensione (molla) quando questa è nella condizione d'estensione massima.
Dunque il precarico consiste nel caricare, quindi di portarla in tensione tramite
compressione della stessa molla e questo tipo di regolazione permette di variare
l'intervento minimo della sospensione, in modo che la sospensione si accorci solo
se sottoposta a una forza superiore alla forza esercitata dal precarico.
Maggiore è il precarico e minore sarà l'effetto d'oscillazione del mezzo e la
necessità dell'ammortizzatore, questo perché la forza del precarico contrasta con
l'oscillazione generata dall'inerzia del mezzo dopo la risposta della sospensione, i
sistemi per variare il precarico sono:
o Meccanico a Ghiere, le quali sono poste sul fodero dell'ammortizzatore o
dell'eventuale sistema di guida telescopico.
o Idraulico, caratterizzato da un pomello che avvitandosi o svitandosi regola la
compressione della molla
Interasse, alcuni modelli di sospensione, generalmente per uso sportivo, adottano
una regolazione che regola la lunghezza della sospensione, senza modificarne
l'escursione
Alternative
In caso non ci sia la possibilità di poter utilizzare le regolazioni o si desideri un
comportamento non modificabile con le regolazioni, si può:
•
Spessori di precarico, l'utilizzo di spessori, che nel caso delle motociclette è da
interporre tra la molla e il tappo della forcella (non è sempre possibile) o nel caso
delle autovettura, l'interposizione di elementi tra le spirali della molla, in modo da
ottenere lo stesso risultato.
•
Rigidezza della sospensione, nel caso invece si desideri una maggiore rigidezza
generale della sospensione, è possibile sostituire la molla con una più rigida (non è
sempre possibile) o in alcuni modelli di forcelle per motociclette, adottare la
59
seconda molla, nel caso opposto, in cui si desideri più flessibilità, si può adoperare
delle molle più morbide o nel caso di forcelle a doppia molla, togliere una molla.
Parametri
Questa regolazione viene definita anche prendendo in considerazione alcuni parametri:
•
•
•
•
Rigidità della molla, definisce la compressione della molla in proporzione
dell'energia applicata (mm/kg o kg/mm), un modo empirico per riuscire a
confrontare due molle che hanno lo stesso diametro esterno, sulla loro rigidità, si
confronta il dimetro della spira con il numero delle spire, dove maggiore è il
diametro della spira e minore il numero delle spire e maggiore è la rigidità.
Peso complessivo, peso del mezzo, del pilota, del/i passeggero/i e dei eventuali
bagagli/borse
o Baricentro, a seconda di dove è posizionato può incidere sulle diverso
settaggio delle sospensioni, generalmente richiedendo una maggiore rigidità
alle sospensioni più vicine.
o Trasferimenti di carico, maggiore è il trasferimento di carico nei movimenti
del telaio di rollio (mezzi con più di due ruote), come nel caso della
compressione delle sospensioni esterne alla linea di percorrenza di una
curva e di beccheggio, ovvero di accelerazione o decelerazione del veicolo,
maggiore dovrà essere la rigidità della sospensione.
Tipo di molle, conformazione della molla, progressiva o normale
Tipo di collegamento, tipo di collegamento, diretto o leveraggi
Accorgimenti]
Le sospensioni possono essere munite di:
•
•
•
•
•
•
Barra antirollio, utile su sistemi a sospensioni indipendenti, per ridurre il rollio senza
compromettere il confort.
Contromolla, serve per ridurre la velocità d'estensione, quando la sospensione si
avvicina al limite d'estensione massimo.
Tampone di finecorsa, utile per ridurre l'effetto di fine corsa della sospensione e
dell'ammortizzatore, viene utilizzato un tampone comprimibile, che nel caso di
sistemi a molla è normalmente alloggiato lungo lo stelo dell'ammortizzatore o anche
sul braccio della sospensione o sul telaio, e fornisce una ulteriore resistenza
durante le ultime fasi di compressione della sospensione. È parte integrante degli
elementi elastici della sospensione.
Sensore per la compressione, usato principalmente sulle moto della classe 500 del
motomondiale, per poter gestire in modo più corretto l'antispin, difatti con la
sospensione completamente scarica si annulla o riduce l'effetto del controllo
antispin.
Sospensioni semiattive, sono sospensioni che tramite un controllo computerizzato e
gestito dal pilota regolano lo smorzamento della sospensione variando la resistenza
dell'ammortizzatore e la loro rigidezza regolando il carico della sospensione
Sospensioni attive a discapito delle semiattive queste sono completamente
automatizzate e quindi non necessitano di essere regolate dall'esterno dal pilota.
60
Misure
La sospensione si misura per:
•
•
•
•
Lunghezza o interasse è la misura fisica della sospensione di quanto questa sia
lunga da un attacco all'altro della sospensione
Diametro è la misura fisica della sospensione (generalmente usata solo per le
forcelle) di quanto questa sia larga nel punto in cui questa si retrae (stelo della
forcella)
Corsa totale misura che indica di quanto questa si possa accorciare/allungare
o Corsa positiva è caratterizzata dalla differenza della misura di riposo (senza
pesi ai estremi) e dalla misura in compressione massima
o Corsa negativaè caratterizzata dalla differenza della misura di riposo (senza
pesi ai estremi) e dalla misura in estensione forzata massima (solo per le
sospensioni che utilizzano una contromolla per l'estensione)[7]
Rigidità indica di quanto deve essere il carico/forza per avere un millimetro di
compressione, per le sospensioni a rigidità progressiva generalmente si utilizza un
grafico o il valore medio.
Ammortizzatore
L'ammortizzatore è un sistema che ha lo scopo di smorzare l'oscillazione o rallentare un
movimento (compressione o estensione) delle sospensioni di un macchinario
Funzione
Gli ammortizzatori devono assorbire il rimbalzo/oscillazione della sospensione o piu
precisamente della ruota, per fare ciò devono assorbire e dissipare l'energia che viene
impressa o spigionata dalla sospensione. Una considerazione in fase di progettazione o la
scelta di un ammortizzatore è l'energia che andrà, nella maggior parte di casi, convertita in
calore all'interno del fluido viscoso, come nel caso di sospensioni idrauliche, il fluido
idraulico contenuto in cilindri idraulici si riscalda, in altri ammortizzatori come ad esempio
quelli elettromagnetici, l'energia dissipata può essere immagazzinati e utilizzati in seguito.
Descrizione
Nella maggior parte dei casi (ammortizzatori idraulici o pneumatici) assumono la forma di
un cilindro con un pistone che scorre all'interno (sono telescopici), dove il cilindro esterno
(fodero) è riempito con un fluido (come fluido idraulico) o per via aerea (sistemi
pneumatici), mentre il pistone dello stelo (cilindro interno) agisce su di esso.
Ammortizzatore per veicoli
In un veicolo, viene utilizzato per ridurre l'effetto sgradevole che si ha nel viaggiare su
terreno accidentato, portando ad una migliore qualità di guida e l'aumento del comfort,
infatti senza ammortizzatori, le ruote del veicolo potrebbero rimbalzare, infatti l'energia
viene assorbita e poi rilasciata violentemente, il che potrebbe portare a superare i limiti di
movimento della sospensione, andando a battere contro i finecorsa meccanici.
61
Per il controllo del movimento della sospensione, senza un assorbimento/freno degli
urti/oscillazioni tramite ammortizzatore richiede delle sospensioni piu rigide, che a sua
volta porta ad avere una dura risposta nel caso si affronti una buca o un ostacolo da parte
della sospensione, dato che la forza della molla che contrasta con la compressione della
stessa, si trasmette anche al telaio e al guidatore/passeggero, si ha un maggiore
avvertimento del transito su tale ostacolo.
L'ammortizzatore consente l'uso di molle della sospensione piu morbide, perché controlla
la velocità di movimento della sospensione in risposta agli urti, questa sua funzione è
coadiuvata anche dall'isteresi dello pneumatico stesso, che tramite la sua elasticità
smorza l'oscillazione delle masse non sospese
Tipo d'ammortizzatore
Gli ammortizzatori possono essere di molti tipi:
Ammortizzatori a effetto magnetico
Questo tipo d'ammortizzatore effettua lo smorzamento tramite lo sfruttamento delle
correnti parassite, risultando del tutto simile a un generatore, che prende energia
meccanica dalla sospensione, per poi trasformarla in corrente.
Ammortizzatore pneumatico
Questo tipo d'ammortizzatore utilizza un gas che durante la compressione o estensione
deve scorrere attraverso un orifizio, in modo d'assorbire l'energia a cui viene sottoposto,
inoltre data l'elasticità del gas, potrebbero essere usati anche come sospensioni.
Ammortizzatore a frizione]
Ammortizzatore a frizione
Questo tipo d'ammortizzatore non è altro che una frizione tenuta piu o meno serrata,
costituita da dei dischi in cuoio, che vengono premuti tra loro tramite un tirante e ad ogni
capo di tale frizione si hanno due braccia, collegata una alla sospensione/ruota, mentre
l'altra è collegata al telaio, questo tipo di smorzamento veniva utilizzato sulle vecchie moto
e auto, come la Ford Model T.
La caratteristica di quest'ammortizzatore è l'elevata semplicità, che ne permette una
semplice e intuitiva regolazione, così come la rigenerazione dei dischi tramite semplice
sostituzione, inoltre ha una resistenza molto costante rispetto alle diverse situazioni
operative, anche se risulta maggiore poco prima che la sospensione inizi l'escursione,
questo perché questa tipologia d'ammortizzatore si basa sull'attrito radente, inoltre la
62
funzione ammortizzante può alterarsi facilmente per via dell'esposizione a agenti esterni e
per l'usura precoce a cui è portata ad avere.
Ammortizzatore idraulico
L'ammortizzatore idraulico è composto da due cilindri coassiali, uno esterno anulare e uno
interno nel quale scorre uno stantuffo con lo stelo ancorato al telaio o viceversa. Il cilindro
interno è sempre pieno d'olio, quello esterno solo parzialmente e Il volume di olio nei due
cilindri è regolato da vari sistemi, inoltre possono essere del tipo a singolo effetto e quindi
avere una valvola di compressione e da una di compensazione (rispettivamente di
rimbalzo e aspirazione), che servono a collegare i due cilindri coassiali in modo che ci sia
il freno idraulico in una sola azione (estensione o compressione) e costringono l'olio a
scorre in determinate finestre o in sistemi che ne regolino il flusso, oppure essere a doppio
effetto e in questo caso si ha solo i sistemi di regolazione dello smorzamento.
Nei motoveicoli, generalmente l'ammortizzatore è munito di una molla interna e in questo
caso assume il nome di forcella telescopica o teleidraulica.
Funzionamento
L'ammortizzatore a olio si basa sulla viscosità dell'olio, sul lume di passaggio e sulla
velocità di compressione, dove in condizione di lume costante si ha un aumento
esponenziale della resistenza allo scorrimento all'aumentare della velocità di
compressione e quindi di scorrimento dell'olio.
Struttura
gli ammortizzatori idraulici possono essere
Bitubo
Schema di ammortizzatore idraulico (bitubo)
63
Questo tipo d’ammortizzatore è caratterizzato dall'uso di due tubi concentrici in cui scorre il
pistone (nel tubo piu piccolo), lo spazio tra essi è parzialmente occupato da azoto o aria
per compensare il volume dello stelo che viene occupato o liberato nei suoi movimenti
telescopici.
Durante la fase di compressione l'ammortizzatore si accorcia, un volume d'olio pari a
quello dello stelo si travasa nel cilindro esterno attraverso la valvola di compressione,
parte dell'olio che si trova nel cilindro interno sale sopra lo stantuffo attraverso la valvola di
aspirazione, durante quest'azione l'aria intrappolata si comprime e questo permette di
aumentare la resistenza dell'ammortizzatore, facendo spostare il movimento dell'olio
sempre piu attraverso la valvola di aspirazione.
In fase di rimbalzo o estensione avviene l'opposto: l'ammortizzatore si allunga, l'olio rientra
dal cilindro esterno a quello interno per effetto di una depressione che crea lo stantuffo,
attraverso la valvola di compensazione. Contemporaneamente nel cilindro interno l'olio
passa dalla parte superiore dello stantuffo alla parte inferiore, per effetto della salita dello
stantuffo che apre la valvola di compensazione.
Questo tipo d'ammortizzatore permette una elevata flessibilità nella
regolazione/variazione/gestione delle caratteristiche di smorzamento e la presenza di
azoto in bassa pressione minimizza i fenomeni di cavitazione e l'emulsione dell'olio,
prestandosi a una eccellente performance.
Esistono anche altre disposizioni del bitubo, dove non si ha il pompante centrale, ma il
tubo centrale svolge la funzione di pompante e ammortizzatore, assieme a un tubo
centrale cavo fisso al tubo esterno, questa è la disposizione tipica delle soluzioni
meccaniche.
Monotubo "De Carbon"
Schema di ammortizzatore oleopneumatico (monotubo)
64
Questo tipo d’ammortizzatore è caratterizzato dall'uso di un tubo in cui scorre il pistone, è
caratterizzato dall'uso di una camera pneumatica (ad alta pressione) con pressioni
maggiori ai 10 bar e di olio.
Questi due elementi sono separati da un pistone flottante, inoltre questo tipo di
ammortizzatore non ha limiti d'inclinazione e non si ha la cavitazione.
Quest'ammortizzatore non si differenzia molto dal precedente per il funzionamento, infatti il
pistone che è immerso nell'olio ha sempre le due valvole per i due versi di scorrimento,
dove nel caso della compressione si ha il travaso dell'olio nella parte superiore del pistone,
ma dato che non si può avere una trasferimento immediato, la camera pressurizzata si
comprime per permettere una maggiore costanza nell'azione dell'ammortizzatore, che se
paragonata al bitubo svolge la funzione dell'aria intrappolata nel tubo esterno.
Monotubo "Allinquant"
Questo tipo d’ammortizzatore è molto simile al precedente, ma la camera pneumatica non
è posta dentro al tubo, ma di lato e messa in comunicazione tramite un passaggio
calibrato.
Quest'ammortizzatore si comporta esattamente come il precedente, solo che la camera
pressurizzata essendo posta di lato l'olio fuoriesce dal cilindro e va dentro questa camera,
dove il gas è isolato tramite una membrana.
Soluzione ammortizzante
Per avere una funzione ammortizzante bisogna utilizzare una soluzione specifica o
combinazioni di queste in modo d'avere una forza frenante.
L'azione smorzante di questi sistemi sarà maggiore in proporzione alla velocità con cui
l'ammortizzatore si accorcia, ma questa relazione varia a seconda delle soluzioni
adoperate.
A flauto
Questo sistema è stato superato, ma viene usato ancora per mezzi economici, data la sua
economicità e semplicità, difatti l'olio è obbligato a scorrere su delle fenestrature di
dimensioni fisse.
Questa caratteristica determina una resistenza ridotta o nulla alle basse velocità (di
compressione), mentre può risultare eccessiva alle alte velocità (di compressione) e anche
se può essere munito di regolazioni per variare la resistenza del freno idraulico, comunque
sia il suo arco di funzionamento risulta essere ridotto, determinando sia condizioni di freno
inefficace che fasi di freno eccessivo in particolar modo alle diverse velocità di
compressione.
A fenestratura variabile
Questo sistema utilizzato sulle forcelle solo per la funzione di compressione, è
un'evoluzione del sistema a fenestratura, dove non si fa scorrere l'olio dentro a un flauto
forato, ma si utilizza lo stelo e il tubo centrale (vincolato al fodero e con forma a cono) per
65
determinare la resistenza dell'ammortizzatore, dove nei primi millimetri di compressione si
ha poca resistenza per il grande lume di passaggio che si ha tra stelo e tubo centrale,
mentre nelle fasi finali di compressione si ha una ridotta sezione di passaggio per via della
forma del tubo centrale.
Questo permette d'avere un aumento della resistenza idraulica man mano che si
comprime la forcella, riuscendo a conferire un'ottima elasticità e anche un comportamento
anti-affondamento della forcella o sospensione, senza compromettere la qualità della
marcia, ma dato che comunque sia la sezione di passaggio dell'olio non varia in base alla
velocità di compressione, si ha sempre un comportamento piuttosto variabile rispetto alle
diverse velocità di compressione.
A pistone flottante
Questo sistema permette d'avere entrambi gli effetti ammortizzanti in un unico elemento,
le quali hanno caratteristiche del tutto paragonabili ai sistemi a flauto e che non riescono
ad avere un comportamento lineare alle diverse velocità di scorrimento, perché
esattamente come i sistemi a flauto si basano sui passaggi calibrati, questa tipologia di
ammortizzatore è generalmente composta in due parti, un disco forato assialmente e
munito di una o piu lamelle (costituisce una valvola unidirezionale del tipo aperto o chiuso)
ed il pompante flottante munito di forature assiali del tutto simile alla cartuccia, in un'azione
il pompante rimane premuto alla cartuccia tramite una molla e la resistenza
dell'ammortizzatore viene definita dai fori della cartuccia e del pompante, mentre nella
seconda azione il pompante scorre scorre e si allontana dalla cartuccia e la resistenza è
definita dal lume che si crea tra cartuccia e pompante e dai fori del pompante.
A cartuccia
Questo sistema è caratterizzato dal passaggio obbligato (tramite pompante) dell'olio
tramite una finestra tenuta chiusa da una o insieme di rondelle flessibili, le quali
determinano la sezione de condotto di passaggio della cartuccia/pompante, dove alle
basse velocità di scorrimento dell'olio si avranno sezioni di passaggio piccole, mentre per
velocità più alte le sezioni di passaggio sono più elevate.
Questo sistema ha il vantaggio non solo di essere più costante nell'azione del freno
idraulico alle diverse velocità di compressione, ma anche di poter regolare l’idraulica in
modo più semplice, dove le regolazioni esterne agiscono sul precarico della molla che
tiene chiuso il pacchetto di lamelle contro il condotto di passaggio, oppure possono agire
sull'apertura di un foro ausiliario che bypassa la cartuccia pompante in una determinata
azione (compressione o estensione). L'inconveniente viene dal fatto che risulta difficile e
che generalmente non viene ricercata ed ottenuta la variazione dello smorzamento in base
alla corsa della sospensione.
A cartuccia a doppia velocità (ammortizzatore selettivo)
Sono molto simili alle precedenti, ma con l'aggiunta di una valvola supplementare (alte
velocità), dove generalmente si ha un deposito supplementare per l'olio (generalmente
esterno), questo sistema infatti agisce solo quando le sollecitazioni sono elevate e quindi
quando la l'olio è molto compresso, facendo aprire questo secondo passaggio
aumentando la sezione di passaggio e riducendo il freno idraulico che risulterebbe
66
eccessivo, ed è per via di questo comportamento che prende il nome di ammortizzatore
selettivo.
Questo sistema ha il vantaggio non solo di essere più costante nell'azione del freno
idraulico, ma di permette di regolare indipendentemente l’idraulica veloce o lenta (velocità
di scorrimento), dove con le regolazioni esterne, che agiscono sul precarico della molla
che tiene chiuso il pacchetto di lamelle contro il condotto di passaggio che determina
l'area di passaggio, si riesce ad avere un comportamento decisamente più costante e
adatto ai diversi tipi d'impiego.
Mass camper
Il Mass damper, detto anche tuned mass damper o assorbitore armonico (letteralmente
smorzatore a massa risonante) è un dispositivo montato su diverse strutture per
impedire disagi, danni, e cedimenti strutturali esterni causati dalle vibrazioni. Tipicamente i
dampers sono montati nei grattacieli, o in altre strutture soggette ad oscillazioni, e sono
costituiti da enormi blocchi di calcestruzzo sospesi per mezzo di molle, liquidi o pendoli.
Le linee elettriche ad alta tensione hanno spesso piccoli “Stockbridge dampers” che
pendono dai cavi.Piccoli dispositivi che lavorano sugli stessi principi sono stati utilizzati
come ammortizzatori per assorbire i forti rimbalzi sulle ruote posteriori dell’autovettura
Citroën 2CV.
Come funzionano
I tuned mass dampers stabilizzano la struttura nella quale sono montati contro movimenti
violenti causati dalle vibrazioni armoniche. La presenza di un mass damper concede
l’inerzia di una grande massa equilibrata bilanciata da un blocco strutturale
comparativamente leggero, come un blocco di cemento pesante piazzato in maniera tale
che i movimenti del blocco in un senso, comparati al movimento della struttura nell’altro,
possano ammortizzare (il cosiddetto damping) l’oscillazione della struttura. Il contrappeso
può essere montato usando le bobine voluminose della molla e gli ammortizzatori idraulici.
Se l’asse della vibrazione è fondamentalmente orizzontale o di torsione, sono impiegati
molle a lamelle e pendoli montati sui pesi. I tuned mass dampers sono costruiti, o
"sintonizzati" specificamente per ricambiare le frequenze nocive delle oscillazioni o
vibrazioni.
Maggiori dettagli sul loro funzionamento
Schema semplificato di un mass dumper.
67
Il sistema può essere schematizzato con due masse, m1 schematizza la massa
dell'oggetto su cui si vuole ottenere l'effetto ammortizzante. La massa m2 rappresenta lo
smorzatore (mass damper) ed è collegata ad m1 con un sistema sospensivo. Le
sollecitazioni provenienti dal basamento si trasmettono alla massa m1 inducendo una
vibrazione. Il movimento indotto su m1 si trasmette anche al mass damper. È possibile
dimostrare che esiste una frequenza della sollecitazione F0 per la quale le vibrazioni su m1
sono fortemente attenutate. Ciò accade perché la massa m2 trasmette ad m1 una forza
uguale ed opposta a quella trasmessa dalle vibrazioni provenienti dal basamento.
Questo sistema consiste di una massa principale m1, ad esempio una ruota e un braccio
di sospensione, con una molla e smorzatore k1/c1. La forza a terra è F0. Una forza
variabile F1 è applicata a m1. Il sistema viene modificato aggiungendo un sistema
massa/molla/smorzatore m2, k2 e c2.
Una grandezza importante per il sistema è la frequenza della forza applicata a terra, F0,
come risultante della forzante F1.
Il diagramma di Bode è più complesso, e mostra la fase e l'ampiezza del moto di ogni
massa, per i due casi, relativamente alla forzante F1.
La linea nera indica il sistema di base, e mostra solo il moto di m1. La linea blu indica il
moto di m2 in presenza dell'assorbitore dinamico. Questa va in risonanza prima, in fase
con m1, ma con un'ampiezza maggiore. In questo modo una parte dell'energia che
avrebbe dovuto far vibrare il corpo (attraverso F0) è assorbito nell'elemento smorzatore.
All'aumentare della frequenza, m2 inizia ad allontanarsi dalla fase di m1, finché attorno a
9.5 Hz oscilla in controfase con m1, fornendo la massima energia allo smorzatore
Mass damper nelle autovetture
mass damper sono largamente usati nelle autovetture, collocati solitamente sulla puleggia
dell’albero a gomito per controllare le tipiche vibrazioni di torsione e i modi di piegatura
dell’albero a gomito, in quello della sospensione per il cambio, e per ammortizzare altri
rumori. Inoltre sono usati nello scarico, sul telaio e nelle sospensioni, come ad esempio
nella 2CV citata all’inizio. Quasi tutte le autovetture hanno almeno un mass damper,
qualcuna ne ha anche 10 o più.
Mass damper nell’automobilismo
Il mass damper venne introdotto come parte del sistema delle sospensioni dalla Renault,
nella sua vettura di Formula 1 (la R25) nel finale della stagione 2005 dal Gran Premio del
Brasile in avanti. In un primo momento venne considerato legittimo e usato anche da altre
squadre fino al Gran Premio di Germania del 2006. Tecnicamente questi dispositivi erano
composti da un peso oscillante tra i 9 e i 15 kg, fissato con una molla e posizionato
all’interno del musetto, e risultano particolarmente efficaci per stabilizzare il muso della
vettura in curva, che così non beccheggiava passando sui cordoli o su leggere asperità;
questo permetteva di mantenere stabile il flusso aerodinamico che investiva il resto della
vettura, che risultava così molto più guidabile.
Secondo il regolamento, però, ogni dispositivo che abbia una qualunque influenza
sull'aerodinamica della vettura deve restare fisso e non avere gradi di libertà:
68
Art. 3.15 Aerodynamic influence: [...]any specific part of the car influencing its aerodynamic performance [...]
- must be rigidly secured to the entirely sprung part of the car (rigidly secured means not having any degree
of freedom)
- must remain immobile in relation to the sprung part of the car
Questa regola era originariamente intesa a vietare gli alettoni mobili, ma poiché non parla
esplicitamente di appendici aerodinamiche e la Renault stessa ha più volte parlato di
benefici aerodinamici, è stata interpretata dalla Federazione a sfavore del mass damper.
Dopo differenti interpretazioni tra commissari di gare diverse e tra commissari e FIA,
quest'ultima infine presentò reclamo contro il sistema. Due settimane più tardi, la Corte
d’Appello Internazionale della FIA dichiarò illegale il mass damper. Nonostante il divieto la
Renault vinse comunque entrambi i titoli piloti e costruttori al termine della stagione 2006.
Manutenzione
L'ammortizzatore può essere denominato in vario tipo a seconda delle operazioni di
manutenzioni applicabili o necessarie:
•
•
•
Inesauribile, questa tipologia d'ammortizzatore non richiede nessuna forma di
manodopera, perché non soggetto a consumo, come nei sistemi ad "effetto
magnetico" e "mass damper"
Rigenerabile, questa tipologia d'ammortizzatore è soggetto ad usura e a perdita di
funzionalità, ma può essere rigenerato, riacquistando le sue caratteristiche
originarie.
Esauribile, questa tipologia d'ammortizzatore è soggetto ad usura e a perdita di
funzionalità e non può essere rigenerato, perché non presenta una struttura che
consente quest'operazione.
Regolazioni
L'ammortizzatore nella maggior parte dei casi è sprovvista di possibilità di regolazione,
dove l'unica regolazione esistente è data dalla resistenza di scorrimento, la quale può
essere differenziata:
•
•
Resistenza alla compressione, questa funzione permette di regolare la velocità di
compressione, dove maggiore sarà la sua velocità nel comprimersi e meglio
risponderà a strade dissestate e all'utilizzo del mezzo in condizioni di minore carico.
Resistenza all'estensione, questa funzione permette di regolare la velocità
d'estensione, dove maggiore sarà la sua velocità nell'estendersi e meglio
risponderà a strade dissestate e all'utilizzo del mezzo in condizioni di minore carico.
Con l'utilizzo di regolazioni morbide si velocizza la risposta della sospensione, ma
aumenta l'instabilità a un'andatura sostenuta dato che può dare a saltellamenti (in caso di
sospensioni troppo morbide), oscillazioni o a dei trasferimento di peso troppo marcati nella
varie manovre (principalmente nelle frenate energiche), mentre con l'uso di regolazioni
troppo rigide, si penalizza le frenate prolungate, improvvise e energiche ritardando il
trasferimento di peso, così come la stabilità e il confort su strade rovinate.
69
•
•
Sostituzione dell'olio, un'alternativa alle regolazioni, nel caso di sistemi che ne siano
sprovviste, è possibile l'utilizzo di un olio più denso/viscoso, dove l'olio più è denso
e più rallenta l'estensione e/o la compressione, quest'alternativa come nel caso
delle forcelle con gambali a doppia funzione (estensione e compressione) ha come
svantaggio la non differenziazione tra estensione e compressione, mentre come nel
caso delle forcelle che hanno i gambali con funzioni diverse (un gambale per
l'estensione e uno per la compressione) si può adoperare oli di graduazioni diverse
e poter regolare i loro interventi, in modo analogo alle regolazioni meccaniche
(registri).
Livello/quantità dell'olio, con l'utilizzo di una quantità maggiore d'olio, si avrà un
intervento anticipato dell'ammortizzatore, quindi l'azione ammortizzante inizierà con
una corsa minore della sospensione, mentre con l'uso di meno olio, si avrà un
effetto opposto.
Accorgimenti
Suzuki RG 500 '79 di Barry Sheene, della classe 500 con sistema anti-affondamento
Gli ammortizzatori possono essere dotati di vari sistemi:
•
•
•
•
•
Sensore per la compressione
Sospensioni semiattive
Sospensioni attive
Tampone
Sensore per la compressione
•
Spurgo aria Pressione aria libera, serve per avere una situazione di pressione
adeguata dell'ammortizzatore, in modo che possa compiere correttamente le sue
escursioni, senza che l'aria che si forma e rimane intrappolata dentro al sistema crei
un effetto molla e aumenti la frenatura dell'ammortizzatore, generalmente si utilizza
l'aria calma e quindi ha la funzione di spurgo, ma alcuni modelli sono predisposti
per l'attacco del manometro per la regolazione della pressione.
Sistema anti-affondamento, può essere un vero e proprio sistema indipendente,
che regola la resistenza dell'ammortizzatore alla pressione dei freni, oppure una
variante del sistema ammortizzante, in grado da conferire in automatico una
maggiore resistenza all'avvicinarsi del fine corsa.
•
70
Galleria fotografica
L’ammortizzatore
esauribile di uno
scooter (avvolto dalla
sospensione)
L’ammortizzatore
rigenerabile di una
moto, con sospensione
integrata (molla)
Ammortizzatore a
frizione delle prime
motociclette
Ammortizzatore a
frizione delle prime
motociclette
Trasmissione
Negli autoveicoli la trasmissione è l'insieme di organi che hanno lo scopo di trasferire la
potenza generata dal motore alle ruote.
Più in generale nell'industria sono utilizzati sistemi meccanici di trasmissione per trasferire
l'energia cinetica da un motore di qualunque tipo ad un elemento utilizzatore. Organi adatti
a questo scopo sono alberi, cinghie e pulegge, catene e ruote dentate, serie di ingranaggi,
leve e bielle.
Nelle automobili e altri veicoli la trasmissione è solitamente di tipo meccanico, ed è
costituita dai seguenti elementi:
71
•
•
•
•
•
•
•
Frizione, permette di isolare temporaneamente l'albero di trasmissione dal volano
del motore per effettuare il cambio di velocità;
Cambio, è un sistema di ingranaggi con la funzione di cambiare il rapporto di
trasmissione tra ruote e motore allo scopo di fare funzionare quest'ultimo a regimi di
rotazione ottimali nonostante il variare della velocità del veicolo; il cambio, oltre che
manuale, può essere automatico e continuo;
Giunti elastici, aggiungono una certa elasticità all'albero di trasmissioni per
assorbire e livellare variazioni istantanee del momento torcente;
Giunti cardanici permettono di deviare liberamente la direzione degli alberi di
trasmissione;
Albero di trasmissione, nei veicoli a trazione posteriore e motore anteriore
trasferisce il moto dal cambio al differenziale oppure dall'uscita motore al gruppo
cambio-differenziale posteriore ( sistema Transaxle );
Differenziale, distribuisce la rotazione tra le due ruote permettendo l'effettuazione
delle curve;
Semiassi, alberi che collegano il differenziale alle ruote;
Nelle motociclette si può avere anche altri sistemi come:
•
•
Ingranaggi, generalmente costituisce la trasmissione finale dei mezzi a due ruote
con cambio a variatore o la trasmissione iniziale (albero motore e frizione) dei
motocicli con cambio
Catena di trasmissione, utilizzata sulla quasi totalità delle motociclette.
Questa serie di organi può differire in diversi punti. Nei veicoli con certi tipi di cambio
automatico la frizione non esiste. Nei veicoli a quattro ruote motrici sono presenti due o tre
differenziali.
•
Cinghia dentata, utilizzata in alternativa alla catena
Nelle biciclette la trasmissione è effettuata da una catena che unisce la ruota dentata dei
pedali con un pignone, connesso al mozzo della ruota posteriore attraverso un sistema
detto scatto libero o ruota libera. Questo consente alla ruota di girare liberamente nel
senso del moto senza trascinare i pedali. Il cambio di velocità può essere a deragliamento,
in cui la catena viene spostata tra diversi ingranaggi affiancati con differente numero di
denti, oppure epicicloidale, integrato nel mozzo. Un altro sistema di trasmissione è quello
a scatto fisso, in cui il movimento dei pedali è sempre solidale a quello delle ruote, sia nel
senso del moto che in quello opposto (è il caso delle bici da pista e più in generale delle
bici a scatto fisso
Avantreno
Nella meccanica delle automobili e di altri veicoli a ruote, l'avantreno è il sistema
composto dalla ruota o dalle ruote anteriori e dai dispositivi di sospensione e di sterzo a
esse connessi. Nelle automobili a trazione anteriore, questo sistema è collegato con quello
della trasmissione.
Retrotreno
Nella meccanica delle automobili e di altri veicoli a ruote, il retrotreno è il sistema
composto dalle ruote posteriori e dai dispositivi di sospensione ad esso connessi. Nelle
automobili a trazione posteriore, questo sistema è collegato al motore con l’albero di
72
trasmissione. Se anche il cambio è installato nel retrotreno, la soluzione tecnica è
conosciuta come ponte de Dion.
Sterzo
L'impianto sterzante o sterzo è l'insieme di elementi meccanici che garantiscono la
direzionalità di un veicolo terrestre
Il conducente di un autoveicolo che voglia cambiare direzione, applica una coppia di forze
al volante dall'abitacolo che viene trasferita attraverso un elemento rigido (piantone dello
sterzo) ad una scatola in cui il moto rotatorio (momento della forza) viene convertito in
moto rettilineo e trasferito ai tiranti dello sterzo che agiscono direttamente sulle ruote che
cambiando direzione diventano sterzanti.
Esistono prototipi in cui l'uso di sensori sul volante e centraline abbinate ad attuatori
idraulici rendono superfluo l'uso del piantone dello sterzo.
Tipo di comando
La scatola dello sterzo può convertire il moto in modo:
•
•
•
Esclusivamente meccanico: a pignone e cremagliera, a vite senza fine, con
semplici snodi
Elettrico: servosterzo con relativo motore elettrico, messo in funzione da una
centralina
Idraulico: idrosterzo con relativa pompa messa in funzione dall'albero motore e
dalla relativa centralina
Riduzione
Lo sterzo può essere:
•
Diretto: a piccoli movimenti del volante corrispondono piccoli movimenti delle ruote
73
•
•
Demoltiplicato: a grandi movimenti del volante corrispondono piccoli movimenti
delle ruote
Combinato: il rapporto di sterzo è variabile con la posizione del volante
(generalmente più diretto a volante in posizione di centro corsa e più demoltiplicato
verso le zone di massima sterzata)
È un importante elemento da definire in sede di progetto il corretto posizionamento della
scatola dello sterzo e dei suoi ancoraggi sui mozzi per evitare fenomeni di roll-steer e
bump-steer.
Azione
Lo sterzo può avere azione su:
•
•
•
Ruote anteriori, sistema utilizzato per i mezzi di trasporto che percorrono strade
pubbliche
Ruote posteriori, sistema utilizzato per mezzi di lavoro ambienti chiusi, come nelle
aziende
Ruote anteriori e posteriori, sistema utilizzato da alcuni mezzi di trasporto che
percorrono strade pubbliche
Volante
Il volante (dal francese volant) è un organo meccanico di forma circolare.
Consiste in una ruota, dotata di raggi (o razze) e corona torica, che viene applicata ad un
asse per potergli imprimere, manualmente, un movimento di rotazione da trasmettere ad
altro organo, cui l'asse è collegato.
Volante Ferrari F430
74
Nell'accezione più comune, per volante si intende la corona circolare, fissata tramite razze
all'estremità superiore del piantone di sterzo, attraverso il cui azionamento manuale viene
impressa la direzione al veicolo.
La corona del volante può essere di profilo:
•
•
tondo, generalmente usata per i mezzi di normale produzione e che permette di
compiere, facilmente, più rotazioni complete del volante.
quadro, usata su alcune moderne vetture sportive e da competizione per il cui uso
agonistico, la completa rotazione del volante è una manovra raramente eseguita.
Evoluzione del volante
Clacson (avvisatore acustico)
Il clacson o claxon è un dispositivo elettromeccanico di segnalazione acustica per veicoli
Ideato nel 1908 dall’inventore statunitense Miller Reese Hutchinson, il brevetto del
dispositivo venne rilevato dall'azienda Klaxon di Newark che iniziò a commercializzarlo nel
1914.
Nella sua prima versione, il clacson consiste in un congegno azionato da una piccolo
motore elettrico che muove una camma dentata agente su un diaframma metallico, così
producendo il tipico suono che può essere onomatopeicamente reso con la parola "HAUU-HA".
75
Avvisatore acustico per auto
Nell'arco di un breve periodo, anche considerata la sospensione della produzione
automobilistica (1914 - 1918) causata dalla "grande guerra", venne adottato dalle principali
aziende automobilistiche, in sostituzione delle precedenti tipologie di avvisatori acustici,
per lo più costituite da trombe a pera, campane e sirene.
Si stima che alla fine degli anni venti, la Klaxon fornisse il suo dispositivo al 90% delle
case automobilistiche statunitensi ed al 75% di quelle europee.
Dall'italianizzazione del nome aziendale "Klaxon", a partire dal 1923, iniziò a comparire
sulla stampa la parola "clacson" che ebbe subitanea diffusione per indicare il comando di
azionamento del dispositivo di segnalazione acustica dei veicoli, specialmente delle
autovetture, ed anche quale sinonimo del dispositivo stesso.
Il clacson può essere basato su:
•
•
A trombetta, caratterizzato da una piccola tromba alimentata da un piccolo polmone
in gomma
A sbattimento, modello tipico per i piccoli campanellini delle biciclette, dove il suono
viene generato dal contatto tra due pezzi di metallo
Il clacson può essere azionato:
•
•
Manualmente, il suono viene generato solo tramite un'azione manuale sul
dispositivo stesso
Elettricamente, si ha un motorino elettrico o un'altra macchina elettrica per la
generazione del suono.
76
Freno
Il freno è un dispositivo utilizzato per rallentare o bloccare il movimento di un corpo. Si
distinguono vari tipi di freni, sia per il modo con cui vengono azionati (freno a mano o a
pedale), sia in base al principio di funzionamento (freni meccanici, idraulici, aerodinamici,
elettrici e pneumatici) I freni meccanici a loro volta si dividono in freni a ganasce, freni a
disco e freni a cono.
I freni vengono classificati a seconda delle loro caratteristiche strutturali
Freni meccanici
Questi freni quando agiscono generano un'usura del freno, dato che sfruttano l'attrito
radente.
Tamburo
Il freno a tamburo è semplice ed economico ed è stato impiegato per molto tempo su
auto, moto e automotrici ferroviarie, ma ha dovuto cedere il posto al freno a disco,
abbandonando prima le moto e quindi le automobili. Esistono ancora mezzi che
adoperano questo tipo di freno, ma generalmente appartengono alle fasce più basse, sia
che si parli di moto che di auto: fra i motocicli il tamburo viene utilizzato negli scooter di
bassa cilindrata per la ruota posteriore; per quanto riguarda le automobili, è
frequentemente scelto come soluzione per le utilitarie (sempre al posteriore) per motivi di
economicità e per via della massa ridotta del mezzo, che non obbliga all'impiego di
impianti di grandi prestazioni.
77
I freni a tamburo si classificano in base al numero di ceppi, ovvero delle parti che vanno a
contatto con il tamburo, e in base alla loro posizione rispetto al tamburo stesso.
Ceppi e guarnizioni di un freno a tamburo
Numero di ceppi del tamburo
Il numero di ceppi per tamburo varia da un minimo di uno ad un massimo di due e a
seconda del numero varia la forza impressa al tamburo.
•
Ceppo semplice:
Questo è il tipo più semplice di freni. Consiste in un piccolo ceppo di forma rudimentale
adattato alla parte circolare del tamburo. Collegata al ceppo vi è una leva che, azionata,
preme il ceppo contro il tamburo con molta forza.
•
Ceppo doppio:
Ai due lati del tamburo vengono montati due ceppi rudimentali. La leva agisce
simultaneamente su entrambi, questo è il tipo di ceppo che viene utilizzato nel caso si
adotti un freno a tamburo, per la maggiore capacità frenante.
Disposizione dei ceppi sul tamburo
I ceppi oltre che per numero si dividono anche per posizione rispetto al tamburo, che ne
differenzia per costi, prestazioni e resistenza agli agenti esterni.
•
Ceppo esterno:
Molto simile al freno a doppio ceppo, è montato sulla parte esterna del tamburo. I ceppi
esterni sono più lunghi dei tipi precedenti e ricoprono completamente la superficie del
tamburo. Una maggiore superficie frenante aumenta l'efficienza.
•
Ceppo interno:
I ceppi sono montati sulla parte interna del tamburo e premono verso l'esterno contro la
superficie interna. Questo freno ha il vantaggio di essere protetto dall'acqua e dal fango, e
di poter essere applicato in entrambi i sensi di rotazione. Questo tipo di freno è quello che
viene adoperato su motoveicoli e autoveicoli.
78
Nastro
È un nastro metallico e flessibile, con un rivestimento interno per l'attrito, viene fissato ad
un lato, avvolto sul tamburo e collegato ad una leva. I due estremi del nastro vengono
quasi a toccarsi in modo da dare il massimo effetto frenante. Questo tipo di freno è spesso
usato negli impianti di montacarichi e trasporto pesante come gli autobus. Venne utilizzato
anche sulle locomotive ferroviarie a cremagliera
Freno a disco
Il Freno a disco differisce da tutti i freni già menzionati ed è la soluzione su cui si orientano
ormai da anni tutte le case produttrici di mezzi di trasporto siano essi auto o moto.
La frenata avviene per la trasformazione dell'attrito in calore grazie alla pressione,
generalmente ottenuta idraulicamente, degli elementi di frizione dette pastiglie ai lati del
disco. I freni a disco hanno il vantaggio di dissipare rapidamente il calore che può essere
molto elevato quando vengono usati a lungo.
Freni non meccanici
Questi freni agiscono senza che ci sia usura del freno, dato che non sfruttano l'attrito
radente, ma altre forme d'attrito, generalmente hanno un andamento esponenziale con il
crescere della velocità.
Freno Prony, o dinamometrico
Per misurare la potenza di un albero motore si fa uso di uno speciale freno simile a quello
a nastro. Le due estremità del nastro sono collegate con un indice. L'albero del motore
preme il nastro e fa deviare l'indice. La lettura della scala, la circonferenza e la velocità
dell'albero sono i fattori necessari per determinare la potenza del freno.
79
Freno rigenerativo
Questo tipo di freno (detto anche freno elettrodinamico) è generalmente applicato
sull'albero motore di grandi camion, autobus, filobus e treni e si basa su un generatore
elettrico. L'albero motore del generatore è montato direttamente sull'albero di trasmissione
del veicolo, formando un unico albero, al momento della generazione di corrente da parte
del generatore, questo imprime una coppia resistente sull'albero di trasmissione
producendo, di fatto, un'azione frenante.
Un inconveniente del freno rigenerativo sta nella necessità di esperienza e accortezza nel
suo utilizzo, in quanto, nel caso d'un azionamento troppo rapido e di elevato sforzo, si
rischia la rottura dell'albero motore, ma esiste un indubbio vantaggio: quello di non arrivare
mai al completo bloccaggio delle ruote, dato che diminuendo la velocità diminuisce
automaticamente anche la forza frenante (si noti che lo slittamento tra ruota e suolo può
comunque avvenire per differenza di velocità, portando comunque allo spiattellamento
della ruota).
Freno motore
Nei motori diesel degli autocarri può essere presente (soprattutto per i grandi autocarri)
anche il freno a motore, costituito da una valvola a farfalla che, se azionata, chiude
parzialmente il condotto di scarico; in questo modo anche la fase di scarico del motore
(oltre a quella di compressione) diventa una fase frenante, aumentando così l'azione
frenante complessiva. Questo freno viene utilizzato principalmente nelle lunghe discese, in
quanto permette di frenare maggiormente il veicolo senza sollecitare troppo l'impianto di
frenatura. Tale sistema viene utilizzato, in alcuni paesi, anche nelle locomotive diesel in
caso di linee con pendenze rilevanti, al fine di evitare il surriscaldamento dell'impianto
frenante. Questa pratica è generalmente utilizzata solo con i treni merci, in quanto al
termine dell'effetto frenante si possono verificare, a causa della decompressione dei
respingenti, strattoni tra i carri/vagoni inversamente proporzionati al peso degli stessi.
In gergo comune si intende però "freno motore" quell'azione di rallentamento del veicolo
ottenuta solamente scalando i rapporti delle marce (passando da una marcia alta a una
piu bassa) in modo da innalzare il regime motore, il quale, viene alimentato con il
comando gas chiuso, così facendo, data l'alimentazione insufficiente o nulla, si possono
apprezzare tutte le perdite meccaniche per attrito e pompaggio, le quali tendono a far
rallentare il veicolo.
Freno aerodinamico
Agisce sul flusso d'aria esterno al veicolo, opponendovi resistenza e comportando quindi
un rallentamento. Gli aeroplani utilizzano gli aerofreni a questo scopo. Anche alcuni
modelli di automobili, soprattutto sportive, utilizzano questa soluzione sommandola
all'effetto frenante dei freni meccanici, per raggiungere decelerazioni ragguardevoli: ad
esempio la Bugatti Veyron con questo accorgimento arriva ai 2 g di decelerazione; anche
altri modelli meno esclusivi tuttavia lo adottano. Le macchine di Formula 1 non lo usano in
quanto il regolamento impedisce di adottare parti aerodinamiche movibili. Viene di fatto
ottenuto un freno aerodinamico anche dai piloti di moto da gran premio che sono soliti
esporre il busto dalla carenatura all'inizio della staccata (punto di rilascio gas e inizio
frenata): questa operazione genera un grosso carico sugli avanbracci che debbono essere
80
ben saldi al manubrio ma permette di aiutare in modo sensibile la decelerazione della
moto.
Freno a pattino elettromagnetico
Freno a pattino utilizzato in campo tramviario e ferroviario. Si presenta principalmente in
due tipologie.
Nella prima il pattino va a contatto con la rotaia metallica a causa dell'attrazione tra i due
elementi, la frenatura è di tipo ad attrito e la forza frenante sarà proporzionale alla forza
d'attrazione tra i due corpi.
Nella seconda tipologia il pattino dissipa energia sfruttando il fenomeno delle correnti
parassite, quindi non c'è usura o pericoli di slittamento del pattino poiché l'effetto frenante
non è causato dall'attrito.
Modalità di frenata
La frenata può essere di diverso tipo:
•
•
Differenziata ogni freno o asse di frenata è comandato da un apposito comando
(l'esempio tipico lo si ha con le moto)
Integrale tutti i freni di servizio vengono usati con un singolo comando (l'esempio
tipico lo si ha con le auto, camion e simili), esistono anche altre versioni, dedicate
per le motociclette, che permettono d'avere una diversa distribuzione della frenata
tra anteriore e posteriore a seconda del comando adoperato
Comando e azionamento dei freni]
Il comando dei freni può essere:
•
•
Leva, questo comando viene usato nelle motociclette per il comando dell'impianto
anteriore, ma si può avere in alternativa un secondo comando a leva anche per
l'impianto posteriore
Pedale, questo comando è usato nelle automobili e nella maggior parte dei casi
anche per l'impianto posteriore delle motociclette
I freni possono essere azionati tramite vari sistemi:
•
•
•
Elettrica, il comando del freno agisce su un sensore, che invia il segnale elettrico
alla centralina, la quale gestirà la frenata, o tramite pinze freno elettriche o tramite i
vecchi sistemi, utilizzando un attuatore.
Idraulico, le pastiglie vengono premute contro il disco tramite la pressione
sviluppata da un liquido, che deve rispondere alle caratteristiche dell'impianto
frenante, alle caratteristiche d'uso e di manutenzione
Pneumatico, la pressione del gas può agire in positivo o negativo sulle pastiglie
alloggiate dentro alla pinza, questo tipo di comando freno viene utilizzato nei mezzi
ferroviari e su tutti gli autocarri pesanti. Viene utilizzato perché l'aria è facilmente
reperibile, garantisce prestazioni ottimali anche a lunghe distanze, in caso di
rottura, o distaccamento dalla motrice nel caso di rimorchi, il mezzo si arresta.
Questo perché il freno è di tipo passivo, cioè in stato di riposo è in frenatura, attuata
da una molla. Quindi per sfrenare il mezzo bisogna mandare dell'aria compressa
81
•
(aria automatica), che riempie una camera al cui interno vi è una membrana la
quale è collegata alla leva del freno e a cui vi si oppone la resistenza di una molla
tarata ad una determinata pressione. dei meccanismi più o meno complicati fanno
così rilasciare il freno.
Meccanico, quest'azionamento viene eseguito tramite un cavo metallico, azionato
da una leva.
Avvertenze
Nei veicoli, vi è usualmente un impianto dotato di Freno a disco all'anteriore, dove le
pastiglie vengono premute tramite i pistoncini della pinza contro il disco, mentre
posteriormente è generalmente a tamburo, dove il ceppo fa attrito contro la parte fissa del
freno. Mentre il tamburo gira, mantiene la proprietà d'essere in movimento, perché
possiede una determinata energia cinetica, quando si forza il ceppo contro il tamburo,
l'attrito fa rallentare la rotazione del tamburo e la perdita dell'energia cinetica si converte in
calore, la stessa cosa succede con gli altri tipi di freno.
È per questo che i freni, subito dopo essere stati usati, sono caldi e più il freno viene usato
con forza, più l'attrito è grande e più diviene caldo, con l'aumento del calore si diminuisce
l'efficienza del freno, subendo una sua dissolvenza, o come viene chiamato più
frequentemente in inglese Fade o Fading, che porta a una diminuzione della forza
frenante e si può arrivare anche a deformarlo, per questo lungo le strade viene segnalata
la pendenza, perché nel caso questa risulti elevata bisognerà applicare una marcia più
corta per evitare di azionare in modo continuo i freni. I freni surriscaldati possono infatti
perdere molta della loro funzionalità, e non essere quindi più in grado di arrestare il
veicolo, con ovvie gravi conseguenze.
Questi problemi sono stati leggermente ridotti rispetto agli anni '50, con l'utilizzo di tamburi
forati e poi con l'utilizzo di dischi autoventilanti, i quali sono capaci di autoraffreddarsi
molto più velocemente, invece nel caso del freno rigenerativo il problema del
riscaldamento è praticamente scomparso, ma deve essere accoppiato ugualmente ai
sistemi classici.
Accorgimenti
Gli accorgimenti generali sono:
Spia dei freni consumati
•
•
Spia di consumo, la manutenzione delle parti di consumo deve essere eseguita
secondo le prescrizioni, dato che quando i freni arrivano a fine vita perdono
efficacia, oltre al fatto che diventano rumorosi, per questo alcuni veicoli sono dotati
di spie per la segnalazione dell'eccessivo consumo delle pastiglie dei freni o di
indicatori di consumo a più livelli.
Sensori dello stop questi sensori servono per alimentare gli indicatori visivi di stop e
possono essere:
82
Idrostop è un sensore che viene azionato tramite la pressione del liquido
freno, così da chiudere il contatto elettrico
o Interruttore è un normale interruttore elettrico di dimensioni contenute che
viene messo in comunicazione con la leva o pedale del freno tramite un
cilindretto in alluminio o sfera d'acciaio
Ripartitore della frenata dispositivo che serve negli impianti di tipo integrale (che
agiscono su due o più assi) per poter regolare la distribuzione della forza frenante.
o
•
Per gli accorgimenti/varianti specifici vedi gli articoli specifici.
Pedale
Il pedale è una leva o un pulsante azionato con il piede. Può fornire energia meccanica ad
un dispositivo sfruttando la stessa pressione del piede (eventualmente amplificata da un
impianto idraulico), oppure attivare un contatto elettrico.
Pedale del freno, dell'acceleratore e della frizione
La pedaliera di un’automobile: frizione, freno, acceleratore - ed esempi di tuning
Pedale del freno posteriore di una moto
Questi pedali sono dei pedali di comando, che a seconda della funzione cambiano il loro
nome. Possono avere un collegamento a filo d'acciaio, idraulico o a leve a seconda
dell'importanza, delle caratteristiche minime da rispettare e dei costi.
Infatti per il comando del freno e della frizione il pedale è collegato tramite un sistema
idraulico, nel caso invece degli scooter o di alcune moto il collegamento del freno
posteriore al tamburo è tramite filo o idraulico (si possono utilizzare solo questi tipi di
connessione perché gli organi da comandare sono situati in posti dove è impensabile
attuare un sistema a leve), mentre nelle moto sportive tale pedale può essere sostituito da
una leva la manubrio, inoltre il pedale del freno ha un sensore che serve ad avvisare gli
altri utenti, quando il conducente del veicolo sta azionando il pedale e inizia la sua
decelerazione, questo sensore, in alcuni casi deve essere regolabile, in modo da potersi
adattare ad una nuova posizione del comando o per cambiare l'inizio della sua
segnalazione;
Il pedale dell'acceleratore invece è collegato tramite il sistema di leve, perché è più rapido
83
ed economico, ma nei mezzi con un controllo elettronico dei corpi farfallati, si utilizza un
sistema di rilevamento ad encoder o effetto hall, i quali interagiscono con una centralina
ECU.
La loro disposizione può essere:
•
•
Dall'alto, questi pedali hanno l'infulcratura in alto, vicino alla punta del piede, con
questo comando si tende piu a spingere linearmente sul pedale piuttosto che far
inclinare in avanti il piede.
Dal basso, questi pedali hanno l'infulcratura in basso, vicino al tallone del piede, in
modo da conferire un movimento piu naturale e favorire l'inclinazione del piede.
Descrizione generale della categoria
Normalmente le autovetture sono caratterizzate da tre vani, detti anche volumi: l'abitacolo
(per il conducente e i passeggeri), la zona destinata ai bagagli (abbastanza contenuta) e il
vano del motore. Ciascuna di queste parti può essere o non essere messa in evidenza dal
profilo della carrozzeria.
Il numero dei posti può variare da un minimo di due a un massimo di nove, compreso
quello del conducente. In alcuni casi i sedili sono permanentemente ancorati alla
carrozzeria, in altri casi sono rimovibili. L'amovibilità dei sedili permette di armonizzare più
efficacemente il trasporto di persone con l'occasionale necessità di trasportare delle cose.
La morfologia delle autovetture è abbastanza variabile.
Principali tipi di autovetture
Le immagini che seguono illustrano le forme più diffuse delle autovetture, sulla base delle
indicazioni delle Norme ISO 3833:1977, a cui le stesse direttive comunitarie fanno tuttora
riferimento.
La carrozzeria è un aspetto fondamentale dell'autovettura e ne permette una più facile
identificazione. Le case costruttrici, tuttavia, sono costantemente impegnate a creare
nuove forme e funzionalità per i propri autoveicoli, tanto che non sempre è facile ricondurli
alle tipologie definite dalle norme.
Sotto ogni immagine è stato riportato il codice di carrozzeria corrispondente. Si tratta della
sigla con cui, nell'ambito dell'Unione europea, vengono identificate le carrozzerie delle
autovetture. Nelle carte di circolazione italiane (quelle in formato A4), tale codice è
annotato nel campo J.2 del secondo quadrante.
Berlina con codice carrozzeria AA
In questa autovettura l'abitacolo e il bagagliaio non sono comunicanti fra loro: ciascuno di
essi ha accessi indipendenti. Di solito, l'autoveicolo presenta due (o più) finestrini su ogni
fiancata e quattro portiere. I posti totali sono normalmente 4 o 5, distribuiti su due file.
Questo tipo di carrozzeria è detto anche a "tre volumi".
84
Due volumi con codice carrozzeria AB
A differenza della precedente, in questa autovettura le portiere possono anche essere due
e il vano per i bagagli non è completamente separato dall'abitacolo, ma risulta più facile
l'accesso dal portellone posteriore. Viene utilizzata questa configurazione soprattutto nel
campo delle vetture medio piccole, è quindi utilizzata nella maggior parte delle utilitarie,
per poter fornire una maggiore elasticità di carico e poter ospitare, a seconda delle
necessità, un maggior numero di passeggeri oppure ridurne il numero a favore di una
maggiore volumetria del piano di carico.
Rientrano in questa categoria anche gran parte dei fuoristrada e dei SUV.
Familiare (o giardinetta o "station wagon") con codice carrozzeria AC
La carrozzeria di questa autovettura, di solito, ha un profilo abbastanza allungato, dovuto
al fatto che il vano per i bagagli è più ampio di quello che caratterizza la 'due volumi'. Le
portiere laterali sono 4 e su ciascuna fiancata possono essere presenti più di 2 finestrini.
Nella parte posteriore si trova un portellone.
I posti totali a sedere, in genere, sono 5, ma possono anche arrivare a 7.
Coupé con codice carrozzeria AD
Caratterizzata da una linea sportiva, slanciata e filante, questa autovettura è spesso
concepita per due persone, ma sono sempre più frequenti i modelli con posti a sedere
anche posteriori, per quanto solitamente definibili "di fortuna".
85
Decappottabile con codice carrozzeria AE
La caratteristica rilevante delle decappottabili è il tetto in tela o in materiale rigido (hardtop) che, all'occorrenza, può essere ripiegato nella parte posteriore per scoprire l'abitacolo.
Inoltre da qualche anno si utilizza anche come materiale il cristallo, in modo da dare anche
con il tetto chiuso la sensazione di essere "open-air".
Monovolume con codice carrozzeria AF
Quasi sempre dotata di quattro portiere, la sua forma è fortemente influenzata dal vano
bagagli come nella due volumi; rispetto a quest'ultima si differenzia per l'altezza molto più
pronunciata e paragonabile a quella delle SUV. Le altre misure di ingombro differiscono
poco da quelle delle normali berline e coupé
Veicolo multiuso (o monovolume grande) con codice carrozzeria AF
Le direttive comunitarie lo definiscono come veicolo "destinato al trasporto di passeggeri e
dei loro bagagli o merci in un unico vano". Ha un profilo spesso continuo, non spezzato,
che delimita senza distinzione i tre vani principali dell'autovettura (abitacolo, bagagliaio e
vano del motore). Talvolta, invece, è più simile a quello delle familiari.
I sedili sono rimovibili e possono perciò essere smontati e reinstallati grazie a pratici
sistemi di ancoraggio. Il numero dei posti, di solito, va da un minimo di 5 a un massimo di
9.
86
Lezione 6
Gli Organismi ed Enti di Certificazione ed omologazione in Europa e in Italia
Procedure di Omologazione Europea
Procedure di Certificazione Europea
L'Organismo di Certificazione (spesso abbreviato con OdC) è una organizzazione
(legalmente costituita) che certifica la conformità dei sistemi di gestione o dei
prodotti/servizi a specifiche norme di riferimento. Le norme di riferimento a fronte delle
quali è possibile emettere una certificazione si possono classificare in sistemi di gestione,
prodotti/servizi e personale. Un Organismo di certificazione che ha ottenuto
l'autorizzazione dell'Autorità Governativa Nazionale ad operare sulle Direttive Europee
diviene un Organismo notificato.
Prodotto (accessori, componenti)
L’Organismo di Certificazione verifica che i prodotti messi in commercio siano conformi a
norme specifiche emanate per ogni singolo prodotto
Iter di certificazione
La certificazione (es. per un sistema gestionale) viene emessa a seguito di una visita di
valutazione preceduta da un esame della documentazione predisposta dall’azienda. La
visita di valutazione può essere eseguita in due fasi separate, denominate stage 1 e stage
2; la verifica di stage 1 può includere l’esame documentale. Nel corso della visita di
valutazione vengono valutate le evidenze della gestione aziendale, tramite anche
interviste al personale e osservazione dei processi produttivi. A seguito della visita,
possono essere riscontrate delle discrepanze (non conformità) fra quanto attuato
dell’organizzazione e la norma di riferimento, a seguito delle quali l'organizzazione attua
azioni volte a risolvere la non conformità. In alcuni casi l’Organismo di Certificazione più
decidere di eseguire una verifica supplementare per accertare l’effettivo superamento
della non conformità. Normalmente per la certificazione di prodotto vengono prelevati
campioni dei prodotti da certificare per sottoporli a prove in laboratori scelti dall’organismo
di certificazione. Dopo la certificazione, l’organismo di certificazione pianifica delle visite
periodiche ed eventuali prelievi di prodotti (normalmente annuali) per verificare il
mantenimento della conformità alla norma. Anche nel corso delle verifiche di
mantenimento possono essere riscontrate delle non conformità che l’organizzazione deve
impegnarsi a risolvere. Poiché la certificazione di una determinata organizzazione, o
prodotto o persona, può essere soggetta a pressioni (ad esempio commerciali), le attività
dell'Organismo di Certificazione devono essere sorvegliate da un organo che rappresenti
le parti interessate alla certificazione stessa, che decide, in maniera paritetica tra le parti,
se l'OdC sia sufficientemente indipendente e rilasci certificazioni senza alcuna
discriminazione o favoritismo indebito, tutelando così la credibilità delle certificazioni
emesse. Questa ed altre caratteristiche di funzionamento degli OdC sono stabilite dalle
norme di accreditamento di seguito indicate.
L’Organismo di Certificazione verifica che l’organizzazione operi conformemente ai
requisiti degli standard gestionali in relazione a specifici aspetti, quali ad esempio:
•
•
Gestione qualità del sistema di produzione: ISO 9001
Gestione ambientale e certificazione di prodotto: ISO 14001
87
•
•
Gestione della sicurezza e salute dei lavoratori: OHSAS 18001
Etica: SA 8000
Accreditamento
Per garantire l’omogeneità di comportamento e per la credibilità della certificazione, gli
organismi di certificazione devono operare secondo le indicazioni di specifiche norme:
•
•
•
UNI CEI EN ISO/IEC 17021:2006 per la certificazione dei sistemi di gestione (tale
norma sostituisce in un unico standard le precedenti UNI CEI EN 45012:1998 e
ISO/IEC Guide 66:1999)
UNI CEI EN 45011:1999 per la certificazione di prodotto
UNI CEI EN ISO/IEC 17024:2004 per la certificazione del personale
Un organismo indipendente verifica il comportamento degli organismi di certificazione e,
quando accerta che operano in conformità alle norme di riferimento, accredita l’organismo
di certificazione, sorvegliandone il comportamento nel tempo[1]. L'ente di accreditamento
italiano per la certificazione volontaria (sistemi di gestione, prodotti, personale) è
ACCREDIA. L'accreditamento per la certificazione etica (SA 8000) è concesso dal SAI,
Social Accountability International. Tra i diversi OdC e i diversi enti di accreditamento
esistono accordi di mutuo riconoscimento, per assicurare riconoscibilità e validità delle
certificazioni rilasciate, in genere in paesi diversi, tramite diversi accreditamenti.
Per gli accreditamenti del settore automotive gli enti di accreditamento sono nominati
direttamente dai relativi Ministeri dei Trasporti di ogni stato della comunità europea.
In Europa la maggior parte di questi enti accreditati sono privati per esempio sono TUV e
Dekra in Germania, TNO in Olanda, Lux Control in Lussemburgo, Aenor in Spagna.
In Italia per il momento c’è l’ente pubblico che fa capo alla Direzione Generale della
Motorizzazione Civile.
Il nostro ente Tecnostrada è accreditato come laboratorio di prova (ISO 14001)
presso un TUV tedesco: TUV Nord con sede ad Hannover (D). Per questo
accreditamento Tecnostrada effettua per conto dei suoi clienti verifiche per il
rilascio di omologazione europea e/o certificazione europea (approvazione) relative
alle unità tecniche indipendenti e/o componenti e sistemi.
Avvertenza
Oltre alle certificazioni di cui sopra, sono comuni le certificazioni delle prove di laboratorio
(esempio analisi chimico/fisiche). L'accreditamento che sovrintende tali certificazioni
considera i laboratori, dal punto di vista "gerarchico", alla stregua degli organismi di
certificazione, in quanto organismi rilascianti certificazioni che attestano determinate
caratteristiche delle sostanze e materiali sottoposti a prova. L'ente che accredita i
laboratori è lo stesso che accredita gli organismi di certificazione, ovvero ACCREDIA. La
norma di riferimento per questo tipo di accreditamento è la ISO/IEC 17025 (Requisiti
generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura). Essendo l'accreditamento
(a fronte di questa norma) concesso con riferimento alle singole prove, un laboratorio può
88
effettuare prove accreditate ma anche non accreditate: tali circostanze devono essere
precisate nei certificati o attestati di prova. È peraltro possibile che un laboratorio sia
certificato ISO 9001 da un ente di certificazione; tale certificazione, che non deve essere
confusa con l'accreditamento, non assicura la competenza del laboratorio ad effettuare le
singole prove, ma solo che lo stesso è dotato di un sistema qualità conforme alla ISO
9001, eventualmente applicato alla sua attività per intero.
L’Unione europea continua a impegnarsi per assicurare a tutti gli utenti della strada il livello di
sicurezza più alto possibile. A tal fine essa propone nuove norme tecniche per il settore
automobilistico. Queste disposizioni consentono di rafforzare il funzionamento del mercato interno
e semplificare la procedura di omologazione dei veicoli a motore garantendo un livello elevato di
sicurezza e di tutela dell'ambiente.
L’Unione europea (UE) attua la rifusione del sistema di omologazione comunitaria dei veicoli a motore. La
direttiva riprende dunque, rielaborandole, gran parte delle norme della direttiva 70/156/CEE, introducendo
altresì concetti e obblighi completamente nuovi. Essa abroga e sostituisce la direttiva 70/156/CEE al fine di
costituire un testo più chiaro e coerente basato sul principio della proporzionalità.
Ambito d’applicazione
L’accesso al mercato interno, attraverso il sistema di omologazione comunitaria, si applicava alle
autovetture, alle motociclette, ai ciclomotori e ai trattori agricoli. L’Unione europea estende ora questo
sistema a tutte le categorie di veicoli a motore progettati e costruiti in una o più fasi per la circolazione su
strada, nonché ai sistemi, alle componenti e alle entità tecniche destinati a tali veicoli. Più precisamente la
direttiva riguarda i veicoli commerciali (furgoni, camion, semirimorchi, rimorchi), gli autobus e gli autocarri.
Sistema di omologazione
Solo il sistema di omologazione comunitaria garantisce un controllo permanente della conformità della
produzione. L’omologazione si basa sul principio secondo il quale i produttori devono rilasciare, per ciascun
veicolo prodotto, un certificato di conformità che ne attesti la conformità al tipo di veicolo omologato. Il
costruttore può optare per una delle procedure seguenti: l'omologazione a tappe *, l'omologazione in
un'unica tappa * ovvero l'omologazione mista *.
La direttiva introduce un nuovo metodo di omologazione comunitaria, denominata “omologazione in più fasi”.
Ogni produttore che interviene nel processo di fabbricazione del veicolo compilerà la parte del certificato
relativa alla sua fase di produzione. L’obiettivo è l’adeguamento alle particolarità della fabbricazione dei
veicoli commerciali. La procedura in più fasi ne comprenderà generalmente due:
•
in un primo tempo il produttore iniziale effettuerà l’omologazione del telaio (comprendente il motore,
le ruote, gli ammortizzatori, i freni, ecc.) e sarà rilasciata una prima scheda di omologazione CE;
•
in un secondo tempo il secondo produttore monterà la carrozzeria e presenterà il veicolo così
ultimato per l’omologazione. I veicoli per i quali il produttore monta il telaio e la carrozzeria potranno essere
omologati attraverso la procedura già prevista per le autovetture.
La direttiva è fondata sul principio dell’armonizzazione totale. Le procedure di omologazione comunitarie
sono obbligatorie e sostituiscono le procedure nazionali cui si sono finora affiancate. Le operazioni di
omologazione risultano dunque sensibilmente semplificate per i produttori. Sarà infatti sufficiente che un solo
Stato membro omologhi il veicolo perché tutti i veicoli di quel tipo possano essere immatricolati in tutta la
Comunità sulla sola base del loro certificato di conformità.
Rafforzare la sicurezza stradale e la tutela dell'ambiente
Nella prospettiva di una maggiore sicurezza stradale, la direttiva rende obbligatori diversi dispositivi fra cui:
l'ABS (sistema frenante antiblocco delle ruote), nuovi retrovisori più efficienti, il nuovo retrovisore frontale, la
segnalazione luminosa potenziata, le protezioni laterali per evitare che i ciclisti e i pedoni possano essere
travolti dal veicolo e i dispositivi anti-spruzzo di acqua per gli pneumatici.
Essa stabilisce inoltre obblighi aggiuntivi per gli autobus e i camion (uscite di sicurezza adeguate alla
capacità di trasporto del veicolo, accesso più agevole per le persone a mobilità ridotta, “spazi residui”
sufficienti in caso di ribaltamento sulla fiancata, ecc.).
La direttiva prevede parimenti obblighi in relazione alla tutela dell'ambiente, relativamente alle emissioni di
CO2, ai consumi di carburante, alla potenza del motore e all'emissione di fumo dei motori diesel.
Calendario
L’applicazione delle norme sarà scaglionata tra il 2009 e il 2014 in relazione alla categoria del veicolo. Il
ricorso a periodi di transizione ha l’obiettivo di consentire all’industria di adeguare gradualmente la sua
attuale produzione alla nuova normativa e alle pubbliche amministrazioni di far fronte progressivamente
all’afflusso delle richieste di omologazione.
Contesto
89
Dal 1970, la direttiva 70/156/CEE è il principale strumento giuridico che permette l’attuazione del mercato
unico nel settore automobilistico. Per seguire la costante evoluzione del settore, la direttiva è stata
sottoposta a molteplici modifiche. È apparso quindi utile migliorarne la leggibilità procedendo alla sua
rifusione. Tale rifusione offre inoltre l’occasione di estendere il campo di applicazione dei principi fissati a
nuove categorie di veicoli a motore.
La direttiva 2001/116/CE, prima tappa della rifusione, stabilisce le norme tecniche necessarie per attuare
l’omologazione di veicoli commerciali. Con la presente direttiva, l'Unione europea affronta ora la seconda
tappa della rifusione della direttiva 70/156/CEE.
RIFERIMENTI E PROCEDURA
Termini chiave dell'atto
•
Omologazione a tappe: atto di omologazione dei veicoli consistente nella raccolta, in più tappe,
dell'insieme delle schede di omologazione CE per i sistemi, le componenti e le entità tecniche relative al
veicolo che, al termine della tappa finale, dà luogo all'omologazione dell'intero veicolo.
•
Omologazione in un'unica tappa: atto consistente nell'omologazione dell'intero veicolo in un'unica
operazione.
•
Omologazione mista: atto di omologazione in più fasi in cui una o più omologazioni di sistemi
vengono realizzate in occasione dell'ultima fase dell'omologazione dell'intero veicolo, senza necessità di
rilascio delle schede di omologazione CE per tali sistemi.
RIFERIMENTO
Entrata in
Termine di trasposizione
Gazzetta
Atto
vigore
negli Stati membri
ufficiale
Direttiva 2007/46/CE [adozione:
GU L 263 del
29.10.2007
29.4.2009
codecisione COD/2003/0153]
9.10.2007
1. Le direttive già precedentemente richiamate e di seguito riassunte, si applicano all'omologazione di tutti i
veicoli a motore muniti di un motore a combustione interna, e dei loro rimorchi fabbricati in una o in più fasi,
nonché all'omologazione dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati ai suddetti veicoli e ai loro
rimorchi.
2. Le direttive non riguardano l'omologazione dei singoli veicoli e i quadricicli ai sensi della direttiva
92/61/CEE del Consiglio.
3. La procedura di omologazione per ciascun tipo di veicolo, di sistema, di componente e di entità tecnica
implica:
•
domanda di omologazione:
- la domanda è presentata dal costruttore alle autorità competenti in materia di omologazione di un solo
Stato membro;
- la domanda è accompagnata da una documentazione informativa e dalle schede di omologazione relative
a ciascuna delle direttive particolari applicabili, in conformità con le presenti direttive;
- la domanda è accompagnata da specificazioni particolari per l'omologazione in più fasi;
•
procedimento di omologazione:
- l'omologazione è concessa da ciascuno Stato membro se il tipo è conforme alle informazioni contenute
nella documentazione informativa e soddisfa le prescrizioni tecniche delle direttive particolari;
- ogni Stato membro compila a tal fine una scheda di omologazione e i relativi allegati contenenti i risultati
delle prove e la trasmettono al richiedente;
- l'omologazione può essere rifiutata se viene compromessa la sicurezza stradale;
- un sistema di informazione reciproca in materia di omologazione è istituito tra le autorità degli Stati membri;
•
modifiche delle omologazioni:
- la domanda di modifica o di estensione di un'omologazione è presentata esclusivamente allo Stato membro
che ha rilasciato l'omologazione originaria;
- le modifiche da apportare al documento sono diverse a seconda che si tratti di veicoli, sistemi, componenti
o entità tecniche;
- nuove prove o verifiche facenti seguito alla modifica di un fascicolo di omologazione possono essere
effettuate dallo Stato membro che le ritenga necessarie; in questo caso la scheda di omologazione e i relativi
allegati sono rilasciati soltanto dopo l'esito positivo delle nuove verifiche;
•
certificato di conformità:
- è rilasciato dal costruttore sulla base della scheda di omologazione e conformemente agli allegati della
direttiva;
- contiene dati dettagliati sugli elementi aggiunti o modificati e su eventuali restrizioni d'impiego dei
componenti e delle entità tecniche;
- a fini di immatricolazione o di imposizione, gli Stati membri possono chiedere che al certificato di conformità
siano aggiunti altri elementi informativi.
4. Immatricolazione e commercializzazione:
90
•
la validità del certificato di conformità è obbligatoria:
- per la messa in vendita o in circolazione e per l'immatricolazione dei veicoli di cui trattasi;
- per la messa in vendita o in circolazione dei componenti e delle entità tecniche destinati ai veicoli che
rientrano nel campo di applicazione delle direttive;
•
tuttavia, uno Stato membro può:
- rifiutare l'immatricolazione definitiva o la messa in circolazione dei veicoli incompleti fino a quando non
sono stati completati;
- in certi casi, rifiutare l'immatricolazione e/o vietare la vendita o la messa in circolazione sul proprio territorio
di veicoli, componenti o entità tecniche che compromettono gravemente la sicurezza stradale, benché
accompagnati da un certificato di conformità valido o regolarmente marcati.
Questi requisiti non si applicano:
•
ai veicoli destinati alle forze armate, alla protezione civile, ai servizi antincendio e alle forze addette
al mantenimento dell'ordine pubblico;
•
ai veicoli che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva in oggetto o ne sono
parzialmente o totalmente esentati.
5. A determinate condizioni, possono essere esentati dall'applicazione di disposizioni di una o più direttive
particolari i veicoli seguenti:
•
veicoli prodotti in piccole serie,
•
veicoli di fine serie,
•
veicoli, componenti o entità tecniche concepiti secondo tecniche o principi incompatibili, per loro
natura, con uno o più requisiti delle direttive particolari (per ventiquattro mesi al massimo).
6. La non conformità al tipo omologato è determinata:
•
dallo Stato membro che ha proceduto all'omologazione o da qualsiasi altro Stato membro;
•
rispetto alla scheda e/o al fascicolo di omologazione;
Lo Stato di omologazione deve adottare le misure necessarie al ripristino della conformità.
7. Ogni Stato membro notifica alla Commissione e agli altri Stati membri le referenze delle autorità
competenti in materia di omologazione e dei servizi tecnici.
91
Lezione 7
Chi è Tecnostrada.it
Cosa si può certificare ed omologare con Tecnostrada.it
Procedure per ottenere la certificazione europea Tecnostrada.it
Lo Studio Progetti di Latuga Giuliano, proprietario del marchio
, è un'azienda di
formazione e consulenza.
La nostra attività, dedicata alle persone ed alle aziende che operano nel comparto automotive, si articola in:
- corsi di formazione e di aggiornamento tecnico - normativo
- omologazione e certificazione europea automotive
- aggiornamento normativo
- convegni e pubblicazioni
Lo Studio Progetti di Latuga Giuliano conta su una rete, in continua crescita, di Centri Prove Veicoli auto
e moto affiliati in tutta Italia.
Il nostro obiettivo è di continuare ad offrire ai nostri affiliati un programma di sviluppo e di aggiornamento
professionale costante, in grado di garantirne l’eccellenza.
Incognita Motorizzazione, e-book multimediale, rappresenta il naturale complemento della nostra offerta.
E’ il mensile tecnico per i centri di revisione, per gli allestitori e per gli autoriparatori che fornisce
aggiornamenti legislativi e consulenza tecnica ed amministrativa.
Al suo interno sono presenti: contributi di autorevoli funzionari del Dipartimento dei Trasporti Terrestri, pareri
di tecnici specializzati ed approfondimenti che nascono sia dalle competenze interne che dalle associazioni
di categoria.
Il tuning nazionale oggi richiede in base alle modifiche al CDS (art. 77) di effettuare dei collaudi
secondo cinque macroaree:
1) kit estetico esterno
2) kit estetico interno
3) assetti e meccanica
4) cerchi e pneumatici
5) motore
Il nostro ente nei casi di unico esemplare ha deciso di intervenire su quattro di queste aree tranne
che sul motore.
Non per motivi normativi, ma principalmente per motivi economici.
Pensate che in base alle attuali normative verificare per approvare un motore vuol dire rifare le
prove di inquinamento, di rumorosità, di velocità e di consumo.
Ciò significa dover noleggiare una pista apposita ed attrezzature di diagnosi molto costose, con il
rischio che a fine prove si possa ottenere un risultato negativo e quindi avere speso soldi
inutilmente.
Questo vale ovviamente anche per le altre verifiche ma i costi e le relative spese di
approvazione sono molto più contenute.
Intervenire sui motori deve essere lasciato ad importanti strutture appositamente attrezzate per
eseguire delle verifiche preventive, che al momento dei collaudi abbia la consapevolezza di un
risultato positivo.
Più nel dettaglio cosa possiamo verificare sul veicolo montato:
1. kit estetico esterno
1.a modifica del paraurti anteriore
1.a.1 con totale sostituzione
1.a.2 con apposizione di sottoparaurti all’originale
1.b applicazione di minigonne sotto porta
92
1.c modifica del cofano con apertura di apposite prese d’aria
1,d modifica del paraurti posteriore
1.d.1 con totale sostituzione
1.d.2 con apposizione di sottoparaurti all’originale
1.e applicazione di alettone posteriore
1.f modifica parafanghi anteriori
1.g modifica parafanghi posteriori
1.h presa d’aria su tetto
1.i convogliatori d’aria laterali
1.l impianto di illuminazione anteriore con omologazione europea
1.m impianto di illuminazione posteriore con omologazione europea
1.n specchietti laterali con indicatore di direzione incorporato con omologazione europea
1.o porte verticali solo di tipo approvato europeo
1.p porte ali di gabbiano solo di tipo approvato europeo
2. kit estetico interno
2.a pellicole di oscuramento vetri posteriori solo di tipo approvato europeo
2.b volante solo di tipo approvato europeo
2.c pedaliere solo di tipo approvato europeo
2.d leva del cambio solo di tipo approvato europeo
2.e strumentazioni accessorie sul cruscotto (nel campo di visibilità)
3. assetti e meccanica
3.a barre duomi
3.b sospensioni (molle e ammortizzatori) solo di tipo approvato europeo
3.c impianto frenatura maggiorato solo di tipo approvato europeo
3.d finale degli scarichi con omologazione europea
4. cerchi e pneumatici
4.a Certificazione solo di tipo approvato europeo del cerchio con riferimento al modello
approvato, sono pertanto indispensabili identificare:
Marca e modello, misure (canale e diametro) oltre al ET (campanatura)
Ovviamente riferito alla marca e al modello specifico di autovettura.
Tutti i punti in grassetto possono essere artigianali tutti gli altri devono essere o
omologati o certificati a livello europeo.
93
Lezione 8
La domanda di certificazione Tecnostrada.it
I documenti da allegare
Le foto da allegare
Ecco la domanda di certificazione europea
RICHIESTA DI CERTIFICAZIONE EUROPEA (ART. 75 c3 CDS)
Modello da utilizzare con modifiche che non cambiano le caratteristiche dimensionali e ponderali del veicolo
IL SOTTOSCRITTO
(l’anagrafica deve essere compilata in ogni sua parte. Richieste incomplete non saranno accettate)
Nome: _____________________________ Cognome: ____________________________
Indirizzo: _______________________________________________ Prov. ____________
Telefono: ___________________________ e-mail: ______________________________
Proprietario/allestitore del veicolo
________________________________________________
Marca: _____________________________ Tipo:
_________________________________
Targa: _____________________________ Telaio:
________________________________
CHIEDE IL RILASCIO DELLA CERTIFICAZIONE EUROPEA
secondo quanto stabilito dall’art. 75 C.d.S.; dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea 265/08
dalla circolare ministeriale n. 5619.060.0 del 22/07/2003
e dalla disposizione ministeriale n. 13265/165.1 del 27/10/2003 UP BO
DICHIARA
Inoltre sotto la sua responsabilità che i documenti allegati sono conformi all’originale e che l’officina che ha condotto i
lavori è:
Denominazione:
______________________________________________________________
Indirizzo:
___________________________________________________________________
Telefono: ______________Fax: ___________________ e-mail: ____________________
E si rende disponibile a sottoporre il veicolo a visita e prova nella sede da voi prescelta:
______________________________________________ in data:
______________________
Allega oltre che la copia della carta di circolazione e foto veicolo, tutta la documentazione
necessaria ai fini dell’autorizzazione al collaudo e riepilogata con la spunta degli accessori montati.
In fede,
data ________________ Firma _________________________
94
Per ogni accessorio montato ci devono sempre essere due documenti forniti dal
richiedente:
1) Dichiarazione di origine rilasciato dal produttore
2) Dichiarazione di montaggio a regola d’arte dell’officina iscritta a CCIA e RIA
Le dichiarazioni di origine servono a garantire che il produttore si assuma la responsabilità
di dichiarare che ha costruito un prodotto nel rispetto delle norme vigenti relative al tipo di
accessorio che verrà montato sul veicolo circolante.
La dichiarazione potrà essere rilasciata ad integrazione dei certificati prescritti quando
necessari.
I certificati integrativi sono la dichiarazione di conformità per le unità tecniche indipendenti
e il Certificato di approvazione rilasciato da ente europeo riconosciuto.
Per gli accessori artigianali sono necessarie le dichiarazioni di origine e montaggio del
produttore (allestitore)
Di seguito vediamo due esempi relativi ai certificati di conformità e di prodotto:
Esempio di Certificato di conformità che dovrà essere allegato tutte le volte che
abbiamo montato successivamente sul veicolo una unità tecnica indipendente
(nostro riferimento sulla ceck list OE)
95
Esempio di Certificato di approvazione che dovrà essere allegato tutte le volte che
abbiamo montato successivamente sul veicolo un componente o sistema
(nostro riferimento sulla ceck list CP)
96
97
98
99
100
101
Fly UP