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- LUISS Guido Carli
Università degli Studi
LUISS Guido Carli
Dipartimento di Giurisprudenza
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO
in
GIURISPRUDENZA
TESI DI LAUREA
in
INFORMATICA GIURIDICA
VIOLAZIONI DEL DIRITTO D’AUTORE
ONLINE: RESPONSABILITA’ E RIMEDI
Relatore
Ch.mo Prof. Gianluigi Ciacci
Candidata: Fabiana Bisceglia
Matricola: 107333
Correlatore
Ch.mo Prof. Paolo Marzano
Anno Accademico 2014 - 2015
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Sommario
Introduzione....................................................................................................... 7
CAPITOLO PRIMO
Il diritto d’autore online e le sue violazioni.
Considerazioni introduttive .............................................................................. 11
1. Realtà reale e realtà virtuale: l’impatto del mondo digitale ...................... 11
1.1.L’esperienza italiana: la Carta dei diritti e dei doveri di Internet ... 17
1.2.Il grande escluso: il diritto d’autore on-line ................................... 25
1.3.Il futuro della Carta dei diritti e dei doveri dell’Internet................ 29
2. Il diritto d’autore ....................................................................................... 32
2.1.Ambito di applicazione territoriale ................................................. 35
2.2.Ambito di applicazione oggettivo e soggettivo ............................... 36
2.3.Contenuto della tutela del diritto d’autore .....................................38
2.3.1.I diritti morali .......................................................................38
2.3.2.I diritti di utilizzazione economica. .................................... 40
2.4.Le violazioni del diritto d’autore, tutela civile. .............................. 44
2.5.I reati contro il diritto d’autore....................................................... 45
3. Violazioni del diritto d’autore online ........................................................ 47
3.1.Il file sharing ................................................................................... 51
3.2.Lo streaming ................................................................................... 57
3.3.La manipolazione illecita di fotografie ........................................... 66
4. La responsabilità civile per gli illeciti sul web: introduzione storica ....... 71
4.1.Caratteristiche dell’illecito online ................................................... 73
4.2.L’individuazione di un soggetto responsabile per i casi di illecito
online ..................................................................................................... 77
5. La responsabilità civile per le violazioni del diritto d’autore online ........ 79
5.1.Il quadro normativo di riferimento................................................. 81
3
CAPITOLO SECONDO
La responsabilità dell’Internet Service Provider ............................................83
1. La responsabilità civile dell’internet service provider: criteri di
imputazione .....................................................................................................83
1.1.Classificazione degli ISP nella legge e nella dottrina ..................... 90
2. La responsabilità extracontrattuale del provider..................................... 95
2.1.Responsabilità per semplice trasporto di informazioni (mere
conduit) ..................................................................................................98
2.2.Responsabilità per memorizzazione temporanea di informazioni
(caching) .............................................................................................. 102
2.3.Responsabilità per memorizzazione di informazioni richieste dal
destinatario del servizio (hosting) ....................................................... 106
2.4.Hosting attivo e hosting passivo: il ruolo della giurisprudenza nella
classificazione e disciplina .................................................................... 111
2.5.Un’ipotesi non contemplata dal legislatore: i motori di ricerca .. 118
3. Assenza di un obbligo generale di sorveglianza ..................................... 120
3.1.R.T.I. s.p.a. vs Youtube (caso “Grande Fratello”) ......................... 125
3.2.PFA Films vs. Yahoo Italia (caso “About Elly”) ........................... 128
4. La responsabilità per le violazioni del diritto d’autore online ............... 133
4.1.Responsabilità del provider e rapporto con il diritto d’autore:
attualità e criticità del modello comunitario ....................................... 135
4.2. Responsabilità dell’ISP nel rapporto tra tutela del diritto d’autore e
protezione dei dati personali ............................................................... 139
5. Importanti decisioni a livello europeo .................................................... 142
5.1.Scarlet Extended vs. SABAM ........................................................ 143
5.2.Netlog vs. SABAM ......................................................................... 147
5.3Il Parere del Garante italiano......................................................... 149
6. Provvedimenti contro l’intermediario .................................................... 150
4
CAPITOLO TERZO
Il ruolo dell’AGCom fra la tutela del diritto d’autore online e l’educazione alla
legalità dell’utente .......................................................................................... 153
1. La pirateria come fenomeno di massa .................................................... 153
1.1.L’impatto economico della pirateria in Italia................................ 158
2. La SIAE, l’AGCom e gli altri enti pubblici che vigilano sul rispetto del
diritto d’autore ........................................................................................ 160
2.1.La S.I.A.E. ...................................................................................... 163
2.2.L’AGCom ....................................................................................... 167
2.3.Il comitato consultivo permanente per il diritto d’autore ........... 172
3. La nuova normativa italiana: il regolamento AGCom 680/13/CONS ... 173
3.1.L’iter di approvazione del Regolamento ....................................... 175
3.2.La competenza dell’AGCom a regolamentare in materia di
copyright.............................................................................................. 179
4. Misure per favorire lo sviluppo e la tutela delle opere digitali ............... 184
4.1.Il Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere
digitali ................................................................................................. 186
5. La fase di enforcement .............................................................................191
5.1.La procedura di “notice and take down” ...................................... 192
5.2.La fase procedimentale dinanzi all’autorità ................................. 195
5.3.Il procedimento abbreviato .......................................................... 198
5.4.I provvedimenti a tutela del diritto d’autore ............................... 200
5.5.Rapporti fra la giurisdizione ordinaria e la competenza
dell’Autorità ....................................................................................... 206
6. Commenti sull’operatività del regolamento nel primo anno di
emanazione ................................................................................................... 209
6.1.Questione di costituzionalità pendente ........................................ 210
6.1.1.Questioni preliminari risolte dal TAR ............................... 212
6.1.2.Il contrasto con l’art.21 ...................................................... 215
6.1.3.Prospettive sul possibile esito della questione costituzionale
.......................................................................................................... 217
6.2.. Criticità del Regolamento: web-locking, contraddittorio e costi del
procedimento ....................................................................................... 219
5
6.3. Commenti d’eccezione: un riconoscimento importante dagli Stati
Uniti............................................................................................ 223
7. La Responsabilità dell’utente .................................................................. 224
Conclusioni .................................................................................................... 227
Bibliografia ..................................................................................................... 241
Sitografia ........................................................................................................ 255
6
Introduzione
Quella che stiamo vivendo in questi ultimi anni è definita ormai da tutti
come la “rivoluzione telematica” date le enormi mutazioni che sono state introdotte nel “quotidiano” dell’economia, della scienza e di tanti settori
dell’attività umana da questa nuova “opportunità tecnologica”, tanto che non
sono fuori luogo paragoni con gli sconvolgimenti della ben più classica “rivoluzione industriale” del secolo scorso.
Gli utenti dei grossi computer sono oggi usciti dal ristretto ambito delle
mura dei centri di elaborazione ed eseguono le loro attività comodamente seduti dinanzi a un terminale nel luogo che a loro fa più comodo, condividendo
le risorse di calcolo con un numero sempre maggiore di “colleghi”.
L’espansione delle reti di computer, causa ed effetto di questa nuova rivoluzione, procede a un ritmo sempre più incalzante e non mostra minimamente di essere vicina al suo limite.
Internet, ormai, è la prima risorsa utilizzata per reperire informazioni,
per condividere documenti e per svolgere in maniera più semplice e veloce
sempre un maggior numero di mansioni.
Maggiore è l’utilizzo che si fa di una risorsa, maggiori sono i problemi
giuridici che potenzialmente potrebbero sorgere, dato l’incontro di culture e
apparati legislativi diversi. Le moderne modalità di condivisione, poi, comportano un abuso da parte degli utenti, che pur di reperire facilmente quello
di cui hanno bisogno non considerano affatto l’ipotesi che la loro azione possa avere dei risvolti illeciti.
In questo scenario, il diritto che maggiormente ne fa le spese è il diritto
d’autore, molto spesso violato più o meno inconsapevolmente. Nella condivisione di un file, che sia un libro o un film o un articolo, il cittadino della rete
7
considera solo il vantaggio che lui può ottenere dal facile (e molto spesso gratuito) reperimento, senza considerare che chi vanta dei diritti sull’opera possa essere danneggiato.
L’industria che maggiormente sta pagando il prezzo di questo comportamento è quella dell’intrattenimento: la possibilità di reperire file musicali o
film cinematografici più facilmente in rete che nei negozi predisposti alla
vendita, con un abbattimento ingente dei costi per il fruitore, comporta danni
economici elevati. L’autore, invece, risulta leso sotto ben due diversi aspetti:
quello economico, non ottenendo le royalties che gli spettano di diritto per lo
sfruttamento della sua opera, e quello morale, in quanto il riconoscimento
quale creatore del suo lavoro è messo a repentaglio dalla possibilità per gli
utenti di manomettere l’opera e ricondividerla in rete.
Senza correttivi, il mondo della rete rischia di trasformasi un un’anarchia
di contenuti, dove il diritto, da sempre incastonato nelle sue norme e nelle
Corti, difficilmente potrà intervenire.
Ma chi è il responsabile di queste violazioni del diritto d’autore online?
Ovviamente la risposta più semplice è l’utente che condivide files in maniera illegale, ed è anche la risposta corretta, ma la semplicità di individuazione del responsabile in linea teorica non è accompagnata dalla medesima
facilità di individuazione pratica. Il flusso inarginabile della rete permette agli
utenti di nascondersi dietro degli schermi, nascondendo la loro identità con
legali maschere anonime, e questo impedisce alla giustizia di intervenire
prontamente.
Si è cercato di individuare nuovi responsabili, allargando la tradizionale
categoria della responsabilità civile fino a ricomprendere queste situazioni a
tratti estreme, focalizzandosi su soggetti che giocano un ruolo importante
nella rete telematica: i fornitori di connettività, coloro che materialmente gestiscono i portali e l’accesso alla rete, gli Internet Service Provider. Eppure
anche questa scelta, sebbene risolva il problema dell’individuazione del responsabile sia in linea teorica che pratica, in quanto si tratta di soggetti generalmente organizzati in forma di impresa e quindi facilmente raggiungibili,
non sarebbe quella né eticamente né giuridicamente più corretta. Addossare
8
agli Internet Service Provider la responsabilità per azioni da loro non commesse porterebbe alla creazione di nuove categorie giuridiche, delle responsabilità oggettive assolutamente non tipizzate, e quindi illecite.
L’attenzione, quindi, deve focalizzarsi più sui rimedi, cercando un modo
più semplice e veloce di intervento per la cessazione delle violazioni.
Uno dei rimedi più recenti è la creazione di un procedimento amministrativo ad hoc, attivabile direttamente dal titolare del diritto d’autore violato
con un’istanza presentata all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,
chiamata a vigilare anche sul rispetto del diritto d’autore online. In questo
modo si avrebbe un intervento celere, mirato alla rimozione del contenuto illegale.
Eppure questa fase di enforcement non è l’unica via possibile: l’utente
della rete, infatti, deve essere adeguatamente educato, deve diventare consapevole che un’azione per lui così banale, come la condivisione di un e-book o
la visione dell’ultimo film uscito al cinema, è un illecito e quindi non deve essere posto in essere.
L’educazione, però, deve essere aiutata, con un incentivo dell’offerta legale, in grado di rispondere agli interessi di tutti, sia degli utenti che dei titolari
del diritto d’autore.
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CAPITOLO PRIMO
Il diritto d’autore online e le sue violazioni.
Considerazioni introduttive.
SOMMARIO: 1. Realtà reale e realtà virtuale: l’impatto del mondo digitale. 1.1.
L’esperienza italiana: la Carta dei diritti e dei doveri dell’Internet. 1.2. Il grande escluso, il diritto d’autore on-line. 1.3. Il futuro della Carta dei diritti e dei doveri
dell’Internet. – 2. Il diritto d’autore. 2.1. Ambito di applicazione territoriale. 2.2. Ambito di applicazione oggettivo e soggettivo. 2.3. Contenuto della tutela del diritto
d’autore. 2.3.1. I diritti morali. 2.3.2. I diritti di utilizzazione economica. 2.4. Le violazioni del diritto d’autore, tutela civile. 2.5. I reati contro il diritto d’autore. – 3. Violazioni online del diritto d’autore. 3.1. Il file sharing. 3.2. Lo streaming. 3.3. La manipolazione illecita di fotografie. – 4. La responsabilità civile per gli illeciti on-line: introduzione storica. 4.1. Caratteristiche dell’illecito online. 4.2. L’individuazione di un soggetto responsabile per i casi di illecito online.– 5. La responsabilità civile per le violazioni
online del diritto d’autore. – 5.1. Quadro normativo di riferimento.
1. Realtà reale e realtà virtuale: l’impatto del mondo digitale
I nati a partire dal 1985 vengono definiti nativi digitali 1, persone nate in
una società che usa costantemente i nuovi mezzi tecnologici e non ha problemi nell’interagire con essi. Se quest’espressione è nata per indicare solo
determinati soggetti, oggigiorno non può che essere estesa all’intera società,
Cfr. PRENSKY, Marc. Digital Natives, Digital Immigrants. In On the Horizon, October
2001, MCB University Press, Vol.9 No.5.
Il termine Digital Native è stato coniato per indicare uno studente nato e cresciuto con le
nuove tecnologie: “today’s students represent the first generations to grow up with this new
technology. They have spent their entire lives surrounded by and using computer, videogames, digital music players, video cams, cell phones and all the other toys and tool of digital age”. Questi nativi si affiancano ai Digital Immigrant, soggetti che, seppur nati al di fuori
dello sviluppo tecnologico, sono affascinati da questi nuovi strumenti cognitivi e decidono di
adottarli nella loro vita quotidiana.
1
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visto che l’avvento tecnologico ha finito per riguardare ogni aspetto della vita
quotidiana, dall’apprendimento cognitivo al commercio elettronico.
La digitalizzazione delle azioni non può che partire dall’incremento
dell’uso del mezzo tecnologico per eccellenza, la rete cibernetica, che, da risorsa militare e universitaria, ha finito per diventare strumento delle interazioni più comuni.
Il mondo oggi è rappresentato da una realtà complessa, nella quale la realtà reale e la realtà virtuale2 si intrecciano in maniera indissolubile, così
strettamente da eliminare sempre più ogni differenza esistente tra di loro. In
tale contesto il sistema delle telecomunicazioni, annullando sia la dimensione
spaziale che temporale, ha creato una realtà che ignora tutti i limiti.
I rapporti, siano essi creati a livello locale o globale, sono facilitati, e le interazioni fra soggetti appartenenti a tradizioni diverse diventano sempre più
frequenti.
Se la globalizzazione tecnologica ha reso possibile questo incontro di culture, ha d’altro canto creato una serie di problemi di difficile soluzione. I diritti fondamentali delle persone, base di qualsiasi interazione sociale, potrebbero essere ostacolati nel momento in cui si incontrano ordinamenti diversi,
che li tutelano in modo difforme. La creazione di uno spazio franco, Internet
e la sua rete, non è stata accompagnata dalla creazione di un nuovo ordinamento, delle regole comuni in grado di tutelare gli attori di questo spazio, in
modo da impedire una compressione (o un totale annullamento) dei loro diritti.
«Internet, il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto,
la rete che avvolge l’intero pianeta, non ha sovrano» 3.
Quest’assenza di sovranità è stata considerata, agli albori della diffusione
della rete, un motivo di orgoglio, tanto da essere proclamata in appositi testi,
fra cui la Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio, che fieramente si
PIZZETTI, Franco. Il caso del diritto d’autore, II ed. Giappichelli editore, Torino 2014.
Introduzione, pag.1.
3 RODOTA’, Stefano. Il mondo nella rete. Quali i diritti, quali i vincoli, ed. Laterza, Bari
2014. Incipit pag.1
2
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apriva rimarcando la distinzione fra il presente digitale e il passato «di carne
e acciaio», con l’assenza di potere del secondo rispetto al primo 4.
La rete non è che un mare privo di regole, uno strumento di conoscenza e
libertà per tutti, dove il diritto è slegato da vincoli territoriali o culturali; non
a caso l’espressione che indica l’utilizzo della rete richiama proprio la libertà
marittima: navigare in rete, surfing on Internet per gli anglofoni.
Ben presto, però, questa acclamata libertà si è dovuta scontrare con esigenze protezionistiche, della persona quanto dell’economia, e al libero mare
si è cercato di porre un argine. Lo scoglio utilizzato come diga è rappresentato
dagli Internet Bills of rights, veri e propri decaloghi destinati ad anticipare la
proclamazione dei diritti fondamentali legati all’uso della rete. La scelta normativa in tal senso non è affatto casuale, ma ha una forza simbolica intrinseca: indica «l’imprescindibile volontà di studiare le condizioni giuridiche per
favorire il fiorire delle libertà digitali» 5. Sebbene da più parti ci sia stata
l’invocazione di un trattato transazionale volto a disciplinare l’applicazione
del diritto, vista la globalità di Internet, il fenomeno ha assunto un carattere
più nazionale, però presentando tuttavia una caratteristica comune: tutti
questi “decaloghi” tengono fede alla natura compartecipativa dell’Internet,
dove i principi regolatori sono frutto del pensiero che viene dal basso, dal popolo della rete, e non un’imposizione legislativa dall’alto. Individuare chi per
primo ha aperto la discussione sul tema è piuttosto arduo, ma autorevole dottrina ha individuato il promotore in G.Oestreich 6.
BARLOW, John Perry. Dichiarazione d’indipendenza del Cyberspazio, 1996. «Governments of the Industrial World, you weary giants of flesh and steel, I come from Cyberspace, the new home of Mind. On behalf of the future, I ask you of the past to leave us alone.
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You are not welcome among us. You have no sovereignty where we gather.»
Traduzione: «Governi del mondo industriale, stanchi giganti di carne e d’acciaio, io vengo
dal Cyberspazio, la nuova dimora della mente. In nome del futuro, invito voi, che venite dal
passato, a lasciarsi in pace. Non siete i benvenuti tra noi. Non avete sovranità sui luoghi
dove ci incontriamo».
5 BIANCHI, Deborah. Internet e danno alla persona, i casi e le ipotesi risarcitorie,
Giappichelli Editore, Torino, 2012. Cap.XV: La responsabilità nell’Internet, pag.375.
6 G.OESTREICH, Geschichte der Menschenrechte und Grundfreiheiten im Umriss, Berlin 1978 (in Italia Storia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ed. Laterza 2007).
Considerazione fatta in F.PIZZETTI, Dati e diritti nell’epoca della comunicazione elettronica. Saggio in Il caso del diritto d’autore cit.
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Il tema ha poi avuto risonanza mondiale, sia nell’ambito ONU che in molti Forum e Conferenze internazionali. Fondamentale è stato l’apporto dato
dalle Nazioni Unite prima attraverso l’organizzazione di Internet Governance
Forum, i quali hanno incentivato a livello nazionale la realizzazione
dell’Agenda digitale europea e l’espansione dei diritti sulla rete, poi con interventi para-normativi. È del 16 maggio 2011, infatti, un Rapporto 7 del Consiglio dei diritti umani sulla promozione del diritto di opinione, mentre nel
2012 una Risoluzione 8 dello stesso Consiglio sottolinea come «gli stessi diritti che le persone hanno offline devono essere protetti online, in particolare la
libertà d’espressione, che è applicabile indipendentemente dalle frontiere e
su ogni media scelto», proclamando, nel proseguo del testo, il diritto al web
quale diritto della persona.
Anche a livello delle singole normative nazionali la situazione sta notevolmente mutando, con interventi volti a disciplinare compiutamente la materia.
Rapporto UEN A/HRC/17/27, 16 maggio 2011. In tale rapporto Internet viene esaltato
quale mezzo indispensabile per la realizzazione dei diritti umani, l’eliminazione della diseguaglianza e l’accelerazione dello sviluppo e del progresso, ragion per cui assicurare l’accesso
universale dovrebbe essere una priorità per tutti gli Stati. Internet viene considerato da
Frank LA RUE, relatore speciale e autore del documento “Sulla protezione e la promozione
del diritto alla libertà d’espressione e opinione”, come uno degli strumenti più importanti di
questo secolo per aumentare la trasparenza e accedere alle informazioni, facilitando la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione delle società democratiche. Internet è il mezzo
più democratico ed economico per chiedere il rispetto dei diritti umani e dei diritti civili,
nonché per implementarne la tutela.
La Rue sollecita gli Stati a rimuovere le leggi che impediscono o limitano l’uso di Internet e
sottolinea come la legittima espressione online in alcuni paesi sia criminalizzata, contravvenendo all’art.19 della Carta dei Diritti Umani che afferma la libertà d’opinione ed espressione
di ogni individuo. Lo scopo fondamentale del rapporto, quindi, è l’incentivo dell’obbligo positivo degli stati di promuovere o facilitare il godimento del diritto alla libertà d’espressione e
dei mezzi necessari per esercitare tale diritto, compreso Internet.
8 Risoluzione A/HCR/20/L.13 del 29 giugno 2012. Con l’approvazione di tale testo normativo, il web è divenuto ufficialmente un diritto fondamentale dell’uomo, ricompreso
nell’art.19 della “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino”.
Nel documento si attribuisce alla rete una «forza nell’accelerazione del progresso verso lo
sviluppo nelle sue varie forme» e si richiede la collaborazione di tutti gli Stati per facilitare
l’accesso a Internet.
La vera novità è la proclamazione dell’accesso a Internet quale diritto umano, mentre nel
precedente rapporto vi era un semplice invito agli stati a facilitare l’esercizio della libertà
d’espressione.
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Un esempio arriva da oltreoceano, in particolar modo dal Brasile, che
nell’aprile 2014 ha varato il Marco Civil 9, legge che positivizza diritti e doveri
da rispettare nell’uso di Internet. Fra i principi statuiti dalla legge sono da richiamare l’obbligo di neutralità imposto ai fornitori di connettività, nonché
l’inviolabilità e la segretezza del flusso di comunicazioni degli utenti e il diritto alla riservatezza dei dati personali. Fondamentale, però, è il riconoscimento del diritto all’accesso a Internet quale necessario all'esercizio della cittadinanza.
Nel contesto europeo, invece, d’esempio sono la Francia, il Regno Unito e
la Germania.
Oltralpe è stata istituita, in seno all'Assemblea nazionale, una Commissione per i diritti nell’era digitale (la Commission de réflexion sur le droit e
les libertés à l’âge du numérique). Composta da tredici parlamentari e tredici
esperti e istituita su iniziativa della Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea
Legge n.12.965, 23 aprile 2014, ufficiosamente denominata (in portoghese) Marco Civil da Internet.
Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera dei Deputati (Câmara dos Deputados) il
25 marzo 2014 e poi sottoposto al Senato Federale (Senado Federal) che l’ha approvata il 22
aprile 2014. Il giorno seguente il testo è stato ratificato dal Presidente Dilma Rousseff presso
la Global Multistakeholder Meeting on the Future of Internet Governance (GMMFIG), conferenza del 23 e 24 aprile 2014 che ha visto la partecipazione di oltre 850 fra delegati governativi di dodici diversi stati (fra i quali non era inclusa l’Italia), accademici ed esperti in materia.
Se il Marco Civil è stata osannato agli albori come esempio di avanguardia e progresso, ottenendo anche l’appoggio di Tim Berners-Lee (inventore del web), nell’ultimo anno ha mostrato le sue ombre, in quanto le interpretazioni date dai giudici rischiano di trasformare i diritti
degli utenti in strumenti di repressione. Un esempio in tal senso è rappresentato dall’ordine,
impartito dal giudice brasiliano Luiz de Moura Correia a un ISP locale, di bloccare
l’applicazione WhatsApp entro 24 ore, in modo da spingerla a collaborare con la polizia nel
corso di alcune indagini. A differenza dei precedenti casi similari, questa richiesta è giustificata dall’obbligo di conservazione dei dati previsto dal Marco Civil e dalle misure di tale Costituzione che mirano alla punizione degli operatori rei di violazione, attraverso sospensione
o l’irrogazione di multe o ammonimenti. Questo tentativo è stato poi bloccato in appello visto
che, oltre a essere spropositato per gli utenti legittimati a usare l’app che, così facendo, si sarebbero trovati nell’impossibilità di usufruire del servizio, contrasta con le convenzioni internazionali sui diritti civili che tutelano la libertà d’espressione e prevedono tutele per i cittadini della rete.
Questo è l’esempio pratico di quanto riportato dalla EFF (Eletronic Frontier Foundation),
associazione a tutela dei diritti online: «Il Marco Civil del Brasile contiene parole vigorose a
protezione della libertà di espressione, nonché a favore di una rete stabile, sicura e neutrale: tuttavia una buona legge su Internet può velocemente diventare cattiva se applicata incorrettamente o non appropriatamente.»
9
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nazionale, ha l’obiettivo di stabilire principi e dottrine riguardanti i temi “caldi” di Internet: libertà d’espressione, neutralità della rete e diritto
all’informazione, nonché una particolare attenzione alla ricerca di un regolamento unico in materia di telecomunicazioni e la creazione di regole dettagliate in tema di protezione dei dati personali e dell’individuo 10. Istituita nel
febbraio del 2014, ha iniziato i lavori a giugno e ne comunicherà i risultati in
un rapporto pubblico.
Le linee guida seguite dalla Commissione hanno una matrice europea, in
quanto ricalcano le decisioni assunte in seno alle istituzioni europee, consacrate nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014, la Google Spain c. AEPD 11. A differenza del Brasile, dove il Marco
Civil ha rappresentato una novità assoluta in tema di diritti dell’Internet,
questa Commissione parte da un presupposto già assodato: nel 2009, infatti,
il Consiglio Costituzionale ha stabilito che l’accesso a Internet è un diritto
fondamentale per poter esercitare la libertà di espressione, libertà sancita direttamente nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 12.
L’inventario delle priorità legislative della Commissione è liberamente consultabile sul
sito ufficiale de l’Assemblée Nationale, dove, fra i punti nel programma, emerge l’attenzione
alla protezione dei dati personali attraverso la creazione di strumenti idonei a fornire tale tutela, quali la promozione dell’uso di tecnologie che possano migliorare la sicurezza della vita
privata, nonché l’instaurazione di azioni efficaci, comprese quelle collettive, che possano far
cessare le violazioni.
Altri diritti fondamentali sono riscontrabili nel diritto alla neutralità della rete (principe de
neutralité des réseaux) e il diritto all’informazione (le droit de savoir).
11 C-131/12, CJEU, Google Spain SL, Google Inc. v Agencia Española de Protección de
Datos, Mario Costeja González: si tratta di una controversia sottoposta all’attenzione della
Corte di Giustizia Europea il 27 febbraio 2012 e decisa il 13 maggio 2014, riguardante la responsabilità di un motore di ricerca per i dati pubblicati da terzi, ma da lui rinviati a seguito
della ricerca. La controversia si è risolta stabilendo le condizioni in presenza delle quali il
motore è tenuto a rimuovere i link dai risultati della ricerca.
La controversia appare importante ai fini dell’argomento in esame non tanto per il fatto in sé
considerato, quanto per l’aver statuito a livello europeo la sussistenza del diritto all’oblio
(right to be forgotten), prima non esplicitamente garantito, ma sussumibile dagli art.7 (rispetto per la vita privata e la famiglia) e art.8 (protezione dei dati personali) della Carta dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
12 Art.11: «La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus
précieux de l’Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l’abus de cette liberté, dans les cas déterminés par la Loi.» La libera comunicazione del pensiero e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo: il cittadino può
dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di questa libertà
nei casi stabiliti dalla Legge.
10
16
L’intento del legislatore francese, quindi, appare molto chiaro: la rete è ormai
considerata un mezzo imprescindibile vita del cittadino e, come tale, deve essere posto in relazione ai diritti e ai doveri storici, attualizzando quindi il diritto in maniera tale da positivizzare in modo assoluto la realtà quotidiana,
ormai mutata rispetto al passato.
In Gran Bretagna, alla fine del 2013, è stata istituita presso la House of
Commons una Commissione Parlamentare sulla Democrazia Digitale, avente scopo esplorativo: valutare le opportunità aperte dalla rete, attraverso temi
molto diversi dall’esempio francese e brasiliano. Si passa, infatti, dalle attività
legislative nell’era digitale allo scrutinio online, affrontando anche la rappresentanza e il voto elettronico. Ne risulta un quadro del tutto diverso dagli altri
stati, maggiormente concentrato sull’apporto politico che la rete può offrire
alle istituzioni e meno sulla persona e i suoi diritti. La rete viene vista più come uno strumento al servizio della politica che come mezzo di espressione
della persona. Obiettivo parzialmente condiviso dalla Germania dove,
all’inizio del 2014, il Parlamento ha istituito una Commissione permanente
sull’Agenda Digitale per discutere, da un punto di vista interdisciplinare, dei
vari aspetti della digitalizzazione e la diffusione della rete. L’obiettivo perseguito è diventare «un catalizzatore del lavoro parlamentare nel suo complesso» 13.
1.1. L’esperienza italiana: la Carta dei diritti e dei doveri di
Internet
Anche in Italia si sta assistendo negli ultimi anni a un fenomeno analogo
agli altri stati europei: «Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra
queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di
produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato
13 KOPEPPEN, Jens (Presidente della Commissione). Citazione in traduzione dalla pagina web di presentazione dei lavori (versione inglese): «the body sees itself as an important
catalust for the work of parliament as a whole».
17
l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e
che risponde al criterio della universalità»14.
Sulla base di queste considerazioni, si sta cercando di porre un rimedio
alla lacuna normativa e, quindi, creare anche in Italia un Bill of Rights in
grado di tutelare i diritti e sancirne i doveri. Ad oggi uno strumento in tal
senso è rappresentato dalla Carta dei diritti e dei Doveri relativi a Internet
che, però allo stato attuale è solo una bozza aperta alla consultazione pubblica. Dal 27 ottobre 2014, infatti, hanno avuto inizio quattro mesi di discussione (fino al 27 febbraio, poi prorogati fino al 31 marzo 2015) aventi l’obbiettivo
di rendere tale strumento una vera e propria Dichiarazione dei diritti di
Internet, punto di riferimento per gli interventi normativi che in futuro avranno a che fare con la rete.
L’intento della Bozza non è quello di normare la materia, ma solo mettere
per iscritto dei principi ispiratori, con l’obiettivo di fare una mozione affinché
il Governo si impegni a promuovere questo documento anche nelle sedi internazionali 15. In questo modo si vuole dare la possibilità a chiunque di intervenire proponendo l’aggiunta di nuovi articoli concernenti temi non considerati in principio.
Questo metodo innovativo di creazione della Bozza, caratterizzato dal
passaggio attraverso un pubblico non istituzionale, è connaturato alle caratteristiche della Rete; lo schema, infatti, è quello di una relazione alla pari tra istituzioni e cittadini, in una costruzione che diviene orizzontale: la Carta può
dunque essere commentata nonché integrata con contributi liberi di tutti gli
interessati, che sono invitati a partecipare al dibattito pubblico. Come tutte le
dichiarazioni non ha un valore giuridico ma agisce nello spazio simbolico e
Bozza della Carta dei diritti e dei doveri dell’Internet, preambolo. Consultabile al link:
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload_file/uploa
d_files/000/000/187/dichiarazione_dei_diritti_internet_pubblicata.pdf (consultato il 31
marzo 2015).
15 BOLDRINI, Laura. Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet. Intervento di apertura dell’audizione del 9 marzo 2015. Consultabile al link:
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/attivita_commissi
one_internet/files/000/000/008/Resoconto_Commissione_9_marzo_2015.pdf (consultato il 31 marzo 2015).
14
18
delle idee. «Starà al Parlamento, se lo riterrà, dare gambe al testo con leggi
o emendamenti alla Costituzione» 16.
Questo documento è stato presentato il 13 ottobre 2014 da una Commissione 17 istituitasi nel luglio dello stesso anno e presieduta dall’On. Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati in carica, che conta fra i componenti Stefano Rodotà, da sempre attivo nel mondo della rete, nonché fautore
dell’introduzione nella Costituzione di un articolo che garantisca l’accesso a
Internet a chiunque.
L’ispirazione è chiaramente europea: la bozza della Dichiarazione è stata
da subito tradotta in francese, inglese e tedesco, in modo tale da poterla facilmente confrontare con l’operato della Commissione sulla democrazia digitale britannica, con la Commissione del Bundestag tedesco e con il modello
francese. L’intento, infatti, sembra essere quello di stabilire univocamente
l’importanza di Internet e stabilirne i principi sovranazionali «perché faccia il
più in fretta possibile il giro d’Europa e contagi con il suo carico di aspirazioni, speranze, ambizioni e aneliti democratici tutti i Governi, le istituzioni
europee ed i cittadini del vecchio continente» 18.
La novità dell’esperienza italiana rispetto agli altri Stati è rappresentata
dal fatto che per la prima volta la proposta di un Internet Bill of Rights non
DE MARTIN, Juan Carlos. Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet.
Resoconto stenografico della seduta n.1 del 28 luglio 2014. Consultabile al link:
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/attivita_commissi
one_internet/files/000/000/001/Resoconto_28_07_2014_definitivo.pdf (consultato il 31
marzo 2015).
17 Si tratta di una commissione atipica nella sua composizione, in quanto composta da
dieci parlamentari, appartenenti ai maggiori partiti attualmente presenti in Parlamento, e
tredici non parlamentari.
Appare molto apprezzabile il gesto del Presidente Laura Boldrini che, a fronte di una presenza unicamente maschile di parlamentari indicati dai gruppi, ha voluto bilanciare la Commissione nominando fra gli esperti esterni un gruppo nutrito di donne. Come si legge dal resoconto stenografico della prima seduta del 28 luglio 2014, infatti, il Presidente ha ritenuto
giusto «che intorno a questo tavolo ci debbano essere sia uomini che donne. I gruppi questa
considerazione a volte, anzi spesso, non la fanno e allora tocca a me poi ribilanciare con
un’angolatura di genere».
18 SCORZA, Guido Da oggi anche Internet ha la sua Costituzione. E nasce proprio in
Italia. 13 ottobre 2014. Articolo per www.chefuturo.it, blog de Il sole 24 ore. Consultabile al
link
http://www.chefuturo.it/2014/10/da-oggi-anche-internet-ha-la-sua-costituzione-enasce-proprio-in-italia/ (consultato il 14 aprile 2015).
16
19
proviene da singoli studiosi, da associazioni, da dynamic coalitions, da imprese, da gruppi di stakeholders, ma da un soggetto istituzionale 19.
La bozza sottoposta alla consultazione pubblica contava quattordici articoli «intrisi di parole di libertà, pari opportunità, diritti e non discriminatorietà dalla prima all’ultima riga» 20.
Il punto di partenza, consacrato nell’art.1 21, è ritenere che Internet rappresenti un nuovo spazio pubblico, privato ed economico, con caratteristiche
proprie, che deve dotarsi di regole apposite per garantire anche online i diritti
riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali del’Unione Europea, dalle
costituzioni e dalle leggi, nonché garantire il rispetto della dignità, libertà,
diversità ed eguaglianza di ogni persona. Quasi come un serpente che si morde la coda, la regolarizzazione di Internet chiude la bozza con l’art.14 22 che
Cfr. RODOTA’, Stefano. Verso una Dichiarazione dei diritti dell’Internet. Reperibile
sul sito istituzionale della Camera al seguente link:
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload_file/uploa
d_files/000/000/193/Internet_Libe.pdf (consultato il 16 aprile 2015).
20 SCORZA, Guido Da oggi anche Internet… Op. cit.
19
Art.1: riconoscimento e garanzia dei diritti «Sono garantiti in Internet i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dai documenti internazionali, dalla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi. Tali diritti devono essere
interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione della Rete. Il riconoscimento dei diritti in Internet deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona, che costituiscono i principi in base ai
21
quali si effettua il bilanciamento con altri diritti.»
Art.14: Criteri per il governo della rete «Ogni persona ha diritto di vedere riconosciuti i propri diritti in Rete sia a livello nazionale che internazionale.
Internet richiede regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte
alla piena attuazione dei principi e diritti prima indicati, per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina
dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica.
La costruzione di un sistema di regole deve tenere conto dei diversi livelli territoriali (sovranazionale, nazionale, regionale), delle opportunità offerte da forme di autoregolamentazione conformi ai principi indicati, della necessità di salvaguardare la capacità di innovazione, della molteplicità di soggetti che operano in Rete, promuovendone il coinvolgimento in forme che garantiscano la partecipazione diffusa di tutti gli interessati.
Le istituzioni pubbliche adottano strumenti adeguati per garantire questa forma di partecipazione.
In ogni caso, l’innovazione normativa in materia di Internet è sottoposta a valutazione di
impatto sull'ecosistema digitale.
La gestione della Rete deve assicurare il rispetto del principio di trasparenza, la responsabilità delle decisioni, l’accessibilità alle informazioni pubbliche, la rappresentanza dei soggetti interessati».
22
20
pone termine al dibattito sulla scelta della fonte normativa. La diatriba, infatti, si aveva riguardo l’alternativa fra una fonte derivante dall’autoregolazione
dei privati o un’eteronormazione imposta a mezzo del comando politico.
La prima scelta appare come la più idonea alla conformazione della Rete,
il cui dinamismo e la socialità che la caratterizzano la rendono incompatibile
con una regolamentazione imposta dall’alto: le norme nascerebbero in modo
spontaneo “dal basso”, dagli stessi utenti che ne diventerebbero destinatari.
Eppure questa scelta non è esente da punti deboli, evidenziati da molta dottrina: la self regulation porterebbe i privati, privi di una preparazione e legittimità politica, a disegnare norme con efficacia erga omnes e quindi la Rete
sarebbe non solo sottratta al bene comune, ma consegnata «alle finalità dei
poteri privati forti, ai quali l’autoregolazione deve la nascita» 23.
L’alternativa consiste nel disegnare una disciplina che sia condivisa e che
possa trovare concreta attuazione in un ambito più ampio di quello nazionale
ed europeo, per «favorire, alla luce delle caratteristiche proprie della materia, un approccio più orientato a individuare principi generali entro i quali
bilanciare i diversi diritti in gioco» 24.
L’articolo sottolinea, al secondo comma, l’importanza di dotare Internet
di regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte alla
piena attuazione dei principi e diritti già citati, per poi aggiungere, al terzo
comma, come le regole debbano tenere conto dei diversi livelli territoriali
(sovrannazionale, nazionale e regionale), delle opportunità offerte da forme
di autoregolamentazione conformi ai principi indicati, della necessità di salvaguardare la capacità di innovazione, della molteplicità di soggetti che opeL’accesso ed il riutilizzo dei dati generati e detenuti dal settore pubblico debbono essere garantiti e potenziati.
La costituzione di autorità nazionali e sovranazionali è indispensabile per garantire effettivamente il rispetto dei criteri indicati, anche attraverso una valutazione di conformità delle
nuove norme ai principi di questa Dichiarazione.»
23 Cfr. DE MINICO, Giovanna. Internet. regola e anarchia. Jovene Editore, Napoli,
2012.
24 BOLDRINI, Laura. Commissione per i diritti e i doveri relativi a Internet, Resoconto
stenografico, seduta n.28 luglio 2014, pag.3. Consultabile al link:
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/attivita_commissi
one_internet/files/000/000/001/Resoconto_28_07_2014_definitivo.pdf (consultato il 31
marzo 2015).
21
rano in Rete, promuovendone il coinvolgimento in forme che garantiscano la
partecipazione diffusa di tutti gli interessati. Tale rapporto, quindi, si sostanzia nella supremazia della disciplina etero-imposta, in quanto la autoregolazione interviene solo se recepita da norme adeguate, in particolar modo a livello internazionale.
Come in molti hanno osservato, questo articolo racchiude in sé quindici
anni di dibattito avvenuti in sede ONU sull’importanza di regole e principi
condivisi per la governance multiequal-stakeholder della rete, ossia la necessità che si abbia un governo partecipato della gestione di Internet da parte di
soggetti pubblici e privati a ogni livello 25. Tale obiettivo appare raggiunto
nell’evidenziare come le istituzioni pubbliche debbano adottare gli strumenti
adatti per garantire la partecipazione degli interessati. Inoltre, la costituzione
di autorità nazionali e sovranazionali è indispensabile per garantire il rispetto
dei criteri indicati, anche attraverso una valutazione di conformità delle nuove norme ai principi della Dichiarazione in esame. Si consente una «coregolazione ex ante che possa prevenire le “torsioni egoistiche” che il diritto
dei poteri privati forti produrrebbe a danno dei più deboli» 26.
Nella stesura degli altri articoli della Bozza, sono stati seguiti dei principi
regolatori ben precisi, che vanno dal riconoscimento di una gerarchia fra le
libertà su Internet, con i diritti fondamentali della persona posti in una posizione di primo piano rispetto a quelli economici, alla dichiarazione che il legislatore, nel bilanciare gli interessi di volta in volta in gioco, deve tener conto
dei criteri di proporzionalità, necessità e pari dignità già più volte riconosciuti
dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, per evitare sacrifici sproporzionati e non necessari di una libertà rispetto a un’altra. Non meno importante è
il principio per cui ogni limitazione ai diritti fondamentali esercitati in rete
debba essere esplicitamente prevista dalla legge e attuata su ordine
dell’autorità giudiziaria, in aderenza al principio della doppia riserva, anche
Cfr. DI CORINTO Arturo, Una Costituzione per la rete, ecco la bozza punto per punto. 13 ottobre 2014. Articolo per LaRepubblica. Consultabile al seguente link:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/10/13/news/bozza_costituzione_internet_italia97980058/ (consultato il 14 aprile 2015).
26 AVVISATI, Marana. Diritto d’autore in rete e Costituzione: concerto tra le fonti? In
Osservatoriosullefonti.it, fasc.3/2014, pag.23.
25
22
se stemperato nelle clausole sovranazionali della law clause (si tratta di una
clausola del contratto nella quale le parti specificano che tutte le dispute riguardanti il contenuto dello stesso dovranno essere risolte secondo la legge di
una particolare giurisdizione) 27 e due process 28 (il giusto processo).
Nel dettaglio gli articoli fissano i principi fondamentali dei netizens, partendo dal diritto d'accesso (art.2 29), con cui le istituzioni devono impegnarsi
nella riduzione del divario informativo, sia dal punto di vista meramente pratico, partendo dalle dotazioni per connettersi alla rete, che dal punto di vista
sostanziale, eliminando le diseguaglianze sociali. Strettamente collegato a tale diritto è il terzo articolo, con il tema della neutralità della Rete. Con questo
strumento, infatti, si cerca di raggiungere un duplice obbiettivo: porre un freno al tentativo degli oligopoli delle telecomunicazioni di creare corsie preferenziali per chi paga di più e impedire ai Governi di ispezionare i dati in rete
per decidere la priorità e le modalità di passaggio. Come si legge nel terzo
comma dell’articolo in esame, «La neutralità della Rete, fissa e mobile, e il
diritto di accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti fondamentali della persona. Garantiscono il mantenimento della capacità generativa di Internet anche in riferimento alla produzione di innovazione.
Assicurano ai messaggi e alle loro applicazioni di viaggiare online senza discriminazioni per i loro contenuti e per le loro funzioni.»
Definizione in libera traduzione, tratta dalla voce "choice of law clause", Webster's
New World Law Dictionary (Hoboken, New Jersey: Wiley Publishing, Inc.), 2006. In originale: «A choice of law clause or proper law clause is a term of a contract in which the parties specify that any dispute arising under the contract shall be determined in accordance
with the law of a particular jurisdiction». Similmente in Italia la clausola compromissoria.
28 Cfr. PIERANI Marco e DE MINICO Giovanna, interventi. Commissione per i diritti e i
doveri relativi a Internet. Resoconto stenografico della seduta n.3 di mercoledì 8 ottobre
2014, rispettivamente a pag.17 e pag.29. Consultabile al seguente link:
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/attivita_commissi
one_internet/files/000/000/003/resoconto_commissione_8ottobre.pdf (consultato il 13
aprile 2015).
29 Art.2. Diritto di accesso: «Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in
condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano
ogni ostacolo di ordine economico e sociale. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete. L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda sistemi operativi, software e applicazioni. L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi
pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale – culturale, infrastrutturale, economico – con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità.»
27
23
Gli articoli seguenti, dal quarto al decimo, trattano diversi aspetti di un
tema caro al legislatore degli anni duemila: la protezione dei dati personali.
Se il quarto affronta il tema da un punto di vista più generale, statuendo come «Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati che la riguardano, per
garantire il rispetto della sua dignità, identità e riservatezza» e concludendo con il tema dell’opt-in, ossia la possibilità di revocare in ogni tempo il consenso precedentemente dato al trattamento dei dati personali, più incisivo è
l’articolo quinto 30 che prevede il diritto all’autodeterminazione informativa,
ossia la possibilità di decidere quali aspetti della propria vita rendere riconoscibili a terzi, ribadendo il principio di controllo personale sulle informazioni
che, volenti o nolenti, si finisce per immettere online.
Sono poi riconosciuti tre tipi di diritti agli utenti: il diritto all'identità
(art.8), che garantisce a ogni persona di avere un'identità integrale e aggiornata, all'anonimato (art.9) e all'oblio 31 (art.10), che garantisce la «cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati che non abbiano più rilevanza».
La Carta finisce inoltre per toccare argomenti che, pur avendo uno sfondo
tecnico, dimostrano di avere un impatto concreto sulla vita del cittadino, sia
con la questione della neutralità della rete, ma anche con quella dell'interoperabilità. Il tentativo è di imporre un comportamento leale e corretto da parte
dei responsabili delle piattaforme digitali nei confronti di utenti, fornitori e
concorrenti. «Ogni persona» si legge nell’art.11 «ha il diritto di ricevere inArt.5. Diritto all’autodeterminazione informativa «Ogni persona ha diritto di accedere ai propri dati, quale che sia il soggetto che li detiene e il luogo dove sono conservati, per
chiederne l’integrazione, la rettifica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla
legge. Ogni persona ha diritto di conoscere le modalità tecniche di trattamento dei dati che
la riguardano. Le raccolte di massa di dati personali possono essere effettuate solo nel rispetto dei principi e dei diritti fondamentali. La conservazione dei dati deve essere limitata
al tempo necessario, tenendo conto del principio di finalità e del diritto alla autodeterminazione della persona interessata.»
31 Il diritto all’oblio non è pensato come un diritto assoluto: il secondo comma, infatti,
prevede che non siano attuate delle limitazioni alla libertà di ricerca o al diritto di cronaca,
30
considerate «condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica», per
salvaguardare il diritto a essere dimenticati. Questa accezione è stata elogiata soprattutto
dalla Federazione Italiana Editori e Giornali, nella persona del Presidente Maurizio Costa,
che vede così salvaguardato il corretto lavoro giornalistico, il quale consiste nella ricerca e
nella rappresentazione di notizie “vere” nel momento in cui vengono scritte, ma passibili di
futura evoluzione.
24
formazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, a non
veder modificate in modo arbitrario le condizioni contrattuali, a non subire
comportamenti che possono determinare difficoltà o discriminazioni
nell'accesso».
Molta dottrina 32 ha evidenziato come tali diritti fondamentali, sebbene difformi fra di loro, siano in realtà legati da un filo rosso, rappresentato
dall’eguaglianza fra i cittadini di cui all’art.3 della Costituzione; non a caso la
formula di apertura degli articoli è la medesima: «ogni persona ha il diritto
di». Il significato di tale filo rosso è duplice, corrispondendo alla doppia natura, formale e sostanziale, dell’articolo citato.
Nel senso più formale, il sistema di guarentigie, predisposto dal legislatore a salvaguardia delle libertà in Internet, deve essere omologo a quello predisposto dalla Costituzione per l’esercizio di tali libertà al di fuori della rete, e
non attestarsi a un livello inferiore.
L’accezione più aderente al senso sostanziale del secondo comma
dell’art.3, invece, si tramuta in un dovere di attivazione dei pubblici poteri,
consistente nel garantire la possibilità di accesso e fruizione dei servizi
Internet, che non tollera diversificazioni in ragione della diversa estrazione
sociale, culturale e politica del cittadino.
1.2. Il grande escluso: il diritto d’autore on-line
I quattordici articoli della bozza, se da un lato tutelano interamente la
persona umana e la vita di relazione, d’altro canto appaiono del tutto carenti
sotto il profilo della tutela dei diritti connessi allo sfruttamento economico di
opere dell’ingegno. Il principio cardine della supremazia delle libertà personali su quelle economiche, una delle colonne portanti nella stesura della Carta, non giustifica l’esclusione di notevole impatto rappresentata dall’assenza
di qualsiasi riferimento al diritto d’autore on-line.
Si tratta di una lacuna voluta dalla Commissione che, avvertendo il tema
della proprietà in generale e del diritto d’autore in particolare come molto
32
AVVISATI, Marana, Diritto d’autore in rete e Costituzione cit., pag.24.
25
complesso e contrastato, ha preferito focalizzarsi prima sui diritti della persona e poi su quelli economici. La questione, però, non è stata completamente chiusa. Di fronte, infatti, alla possibilità di inserire un articolo 11-bis nella
Bozza completamente in bianco, per lasciare la parola alla decisione popolare, la Commissione ha solo preferito rimandare la questione al termine della
consultazione pubblica, in maniera tale da poter raccogliere il maggior numero possibile di pareri da parte degli interessati e degli esperti sul tema 33. Fondamentale è anche l’apporto dato dalle equivalenti Commissioni negli altri
Stati Europei che si stanno già muovendo in tale direzione. Un esempio è dato dalla Francia che, nella sua bozza programmatica espressamente cita le
droit d’auter, stabilendo che «La Commission invite le législateur à se saisir
de la question du droit d’auteur et de ses évolutions à l’ère numérique, notamment des droits d’usage des oeuvres numériques. Dans ce contexte, il
faudra définir les conditions à réunir pour donner un statut de droit positif
aux biens communs ou encore reconnaître l’existence d’un domaine public
informationnel» 34.
Tale carenza della Bozza è stata evidenziata soprattutto in campo editoriale: gli editori italiani, infatti, ritengono fondamentale un richiamo espresso
al riconoscimento e alla tutela del diritto d’autore in Rete per garantire il pieno esplicarsi del diritto all’informazione sia “in entrata che in uscita”, quindi
sia per chi produce e immette in Rete informazioni che per chi dalla Rete le
ottiene. La libertà di manifestare il proprio pensiero, infatti, ricomprende
tanto il diritto di informare quanto il diritto di essere informati 35 e questa
conclusione giurisprudenziale appare persino più vera se si considera la malleabilità della Rete, non-luogo dove la navigazione permette all’utente di trasformarsi da destinatario a creatore di informazioni, facendo venir meno la
differenza fra soggetti attivi e passivi del circuito informativo.
Resoconto stenografico del 28 novembre 2014, pagg. 17 – 21.
In libera traduzione: «La Commissione invita il legislatore a farsi carico del tema del
diritto d’autore e le sue evoluzioni nell’era digitale, compreso l’uso di opere online. In questo
contesto occorrerà stabilire le condizioni da rispettare per dare uno status di diritto positivo ai beni comuni o riconoscere l’esistenza di informazioni di dominio pubblico». Dal sito
istituzionale dell’Assemblea Nazionale francese http://www2.assemblee-nationale.fr/ .
35 Corte Cost., 26 marzo 1992, n.112, in Giur. Cost. 1993, 939.
33
34
26
Partendo dal presupposto che il sistema di diffusione dei contenuti è mutato in modo radicale rispetto a quello tradizionale, occorre un aggiornamento degli strumenti di valorizzazione dei contenuti editoriali. Per gli editori, infatti, il diritto d’autore «si declina […] nell’esigenza di protezione e di valorizzazione del contenuto informativo/ editoriale» 36, che deve essere protetto
senza discriminazioni né personali, relative quindi al titolare del diritto, né
materiali, riguardanti il contenuto o il mezzo utilizzato.
Portavoce dell’inserimento di un articolo dedicato alla protezione del diritto d’autore in Rete nella Bozza è stata la Federazione Italiana Editori e
Giornali 37, federazione delle case editrici italiane che rappresenta le stesse e
le agenzie stampa di livello nazionale, la quale si è espressa a mezzo del Presidente Maurizio Costa nell’audizione del 23 febbraio 2015, dinanzi alla
Commissione.
Nell’intervento effettuato si fa leva sul sistema di diffusione dei contenuti,
profondamente mutato rispetto a quello tradizionale del mondo editoriale, richiedendone un aggiornamento con conseguente tutela del diritto d’autore: la
mancanza di una tutela effettiva nel mondo di Internet priva gli editori delle
risorse che sono loro necessarie per la fornitura di contenuti editoriali, causando un danno all’intera collettività che si ritrova, così, privata di
un’informazione libera e corretta. La tutela dei contenuti passa attraverso la
tutela del diritto d’autore, fondamentale per evitare una diffusione gratuita e
illegale delle informazioni. «La battaglia per il diritto d’autore è fondamentale per il futuro stesso dell’editoria» 38. L’estensione della tutela autoriale
anche agli editori online consentirebbe di far luce su uno scenario sempre in
maggior ascesa, quello dell’informazione digitale, che risulterebbe migliorata
se in tale contesto si dia inizio a una «contrattazione fra le parti che porti a
COSTA, Maurizio. Commissione per i diritti e i doveri di Internet. Audizione del 23
febbraio 2015. Dal resoconto stenografico pubblicato sul sito della Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) www.fieg.it.
37 Da ora in avanti sarà indicata con l’acronimo istituzionale FIEG.
38 COSTA, Maurizio. Dibattito su “L’editoria nell’era digitale: tutela dei diritti e nuove
opportunità di mercato”. Intervento del 10 marzo 2015 presso la sede FIEG.
36
27
un riconoscimento significato in termini economici di quello che è un nostro
diritto» [n.d.r. degli editori] 39.
Sebbene questa richiesta sia stata avanzata dalla FIEG, la questione della
tutela del diritto d’autore online non è limitata al semplice ambito editoriale:
l’industria culturale, comprendente il diritto d’autore, contribuisce alla crescita economica dell’industria tecnologica. È del 2013, infatti, un Rapporto
sull’industria europea del settore IP 40 che ha analizzato le imprese europee
IPR intensive, ossia quelle aventi un utilizzo di diritti di proprietà intellettuale per dipendente superiore alla media, evidenziando come queste imprese
abbiano generato circa il 26% dei posti di lavoro nell’area europea (il 39% del
PIL dell’UE). «La sfida, legislativa e non, dei nostri tempi è quella di fare in
modo che tali benefici siano equamente distribuiti lungo tutta la filiera dei
soggetti che – con i loro investimenti e i loro talenti – ne contribuiscono alla
produzione» 41.
Le reazioni della Commissione a questa proposta sembrano essere state
favorevoli, sebbene bisogna attendere che, a seguito della chiusura della consultazione pubblica, siano tratte le considerazioni da tutti gli interventi effettuati e le audizioni udite, di modo tale che la Bozza possa dunque trasformarsi in una vera Dichiarazione.
Al momento l’unico disegno di norma in tal senso delinea il diritto
d’autore sia in un’ottica protettiva degli utenti della Rete, sancendo i profili
di rilevanza civile e penale derivanti dalle violazioni del diritti d’autore commessi online, sia in un’ottica proattiva, riconoscendo i diritti di cui gli utenti
della Rete sono titolari e le misure e modalità in cui possono esercitarli 42. Il
secondo punto di vista è fondamentale perché gli utenti possano avere piena
consapevolezza che un loro comportamento scorretto, che danneggi l’autore
di un’opera dell’ingegno, sia illecito, eliminando, quindi, l’inconsapevolezza
COSTA, Maurizio. Dibattito su…cit.
Pubblicato dallo European Patent Office e dall’Ufficio per l’armonizzazione nel Mercato Interno.
41 COSTA, Maurizio. Commissione dei diritti e doveri dell’Internet. Audizione cit.
42 COSTA, Maurizio. Commissione dei diritti e doveri dell’Internet. Audizione cit.
39
40
28
che molto spesso la comunità ha della commissione di un illecito solo perché
questo avviene sulla rete 43.
1.3. Il futuro della Carta dei diritti e dei doveri dell’Internet
Nonostante l’importanza della Redazione di un documento ufficiale che
stabilisca le regole e i diritti della rete, questo tentativo molto innovativo non
sta avendo il successo sperato. Non è un caso, infatti, che inizialmente la Carta dovesse essere posta in consultazione pubblica per soli quattro mesi, con
scadenza il 27 febbraio, e che poi il limite sia stato prorogato fino al 31 marzo:
ben pochi, infatti, sono stati gli interventi nel merito, sia da parte degli esperti che da parte degli utenti della rete. Visti i dati deludenti (si parla infatti di
circa diecimila accessi alla piattaforma e poco più di trecento commenti 44)
nell’audizione del 9 marzo 2015 è stato innescato un dibattito dall’ex direttore
di Wired 45, Riccardo Luna, dinanzi alla Commissione, finalizzato alla ricerca
di modi per incentivare la partecipazione pubblica. Il fulcro del dibattito è,
essenzialmente, la poca pubblicità data all’iniziativa. Come evidenziato da
Riccardo Luna, infatti, in Italia ci sono circa 30mila persone che usano
Internet, ma anche 24mila che non lo utilizzano affatto e quindi appare insufficiente promuovere un’iniziativa volta alla regolarizzazione della Rete e a
stabilirne i diritti soltanto attraverso lo strumento elettronico. Della materia,
infatti, ne parlano unicamente il sito ufficiale della Camera o giornali specifici, come appunto Wired – citato dalla stessa On.Boldrini – che contribuiscono a fare della materia una questione di nicchia, appannaggio solo di pochi
esperti. Il messaggio che traspare da questo è quindi fuorviante: la Rete viene
Per ulteriori e più approfondite considerazioni sul tema dell’incoscienza della commissione di un illecito sulla rete, si rimanda al paragrafo 3 del corrente capitolo.
44 Dati aggiornati al 9 marzo 2015. Alla chiusura della consultazione pubblica, i dati ufficiali riportati sul sito istituzionale della Camera sono di 14mila sessioni di accesso, con
10mila utenti unici e 600 opinioni, in maggioranza positive.
45 Wired è una rivista mensile statunitense con sede a San Francisco in California dal
marzo 1993, e di proprietà di Condé Nast Publications. La rivista tratta tematiche di carattere tecnologico e di come queste influenzino la cultura, l'economia, la politica e la vita quotidiana. Le versioni internazionali della rivista sono Wired UK e Wired Italia (fondata nel
2009), fruibili anche in versione online all'interno dei rispettivi siti web.
43
29
vista come qualcosa di troppo complesso per l’opinione pubblica e quindi non
meritevole di pubblicità e diffusione nazionale.
In risposta a queste criticità, è stato evidenziato come le resistenze siano
a più livelli, partendo dagli organi di informazione che non hanno ritenuto di
condividere l’iniziativa, passando per problemi meramente tecnici come la
poca frequentazione del sito della Camera o i plurimi impegni dei membri
della Commissione 46.
Il problema, però, sembra essere a monte: l’Italia, infatti, tra i paesi europei è agli ultimi posti per la diffusione tecnologica, dato confermato
dall’esperienza quotidiana. Ogniqualvolta si parli di tecnologia, sorgono immediatamente problemi e contestazioni. Ciò è avvenuto, ad esempio, con
l’introduzione della fatturazione digitale 47; inoltre, sorge il panico nei tribunali al solo nominare il processo telematico. Probabilmente questo è frutto
anche della naturale diffidenza che i Digital Immigrants 48 hanno nei confronti della Rete e di tutto ciò che si discosta dall’analogico, ma rischia di avere delle ritorsioni ben più profonde per i nativi digitali che si ritrovano ad
avere fra le mani «un’arma di distruzione di massa senza sapere come usarla» 49.
Prima di poter parlare della creazione di principi sovrannazionali, di diritti o di doveri, in Italia vi deve essere il raggiungimento di altro obiettivo: la
riduzione del Digital divide. Si tratta del divario che si crea tra chi ha accesso
effettivo alle tecnologie dell'informazione, Internet in primis, e chi ne è escluso, in modo parziale o totale, per diverse ragioni, quali le condizioni economiche, il livello d'istruzione, la qualità delle infrastrutture, la differenze di età o
di sesso o la provenienza geografica. In Italia tale divario è lampante già dal
semplice dato numerico di utilizzo di internet, il quale si riferisce a solo poco
più della metà dei cittadini. Potrebbe trattarsi di una scelta personale, ma
molto spesso si tratta di un’imposizione dovuta a problemi infrastrutturali,
BOLDRINI, Laura. Commissione dei diritti e dei doveri dell’Internet. Video del 9
marzo 2015, sed.n.7, reperibile al link: http://webtv.camera.it/archivio?id=7612&position=0
47 LUNA, Riccardo. Commissione relativa ai doveri e ai diritti dell’Internet. Intervento
del 9 marzo 2015, sed.n.7.
48 Sul punto vedi il paragrafo 1 del corrente capitolo.
49 LUNA, Riccardo. Commissione relativa ai doveri e ai diritti dell’Internet. Cit.
46
30
come la Rete ancora in rame e non in fibra, oppure a problemi culturali, visto
che nelle scuole, ad esempio, non si ha la diffusione del wi-fi sulla base di
presunti danni alla salute dei minori.
Il principale strumento da utilizzare per vincere questo divario è la garanzia dell’accesso a Internet e un miglioramento delle conoscenze sul tema.
Una soluzione al primo di questi obiettivi è data dalla proposta di inserire
nella Costituzione un diritto all’accesso a Internet, consacrato nell’art.21bis 50.
Prescindendo dal fatto che l’introduzione di questo articolo contrasterebbe
con la “sacralità” della Costituzione, in quanto per la prima volta ci sarebbe
un articolo bis nel testo normativo, la garanzia di tale accesso, accompagnato
però da un’adeguata formazione, permetterebbe di superare il divario perché
porrebbe tutti i cittadini nelle condizioni di poter utilizzare appieno la Rete.
L’art.21bis è stato ripreso e rielaborato per la redazione della Bozza, trasformandosi nell’art.2 51 e questo porta a una considerazione sulla insufficienza, da solo considerato, di questo diritto. Se, infatti, il diritto a Internet bastasse a superare il divario, la sua consacrazione nella Bozza avrebbe dovuto
costituire una soluzione al problema, ma questo, evidentemente, non è avvenuto vista la scarsissima pubblicità che l’iniziativa ha ricevuto. Ecco perché
nasce la necessità, prima di garantire l’accesso alla rete, di educare il cittadino all’uso di Internet, iniziando dalle scuole per poi passare alla diffusione attraverso i “vecchi” mezzi di comunicazione, dalla televisione ai maggiori giornali nazionali. In questo modo accrescerebbe in Italia la consapevolezza
dell’importanza di Internet e delle sue opportunità, nonché dei relativi diritti.
A differenza di quanto è avvenuto negli altri Stati Europei, dove la regolamentazione era sentita come una necessità dato il fenomeno dilagante, in
Italia una regolamentazione della Rete deve necessariamente essere accompagnata da strumenti di diffusione, perché possa diventare effettivamente
appannaggio di tutti e non restare circoscritta nella sua nicchia di esperti. Al
Art. 21-bis. «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione
di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine
economico e sociale.
La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni di cui al Titolo I parte
50
I.» Articolo così come proposto dal Prof.Stefano Rodotà.
51 Art.2. Diritto di accesso. Vedi nota n.29.
31
momento, infatti, il tentativo fatto da questa Commissione appare essere
semplicemente un voler precorrere i tempi perché, nel concreto, l’Italia non è
pronta a regole costrittive della Rete, ma anzi necessita che essa diventi parte
della vita quotidiana di tutti i cittadini.
2.
Il diritto d’autore
Il dibattito sul diritto d’autore ha avuto inizio in età antica: già nel diritto
romano, infatti, si tutelava lo stretto rapporto fra l’autore e la sua creazione,
non limitato al semplice diritto patrimoniale collegato al ritorno economico
ottenuto dalla circolazione dell’opera, ma al rapporto personale. Infatti, essendo molto limitata la possibilità di produrre un numero rilevante di copie,
il problema di una tutela economica non si poneva: l’autore non ricavava il
proprio guadagno dalla produzione di massa, ma era mantenuto dal committente dell’opera o dalla città che lo ospitava. I diritti dipendevano dal supporto materiale in cui era consacrata l’opera, non all’idea in sé considerata. Sulla
base di questo, la tutela accordata all’autore rientrava in un diritto della personalità, l’actio iniuriarum æstimatoria 52, con la quale si poteva ottenere
protezione dal plagio e tutela del diritto d’inedito 53.
È con l’avvento della stampa a caratteri mobili, avvenuta nel XV secolo,
che il dibattito ha assunto toni più precisi, con l’esigenza di riconoscere sia a
editori che ad autori tutele maggiori. I primi ottennero il riconoscimento dei
privilegi di stampa 54 concessi dal sovrano, i secondi, in considerazione del laÀctio iniuriarum æstimatòria (azione per la stima dei danni derivanti da offese ingiuste). Azione, avente carattere infamante, finalizzata al conseguimento di una valutazione patrimoniale dei danni subiti per effetto di lesioni personali o percosse.
La formula dell’azione prevedeva la fissazione dei limiti massimi dell’importo della condanna, detta taxatio. La quantificazione dei danni, a seconda dei casi, poteva essere effettuata
sulla base di parametri equitativi o sulla base dei limiti massimi sanciti dalla legislazione.
Definizione del Dizionario giuridico romano, versione online, edizione Simone. Reperibile al
seguente link http://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action=view&dizionario=3&id=88,
consultato il 14 aprile 2015.
53 Cfr. SIROTTI GAUDENZI, Andrea. Il nuovo diritto d’autore. La proprietà intellettuale nella società dell’informazione. Maggioli Editore, 2009.
54 Privilegio di stampa: «In editoria, l’uso da parte delle autorità di concedere a un tipografo la facoltà esclusiva di stampare determinate opere. Il primo p. di stampa fu concesso da Venezia il 18 settembre 1469 a Giovanni da Spira: gli conferiva facoltà esclusiva di
52
32
voro creativo che comporta la realizzazione di un’opera, il riconoscimento
della facoltà di prestare il consenso per la sua pubblicazione. Il nuovo processo editoriale ha portato alla nascita del sapere alla portata di tutti, con mezzi
di diffusione sempre più fluidi e rapidi 55.
L’era digitale ha portato all’estrema potenza questa diffusione, attuando
una sostanziale smaterializzazione e fluidità dell’opera dell’ingegno, la quale è
diffusa, ma molto spesso non materialmente posseduta.
Nell’attuale ordinamento giuridico italiano, il diritto d’autore è riconosciuto per la creazione di un’opera dell’ingegno caratterizzata da creatività; la
tutela si riferisce a essa e, dopo la creazione, i diritti appartengono in via esclusiva all’autore.
Secondo la 22 aprile 1941 n.633 56, sono protette dal diritto d’autore «le
opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura,
alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione» (art.1).
Nell’interpretazione di tale ambito applicativo, la dottrina e la giurisprudenza sono giunte a ritenere che un’opera, per qualificarsi quale dell’ingegno
di carattere creativo, deve avere i requisiti della novità (un’opera non già esistente o opera che risulti comunque nuova rispetto allo stato delle conoscenze
attuali) e dell’originalità 57.
La diffusione sempre maggiore dei mezzi telematici ha reso necessario un
adeguamento della tutela autoriale per rispondere a esigenze nuove. Internet,
esercitare per cinque anni la stampa in tutto il territorio della Repubblica. Morto lui subito
dopo, il p. decadde; né fu rinnovato per altri, con grande vantaggio per lo sviluppo dell’arte
tipografica. Dopo il 1480 si ebbero a Venezia p. per singole opere; qualcuno anche in difesa
della proprietà letteraria. Altrove, in Italia e all’estero, si ebbero anche nei secoli seguenti p.
concessi da pontefici, da principi locali e da imperatori (in Germania i più antichi sono le
lettere di protezione di Massimiliano I, 1493-1519). Copyright ed esemplare d’obbligo risalgono, spesso attraverso l’istituto della censura, a questi privilegi.»
Dall’Enciclopedia Treccani, voce “Privilegio di stampa”, versione online consultabile al seguente link: http://www.treccani.it/enciclopedia/privilegio-di-stampa/.
55 Per una diffusa trattazione del tema, comprensiva del periodo medievale e della censura preventiva della stampa operata nel ‘500, si rimanda a SIROTTI GAUDENZI, A. Op. cit.
56 Trattasi della Legge sul diritto d’Autore, denominata “Protezione del diritto d’autore e
di altri diritti connessi al suo esercizio, e successive modificazioni”. D’ora in avanti sarà comunemente definita L.d.A.
57 Per un’analisi più dettagliata, vedi paragrafo 2.1. corrente capitolo.
33
infatti, ha permesso di diminuire i tempi di distribuzione (attraverso la possibilità di reperire in tempo reale l’opera sul proprio dispositivo) e abbattere i
costi relativi all’intermediazione della rete commerciale, in quanto è
l’utilizzatore a provvedere direttamente al suo reperimento. «Sotto il profilo
giuridico, però, la rete telematica ha introdotto non poche perplessità e certamente messo in crisi un sistema di protezione dei diritti di proprietà intellettuale tradizionalmente basato sul controllo degli esemplari materiali delle opere»
58.
Infatti attraverso la rete le opere possono essere fruite nel luogo
e nel momento scelto dall’utente e la loro comunicazione può avvenire da
punto a punto, non più nel tradizionale punto-massa, con l’utente che diventa
a sua volta uno strumento di comunicazione. La possibilità di avere innumerevoli copie dalla qualità identica all’originale, inoltre, rende difficoltoso il
controllo della circolazione dell’esemplare dell’opera in formato digitale, tanto più che non occorre l’intermediazione dell’industria culturale, potendola
l’utente reperire direttamente dall’autore.
Nonostante la crisi, il diritto d’autore non deve considerarsi estinto: sulla
base di queste novità, vi è stato l’allargamento delle categorie originariamente
previste nella legge del 1941, con un ampliamento del panorama normativo di
riferimento. Alla legge italiana, infatti, bisogna aggiungere nuove fonti normative di carattere transnazionale, caratteristica questa dovuta all’assenza di
barriere geografiche. La normativa di riferimento, quindi, è articolata su tre
livelli:
1. I Trattati Internazionali, nello specifico la Convenzione di Berna per la
protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886 59, e i due trattati WIPO
Copyright Treaty (WCT) e il WIPO Performances and Phonograms Treaty
(WPPT) del 1996.
Sulla base della Convenzione di Berna i Paesi ratificanti si sono impegnati
nella creazione di una disciplina il più possibile uniforme nel settore del diritCUNEGATTI, Beatrice. Il diritto d’autore on-line. In G.Cassano e I.P.Cimino (a cura
di), Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche, CEDAM, Padova, 2009,
pag.323.
59 La Convenzione è stata completata a Parigi il 4 maggio 1886, ma poi firmata a Berna il
9 settembre 1886. Le diverse revisioni sono avvenute a Berlino il 13 novembre 1908, nuovamente a Berna il 20 marzo 1914, a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26 giugno 1948,
Stoccolma il 14 luglio 1947 e infine a Parigi il 24 luglio 1971.
58
34
to d’autore e, in virtù del principio di assimilazione dell’art.5, le opere originarie di un Paese ratificante devono godere negli altri Paesi dello stesso trattamento assicurato dalla legge nazionale ai propri cittadini, oltre a quelli minimi della Convenzione.
Il 1° gennaio 1995 è entrato in vigore l’Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights 60, allegato oggi all’atto istitutivo della
WTO, ratificato in Italia con la legge 29 dicembre 1974, n.747, dedicato al diritto d’autore e ai diritti connessi. Da segnalare come tale Accordo stabilisca:
una protezione cinquantennale alle espressioni, non alle idee, ai procedimenti, metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali; il principio
del trattamento nazionale, in base al quale le parti contraenti devono riconoscere agli stranieri sul proprio territorio lo stesso trattamento accordato ai
propri cittadini in tema di proprietà intellettuale; la clausola della nazione
più favorita che impone agli stati contraenti di accordare ai cittadini degli altri stati membri un trattamento almeno equivalente a quello più favorevole
accordato ai cittadini di uno stato terzo.
2. Le Direttive e i Regolamenti comunitari, in particolare la Direttiva
2001/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001,
sull’armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società
dell’informazione (attuata con D.lgs. n.68/2003).
3. La legge e i regolamenti nazionali, fra cui, oltre alla L.d.A. già citata, il
codice civile agli artt.2575-2583 che richiama tale legge. La legge nazionale ha
subito, con il passare degli anni, più di cinquanta modifiche, dovute essenzialmente all’adeguamento ai trattati internazionali e alle normative comunitarie, con anche l’introduzione di un regime più incisivo nella tutela contro la
contraffazione (c.d. norme antipirateria).
2.1. Ambito di applicazione territoriale
La legge n.633/1941 sancisce il principio della territorialità, stabilendo
l’applicabilità di tale legge a tutte le opere di autori italiani, dovunque siano
In italiano l’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale,
spesso noto (e da ora in avanti sarà indicato in tal modo) come Accordo TRIPs.
60
35
state pubblicate per la prima volta, oppure alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia, che siano state pubblicate per la prima volta in Italia (art.185
L.d.A.) 61. Fuori dal suddetto caso, la legge italiana si applica alle opere di autori stranieri solo se ciò è prescritto dalle convenzioni internazionali sulla
protezione delle opere dell’ingegno (art.186 L.d.A.), oppure qualora lo stato
di cui è cittadino l'autore straniero conceda alle opere di autori italiani una
protezione effettivamente equivalente a quella prevista dalla legislazione italiana (art.187 L.d.A.).
Vi sono, però, seri problemi applicativi delle norme a Internet: considerando il carattere transnazionale e immateriale della rete, è complicato individuare sia il luogo in cui l’opera dell’ingegno viene fruita, sia quello in cui si
verifica l’evento dannoso o il fatto che ne è all’origine.
Molte voci, dunque, si sono espresse per una nuova convenzione di diritto internazionale privato per unificare le normative nazionali e fornire soluzioni adeguate a tali problemi.
2.2. Ambito di applicazione oggettivo e soggettivo
Dal combinato disposto degli art.2575 del Codice civile e dall’art.1 L.d.A.
è possibile individuare l’ambito di applicazione oggettivo della disciplina del
diritto d’autore, essendovi ricomprese «le opere dell’ingegno di carattere
creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne
sia il modo o la forma d’espressione» includendovi anche, per espresso richiamo dell’art.1 L.d.A, i programmi per elaboratore e le banche dati.
Perché vi possa essere tutela, occorre che l’idea venga esteriorizzata, attraverso la sua realizzazione in un’opera concreta. Non è necessario
l’ancoraggio a un supporto fisico: per le opere letterarie, per esempio, è sufficiente la comunicazione orale.
L’art.189 prevede inoltre che le disposizioni dell'art.185 si applicano «all'opera cinematografica, al disco fonografico o apparecchio analogo, ai diritti degli interpreti, attori o
artisti esecutori, alla fotografia ed alle opere dell'ingegneria, in quanto si tratti di opere o
prodotti realizzati in Italia o che possono considerarsi nazionali a termini di questa legge o
di altra legge speciale.»
61
36
Tale ambito applicativo è poi ulteriormente ampliato dall’art.2 L.d.A. che,
in un articolato elenco, riprende nel dettaglio le opere già citate in generale
nell’articolo codicistico. In realtà la dottrina 62 e la giurisprudenza ritengono
tale elenco solo esemplificativo, con la conseguenza che possono essere protette dal diritto d’autore anche categorie di opere non espressamente previste
ex lege, ma individuabili caso per caso ex iuris.
Perché un’opera possa essere protetta dal diritto d’autore, essa deve essere il risultato di un’attività dell’ingegno umano «di carattere creativo» (art.1
L.d.A.), concetto riconducibile alle caratteristiche dell’originalità e novità.
L’originalità è il «risultato di un’attività dell’ingegno umano», quindi
l’opera deve essere il risultato di un’elaborazione intellettuale rivelante la
personalità dell’autore 63. La novità invece deve essere intesa in senso oggettivo, quale «novità di elementi essenziali e caratterizzanti» che distinguano
l’opera dalle precedenti. Sulla base di questi criteri sono tutelabili solo le opere nuove, diverse dalle precedenti e aventi una determinata soglia espressiva.
Un’altra tesi prevede che la novità vada considerata in senso soggettivo,
partendo dal presupposto che anche le opere di altissima levatura possano
avere traccia di opere precedenti altrui, visto che l’autore, nella creazione, si
basa su una conoscenza e cultura influenzata anche da altri soggetti. L’opera,
per essere nuova, deve quindi recare l’impronta dell’autore attraverso la sua
personale visione del mondo, con un suo modo di esprimere fatti, idee e sentimenti che possano rivelarne l’apporto 64.
Il diritto d’autore viene attribuito a chi abbia contribuito alla creazione
dell’opera, quale espressione del lavoro intellettuale (come si evince dal combinato disposto degli artt.2576 c.c. e 6 L.d.A.).
Nel caso in cui l’opera sia frutto del contributo di più autori, si distinguono le opere in comunione (art.10 L.d.A.), dove il contributo offerto dai diversi
soggetti è indistinguibile e comporta l’insorgere di una comunione per
l’esercizio dei diritti; le opere collettive (art.7 L.d.A.), costituite dalla riunione
Ex multis D’AMMASSA, Giovanni. La legge sul diritto d’autore nell’era multimediale.
In G.Cassano, G.Scora, G.Vaciago (a cura di), Diritto dell’Internet. Manuale operativo. Casi,
legislazione, giurisprudenza. Padova, CEDAM, 2012.
63 D’AMMASSA, Giovanni. Op. cit.
64 D’AMMASSA, Giovanni. Op. cit.
62
37
di opere come risultato del coordinamento per un determinato fine (sono esempi le enciclopedie, i dizionari, le antologie), il cui autore è considerato chi
organizza e dirige l’opera; le opere composte (artt.33 – 37), ottenute attraverso l’unione di opere distinguibili e utilizzabili separatamente.
Le opere multimediali, quelle che attraverso la tecnologia digitale riuniscono su uno stesso supporto opere di generi e mezzi espressivi diversi, amalgamati in modo da trattare in modo unitario un dato argomento; non sono
contemplate dalla L.d.A., ma la dottrina le riconduce negli schemi dell’opera
collettiva o composta.
2.3. Contenuto della tutela del diritto d’autore
Secondo la teoria dualistica del diritto d’autore, tra l’altro condivisa dalla
maggioranza della dottrina, sono individuate due fasce indipendenti e separate di diritti attribuiti all’autore o al suo cessionario: i “diritti di utilizzazione
economica”, a contenuto patrimoniale, e i “diritti morali”, a tutela della personalità dell’autore. Chi possiede materialmente il bene può beneficiare solo
dei primi, mentre l’autore dell’opera è tutelato su ambo i fronti, morale ed economico.
2.3.1.
I diritti morali
Regolati dagli art.20 a 24 L.d.A., i diritti morali hanno lo scopo di proteggere la personalità dell’autore manifestata nella sua opera, garantendogli il
potere di opporsi a qualsiasi utilizzazione che ne vada a ledere (o semplicemente pregiudicare) la reputazione, e di goderne di una corretta comunicazione agli altri. Al pari dei diritti della personalità, si ritengono inalienabili 65,
irrinunciabili e imprescrittibili. Essi sono del tutto autonomi rispetto ai c.d.
diritti economici: anche a fronte di una trasmissione a terzi di questi ultimi,
l’autore resta sempre titolare dei diritti morali (anche se l’opera è stata realiz65 Nonostante questo, se l’autore riconosce e accetta le modificazioni della propria opera, «non è più ammesso ad agire per impedirne l’esecuzione o per chiederne la soppressione» (art.22, comma 2 L.d.A.).
38
zata nell’ambito di un contratto di lavoro o su commissione). Quest’ultima
caratteristica differenzia il nostro sistema da quello di common law che prevede anche la possibilità di cedere i diritti morali, sulla base dell’accordo concluso fra le parti 66.
Il primo di questi diritti è il diritto alla paternità dell’opera, garantito in
due diverse accezioni dagli art.20 e 21. Il primo assicura la possibilità di rivendicare la paternità dell’opera in qualsiasi modo nel momento in cui essa
venga messa in dubbio (c.d. facoltà di identificazione), mentre il secondo
permette, in caso di pubblicazione anonima, di rivelarla (c.d facoltà di rivendicazione). Attraverso questo diritto si ottiene un duplice binario di protezione: l’autore che, in tal modo, può farsi conoscere attraverso la diffusione
dell’opera, e la collettività che non è ingannata nell’attribuzione della paternità intellettuale.
Il secondo diritto è il diritto all’integrità dell’opera. Tale integrità viene
tutelata attraverso la configurazione di due diritti, il primo patrimoniale, il
diritto esclusivo di modificare l’opera (art.18 L.d.A.), il secondo morale per
cui l’autore, anche dopo la cessione del diritto di utilizzazione, «può opporsi
a qualsiasi deformazione, mutilazione, o altra modificazione dell’opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione»
(art.20 L.d.A.). Perché si possa avere l’esercizio di tale diritto, però, occorre il
pregiudizio all’onore e alla reputazione 67, non potendosi la tutela attivare in
qualsiasi caso di modificazione nel lavoro in oggetto (specie se vi è stata la
cessione del diritto economico).
Ancora vi è il diritto d’inedito, in quanto solo l’autore ha il diritto di decidere se la propria opera possa essere pubblicata o meno. Parte della dottri-
È questa differenza fra gli ordinamenti che giustifica l’obbligo, sancito dall’accordo
TRIPs, di aderire alla Convenzione di Berna solo per quel che riguarda gli economic rights, e
non anche per i moral rights.
67 Alcuni esempi di interventi lesivi dell’onore e della reputazione: impiego dell’opera
idoneo a falsarne il carattere e il significato nel giudizio del pubblico; un’interpretazione o
esecuzione che falsi lo spirito dell’opera senza alterarne il testo; la presentazione dell’opera
con lavori di carattere diverso e in un contesto tale da riflettersi negativamente sull’onore o la
reputazione dell’autore.
66
39
na 68 ha inteso tale diritto quale il diritto di opporsi alla prima pubblicazione
dell’opera, recedendo dai contratti che l’abbiano autorizzata, senza che debbano ricorrere i presupposti previsti per il ritiro dell’opera dal commercio
(art.142 e 143 L.d.A.), c.d. diritto di pentimento, ultimo dei diritti morali, stabilendo un’identità fra le due fattispecie. Quest’ultimo ricorre quando ricorrano gravi ragioni morali 69, «salvo l’obbligo di indennizzare coloro che hanno acquistato il diritto di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o
spacciare l’opera medesima» (art.142 L.d.A.).
I diritti morali sono illimitati nel tempo: anche dopo la morte dell’autore,
essi possono essere fatti valere «dal coniuge e dai figli e, in loro mancanza,
dai genitori e dagli altri ascendenti e dai discendenti diretti; mancando gli
ascendenti e i discendenti, dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti»
(art.23 L.d.A.). Ognuno di essi può agire senza il consenso degli altri. L’unica
eccezione a questa regola la si riscontra nel diritto di pentimento: il secondo
comma dell’art.142, infatti, prevede che esso sia personale e non trasmissibile, quindi alla morte dell’autore non può essere esercitato dai familiari.
2.3.2. I diritti di utilizzazione economica.
L’autore ha la facoltà positiva di sfruttare la propria opera in ogni forma e
modo; tale diritto discende dal riconoscimento anche a livello costituzionale
della libertà di iniziativa economica privata. Ciò che il diritto d’autore riconosce nella previsione dei diritti di utilizzazione economica sono una serie di
facoltà esclusive (ossia negative) per impedire a terzi di sfruttare economicamente la propria opera.
I diritti di utilizzazione economica sono regolati dagli artt.12 a 19 L.d.A.;
possono essere fatti vale erga omnes, ma hanno una durata limitata nel tempo, ossia valgono fino a 70 anni dalla morte dell’autore (art.25 L.d.A.). Essi
sono indipendenti l’uno dall’altro: «l'esercizio di uno di essi non esclude l'eCfr. AUTERI, Paolo. Diritto di autore, in AA.VV. (a cura di) Diritto Industriale, proprietà intellettuale e concorrenza, Giapichelli, Torino, 2001, pag.589.
69 Il significato dell’espressione gravi ragioni morali è assai ampio, fino a comprendere
motivi sia di ordine etico che intellettuale, politico e religioso; le ragioni possono anche essere costituite da quanto nell’opera contrasta con la mutata personalità dell’autore.
68
40
sercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti» (art.19); inoltre riguardano
sia l’opera nel suo insieme che ciascuna delle sue parti.
Il principio espresso dall’art.19 è stato oggetto di interpretazione giurisprudenziale, stabilendo che l’indipendenza delle singole facoltà di sfruttamento economico fa sì che il consenso dell’autore a una delle singole forme di
commercializzazione dell’opera non comporta affatto, in capo all’autorizzato,
anche il potere di utilizzarle in altro modo «trattandosi di […] distinti modi
di esercizio del diritto d’autore, sicché l’autorizzazione concernente il primo
non comprende necessariamente il secondo» 70.
A differenza dei diritti morali, che spettano esclusivamente all’autore
dell’opera, i diritti economici sono trasmissibili, sia dietro compenso che gratuitamente, a un terzo (c.d. licenziatario), il quale può, a sua volta, cederli
nuovamente nei limiti del contratto di cessione e della legge applicabile, fermi
i diritti morali.
Sebbene tali diritti sono descritti dalla L.d.A., l’art.12 comma 2 della suddetta legge prevede una norma quadro che assicura all’autore «il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo», con
l’osservanza dei limiti fissati dalla legge e con particolare riferimento ai diritti
indicati negli articoli seguenti. Da tale norma quadro si può dedurre che i diritti di utilizzazione economica, per quanto previsti e tutelati dalla legge, non
costituiscono un numerus clausus, lasciando intatta la possibilità per l’autore
di trarre un vantaggio economico dall’opera anche in modi non predeterminati ex lege.
I diritti economici stabiliti dalla legge possono essere distinti in “copyrelated rights”, che prevedono la necessità di un supporto affinché si possa
avere la disponibilità dell’opera, distinguendo quindi tale momento da quello
autonomo della percezione da parte dell’utente, e i “non-copy related rights”,
che assicurano la fruizione dell’opera contemporaneamente alla sua comunicazione.
Tra i “copy-related rights” vi sono:
70
Corte Cost., sent.n.215, 27 luglio 1986, in Foro It., 1986, I, 2673.
41
-
il diritto di riproduzione (art.13 L.d.A.) che riguarda tutte le modalità
di riproduzione dell’opera in più esemplari, con qualsiasi procedimento;
-
il diritti di distribuzione e messa in commercio (art.17 L.d.A.), ossia le
modalità di circolazione dei supporti contenenti l’opera;
-
i diritti di prestito e noleggio (art.18bis L.d.A.), concernenti le modalità di fruizione temporanea dell’opera, sia a scopo di lucro che no.
Tra i “non copy-related rights” vi sono:
-
il diritto di esecuzione, interpretazione e recitazione (art.15 L.d.A.), riguardanti la fruizione dell’opera davanti a un pubblico presente;
-
il diritto di comunicazione al pubblico (art.16 L.d.A.), sulla comunicazione a distanza dell’opera;
-
il diritto di messa a disposizione del pubblico dell’opera in modo che
ciascuno possa accedervi dove e quando vuole (art.16 L.d.A.), compresa la fruizione telematica on demand o meno dell’opera
-
i diritti di tradurre, elaborare, modificare, trasformare, pubblicare in
raccolta l’opera (art.18 L.d.A.).
Se questo è il quadro normativo previsto per la tutela del diritto d’autore,
alcuni di questi diritti sono stati oggetto di una ridefinizione, operata su impulso della Direttiva 2001/29/CE, recepita con il D.Lgs. n.68 del 9 aprile
2003, per adeguarli alla evoluta società dell’informazione. Tre sono i diritti
oggetto di ampliamento, la riproduzione, distribuzione e comunicazione al
pubblico, poiché interagiscono con le fruizioni on demand dell’opera, ed è
stato introdotto il diritto di messa a disposizione del pubblico.
Il diritto di riproduzione è stato riformulato dall’art.1 del D.Lgs. citato, in
attuazione dell’art.2 della Direttiva, modificando l’art.13 L.d.A. in tal senso:
«Il diritto esclusivo di riproduzione ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte
dell’opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia e
ogni altro procedimento di riproduzione.»
Rispetto all’originaria formulazione, la distinzione fra riproduzione «diretta» e «indiretta», intesa come fissazione di un fotogramma o la trasmis-
42
sione attraverso le diverse forme di comunicazione, «in qualunque modo o
forma», ricomprendendovi quindi tutti i generi di trasmissione, «in tutto o in
parte», ammettendo anche la parzializzazione dell’opera, ha cercato di risolvere il problema della digitalizzazione dell’opera, stabilendo che la fissazione
delle informazioni digitali offline è riproduzione.
Riguardo il diritto di comunicazione al pubblico, l’art.2 del D.Lgs., in attuazione dell’art.3 della Direttiva, ha riformulato l’art.16 L.d.A. 71, stabilendo
gli atti che hanno bisogno dell’autorizzazione espressa dell’autore per poter
essere intrapresi nella sua prima parte, mentre la seconda chiarisce la possibilità di sfruttamento attraverso la fruizione on-demand. Quest’ultimo punto
è fondamentale nel momento in cui si pensa alla massiccia diffusione della visualizzazione in streaming 72.
La definizione di “pubblico” non è stata data dal legislatore europeo, rimettendone la statuizione ai singoli stati. Il legislatore italiano ha lasciato la
decisione all’interprete, ma gli elementi tradizionalmente rientranti in questo
concetto sono la contemporaneità del godimento e la riunione nello stesso
luogo di un determinato numero di soggetti.
Tale concetto risulta di difficile applicazione all’opera digitale, in quanto
bisogna operare un allargamento ulteriore della definizione, finendo per ricomprendervi tutte le persone che usufruiscono della stessa opera, sebbene in
luoghi diversi e in momenti diversi.
La tesi prevalente 73 considera comunicazione al pubblico sia l’opera comunicata telematicamente fra due soggetti, soggetta a preventiva autorizzazione del titolare del diritto, che l’inserimento di un’opera nella rete interna
di un’impresa o ufficio. Restano escluse, per espressa previsione dell’art.3
della Direttiva, la trasmissione “pay per view”, “pay TV” e “near-video-onArt.16 L.d.A.: «Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo
dell'opera ha per oggetto l'impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata
con condizioni di accesso particolari; comprende altresì la messa disposizione del pubblico
dell'opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.»
72 Per una trattazione più dettagliata, si rimanda al paragrafo 3.2 del corrente capitolo.
73 Cfr. D’AMMASSA, Giovanni. La legge sul diritto d’autore nell’era multimediale cit.
pag.391.
71
43
demand” perché in tal caso vi è un controllo dell’autore sui contenuti fruiti
dagli utenti.
Riguardo il diritto di distribuzione, l’art.17 L.d.A. è stato modificato
dall’art.3 del D.Lgs., apportando nuovi elementi al principio di esaurimento
del diritto 74, indicando che il diritto non si esaurisce né con la semplice comunicazione, né con la messa a disposizione dell’opera al pubblico, per una
visione nel momento e luogo scelto dall’utente (anche nel momento in cui sia
ammessa la possibilità di fare copie dell’opera), né se l’autore consegni gratuitamente copie delle opere per fini promozionali o scientifici.
Sulla base di questa nuova formulazione, i diritti di utilizzazione economica non si esauriscono mai nel momento in cui si ha la prima messa in circolazione dell’opera nelle reti telematiche
2.4. Le violazioni del diritto d’autore, tutela civile.
«Una caratteristica particolare dei diritti sulle opere d’ingegno è che il
soggetto titolare non è privato, nel momento in cui essi siano violati, della
possibilità di continuare a usufruire del bene protetto e di compiere atti di
esercizio del relativo diritto; ma questa potestà è turbata e circoscritta
dall’altrui abusiva e concorrente utilizzazione economica» 75.
L’attuale sistema di responsabilità civile è stato integrato dal d.lgs. 16
marzo 2006, n.140, di recepimento della direttiva 2004/48/CE sul rispetto
dei diritti di proprietà intellettuale (c.d. Direttiva Enforcement). La tutela si
distingue in due parti, la prima (artt.156 – 167 L.d.A.) a difesa dei diritti “economici”, la seconda (artt.168 – 170 L.d.A.) quelli morali.
I diritti di utilizzazione economica possono essere fatti valere in giudizio
dal titolare degli stessi (solitamente l’autore dell’opera), ma anche «da chi si
trovi nel possesso legittimo dei diritti stessi; da chi possa agire in rappresentanza del titolare dei diritti» (art.167 L.d.A.).
Sulla base di questo principio, il diritto viene meno a seguito della prima messa in circolazione del supporto contenente l’opera.
75 D’AMMASSA, Giovanni. La legge sul diritto d’autore nell’era multimediale cit.
pag.395.
74
44
La tutela civile viene esperita sia in presenza di una violazione di un diritto economico, ma anche per impedire la continuazione o la ripetizione di una
violazione già avvenuta, agendo in giudizio per ottenere l’accertamento del
diritto oppure che sia vietato il proseguimento della violazione (art.156
L.d.A.).
A seguito dell’accertata violazione, chi ha subito la lesione può ottenere,
oltre al risarcimento del danno, anche che «sia distrutto o rimosso lo stato di
fatto da cui risulta la violazione a spese dell'autore della violazione stessa»
(art. 158 L.d.A.). Però la rimozione o la distruzione non possono essere domandate nell'ultimo anno della durata del diritto; in tal caso, deve essere ordinato il sequestro dell'opera o del prodotto sino alla scadenza della durata
medesima (art. 160 L.d.A.).
Tutte le norme previste per la tutela dei diritti di utilizzazione economica,
secondo l’art.168 L.d.A., sono applicabili anche nei giudizi concernenti l'esercizio del diritto morale, per quanto lo consenta la natura di questo diritto. Le
uniche scriminanti si hanno in merito all’azione per la paternità dell’opera
che può dar luogo «alla sanzione della rimozione e distruzione solo quando
la violazione non possa essere convenientemente riparata mediante aggiunte o soppressione sull'opera delle indicazioni che si riferiscono alla paternità
dell'opera stessa o con altri mezzi di pubblicità» (art. 169 L.d.A.); mentre
quella a difesa dei diritti che si riferiscono all'integrità dell'opera può condurre alla «rimozione o distruzione dell'esemplare deformato, mutilato o comunque modificato dell'opera, solo quando non sia possibile ripristinare
detto esemplare nella forme primitiva a spese della parte interessata ad evitare la rimozione o la distruzione» (art. 170 L.d.A.).
2.5. I reati contro il diritto d’autore
Le ipotesi di reato originariamente contemplate dalla L.d.A. sono state
ampliate da numerosi decreti legislativi, fra cui il n.518/1992, il n.685/1994,
il n.204/1996, il n.169/1999 e la legge n.248 del 18 luglio 2000 che ha inasprito le sanzioni e introdotto nuovi reati.
45
Il proliferare di strumenti telematici e informatici in grado di diffondere
sempre più facilmente le opere dell’ingegno protette ha spinto il legislatore
italiano a intervenire con il d.l. n.72/2004, convertito in legge n.128/2004
(c.d. legge Urbani sulle misure di contrasto alla diffusione telematica abusiva
di opere dell’ingegno), e con il d.l.n.7/2005, convertito in legge n.43/2005,
modificante tale disciplina. Questi interventi hanno inciso sui reati conseguenti alle violazione delle norme sul diritto d’autore.
I reati previsti dalla 633/1941 trovano applicazione quando il fatto non
costituisca «reato più grave previsto dal codice penale o da altre leggi»
(art.173 L.d.A.). Questi reati sono perseguibili d’ufficio e la prescrizione, ossia
il termine ultimo per la presentazione della denuncia, è quinquennale.
Per quanto riguarda le previsioni di reato contenute nei singoli articoli,
sommariamente esse sono:
-
Art.171: protezione generale dei diritti di utilizzazione economica e
morale, con multa da 51 a 2065 euro per chi commetta una delle condotte illecite stabilite dalla norma. La sanzione pecuniaria grava su
chiunque si renda responsabile di tali condotte «senza averne diritto,
a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma». Se alla violazione dei diritti di
utilizzazione economica si aggiunge quella dei diritti morali si ha un
aggravamento della pena, se questi reati sono «commessi sopra una
opera altrui non destinata alla pubblicità, ovvero con usurpazione
della paternità dell'opera, ovvero con deformazione, mutilazione o
altra modificazione dell'opera medesima, qualora ne risulti offesa
all'onore od alla reputazione dell'autore».
-
Art.171-bis: a tutela dell’integrità dei programmi per elaboratore e
delle banche dati, con reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 2.582 a euro 15.493. È richiesto però il dolo specifico («a fini di
profitto»).
-
Art.171-ter: abusiva duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione e/o messa in commercio di opere dell’ingegno; la pena, sia pecuniaria che detentiva, si applica quando tali azioni vengono commesse per uso non personale e a fini di lucro.
46
-
Art.171-quater: noleggio abusivo e abusiva fissazione su supporto delle prestazioni artistiche.
-
Art.171-quinques: equiparazione della vendita con patto di riscatto al
noleggio.
-
Art.171-sexies: distruzione del materiale sequestrato e confisca degli
strumenti e materiali serviti o destinati a commettere i reati dei precedenti articoli.
-
Art.171-septies: omissione della comunicazione dei produttori non
soggetti a contrassegno ex art.181-bis 76.
-
Art. 171-octies: abusiva decodificazione di trasmissioni audiovisive ad
accesso condizionato «effettuate via etere, via satellite, via cavo, in
forma sia analogica sia digitale». La pena ingente (reclusione da sei
mesi a tre anni e multa da euro 2.582 a euro 25.822) si ha solo in presenza di un fine fraudolento, altrimenti la punibilità è esclusa.
Secondo l’art.171-nonies, la denuncia spontanea dei reati ex artt.171-bis,
171-ter e 171-quater e la collaborazione spontanea con l’autorità giudiziaria,
finalizzata a fornire tutti i dati in proprio possesso per l’individuazione dei
responsabili dei reati di cui sopra comporta una diminuzione di pena (da un
terzo alla metà) e la non applicazione delle pene accessorie .
3.
Violazioni del diritto d’autore online
«Il diritto d’autore è legato all’evoluzione delle tecnologie di riproduzio-
ne e trasmissione dell’informazione da un filo più stretto di quanto non avvenga in altri settori del diritto» 77. Dal giorno in cui Internet è diventato
fondamentale nella diffusione dell’arte e della cultura sono nati i primi problemi relativi alla diffusione delle opere dell’ingegno. Il diritto d’autore, infat-
Si tratta dei produttori o importatori dei supporti non soggetti al contrassegno
S.I.A.E., i quali non comunicano alla S.I.A.E. entro trenta giorni dalla data di immissione in
commercio sul territorio nazionale o di importazione i dati necessari alla univoca identificazione dei supporti medesimi, come pure, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a
chiunque dichiari falsamente l'avvenuto assolvimento degli obblighi necessari per
l’apposizione del contrassegno S.I.A.E.
77 RICHTIN, Fred. Dopo la fotografia. Piccola Biblioteca Enaudi, Torino, 2012.
76
47
ti, pensato espressamente per opere immateriali, ancorate però a un supporto
meccanico, è stato forzatamente calato in una realtà nuova, fatta di un flusso
continuo e dinamico di dati, di impossibile costrizione in un unico elemento
materiale. «La digitalizzazione spezza il legame tra la dimensione immateriale e quella materiale dell’opera: se per un verso essa può essere facilmente trasferita su qualunque supporto, per altro verso non necessita più della
stabile presenza di questo, potendo circolare all’interno di una rete telematica anche in sua assenza.
Il processo di digitalizzazione, riducendo tutte le opere a sequenze di 0 e
1, rende possibile le forme più evolute di multimedialità. (...). Sotto il profilo
della fruizione dell’opera, la perdita di centralità del supporto costituisce un
elemento essenziale del processo di transizione, ormai giunto in fase matura, dall’era della proprietà all’era dell’accesso» 78. Se, infatti, il diritto
d’autore classico può tutelare il corpus mysticum 79 dell’opera, ossia l’opera
come bene immateriale, incorporata in un corpus mechanicum che ne permette la circolazione, il supporto attraverso cui l’opera viene distribuita e diffusa, il diritto d’autore online deve necessariamente trascendere da
quest’ultimo elemento perché l’opera, immersa nella rete, circola sotto forma
di bit «senza peso e identità, tanto da potersi affermare, per la peculiarità
del mezzo usato, che la trasmissione, diffusione e riproduzione di un file, avvenendo in un medesimo contesto culturale e di mezzo fisico, tendono sostanzialmente a sovrapporsi e a confondersi» 80.
Alla luce di questo, le categorie classiche devono essere riadattate in maniera tale da poter tutelare il solo corpus mysticum, trascendendo dalla materialità del supporto. Inoltre, si deve considerare come, a differenza di quanto avviene nell’opera fisica, in grado di circolare solo nel formato scelto
RICHTIN, Fred. Op. cit.
Distinzione operata per primo da Kant che sosteneva che l’opera e lo spirito non sono
distinguibili dal momento in cui sono intimamente connessi. Attribuire l’opera a un autore
significa operare una sovrapposizione sostanziale tra il contenuto dell’opera e lo spirito
dell’autore.
KANT, Immanuel. Risposta alla domanda: cos’è l’illuminismo? (in tedesco Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung?), 1784. In traduzione di Francesca Di Donato, reperibile al seguente link: http://btfp.sp.unipi.it/classici/illu.html#id2530329.
80 BARBARISI, Maurizio. La tutela della proprietà intellettuale. In TOSI, Emilio (a cura
di) I problemi giuridici di Internet, Milano, 1999. Pagg.384 e ss.
78
79
48
dall’autore, l’opera digitale può subire delle variazioni di formato sulla base
della scelta dell’utente che, attraverso i programmi di conversione, trasforma
l’opera nel formato che meglio gli permette l’utilizzazione 81. «L’estrema plasticità offerta dalla rappresentazione digitale di un’opera consente a chiunque di partecipare al processo della sua scomposizione e ricomposizione,
della sua modifica e della sua rielaborazione. L’opera finisce così per perdere quel carattere di stabilità spaziale e temporale che la caratterizza nel
contesto analogico per divenire instabile, fluida, transitoria» 82.
Molto spesso una violazione online del diritto d’autore non è avvertita
nella sua accezione delittuosa dall’autore del reato: guardare un film in streaming o scaricare l’ultima puntata di una serie tv non sono sentiti come reati,
piuttosto come usi legittimi del mondo cibernetico. Questa incoscienza si collega direttamente alla natura della rete perché, trattandosi di un insieme di
dati fluidi e liquidi, incorporei e immateriali, non si riesce a comprendere la
delittuosità dell’azione, mancando in toto un corpo di reato.
Un esempio può aiutare a comprendere questo passaggio: nel momento
in cui si prende un libro cartaceo e lo si fotocopia per poterne possedere una
copia non autorizzata, l’illiceità dell’azione appare evidente perché l’azione di
copiatura del testo è manuale; essendo, tra l’altro, un’azione prolungata nel
tempo, aumenta anche il rischio di essere scoperti. La visione di un film, invece, non presenta alcun elemento materiale e, la possibilità di visione comodamente a casa propria, fa anche venir meno la consapevolezza della delittuosità dell’azione in corso. Fondamentalmente chi fotocopia un libro sa che
la sua azione è illegale, ma chi guarda comodamente un film a casa sua non è
neppure sfiorato da questa eventualità, tanto più che di quell’opera non possiede né una copia su supporto fisico, né una copia in digitale.
Anche ammettendo che l’utente sia consapevole del reato in corso, non
opera verso di lui l’effetto dissuasivo della pena, visto che reati in tal senso
Un esempio emblematico: i selfpublished e-book. L’autore che decide di autopubblicare un libro in formato digitale potrà scegliere il formato iniziale del libro, magari utilizzando
il “mobi”, facilmente tutelabile attraverso l’apposizione dei DRM, ma per un utente mediamente esperto risulta molto semplice, attraverso un programma di conversione reperibile
sulla Rete, trasformare il file nel formato di più comoda lettura per il suo e-book reader.
82 RICHTIN, Fred. Dopo la fotografia cit.
81
49
vengono compiuti in massa impunemente, data la difficoltà di individuare
tutti gli autori del reato.
Il principale problema del diritto d’autore online, però, è rappresentato
dall’arretratezza delle norme. La legge sul diritto d’autore, infatti, risale agli
anni quaranta, un’epoca nella quale il progresso tecnologico era sì ipotizzabile, ma non si poteva assolutamente prevedere il culmine che avrebbe raggiunto settant’anni dopo. Internet, infatti, è nato solo negli anni sessanta, quindi
la digitalizzazione delle opere era un’idea per l’epoca pari alle automobili volanti per la nostra: immaginabile, ma pura fantascienza.
Nonostante questo, le norme non sono state create per essere statiche altrimenti sarebbero queste opera di un mero tecnico del diritto, non un giurista - e presentano delle formulazioni che sembrerebbero ammettere delle
aperture in base al progresso tecnologico. Questo meccanismo, però, non è
sempre sufficiente perché finisce col creare dei problemi interpretativi che,
considerando l’ordinamento giuridico nel suo insieme (e nelle sue tre articolazioni: nazionale, europea e internazionale), rendono anche difficoltoso stabilire se una pratica può essere considerata lecita o illecita. La legge viene
modificata ripetutamente, ma non in modo costante, e il legislatore non riesce a stare al passo del progresso tecnologico, in continua evoluzione.
Oggi, infatti, la normativa sul diritto d’autore, oltre al progresso tecnologico, deve tener conto di altri fattori, quali sono l’accesso libero e gratuito ai
contenuti, la pirateria 83 diffusa delle opere, il superamento dei modelli classici di mercato, che devono portarne a un ripensamento dell’impianto normativo per avere un giusto contemperamento degli interessi degli autori interessati al loro giusto ritorno economico, dell’industria culturale, tutelata nei suoi
investimenti, della collettività, che deve poter usufruire delle opere con regole
chiare e certe.
Della questione è consapevole l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 84 che, nell’allegato B alla delibera n.668/2010/CONS, ha evidenziato
come «la criticità dell’attuale impianto normativo sul diritto d’autore nasce
83 Termine questo correntemente utilizzato per individuare la diffusione e condivisione
online dei contenuti attraverso condotte di fruizione illecita di varia natura.
84 Da ora in avanti sarà comunemente definita con l’acronimo AGCom.
50
dal fatto che la possibilità di distribuire e scambiare contenuti attraverso
canali digitali di fatto permette che il contenuto venga distribuito senza che i
legittimi titolari siano in condizione di esercitare un effettivo controllo e di
percepirne l’adeguata remunerazione, con grave pregiudizio per lo sviluppo
della creatività e, quindi, per le scelte a disposizione del pubblico dei consumatori/utenti». È per questo che gli interventi in materia di diritto d’autore
operati dall’Autorità Indipendente negli ultimi anni sono stati plurimi 85.
Di seguito un’analisi delle più comuni violazioni del diritto d’autore che
avvengono online.
3.1. Il file sharing
Una delle caratteristiche essenziali dell’Internet è la sua multimedialità:
attraverso di esso, infatti, possono essere trasferiti materiali di vario tipo (testi, suoni, disegni, fotografie, filmati, ecc), circostanza questa che rende la
comunicazione in rete più complessa e completa rispetto a ogni altra forma di
comunicazione a distanza sinora conosciuta 86. Oltre a questo bisogna tener
presente che nella rete l’utente può reperire molto facilmente materiale di
qualsiasi tipo, consultabile per diverse finalità, che siano informative, ludiche, commerciali o altro e che, grazie alla tecnologia ipertestuale, può muoversi liberamente nella sua ricerca.
Questa possibilità di reperimento di informazioni ha contribuito al successo di Internet; grazie ad algoritmi di compressione sempre più efficaci (a
partire dal formato MP3 per i file audio) e alla connessione a banda larga, oggi una delle attività più praticate sul web è il file sharing.
Per file sharing si intende la condivisione (share) di file all’interno di una
rete di computer collegati tra loro: tipicamente la messa in condivisione di risorse attraverso reti struttura client-server 87 oppure peer-to-peer 88 (P2P),
Della questione si parlerà diffusamente nel Capitolo III.
DI CIOMMO, Francesco. La responsabilità civile in Internet. In A.C.Amato Mangiameli (a cura di). Parola chiave: informazione. Appunti di diritto, economia e filosofia. Giuffrè, Milano, 2004.
87 In informatica, il termine sistema client-server indica un'architettura di rete nella
quale genericamente un computer client o terminale si connette a un server per la fruizione
85
86
51
tramite software client per lo scambio di file 89. Nella sua configurazione più
diffusa, il singolo utente mette a disposizione degli altri, in una cartella condivisa situata nel proprio hard disk, i singoli file 90. In questo modo la risorsa
scaricata dalla rete non resta a disposizione del singolo, ma in automatico si
avrà la ricondivisione del file (a meno che l’utente non rimuova le risorse dalla cartella condivisa). La condivisione può essere legale, nel momento in cui è
lo stesso autore a condividere l’opera con l’intento pubblicitario o sociale, ma
diviene illegale quando gli utenti la realizzano allo scopo di evitare l’acquisto
dell’opera, oppure per la condivisione di materiale di per sé illegittimo (un
esempio su tutti: la condivisione di materiale pedopornografico).
Il fenomeno del file sharing ha assunto le proporzioni del fenomeno di
massa dal momento in cui si è avuta la semplificazione della funzione di ricerca dei dati, a partire dagli anni 2000 con la creazione di Napster, un programma di file sharing ideato da Shawn Fanning e Sean Parker e attivo dal
giugno 1999 fino al luglio 2001. Si tratta di un sistema peer-to-peer di massa
utilizzante server centrali che mantenevano la lista dei sistemi connessi e dei
file condivisi, ma la transazione vera e propria avveniva fra gli utenti connessi.
di un certo servizio, (quale a esempio la condivisione di una certa risorsa hardware/software
con altri client), appoggiandosi alla sottostante architettura protocollare.
Più semplicemente, i sistemi client/server sono un'evoluzione dei sistemi basati sulla condivisione semplice delle risorse: la presenza di un server permette a un certo numero di client
di condividerne le risorse, lasciando che sia il server a gestire gli accessi alle risorse per evitare conflitti di utilizzazione tipici dei primi sistemi informatici.
(In inglese) Client/Server Definition, linfo.org, 26 novembre 2005. URL consultato l’8 aprile
2015.
88 Con il termine peer-to-peer (P2P) (in italiano rete paritaria o paritetica) si intende
un’architettura di rete decentrata, i cui nodi sono gerarchizzati sotto forma di client o server
fissi equivalenti o paritari (peer) che possano fungere alternativamente da server o client
verso gli altri nodi della rete, consentendo la condivisione delle risorse fra utenti. Attraverso
questa configurazione, qualsiasi nodo può avviare o completare una transazione.
89 RICCI, Stefano. File sharing e attività illecite. In G. Cassano e I.P. Cimino (a cura di),
Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche (pp. 601-619). Padova, CEDAM,
2009.
90
Un file è una sequenza di byte organizzata e archiviata come un singolo elemento su
un supporto digitale di memorizzazione, opportunamente formattato in un determinato file
system. Viene utilizzato per riferirsi a un contenitore di informazioni o di dati, leggibile attraverso un software appositamente creato.
52
Nel 2001 Napster fu al centro di una vicenda giudiziaria 91 che vedeva
Fannig contro la RIAA (Recording Industry Association of America), conclusasi nel luglio dello stesso anno con una sentenza che ne ordinava la cessazione dell’attività per le ripetute violazioni di copyright, oltre al pagamento di
un risarcimento danni; la sentenza è stata parzialmente eseguita il 24 settembre.
Questa vicenda ha generato lo sconcerto fra gli utenti di Internet, in
quanto essi ritenevano il file sharing una delle attività principali della Rete e
Napster veniva visto come un semplice motore di ricerca, mentre i media lo
descrivevano come un sito web che distribuiva file musicali protetti da copyright, piuttosto che un programma che facilitava la condivisione degli stessi.
Da un punto di vista strettamente giuridico, la vicenda è collegata allo
sfruttamento commerciale dell’opera dell’ingegno, diritto attribuito in esclusiva all’autore che deve autorizzarne la diffusione e copiatura della creazione.
Con l’eccezione dei casi di libera utilizzazione, gli altri usi senza il consenso
del titolare del diritto sono illeciti.
In gioco si trovavano contrapposti la protezione delle opere da usi indebiti e la loro libera circolazione come strumento di progresso sociale e culturale.
Napster, facilitando la condivisione delle opere, non teneva in debito conto
dei diritti di sfruttamento commerciale degli autori.
All’epoca della vicenda giudiziaria, uno degli argomenti giuridici di maggior interesse era il parallelismo fra la condivisione illecita e il furto, tale da
mobilitare il mondo giuridico internazionale, paragone inesistente visto che il
furto comporta l’impossessamento e la sottrazione del bene altrui, mentre il
file sharing non attua una sottrazione, ma semplicemente la diffusione indebita dell’opera. Il diritto di sfruttamento commerciale dell’opera non è quindi
assimilabile al diritto di proprietà. Questa equiparazione, oggi, appare del
tutto infondata sia dal punto di vista tecnico che giuridico 92, lasciando aperto
A&M Records, Inc. v. Napster, 239 F.3d 1004 (9th Cir. 2001)
Sul punto, appare esaustiva una sentenza della Cassazione penale, segno di come la
questione giuridica propriamente detta vada oltre i confini americani, suscitando precedenti
anche nel nostro ordinamento: «L'art. 624 C.p., norma base per la qualificazione del fatto
attribuito al ricorrente sub specie di illecito penale, e come tale anche premessa necessaria
per la esistenza del fumus commissi delicti, postula l'impossessamento della cosa mobile al91
92
53
l’interrogativo su quale modello giuridico imporre per la circolazione e la
fruizione di contenuti tramite il file sharing.
Parte della dottrina 93 ritiene impossibile regolamentare un fenomeno del
genere, tanto più che a seguito della chiusura di Napster sono stati creati tantissimi programmi per la condivisione file (WinMX o Kazaa immediatamente
successivi, eMule e BitTorrent oggi maggiormente noti e diffusi) che creano
delle difficoltà per un’imposizione dall’alto dell’interruzione del servizio.
Riguardo la tutela del diritto d’autore, la normativa è di duplice livello:
nazionale ed europeo.
A livello europeo si segnala la Direttiva IPRED2 94 che, sotto il profilo orizzontale, prevede la cooperazione tra forze di polizia e forze investigative
comuni che presumono il coinvolgimento dei detentori dei diritti; sotto il
profilo verticale, invece, introduce l’obbligo per gli Stati membri di incriminare d’ufficio le condotte internazionali di violazione dei diritti d’autore, attratrui, sottraendola a chi la detiene; di talché il soggetto spossessato non sia più detentore
della res.
Ora, nella concreta fattispecie dedotta in procedimento, si contesta al ricorrente di aver
sottratto dei files al presunto, legittimo detentore, e che l'impossessamento (con spossessamento di quel soggetto) si avvenuto mediante la "copiatura" dei files.
Indipendentemente da ogni altra argomentazione, è inevitabile considerare che la copiatura dei files da CD o da HD (compact-disk o hard-disk) in altro non consiste se non in una
"duplicazione" di tali files (analoga al risultato di un procedimento fotografico, se pure tecnicamente cosa ben diversa), tanto che i files in possesso del detentore del CD o del computer sul quale sia installato l'hard-disk contenenti i files (nel caso, dei progetti e degli studi
elaborati per conto del committente) rimangono memorizzati sul medesimo supporto sul
quale si trovavano, mentre di essi il soggetto, presunto agente nel reato di furto, entra in
possesso di un copia, senza che la precedente situazione di fatto (e giuridica) venga modificata a danno del soggetto già possessore di tali files.
E così come non può certo affermarsi che mediante processo fotografico si possa spossessare il titolare di un bene materiale corporeo (o di una res), così, allo stesso modo, non può
affermarsi che lo spossessamento avvenga mediante il processo di copiatura dei files informatici.
Ne consegue, per la non configurabilità del reato di furto dei files mediante duplicazione (o
copiatura), la mancata configurazione del fumus commissi delicti, necessario presupposto
del disposto sequestro.»
(Cass.pen., sez.IV, 13 novembre 2003 - 29 gennaio 2004, n.3449).
93 Ex multis cfr. PASCUZZI, Giovanni. Il diritto dell’era digitale. Tecnologie informatiche e regole privatistiche. Il Mulino, Bologna, 2006.
94 Direttiva IPRED2, acronimo di Intellectual Property Rights Enforcement Directive
(in italiano Direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale), è giunta all'esame del
Parlamento nell’aprile 2007 e modifica la 2004/48/EC, già nota come IPRED; questo ha
portato alla denominazione IPRED2.
54
verso delle norme penali, di cui hanno l’obbligo di dotarsi, in materia di copyright e contraffazione.
La normativa italiana, invece, distingue a seconda che si abbia il file sharing illegale di contenuti, con violazione della L.d.A., oppure il file sharing di
contenuti illegali, ossia reati di divulgazione o cessione del materiale pedopornografico (art.600ter c.p.). Esame di questo paragrafo sarà solo il primo
profilo.
Il file sharing illegale di contenuti prevede l’illegalità del mezzo di diffusione, non del contenuto. Il reato si realizza a seguito della violazione
dell’art.171-ter L.d.A. 95, sulla base del quale il semplice download di risorse
digitali è punito in via amministrativa con sanzione pecuniaria, parametrata
alla personalità dell’autore e alla gravità della violazione, a patto che tali condotte avvengano «per uso non personale» e «a fini di profitto». Il semplice
download senza upload 96 comporta la sanzione amministrativa, mentre il
download con upload (caratteristica del file sharing) comporta l’insorgere
del reato per violazione dell’art.171-bis L.d.A. Secondo tale articolo, chiunque,
senza averne diritto, con qualsiasi scopo e forma, metta a disposizione del
pubblico un’opera dell’ingegno protetta, immettendola in un sistema di reti
telematiche, è punito con multa da euro 52 a euro 2.065.
Tale ipotesi di reato, quindi, colpisce solo chi diffonde opere protette mediante reti telematiche per trarre un guadagno patrimoniale, comportamento
che, sebbene diffuso in Internet, non è quello tipico degli utenti P2P, comportando l’inapplicabilità della norma.
Sulla base di questo, la legge n. 43/2005 ha integrato l’art.171 con un ulteriore punto a-bis, secondo cui è punito chiunque «mette a disposizione del
Già nominato nel paragrafo 2.5., si ricorda che tale reato punisce con la sanzione pecuniaria amministrativa di 154 euro e la confisca chiunque abusivamente utilizzi, duplichi,
riproduca opere o materiali protetti, senza distinguere tra video, suoni, immagini, testi, programmi per elaboratore o altro.
Considerata la gravità del fatto (per quantità di violazioni o recidiva dell’autore), la sanzione
sale a euro 1.032 e, accanto alla confisca, si aggiunge la pubblicazione della violazione commessa su quotidiani o riviste specializzate.
96 Termine inglese, la cui traduzione letterale è caricamento, usato comunemente nel
linguaggio informatico per indicare il processo di invio o trasmissione di un file (più genericamente di un flusso finito di dati o informazioni) da un client a un server (un sistema remoto) attraverso una rete informatica. L'azione inversa è chiamata download (scaricamento).
95
55
pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa».
L’utilizzo del termine «mette a disposizione del pubblico» distingue la norma
rispetto alla precedente, individuando più precisamente la condotta degli utenti P2P. Inoltre, i reati di cui all’art.171, a differenza di quelli di cui
all’art.171-ter, non richiedono alcun tipo di dolo specifico, punendo le condotte illecite solo in quanto comportamenti praticati da «chiunque, senza averne
diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma», sanzionando anche le condotte avvenute gratuitamente a fini personali.
Dall’analisi del quadro normativo considerato, la dottrina ha stabilito che
«l’area penalmente rilevante si ricollega alla condotta di messa in condivisione (upload) dei contenuti protetti dal diritto d’autore: se il nostro utente,
invece, scarica e non lascia in condivisione (download senza upload) i file,
commette pur sempre un illecito, ma di carattere amministrativo con sanzione pecuniaria. Nella pratica, però, si tratterà di ipotesi del tutto eventuale in quanto sono gli stessi servizi di file sharing a mettere automaticamente
in condivisione i materiali scaricati. Il che può comportare qualche problema sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento psicologico, posto che si
tratta di condotte intenzionali ovvero che dovrebbero essere sempre sorrette
da dolo.» 97
Per il file sharer consapevole il legislatore ha previsto, oltre alle sanzioni
penali, l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie pari al doppio del
prezzo di mercato dell’opera o del supporto oggetto di violazione (art.174-bis
L.d.A.). Tale norma dovrebbe dar luogo a sanzioni di notevole portata vista la
diffusione massiccia del file sharing, tuttavia questo nella prassi non avviene
data la difficoltà di individuazione capillare di tutti coloro che utilizzano a
scopo illecito tale mezzo di condivisione.
Della questione se n’è occupata anche la giurisprudenza che si è espressa
per la negazione della rilevanza penale della diffusione e del download di file
musicali senza fini di lucro. «L’assenza del dolo specifico nel fine di lucro, da
intendersi come fine di guadagno economicamente apprezzabile o incre-
97
RICCI, Stefano. File sharing e attività illecite. Cit. pag.611.
56
mento patrimoniale da parte dell’autore del fatto e non come qualsiasi vantaggio di qualsivoglia altro genere, quale il semplice risparmio derivante
dall’uso di copie non autorizzate, esclude secondo l’insegnamento della Suprema Corte, l’applicabilità degli art.171-bis e 171-ter L.d.A. 98»
Un discorso a parte può essere fatto per la diffusione online della musica:
questa può essere legittimamente messa a disposizione dai content provider
muniti di licenza sperimentale 99, fornita dalla S.I.A.E. 100, della durata di un
anno, grazie alla quale le opere del repertorio musicale tutelate dalla S.I.A.E.
possono essere fruite dal pubblico e riprodotte con qualsiasi protocollo di trasmissione (streaming o download), indipendentemente dall'eventuale natura
commerciale del sito o dell'attività di riproduzione, in cambio del versamento
da parte del contraente di quote forfetarie.
3.2. Lo streaming
Lo streaming rappresenta oggi uno dei maggiori fenomeni della Rete, nei
confronti del quale la normativa sul Diritto d’Autore ha dimostrato la propria
inadeguatezza.
Si definisce streaming la «particolare modalità di diffusione di un flusso
audio/video da una sorgente a una o più destinazioni, mediante una rete telematica, che presuppone che i dati trasmessi vengano riprodotti man mano
che arrivano a destinazione, e che non siano memorizzati (se non temporaDE CATA, Marcello. La responsabilità civile dell’internet service provider. Giuffrè
Editore, Milano, 2010. Pag.43 – 44.
99 «La SIAE ha attivato dal dicembre 2008 il rilascio di una apposita licenza, a carattere sperimentale, gestita con procedura on-line, che consente ai Dj - sotto il profilo dei diritti degli autori ed editori delle opere musicali - di realizzare copie di fonogrammi e registrazioni anche digitali, per la creazione di compilation personalizzate destinate alla esecuzione in pubblico (le cosiddette “copie-lavoro”).
Deve comunque trattarsi di registrazioni di brani lecitamente distribuite o poste in commercio e lecitamente acquisite dal titolare della licenza.
La licenza prevede per il Dj l’obbligo di compilare e aggiornare sulla sua personale posizione on-line, il proprio catalogo di riproduzioni.»
Informazioni reperite dal sito istituzionale della S.I.A.E., al link
http://www.siae.it/Avvisi.asp?click_level=2800.1200&link_page=Musica_Avvisi_deejayonl
ine2.htm (consultato il 16 aprile 2015).
100 Acronimo per Società Italiana per gli Autori e gli Editori.
98
57
neamente nella c.d. cache di buffering 101) all’interno dell’apparecchiatura
che li riceve» 102.
Oltre la definizione meramente tecnica, il termine streaming è entrato
ormai nel linguaggio comune per indicare il mezzo per la visione di film, serie
tv, video in Rete. Segno di quanto il fenomeno sia dilagante, basta digitare il
nome di un qualsiasi film su di un motore di ricerca per trovare, fra i primi
suggerimenti, tale nome affiancato al termine in esame.
Le ragioni di questa diffusione sono molteplici e si ricollegano alle già più
volte descritte caratteristiche della rete: facilità di recepimento, possibilità di
fruizione in qualsiasi luogo e tempo si desideri, gratuità della visione. Che sia
l’ultimo film uscito al cinema o la serie tv sottotitolata perché non ancora tradotta in Italia, guardare un programma in streaming, soprattutto per i nativi
digitali 103, è ormai un’azione comune tanto quanto vedere la televisione di sera.
Della diffusione delle violazioni a mezzo streaming, è interessante
l’osservazione fatta dall’AGCom che ha evidenziato come «l’utente che dispone di un accesso a Internet costante e affidabile trova essenzialmente più
pratico usufruire immediatamente dei contenuti di rete (la c.d. experiencenow), piuttosto che scaricarli (download) sul proprio dispositivo e poi usufruirne (la c.d. experience-later). La maggior praticità dello streaming è dovuta sia alle minori esigenze di spazio sul proprio dispositivo, sia alla maggiore efficienza di indicizzazione (ovvero è più facile reperire un contenuto
tramite una ricerca su Internet che cercando fra le varie cartelle di un computer).»104
Esistono due diverse tipologie di streaming: l’on-demand, il quale presuppone l’accesso dell’utente a un server che abbia a disposizione contenuti,
In informatica, un buffer (letteralmente tampone, ma in italiano si usano comunemente i termini memoria di transito o memoria intermediaria) è una zona di memoria usata
in via temporanea per l'entrata o l'uscita dei dati, oppure per velocizzare l'esecuzione di alcune operazioni.
102 PROSPETTI, Eugenio. La circolazione delle opere digitali. In G.Cassano, G.Scorza,
G.Vaciago (a cura di), Diritto dell’Internet. Manuale operativo. Casi, legislazione, giurisprudenza. Padova, CEDAM, 2012.
103 Sul punto vedi paragrafo 1.
104 AGCom, documento del 12 febbraio 2010. Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica: indagine conoscitiva.
101
58
visionabili nel momento e luogo di sua scelta, memorizzati in un file; e il live,
similare alla trasmissione tradizionale di radio o video in diretta 105.
Entrambe le tipologie sono comunemente presenti in Italia e, soprattutto,
offrono la possibilità di visionare in maniera del tutto legale i contenuti. Tralasciando le mere trasposizioni sul web del servizio pay tv (che sia Skygo o
TimVision o altri similari), i video on-demand in senso stretto sono tendenzialmente fruibili dietro sottoscrizione di un abbonamento mensile, in parte
poi utilizzato dal fornitore del servizio per il riconoscimento economico del
diritto d’autore. Alcuni esempi di servizi in tal senso sono Cubovision o Infinity. Però l’idea di pagare (anche poco) per un servizio che è possibile reperire ancor più facilmente online, sebbene illegalmente, sfiora poco le menti dei
“guardatori” di streaming, soprattutto perché chi è abituato all’utilizzo di tale forma di intrattenimento raramente è consapevole dell’illecito in atto.
La differenza fondamentale fra lo streaming e il download di un contenuto, infatti, è data dal fatto che nello streaming l’elemento caratterizzante è
la semplice visione del materiale, non la sua registrazione su memorie permanenti del supporto scelto, visione che si esaurisce nel momento in cui viene avviata con le tecnologie a ciò predisposte. Anche nello streaming si ha
una memorizzazione del contenuto, ma questa è temporanea, in quanto avviene nella RAM 106, e dà origine a copie solo parziali nella cache (si parla, in-
Le due categorie on demand e live corrispondono alle categorie normative dei servizi
media audiovisivi, rispettivamente non lineari e lineari, previste dalla Direttiva
13/20120/UE, come recepita dal D.Lgs.177/2005 (Testo Unico sui Servizi Media Audiovisivi
e s.m.i.). La differenza fra i servizi media audiovisivi e lo streaming è che i primi riguardano
solo alcuni tipi di contenuto in streaming e questo comporta che, mentre ogni servizio media
audiovisivo via web è contenuto in streaming, non sarà vero il contrario.
La conseguenza è che le norme che fanno riferimento esclusivamente ai servizi media audiovisivi, come quelle riguardanti il diritto d’autore, non saranno immediatamente applicabili a
tutti i casi di streaming.
106 La RAM (Random Access Memory, letteralmente “memoria ad accesso casual”) è la
memoria sulla quale i dati ivi registrati (dati operanti e/o software) vengono automaticamente cancellati qualora vi si registrino sopra altri dati o si dia un apposito comando. Egualmente, togliendo la corrente alla macchina, i dati registrati in una memoria RAM vengono perduti. Per effetto di ciò la memoria RAM si dice volatile.
BORRUSO, Renato; RUSSO, Stefano; TIBERI, Carlo. L’informatica per il giurista. Dal bit a
Internet. III ed. Giuffrè Editore, Milano, 2009, pag.125.
105
59
fatti, del c.d. buffering 107 dei dati), le quali, terminata la riproduzione, saranno anche eliminate in automatico Data la facilità di reperimento di contenuti
attraverso tale strumento, le violazioni del diritto d’autore appaiono abbastanza evidenti se si pensa alla facilità con cui un film, magari appena uscito
nelle sale, entri facilmente nelle case delle persone senza che si abbia né il pagamento di un biglietto (con conseguente ritorno economico per l’autore
dell’opera), né il riconoscimento di alcun diritto morale. L’unico costo sopportato dall’utilizzatore sarebbe quello della connessione alla Rete, dei pochi
giga spesi per il caricamento del filmato, costo che avvantaggia solo il provider che ha fornito i servizi Internet.
Dal punto di vista normativo, sia nazionale che europeo, questa violazione del diritto d’autore non trova considerazione alcuna.
In primo luogo perché manca una definizione di streaming, visto che
l’ultima sostanziale riforma della Legge sul Diritto risale a un periodo antecedente al c.d. Web 2.0 108, ossia la diffusione multimediale attraverso la rete
Internet, quando il solo modo per collegarsi a Internet era il modem analogico e l’utente medio ignorava l’esistenza di una possibile linea ADSL. Sebbene
fosse pensabile ipotizzare che, in un futuro non troppo lontano, le connessioni sarebbero state più veloci e avrebbero permesso una rivoluzione dei contenuti digitali, la Direttiva del 2001 prevedeva che le opere potessero essere diffuse principalmente su supporto fisico e solo in via eventuale circolanti su reti
telematiche, ma comunque a ridotte velocità. Tale carenza è solo strutturale e
risultato del lento sviluppo della L.d.A.: essa infatti, nel definire l’oggetto di
tutela, non ha tenuto conto della specificità del mezzo digitale, ma ha definito
l’opera dell’ingegno solo in relazione al supporto sul quale fosse fissata, supporto deciso direttamente dall’autore quale corpus mechanicus non scorporabile dal corpus mysticum. Quando si ha la separazione fra queste due componenti, infatti, si ha una violazione del diritto d’autore classico.
In informatica, un buffer (letteralmente tampone, ma in italiano si usano comunemente i termini memoria di transito o memoria intermediaria) è una zona di memoria usata
in via temporanea per l'entrata o l'uscita dei dati, oppure per velocizzare l'esecuzione di alcune operazioni.
108 L’ultimo incisivo aggiornamento della L.d.A. risale, infatti, all’emanazione della Direttiva 2001/29/CE.
107
60
Nel caso dello streaming, però, questo discorso appare del tutto non applicabile, poiché il corpus mechanicus è costituito da una serie di dati fluidi e
liquidi che, nel momento in cui sono creati, non lasciano presagire il formato
in cui saranno visualizzati. Il contenuto digitale non può né essere limitato in
un corpo meccanico, né assumere solo la veste voluta dall’autore, data la possibilità di cambiare il formato di visualizzazione. Questo formato dell’opera
digitale non potrebbe rientrare nella definizione classica fornita dalla normativa e, quindi, resterebbe esclusa dalla tutela.
Questa conclusione, però, crea dei dubbi interpretativi: se è vero che una
definizione di streaming non sussista e, inoltre, sembri anche difficoltoso ricondurlo in una normativa di riferimento, è altrettanto vero che lo streaming
potrebbe essere ricompreso in alcune disposizioni sanzionatorie della L.d.A.
Come per il caso del file sharing, anche in tale situazione può trovare applicazione l’art.171, lettera a-bis L.d.A. 109 che, ricordandolo, punisce con sanzioni pecuniarie chi, al di fuori di alcuni casi espressamente predeterminati,
«mette a disposizione del pubblico un’opera dell’ingegno protetta, o parte di
essa, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni
di qualsiasi genere».
Sebbene il tenore della norma sia generico, essa pone degli interrogativi
che rendono necessaria un’esegesi del testo. In primo luogo l’espressione di
qualsiasi genere sembrerebbe attribuire alla norma carattere di sanzione solo
del file sharing illegittimo di materiale protetto dalla L.d.A e quindi della
semplice immissione del materiale nella disposizione di un vasto numero di
soggetti, realizzando un reato istantaneo determinatosi nel momento
dell’immissione; la specificazione della messa a disposizione di un pubblico,
invece, qualificherebbe la fattispecie quale illecito permanente, la cui lesione
perdura fino all’eventuale rimozione. La condotta di reato è libera, come evidenziato dal termine «mediante connessioni di qualsiasi genere», facendovi
rientrare non solo l’upload su un sito web, ma anche la riproduzione, la digitalizzazione o qualsiasi altro mezzo di trasferimento dell’opera dell’ingegno
109
Di tale articolo se n’è già parlato nei paragrafi 2.5 e 3.1.
61
attraverso una condivisione online, comprendendovi (e qui si giunge al nodo
della questione) anche lo streaming.
Altra fonte normativa italiana è il successivo art.171-ter che punisce severamente chiunque, in violazione della L.d.A, comunica opere dell’ingegno
protette (anche parzialmente) al pubblico, a fini di lucro, immettendole in un
sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere. A differenza del precedente articolo, il punto focale della norma appare essere il «fine di lucro» che comporta una violazione più grave, meritevole quindi della
reclusione quale sanzione. In realtà questa conclusione non è pacificamente
adottata in giurisprudenza, in quanto vi sono state delle pronunce discordanti. Alcune Corti hanno affermato che «il fine di guadagno economicamente
apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, […]
non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere, né
l’incremento patrimoniale può identificarsi con il mero risparmio di spesa
derivante dall’uso di copie non autorizzate di programmi con altre opere
dell’ingegno, al di fuori dello svolgimento di un’attività economica da parte
dell’autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l’abuso» 110.
Altre Corti, invece, si sono espresse per l’operatività della norma in esame
solo qualora le condotte di duplicazione e di diffusione in pubblico abusivamente siano realizzate per fini di lucro e non per uso personale 111; oppure per
l’insorgere della responsabilità 112 per tale reato solo in presenza di una prova
adeguata la quale dimostri che il contenuto del materiale abusivamente riprodotto non sia destinato a uso personale 113.
Altre teorie 114, accolte soprattutto oltreoceano, hanno accolto la tesi della
liceità dello streaming, qualificato quale «memorizzazione effimera finalizzata alla fruizione dell’opera», la quale deriverebbe dall’esistenza di una implicita autorizzazione del titolare dei diritti di utilizzazione: colui che immette
l’opera nel circuito telematico per la comunicazione al pubblico acconsentiCass.pen., sent. n.149, 9 gennaio 2007.
In tal senso Trib.Milano, 1 ottobre 2002, in Foro ambrosiano 2002, 521.
112 Sulla Responsabilità civile per la violazione del diritto d’autore delle opere digitali vedi il paragrafo 5, capitolo corrente. Per una trattazione più diffusa della Responsabilità
dell’ISP, si rimanda in toto al secondo capitolo.
113 In tal senso, App.Bari, sez.I, sent. n.853, 17 luglio 2006.
114 Riportate da CUNEGATTI, Beatrice. Il diritto d’autore online. Cit. pag.328
110
111
62
rebbe alla possibilità di effettuare copie cache da parte degli utenti perché se
ne possa avere l’utilizzo. Questa conclusione, in ambito europeo e nazionale,
appare priva di fondamento.
In ambito europeo, la Direttiva 2001/29/CE ha riconosciuto (art.2) il diritto esclusivo di «autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta,
temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte»
a determinati soggetti aventi, sull’opera in esame, diritto alla tutela autoriale
(che siano di volta in volta gli autori, o gli interpreti o esecutori, o i produttori). Al tempo stesso, l’art.5 della Direttiva ha introdotto un’eccezione a tale articolo per gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio eseguiti per consentirne la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento
di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o altri materiali protetti, includendovi anche gli atti che facilitano la navigazione in rete e la realizzazione di copie cache (considerando 33 della Direttiva).
Parallelamente in ambito nazionale è da segnalare la modifica dell’art.13
L.d.A. a opera del d.lgs.n.68/2003 115, oltre che l’art.68bis della medesima
legge che statuisce come non costituisce riproduzione soggetta a privativa
dell’autore quella «priva di rilievo economico» proprio nel caso in cui gli atti
di riproduzione siano «transitori o accessori e parte integrante ed essenziale
di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario, o un utilizzo
legittimo di un’opera o altri materiali.»
A seguito di tali modifiche si ribadisce il principio secondo il quale «il titolare della privativa ha pieno diritto di controllare anche le riproduzioni
meramente effimere (includendovi in tal modo anche lo streaming), sebbene
realizzate in formati diversi da quelli tradizionali. Nella società della informazione, ciò conduce al riconoscimento dell’operatività della privativa in
via generale per le riproduzioni digitali anche solo temporanee» 116.
L’art.68bis servirebbe a bilanciare tale principio, introducendo un’eccezione
che rende lecite, a prescindere dal consenso del titolare dei diritti, le riproduzioni nella rete preordinate a consentire il trasferimento del materiale protet115
116
Per il testo completo, si richiama il paragrafo 2.3.2. corrente capitolo.
CUNEGATTI, Beatrice. Il diritto d’autore online cit. pag.329.
63
to dal server d’origine al computer dell’utente finale (c.d. copia di back up),
così come la fruizione temporanea del materiale da parte dell’utente legittimo.
Da questi dati normativi possiamo dedurre l’illeceità dello streaming, a
meno che esso non avvenga a seguito di acquisto di un’opera tutelata dal diritto d’autore, con conseguente rispetto della normativa, e trasferimento di
una copia dello stesso su altro supporto (per esempio: l’acquisto di un film in
DVD, ma la visione di una copia creata dallo stesso sul computer) 117.
Se il quadro positivo appare – dubbi interpretativi più o meno estesi a
parte – abbastanza esplicito al riguardo, ben diversa è la situazione sul piano
pratico. Un caso di cronaca è emblematico: il maxisequestro operato il 5 marzo 2014 dalla Guardia di Finanza che ha portato al blocco di ben 46 siti che
fornivano servizi di streaming, attuando l’oscuramento dei medesimi e il rimando a una pagina controllata dalla stessa Guardia di Finanza.
Tale operazione, effettuata dal nucleo speciale per la radiodiffusione e
l’editoria di Roma della Guardia di Finanza, in collaborazione con il nucleo
speciale frodi tecnologiche delle Fiamme Gialle e su mandato del p.m. Bernardette Nicotra, si è svolta sulla base dell’art.171-ter, comma 2, lett. a) bis 118:
contestato era il fine di lucro, in ottemperanza all’articolo citato, realizzato attraverso l’introduzione nel frame del sito di banner pubblicitari e la richiesta
di libere donazioni. Letteralmente nell’ordinanza si legge che «gli autori delle
predette attività delittuose verosimilmente realizzano un sostanzioso lucro
da tale condotta stante la presenza, in ogni sito pirata, di numerosi banner
Nella pratica questa eccezione viene spesso usata per giustificare un abuso della tutela. Molti forum, infatti, vengono creati per la condivisione di materiale protetto dal diritto
d’autore (film, libri, musica) basando il tutto su una dichiarazione dell’utente, spesso una
semplice spunta nelle condizioni d’iscrizione al forum, di possedere l’opera originale.
L’ottenimento dell’opera digitale dal forum, quindi, sarebbe giustificato a mera copia di back
up. Se giuridicamente parlando tale pratica rientra nell’eccezione dell’art.68bis L.d.A., nella
prassi si ha una violazione della normativa, difficilmente provabile data l’impossibilità di
controllare se tutti gli utenti che hanno scaricato una copia ne posseggano davvero
l’originale.
118 Art.171-ter: «2. È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da
euro 2.582 a euro 15.493 chiunque: […]
a-bis) in violazione dell'art. 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno
protetta dal diritto d'autore, o parte di essa.»
117
64
pubblicitari, generatori di utili con la nota procedura del pay for click»,
quindi per aver messo a disposizione link e streaming di contenuti protetti
dal diritto d’autore per fini di lucro.
In realtà, sebbene all’inizio tale azione sia stata acclamata per la sua rapidità e innovatività, con molte voci espressesi positivamente nei confronti della Guardia di Finanza che era stata in grado di anticipare l’operatività del Regolamento Agcom 680/13/CONS (il quale sarebbe entrato in vigore poche
settimane dopo 119), i risultati del maxisequestro sono stati alquanto deludenti. Già nel momento in cui le operazioni si sono svolte, la stessa Guardia di
Finanza ha chiesto di modificare l'ordine per evitare il coinvolgimento di siti
incolpevoli, resasi conto che alcuni dei siti oggetto del provvedimento erano
sottodomini che, anche se ospitati dai siti pirata, non ne condividevano il fine
delittuoso e dovevano essere tutelati nella loro attività, tutela resa impossibile
dato l’oscuramento generale. Il risultato finale dell’operazione è stato un nulla di fatto visto che, pochi giorni dopo, tutti i siti interessati dal sequestro sono tornati accessibili, dimostrando come le metodologie attualmente in uso
per la repressione di tali attività siano inefficaci.
Il sequestro fisico dei siti web è un’operazione praticamente impossibile
in quanto, nella maggior parte dei casi, i server su cui si poggiano tali portali
sono situati in Paesi extraeuropei e, quindi, le sole strade percorribili per
l’oscuramento di tali domini sono due: il blocco dell’indirizzo IP, che tuttavia,
come dimostrato, ha portato al blocco anche di siti incolpevoli, o il blocco del
dominio tramite DNS 120, strada facilmente aggirabile dall’utente che, adeguatamente istruito dal gestore del portale, può modificare le impostazioni del
proprio computer per continuare nell’utilizzo del sito. Molti dei portali sottoposti a sequestro, inoltre, hanno modificato l’estensione del proprio dominio
raggirando il provvedimento.
«La più grande operazione antipirateria in Italia», come era stata etichettata, non ha portato a molti risultati, al punto che da molte parti si è proPrecisamente il Regolamento 680/13/CONS è entrato in vigore il 31 marzo 2014.
Il sistema dei nomi di dominio (Domain Name System in inglese, da cui il noto acronimo DNS), è un sistema utilizzato per la risoluzione di nomi dei nodi della rete (in inglese: host) in indirizzi IP e viceversa. Il servizio è realizzato tramite un database distribuito, costituito dai server DNS.
119
120
65
posta quale soluzione al problema quella di colpire non i siti, ma le vie di finanziamento dei gestori.
3.3. La manipolazione illecita di fotografie
Nell’ambito di applicazione oggettivo della L.d.A. rientrano anche le fotografie.
Inizialmente le fotografie erano protette dalla L.d.A. solo come oggetto di
diritto connesso 121, ma, a seguito dell’emanazione a livello internazionale della Convenzione di Berna, con le modifiche apportate a Parigi nel 1886, si era
creata una discrepanza fra le fonti nella protezione riconosciuta alle fotografie, superata solo con il D.P.R. 8 gennaio 1979 n.19 di recepimento della Convenzione.
Attualmente la legge italiana opera una distinzione tra le opere fotografiche, distinguendo quelle dotate di carattere creativo 122, oggetto della disciplina del diritto d’autore, dalle semplici fotografie 123, tutelate come diritto connesso, alle quali è dedicato un apposito capo della normativa, nello specifico
Nel diritto d’autore sono tutelati anche i c.d. diritti connessi, ossia i diritti di chi, pur
non essendo l’autore originale di una determinata opera, vi partecipa da un punto di vista industriale, tecnico o creativo. Essi sono disciplinati dalla L.d.A. al Titolo II, “Disposizioni sui
diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore”, dall’artt.72 a 101.
I diritti connessi possono essere divisi in due sfere principali: i “diritti strettamente connessi al diritto d’autore”, riferiti sostanzialmente all’uso dell’opera, non riguardano
l’espressione creativa (tra questi esempi sono i diritti del produttore di fonogrammi per le
opere audio, del produttore di opere cinematografiche o audiovisive, degli interpreti e degli
esecutori e quelli relativi all’emissione radiofonica e televisiva), e i “diritti concettualmente
affini al diritto d’autore”, riferiti a opere comunemente giudicate meno creative (vi rientrano
i diritti relativi alle fotografie e ai documentari, a bozzetti di scene teatrali, alla corrispondenza epistolare e ai ritratti, i diritti relativi all’ingegneria e alle edizioni critiche e scientifiche di
opere di pubblico dominio).
122 Art.2: «In particolare sono comprese nella protezione: […]
7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia, sempreché non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del capo 5 titolo 2.»
123 L’art.87 delimita l’ambito applicativo dando la definizione di fotografia semplice, valevole per l’applicazione della normativa: sono considerate fotografie, infatti, «le immagini di
persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa ed i
fotogrammi di pellicole cinematografiche.»
121
66
il capo V rubricato “Diritti relativi alle fotografie”, comprendente gli artt.87 a
95.
La distinzione si fonda sulla maggior creatività delle prime, le quali esprimono la personale visione della realtà del fotografo, che, attraverso
l’attività di preparazione, opera una precisa scelta artistica; le semplici fotografie (dette anche fotografie non creative) costituiscono una riproduzione
meccanica della realtà 124.
Una terza categoria, residuale, è rappresentata dalle riproduzioni di oggetti materiali, le quali sono escluse sia dalla disciplina del diritto d’autore
che da quella del diritto connesso a opera del secondo comma dell’art.87:
«Non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.» Anche in tal caso la dottrina
e la giurisprudenza non possono ricorrere a categorie standard per la classificazione delle fotografie nell’una o nell’altra categoria. Alcuni hanno individuato una distinzione rispetto alle finalità originarie dell’opera, escludendovi
dalla protezione quelle aventi funzione di mera riproduzione documentale,
ma non quelle aventi una funzione autonoma e ulteriore (editoriale, pubblicitaria, cronaca). 125 La questione, quindi, deve essere risolta caso per caso dai
Il requisito scriminante è dato dalla creatività adoperata dall’autore per la realizzazione dell’opera. Data l’astrazione del termine in esame, una definizione oggettiva è impossibile da individuare e questo ha portato le Corti italiane e far leva di volta in volta su diversi
aspetti. Una fotografia è stata individuata come opera d’arte sulla base della «personale e sostanziale rielaborazione delle immagini da parte del fotografo» (Trib.Roma, 24 febbraio
1998), «capacità di evocare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà evocata» (Trib.Firenze, 16 febbraio 1994), o su «l’impronta personale dell’autore risultante da
più elementi» (App.Milano 5 novembre 1993), giungendo anche a far leva sulla capacità
dell’immagine di «trasmettere le emozioni proprie del fotografo» (Trib.Milano 28 giugno
1993).
Al contrario la semplice fotografia è stata definita un’immagine «frutto di sicura professionalità, in quanto vi si riscontra un’accurata ricerca e composizione degli oggetti fotografati, un’equilibrata relativa reciproca collocazione, uno studiato e non casuale uso della luce, ma che, non ritrasmettendo alcuna reinterpretazione soggettiva della realtà e non evocando alcuna particolare suggestione, risulti priva di quel livello di originalità e creatività
che giustificano la tutela delle opere dell’ingegno ai sensi dell’art.2 L.d.A.» (App.Milano 7
novembre 200).
125 Un esempio di interpretazione giurisprudenziale è offerto dalla Cass. 21 giugno 2000
n. 8425 che considera fotografie documentali «non ogni fotografia riproducente un oggetto
materiale, bensì solo quelle aventi mera finalità riproduttivo - documentale e perciò non
destinate a funzioni ulteriori, quali, ad esempio, la commercializzazione o promozione di un
prodotto», con la conseguenza che «le foto c.d. semplici, riproducenti oggetti materiali, be124
67
giudici di merito che sono tenuti a valutarle sia sulla base delle diverse caratteristiche delle fotografie, ma anche dal contesto interpretativo e storicosociale in cui vengono collocate.
Per l’opera fotografica, vengono riconosciute all’autore tutte le facoltà accordate dalla L.d.A., sia per i diritti di utilizzazione economica che per quelli
morali, compreso l’obbligo di citazione dell’autore nell’attribuzione del diritto
di paternità.
Al contrario, la semplice fotografia ha una tutela ridotta apprezzabile nel
capo dedicato. I diritti esclusivi 126 di riproduzione, diffusione e spaccio spettano al fotografo, come stabilito dall’art.88, a meno che l’opera sia stata realizzata nell’esecuzione di un contratto di impiego o lavoro (nei limiti
dell’oggetto e delle finalità del contratto) o salvo che non si abbia la cessione
del negativo o di un analogo mezzo di riproduzione della fotografia, la quale
comporta la cessione anche di tali diritti (art.89).
Perché si possa ottenere la tutela, è fondamentale che le fotografie presentino le indicazioni individuate dall’art.90:
«1) Il nome del fotografo o, nel caso previsto nel primo capoverso
dell'articolo 88, della ditta da cui il fotografo dipende o del committente.
2) La data dell'anno di produzione della fotografia.
3) Il nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata.»
In mancanza di tali indicazioni, infatti, la riproduzione non è considerata
abusiva, a meno che non sia provata dal fotografo la malafede del riproduttore.
Il quadro appena descritto per la protezione delle opere fotografiche tutela anche le immagini digitali, con la conseguenza che qualsiasi riproduzione
neficiano della tutela dei diritti connessi a quelli d’autore quando insieme alla funzione meramente documentale (di tali oggetti) abbiano anche funzioni aggiuntive, quali quella editoriale e commerciale (nella specie, è stato riconosciuto il diritto allo sfruttamento esclusivo
da parte del fotografo di foto raffiguranti materiale ospedaliero, già inserite in un catalogo)».
Il problema di questa interpretazione è quello di rendere impossibile la qualificazione della
fotografia attraverso l’esame oggettivo della medesima perché è indispensabile rapportare la
fotografia al contesto e alle finalità per le quali è stata scattata.
126 Tali diritti cessano, per le semplici fotografie (c.d. foto non creative) dopo vent’anni
dalla produzione delle stesse, così come stabilito dall’art.92. Le foto creative, invece, godono
di una tutela maggiore, estesa fino a settant’anni.
68
non autorizzata dall’autore è illecita. Il fondamento di tale estensione della
normativa lo si riscontra nell’art.87 che, nel dare la definizione di fotografia,
non si limita a ricomprendervi le opere ottenute solo con processo fotografico
meccanico, ma contiene una clausola di salvaguardia espressa nel termine
«processo analogo». È questa una piccola accortezza del legislatore che, sebbene di scarso rilievo al tempo di modificazione ultima dell’articolo, permette
oggi di svincolare del tutto l’opera dalla procedura di sviluppo necessaria per
l’ottenimento di una copia fisica, e di considerare fotografie anche l’insieme
di bit che passano direttamente dal supporto utilizzato per lo scatto, cellulare
o macchina fotografica che sia, fino a quello scelto per la visualizzazione.
Nonostante questo, appare abbastanza evidente come la commissione di
illecito a danno di fotografie sia molto facile nell’era del web 2.0: il passaggio
dalla rete al proprio personal computer di una fotografia è pressoché istantaneo (considerando la velocità media di connessione e la scarsa grandezza del
file considerato), con l’ottenimento di una copia assolutamente identica
all’originale. «Essa infatti, essendo il risultato ultimo di una serie di informazioni in bit, può essere riprodotta come identica nel momento in cui è
possibile acquistare e riprodurre tali informazioni digitali» 127. Altrettanto
semplice è la successiva modificazione della foto con ri-condivisione sulla Rete. Considerando la precisione e facilità di utilizzo dei programmi per modificare le foto (un esempio su tutti: Photoshop), semplici meccanismi di tutela
almeno della paternità dell’opera, come l’aggiunta del nome dell’autore o del
suo logo, sono facilmente superabili dall’uso sapiente di tali programmi e
quindi le proprie foto, modificate in parte o nella totalità, potrebbero essere
utilizzate per gli usi più disparati, da una nuova condivisione su un unico sito
fino alla diffusione a mezzo pubblicitario.
Da segnalare è una convinzione diffusa in Rete: se si modificano almeno
sette dettagli di una foto, questa foto, così come modificata, può essere utiliz-
127 RINALDI, Gian Marco. Diritti sulle fotografie. Articolo dell’8 marzo 2001 per
www.interlex.it, nella raccolta Il diritto d’autore in Internet. Consultabile al link:
http://www.interlex.it/copyright/rinaldi2.htm (consultato il 12 aprile 2015).
69
zata quale opera nuova 128. In realtà tale pratica non è assolutamente corretta
giacché non sussiste alcuna norma che la giustifichi o autorizzi, eppure la
semplice diffusione di una tale convinzione fa presagire come nei fotografi, di
professione o in erba che siano, l’istinto creativo vada a surclassare la protezione dell’opera altrui, rendendoli meno consapevoli dell’illiceità dell’azione
commessa 129.
Visto il prosperare della riproduzione illecita di immagini digitali, sono
nati alcuni sistemi di protezione digitale, come la chiave di marcatura elettronica, che include nell’immagine un codice di identificazione, oppure la
possibilità di utilizzare una filigrana, o un marchio, che blocca il primo utilizzo dell’immagine in mancanza di una password. Questo, però, non assicura
una protezione ad infinitum dell’opera: una volta rimossa la protezione con
programmi ad hoc, l’immagine può essere duplicata all’infinito.
Un altro sistema di protezione è il watermark 130, ossia un marchio che,
una volta inserito nell’immagine, ne identifica l’autore fornendone i dati, in
maniera tale che si possa sia fornire una prova della paternità dell’immagine,
ma anche identificare il titolare del diritto d’autore perché sia contattato per
il consenso alla riproduzione.
Non esistono però, allo stato attuale, sistemi di protezione sicuri.
Per maggiori dettagli in merito, si consiglia la visione del video su Youtube di Tauvisual (link https://www.youtube.com/watch?v=hmFncCBIeYs, consultato il 12 aprile 2015),
consigliato dal sito http://www.fotografi.org/diritto.htm.
129 Considerazioni analoghe sono state fatte in generale su tutte le violazioni online del
diritto d’autore. Per completezza, si rimanda alla lettura del paragrafo 3.
130 In informatica il termine watermarking si riferisce all'inclusione di informazioni
all'interno di un file multimediale o di altro genere, che può essere successivamente rilevato
o estratto per trarre informazioni sulla sua origine e provenienza.
Il watermarking si realizza attraverso due algoritmi: uno di codifica del marchio, che
prende in input immagine originale e ne restituisce in output la corrispondente immagine
opportunamente marcata e il marchio vero e proprio; l'altro di decodifica che, presa in input
l'immagine marchiata e l'immagine originale (se il watermark è non cieco), restituisce il marchio associato.
128
70
4.
La responsabilità civile per gli illeciti sul web: introduzione
storica
Nel momento in cui si affronta il tema della responsabilità civile in
Internet ci si trova inevitabilmente di fronte a un’antitesi: i due termini, infatti, appaiono molto distanti fra di loro. La responsabilità civile è un tema caro
alla tradizione giuridica più antica, la cui nascita risale agli albori del diritto;
Internet, invece, ha fatto la sua comparsa solo nel 1969 sotto il nome di Arpanet, con un’espansione e delle funzioni (necessità di collegamento tra le
principali università americane) che non avrebbero mai fatto pensare alla
configurazione che avrebbe poi assunto con il passare degli anni. Internet,
come già ampiamente sottolineato, mal si presta a una regolamentazione giuridica, eppure negli ultimi anni la sua diffusione ha reso necessario attuare
un’estensione delle regole giuridiche più tradizionali per la prevenzione e la
tutela degli illeciti.
Un’osservazione di carattere storico si rende necessaria: il diritto occidentale nasce da una rivoluzione. Questa, almeno, è la conclusione raggiunta
dallo studioso Harold Berman, che ha individuato nella riforma gregoriana e
nella lotta per le investiture del 1075 il punto di partenza del diritto moderno,
in quanto tali eventi hanno dato «origine alla formazione del primo sistema
giuridico occidentale moderno […] e alla fine anche ai nuovi sistemi giuridici secolari» 131. Questa considerazione è stata ripresa da altri studiosi che
hanno evidenziato come «le più grandi trasformazioni nella storia degli ordinamenti giuridici occidentali si devono a rivoluzioni sociali, culturali, religiose, economiche, nessuna delle quali può essere paragonata alla rivoluzione in atto nel XX secolo» 132.
Gli ordinamenti giuridici occidentali, così come li intendiamo oggi, non si
classificano più in base al dato geopolitico, bensì bisogna tener conto del tenore di vita della popolazione, del dato economico, del livello di produzione
scientifica e di diffusione raggiunta dalle tecnologie, in specie attraverso
BERMAN, Harold J. Law and Revolution. The Formation of the Western Legal Tradition, Cambridge (Mass.), 1983, trad. it. Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione
giuridica occidentale, Bologna, 1998, 16.
132 DI CIOMMO, Francesco. La responsabilità civile in Internet cit.
131
71
Internet; le nuove tecnologie, infatti, hanno determinato un progressivo avvicinamento tra le culture giuridiche di tutti i paesi, e così si spiegano anche le
influenze che un paese lontano come il Brasile, con il suo Marco Civil 133, ha
avuto in Europa e nella stessa Italia.
L’Occidente non è più un dato geografico, ma tecnologico. Il diritto di
matrice romana deve scontrarsi con una necessità nuova: quella di dotare gli
stati di principi e diritti che vadano oltre la storia giuridica del singolo stato e
possano disciplinare uno spazio transnazionale, nel quale si sviluppano il
commercio e le relazioni interpersonali. Sono infatti gli stessi operatori economici che, lavorando su un mercato non più limitato da confini sicuri, necessitano di regole certe in grado di dare sicurezza ai rapporti conclusi, specialmente ai contratti. Oltre loro, sono anche i privati a richiedere tutele: vi
può essere facilmente un abuso della loro condizione di debolezza economica
se non sono protetti dal diritto.
Fatte queste considerazioni, si comprende come l’incontro – e a volte anche lo scontro – della tradizionale responsabilità civile con la moderna importanza di Internet fosse inevitabile, soprattutto data l’evoluzione sempre
più accelerata delle società tecnologizzate e l’aumento della possibilità di arrecare danni a terzi. Tale incontro, però, non è da subito stato notato dalla
dottrina: i primi scritti in tal senso hanno evidenziato come in Italia regnasse
«un’atmosfera di tranquilla indifferenza», che correva il rischio «di essere
l’indifferenza dell’ignoranza», evidenziandone le «difficoltà di incanalare la
variegatezza delle ipotesi prospettabili nei binari delle regole tradizionali in
materia di responsabilità civile» 134. Il susseguirsi di casi concreti di illecito,
però, ha rotto questo clima di indifferenza, spingendo anche la dottrina a interrogarsi più assiduamente sulla questione.
In questa situazione di incertezza, la branca della responsabilità civile che
meglio si prestasse a un allargamento dei propri confini è apparsa quella della responsabilità extracontrattuale. Dottrina autorevole135 ha evidenziato coPer dettagli, si rimanda alla lettura del paragrafo 1.2. corrente capitolo.
BUSNELLI, Francesco Donato. Introduzione, in G. Alpa (a cura di), Computers e responsabilità civile, Giuffré Editore, Milano, 1985.
135 RICCIO, Giovanni Maria. La responsabilità civile degli Internet Provider. Giappichelli Editore, Torino, 2006. Pag.16
133
134
72
me questa forma di responsabilità ha sempre vissuto nell’ombra rispetto alla
contrattuale e a quella penale, ma lo sviluppo del sistema e il venir meno del
dogma che considerava la contrattuale e l’extracontrattuale come due responsabilità irrimediabilmente scisse tra loro, le hanno permesso di allargare i
propri confini e colmare i vuoti che si creano «dove non arrivano le regole
contrattuali e dove non possono intervenire le sanzioni penali e quelle amministrative»136 .
Il venir meno della cortina di ferro fra la responsabilità contrattuale –
quale riparazione della violazione dell’obbligo, intercorrente fra due o più
soggetti, di dare, fare o non fare quanto pattuito – e quella extracontrattuale
– quale risarcimento di un danno ingiusto causato da un soggetto a un altro,
la cui determinazione porta all’insorgere del rapporto fra gli individui – ha
permesso di avere delle commistioni fra le due materie, assicurando il risarcimento del danno a prescindere dalla sua fonte, con un livello di protezione
molto più ampio per il danneggiato.
Sulla base di queste considerazioni, si vogliono analizzare i profili di responsabilità che si determinano in caso di illecito online, tema del secondo e
terzo capitolo, partendo da un esame di quelle che sono le caratteristiche dello stesso.
4.1. Caratteristiche dell’illecito online
«Ciò che è illegale fuori dalla Rete lo è anche nella Rete» 137.
Non si può assolutamente accogliere la lettura, effettuata dalla dottrina
d’oltreoceano, che vede in Internet uno spazio vuoto di diritto e soggetto solo
alle regole autodisciplinati degli utenti. Anche in Internet, infatti, è possibile
la commissione di illeciti o la violazione di doveri o diritti, tanto che si può
operare una sommaria distinzione fra le diverse tipologie di illeciti. Essi, infatti, si classificano in illeciti di Internet, commessi dai soggetti che a vario tiPONZANELLI, Giulio. La responsabilità civile. Profili di diritto comparato. CEDAM,
Padova, 1992. Pag.37.
137 Commissione Europea, Comunicazione 16/10/1996 dal titolo “Informazioni di contenuto illegale e nocivo su Internet: ciò che è illegale fuori dalla Rete è illegale anche sulla
Rete”.
136
73
tolo regolano l’accesso alla Rete (ISP) e l’attribuzione dei nomi di dominio; gli
illeciti contro Internet, commessi dagli utilizzatori a danno di Internet; illeciti
per mezzo di Internet, ossia le violazioni commesse utilizzando tale mezzo 138.
L’illecito online, nella sua tripartizione, presenta fin da subito una problematica di non poco rilievo: è difficile individuare i soggetti che pongono in
essere l’illecito o semplicemente ne concorrono alla realizzazione. Chi naviga
in Internet, infatti, entra in contatto con altri utenti, «diventando parte di
quella comunità virtuale nella quale la globalizzazione dei mercati, la multimedialità dell’informazione e l’abbattimento dei temi sono tutt’altro che
virtuali» 139. E questo avviene mentre l’utente è comodamente seduto a casa
sua, grazie alla delocalizzazione e la dematerializzazione 140, due caratteristiche fondamentali della comunicazione via etere: ciascuno può navigare in
Internet in qualsiasi luogo egli voglia non essendo neanche effettivamente in
quello stesso posto, poiché l’attività di rete si realizza attraverso un sistema
immateriale, geograficamente non localizzabile. «La dematerializzazione e la
possibilità tecnica di condivisione illimitata dei contenuti digitali agevola le
condotte illecite (c.d. pirateria digitale) e rende strenua la battaglia dei titolari dei diritti d’autori e dei diritti connessi nei confronti degli utilizzatori di
Internet.» 141
Le immediate conseguenze di questo si hanno sull’individuazione del locus commissi delicti: stabilire dove si trovava l’utente al momento della
commissione dell’illecito non è sufficiente per ritenere di aver rintracciato il
Ex multis: TOSI, Emilio. Internet: il bilanciamento fra responsabilità e libertà. 2011
- articolo per la rivista Gnosis. DE CATA, Marcello. La responsabilità civile dell’internet service provider cit. Pag.29
139 DI CIOMMO, Francesco. Dispute sui «domain names», fatti illeciti compiuti via
Internet ed inadeguatezza del criterio del «locus commissi delicti», in Foro it., 2001, I,
2033.
140 Con tale termine si intende la trasformazione del documento materiale, avente la
concretezza necessaria a renderlo immediatamente riconoscibile, trasmissibile e utilizzabile
presso una data comunità, in un'entità fisica digitale la quale, per essere prodotta, riconosciuta e interpretata come documento, necessita di strumenti elaborativi atti a interfacciare i
sensi umani e garantire il rispetto dei requisiti idonei alla sua legittimazione, richiesti di volta
in volta dai casi d'uso.
141 TOSI, Emilio. La tutela degli audiovisivi e dei contenuti digitali nelle reti di comunicazione elettronica tra diritto d’autore online e responsabilità civile degli internet service
provider. In FINOCCHIARO, Giusella e DELFINI, Francesco (a cura di) Diritto
dell’informatica. UTET giuridica, Torino, 2014. Pag.973
138
74
luogo in cui l’attività dannosa si sia compiuta, né, tantomeno, il luogo in cui
gli effetti dannosi si sia realizzati. Conseguenza immediata di tale problema è
ovviamente la difficoltà di stabilire il foro competente alla risoluzione delle
controversie, creando questioni sia di diritto internazionale privato che di diritto interno. Prendendo come riferimento la legge 31 maggio 1995, n.218 142,
l’art.62 afferma che la legge nazionale applicabile si individua in base al criterio del locus commissi delicti e prevede che la relativa responsabilità «è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento. Tuttavia il danneggiato può chiedere l’applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato
il fatto che ha causato il danno». Dati i problemi già segnalati, fra i due criteri sarà più facilmente applicabile il primo, ossia la legge del luogo dove si è
verificato l’evento, in quanto il fatto appare di impossibile localizzazione.
Diverse sono le tesi prospettate sulla questione in dottrina, ma la più
convincente appare quella che, criticando chi sostiene unicamente la autoregolamentazione dell’Internet e l’inadeguatezza delle regole giuridiche di derivazione statale, auspica per una regolamentazione sovranazionale di tali problematiche, differenziata a seconda che l’illecito riguardi la violazione del diritto d’autore o di un diritto della personalità 143. Nel primo caso, infatti, si ritiene applicabile la legge dello Stato in cui avviene l’uploading e, in via subordinata, quella dello Stato in cui si produce l’evento dannoso. Nel secondo
caso, invece, si dovrebbe applicare la legge dello Stato in cui la vittima ha subito il danno se questo era prevedibile da parte dell’autore dell’illecito, altrimenti la legge dello Stato dell’uploading dei dati che lo hanno causato Da un
punto di vista strettamente nazionale, la regola della competenza è stabilita
dagli artt.18 e 19 del codice di procedura civile, i quali lasciano all’attore la
scelta di adire il giudice del luogo in cui il danneggiante ha la residenza, il
domicilio o, in via residuale, la dimora; da richiamare anche l’art.20 che stabilisce alternativamente la competenza del giudice del luogo in cui
l’obbligazione «è sorta o deve eseguirsi». Riguardo l’applicazione di
quest’ultimo articolo la dottrina è divisa, fra chi ne ritiene inutile
l’applicazione all’illecito in esame perché «conduce a ritenere competente il
142
143
Rubricata “Riforma del sistema italiano. Di diritto internazionale privato”.
DI CIOMMO, Francesco. La responsabilità civile in Internet cit.
75
giudice del luogo in cui ha domicilio il debitore al tempo della scadenza
dell’obbligazione, così come, nella maggior parte dei casi, sarebbe ai sensi
degli artt.18 e 19 c.p.c. » 144 e chi, invece, ne sposa un’interpretazione che, in
caso di illecito commesso attraverso la rete telematica, faccia leva sulla realizzazione effettiva del danno, considerando come locus commissi delicti quello
dove l’illecito genera realmente il danno economico 145, che sia il luogo in cui è
ubicata la sede dell’impresa per l’imprenditore o la residenza o domicilio della persona fisica.
Quest’ultima tesi, oltre a esser stata abbracciata anche dal legislatore in
altri settori, come in tema di contratti dei consumatori stipulati a distanza
contemplando anche la rete telematica, appare congeniale alle particolarità
della rete come strumento adatto al compimento di attività dannose e andrebbe a riequilibrare il rapporto fra gestore del sito e utenti. Oltre a queste
considerazioni, anche la giurisprudenza pare aver abbracciato tale tesi
nell’ordinanza n.6591 dell’8 giugno 2002 della Corte di Cassazione a Sezioni
Unite che, statuendo che la competenza spetta al giudice del foro in cui il
danneggiato ha la propria sede, la propria residenza o il proprio domicilio, ha
consentito che:
«1. le cause siano incardinate dove gli illeciti sono giunti a compimento
causando concretamente il danno;
2. si impedisca a entrambe le parti in causa di compiere attività di forum shopping 146, consentendo che si precostituisca il giudice naturale territorialmente competente ai sensi art.25 Cost.;
3. si eviti che il danneggiato debba sopportare spese legate alla necessità di individuare il luogo di gestione del sito, nonché il rischio di non riuscire
in tale individuazione.»
DI CIOMMO, Francesco. Op. cit.
GAMBINO Alberto M, STAZI Andrea, Diritto dell’informatica e della comunicazione.
Giappichelli Editore, Torino, 2009. Pagg.170 ss.
146 Il «forum-shopping» è una nozione propria del diritto internazionale privato. La persona che intenta un'azione in giudizio può essere tentata di scegliere l'organo giudiziario, tra
le varie giurisdizioni disponibili, non perché sia quello più appropriato per giudicare la controversia, ma perché le norme sul conflitto di leggi che questo tribunale utilizzerà porteranno
ad una applicazione della legge a lui più favorevole.
144
145
76
Nonostante tali soluzioni prospettate da dottrina e giurisprudenza, il dibattito non è ancora giunto a una sua conclusione e questo contribuisce ad
accrescere i problemi sul raggiungimento di un unico testo normativo sul
punto.
4.2. L’individuazione di un soggetto responsabile per i casi di illecito online
Vi sono dei casi in cui non è possibile individuare l’autore dell’illecito,
poiché questo è stato realizzato da un utente attraverso un servizio prestato
da un operatore della rete, ma in forma anonima. In tale circostanza sorgono
problemi relativi all’individuazione del soggetto responsabile, tenuto a risarcire il danno prodotto.
Se lo stesso servizio è mirato alla realizzazione degli illeciti, come accade
nel caso in cui sia lo stesso provider a incentivare la violazione del diritto
d’autore attraverso la fornitura di materiale protetto, oppure nel caso in cui i
siti favoriscano la condivisione di materiale pedopornografico, sarà ovviamente responsabile il provider 147. Maggiori problemi insorgono se il servizio
non ha tale finalità e quindi il gestore non può considerarsi responsabile,
mentre lo sarà l’utente.
A volte fra prestatori di servizi di rete e utenti si instaura un contratto che
attribuisce il ruolo di responsabile legale all’utente perché si ha una declinazione di responsabilità in relazione ai contenuti trattati. Anche nel caso in cui
tale accordo manchi, il prestatore non sarebbe comunque responsabile quando «il servizio non sia ontologicamente destinato a consentire la realizzazione di illeciti; egli non abbia in alcun modo partecipato fattivamente alla
realizzazione dell’illecito, ad esempio attraverso la scelta dei contenuti da
pubblicare o dei destinatari di un certo messaggio; comunichi ai soggetti
danneggiati l’Ip del danneggiante e, se in grado di conoscerne le generalità,
anche queste ultime; si sia attivato per cancellare i materiali illeciti non appena ne abbia avuto conoscenza» 148.
147
148
Per la “Responsabilità dell’Internet Service Provider” vedi capitolo seguente.
DI CIOMMO, Francesco. La responsabilità civile in Internet cit.
77
Di fronte a questo problema, le prime reazioni giurisprudenziali hanno
portato a una tutela del soggetto danneggiato dall’illecito digitale, anche in
caso di mancata individuazione dell’autore dell’atto, facendovi gravare la responsabilità sul provider. Questa scelta giurisprudenziale, però, non appare
corrispondente alla giustizia sostanziale.
L’anonimato è un profilo controverso: se, infatti, è fortemente incoraggiato a tutela della privacy dell’utente (è lo stesso Garante della Privacy a incentivarne il ricorso), dall’altro permette di eludere il profilo di responsabilità, in
quanto sotto la maschera di “Guy Fawkes 149” è impossibile scoprire chi si celi.
Per superare quest’ostacolo, si è pensato di ricorrere al c.d. “anonimato
protetto” che consentirà la rintracciabilità a posteriori dell’utente. Attraverso
questo sistema, il provider dovrebbe permettere l’accesso alla Rete solo a patto che l’utente immetta i propri dati personali in sede di registrazione; questi
dati saranno poi custoditi per un lasso di tempo dal provider (c.d. data retention), mentre l’utente sarà libero di navigare sotto il nick name da lui scelto. I
file di log così forniti potrebbero essere messi a disposizione dell’autorità
giudiziaria solo dietro provvedimento apposito del giudice.
Questo tentativo di rimedio ha ottenuto anche dei riconoscimenti istituzionali: il 28 maggio il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si è espresso per il rispetto del diritto all’anonimato, stabilendo che «al fine di assicurare la protezione contro strumenti di sorveglianza online e difendere
l’espressione libera di informazioni e idee, gli stati membri si impegnano a
rispettare la volontà degli utenti Internet di non rivelare la propria identi-
Guy Fawkes è stato un militare e cospiratore inglese, vissuto nel XVI secolo. Era un
cospiratore cattolico conosciuto per aver cercato, il 5 novembre 1605, di assassinare il re Giacomo I d’Inghilterra e i membri del Parlamento, riuniti nella Camera dei Lord, facendo saltare il Parlamento con 36 barili di polvere da sparo. Data la particolarità del mezzo utilizzato,
tale complotto è ricordato come “la congiura delle polveri”. Il complotto fu sventato e le
bombe disinnescate, ma da allora in Inghilterra e Nuova Zelanda c’è l’usanza per i bambini di
cantare filastrocche osannanti il re ogni 5 novembre, bruciando per le strade dei fantocci ricalcanti le sembianze dei complottisti.
In tempi recenti la maschera di Guy Fawkes ha mutato significato: il volto bianco dal sorriso
beffardo, le guance rosse, i baffi all’insù e un sottile pizzo è stato adottato come simbolo di
ribellione, prima da Anonymous e poi durante altre proteste, come Occupy Wall Street.
149
78
tà» 150 e, sulla base di questo principio, l’art.5 del codice di autoregolamentazione per i servizi Internet adottato dall’Associazione Italiana Internet Providers (AIIP) dispone che gli utenti debbano permettere l’acquisizione dei
propri dati personali ai provider che forniscono il servizio Internet, sapendo
che i loro dati di registrazione saranno conservati e utilizzati nei modi stabiliti
dalla legge.
Questo rimedio, in realtà, non risolve in toto il problema: molte sono le
anomalie che possono presentarsi, dalla fornitura di false generalità,
all’utilizzo dei dati di un altro soggetto senza il consenso, all’utilizzo di anonymous remailings, siti che cancellano l’identificazione elettronica dell’utente
per permettere la navigazione in incognito. Senza contare le voci che si sono
levate a sostegno della libertà d’espressione che, in tal modo, non sarebbe del
tutto piena.
5. La responsabilità civile per le violazioni del diritto d’autore online
Tutte le considerazioni precedentemente fatte in generale sulle problematiche connesse all’illecito commesso online valgono anche quando violato è il
diritto d’autore.
Internet non è un luogo, è un flusso di dati che permette la comunicazione, quindi risultano di impossibile applicazione tutte le disposizioni di legge
basate sul concetto di luogo. Un esempio è dato dall’art.196 L.d.A. che individua il luogo di prima pubblicazione dell’opera in quello «dove sono esercitati
per la prima volta i diritti di utilizzazione previsti negli artt.12 e ss.», articolo che risulta di difficile applicazione se l’opera è stata pubblicata per la prima
volta su Internet, il non-luogo per eccellenza.
Strettamente connessi all’immaterialità del luogo sono alcuni problemi,
come l’individuazione della giurisdizione applicabile e del giudice (sulla base
150
Dichiarazione sulla libertà di comunicazione in Internet. Strasburgo, 28 maggio
2003.
79
del locus commissi delicti), nonché avere la garanzia che le sentenze vengano
effettivamente eseguite.
Sulla base di questo si è cercata una soluzione che permettesse di avere il
superamento dell’ancoraggio della delittuosità delle azioni a un territorio
prestabilito e, al contempo, l’individuazione di un soggetto responsabile.
La strategia iniziale puntava ad azioni giudiziarie su larga scala contro gli
autori diretti degli illeciti, i singoli utenti, risultante però inadeguata a causa
di diversi fattori, fra cui il dilagare del fenomeno della pirateria online, nonché i problemi di individuazione del responsabile a causa dell’anonimato e,
fattore decisivo, l’esiguità dei patrimoni aggredibili.
Di fronte a tale quadro, la strategia è mutata puntando sull’attività degli
intermediari «nell’intento di arginare a monte la patologia, agendo direttamente su uno dei nodi di transito dei contenuti digitali, specie rispetto a
servizi di facile accessibilità ampiamente appetibili al vasto pubblico.» 151
Per l’attuazione di tale strategia, si è seguita una triplice strada: il rafforzamento del quadro normativo a livello sia nazionale che internazionale,
l’esperimento di azioni giudiziarie contro gli intermediari, la previsioni di accordi con essi per l’utilizzo legittimo delle opere protette.
Sebbene le ultime due strade appaiano in contrasto fra di loro, in realtà
sono frutto di un’evoluzione del rapporto iniziale che considerava tutti gli intermediari sul medesimo piano; oggi, invece, si diversificano coloro che agiscono in maniera lecita sulla base di modelli economici corrispondenti agli
interessi dei detentori dei diritti, da coloro che basano la loro principale attività sulla distribuzione illecita di contenuti protetti.
Fallito il tentativo di imputare la responsabilità per tali violazioni esclusivamente agli ISP 152 attraverso interpretazioni più o meno restrittive delle
norme dedicate alle limitazioni della loro responsabilità, si è cercato di trovare soluzioni di convergenza fra i portatori degli opposti interessi. Una di queste soluzioni è riscontrabile negli accordi fra i maggiori intermediari e le prin-
MANTELERO, Alessandro. La tutela del diritto d’autore verso nuove strategie nei
rapporti fra titolari e intermediari. In PIZZETTI, Franco (a cura di). Il caso del diritto
d’autore II ed. Giappichelli Editore, Torino, 2013. Pag.153
152 Al tema è dedicato il capitolo seguente.
151
80
cipali major, volti a riconoscere concessioni reciproche al posto di continue
controversie.
5.1.
Il quadro normativo di riferimento
La tutela del diritto d’autore online, specialmente per quel che riguarda i
profili di responsabilità, è stata oggetto di normativa comunitaria, la quale è
stata poi recepita spesso pedissequamente dal legislatore italiano.
Fra i principali interventi europei si ricorda la Direttiva 2001/29/CE, c.d.
INFOSOC, del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001,
“sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione”. Essa è stata recepita con D.Lgs. n.68 del 9
aprile 2003 che ha emendato la legge sul diritto d’autore; si è già trattato delle modifiche degli articoli concernenti i diritti di utilizzazione economica 153,
in particolare dei diritti di riproduzione, comunicazione al pubblico, distribuzione; altri aspetti del diritto d’autore su cui tale Direttiva ha inciso sono le
misure tecnologiche di protezione e l’introduzione di eccezioni e limitazioni al
diritto d’autore.
Altrettanto importante è la Direttiva 2000/31/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2000, “relativa a taluni aspetti giuridici dei
servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno”. Tale Direttiva è nota anche come "Direttiva sul
commercio elettronico" o nella traduzione inglese “Direttiva e-commerce”.
Essa è stata recepita in Italia con il D.Lgs. n.70 del 9 aprile 2003, il quale ha
statuito il regime normativo della responsabilità dell’Internet Service Provider, stabilendo anche i casi in cui si hanno eccezioni alla regola generale della
responsabilità.
Per quanto riguarda il rapporto fra la legge sul diritto d’autore e la disciplina del commercio elettronico, con la responsabilità ivi delineata, esso è disciplinato dall’art.156 L.d.A., comma 2, il quale prevede che «sono fatte salve
le disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70». Tale articolo
153
Vedi paragrafo 2.3.2. del corrente capitolo.
81
è stato modificato dal D.Lgs. n.140 del 16 marzo 2006, decreto di attuazione
della Direttiva 2004/48/CE, la c.d. Direttiva enforcement, sul rispetto dei diritti della proprietà intellettuale.
La normativa sul diritto d’autore inoltre fa espressamente salvo il diritto
alla privacy della Direttiva 2004/48 e 156-bis.3 L.A.
Una normativa tutta italiana è invece costituita dal “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e
procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70”, adottato
dall’Autorità
Garante
delle
Comunicazioni
con
Delibera
n.680/13/CONS, contenenti misure di prevenzione e repressione delle violazioni del diritto d’autore online. L’argomento sarà diffusamente trattato nel
terzo capitolo.
82
CAPITOLO SECONDO
La responsabilità dell’Internet Service Provider
SOMMARIO: 1. La responsabilità civile dell’Internet Service Provider: criteri di imputazione. 1.1. Classificazione degli ISP nella legge e nella dottrina. – 2. La responsabilità
extracontrattuale del provider. 2.1. Responsabilità per semplice trasporto di informazioni (mere conduit). 2.2. Responsabilità per memorizzazione temporanea di informazioni (caching). 2.3. Responsabilità per memorizzazione di informazioni richieste dal
destinatario del servizio (hosting). 2.4. Hosting attivo e hosting passivo: il ruolo della
giurisprudenza nella classificazione e disciplina. 2.5. Un’ipotesi non contemplata dal legislatore: i motori di ricerca. – 3. Assenza di un obbligo generale di sorveglianza. 3.1.
R.T.I. s.p.a. vs. Youtube (caso “Grande Fratello”). 3.2. PFA Films vs. Yahoo Italia (caso
“About Elly”). – 4. La responsabilità per le violazioni del diritto d’autore online. 4.1.
Responsabilità del provider e rapporto con il diritto d’autore: attualità e criticità del
modello comunitario. 4.2. Responsabilità dell’ISP nel rapporto tra tutela del diritto
d’autore e protezione dei dati personali.– 5. Importanti decisioni a livello europeo. 5.1.
Scarlet Extended vs. SABAM. 5.2. Netlog vs. SABAM. 5.3. Il parare del Garante Italiano. – 6. Provvedimenti contro l’intermediario
1. La responsabilità civile dell’internet service provider: criteri di
imputazione
«On the Internet, nobody knows you’re a dog 154».
Puoi essere chi dichiari di essere, oppure fingerti un’altra persona; o ancora, puoi essere un cane che, schiacciando tasti a caso, incredibilmente riesce a fare discorsi di senso compiuto: se tutto ciò avviene su Internet la verità
non si saprà mai.
Il problema di definire chi si trova dietro un computer è uno dei più spinosi dal punto di vista di giuridico, come già detto nel precedente capitolo, in
quanto impedisce di individuare con esattezza chi commette gli illeciti attraSTEINER, Peter. Vignetta pubblicata sul The New Yorker, Vol.69 (LXIX) – n.20, July
5, 1993, 61.
154
83
verso la Rete. Infatti, di fronte all’impossibilità di utilizzare dei sistemi identificativi certi 155 e al proliferare degli strumenti in grado di evitare la tracciabilità (vedi gli anonymous remailers), la ricerca del singolo responsabile
dell’illecito rischia di trasformarsi nell’emblematica ricerca dell’ago nel pagliaio: possibile, ma troppo lunga e onerosa, dunque non facilmente accessibile per i soggetti lesi in termini economici.
Un caso particolare è dato dalle violazioni online del diritto d’autore: in
tal campo, infatti, la dimensione economica dei soggetti lesi consente alle case produttrici di investire ingenti somme di denaro sia nella ricerca degli autori degli illeciti che in attività di lobbying per persuadere i decisori politici a
investire denaro pubblico nel loro perseguimento 156.
Dal punto di vista dell’efficacia delle azioni di tutela, sia inibitorie che risarcitorie, l’obiettivo più facile su cui far valere le proprie pretese è rappresentato dal provider, soggetto facilmente identificabile che assicura una potenziale maggior efficacia dei rimedi. Il provider, infatti, oltre a essere in una
posizione chiave nella distribuzione dei contenuti online, ha la propria attività organizzata in forma di impresa, disponendo presumibilmente di un patrimonio economico superiore rispetto a quello dei privati cittadini, generando un’aspettativa risarcitoria maggiore; recentemente, poi, le strategie finanziarie di contrasto degli illeciti si sono focalizzate maggiormente sugli
Internet service provider, in quanto considerati i soggetti più idonei su cui
esercitare politiche dirette a inibire l’accesso a strumenti di pagamento elettronico funzionali alle attività di e-commerce. Di fronte all’inefficacia delle aIn realtà su tale fronte la tecnologia si sta muovendo, basti pensare ai sistemi identificativi biometrici che permettono di avere con certezza l’individuazione di un soggetto grazie
alla raccolta dei suoi dati privati. Un esempio è rappresentato dal programma Unique Identity del Governo Indiano che, raccogliendo le impronte digitali, la scansione dell’iride e le fotografie del viso, hanno potuto dare un’identità digitale univoca a ogni cittadino. Questa
massiccia invasione della privacy, però, è destinata a scontrarsi con imperativi di carattere
etico e con diritti della personalità, quali quello alla protezione dei dati personali e alla libertà
d’espressione, un conflitto di non immediata soluzione. È per questo che, anche se il progresso tecnologico è attualmente in grado di individuare il “cane” dietro il computer, sono ragioni
di tutela dei diritti a frenare questa invasione, attuando un bilanciamento degli interessi in
gioco.
156 MANTELERO, Alessandro. Responsabilità aquilana per uso della Rete e responsabilità del provider. In FINOCCHIARO, Giusella e DELFINI, Francesco (a cura di). Diritto
dell’Informatica. UTET Giuridica, Milano, 2014. Pagg.786 ss.
155
84
zioni giudiziali “di massa” contro gli autori degli illeciti per colpa della diffusione del fenomeno 157, si vuole arginare a monte la patologia, agendo sui nodi
di transito dei contenuti digitali, soprattutto rispetto a servizi di facile accessibilità e con vastità di utenza.
Questi elementi rivelano come «le scelte di politica del diritto inerenti la
responsabilità del provider non si basino unicamente sul ruolo attivo in concreto avuto dagli intermediari, ma anche sull’allocazione ottimale delle responsabilità in un’ottica di tutela delle parti lese 158».
La responsabilità degli Internet Service Provider (ISP) è un tema che si
articola in due linee tematiche 159 di importanza preliminare, che impongono
la scelta tra opzioni diverse di politica del diritto.
La prima linea tematica è improntata sulla regolamentazione della responsabilità degli operatori, perché si è prospettata la scelta del regime da
adottare per la repressione degli illeciti online fra la responsabilità civile o
penale. In linea di massima, il legislatore si è mosso nella prima direzione, in
quanto
nel
decreto
legislativo
n.70/2003
(attuativo
della direttiva
2000/31/CE) non vi sono norme assistite da specifiche sanzioni penali.
La seconda linea tematica riguarda, invece, l’individuazione del soggetto
cui imputare la responsabilità derivante da fatti illeciti consumati tramite
Internet. In questa situazione si ritrovano coinvolti tre soggetti: il provider,
ossia colui che ha messo a disposizione il servizio; l’utente che ha usato il ser157 In tal senso, oltre all’esempio italiano citato nel capitolo precedente capitolo al paragrafo 3.2, rilevante è il caso megaupload. Megaupload era un sito web di hosting, di proprietà
di Megaupload-limited, con sede a Hong Kong, al quale facevano capo anche Mediavideo,
piattaforma per la trasmissione in streaming di video flash, nonché Megaporn, sito dai contenuti pornografici. Secondo uno studio del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti
d’America, questo sito rappresentava il 4% del traffico internet mondiale, grazie ai 150 milioni di utenti registrati e ai 50 milioni di accessi giornalieri.
Il 19 gennaio 2012, il sito è stato sequestrato dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti
d’America per violazione di copyright e pirateria, con un’operazione di polizia internazionale
che ha visto coinvolte sia le forze di polizia americane che quelle neozelandesi.
Nell'aprile 2012 si è scoperto che il processo agli imputati non avrebbe avuto luogo a causa di
alcuni vizi di procedura commessi dalla polizia neozelandese, la quale non aveva neanche il
diritto di varcare la soglia di casa del fondatore del servizio, quindi si è avuta la sua liberazione e la restituzione del patrimonio sequestrato.
158 MANTELERO, Alessandro. Op. cit.
159 Cfr. PINO, Giorgio. Assenza di un obbligo generale di sorveglianza a carico degli
Internet Service Providers sui contenuti immessi da terzi in rete. In Danno e responsabilità.
N.8-9/2004. Pagg.832 ss.
85
vizio e commesso l’illecito; i soggetti che hanno subito la lesione dei propri
diritti a causa dell’utilizzo della rete.
Come già detto, è l’ISP a esser stato individuato dai più quale polo di attrazione per la responsabilità di tutti gli illeciti commessi su Internet, anche
per quelli non effettuati direttamente da lui (in tal caso non ci sarebbero questioni, trovando applicazione le normali regole di imputazione della responsabilità), ma da altri soggetti che si avvalgono dei servizi telematici da lui offerti.
Questa forma di responsabilità si qualificherebbe come oggettiva perché
volta a perseguire non chi materialmente ha commesso l’illecito, bensì chi
fornisce il servizio Internet attraverso un contratto di fornitura di servizi, attuando una massimizzazione della tutela della posizione del danneggiato che,
così,
otterrebbe
un
ristoro
sicuro,
anche
in
assenza
di
colpa
dell’intermediario 160. In realtà questa non è stata l’unica teoria proposta dalla
dottrina: alcune voci si sono espresse a favore della totale irresponsabilità
dell’ISP, altre invece hanno sostenuto la tesi della responsabilità per colpa.
Sostanzialmente anche in ambito telematico ci si trova di fronte a un dibattito non nuovo quando si parla di responsabilità aquilana, ossia scegliere
se lasciare il danno senza ristoro o individuare un soggetto idoneo al risarcimento, anche se incolpevole.
La scelta di un criterio di imputazione poco severo, sfociante anche nella
irresponsabilità, non sarebbe efficiente, in quanto produrrebbe un effetto di
“underdeterrence” visto che i providers, consapevoli della propria impunibilità, non controllerebbero diligentemente l’operato degli utenti e non investirebbero risorse nell’adozione e utilizzo di sistemi idonei a prevenire gli illeciti
in Intenet. Al contrario, l’adozione di un criterio maggiormente severo, con
imputazioni di responsabilità oggettiva, produrrebbe effetti di “overdeterrence” se gli ISP, per essere totalmente esenti da responsabilità, dovessero attuare un meccanismo di prevenzione tale da trasformarsi in un controllo a tappeto di tutti i contenuti trasmessi in rete. Tale controllo, oltre a essere mate-
Cfr. BUGIOLACCHI, Leonardo. La responsabilità dell’ “host provider” alla luce del
D.Lgs.70/2003: esegesi di una disciplina dimezzata. In Resp. Civ. prev. 2005, pag.201 ss.
160
86
rialmente impossibile, andrebbe anche a ledere altri diritti costituzionalmente garantiti, fra i quali la libera manifestazione del pensiero 161.
Il tema della responsabilità del provider finisce quindi per toccare una
serie sterminata di categorie giuridiche, costituendo da un lato un elemento
strutturale del mercato, sebbene al contempo veda coinvolti anche diritti della personalità, e trasformando l’Internet non in un mercato inteso secondo
l’accezione più comune del termine, ma in un vero e proprio “marketplace of
ideas” 162.
Addossare tutta la responsabilità esclusivamente in capo al provider non
è esente da inconvenienti: ve ne sono uno di carattere economico, uno giuridico e l’ultimo sociale.
Da un punto di vista economico, la responsabilità esclusiva dell’ISP ne
rende eccessivamente onerosa l’attività e, come contraltare, il provider potrebbe essere indotto a scaricare i costi sia su chi intende immettere contenuti
in rete che sugli utenti finali che vogliano utilizzarli, aumentando i servizi a
pagamento a scapito dell’offerta di servizi liberi; la conseguenza immediata
sarebbe la compressione delle potenzialità libertarie della rete. Altra conseguenza negativa è l’esclusione dal mercato dei mass-media (o il disincentivare l’ingresso) delle imprese di piccole o medie dimensioni, scoraggiate dal
non poter far fronte alle ingenti spese derivanti dal risarcimento del danno.
In questo modo si avrebbe una concentrazione oligopolistica, deleteria sia per
il mercato, ma anche per il pluralismo di Internet come mezzo
d’informazione 163.
Da un punto di vista giuridico, invece, la creazione di una forma di responsabilità oggettiva impedirebbe del tutto al provider di provare la propria
Sul divieto di un filtraggio preventivo si è espressa la giurisprudenza, specialmente
della Corte di Giustizia europea. Sul punto vedi paragrafo 5 corrente capitolo.
162 Cfr. DE CATA, Marcello. La responsabilità civile dell’internet service provider cit.
pag.76, RICCIO, Giovanni Maria. La responsabilità civile degli internet cit. pag. 69.
Un parametro di riferimento è l’esperienza statunitense: la giurisprudenza ha affermato la
necessità, in un regime democratico, di un’ampia partecipazione per lo sviluppo di un robust
social discourse, nei casi New York Times Co. Vs. Sullivan 376 U.S. 254, 279-80 (1964) e
Gertz vs. Robert Welch, Inc., 418 U.S. 323 (1974).
163 PONZANELLI, Giulio. Verso un diritto uniforme per la responsabilità degli internet
service provider. In STANZIONE, Pasquale e SICA, Salvatore. (a cura di) Commercio elettronico e categorie civilistiche, Giuffrè Editore, Milano, 2002. Pag.371.
161
87
irresponsabilità, in quanto l’imputazione sarebbe basata sull’omesso controllo dei contenuti telematici. Avere un controllo capillare dei contenuti, però, è
impossibile data la mole enorme di dati che quotidianamente transitano sulla
rete. L’Internet Service Provider, quindi, si ritroverebbe sempre a essere responsabile per illeciti che non solo non ha commesso, ma non è neanche nella
concreta possibilità di controllare e prevenire.
Infine, socialmente parlando, l’attribuzione di obblighi di sorveglianza e
controllo in capo agli ISP li trasformerebbe da semplici prestatori di servizi a
organi di censura, portandoli anche a rifiutare la prestazione dei propri servizi a utenti reputati non affidabili circa l’eventuale conformità ai boni mores
delle informazioni che possono essere immesse nel circuito telematico. Il
provider si trasformerebbe da intermediario tecnico a “intermediario sociale”. 164 Questo ben presto si scontrerebbe con i diritti della persona, in particolare con la libertà di manifestazione del pensiero degli utenti della rete; si avrebbe un sindacato del fornitore, un soggetto privato privo di ogni legittimazione istituzionale, mosso non dal perseguimento del pubblico interesse, ma
da ragioni di convenienza economica delle proprie scelte. In tal senso si può
facilmente prevedere che, nella disputa tra un soggetto economicamente solido che richiede al provider l’eliminazione di un messaggio apparentemente
lesivo dei propri interessi, e l’autore di tale messaggio che ne sostiene la liceità, l’ISP sarà più portato a dare ascolto al primo per evitare un’azione di responsabilità che potrebbe condannarlo al risarcimento di ingenti danni 165.
Sulla base di queste considerazioni, il regime di responsabilità che ha finito per imporsi è fondato sul criterio della colpa e non sulle dottrine oggettivistiche fino a ora delineate. Il legislatore, infatti, ha tipizzato le regole di
condotta alle quali deve uniformarsi l’internet provider nella prestazione dei
Cfr. RODOTA’, Stefano. Libertà, opportunità, democrazia, informazione. In Garante
per la protezione dei dati personali, Internet e privacy: quali regole?, suppl. n.1 a Cittadini
e società dell’informazione. Bollettino, 5, 1998, 15.
165 In questo senso si è paventato in dottrina il diffondersi in Internet della pratica degli
SLAPP (Strategy Law Against Public Partecipation), ossia azioni risarcitorie intentate
strumentalmente da grandi società o soggetti influenti per scoraggiare l’esercizio del diritto
di critica e la partecipazione democratica dei cittadini-consumatori alle scelte politiche ed
economiche. Questa pratica ha avuto successo negli Stati Uniti per altri media, ma una sua
trasposizione nella Rete potrebbe portare a una riduzione delle potenzialità di comunicazione offerte da Internet.
164
88
propri servizi, prevedendone la responsabilità ipso facto in caso di inottemperanza a uno dei precetti, con lesione di un interesse meritevole di tutela
giuridica facente capo a un terzo. La responsabilità dell’ISP non è quindi sostitutiva di quella dell’autore dell’illecito, ma si aggiunge a essa. Il titolo della
responsabilità, infatti, è diverso: il provider non è imputato per il fatto commesso, tale imputazione spetta a chi materialmente l’ha realizzato, ma gli si
contesta una condotta omissiva successiva, non coincidente con la diligenza
richiesta, che ha causato il protrarsi del danno, oppure della mancata prevenzione delle attività illecite in rete.
Questa scelta è stata, secondo autorevole dottrina, “obbligata”, «pena la
compromissione delle sterminate potenzialità applicative di internet con
una consequenziale forzata rinuncia al processo di globalizzazione dei mercati di cui, sicuramente, la rete telematica costituisce l’antenato più autorevole166». Infatti il pregio di tale imputazione è l’ottenimento di un perfetto bilanciamento degli interessi coinvolti: è garantito un risarcimento alla vittima,
allo stesso tempo si consente ai providers di rispondere dei danni solo quando la loro condotta concretamente si discosti dallo standard di diligenza richiesto per il soddisfacimento della funzione preventiva (la c.d. deterrence).
I prestatori intermediari, infatti, sono chiamati a giocare un ruolo importante nella repressione e prevenzione degli illeciti in Internet, giustificato da
due ragioni fondamentali. La prima la si individua nell’essenza stessa degli
illeciti telematici, ossia la necessaria presenza e intermediazione dell’ISP che
offre uno o più servizi dai quali dipendono l’ingresso e lo svolgimento delle
attività in rete, rappresentando il presupposto indefettibile di tutte le violazioni online realizzate nello specifico attraverso l’immissione di contenuti illeciti; in generale ciò avviene abusando delle potenzialità connettive e comunicative offerte dalla rete telematica. Visti i servizi forniti dall’ISP, è inevitabile che vi siano delle ripercussioni nel rapporto che lo lega al destinatario del
servizio, poiché proprio in esso si inserisce l’illecito che porta alla nascita
dell’obbligazione risarcitoria tra il provider e il danneggiato-fruitore della re166 MAIETTA, Angelo. Il sistema delle responsabilità nelle comunicazioni via Internet.
In CASSANO, Giuseppe e CIMINO, Iacopo Pietro (a cura di) Diritto dell’Internet e delle nuove tecnologie telematiche. Padova, CEDAM 2009. Pag.511
89
te: «soggetti originariamente terzi, in quanto, appunto, non intercorre tra
essi alcuna relazione diretta, sia essa contrattuale o meno. In questo ambito
che, pertanto, la presuppone, la tipologia di servizio prestata finisce col
condizionare la stessa configurabilità e i caratteri della responsabilità extracontrattuale in capo agli operatori telematici, che viene ad atteggiarsi in
maniera diversa a seconda del tipo di attività esercitata 167 e, in particolare,
in funzione delle effettive possibilità che ne conseguono, di interagire con i
contenuti informativi lesivi immessi o ricercati in rete dagli utenti. 168»
Il modello così delineato, però, non è esente da criticità, in quanto deve
sempre fare i conti con la velocità del progresso tecnologico e con le mutazioni che i soggetti giuridici subiscono. Oltre questo, non mancano lacune giuridiche che, con interventi mirati, dovrebbero essere colmate.
Il ruolo della giurisprudenza, quindi, è fondamentale, sia per attualizzare
la normativa adeguandola al mutato contesto informatico, sia per colmare le
lacune, risolvendo anche problemi di bilanciamento con gli interessi meritevoli di tutela, anche costituzionale, che di volta in volta potrebbero essere violati da condotte online illecite (privacy, libertà d’espressione, diritto alla reputazione, diritto all’onore, ecc.).
1.1. Classificazione degli ISP nella legge e nella dottrina
Lo stretto collegamento esistente tra illeciti telematici e il tipo di attività
prestata giustifica la scelta del legislatore di definire il maniera difforme la responsabilità degli Internet service provider, stabilendo i casi e le modalità del
loro coinvolgimento nel risarcimento danni delle violazioni perpetrate in rete
dai propri clienti, per farne discendere la definizione di tre distinte figure di
prestatore e graduarne la responsabilità in funzione del servizio prestato.
Con il termine Internet Service Provider oggi si vuole fare riferimento a
«quei soggetti che svolgono un’attività di intermediazione nelle reti telema-
Sul punto se ne parlerà diffusamente in seguito, nello specifico nei paragrafi 2.1., 2.2,
2.3. corrente capitolo.
168 GAMBINI, Maria Luisa. Le responsabilità civili dell’Internet service provider. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2006. Pagg.239 ss.
167
90
tiche, diretta a consentire la diffusione delle informazioni 169». Si tratta,
quindi, di soggetti connessi a Internet, generalmente organizzati in forma di
impresa, che forniscono agli utenti servizi telematici, partendo dalla connessione alla rete, con l’aggiunta di ulteriori servizi a pagamento o gratuiti 170.
Si tratta di una definizione mutata nel contesto tecnologico, in quanto agli albori gli ISP erano identificati solo come «prestatori di servizi della Società dell’Informazione 171», oggi invece vi è stata una regolarizzazione giuridica a opera della Direttiva Europea 2000/31/CE sul commercio elettronico,
recepita con il D.Lgs.n.70/2003. L’art.2 comma 1 lett.b del suddetto decreto
ha definito il prestatore di servizi della società dell’informazione quale «la
persona fisica o giuridica che presta un servizio della società della informazione», precisando alla lett.c che il prestatore stabilito indica il soggetto che
svolge l’attività di fornitura di servizi della società dell’informazione in forma
imprenditoriale.
Il provider ha un ruolo importantissimo, in quanto è l’interfaccia necessaria tra gli internauti e i gestori di linee telefoniche e di comunicazione.
Tenendo conto della varietà dei servizi offerti, bisogna distinguere le diverse tipologie di ISP in base alle loro particolarità tecniche, le cui diversità si
riflettono sia sul diverso grado di partecipazione agli illeciti commessi da terzi, sia sul grado di diligenza esigibile e sul regime di responsabilità applicabile. La responsabilità è articolata su tre diversi livelli, a seconda della tipologia
di provider.
Il legislatore, nella Direttiva richiamata, ha distinto fra il mere conduit,
ossia il provider che effettua attività di semplice trasporto di dati; il caching,
colui che effettua attività di memorizzazione temporanea; l’hosting, chi svolge attività di memorizzazione di informazioni. Ognuna di queste tipologie di
RICCIO, Giovanni Maria. La responsabilità civile degli internet providers. Giappichelli Editore, Torino, 2006. Pag.20
170 Alcuni esempi di ulteriori servizi forniti dal provider: la posta elettronica, il sito web,
il blog, il file transfer protocol (FTP) che permette il trasferimento di copie di files tra computer collegato in rete e di accedere al contenuto di altri elaboratori, il newsgroup (o forum),
la chat line, i motori di ricerca.
171 Definizione contenuta nella Direttiva 98/34/CE del Parlamento Europeo, che prevedeva una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche.
169
91
provider gode di un’esenzione di responsabilità delineata negli articoli 14, 15
e 16 del D.Lgs.70/2003; queste disposizioni 172, «oltre a proporre una distinzione determinante ai fini della definizione delle responsabilità in Internet,
[…] esprimono una tipizzazione della molteplicità dei servizi usufruibili sulla
rete» 173.
Il criterio di imputazione della responsabilità scelto dal legislatore comunitario, e poi ripreso da quello nazionale, non riconduce i differenti regimi in
maniera “statica” a determinate figure di operatori, piuttosto alle attività che
l’intermediario svolge, in maniera disgiunta o congiunta. La dottrina 174 ha definito tale criterio di imputazione “orizzontale”, in quanto trascende dal tipo
di illecito commesso dai destinatari del servizio 175.
La distinzione già richiamata, però, non è la sola riscontrabile in dottrina:
sul tema si è dibattuto a lungo, arrivando a classificare gli ISP in maniera differente. Di creazione giurisprudenziale 176 è la distinzione fra access provider,
service provider e content provider, accolta anche dal codice di deontologia e
buona condotta per i servizi telematici adottato dall’ANFOV (Associazione
Nazionale Fornitori di Videoaudioinformazione), entrato in vigore il 1° gennaio 1998, all’art.2 177, e dal codice di autoregolamentazione Internet@Minori,
Le norme, per garantire la liceità e la correttezza di Internet, responsabilizzano i provider in relazione alla loro livello di “vicinanza” e di “partecipazione” alle informazioni, strettamente condizionato dalla natura del servizio prestato cui gli operatori si sono convenzionalmente obbligati. Tale vicinanza, correlata alla relativa responsabilità, sarà massima
nell’hosting e minima nel mere conduit, tenendo conto anche del lasso temporale che vede
l’ISP a stretto contatto con le informazioni.
173 GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civili cit. Pag.15
174 Cfr. ex multis: PINO, Giorgio. Assenza di un obbligo generale di sorveglianza cit.
COMANDE’, Giovanni. Al via l’attuazione della direttiva sul commercio elettronico,
ma…serve un maggior coordinamento. In Danno e Responsabilità, 2003, 809-815
(spec.811). DE CATA, Marcello. La responsabilità civile dell’internet service provider. Giuffrè Editore, Milano, 2010. Pag.187
175 In altri ordinamenti, come quello statunitense o tedesco, la responsabilità dell’ISP è
stata differenziata in maniera “verticale”, a seconda che si tratti di violazioni della proprietà
intellettuale o di lesioni di diritti della personalità o di pornografia. La responsabilità è commisurata al tipo di attività illecita, non alla tipologia di provider.
176 Il primo in tal senso è stato il Tribunale di Bologna, 14 giugno 2001 n.3331, in Diritto
d’Autore, 2002, 332.
177 Liberamente consultabile al seguente link: http://www.interlex.it/testi/carta41.htm
(consultato il 1 maggio 2015).
172
92
sottoscritto dalle associazioni degli Internet Providers il 19 novembre 2003,
all’art.4 178.
L’access provider è il “fornitore dell’accesso” alla rete, ossia l’operatore
che mette gli utenti in condizione di accedere al web, dotandoli anche di altri
servizi (quale può essere la casella di posta elettronica).
Il service provider è il “fornitore di servizi”, soggetti che offrono agli utenti servizi di comunicazione e trattamento delle informazioni destinate al
pubblico.
Infine il content provider è il “fornitore di contenuto”, soggetti che diffondono nuove informazioni in rete, selezionando i dati che devono essere
portati a conoscenza del pubblico.
Questa qualificazione ulteriore si fonda sulla scelta del legislatore di prevedere l’esonero della responsabilità del provider solo come eccezionale, lasciando inalterato il sistema della responsabilità civile.
Essendo il provider la necessaria interfaccia tra gli internauti e i gestori
delle linee telefoniche e di comunicazione, esso si pone «alla confluenza di
due relazioni di natura privatistica di cui egli è al contempo parte, da un lato, con l’operatore di telecomunicazioni, e, dall’altro lato, con l’utente 179».
Per quanto riguarda la natura del contratto che lega l’host provider ai
fruitori del servizio, la dottrina maggioritaria 180 ritiene che si tratti di appalto
di servizi, come disciplinato dall’art.1677 c.c., anche se spesso lo si confonde
con la locazione perché a tale figura negoziale si fa riferimento per reclamizzare le offerte di prestazione del servizio.
Si tratta di un articolo riguardante il generale tema della “Responsabilità”, differenziata a seconda che si tratti dell’access provider, dell’housing/hosting provider, del content
provider o del gestore dell’Internet Point. Il testo è liberamente consultabile al seguente link:
http://www.interlex.it/testi/pdf/internet_minori.pdf (consultato il 1 maggio 2015).
179 DE CATA, Marcello. La responsabilità civile dell’internet service provider cit.
Pag.66.
180 Ex multis: RICCIO, Giovanni Maria. La responsabilità civile degli internet providers
cit. DE CATA, Marcello. La responsabilità civile dell’internet service provider cit.
Cfr. BOCCHINI, Roberto. Il contratto di accesso ad Internet. In VALENTINO, Daniela (a cura di), Manuale di diritto dell’Informatica, II ed., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2011,
pagg.71 ss., SARZANA DI SANT’IPPOLITO, Fulvio. I contratti di Internet e del commercio
elettronico, Giuffré Milano, 2001, pagg.63 ss.
178
93
All’appalto di servizi è ricondotto anche il contratto fra access provider e
content provider visto che la prestazione contrattuale dell’access consiste in
un facere, ossia la fornitura di un servizio a carattere continuativo (il collegamento a internet). Il contratto di abbonamento stipulato contiene alcuni
elementi tipici dell’appalto, come il compimento di servizi, e altri della somministrazione, il carattere continuativo della prestazione, ma è la stessa giurisprudenza che ha risolto il dubbio interpretativo scegliendo la prima soluzione 181. È proprio sulla somministrazione che una dottrina minoritaria 182 fa leva per spiegare la natura del contratto in esame, basando le proprie argomentazioni sull’art.1570 c.c. che detta un criterio di gerarchia tra le norme in materia di appalto e quelle di somministrazione, affermando che si applicano alla somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole
prestazioni (in particolare l’appalto). Di contro la dottrina maggioritaria ritiene che la somministrazione debba avere per oggetto solo le cose e non i
servizi, come si deduce dall’art.1559 c.c. che parla espressamente di «prestazioni periodiche o continuative di cose» 183.
In forza dei contratti di accesso, gli Internet service provider sono tenuti
alla prestazione di uno o più servizi telematici. L’inadempimento di una o tutte le prestazioni stabilite comporta una responsabilità contrattuale a carico
del prestatore, il quale è tenuto a rispondere di tutti i disservizi imputabili allo svolgimento della sua attività nei confronti degli utenti con cui abbia rap-
Tribunale di Prato, 15 ottobre 2001, in Foro Toscano, 2002, 100 che, testualmente:
«Il contratto tra l’utente […] e un soggetto che svolga attività di provider, ha la natura di
appalto di servizi. Conseguentemente rientra tra i doveri collaterali gravanti sul provider
anche quello di evitare che il proprio utente di posta elettronica sia esposto a un’attività di
invio c.d. “a pioggia” (“spamming”) di messaggi e/o di materiali pubblicitari non graditi da
parte di altri soggetti operanti in rete».
182 Cfr. ALBERTINI, Luca. I contratti di accesso a Internet, in Giustizia civile, 1997, II,
pag.103. NAPOLI, Giuseppina. Responsabilità dell’internet service provider nella giurisprudenza civile. In CASSANO, Giuseppe, SCORZA, Guido, VACIAGO, Giuseppe (a cura di).
Diritto dell’internet. manuale operativo. Casi, legislazione, giurisprudenza. Padova, CEDAM, 2012.
183 L’applicazione dell’art.1677 appare ancora più idonea al caso in esame se si sottolinea
che la dottrina ritiene applicabile l’art.1564 c.c., relativo alla risoluzione del contratto, piuttosto che l’art.1662 c.c. e gli art.1569 (sul recesso nella somministrazione a tempo indeterminato) e 1467 al posto dell’art.1664. Così RICCIO, Giovanni Maria. Op.cit.
181
94
porti contrattuali. Alcuni esempi in cui l’operatore risponderà dei danni da lui
causati si hanno quando fallisce l’invio della posta elettronica, non funziona il
collegamento alla rete Internet, non si riesce a effettuare il prelievo dati, il
tutto a causa di problemi dovuti all’attività del prestatore, quali possono essere il sovraffollamento delle linee, la scarsa qualità della connessione o le interruzioni del collegamento.
2. La responsabilità extracontrattuale del provider
Della responsabilità civile dei prestatori intermediari se n’è occupato il
legislatore comunitario con la Direttiva 2000/31/CE, recepita poi in Italia
con il D.Lgs.n.70/2003. Le norme interessate sono quella della sezione 4
(artt.12-15), recepite pressoché integralmente negli articoli 14-17 del decreto.
L’intervento
normativo
comunitario
ha
lo
scopo
di
garantire
l’armonizzazione della disciplina 184 nei diversi Stati, favorendo, in tal modo,
anche la libera utilizzazione dei servizi della società dell’informazione e lo sviluppo di servizi transazionali fuori dai “confini” dell’Unione Europea. Lo scopo fondamentale della normativa è di garantire un quadro giuridico chiaro,
semplice, prevedibile e coerente con le regole vigenti a livello internazionale,
senza pregiudicare la competitività dell’industria europea e l’innovazione nel
settore.
Prima che entrasse in vigore tale normativa, la responsabilità dell’ISP era
ravvisata solo nell’ipotesi di violazione dei canoni di prudenza, diligenza e perizia ed era ricondotta alla disciplina generale dell’art.2043 c.c., la responsabilità extracontrattuale. Si verificava la responsabilità del provider per fatti
commessi dall’utente, secondo l’art.2055 c.c., solo quando l’ISP stesso avesse
contribuito causalmente alla realizzazione del danno, tramite condotta colposa o dolosa.
Dall’analisi di diverse sentenze della fine degli anni ’90, si può notare
come la giurisprudenza di quegli anni stesse, di fatto, anticipando la discipli184 I considerando 58 e 60 della Direttiva evidenziano l’insufficienza di un coordinamento delle misure nazionali di regolamentazione a livello di Unione Europea, riconoscendo la
necessità di garantire la coerenza delle normative nazionali attraverso un intervento europeo.
95
na, muovendosi verso l’esenzione dalla responsabilità per gli ISP che non avessero partecipato alla creazione delle informazioni. In questo senso il Tribunale di Cuneo, 23 giugno 1997, per il quale «il “service provider” che si limiti a concedere l’accesso alla rete, nonché lo spazio nel proprio “server” per
la pubblicazione dei servizi informativi realizzati dal fornitore di informazioni, non è responsabile della violazione del diritto d’autore eventualmente
compiuta da quest’ultimo». Il Tribunale di Roma, 22 aprile 1999, ha sancito
che «il provider che effettua il collegamento in rete non è tenuto ad accertarsi del contenuto illecito delle comunicazioni e dei messaggi che vengono immessi in un sito: tuttavia, sussiste la sua responsabilità per colpa se il contenuto delle dette comunicazioni da trasmettere appaia all’evidenza illecito;
in questo caso, il provider, dando corso al collegamento, concorre nel fatto
illecito in quanto dà un apporto causale alla commissione dello stesso.»
In questo quadro giuridico generale, però, non mancavano voci discordanti che, partendo da una forma di graduazione della colpa a seconda del tipo di servizio fornito dal provider185, avevano ipotizzato una forma di responsabilità oggettiva a carico del provider per le informazioni pubblicate sul web
da terzi, indipendente dalla partecipazione (dolosa o colposa) nell’illecito 186.
Nel disciplinare la responsabilità civile degli Internet Service Provider, il
legislatore comunitario ha dovuto bilanciare diversi interessi, fra i quali quelli
economici e mercantili connessi all’uso delle nuove tecnologie informatiche e
telematiche propri degli ISP e l’esigenza di tutelare i valori di protezione dei
consociati più deboli, quali i destinatari dei servizi Internet. Hanno giocato
un ruolo importante nel bilanciamento anche la necessità di minimizzare i
costi sociali dei “danni telematici” con politiche di prevenzione e responsabiUn esempio: Trib. Bologna, 26 novembre 2001, in Dir. autore, 2002, 332: «Nel caso
di riproduzione e trasmissione per via telematica di scritti lesivi dei diritti della persona,
mentre non appare configurabile una responsabilità per l'illecito dell'access provider e del
service provider, deve, invece, ritenersi sussistente la responsabilità del content provider,
che produce e gestisce l'informazione, ai sensi dell'art. 2043 c.c., atteso il suo dovere di controllo sulla legittimità delle informazioni immesse sul proprio sito e considerata, altresì, la
sua equiparabilità agli organi di stampa, con conseguente applicazione analogica nei suoi
confronti dell'art. 11 l. n. 47 del 1948».
186 Cfr. SARACENI, Anna. Note in tema di violazione del diritto d'autore tramite
internet: la responsabilità degli internet service provider. Nota a: Tribunale Milano, 09 settembre 2011, n.10893. In Rivista di Diritto Industriale, fasc.6, 2011, pag. 375.
185
96
lizzazione di operatori e fruitori della rete, nonché il bisogno di distribuire i
rischi connessi allo sviluppo della società dell’informazione, iniziativa economica utile alla collettività. Queste esigenze, coordinate con la tecnologia
digitale, hanno manifestato tutta l’inadeguatezza del tradizionale sistema aquilano – come è accaduto già in passato nel campo dell’illecito extracontrattuale, con lo sviluppo di nuovi sistemi di responsabilità – e questo giustifica
la necessità di affiancare, alle normative già esistenti, norme specifiche dedicate esclusivamente alla responsabilità dell’ISP, volte a definirne gli ambiti, i
presupposti, i criteri e i limiti, stabilendo a quali condizioni il provider debba
sopportare i rischi connessi all’esercizio della propria attività.
La Direttiva ha subito delle influenze sia dalle normative nazionali europee che da oltreoceano, specialmente da parte del diritto americano con il
Digital Millennium Copyright Act, e da quello più vicino tedesco, con il Teledienstegesetz. Dal primo modello la direttiva ricalca la classificazione degli
operatori in base alle attività da loro concretamente svolte, non sulla base
delle singole tipologie; la dottrina ha commentato con favore tale soluzione
perché disciplina anche i provider che svolgono più di un’attività, scongiurando anche il rischio di «definire una responsabilità oggettiva “a cascata”,
individuando preventivamente, in maniera meccanica e gerarchica, gli eventuali soggetti chiamati a risarcire il danno 187». Dal DMCA, però, la Direttiva si discosta nell’ambito applicativo: dal punto di vista oggettivo per aver
adottato un criterio orizzontale di imputazione della responsabilità 188, mentre
per quanto riguarda i soggetti responsabili, la Direttiva non prevede l’attività
dei motori di ricerca e dei collegamenti ipertestuali, considerati invece nel
modello americano.
Come il modello tedesco, invece, la Direttiva contempla casi sia di responsabilità civile che penale (sebbene di quest’ultima non tratti particolarità e dettagli). Tale scelta, come ha evidenziato autorevole dottrina, è dettata
dalla natura dei rapporti fra la disciplina civile e quella penale in Internet che
187 RICCIO, Giovanni Maria La responsabilità civile degli internet providers cit.
Pag.200
188 Vedi a proposito il paragrafo 1.1.
97
«non si pongono in termini di contrasto e antitesi, bensì di continuità ed intersezione» 189.
La differenza fondamentale con le leggi ispiratrici è data dal contesto in
cui gli artt.12-15 sono inseriti, vista l’importanza che il legislatore, nel regolamentare aspetti contrattuali e precontrattuali del commercio elettronico, dà
alla responsabilità civile, forse anche per dirimere le controversie giurisprudenziali in corso, dandone una disciplina univoca e immediata.
Nella recezione italiana è da segnalare una particolarità delle norme rispetto a tutti i precedenti: il legislatore ha continuato a usare una terminologia non italiana (mere conduit, caching, hosting), scelta con pochi precedenti, ma in pieno accordo con il tema trattato data la globalità che è intrinseca al
fenomeno Internet.
Le norme fino a ora citate fondano il regime della responsabilità per i
prestatori di servizi nella società dell’informazione che «piuttosto che dettagliare i casi in cui il soggetto intermediario ha una precisa responsabilità,
detta ad escludendum le condizioni (in negativo) alle quali gli ISP non rispondono civilmente per gli illeciti o le violazioni, quindi per i danni, commessi dai terzi sulla Rete dagli stessi gestita. 190»
2.1. Responsabilità per semplice trasporto di informazioni (mere
conduit)
L’art.14 191 del D.Lgs.70/2003 disciplina la responsabilità del provider
(mere conduit) «nella prestazione di un servizio della società dell'informa-
ZENO-ZENCOVICH, Vincenzo. I rapporti fra responsabilità civile e responsabilità
penale nelle comunicazioni su Internet. In Dir.inf. 1999, pag.1051.
190 NAPOLI, Giuseppina. Responsabilità dell’internet service provider nella giurisprudenza civile cit.
191 Tale articolo riproduce, quasi integralmente, l’art.12 della 2000/31/CE, rubricato
“Semplice trasporto – mere conduit”, che testualmente: «1. Gli Stati membri provvedono
affinché, nella prestazione di un servizio della società dell'informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non sia responsabile
delle informazioni trasmesse a condizione che egli: a) non dia origine alla trasmissione; b)
non selezioni il destinatario della trasmissione; e c) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.
189
98
zione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di
comunicazione» (comma 1).
Il semplice trasporto è l’attività che gode di un trattamento di maggior favore da parte del legislatore perché equiparata all’attività esercitata dai common carriers 192; sulla base del disposto dell’articolo, il provider non è responsabile delle informazioni trasmesse attraverso la sua attività, solo ed esclusivamente a condizione che «a) non dia origine alla trasmissione; b) non
selezioni il destinatario della trasmissione; c) non selezioni né modifichi le
informazioni trasmesse.» Si tratta di esimenti di responsabilità che sono disciplinate ex lege dal legislatore, costituendo un elenco tassativo; parte della
dottrina 193, tra l’altro, ritiene che si tratti di diverse tipologie di intervento che
finiscono, nella sostanza, con il descrivere un’unica condizione di esonero da
responsabilità a favore del provider che sia del tutto estraneo ai contenuti
trasmessi.
La semplice inosservanza di una di queste condizioni, concretizzando
un’ipotesi si responsabilità aquilana, comporta la nascita di un’obbligazione
risarcitoria che obbliga il provider a ripagare i danni ingiusti che il suo comportamento illecito ha causato agli utenti della rete.
Le
tre
condizioni
rivelano
una
ratio
comune:
non
esonerare
l’intermediario che, nello svolgere attività che esulano dal mero trasporto dei
dati, non possa più qualificarsi quale semplice trasportatore. Il provider che
dia anche origine alla trasmissione di informazioni si configura come un fornitore di contenuti, divenendo un content provider, facendo presupporre che,
anche se non ha direttamente creato lui i dati, almeno li abbia vagliati e controllati. In tal modo, quindi, non si avrebbe più una completa estraneità
all’illecito commesso perché il provider sarebbe consapevole dei contenuti
2. Le attività di trasmissione e di fornitura di accesso di cui al paragrafo 1 includono la
memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo.
[…omissis…]»
192 La scelta comunitaria, poi recepita integralmente in Italia, ricalca quella operata dal
legislatore tedesco nel Teledienstegesetz.
193 GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civili cit. Pag.273
99
non a norma circolanti. Parimenti, se il provider scegliesse i destinatari dei
dati, veicolandone la trasmissione a soggetti da lui selezionati e non alla platea indistinta di utenti, la trasmissione dei dati non potrebbe più considerarsi
automatica e passiva, ma voluta dall’operatore stesso che, scegliendo espressamente con chi comunicare, si inserisce quale parte attiva nel processo connettivo e trasmissivo realizzato in rete. L’ultima ipotesi, invece, appare come
la più scontata: se il provider seleziona o modifica le informazioni trasmesse,
l’intervento sul contenuto fa trasparire la piena consapevolezza dell’illecito in
atto e lascerebbe presagire una partecipazione dell’intermediario.
Riassumendo, se il processo trasmissivo affidato al mere conduit è composto da tre elementi, l’origine della trasmissione, i destinatari e il contenuto
del messaggio (di cui i primi due sono elementi soggettivi, l’ultimo oggettivo),
la partecipazione del provider anche a solo uno di essi integra un’ipotesi di
responsabilità.
Ciò che ha spinto il legislatore a disciplinare in tal modo la responsabilità
del mere conduit, è l’automatismo che condiziona l’attività di questo particolare fornitore di servizi. Nella realtà, infatti, i dati si trasmettono attraverso i
software dei router, strumenti che provvedono al trasporto dei pacchetti in
cui i contenuti sono scomposti, permettendo la connessione dei computer degli utenti e il funzionamento di Internet. Nel fornire tale servizio il provider è
del tutto inconsapevole del contenuto dei pacchetti e dunque non può vagliarne la liceità o meno.
Il comma due dell’articolo in esame stabilisce che: «le attività di trasmissione e di fornitura di accesso di cui al comma 1 includono la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a
condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a
tale scopo. » Si tratta di una norma tecnica, che descrive le modalità attraverso le quali si ha il trasporto di informazioni su Internet, incluso il brevissimo
lasso temporale in cui l’informazione resta memorizzata in rete. Le indicazioni del legislatore sono molto precise: la memorizzazione deve essere automatica, intermedia e transitoria perché si posa parlare di un soggetto indiffe-
100
rente all’attività di trasporto delle informazioni. Il superamento di questi limiti comporta l’automatico insorgere della responsabilità.
Sebbene la memorizzazione sia un caratteristica comune alle diverse ipotesi di provider, questo non deve trarre in inganno: il mere conduit memorizza le informazioni solo per il tempo strumentale alla loro trasmissione nella
rete, dovendole poi rimuovere appena giunte a destinazione. La formula usata dal legislatore per definire il lasso temporale, «il tempo ragionevolmente
necessario», è solo apparentemente vaga: è il progresso tecnologico, e con esso le Corti chiamate a dirimere le questioni, a quantificare tale tempo, in maniera tale che la norma non diventi obsoleta il giorno dopo esser stata creata.
Lo standard di diligenza richiesto al prestatore è facilmente realizzabile
visto che non gli è imposto un obbligo di predisporre sistemi di prevenzione
dell’illecito (come filtri o motori di ricerca), non deve realizzare strumenti di
“sensibilizzazione” nei confronti degli utenti dei suoi servizi e non è tenuto a
rimuovere le attività illecite, anche se al corrente 194. La rimozione, infatti, deve essere subordinata a un ordine dell’autorità competente, come disposto
dal comma 3: «l'autorità giudiziaria o quella amministrativa, avente funzioni di vigilanza, può esigere, anche in via d'urgenza, che il prestatore,
nell'esercizio delle attività di cui al comma 2, impedisca o ponga fine alle
violazioni commesse.» Il legislatore nazionale ha recepito una facoltà lasciata
dall’Unione Europea alla discrezionalità degli Stati 195, ossia quella di prevedere che un’autorità giurisdizionale o amministrativa imponesse al provider
di impedire o porre fine alla violazione.
L’intervento giurisdizionale può essere cautelativo («in via d’urgenza»),
volto a impedire sul nascere la commissione della violazione o a circoscriverne gli effetti, oppure «in via ordinaria» con effetto di inibire la continuazione
di un illecito in atto.
194
RICCIO, Giovanni Maria La responsabilità civile degli internet providers cit.
Pag.203
195 Nello specifico al terzo comma dell’art.12 della Direttiva: «3. Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca o ponga fine ad una violazione.»
101
L’attivarsi del prestatore deve essere in ogni caso subordinato alla richiesta dell’autorità predisposta, la quale determina nel provider l’effettiva conoscenza del carattere illecito del contenuto del servizio prestato. In presenza di
tale richiesta, se il provider non si attiva prontamente per evitare il perdurare
degli effetti dannosi 196, sarà egli stesso considerato responsabile; l’eventuale
atteggiamento omissivo configura un illecito civile a carico del prestatore,
fonte di corresponsabilità nel danno cagionato all’utente.
Oltre che all’autorità giudiziaria, il potere di intervento è stato riconosciuto anche all’autorità amministrativa «avente funzioni di vigilanza», identificata sia nell’Autorità di Garanzia per le Comunicazioni (AGCom) per le questioni attinenti a Internet, ma anche il Garante per la protezione dei dati personali per tutte le violazioni attinenti alla privacy o, infine, il Garante per la
Concorrenza e il Mercato (AGCM) se l’illecito attiene a profili anticoncorrenziali o a pubblicità ingannevole.
2.2. Responsabilità per memorizzazione temporanea di informazioni (caching)
L’art.15 197 del D.Lgs.70/2003 disciplina l’attività di memorizzazione temporanea (caching). Si tratta dell’attività di «memorizzazione automatica, in-
196 Alcuni esempi di attività potenzialmente idonea a limitare la diffusione degli effetti
dannosi: provvedere alla cancellazione del messaggio lesivo dal server, distacco della connessione, divieto di accesso o divulgazione, accoglimento della richiesta dell’autore di rettificare la comunicazione lesiva.
197 Tale articolo riproduce, pressoché integralmente, l’art.13 della Direttiva 2000/31/CE,
rubricato “Memorizzazione temporanea detta caching”, che testualmente: «1. Gli Stati
membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell'informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile della memorizzazione automatica,
intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace
il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che egli: a) non modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni; c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo ampiamente
riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore; d) non interferisca con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego delle
informazioni, e e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato,
o per disabilitare l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le
informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che
102
termedia e temporanea di […] informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta»
(comma 1).
La dottrina 198 ha evidenziato una lacuna già dal primo comma della norma, in quanto il legislatore non ha precisato se i caratteri descritti che qualificano la memorizzazione debbano essere presenti congiuntamente o meno,
sebbene sia preferita la tesi della presenza simultanea di tutti e tre, e dunque
che essa sia “automatica”, che avvenga cioè senza l’intervento dell’operatore,
“temporanea”, ossia transitoria e limitata al lasso temporale 199 necessario al
successivo inoltro, quindi che si qualifichi come “intermedia” fra l’invio dei
dati dal primo utente fino al successivo.
Essenzialmente tale articolo trova applicazione per i proxy server 200, per
la gestione delocalizzata dei servizi in banda larga o, in generale, per tutti i
servizi che comportano la conservazione di copie di materiale creato da altri e
memorizzato su altro server solo per il tempo necessario e strumentale a una
nuova trasmissione agli ulteriori destinatari che ne facciano richiesta, senza
dover passare dalla fonte originaria 201. Rientrano nell’applicazione anche le
l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o
un'autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione dell'accesso.
2. Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli
Stati membri, che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca o ponga fine ad una violazione.»
198 GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civili cit. Pag.279
199 La temporaneità è fondamentale per distingue il cache dall’host: in quest’ultimo caso,
infatti, la memorizzazione è duratura e il regime della responsabilità che trova applicazione è
regolato dall’art.16.
200 Un proxy è un programma che si interpone tra un client e un server, comportandosi
da intermediario fra i due host e inoltrando le richieste e le risposte dall’uno all’altro. Il client
si collega con il proxy e gli invia dei dati; il proxy, a sua volta, si collega al server inoltrandogli i dati ricevuti dal client e poi ritrasmette la risposta.
Inizialmente il server proxy è stato introdotto per consentire l’accesso a server remoti a
client che, per motivi di sicurezza o riservatezza, fossero isolati da tale server e impossibilitati nell’accesso diretto a causa di meccanismi di protezione (per esempio i firewall); il proxy,
invece, permetteva l’accesso e l’aggiramento dei sistemi di sicurezza. Oggi, invece, la funzione
dei proxy è mutata, assumendo il ruolo principale di strumenti caching dell’informazione.
201 Un esempio di tale meccanismo: il browser, quando gli viene richiesta una pagina
web, prima la ricerca in un’apposita memoria situata sul personal computer dell’utente e, se
non la trova, la ricerca in rete. A livello di applicazione web, tale memorizzazione temporanea
avviene sul server proxy che, quando deve ricercare una pagina, prima verifica se è in suo
possesso e, in caso positivo, la invia al cliente, risparmiando tempo.
103
c.d. attività di mirroring, ossia quelle che realizzano la duplicazione dei siti
finalizzata a renderne più rapido l’accesso e la consultazione.
Il servizio di caching tende a favorire e rendere più efficace e veloce la ricerca, consultazione ed eventuale download delle informazioni dalla rete; oltre questo, si tratta di un servizio che risponde alle esigenze di privacy degli
utenti consentendogli di connettersi al sito contattato senza che questi possa
identificare la provenienza degli accessi (ma sapendo solo che c’è una generica richiesta di connessione da parte di questo). La memorizzazione temporanea e intermedia di informazioni è quindi un’attività tecnica e automatica, tra
le altre transitoria, che non richiede la conoscenza reale ed effettiva delle informazioni da parte del prestatore.
Così come il disposto dell’art.14 per il mere conduit, anche il caching, per
non incorrere in responsabilità, deve presentare delle condizioni imprescindibili che, a causa del ruolo più attivo svolto da quest’ultimo provider, sono
più stringenti. La lettura in positivo di tali condizioni, inoltre, delinea la condotta che deve essere seguita dall’intermediario, la cui violazione comporta
responsabilità a suo carico. In primo luogo, il caching non deve modificare le
informazioni (lett.a) 202 create dall’utente e mantenerle immutate nelle copie
memorizzate; la spiegazione è molto semplice: se il caching provvede a mutare le informazioni, si avrebbe la conoscenza effettiva dell’illecito in atto e
quindi l’insorgere della corresponsabilità per non aver impedito l’evento o
comunque non averlo denunciato.
La seconda condizione richiesta è che il caching tenga alcune condotte attive, fra cui il conformarsi «alle condizioni di accesso alle informazioni»
(lett.b) e «alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un
modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore»
(lett.c). La dottrina ritiene che dalla lett.c possa discendere l’obbligo per
l’intermediario di non conservare troppo a lungo le copie cache memorizzate
sul proprio server, in quanto la memorizzazione prolungata potrebbe far vi-
202 Non sono pregiudicate da questa previsione le manipolazioni di carattere tecnico effettuate nel corso dell’attività di caching, a patto che non alterino l’integrità della informazione (ex considerando 43 della Direttiva 2000/31/CE).
104
sualizzare agli utenti pagine non aggiornate, in contrasto con il loro interesse
a un’informazione immediata e veritiera.
Altro obbligo è quello di non interferire «con l'uso lecito di tecnologia
ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego delle informazioni» (lett.d); il senso di tale disposizione non appare del
tutto chiaro: si è supposto che il fornitore dovrebbe consentire che soggetti
terzi accedano ai propri sistemi con strumenti tecnologici per sapere chi ha
scaricato cosa, ma questo comporterebbe una violazione della privacy e della
seconda parte della norma; inoltre il riferimento alle nuove tecnologie comporta da parte del giudice l’obbligo di indagare sull’evoluzione degli strumenti informatici, utilizzando anche categorie extragiuridiche.
Ultimo obbligo è che il prestatore «agisca prontamente 203 per rimuovere
le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l'accesso, non appena
venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state
rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso
alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o
un'autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione»
(lett.e). A questa ipotesi è equiparata quella in cui l’operatore, ricevuto un
provvedimento dall’autorità giudiziaria o amministrativa competente 204, non
vi abbia dato corso. Alla luce di questa disposizione, l’intermediario caching
deve vigilare sull’effettiva permanenza in rete dei contenuti che ha memorizzato sulle proprie macchine; per verificare se sussistono i presupposti di esonero della responsabilità, non potrà invocare l’impossibilità tecnica di provvedere alla rimozione delle copie cache realizzate, posto che la memoria
cache produce «memorie a ripetizione su tutti i computers del mondo, onde
il problema tecnico consiste nell’esigibilità pratica di una condotta che dovrebbe eliminare non una, ma tutte le memorie della informazione originaria al fine di evitare che a quella informazione illecita il pubblico possa, coL’espressione «agisca prontamente», così come la seguente «non appena venga effettivamente a conoscenza», non è del tutto chiara, lasciando alla sede applicativa e giurisprudenziale la decisione in merito alla sua quantificazione temporale e se, per esempio, basti una mail al cache, oppure una chiamata anonima, o un articolo di giornale per avere la
nascita dell’obbligo di attivazione, oppure sia necessario il provvedimento dell’autorità competente.
204 Vedi paragrafo precedente.
203
105
munque, attraverso la ricerca in Internet, indirettamente pervenire 205». La
prova della prontezza dell’intervento deve gravare sul prestatore-convenuto
che deve dimostrare di aver tenuto un comportamento conforme alla diligenza professionale (ex art.1776 comma 2 c.c.), come statuito da costante giurisprudenza 206.
Il comma 2 dell’art.15 è analogo al comma 2 del precedente articolo, statuendo che «l'autorità giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni
di vigilanza può esigere, anche in via d'urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine
alle violazioni commesse.»
2.3. Responsabilità per memorizzazione di informazioni richieste
dal destinatario del servizio (hosting)
L’ultimo articolo riguardante una limitazione della responsabilità è
l’art.16 207 del D.Lgs.70/2003 sul regime applicabile al prestatore che memoBOCCHINI, Roberto. La responsabilità civile degli intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio dell'illecito plurisoggettivo permanente. Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2003. Pag.147
206 Ex multis Trib.Napoli, 4 settembre 2002, in Giur.Merito, 2004, 291. «La responsabilità del provider per i fatti illeciti commessi in siti internet è di carattere soggettivo e ricollegabile alla violazione in concreto delle norme di prudenza, perizia e diligenza prescritte per gli operatori modello del settore commerciale, ex art.2043; e alla stregua di detti criteri va adeguatamente valutato il comportamento del provider che, appena venuto al corrente di tali fatti illeciti, non agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per
disabilitarne l’accesso».
207 Tale articolo riproduce l’art.14 della Direttiva 2000/31/CE, rubricato semplicemente
“Hosting”, che testualmente: «Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di
un servizio della società dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e,
per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che
rendono manifesta l'illegalità dell'attività o dell'informazione, o b) non appena al corrente
di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso. 2. Il paragrafo 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l'autorità o
il controllo del prestatore. 3. Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca una violazione o vi ponga fine nonché la possibilità, per gli Stati membri, di definire procedure per la rimozione delle informazioni o la
disabilitazione dell'accesso alle medesime.»
205
106
rizza le informazioni richieste dal destinatario del servizio, l’hosting; il legislatore non prevede alcuna distinzione fra l’host attivo e quello passivo, di
mera creazione giurisprudenziale 208.
La disciplina è univoca e prevede che il prestatore non sia responsabile
delle informazioni solo a condizione che egli «non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene
ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione» (lett.a) e «non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti,
agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne
l'accesso» (lett.b).
Le condizioni più severe di esonero della responsabilità rispetto agli altri
provider sono dovute alla stabile relazione che l’intermediario ha con le informazioni memorizzate sul suo computer, potenzialmente più facilmente
conoscibili da parte del prestatore, sebbene l’attività dell’host è semplicemente quella di prestare uno spazio web per la conservazione delle informazioni,
quindi la conoscenza non è assicurata. Sulla base di questa caratteristica del
provider si giustificano sia la prima condizione, ossia la mancata conoscenza
dell’illecito in corso, che la seconda, la quale, in realtà, disciplina il caso opposto, ossia che il prestatore sia effettivamente a conoscenza del materiale illecito in suo possesso, ma non resti inerte e si attivi per la sua eliminazione.
La lett.a fissa un «discrimen tra la responsabilità penale e la responsabilità civile del provider, a dimostrazione della stretta connessione esistente in
subiecta materia tra i due diversi ambiti dell’ordinamento giuridico» 209. Entrambe le responsabilità, infatti, si realizzano al verificarsi dello stesso presupposto, cioè la conoscenza dell’illiceità, diversificando il livello di consapevolezza richiesto: per l’imputazione penale, si richiede l’effettiva conoscenza
dell’illiceità dell’attività o informazione, la quale deve essere personale e diretta; per le azioni civili, invece, basta che il provider sia a conoscenza di fatti
Sul punto vedi il paragrafo seguente.
MAIETTA, Angelo. Il sistema delle responsabilità nelle comunicazioni via Internet
cit. Pag.523
208
209
107
o circostanze che rendano manifesta tale illiceità 210, qualificando tale conoscenza quale indiziaria e indiretta.
Il senso delle espressioni utilizzate dal legislatore, però, è apparso molto
criptico, ma è possibile superare i dubbi interpretativi notando che il termine
usato è “conoscenza”, espresso nell’omologo «essere al corrente di», e non
“mera conoscibilità”, interpretata da autorevole dottrina come «possibilità di
conoscenza, una possibilità alla quale segue, ma non necessariamente, una
conoscenza effettiva 211». Sulla base di questa interpretazione, autorevole dottrina 212 ritiene che quando il prestatore ha una conoscenza circostanziata di
tale illiceità, il danneggiato sarà favorito nel fornire la prova della conoscenza
da parte dell’intermediario. Altra dottrina 213, invece, critica sia l’adozione di
un’interpretazione più rigorosa della norma, che ritiene idonei a garantire
l’effettiva conoscenza tutti i mezzi astrattamente utilizzabili per la diffusione
di notizie (una segnalazione da un utente, una mail, una telefonata anonima,
ecc), ma anche una meno rigorosa che individua l’effettiva conoscenza solo in
quella istituzionale, in quanto derivante da sentenza passata in giudicato che
dichiari l’illiceità, oppure da altro provvedimento giudiziale. La prima interpretazione, infatti, ha l’innegabile difetto di estendere la responsabilità a tutti
i casi in cui l’hosting abbia avuto notizia di fatti che rivelano il carattere lesivo
delle informazioni ospitate, non consentendo di definire con certezza i confini
di tale responsabilità; l’altra tesi, invece, ha il difetto di contraddire l’intento
del legislatore che auspica un intervento del provider il prima possibile per
Cfr. GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civili cit. pag.289. RICCIO, Giovanni
Maria, La responsabilità civile degli internet providers cit. pag.206. MAIETTA, Angelo. Op.
cit.
Le stesse considerazioni la dottrina le ha fatte anche in merito all’art.14 della Direttiva
2000/31/CE: A.STROWEL-N. IDE-F. VERHOESTRAETE, La directive du 8 juin 2000 sur le
commerce électonique: un cadre juridique pour l’Internet. In Jour des Tribunaux, 2001,
n.6000. Pag.144.
211 FALZEA, Angelo. Fatto di conoscenza in Voci di teoria generale del diritto, III ed.,
Milano, 1985, pag.659 ss. La conoscibilità è inoltre distinta in diretta, quando un fatto «è disponibile nella sua materiale presenza e nella sua immediata realtà alla percezione di un
soggetto», da quella indiretta che si realizza quando un fatto «è manifestato da un altro fatto che è disponibile nella sua materiale presenza e nella sua immediata realtà».
212 RICCIO, Giovanni Maria. La responsabilità civile degli internet providers cit.
213 GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civili cit. Pag.292.
210
108
impedire la diffusione dei danni. In tal modo, invece, bisognerebbe aspettare
i tempi della giustizia e l’emanazione della sentenza.
Fra le due soluzioni estreme, sarebbe auspicabile un temperamento che,
bilanciando gli interessi dei soggetti lesi e dell’intermediario, facesse leva sulla diligenza professionale 214 di questi per l’esercizio della sua attività di individuazione e prevenzione dell’illegalità.
La giurisprudenza, sul tema della conoscenza effettiva, si è espressa statuendo che tale requisito, «necessario ai fini della valutazione di responsabilità dell’I.S.P, non può essere dimostrato unilateralmente dalla parte che assume la lesione, ma è necessario che un organo giurisdizionale competente
ne dichiari la effettiva illiceità dei dati o ne ordini la rimozione 215»; inoltre
molte pronunce giurisprudenziali 216 sembrano orientate nel ritenere idoneo a
far scattare la conoscenza della condotta illecita semplicemente l'invio della
diffida di parte, quindi, anche in assenza di uno specifico ordine giudiziario o
amministrativo. La Corte di Giustizia Europea, in un caso del 2009, ha infatti
definito l’illiceità manifesta come le «circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità» 217. Tale interpretazione può portare all’inconveniente di avere una diffida in seguito rivelatasi priva di fondamento, comportando una censura di responsabilità 218.
La fattispecie della lett.b lega il ritardo o l’inerzia del provider
nell’impedire la permanenza delle informazioni o attività illecite in rete, rilevante all’imputazione di responsabilità, alla comunicazione dell’illecito avuta
A tale diligenza fa espresso riferimento il considerando n.48 della direttiva
2000/31/CE che ritiene che i prestatori che detengono informazioni fornite dai destinatari
del loro servizio sono tenuti a un preciso dovere di diligenza «che è ragionevole attendersi
da loro ed è previsto dal diritto nazionale, al fine di individuare e prevenire taluni tipi di
attività illecite».
215 Tribunale Firenze, 25 maggio 2012. In Dir. informatica 2012, 6, 1210.
216 Ex multis: Tribunale Roma, sez. prop. ind. e int. 11 luglio 2011. Tribunale Roma, sez.
prop. ind. e int., 20 marzo 2011. Tribunale Milano, sez. I, 25 gennaio 2011.
217 CORTE DI GIUSTIZIA UE, 18 giugno 2009 (causa C-487/07) — 487/07, L’Oréal SA,
Lancôme Parfums et Beauté & Cie SNC et Laboratoire Garnier & Cie c. Bellure NV, Malaika
Investment Ltd e Starion International Ltd.
218 TOSI, Emilio. La responsabilità civile per fatto illecito degli Internet Service Provider e dei motori di ricerca a margine dei recenti casi “google suggest” per errata programmazione del software di ricerca e “Yahoo! Italia” per “link” illecito in violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Nota alla sentenza richiamata in Rivista di Diritto Industriale,
fasc.1, 2012, pagg.44 ss.
214
109
dall’autorità competente, la quale ingenera nell’ISP l’effettiva conoscenza
dell’illecito. Tra l’altro, poiché l’hosting è sempre in grado di oscurare o bloccare il materiale sul suo spazio cibernetico, non potrà egli invocare per
l’esonero della responsabilità l’impossibilità di provvedere a ciò. Riguardo il
lasso temporale in cui deve avvenire questa attività, poiché il legislatore è stato vago sul punto con l’utilizzo di termini generici quali «immediatamente» o
«non appena», sarà la giurisprudenza a dover quantificare ancora una volta
questi dati; la lettura della norma, però, lascia intendere che il termine sia dato dai tempi meramente tecnici necessari ad avere la rimozione.
Queste esclusioni di responsabilità non si applicano nel caso delineato dal
secondo comma, ossia «se il destinatario del servizio agisce sotto l'autorità o
il controllo del prestatore» 219, disegnando così un’ipotesi di responsabilità
per fatto altrui (art.2049 c.c.) perché il provider potrà essere riconosciuto
corresponsabile nei casi di illecito commesso dal destinatario del servizio nello svolgimento di attività dirette dall’hosting. A differenza della disciplina generale, le parole utilizzate dal legislatore nel caso specifico sono molto chiare
e consentono di prescindere da qualsiasi indagine sul rapporto formale di
preposizione esistente tra utente e ISP.
L’ultimo comma, infine, conferma il potere dell’autorità giudiziaria o
amministrativa competente di «esigere anche in via d'urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine
alle violazioni commesse», al pari di quanto detto per gli altri due casi.
Riguardo l’ambito applicativo della norma, questa copre tutti i casi in cui
viene messo a disposizione uno spazio web per la gestione di un sito o, in generale, per l’immissione di dati sulla rete e l’acquisizione di visibilità su
Internet. La giurisprudenza, infatti, ha recentemente escluso la responsabilità
del prestatore che «consente la realizzazione di una enciclopedia on-line le
Un esempio è dato dal caso in cui i contenuti dei siti ospitati siano soggetti alla supervisione e alla sorveglianza di un system manager appartenente all’organizzazione aziendale del provider fornitore di generalità. Il ruolo svolto dall’amministratore del sistema giustifica la responsabilità in cui può incorrere il prestatore di servizio di hosting per le informazioni memorizzate, anche se fornite dal destinatario del servizio. Così GAMBINI, Marialuisa.
Le responsabilità civili cit. pag.288
219
110
cui voci sono opera del pubblico e sono da queste modificabili 220» in quanto
si tratta di un hosting provider che si limita a offrire ospitalità a informazioni
fornite dagli utenti. Altre ipotesi in cui è stata esclusa la responsabilità
dell’hosting dalla giurisprudenza sono legate alla liceità del trattamento dei
dati personali, la cui memorizzazione è stata richiesta dagli utenti. Di recente
la Cassazione ha infatti statuito che «nel caso di caricamento da parte degli
utenti (c.d. uploaders), su un sito Internet, che offre il servizio di hosting, di
un contenuto testuale, audio, video o multimediale, stante la mancanza di
un obbligo generale di sorveglianza per i fornitori del servizio, sono gli utenti stessi a essere titolari del trattamento dei dati personali di terzi 221».
Si potrebbe avere un caso di non applicabilità della norma quando viene
messo a disposizione dell’utente uno spazio privato per i servizi di posta elettronica, anche se, in questi casi, risulta più difficile per il terzo-danneggiato
poter sostenere la conoscenza da parte del provider del materiale immesso
dagli utenti negli spazi da lui forniti, con conseguente irresponsabilità
dell’ISP.
Un caso di non applicazione certa della norma si verifica quando il prestatore dedica le sue energie nell’attività di moderazione dello spazio da lui
fornito, come può accadere nei forum di discussione, perché tale attività non
è altro che un controllo sistematico dei contenuti al fine di eliminare gli elementi di disturbo. Il controllo, ovviamente, comporta la conoscenza dei dati.
2.4. Hosting attivo e hosting passivo: il ruolo della giurisprudenza nella classificazione e disciplina
Negli ultimi anni diverse sentenze hanno rilevato come la definizione degli ISP data dal D.Lgs. 70/2003 non corrisponda più alle esigenze del diritto
e, soprattutto, non possa più essere considerata un’analisi concreta e attuale
delle problematiche emergenti dai singoli casi. Il web 2.0 ha portato alla mutazione del ruolo dei soggetti informatici, compreso quello degli ISP, e la DiTribunale Roma , 9 luglio 2014. In Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, (II),
2014, 6, 953.
221 Cassazione penale sez. III 17 dicembre 2013 n.5107, in Rivista penale 2014, 5, 495.
essa conferma App.Milano 21 dicembre 2012.
220
111
rettiva che ha dato origine al decreto presenta dei profili non più al passo con
i mutamenti tecnologici.
Il Provider oggi «non è più completamente passivo e neutro rispetto
all’organizzazione e alla gestione dei contenuti immessi dagli utenti, organizzazione da cui trae anche sostegno finanziario in ragione dello sfruttamento pubblicitario connesso alla presentazione di tali contenuti 222».
Sulla base di questa considerazione, il Tribunale di Milano, nella sentenza
che vedeva avverse la Reti Televisive Italiane s.p.a. (RTI nel proseguo) e Italia Online s.r.l. 223 sulla condivisione illecita online di filmati protetti dal diritto d’autore, ha ipotizzato una distinzione fra “provider attivo 224” e “provider
passivo”. Il primo di questi svolge un ruolo nella trasmissione, indicizzazione
e organizzazione dei contenuti, mentre il secondo offre solo un servizio di
memorizzazione delle informazioni, senza che venga svolto un ruolo attivo
nella trasmissione e indicizzazione. Sulla base di queste definizioni, si comprende il diverso ruolo svolto dalle due tipologie di provider nella diffusione
dei contenuti perché se il secondo resta del tutto estraneo alla loro circolazione e utilizzazione da parte degli utenti, il primo assume un ruolo più incisivo:
anche la semplice indicizzazione dei contenuti comporta una loro conoscenLASORSA BORGOMANERI, Niccolò. La responsabilità dell’ISP per la violazione del
diritto d’autore: dal caso RTI/YOUTUBE alla delibera AGCom. In CASSANO, Giuseppe,
SCORZA, Guido, VACIAGO, Giuseppe (a cura di). Diritto dell’internet. Manuale operativo.
Casi, legislazione, giurisprudenza. Padova, CEDAM, 2012. Pag.425
223 Tribunale Milano sez. prop. ind. e int., 7 giugno 2011 n.7680. In sintesi, RTI, concessionaria per l’esercizio di alcune note emittenti televisive nazionali, contestava a Italia Online, proprietaria di una piattaforma telematica (il portale IOL), la diffusione illecita di spezzoni di una trasmissioni televisive, i cui diritti di sfruttamento economico erano di proprietà
della prima. «In particolare, nella sezione Video del Portale IOL sarebbe possibile eseguire
una ricerca di frammenti video del materiale di pertinenza dell'attrice inserendo il titolo di
una delle trasmissioni in questione; inoltre detti filmati risulterebbero associati a molteplici
messaggi pubblicitari (link sponsorizzati) tramite l'utilizzazione dei titoli dei programmi
stessi quali key - words».
224 Sulla ricostruzione della figura soggettiva dell'ISP attivo si segnalano in giurisprudenza: Tribunale Catania 29 giugno 2004, sent. in Dir. inf., 2004, 466; Tribunale di Milano 2
marzo 2009, ord., caso RTI c. RCS, in Dir. Inf., 2009, 521 ss.; Tribunale di Roma 15 dicembre 2009, ord., caso RTI c. You Tube, in Dir. inf., 2009, 521 ss.; Tribunale di Roma 11 febbraio 2010, ord, reclamo caso RTI c. You Tube, in Dir. inf., 2010, 275 ss.; Cass. 23 dicembre
2009, n. 49474, caso “Pirate Bay”, in Dir. Inf., 2010, 437, con nota di Merla. Si veda in dottrina: SAMMARCO, Pieremilio, Le clausole contrattuali di esonero e trasferimento della responsabilità inserite nei termini d'uso dei servizi del web 2.0, in Dir. inf., anno XXVI, fasc.
4-5, 2010, 643.
222
112
za, in primis, e soprattutto un ruolo attivo nella loro diffusione tra il pubblico.
La conseguenza immediata di questa diversità di ruolo è la differenziazione
nel regime della responsabilità.
Di fronte al silenzio della legge, perché d’altronde il legislatore comunitario del 2000 e quello nazionale del 2003 non potevano prevedere questa evoluzione nel ruolo, la giurisprudenza ritiene che al provider passivo si applichi
in toto la limitazione di responsabilità prevista dal Decreto, per il provider attivo, invece, sarà applicabile la regola generale della responsabilità civile desumibile dall’art.2043 c.c.
Nel caso di specie, i giudici milanesi hanno ritenuto Italia Online un “hosting provider attivo”, figura qualificata nell’intervallo tra “content provider 225” e “hosting”, valutando una serie di elementi. Il portale telematico di
proprietà della convenuta, infatti, presentava le “ad words”, ossia la possibilità di scegliere i video del portale a cui associare la pubblicità, nonché la presenza della funzione “video correlati” che permetteva agli utenti di essere
immediatamente indicizzati a video analoghi a quello ricercato; alcuni degli
spezzoni oggetto di violazione erano caricati dalla stessa Italia Online e infine
le condizioni contrattuali 226, sottoposte all’approvazione degli utenti del portale al momento di sottoscrizione del servizio, prevedevano la possibilità di
rimuovere i contenuti illeciti da parte dell’ISP.
La massima della sentenza citata, infatti, sancisce che «sussiste la responsabilità del prestatore di servizi, e nella specie la violazione del diritto
d'autore su brani di filmati tratti da programmi televisivi, diffusi in rete
tramite il servizio di "hosting" (con il quale il titolare di una piattaforma telematica consente la condivisione di contenuti audio/video inviati dagli utenti e la visualizzazione degli stessi da parte di terzi) ove si tratti di "hoIl content provider è stato definito dalla sentenza in esame quale: «soggetto che immette i contenuti propri o di terzi nella rete e che dunque risponde di essi secondo le comuni
regole d responsabilità».
226 Nello specifico Italia Online, dagli utenti che volevano usufruire del servizio “Video”,
acquistava: «il diritto e la licenza, non soggetti ad alcun compenso e non esclusivi, di utilizzare, riprodurre, adattare, pubblicare, distribuire, riprodurre ed eseguire tali video o fotografie e, in generale, di esercitare tutti i diritti collegati agli stessi fino all'eventuale revoca
da parte degli aventi diritto». Essa, inoltre, si riservava anche «il diritto nei confronti dell'utente di provvedere all'immediata rimozione di video e foto trasmessi dall'utente che risultassero in violazione di soggetti vantanti diritti sui contenuti trasmessi».
225
113
sting" attivo, ovvero quando il prestatore di servizi predisponga una organizzazione della gestione dei contenuti immessi dagli utenti, anche in stretta
connessione con la visualizzazione dei messaggi pubblicitari, ed abbia altresì un potere di controllo sui contenuti stessi (anche se su segnalazione) e di
eventuale loro rimozione, ponendo così in essere attività che vanno ben oltre
la mera fornitura all'utente di uno spazio di memorizzazione di contenuti e
di un software di comunicazione che ne consenta la visualizzazione a terzi
(quale si verifica nell'"hosting" passivo) 227».
Italia Online è stata condannata in primo luogo perché, a fronte di numerose segnalazioni da parte di RTI sulla presenza di materiale illecito, è rimasta inerte, violando gli obblighi di attivazione a cui sono soggetti tutti i prestatori di servizi in caso di segnalazioni di illecito in corso, anche se l’ordine non
proviene direttamente da parte dell’autorità competente 228.
In tale sentenza, i giudici hanno anche dato una risposta allo spinoso
quesito interpretativo sul momento in cui l’ISP dovrebbe «attivarsi immediatamente per rimuovere le informazioni o disabilitare l’accesso 229», stabilendo che, partendo da una generica indicazione su quali sono le opere che si ritengono diffuse in contrasto alle norme sul Diritto d’Autore, è possibile individuare tutti i video correlati usando il sistema “ad words” e i meta-tags, di
cui il portale è dotato, per averne un’indicizzazione.
Le decisioni giurisprudenziali seguenti hanno continuato sulla stessa linea di principi già tracciata dal Tribunale di Milano. Un esempio è la decisio-
Trib. Milano. Sez. prop. ind. e int. 7 giugno 2011, n.7680. In Riv. Trim. Dir. Pubbl.
2011, 3, 373 e in Dir. inf. 2011, 4-5, 660.
228 Sul punto la giurisprudenza continuerà a mantenere la stessa posizione anche nelle
pronunce seguenti, e in particolare in quella del settembre 2011 (vedi infra), statuendo che
«in tema di diritto d’autore, anche per i soggetti rientranti (nel caso di specie, prestatori di
servizi che forniscono hosting attivo) nel campo delle esenzioni di responsabilità sancite in
particolare dall’art.16 e più in generale dall’art.17 d.lgs.n.70 del 2003, l’informazione sulla
presenza del diritto di terzi determina l’insorgenza di obblighi per il prestatore dei servizi,
ancor prima della ricezione da parte dell’autorità giudiziaria o amministrativa dell’ordine
di rimozione del contenuto illecito. Nel caso di specie, l’inattività del prestatore di servizio di
hosting, nonostante le segnalazioni della presenza di numerosi contenuti audiovisivi in violazione dei diritti d’autore, lo rende colposamente responsabile.»
229 Art.16, comma 2, D.Lgs.n.70/2003.
227
114
ne RTI vs Yahoo Video 230, sempre del tribunale di Milano, del settembre dello stesso anno. In questa sentenza, dalle motivazioni analoghe alla precedente, è stato inibito a Yahoo!Italia l’ulteriore diffusione di contenuti di RTI. Nello specifico, dal testo della sentenza si evincono gli elementi che differenziano
la posizione dell’hosting attivo rispetto a chi semplicemente fornisce uno spazio per la memorizzazione delle informazioni trasmesse dagli utenti; questi
elementi sono: «l'associazione di messaggi pubblicitari ai contenuti immessi
in rete dagli utenti (i cui proventi concorrono a finanziare l'attività del prestatore di servizi), la regolamentazione contrattuale con cui il prestatore
medesimo si riserva determinati diritti sui materiali caricati sulla propria
piattaforma, il servizio di segnalazione dell'eventuale illiceità del contenuto
immesso (visibile come link sotto ogni video pubblicato in rete), la predisposizione di un servizio di visualizzazione (non ricercata dal visitatore, ma offerta in via automatica) di altri video correlati a quello specificamente prescelto dall'utente». Gli hosting attivi così individuati non possono in alcun
modo essere considerati neutrali rispetto ai contenuti, comportando la non
applicabilità della disciplina dell’art.16 del D.Lgs.70/2003 «a favore di una
valutazione della sua condotta secondo le comuni regole della responsabilità
civile».
Secondo la dottrina 231 queste pronunce sembrano essere favorevoli ai
produttori di contenuti e dei fornitori di servizi di media audiovisivi rispetto
agli ISP che, fino a oggi, hanno consentito lo sviluppo di nuovi modelli di utilizzo della Rete. Grazie a queste interpretazioni giurisprudenziali, sembra
Trib. Milano. Sez. prop. ind. e int. 9 settembre 2011, n.10893. In sintesi: RTI conveniva in giudizio Yahoo!Italia e Yahoo!Inc., titolari di una piattaforma telematica per la condivisione di contenuti audio e video degli utenti, a seguito del rinvenimento sul portale Yahoo
di numerose sequenze (oltre 200 in una sola giornata) tratte dalle trasmissioni di titolarità
dell'attrice. In particolare, nella sezione “Video” del portale delle convenute, attraverso l'inserimento del titolo di una delle trasmissioni di RTI era possibile reperirne alcuni frammenti,
cui peraltro erano associati molteplici messaggi pubblicitari (c.d. link sponsorizzati).
Uno dei motivi di doglianza di RTI era la mancanza di un procedimento di verifica preventiva, predisposto dalla convenuta, sui contenuti inviati dagli utenti, per evitare violazioni e che,
nonostante le fosse stato intimato di rimuovere tali documenti, Yahoo fosse rimasta inerte.
Yahoo! sosteneva di avere solo la gestione della piattaforma dove gli utenti caricavano i loro
materiali e che quindi, in quanto mero Internet Service Provider, andava esente da responsabilità per le eventuali violazioni commesse dai stessi.
231 LASORSA BORGOMANERI, Niccolò. La responsabilità dell’ISP cit. pag.427
230
115
consolidarsi il concetto di “assenza di un vantaggio patrimoniale riconducibile direttamente all’attività illecita” quale motivo di esenzione delle responsabilità del Provider 232.
Questo filone giurisprudenziale è però drasticamente mutato nell’ultimo
anno. Sono sempre i giudici meneghini 233 ad attuare una svolta decisionale in
tal campo, nel secondo grado di giudizio della causa che aveva visto avverse
Yahoo! e RTI. La Corte di appello, annullando la precedente decisione, si è infatti espressa per l’illegittimità dell’addebito al provider, sulla base di una serie di indici che lo identificavano quale ISP “attivo”, la responsabilità per
condotte illecite che, pur rilevabili dal prestatore, erano state poste in essere
dagli utenti dei servizi. La Corte, infatti, ha statuito che: «il regime della responsabilità di Yahoo! Italia va inquadrato nel "regime di responsabilità del
prestatore di servizi di ospitalità di dati (hosting)”, qualificandosi tale operatore come colui "che procura ai propri clienti un servizio di accesso a un
sito, senza proporre altri servizi di elaborazione dei dati" ed altresì qualificandosi l'hosting provider come un servizio di accesso ad una rete: "l'attività di hosting provider che fornisce ai suoi utenti un servizio di accesso a
Internet”» 234.
Il ragionamento della Corte d’appello mette in discussione l’eterogeneità
del regime giuridico che il Tribunale avrebbe dovuto applicare alle diverse tipologie di provider, in quanto sarebbe stato male orientato a causa di una lettura errata di alcuni “considerando”, per la precisione il 42 235 e il 44 236, della
In realtà questo principio non è nuovo, ma è stato già affermato dalla normativa americana, in particolare dall’art.17 US, par.512, DMCA.
233 Corte d’appello di Milano, 7 gennaio 2015 n.29.
234 Massima della sentenza citata.
235 Considerando 42: «le deroghe alla responsabilità […] riguardano esclusivamente il
caso in cui l'attività di prestatore di servizi della società dell'informazione si limiti al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono
trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al
solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione. Siffatta attività è di ordine meramente
tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servizi della società dell'informazione non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate».
236 Considerando 44: «il prestatore che deliberatamente collabori con un destinatario
del suo servizio al fine di commettere atti illeciti non si limita alle attività di semplice trasporto ("mere conduit") e di "caching" e non può pertanto beneficiare delle deroghe in materia di responsabilità previste per tali attività».
232
116
direttiva e-commerce che esplicano la ratio sottesa a tutta la normativa.
L’errore del giudice di primo grado è inquadrabile in un’erronea interpretazione del regime giuridico applicabile agli hosting provider, in quanto
un’eterogeneità di status e regime giuridico non può discendere da un dato
che, pur trattando solo mere conduit e caching, non ne esclude l’applicabilità
anche all’hosting. Di quest’ultimo se ne occupa un altro considerando (il
46 237) e, inoltre, le regole suddette sono previste esclusivamente per le altre
due categorie di ISP, incompatibili con l’hosting.
La Corte d’appello finisce per escludere che «la maggiore complessità dei
servizi offerti dagli hosting provider, conseguenza naturale dell'evoluzione
tecnologica, debba necessariamente tradursi in una pretesa "attività" che
valga a escludere l'applicazione delle esenzioni di responsabilità pensate per
il provider meramente "passivo" 238». Con tale lettura sono mantenuti distinti il piano soggettivo, attinente al livello di “intensità” del rapporto intercorrente fra prestatore di servizi e contenuto pubblicato dall’utente – che salva la
neutralità del provider fino a quando la sua attività non si traduca in una partecipazione alla creazione del contenuto stesso – e il piano “oggettivo”, riguardante le opportunità tecniche di interazione fra prestatore, utente e terzi.
Sulla base di questo ragionamento, i giudici di merito hanno escluso la
configurabilità di un “hosting attivo”, come immaginato dal Tribunale di
primo grado, visto che il rapporto fra provider e contenuto può essere solo di
due tipologie: «o il rapporto che il provider esercita con il contenuto tracima
nella sua elaborazione, e in questo caso si parla di un vero e proprio content
provider, oppure tale rapporto, nonostante la complessità oggi raggiunta
dai servizi dell'informazione e l' "attività" del provider, rimane altro, e in tal
Considerando 46: «per godere di una limitazione della responsabilità, il prestatore
di un servizio della società dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni deve agire immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitare l'accesso
alle medesime non appena sia informato o si renda conto delle attività illecite».
238 BASSINI, Marco e POLLICINO, Oreste. Evoluto, ma non attivo. La Corte d'appello
di Milano travolge la più recente giurisprudenza sull'hosting provider. Articolo pubblicato
il 27 gennaio 2015 per Dirtto24, rubrica di diritto de “Il sole 24 ore”. Reperibile al seguente
link:
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2015-0127/evoluto-ma-non-attivo-corte-d-appello-milano-travolge-piu-recente-giurisprudenzahosting-provider-090142.php (consultato il 6 maggio 2015).
237
117
caso l'applicabilità della disciplina prevista per l'hosting provider (attivo o
passivo) non può essere revocata in discussione 239».
2.5. Un’ipotesi non contemplata dal legislatore: i motori di ricerca
Il modello legislativo così descritto non è esaustivo: restano fuori dalla
normativa alcuni prestatori di servizi telematici rilevanti. Un caso emblematico è rappresentato dai motori di ricerca 240. La normativa descritta sembra
assumere carattere tassativo, non potendosi, almeno in via teorica, auspicare
un’applicazione analogica anche ad altri soggetti. Tuttavia il caso particolare
del motore di ricerca evidenzia una lacuna normativa della quale lo stesso legislatore comunitario era consapevole, come dimostrato dall’art.21 241 della
Direttiva che, rimettendo a una relazione biennale della Commissione
sull’applicazione della direttiva il vaglio di eventuali necessità di modifica,
contiene un richiamo espresso al motore di ricerca e alla sua regolamentazione. Tale lacuna è di particolare rilievo considerando che i motori di ricerca,
più di altri soggetti, potrebbero cooperare per la prevenzione e repressione
degli illeciti: il loro ruolo, da essere quello di semplice indicizzazione delle
pagine web, si è evoluto verso un’attività di indirizzo delle ricerche verso alcuni siti piuttosto che altri (i c.d. “collegamenti sponsorizzati”).
BASSINI, Marco e POLLICINO, Oreste. Op. cit.
Si ricorda che questi particolari prestatori sono invece disciplinati dalle normative di
altri paesi, come negli Stati Uniti nel DMCA.
241 Articolo 21 Riesame: «1. Entro il 17 luglio 2000, e in seguito ogni due anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale
una relazione sull'applicazione della presente direttiva, corredata, se necessario, di proposte per adeguarla dell'evoluzione giuridica, tecnica ed economica dei servizi della società
dell'informazione, in particolare per quanto concerne la prevenzione dei reati, la protezione
dei minori, la tutela dei consumatori e il corretto funzionamento del mercato interno.
2. Nell'esaminare la necessità di adeguamento della presente direttiva, la relazione analizza, segnatamente, la necessità di proposte relative alla responsabilità dei fornitori di collegamenti ipertestuali e di servizi di motori di ricerca, alle procedure di "notifica e rimozione"
("notice and take down") e alla determinazione della responsabilità a seguito della rimozione del contenuto. La relazione esaminerà anche la necessità di condizioni ulteriori per l'esonero dalla responsabilità, di cui agli articoli 12 e 13, tenuto conto dell'evoluzione tecnica,
nonché la possibilità di applicare principi del mercato interno alle comunicazioni commerciali non sollecitate per posta elettronica.»
239
240
118
Fondamentale per la risoluzione di tale questione è stato l’apporto della
giurisprudenza che, nella celebre sentenza “About Elly242”, ha statuito che il
motore di ricerca, in quanto fornitore di mera connettività «che non svolga
ruolo attivo nella fase di selezione e posizionamento delle informazioni in
generale e non sia a conoscenza dei contenuti dei siti sorgente a cui è effettuato il link, beneficia del regime di irresponsabilità delineato dagli art. 14,
15, 16 e 17 d.lg. n. 70 del 2003 volto ad escludere una responsabilità oggettiva non tipizzata o quantomeno una compartecipazione dei providers ai contenuti illeciti immessi da terzi. Così pure non è assoggettato ad un obbligo
generale di sorveglianza delle informazioni ai sensi dell'art. 17 d.lg. n. 70 del
2003 243».
I motori di ricerca possono essere assimilati alla figura del provider, in
particolare dell’hosting, a patto che la loro attività venga svolta in modo automatico e passivo, limitandosi a ospitare e rinviare tramite link a contenuti
forniti da terzi. Quest’equiparazione, però, è possibile solo se in concreto il
motore di ricerca svolga ulteriori attività, anche non meramente automatiche,
oltre al servizio di hosting passivo, che possano interferire con il regime di irresponsabilità,
quali
possono
essere
l’indicizzazione,
la
selezione,
l’organizzazione e il filtraggio dei contenuti, nonché la raccolta pubblicitaria.
La sussistenza di questi servizi, che prevedevano la partecipazione anche minima dell’operatore, erano assimilati alla figura dell’hosting passivo, non
prevedendo l’applicabilità della disciplina del D.Lgs.70/2003: il motore di ricerca perdeva il beneficio dell’irresponsabilità nel caso in cui, in concreto,
svolgesse un’attività di consapevole indicizzazione e organizzazione dei contenuti da cui traesse un ritorno economico.
Dopo la recente svolta di tendenza della Corte d’appello di Milano 244, però, bisognerà attendere il verificarsi di nuove controversie per capire se il
nuovo orientamento emerso sarà un’eccezione, oppure porterà i Tribunali e le
Corti di merito e legittimità a uniformarsi.
Tribunale Roma, sez. propr. ind. e int., 11 luglio 2011. Della sentenza nel dettaglio se
ne parlerà nel paragrafo 3.2. corrente capitolo.
243 Massima della sentenza citata. In Rivista di Diritto Industriale 2012, 1, II, 19.
244 Vedi paragrafo 2.4. corrente capitolo.
242
119
Per tutti gli altri casi non espressamente contemplati, o per i quali non sia
intervenuta la giurisprudenza in maniera decisa come per i motori di ricerca,
si avrà l’applicazione della norma generale in materia di responsabilità civile,
ossia l’art.2043 c.c.; ipotesi normate in tal senso sono i collegamenti ipertestuali, spesso usati dai content provider, che consentono il collegamento tra
una pagina web e un’altra.
3. Assenza di un obbligo generale di sorveglianza
L’art.17 del D.Lgs.70/2003, riproducendo in modo quasi integrale
l’art.15 245 della Direttiva Europea, stabilisce il principio dell’assenza di un obbligo generale di sorveglianza per le informazioni trasmesse o memorizzate
nelle prestazioni di servizi del provider, che sia esso un mere conduit (art.14),
un caching (art.15) oppure un hosting (art.16). Oltre a tale principio, si stabilisce l’assenza anche di un obbligo generale nel ricercare attivamente fatti o
circostanze che indichino la presenza di attività illecite 246.
Questo articolo configura un principio cardine della disciplina della responsabilità civile telematica, in quanto rappresenta la piena espressione delle motivazioni che hanno guidato il legislatore nell’adozione di tale Direttiva:
si evita un’imputazione della responsabilità troppo stringente, con il deciso
rifiuto delle teorie oggettivistiche che volevano imputare al provider tutta la
responsabilità per gli illeciti commessi dagli utenti della rete. Una forma di
responsabilità oggettiva per culpa in vigilando, dalla quale quindi discendeArticolo 15 - Assenza dell'obbligo generale di sorveglianza: «1. Nella prestazione dei
servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
2. Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell'informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità
competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei destinatari
dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati.»
246 È da notare come la previsione dell’assenza di un obbligo generale di controllo prevista dalle norme citate sembra in parte in contraddizione con quanto indicato nel Considerando n.48 che permette agli Stati membri di esigere dai prestatori uno standard di diligenza
che comprenda l’individuazione e la prevenzione di «taluni tipi di attività illecite».
245
120
rebbe un obbligo di controllo e verifica sulla trasmissione e comunicazione telematiche, andrebbe in contrasto con la normativa in generale e con tale articolo in particolare. L’entrata in vigore dell’art.17 ha quindi il pregio di porre
fine, una volta per tutte, al dibattito dottrinale sulla natura giuridica della responsabilità dell’ISP, con il conseguente abbandono delle teorie che riconducevano la posizione del prestatore di servizi all’esercizio di attività pericolose
o alla responsabilità per cose in custodia 247. Queste tesi, infatti, avevano quale presupposto necessario il rapporto di contiguità o di preposizione con annesso potere di controllo sulla cosa, attività o persona che ha causato il danno, non più configurabile in capo all’intermediario alla luce della normativa.
Altra tesi non più configurabile è quella che prevedeva un’applicazione
analogica della normativa prevista per il direttore di una testata giornalistica,
sulla base del carattere notiziale dei contenuti immessi in rete e nella gestione
delle informazioni esistenti, poiché non può attuarsi il controllo preventivo
del contenuto dei messaggi pubblicati e la diligente verifica della legittima titolarità del domain name usato dall’utente per il proprio sito Internet.
Questa scelta risponde anche a esigenze pratiche, stante l’impossibilità
del provider di controllare la sterminata mole di informazioni circolanti nel
mondo cibernetico, tra l’altro informazioni soggette al divenire delle modifiche apportabili dagli utenti, ma anche necessità giuridiche: vi sono casi in cui
un soggetto esterno non può visionare il contenuto immesso dall’utente sulla
rete a causa delle norme a tutela della privacy e alle garanzie costituzionali
della libertà di manifestazione del pensiero (art.21 Cost.) o la segretezza della
corrispondenza (art.15 Cost.).
L’esclusione di una responsabilità oggettiva viene poi ribadita dalla giurisprudenza in più occasioni, nel senso che «la limitazione di responsabilità
introdotta a beneficio degli internet service provider – ISP – è principal-
Sulle diverse soluzioni prospettate, cfr. ex multis in dottrina: TOSI, Emilio. Le responsabilità civili. In AA.VV., I problemi giuridici di Internet, a cura di Emilio Tosi, Milano,
1999, pag.233 ss.; RUFFOLO, Ugo. Nuove tecnologie: questioni antiche e nuove tutele. In
AA.VV., La tutela del navigatore in internet, Milano, 2002, pag.289 e 298. GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civile cit. DE CATA, Marcello La responsabilità civile dell’internet
service provider cit. RICCIO, Giovanni Maria. La responsabilità civile degli internet cit.
247
121
mente volta ad evitare l’introduzione di una nuova ipotesi di responsabilità
oggettiva non legislativamente tipizzata» 248.
Il secondo comma prevede che, oltre a quanto già stabilito nelle norme
sulla responsabilità delle singole tipologie di ISP, «il prestatore è comunque
tenuto: a) ad informare senza indugio l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte
attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio
della società dell’informazione; b) a fornire senza indugio, a richiesta delle
autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l'identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite.» Si tratta di
una disposizione molto più stringente dell’omologa previsione europea, in
quanto il legislatore italiano ha sfruttato la discrezionalità concessagli dalla
normativa comunitaria per rendere obbligatorie due condotte che, nella previsione iniziale, erano delle semplici “possibilità”.
La lett.a si riferisce espressamente all’effettiva conoscenza delle attività o
informazioni illecite, non alla loro astratta conoscibilità: ricevuta notizia con
qualsiasi mezzo idoneo sulla presenza di presunto materiale illecito, il provider deve attivarsi per verificare la veridicità della segnalazione e solo in caso
di esito positivo del controllo deve attivarsi presso le autorità competenti.
Una verifica superficiale o approssimativa potrà portare a giudizi, sia civili
che penali, nei confronti del provider “negligente”.
La lett.b, invece, dovrebbe risolvere il problema dell’anonimato in rete
perché l’ISP deve fornire, se richiesto dalle autorità, tutte le informazioni in
suo possesso necessarie a identificare l’utente. Il fornitore di accesso e di servizi è infatti tenuto ad accertare l’identità degli utenti e degli abbonati richiedendo l’esibizione o la produzione di un documento personale, in forza
dell’art.6 pt.1 lett.a del Codice di Deontologia e buona condotta per i servizi
telematici. In realtà autorevole dottrina 249 ha evidenziato come la possibilità
di avere giudizi penali o civili di responsabilità in capo all’ISP per non aver
Ordinanza del Trib. Roma del 2 dicembre 2011, causa RTI vs. Google.
MAIETTA, Angelo. Il sistema delle responsabilità nelle comunicazioni via Internet
cit. Pagg.526 ss.
248
249
122
fornito i dati è molto alta se si pensa alla facilità con cui è possibile fornire
generalità false. A chi ritiene che l’indirizzo IP configuri un dato sufficiente
per individuare il singolo dispositivo da cui si è collegato l’utente, si è ribattuto facendo notare come l’indirizzo in questione possa cambiare con grande
facilità in funzione di molte variabili, oppure possa essere abilmente occultato, falsificato o condiviso.
Pleonastico appare il primo comma nel prevedere l’assenza di un obbligo
generale di sorveglianza: «per opinione generale, la responsabilità civile omissiva nell’ordinamento italiano sorge solo nel caso in cui un danno sia
stato cagionato dall’inerzia di un soggetto, sul quale incombe un obbligo
giuridico di evitare l’evento dannoso 250.» Nello specifico, la giurisprudenza
ricollega la responsabilità civile omissiva non a «un generico connotato di
non qualificata antidoverosità o riprovevolezza, ma […] all’individuazione
di un vero e proprio obbligo di impedire l’evento, gravante sul soggetto cui
si imputa l’omissione, cioè di una situazione passiva di lui nei diretti confronti dell’interesse leso, per la quale egli fosse tenuto a prestare un’attività
volta a proteggere proprio quell’interesse 251», vincolo che può derivare direttamente dalla legge o da uno specifico rapporto intercorrente tra il titolare
dell’interesse leso e il soggetto chiamato a rispondere della lesione per non
averla impedita 252. Su questo tema la dottrina generalmente ritiene che la
configurabilità di obblighi giuridici di impedire eventi dannosi, in capo a soggetti che non hanno dato origine all’evento stesso, è circondata da una certa
cautela, vincolata al reperimento di un obbligo normativo oppure di un dove-
PINO, Giorgio. Assenza di un obbligo generale cit.
Cass., sez. III, 11 marzo 1991, n. 2555, in Foro It., 1991, I, 2802 ss. (fattispecie di presunta responsabilità di una banca per danni al cliente in occasione di una rapina verificatasi
nei locali della banca); Trib. Roma 28 marzo 1995, in Foro It., 1996, I, 1877 ss. (fattispecie di
presunta responsabilità di società distributrice di edizioni cinematografiche, per lesioni di
diritti di terzi cagionate dalle pubblicazioni da essa distribuite).
252 ALPA, Guido. Responsabilità civile e danno. Lineamenti e questioni, Bologna, 1991,
253 ss.: è solo in questi casi che si può parlare di colpa omissiva in senso proprio, mentre nei
casi («del tutto anomali»), in cui la giurisprudenza non ha ritenuto necessario individuare un
obbligo normativo preesistente in capo all’autore dell’illecito omissivo, si tratterebbe di una
colpa omissiva impropria
250
251
123
re «non scritto» che sarebbe «ragionevole» imporre 253. Nel caso specifico del
provider tale controllo è impossibile, sia praticamente che giuridicamente
parlando.
Sulla base di queste considerazioni, dunque, nel sistema italiano di responsabilità civile potrebbe avere più senso una norma che introduca un obbligo di sorveglianza specifico, ma appare superflua una che lo escluda.
Quanto al secondo comma, il legislatore nazionale sembra non aver tenuto conto che, in via generale, tali obblighi erano presenti nel nostro ordinamento, tanto nel codice di procedura civile agli artt.118 (ordine di ispezione di
persone e cose) e 210 (ordine di esibizione alla parte o al terzo) che nel codice
di procedura civile, agli artt.194 (oggetto e limiti della testimonianza), 244
(casi e forme delle ispezioni), 351 e 362 (assunzione di informazioni da parte
della polizia giudiziaria e del pubblico ministero). Altra dottrina ha individuato nell’ipotesi della lett.b «un banale reato di favoreggiamento personale,
previsto e punito dall’art.378 c.p.» 254.
L’ultimo comma prevede che il prestatore sia civilmente responsabile nel
caso in cui, su richiesta dell’autorità competente, non abbia agito «prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di
un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne
l'autorità competente.»
Secondo molta dottrina 255 questa previsione sarebbe abbastanza pleonastica e, nella sua ripetitività, anche idonea a suscitare dubbi interpretativi:
non sono chiare le condizioni e le tempistiche sufficienti per affermare la conoscenza del prestatore del carattere «illecito o pregiudizievole per un terzo». Il legislatore, sul punto, avrebbe dovuto dare qualche dettaglio aggiuntivo.
MONATERI, Pier Giuseppe. La responsabilità civile, Torino, 2002, 100-102, secondo il quale il menzionato criterio di ragionevolezza implica che occorre individuare il soggetto che si trova nella posizione migliore per evitare il danno.
254 CAMMARATA, Manlio. Le trappole nei contratti di hosting. Articolo del 5 maggio
2003 per il sito interlex.it, liberamente consultabile al link:
http://www.interlex.it/regole/trappole.htm (consultato il 13 maggio 2015).
255 Ex multis: MAIETTA, Angelo. Op. cit. e PINO, Giorgio. Assenza di un obbligo generale si sorveglianza cit.
253
124
Questo ragionamento dottrinale sulla superfluità della norma, però, è destinato del tutto a venir meno di fronte a pronunce giurisprudenziali alquanto
“bizzarre” sulla responsabilità del provider, oppure volte ad allargarne i confini, e quindi la presenza dell’art.17 appare necessaria per impedire il protrarsi di queste problematiche.
La definizione del reale ambito applicativo della norma è stata poi delineata dalla giurisprudenza che, in numerose sentenze, ha statuito che l’assenza
dell’obbligo generale di sorveglianza debba essere valutato “caso per caso” 256,
nonché per statuire che il provider debba necessariamente attivarsi per la segnalazione del materiale illecito solo quando viene individuato puntualmente, altrimenti non si avrà la responsabilità in caso di inerzia dell’ISP. Il Tribunale di Roma ha inoltre stabilito che un generale obbligo di sorveglianza (cui
segue una responsabilità oggettiva) sarebbe in conflitto con gli stessi principi
della disciplina sul commercio elettronico che all’art.1 prevedono che la finalità del Dlgs. 70 del 2003 consiste nel «promuovere la libera circolazione dei
servizi della società dell’informazione», fra i quali rientra il commercio elettronico. 257
3.1. R.T.I. s.p.a. vs Youtube (caso “Grande Fratello”)
Riguardo l’applicazione delle norme sulla responsabilità dei provider, e
sull’assenza di un obbligo generale di sorveglianza in particolare, la giurisprudenza si è mossa verso un’interpretazione più restrittiva, volta a limitare
il campo di applicazione dell’art.17.
Due casi sono degni di nota e si sono susseguiti a distanza di pochi mesi
di fronte al Tribunale di Roma. Il primo caso vede avverse R.T.I. s.p.a., acronimo di Reti Televisive Italiane, già protagonista di due casi analizzati, 258 e
Sul punto vedi paragrafo seguente.
Ordinanza del Trib. Roma, IX sez., 20 ottobre 2011, caso RTI vs. Choopa LLC e VBB,
(Squadra Antimafia e marchi Canale 5).
258 Trib. Milano sez. prop. ind. e int., 7 giugno 2011 n.7680 (RTI vs ItaliaOnLine) e
Trib. Milano. Sez. prop. ind. e int. 9 settembre 2011, n.10893 (RTI vs Yahoo!Italia). Vedi paragrafo 3.2. corrente capitolo.
256
257
125
Youtube 259, in quanto sulla piattaforma web erano state pubblicate delle sequenze del programma televisivo “Grande Fratello” in onda su Canale 5, una
rete di RTI.
Il secondo caso, invece, ha visto coinvolte la PFA Films s.p.a., licenziataria dei diritti in esclusiva di sfruttamento economico dell’opera cinematografica “About Elly”, e dall’altro Yahoo Italia s.r.l. 260
Il primo caso, discusso in un procedimento cautelare in via d’urgenza, riguardava la pubblicazione sulla piattaforma di Youtube di circa 300 spezzoni
del reality citato, la cui titolarità di apparteneva a RTI, che lamentava per
questouna lesione dei propri diritti di utilizzazione e sfruttamento economico, avvenuta a mezzo Internet. Questa condotta, a detta della ricorrente, aveva causato un notevole sviamento di clientela visto che i consumatori, potendo raggiungere più facilmente e soprattutto gratuitamente il materiale in
questione dai siti messi a disposizione dalle resistenti, non avrebbero più pagato l’abbonamento pay-tv a RTI per poterli visionare.
Youtube si era difesa invocando la protezione offerta dagli artt.16 e 17 del
D.Lgs.70/2003, sostenendo che il suo ruolo nella vicenda era limitato all’aver
fornito il servizio.
Il Tribunale di Roma ha smentito le difese delle resistenti introducendo il
principio in base al quale l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza deve essere valutata “caso per caso”, statuendo quindi la responsabilità del provider che, avendo la sola funzione di mettere a disposizione degli utenti degli
spazi virtuali per la gestione dei contenuti, è responsabile per le violazioni del
diritto d’autore. Sul punto la pronuncia stabiliva che, per la concessione
dell’inibitoria richiesta, non occorreva procedere all’accertamento del periculum poiché «insito nella perpetuazione della illecita violazione del diritto
stesso e sostanzialmente contenuto nella continuazione della trasmissione
del programma, suscettibile di creare danni non risarcibili sotto il profilo
della violazione dell’esclusività e dell’immagine e altresì giustificato dalla
Trib. Roma, 16 dicembre 2009, in Giur. it., 2010, 1323; in Foro it., 2010, I, 1348; in
Dir. Inf., 2010, 268, con nota di Guidobaldi; in Resp. civ., 2010, 1568 (m.), con nota di Bugiolacchi. Questo provvedimento è poi stato confermato anche in sede di reclamo, con ordinanza del 12 febbraio 2010.
260 Di questo caso se ne parlerà nel paragrafo successivo.
259
126
necessità di elidere per il futuro il reiterarsi delle violazioni.» 261 Quindi la tutela urgente ha funzione preventiva per evitare danni posteriori non eliminabili causati dalla condotta illecita: basta l’accertamento della violazione per
ottenere la concessione dell’inibitoria, senza ulteriori indagini relative alla
sussistenza della fattispecie di concorrenza sleale o violazioni dei marchi, accertabili comunque nella successiva fase di merito.
Accertata la titolarità esclusiva dei diritti in capo a RTI, l’ordinanza del
Tribunale ha dichiarato l’abusività della diffusione delle sequenze del “Grande Fratello 10”, pronunciando un’inibitoria ex artt.156 e 163 l. n.633/1941.
Fra le motivazioni che hanno portato a tale statuizione si considerano le
conclusioni raggiunte dal Tribunale di Roma, il quale ha ritenuto la condotta
passibile di responsabilità del provider in quanto si era protratta anche a seguito di numerose diffide, inviate alla piattaforma web, in merito all’illiceità
dei contenuti 262, nonché vista la possibilità concreta di Youtube di monitorare
l’attività degli utenti come stabilito nelle condizioni di fornitura (i terms and
conditions), per esempio escludendo la pubblicazione di immagini di contenuto pedopornografico, azione che parimenti poteva esser realizzata per la
non pubblicazione di opere protette dal diritto d’autore o per interrompere la
fornitura del servizio; infine l’ultima motivazione addotta riguardava i servizi
aggiuntivi forniti dal provider, quali caching, hosting e indicizzazione dei
contenuti. Queste condizioni influivano sull’attività illecita, facendo sì che
fosse posta in essere con modalità inconciliabili con la semplice messa a disposizione della piattaforma 263.
Trib. Roma, 16 dicembre 09, in Riv. Dir. Internaz. Priv. e Proc., 2010, 3, 728.
Sul punto, in senso contrario, si veda: Trib. Milano, 16 luglio 2007, cit.: «In virtù del
regime di responsabilità degli intermediari […] la società che gestisce un motore di ricerca
di pagine in Internet può essere tenuta a rimuovere il materiale illecito […] pubblicato da
un utente della rete telematica e/o disabilitarne l'accesso a seguito dell'esecuzioneattuazione del provvedimento giudiziale (di merito o cautelare) contro l'autore dell'illecito;
in tale quadro è sostanzialmente non rilevante l'inoltro di diffide stragiudiziali volte a costituire doveri di intervento dell'intermediario, come si desume dalle norme del d.lgs. n.
70/2003 che abilitano unicamente l'autorità giudiziaria (o amministrativa di vigilanza) a
disporre la cessazione delle (altrui) violazioni da parte del prestatore, su ricorso giurisdizionale dell'avente diritto».
263 Trib. Roma, 16.12.09, in op. cit.: «Il provider di servizi Internet è assoggettato a responsabilità quando non si limiti a fornire la connessione alla rete, ma eroghi servizi aggiuntivi (per esempio, caching, hosting ecc.), quando predisponga un controllo delle infor261
262
127
In realtà sull’ultimo punto autorevole dottrina discorda con la conclusione menzionata nella motivazione dell’ordinanza, in quanto questi servizi aggiuntivi sarebbero quelli per i quali il D.Lgs. n.70/2003 ha stabilito l’assenza
di responsabilità del provider; per questa ragione si ritiene che «dalla ‘somma' di attività che di per sé sole considerate non determinano una responsabilità in capo all'ISP, il Tribunale di Roma ha fatto invece derivare l'illiceità
dei
comportamenti
posti
in
essere
dai
fornitori
della
ma web» 264.
Molto importante è l’introduzione, da parte dei giudici capitolini, del
principio in base al quale l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza deve essere valutata “caso per caso”, statuendo quindi la responsabilità del provider che, avendo la sola funzione di mettere a disposizione degli utenti degli
spazi virtuali per la gestione dei contenuti, diviene responsabile per le violazioni del diritto d’autore. Viene quindi riaffermato il concetto per cui per la
punibilità dell’ISP non è sufficiente che sia universalmente noto che egli ponga in Rete del materiale potenzialmente protetto dal diritto d’autore, ma
l’obbligo di rimozione nasce solo quando il soggetto che lamenta una lesione
dei suoi diritti identifica in concreto i materiali da rimuovere.
3.2. PFA Films vs. Yahoo Italia (caso “About Elly”)
Il secondo caso in esame ha visto coinvolte la PFA Films s.p.a., licenziataria dei diritti in esclusiva di sfruttamento economico dell’opera cinematografica “About Elly”, e dall’altro tre società, la Google Italy s.r.l., la Microsoft
s.r.l. e la Yahoo Italia s.r.l.
La PFA Films aveva richiesto che il Tribunale di Roma imponesse a Yahoo «la rimozione dai propri server dell’accesso ai files audiovisivi non autorizzati del film» in quanto, secondo quanto affermato dalla PFA, Yahoo,
tramite l’indicizzazione di link, permetteva il collegamento a siti illegali che
rimandavano la visione di spezzoni o del film nella sua interezza, sia attravermazioni e soprattutto quando, consapevole dell’antigiuridicità dei comportamenti posti in
essere tramite il proprio sito Internet, ometta di intervenire».
264 SARACENI, Anna. Note in tema di violazione del diritto d'autore cit.
128
so streaming che downloading o condivisione peer-to-peer, attuando così
una violazione del diritto d’autore di titolarità della ricorrente. Per evitare
questa lesione nei propri interessi, si richiedeva al tribunale capitolino di procedere con il sequestro e l’inibitoria, dopo aver verificato la contraffazione e
la concorrenza sleale operata dalle società convenute.
Se sull’illiceità degli atti di pirateria digitale non vi era controversia in
corso, dal punto di vista dell’imputazione della responsabilità Yahoo eccepiva
l’esenzione in quanto intermediario, portando a sostegno della sua difesa gli
artt.16 e 17 del D.Lgs.70/2003.
Con una prima ordinanza (Trib. Roma, Ordinanza 23 marzo 2011) il Tribunale riconosceva la responsabilità per contributory infringement a carico
dell’ISP che non si era attivato per la rimozione dei link a siti in cui circolavano contenuti illeciti e contraffatti, considerandola compartecipe della contraffazione e, dunque, tenuta alla disattivazione dei links in questione. Altri principi statuiti in questa ordinanza andavano a confermare quanto già detto in
altre decisioni precedenti, come l’ISP che, pur non svolgendo un ruolo attivo
e non essendo tenuto a un controllo preventivo dei contenuti immessi sulla
rete, può avere un obbligo di controllo successivo venuto a conoscenza del
contenuto illecito di alcuni siti 265; la norma di esonero della responsabilità ha
la sua ratio negli eccessivi costi gravanti, in caso di risarcimento danno, sugli
ISP che poi verrebbero “scaricati” sugli utenti; la differenza del contributory
infringement in Italia rispetto al corrispettivo direct infringement statunitense, bastando nel nostro ordinamento che il provider semplicemente compartecipi nella violazione per essere responsabile, mentre oltreoceano si richiede una contraffazione diretta.
In tal senso si legge, testualmente, nell’Ordinanza del 20 aprile 2011: «circa il funzionamento del sistema di Web Search […] che dunque se da un lato il gestore del motore di
ricerca nella fase di selezione e posizionamento delle informazioni in generale non svolge
un ruolo attivo e quindi non ha conoscenza dei siti, e non esercita un controllo preventivo
sui contenuti dei siti sorgente a cui è effettuato il link, dall’altro però, una volta venuto a
conoscenza del contenuto illecito di specifici siti, identificati dai c.d. URLs (Uniform Resource Locator), è in condizione di esercitare un controllo successivo e di impedirne la indicizzazione e il collegamento […]» (Trib. Roma, 20.4.11, in Corriere del Merito n.10/2011,
pagg.922 e ss.)
265
129
Con l’ordinanza successiva, del 16 giugno 2011, invece si decideva in merito all’effettiva partecipazione delle parti in quanto, di fronte all’eccezione di
difetto di legittimazione passiva sollevato da tutte le concorrenti che allegavano la propria estraneità alla gestione dei motori di ricerca oggetto della
domanda, il Tribunale di Roma aveva accolto l’eccezione solo per Microsoft e
Google, respingendola invece per Yahoo!, la quale veniva considerata legittimata passiva, con riferimento alla violazione del copyright. La filiale italiana
della società, infatti, veniva ritenuta responsabile di una forma di contributory infringement per aver fornito i mezzi idonei al perfezionarsi della contraffazione. Infatti questo comportamento si realizzava attraverso l’attività di
indicizzazione dei motori di ricerca che, senza un’autorizzazione espressa dei
titolari dell’opera, permetteva il collegamento ai siti pirata per visualizzare il
film oggetto della controversia.
«Il problema che si è creato nel caso in esame è sostanzialmente quello
dell’impossibilità di raggiungere i veri responsabili dell’immissione dei contenuti contraffatti in Rete, problema aggirato dalla casa detentrice dei diritti di sfruttamento sull’opera citando i motori di ricerca coinvolti 266».
Lo stesso giudice in questa ordinanza ha riconosciuto l’impossibilità di
esercitare un “controllo preventivo” per il motore di ricerca, ma ha statuito
che il provider, come già sottolineato, avrebbe dovuto attivarsi per la rimozione del materiale illegittimo una volta venutone a conoscenza.
A seguito di tale ordinanza, il Tribunale di Roma ha inibito a Yahoo! la
prosecuzione e la ripetizione della violazione dei diritti di sfruttamento economico della PFA Films sull’opera, mediante link a siti differenti da quelli ufficiali e legittimi.
Dopo la diffusione del contenuto di tale ordinanza, in dottrina vi sono
stati numerosi commenti sull’incoerenza di tale pronuncia rispetto sia al sistema normativo vigente che alle precedenti decisioni giurisprudenziali 267
che avevano escluso la responsabilità dell’ISP.
NAPOLI, Giuseppina. Responsabilità dell’ISP nella giurisprudenza civile cit.
Pag.473.
267 Ex Multis: Trib. Milano, 16.7.07, in Diritto dell’Internet 2008, 134: «In virtù del regime di responsabilità degli intermediari delineato dagli art. 14, 15 e 16 d.lgs. n. 70/2003,
richiamati in materia di diritto d’autore dall’art. 156 2° comma, l. n. 633/1941 la società che
266
130
Nell’ordinanza del marzo 2011 pronunciata contro Yahoo! veniva infatti
ritenuto che vi fosse una corresponsabilità nella contraffazione dei diritti di
proprietà intellettuale, contro i principi contenuti nell’ordinamento, tali per
cui il fornitore di servizi non è chiamato a rispondere dei collegamenti ipertestuali effettuati dal motore di ricerca 268.
Dopo il reclamo di Yahoo avverso tale ordinanza, il Tribunale di Roma ha
emesso un provvedimento l’11 luglio 2011 con il quale procedeva
all’accoglimento dell’istanza di Yahoo: PFA Film, nella fase cautelare, ha denunciato la violazione da parte di Yahoo! Italia dei propri diritti di sfruttamento dell'opera cinematografica “About Elly” a causa della condotta del motore di ricerca di agevolare la violazione attraverso l’indicizzazione dei contenuti messi a disposizione del pubblico; ulteriore motivo di doglianza è l'omessa attivazione del motore di ricerca anche a seguito di formale diffida giudiziale. Il Tribunale del reclamo ha osservato che è possibile operare
un’assimilazione del motore di ricerca all’ISP, trattandosi di “mero fornitore
di mera connettività” che non svolga un ruolo attivo della selezione dei contenuti, dei quali non è neanche a conoscenza, e quindi beneficia del regime di
irresponsabilità delineato dagli artt.14 a 16 del decreto del 2003, nonché
dell’art.17 e quindi l’assenza dell’obbligo di sorveglianza.
Il Tribunale ha quindi modificato «completamente le decisioni del precedente giudice in merito alla necessità di individuazione precisa e puntuale,
da parte dei soggetti che assumono violati i loro diritti, del materiale da rimuovere dalla Rete 269». Infatti con tale ordinanza si procede a stabilire che la
limitazione della responsabilità degli ISP ha la sua ratio nel voler evitare
gestisce un motore di ricerca di pagine in Internet può essere tenuta a rimuovere il materiale illecito (nella fattispecie rappresentato da alcuni fotogrammi televisivi e ritratti di
personaggi celebri) pubblicato da un utente della rete telematica e/o disabilitarne l’accesso
a seguito dell’esecuzione-attuazione del provvedimento giudiziale (di merito o cautelare)
contro l’autore dell’illecito; in tale quadro è sostanzialmente non rilevante l’inoltro di diffide
stragiudiziali volte a costituire doveri di intervento dell’intermediario, come si desume dalle
norme del d.lgs. n.70/2003 che abilitano unicamente l’autorità giudiziaria (o amministrativa di vigilanza) a disporre la cessazione delle (altrui) violazioni da parte del prestatore,
su ricorso giurisdizionale dell’avente diritto».
268 NAPOLI, Giuseppina. Op. cit.
269 LASORSA BORGOMANERI, Niccolò. La responsabilità dell’ISP per la violazione del
diritto d’autore: cit. Pag.428
131
l’applicazione di una forma di responsabilità oggettiva, non prevista ex lege in
tale ambito; si deve procedere concretamente, caso per caso, a valutare le
condotte addebitate ai provider; viene stabilito il contenuto minimo della denuncia analitica (che deve permettere l’identificazione inequivocabile degli
URL a siti contenenti materiale illecito, il diritto violato e il titolo comprovante l’entità della violazione), in grado di dimostrare la conoscenza effettiva del
motore di ricerca.
Questo “contenuto minimo” si ricollega al nuovo onere probatorio delineato in tale sentenza, con una ripartizione che vede la ricorrente a dover
fornire la prova della violazione dei diritti, dovere derivante «dal rispetto
dell’onere di allegazione che impone a chiunque chiede la tutela giurisdizionale di un proprio diritto che si afferma leso di indicare le concrete circostanze nelle quali sarebbe avvenuta tale lesione 270» e che, senza tali allegazioni, non si può procedere all’esame delle “violazioni commesse” delle quali
si chiede l’inibitoria. Oltre questo, la ricorrente deve anche dimostrare di essere titolare dei diritti di sfruttamento delle opere nella loro totalità e che
l’uploader non sia titolare di un diritto equivalente 271. «L'omessa analitica
individuazione, da parte del titolare dei diritti di proprietà intellettuale, degli URL identificativi dei rispettivi siti linkati, dell'indicazione circostanziata
caso per caso del diritto violato, del titolo comprovante tale diritto e dell'entità di violazione denunciata — integrale o parziale — non integra gli estremi della conoscenza effettiva post factum non essendo, infatti, tenuto
l'ISP ad effettuare tali indagini in proprio per supplire a carenze informative della richiesta del titolare che assume di aver subito una violazione dei
propri diritti di proprietà intellettuale 272». Una denuncia generica, infatti,
comporterebbe l’inattuabilità della diffida da parte dell’ISP perché mancano
Trib. Roma, ord. 17 luglio 2011.
Citando testualmente l’ordinanza in esame: «…a questo riguardo deve essere valorizzata la circostanza che dalla documentazione acquisita, prodotta dalla stessa parte ricorrente, risulta che la stessa P.F.A. Films s.r.l. è titolare solo di alcuni dei diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica “About Elly” e solo per alcuni territori con la conseguenza che tali diritti possono legittimamente essere esercitati da terzi anche attraverso le
reti telematiche e che pertanto – nella indiscriminata moltitudine dei possibili contenuti
web riproducenti immagini del film “About Elly” – è necessario distinguere quelli provenienti da soggetti legittimati da quelli abusivi”».
272 TOSI, Emilio. La responsabilità civile per fatto illecito cit.
270
271
132
gli elementi informativi essenziali (sotto il profilo stragiudiziale), nonché la
violazione del principio dell’onere della prova con revoca del provvedimento
cautelare (sotto il profilo processuale).
In conclusione, il Tribunale si è espresso per la revoca della precedente
ordinanza di inibizione emessa, perché non è stata fornita la prova
dell’effettiva presenza di contenuti illeciti corrispondenti a parti di programmi della PFA. In accordo con la precedente ordinanza, però, anche questa
conferma l’esclusione del «dovere di controllo preventivo del provider rispetto ai contenuti immessi in rete, essendo viceversa prevista la possibilità
di un intervento dello stesso provider successivo alla segnalazione della violazione 273».
4. La responsabilità per le violazioni del diritto d’autore online
Il legislatore, dopo aver provveduto alla regolamentazione del regime della responsabilità, volutamente ha omesso di individuare gli illeciti telematici
che si possono realizzare in rete, ma li presuppone, nella tipologia e nei contenuti, dettando un’unica disciplina per tutte le tipologie di violazioni e stabilendo i presupposti e le condizioni per il risarcimento danni da parte degli
ISP.
Per quanto riguarda le violazioni del diritto d’autore, un filone giurisprudenziale si è espresso a favore del coinvolgimento degli Internet service provider nella responsabilità degli utenti per l’utilizzazione illecita di opere protette. Questa tesi, tra l’altro, è stata fortemente sostenuta anche dalle major
musicali e cinematografiche che, a fronte di plurimi illeciti compiuti a loro
danno, hanno visto fallire le loro strategie volte al perseguimento dei singoli
colpevoli della distribuzione illecita attraverso il file sharing.
La legge, come già sottolineato 274, non prevede un’ipotesi di responsabilità oggettiva per tali violazioni, non potendo giustificare tale teoria. La giurisprudenza si è piuttosto espressa per l’accertamento della colpa (o del dolo)
del fornitore del servizio caso per caso, procedendo anche a un’analisi accura273
274
Trib. Roma, ord. 17 luglio 2011.
Sul punto vedi i paragrafi 1 – 3 corrente capitolo.
133
ta delle circostanze di fatto. Una delle prime sentenze che ha fatto storia in tal
senso è del Tribunale di Catania 275 che ha stabilito la responsabilità del provider per l’illecito posto in essere dall’utilizzatore solo se il prestatore abbia la
piena
consapevolezza
del
carattere
antigiuridico
dell’attività
svolta
dall’utente; la responsabilità, quindi, «si configura alla stregua di una responsabilità soggettiva colposa, allorché il fornitore del servizio, consapevole della presenza sul sito di materiale sospetto, si astenga dall’accertarne
l’illiceità e, al tempo stesso, dal rimuoverlo; dolosa, quando egli sia consapevole anche della antigiuridicità della condotta dell’utente e, ancora una
volta, ometta di intervenire 276».
Sulla base di questa decisione, quindi, si è ammesso che la conoscenza effettiva dell’illecito è sempre richiesta, ma l’inerzia del provider porta alla sua
responsabilità a titolo di colpa se egli non ha approfondito la questione
dell’illiceità del materiale sospetto; a titolo di dolo se ha avuto la certezza
dell’illegittimità del materiale, conoscendo altri elementi che ne rendano manifesta la sussistenza.
Un caso particolare di queste violazioni riguarda il peer-to-peer o file
sharing 277 per le violazioni dell’art.171-ter, comma 2, lett. a) bis della
l.n.633/1941, introdotto con il c.d. “Decreto Urbani”. Data la genericità della
norma in esame, essa può essere applicata anche agli ISP che, nel fornire
connettività o uno spazio web a un utente, «comunicano al pubblico immettendo in rete» dei dati, senza che questo possa essere considerato una compartecipazione criminosa; in questo modo si vuole evitare che l’intermediario,
che nella sostanza è l’unico soggetto facilmente rintracciabile della catena
criminosa, diventi l’unico responsabile dell’illecito, addossandosi così delle
Trib.Catania, sez. IV civile, 29 Giugno 2004, n.2286. In Dir. Inf., 2004, pag.466.
La fattispecie verteva sull'utilizzo di un'opera storiografica, senza previa autorizzazione
dell'autore, nell'ambito di un sito ospitato e gestito dal provider per conto di soggetto terzo.
Il Tribunale ha dichiarato l'illegittimità del comportamento del provider, posto in essere in
violazione del diritto d'autore, inibendo al prestatore intermediario ogni futura utilizzazione
dell'opera oggetto del giudizio.
276 BRIGANTI, Giuseppe. Responsabilità del provider per violazione del diritto
d’autore. Nota a Tribunale di Catania, Sezione Quarta Civile, sentenza 29 giugno 2004, n.
2286/2004, articolo pubblicato su Diritto&Diritti (www.diritto.it) e altre riviste, reperibile al
seguente link: http://www.privacy.it/briganti2004092.html (consultato il 3 maggio 2015).
277 Tema già trattato nel capitolo 1, paragrafo 3.2.
275
134
colpe che non gli competono, quali la comunicazione o diffusione tra utenti di
file multimediali tutelati dal diritto d’autore, ma dovrebbe rispondere solo del
suo fatto colpevole, ossia la mancata comunicazione alle autorità del fatto illecito del terzo (art.1, comma 4 del Decreto).
Fermi i casi degli artt.14-17 del D.Lgs.n.70/2003, fatti salvi dallo stesso
“Decreto Urbani” al comma 6 dell’art.1, questa condotta dell’intermediario
configura un reato, ma è incerta la sua natura di illecito civile dato il silenzio
del legislatore. Tale normativa ha posto degli obblighi di condotta a carico del
provider sulla collaborazione al contrasto della diffusone telematica abusiva
delle opere tutelate dal diritto d’autore, prevedendo che, a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, essi debbano comunicare all’autorità di polizia le informazioni in loro possesso per l’individuazione degli autori (art.1,
comma 5).
Le violazioni di tali condotte sono sanzionate in via amministrativa: i prestatori, a eccezione dei fornitori di connettività, dovranno, a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, porre in essere le misure dirette a impedire l’accesso ai contenuti dei siti o a rimuovere i contenuti (art.1 comma 6).
Poiché da questa responsabilità amministrativa sono esclusi i provider di
connettività, la dottrina 278 ritiene che si possa escludere la responsabilità civile dello stesso tipo di prestatore anche nella diffusione telematica abusiva di
contenuti di opere dell’ingegno a opera di terzi.
4.1. Responsabilità del provider e rapporto con il diritto
d’autore: attualità e criticità del modello comunitario
I riferimenti normativi in tema di responsabilità del provider sono risalenti nel tempo: la Direttiva, infatti, è del 2000 e il decreto legislativo di recepimento del 2003. Data la fisiologica evoluzione della materia telematica, è
abbastanza singolare che la normativa non sia mutata negli ultimi dieci e più
anni.
278
GAMBINI, Marialuisa. Le responsabilità civili cit. pag.253
135
In realtà la Commissione Europea si è interrogata sul futuro della Direttiva e nel 2010 ha indetto una consultazione sul tema 279, concludendo per la
non opportunità di procedere a una modifica della disciplina in quanto, ancora oggi, appare idonea a bilanciare adeguatamente gli interessi in gioco.
Anche in Italia si è avuto un tentativo di modifica del Decreto attuativo,
in particolar modo gli art.16 e 17, in quanto in data 26 luglio 2011è stata presentata alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 4549 di modifica dei
suddetti articoli 280. In realtà questa proposta è stata criticata, soprattutto
perché si cercava di imporre agli ISP una serie di misure utili per la riduzione
del numero di violazioni commesse attraverso Internet, ma comportanti un
aggravio dei costi per i provider che, sicuramente, sarebbero stati riversati
sugli utenti, ostacolando la libera circolazione dei servizi nella società
dell’informazione 281. Dibattiti inutili visto che questa proposta non ha mai
avuto una trattazione completa dopo la sua assegnazione alla X Commissione
Attività Produttive282.
In realtà lo spirito della Direttiva appare mutato e maggiormente in linea
con il contesto attuale: se, alla sua emanazione, la ratio ispiratrice era di limitare la responsabilità per gli intermediari, in modo da non caricare tali soggetti di oneri eccessivi, dato il ruolo centrale assunto nello sviluppo del commercio elettronico, oggi tale considerazione non è più attuale, ma la limitazione di responsabilità permane in ossequio al ruolo svolto dai provider, certamente più ampio di quello di semplici propulsori del e-commerce. Assumo-
EUROPEAN COMMISION, Summary of the results of the Public Consultation on the
future of electronic commerce in the Internal Market and the implementation of the Directive on electronic commerce (200/31/CE). Liberamente consultabile al seguente link:
http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2010/e-commerce_en.htm (consultato
il 29 aprile 2015).
280 Proposta di legge: Centemero ed altri: “Modifica degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di responsabilità e di obblighi dei prestatori di
servizi della società dell'informazione e per il contrasto delle violazioni dei diritti di proprietà industriale operate mediante la rete internet” (Atto Camera 4549).
281 SARACENI, Anna. Note in tema di violazioni del diritto d’autore cit.
282 Sul sito istituzionale della Camera è possibile visualizzare l’iter di tale proposta, direttamente reperibile al seguente link (consultato il 6 maggio 2015)
http://leg16.camera.it/126?tab=1&leg=16&idDocumento=4549&sede=&tipo=
279
136
no oggi valenza primaria le nozioni di esigibilità e proporzionalità 283, con
l’ottica economica degli interessi in gioco.
Con riferimento al diritto d’autore, non si può trascendere dalla dimensione economica dei diritti in gioco: le pretese avanzate dai soggetti lesi, infatti, si inseriscono nell’ottica di perseguire il profitto, finalità analoga a quella che ha ispirato gli interessi imprenditoriali degli intermediari 284. Le esigenze meritevoli di tutela hanno nel loro centro l’impresa e questo si scontra
con la tutela del diritto d’autore, visto che appare difficoltoso far sì che il provider possa farsi carico nella sua attività del ruolo di garante di diritti di cui
sono titolari altri operatori nel mercato. A meno che non vi sia un obbligo
giuridico in capo all’intermediario di vigilanza, a patto che sia sempre esigibile e proporzionato, sarà difficile ascrivere al provider un ruolo di concorrente
nella responsabilità gravante da illecito causato da terzi 285. Visto che le major
hanno già delle forme di tutela dei propri diritti, sia proceduralmente che
tecnologicamente parlando, non si può richiedere agli intermediari di comportarsi da guardiani dei loro diritti: parte della dottrina ritiene che gli interessi economici degli intermediari e la loro libertà d’impresa non debbano essere gravati o limitati in favore di equivalenti interessi di chi sfrutta economicamente le privative intellettuali 286; ciò che occorre è un bilanciamento delle
esigenze opposte in grado di assicurare anche la sostenibilità finanziaria
dell’attività dei provider.
Visto che gli intermediari hanno già un comportamento attivo e diligente
negli interessi di terzi, inasprire la responsabilità nei loro confronti comporterebbe uno squilibrio a vantaggio dei soli detentori dei diritti sui contenuti,
tenendo anche conto che un obbligo di controllo preventivo avrebbe dei costi
Sul punto si è espressa anche la giurisprudenza, vedi il caso Netlog vs. SABAM al paragrafo 5.2. corrente capitolo.
284 ZENO-ZENCOVICH, Vincenzo. Diritto d’autore e libertà d’espressione: una relazione ambigua. AIDA, Firenze, 2005. Pagg.151 ss.
285 Ricordiamo: un obbligo di vigilanza in capo al provider non sussiste ex art.17
D.Lgs.70/2003.
286 Cfr. ZENO-ZENCOVICH, Vincenzo. Op.cit.
283
137
non facilmente sostenibili per i provider, portando a una limitazione della loro libertà d’impresa 287.
Su questa conclusione, però, è bene sottolineare un’evoluzione normativa: come già detto, la ratio ispiratrice della Direttiva non è più attuale perché
la responsabilità come strumento per sviluppare la rete e l’economia è
un’idea desueta che deve essere abbandonata a favore dei criteri di esigibilità
e proporzionalità; in tal senso muove la giurisprudenza con la creazione della
figura dell’host attivo 288. Data la mutazione delle dinamiche della rete, la dottrina 289 si è espressa per un mutamento del ruolo della responsabilità, con
una revisione del divieto assoluto di monitoraggio attivo del provider (art.15,
Direttiva 2000/31/CE).
In realtà i rimedi astrattamente ipotizzabili per l’adempimento di tale obbligo potrebbero essere due: il monitoraggio preventivo o l’inibitoria. Il primo, però, appare praticamente infattibile perché il numero delle opere online
protette dal diritto d’autore è talmente ampio da rendere impossibile tale
controllo, o fattibile a costo del corretto bilanciamento degli interessi; per
l’applicazione del secondo rimedio, invece, l’ambito delle opere protette sarebbe ristretto, ma tale onere risulterebbe sproporzionato in vista
dell’ampiezza del contenzioso e della lunghezza infinita del tempo
dell’obbligo di controllo. La soluzione migliore, quindi, potrebbe essere individuata nel concorso negli oneri di protezione fra detentori dei diritti e intermediari, con l’introduzione di sistemi di controllo quali possono essere il fingerprint 290 o il watermarking 291 che, per essere validi, prevedono un contri-
Cfr. la giurisprudenza: C.Giust. CE, 24 novembre 2001, Scarlet Extended SA c. Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM) del paragrafo 5.1. corrente capitolo.
288 Sul punto vedi paragrafo 2.4. corrente capitolo. Si ricorda, però, che tale categoria
non trova fondamento normativo, essendo ignota sia al legislatore comunitario che a quello
nazionale.
289 MANTELERO, Alessandro. Responsabilità aquilana per uso della Rete cit. Pag.814
290 La fingerprint (impronta digitale) è una sequenza alfanumerica o stringa di bit di
lunghezza prefissata che identifica le caratteristiche intrinseche di un determinato un file. Il
riconoscimento e l'autenticità del documento vengono garantiti confrontando l'"impronta"
del file con una base di dati in cui precedentemente era stata già memorizzata; se il confronto
ha esito positivo allora il file è autentico.
291 Vedi capitolo I paragrafo 3.3.
287
138
buto attivo da parte dei detentori dei diritti che devono apporre il sigillo per
salvaguardare i propri interessi.
Un diverso discorso deve essere fatto per la richiesta di rimozione dei
contenuti esistenti: in questo caso, infatti, il controllo è istantaneo e limitato
ai contenuti individuati, non dovendo comportare un onere troppo gravoso
visto che non è prolungato nel tempo o nello spazio. Per assicurare una maggior rapidità nel controllo, potrebbe essere auspicabile una modifica
dell’art.15 della Direttiva (17 del Decreto di recepimento) in modo da permettere un’analisi automatizzata dei contenuti, basata sui criteri di ragionevolezza, proporzionalità e non eccessiva onerosità.
Il difetto delle analisi automatizzate è rappresentato dai falsi positivi, ossia casi in cui risulta in automatico una violazione che tale non è, sia perché si
potrebbe avere una diffusione lecita del materiale protetto dal diritto d’autore
da parte dell’autore stesso, magari a scopo pubblicitario, sia perché tale diffusione rientra nelle eccezioni della L.d.A. Per evitare questo, occorre che eventuali meccanismi automatizzati siano affiancati da adeguati modelli di notice
and take down che offrano la difesa agli utenti in sede giudiziale.
4.2. Responsabilità dell’ISP nel rapporto tra tutela del diritto
d’autore e protezione dei dati personali
La necessità di individuare efficaci strumenti di tutela del diritto d’autore
in rete si è sempre più dovuta scontrare, negli ultimi anni, con l’esigenza di
proteggere il diritto alla riservatezza dei fruitori delle opere dell’ingegno.
Questo comporta anche uno stretto collegamento fra la responsabilità del
provider per il trattamento dei dati personali con la responsabilità degli intermediari per le violazioni del diritto d’autore, collegamento che si esplica
sotto due aspetti: sia perché sono entrambi delle specificazioni del tema generale della responsabilità dell’ISP, sia per l’allocazione dei relativi oneri, destinati a emergere in caso di illecita diffusione dei contenuti tutelati.
Per capire come i due temi siano connessi, bisogna partire dalle strategie
giudiziarie adottate dai detentori dei diritti violati per il perseguimento dei
singoli autori degli illeciti, aventi come necessaria premessa l’identificazione
139
di questi. Per ottenere le loro identità, specie nel caso del file sharing, si ricorre molto spesso a “operazioni sotto copertura”, attraverso l’inserimento
nella rete peer-to-peer di appositi spyware 292, creati da società specializzate,
per raccogliere gli identificativi informatici 293 dei terminali connessi e coinvolti nello scambio dei contenuti tutelati dal diritto d’autore, nonché dei dati
di traffico relativi a tali operazioni (come il nome del file, la data e l’ora della
connessione, il valore hash 294).
Poiché queste informazioni da sole non sono sufficienti per conoscere chi
si trova oltre il monitor, occorrono i dati di traffico in possesso del provider
per ottenere l’identità del “colpevole”, fra i quali l’orario di inizio e fine della
connessione e l’indirizzo IP attribuito al chiamante, di cui conoscono il titolare dell’utenza. Queste informazioni sono però dati sensibili, tutelati dalla legge sulla privacy, sebbene questo non sia condiviso da tutta la dottrina e giurisprudenza, tanto che vi sono stati numerosi contenziosi in merito alla classificazione dell’indirizzo IP quale dato sensibile o meno.
Il vero problema consiste nello stabilire qual è il confine fra la tutela dei
dati personali e il loro trattamento da parte dei soggetti lesi per agire giudizialmente contro gli autori degli illeciti. La Corte di Giustizia delle Comunità
Europee si è pronunciata sul tema in alcuni casi 295, legittimando la conservazione dei dati di traffico per la tutela dei diritti in sede civile, se legittimata
dalla normativa nazionale, e ammettendo la conseguente acquisizione di tali
Uno spyware è un software che raccoglie informazioni riguardanti l'attività online di
un utente (siti visitati, acquisti eseguiti in rete etc) senza il suo consenso, trasmettendole
tramite Internet a un'organizzazione che le utilizzerà per trarne profitto, solitamente attraverso l'invio di pubblicità mirata.
Non sono considerati spyware i programmi per la raccolta di dati installati con il consenso
dell'utente, anche legandolo all’installazione di un altro programma, a patto che l’utente sappia quali dati siano oggetto della raccolta e a quali condizioni questa avvenga.
293 Un esempio di tale identificativo è l’indirizzo IP, ossia un numero che identifica solo i
dispositivi collegati all’interno di una rete informatica che impiega lo standard Internet Protocol. Vi sono due diversi IP: quello statico, che non subisce variazioni, e quello dinamico che
si modifica a ogni diversa connessione.
294 La funzione di hash consente di derivare dall’insieme dei bit che formano un file una
stringa di bit di lunghezza predefinita, fornendo un identificatore univoco di ciascun file condiviso mediante la rete peer-to-peer. Dipendendo solo dal contenuto del file, tale funzione
permette di individuare file identici, anche se denominati in maniera difforme, e viceversa.
295 Ex multis si segnalano il già citato caso Scarlet vs. SABAM e la sentenza Bonnier Audio, Corte giustizia UE sez. III, causa C-461/10 del 25 agosto 2010.
292
140
dati attraverso attività di monitoraggio occulto realizzate da privati 296. Secondo la Corte, gli interventi normativi europei 297 lasciano impregiudicata la
discrezionalità degli stati di decidere se i dati ottenuti dalla rete possano essere, o meno, resi disponibili per la tutela civile, attuando un ampliamento della
data retention che garantisca il bilanciamento del diritto d’autore e del diritto
alla tutela dei dati personali.
La dottrina 298, però, ha segnalato il permanere di alcune criticità anche in
presenza di una previsione normativa ad hoc perché questa non può far venir
meno l’illiceità della condotta con cui «la società di monitoraggio entra in
possesso di dati personali al fine di provare le violazioni del diritto d’autore
mediante l’individuazione degli indirizzi informativi verso i quali o dai quali
sono stati inoltrati i file 299» inserendosi nella rete peer-to-peer. Questa condotta, sebbene non sia un’ipotesi di intercettazione di comunicazioni elettroniche, deve comunque essere considerata illegittima sotto il profilo del trattamento dati, perché realizzata in assenza di una preventiva informativa sulle
finalità perseguite.
296 Sentenza Bonnier Audio cit. che, testualmente: «[…] la normativa nazionale in esame esige, segnatamente, che, affinché possa essere disposta l'ingiunzione di comunicazione
dei dati in questione, sussistano indizi reali di violazione di un diritto di proprietà intellettuale su un'opera, che le informazioni richieste siano tali da facilitare le indagini sulla violazione o sulla minaccia di violazione del diritto d'autore e che i motivi alla base di tale ingiunzione si ricolleghino ad un interesse superiore agli inconvenienti o agli altri pregiudizi
che ne possano derivare per il destinatario o a qualsivoglia altro contrapposto interesse.
Tale normativa consente così al giudice nazionale al quale sia stata proposta la domanda
di ingiunzione di comunicazione dei dati di carattere personale, da parte di un soggetto legittimato ad agire, di ponderare, in funzione delle circostanze della specie e tenendo in debita considerazione le esigenze risultanti dal principio di proporzionalità, gli opposti interessi in gioco. Ciò premesso, una siffatta normativa dev'essere ritenuta tale da garantire, in
linea di principio, un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di
cui godono i titolari del diritto d'autore, e la tutela dei dati di carattere personale, di cui beneficia un abbonato Internet o un utente Internet.»
297 Nello specifico le Direttive 2004/48/CE e 2002/58/CE.
298 MANTELERO, Alessandro. Responsabilità aquilana per uso della Rete cit.
299 MANTELERO, Alessandro. Op. cit. Pag.818, nota 117.
141
5. Importanti decisioni a livello europeo
Sul delicato rapporto esistente fra la tutela del diritto d’autore online e la
protezione dei diritti della persona, in particolare il diritto alla privacy, si è
espressa la Corte di Giustizia Europea.
A fronte dello sviluppo di strumenti tecnici sempre più penetranti per la
protezione del diritto di proprietà intellettuale sulle opere caricate in rete, potenzialmente in grado di incidere in maniera preponderante sull’esercizio dei
diritti della personalità, sono sorti conflitti in ambito europeo che hanno avuto ripercussioni anche in Italia, sia dottrinali che con l’adozione di principi di
diritto ai quali le Corti di merito e legittimità si sono conformate.
Oggetto del conflitto è la valutazione della legittimità e dei limiti degli
strumenti della c.d. “autotutela tecnologica” adottati dai titolari dei diritti
d’autore.
In sede comunitaria, la prima controversia che ha affrontato tale conflitto
fra diritti ha avuto origine dalla Spagna, a seguito del rinvio pregiudiziale operato da un giudice spagnolo nell’ambito di una controversia insorta tra la
Productores de Musica de España, un’associazione senza scopo di lucro dei
produttori ed editori di registrazioni musicali/audiovisive (da ora in avanti
indicata con l’abbreviazione Promusicae), e la Telefonica de España SAU, un
provider spagnolo 300.
L’intervento della Corte di Giustizia si è reso necessario a seguito del rifiuto operato dagli ISP di fornire alla Promusicae i dati personali dei propri
clienti, da associare agli IP degli utenti sospettati di violazioni avvenute attraverso le reti peer-to-peer individuati dall’associazione spagnola. L’intervento
della Corte doveva, infatti, chiarire una volta per tutte la compatibilità di queste richieste con la normativa a protezione dei dati personali.
La Corte, dopo aver attentamente vagliato il quadro normativo di riferimento, ha stabilito che le direttive 2001/29/CE e 2004/48/CE sono dirette
ad assicurare la protezione del diritto d’autore da parte degli Stati, ma questo
non deve pregiudicare la tutela dei dati personali, invitando il legislatore naSentenza CGE del 29 gennaio 2008, Productores de Musica de España (Promusicae)
c. Telefonica de España SAU, C-275/06, in Racc., 2008, pagg. I-271.
300
142
zionale a operare una “conciliazione” di tali obblighi connessi alla tutela degli
interessi fondamentali richiamati. Per tutti gli Stati membri, questa conclusione ha assunto importanza nel momento in cui i giudici europei hanno stabilito che la trasposizione delle direttive citate deve avvenire in modo da garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati
dall’ordinamento giuridico comunitario.
Questa conclusione è stata poi confermata un anno dopo in un’altra decisione 301, nella quale la Corte confermò che «gli Stati membri nell’ambito del
margine di manovra loro lasciato dalla legislazione comunitaria devono
fornire un’equilibrata regolamentazione, bilanciando i diversi diritti fondamentali in gioco, con specifico riferimento al diritto alla riservatezza e ai
diritti di privativa» 302.
Le decisioni della Corte sono basate su un ripensamento del rapporto fra
privacy e diritto d’autore, non più visti in conflitto, bensì in un rapporto di
complementarietà.
In questo quadro giurisprudenziale pregresso si inserisce una sentenza di
notevole importanza, la c.d. “Sentenza Scarlet”, nella quale la Corte di Giustizia ha fornito i necessari chiarimenti sul tema in esame, toccando anche il
tema della libertà d’impresa dell’operatore commerciale della comunicazione
coinvolto nella causa.
5.1. Scarlet Extended vs. SABAM
La causa in esame vede contrapposte da un lato Scarlet Extended SA, un
ISP belga, e dall’altro la SABAM, acronimo di Société belge des auteurs compositeurs et éditeurs303. La SABAM lamentava la violazione del diritto
301 Si tratta dell’ordinanza della Corte di Giustizia del 19 febbraio 2009 (procedimento
C-557/07), avente a oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte
dall’Oberster Gerichtshof (Austria) con decisione del 13 novembre 2007, sulla causa LSGGesellschaft zur Wahrnehmung von Leistungsschutzrechten GmbH contro Tele2 Telecommunication GmbH.
302 SIANO, Manuela. La sentenza Scarlet della Corte di Giustizia: punti fermi e problemi aperti. In PIZZETTI, Franco (a cura di). Il caso del diritto d’autore. II ed. Giappichelli
Editore, Torino, 2013. Pag. 83.
303 “Società belga degli autori, compositori ed editori”, corrispondente alla SIAE italiana.
143
d’autore relativo ad alcune opere musicali dei cui diritti era titolare, operata
attraverso dei software peer-to-peer. A fronte di questa violazione, la ricorrente ha chiesto al presidente del Tribunal de première instance de Bruxelles, quale giudice d’urgenza, che fosse ingiunto alla Scarlet di bloccare tutti gli
scambi di files musicali per far cessare le violazioni in corso. Oltre questo si
chiedeva che, dopo l’adozione della sentenza, il provider comunicasse entro
otto giorni dalla notifica, a pena di ammenda, le misure adottate, oltre alla
pubblicazione di queste sul suo sito internet e del testo della sentenza su testate giornalistiche nazionali.
Con sentenza del 26 novembre 2004, il Tribunale adito ha accertato le
violazioni del diritto d’autore e ha incaricato un esperto di verificare la concreta realizzazione delle soluzioni tecniche proposte dalla SABAM. A seguito
di tale perizia, la sentenza del 29 giugno 2007 ha condannato la Scarlet a far
cessare tali violazioni bloccando lo scambio di file.
La sentenza è stata impugnata in appello, in quanto Scarlet sosteneva che
le era stato, di fatto, imposto un obbligo generale di sorveglianza delle comunicazioni sulla sua rete, obbligo in contrasto sia con la direttiva sul commercio elettronico che con i diritti fondamentali. La Cour d’appel de Bruxelles ha
poi rimesso la decisione alla Corte di Giustizia, chiedendo se i diritti garantiti
dalla Carta dei diritti fondamentali consentano a un giudice di emettere, in
forma di ingiunzione, un ordine che imponga a un provider di predisporre un
sistema di filtraggio e di blocco in modo generalizzato delle comunicazioni
sulle reti elettroniche, in modo preventivo, solo a spese del FAI e senza limiti
temporali, per identificare i download illegali di files; in caso di esito positivo
di tale questione, si chiedeva anche se il giudice nazionale adito debba applicare il principio di proporzionalità quando deve pronunciarsi sull’efficacia e
sull’effetto dissuasivo della misura richiesta.
In relazione a tale causa hanno avuto un ruolo rilevante le conclusioni
presentate dall’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalón 304, poichè la Corte ha
seguito in larga misura quanto da lui detto.
304 Conclusioni dell’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalón, presentate il 14 aprile 2011
in relazione alla causa C-70/10, Scarlet Extended SA c. Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM).
144
L’Avvocato Generale aveva dato preminenza al profilo della lesione dei
diritti fondamentali, stabilendo che un provvedimento giudiziale che ordini al
provider di predisporre un sistema di filtraggio e blocco delle comunicazioni
elettroniche per tutelare i diritti di proprietà intellettuale va a ledere, in linea
di principio, i diritti fondamentali.
Per essere efficace, infatti, tale sistema dovrebbe garantire il filtraggio di
tutte le comunicazioni di dati che transitano sulla rete della Scarlet per individuare quelle che comportano una violazione del diritto d'autore; in seguito
esso dovrebbe bloccare le comunicazioni che si rivelino essere delle violazioni, sia a livello della richiesta che a livello dell'invio da parte degli utenti.
«Tuttavia, un simile provvedimento colpirebbe in modo duraturo un numero indeterminato di persone fisiche o giuridiche, senza tener conto del loro
rapporto contrattuale con la Scarlet né del loro Stato di residenza, nonché
sarebbe applicato in abstracto e a titolo preventivo, ossia senza che siano
stati preventivamente constatati un'effettiva lesione o un rischio di lesione
imminente ad un diritto di proprietà intellettuale305». Questo provvedimento, inoltre, caricherebbe solo i provider dei costi per la creazione di tale sistema, scaricando tutta la responsabilità economica e giuridica della lotta al
downloading illegale di opere dell’ingegno su Internet in capo agli ISP.
Muovendo da queste premesse, Cruz Villalón è giunto alla conclusione
che la predisposizione di un tale sistema di filtraggio e di blocco si risolverebbe in una limitazione del diritto al rispetto del segreto delle comunicazioni,
del diritto alla protezione dei dati personali e della libertà d'informazione, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali.
Per quanto riguarda il contenuto della sentenza, la Corte Europea ha acquisito le conclusioni dell’Avvocato Generale, andando anche oltre.
Riguardo la presunta violazione delle norme stabilite dall’Unione Europea, la Corte ha effettivamente rilevato che l’ingiunzione richiesta dalla SABAM obbligherebbe la Scarlet a procedere a «un’osservazione diretta» su tutti i dati dei clienti per prevenire le violazioni del diritto d’autore, trasformandosi in una sorveglianza generalizzata, incompatibile sia con l’art.15 della Di-
305
SARACENI, Anna Note in tema di violazione del diritto d'autore tramite internet cit.
145
rettiva 2000/31/CE (“Assenza dell'obbligo generale di sorveglianza”) che
con i diritti tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
A questo, però, la Corte ha aggiunto che, sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale rientri nei diritti tutelati dalla Carta, «non può desumersi
né da tale Carta né dalla giurisprudenza della stessa Corte che tale diritto
sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto».
La sorveglianza richiesta, precisa la Corte, sarebbe generalizzata su tutte
le comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete dell’ISP coinvolto; inoltre
sarebbe illimitata nel tempo, con ingenti costi economici per la Scarlet e una
grave violazione dei diritti degli utenti.
Un’ingiunzione in tal senso andrebbe sia a ledere la libertà d’impresa della Scarlet, in quanto obbligata a predisporre un sistema informativo complesso, costoso, permanente e interamente a sue spese 306, che i diritti e le libertà
dei clienti, sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Un’ingiunzione che obblighi a tale sistema di filtraggio, in conclusione, sarebbe assunta da un giudice che non rispetta l’obbligo di garantire un giusto
equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale da un lato, e la libertà
d’impresa, il diritto alla privacy e alla libertà di comunicazione dall’altro.
Inoltre, secondo la Corte, la tutela del diritto d’autore e della proprietà intellettuale non può arrivare a comprimere altri diritti fondamentali e le libertà, fra i quali la Corte stessa menziona prioritariamente la libertà d’impresa:
la tutela di questi diritti non deve, quindi, essere perseguita a prezzo di sacrifici economici sproporzionati e irragionevoli imposti agli ISP.
Autorevole dottrina 307 ha evidenziato il distinguo puntualizzato dalla
Corte in tale caso rispetto al caso Promusicae, nonostante l’ambito normativo
e il contesto generale presentassero delle analogie.
Nel caso Promusicae si chiedeva a un ISP di rivelare identità e indirizzo
fisico degli utenti, individuati sulla base dell’IP, ora e connessione,
Questo risulterebbe contrario alle condizioni stabilite dall’art.3, n.1, della Direttiva
2004/48/CE che richiede che le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale non siano inutilmente complesse o costose.
307 SIANO, Manuela. La sentenza Scarlet della Corte di Giustizia cit. pag.90.
306
146
nell’ambito di un processo giurisdizionale: si discuteva, quindi, di dati noti e
identificati.
Nel caso Scarlet, invece, si pretendeva il blocco da parte del provider di
tutti i file ritenuti lesivi di un diritto di proprietà intellettuale, un intervento a
priori ben diverso da quello a posteriori richiesto nell’altro caso, quando
un’identificazione del materiale illecito era già stata effettuata, con le gravose
conseguenze economiche e giuridicamente scorrette di cui si è già ampiamente discusso.
5.2. Netlog vs. SABAM
Un altro caso si è riproposto, sempre nel 2011, dinanzi alla Corte di Giustizia europea; protagonista della vicenda è ancora una volta SABAM, contrapposta a un gestore di una piattaforma di rete sociale in linea: Netlog 308.
I termini della vicenda sono pressoché identici: SABAM lamentava
un’illecita condivisione di files musicali e audiovisivi del proprio repertorio,
senza alcuna autorizzazione, attraverso il proprio profilo Netlog; la convenuta, invece, sosteneva che l’accoglimento dell’azione avrebbe comportato
l’imposizione di un obbligo generale di sorveglianza, vietato dalla normativa
belga.
Il procedimento veniva sospeso dal giudice belga e sottoposto alla Corte
di Giustizia europea, chiamata a decidere se le direttive europee
(2000/31/CE, 2001/29/CE, 2004/48/CE) 309 consentono, a un giudice nazionale, di ordinare all’hosting la predisposizione di un sistema di “filtraggio”
delle informazioni memorizzate sui suoi server, al fine di individuare l'immissione di contenuti protetti.
La Corte, nel decidere tale caso, è partita da un principio già consolidato
nella precedente decisione: sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
(art.17 della Carta), non può desumersi che tale diritto sia intangibile e vada
Corte giust. Com. eu., sez.III, 24 novembre 2011, C-360/10.
In tema di commercio elettronico, armonizzazione del diritto d'autore e tutela delle
persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.
308
309
147
garantito in modo assoluto. Infatti la tutela del diritto di proprietà, nel quale
rientra anche la tutela autoriale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali, fra cui la libertà d’impresa che verrebbe indubbiamente
compromessa da un sistema di filtraggio costoso e interamente a spese
dell’ISP; la tutela dei dati personali degli utenti dei servizi (diritto sancito
dall’art.8 della Carta), visto che tale sistema comporterebbe l’elaborazione
delle informazioni protette dei profili creati sulla rete sociale; la libertà
d’informazione, tutelata dall’art.11 della Carta, poiché non vi sarebbe possibilità di distinguere il contenuto fra lecito e illecito, avendosi il blocco anche
comunicazioni che non costituiscono una violazione 310.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha evidenziato come dalla
normativa comunitaria derivi la necessità che le diverse Autorità nazionali
possano essere legittimate ad adottare provvedimenti nei confronti degli ISP
in grado di far cessare le violazioni autoriali commesse in rete, ma esse debbano essere proporzionate e non eccessivamente onerose. Rispetto al caso
precedente, la Corte sottolinea maggiormente come un sistema in tal senso
non debb solo bilanciare gli interessi fondamentali della persona in gioco, ma
anche assicurare al provider la possibilità di offrire i propri servizi, in linea
con la normativa vigente (Direttiva 2000/31/CE).
La Corte quindi statuisce che in relazione a Netlog, identificato come hosting provider, «le direttive: 2000/31/Ce […] 2001/29/Ce […] e 2004/48/Ce
[…], lette in combinato disposto e interpretate alla luce delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso
che ostano all'ingiunzione, rivolta da un giudice nazionale ad un prestatore
di servizi di hosting, di predisporre un sistema di filtraggio: delle informazioni memorizzate sui server di detto prestatore dagli utenti dei suoi servizi;
che si applichi indistintamente nei confronti di tutti questi utenti; a titolo
preventivo; a spese esclusive del prestatore, e senza limiti nel tempo, idoneo
ad identificare i file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche
Così testualmente la Corte: «adottando un’ingiunzione che costringa il prestatore di
servizi di hosting a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in
questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale da un lato, e la libertà d’impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e
la libertà di ricevere o di comunicare informazioni all’altro».
310
148
o audiovisive rispetto alle quali il richiedente il provvedimento di ingiunzione affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare la messa a disposizione del pubblico di dette opere, lesiva del diritto d'autore» 311.
Queste decisioni, quindi, imporranno a tutti i giudici dei Paesi europei di
disapplicare la normativa nazionale nel punto in cui siano in contrasto con
esse.
5.3
Il Parere del Garante italiano
A seguito di queste sentenze, anche il Garante per la protezione dei dati
personali ha espresso il proprio parere, intervenendo indirettamente sulla vicenda.
Il Ministero Affari Esteri, con nota del 21 aprile 2012, e la Presidenza del
Consiglio dei Ministri (Dipartimento Politiche Comunitarie), il 26 aprile,
hanno richiesto al Garante per la protezione dei dati personali di esprimere le
proprie considerazioni sul caso, per la raccolta di elementi di valutazione di
merito e verificare l’eventuale interesse del Governo italiano che giustificasse
la presentazione di osservazioni scritte e orali sulla questione allora pendente
dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nella nota del 14 maggio dello stesso anno, l’Ufficio dell’Autorità ha evidenziato come il sistema di filtraggio individuato da SABAM giustificava
l’applicazione della disciplina sulla privacy, in quanto vi era un’attività di
trattamento dati sensibili nell’associazione identità abbonato – indirizzo IP
che avrebbe dovuto essere realizzata da Scarlet, nonché nella verifica dei contenuti trasmessi sulla rete per verificare quali di essi fossero coperti da diritto
d’autore. Questo sistema di filtraggio preventivo, così come era stato richiesto
da SABAM, si configurava in un monitoraggio di tutte le forme di comunicazione elettronica attuabili attraverso Internet, equiparabile a una forma di intercettazione di massa 312.
Corte giustizia UE sez. III, 16 febbraio 2012 n. 360. In Diritto & Giustizia 2012, 17
febbraio (nota di: LISO); Foro it. 2012, 6, IV, 296 (nota di GRANIERI); Dir. Inf. 2012, 2, 272
(s.m.) (nota di: SAMMARCO).
312 La problematica dei sistemi di filtraggio applicati alle reti di comunicazioni elettroniche è stata affrontata anche dall’AGCOM, in un’indagine conoscitiva. Tale documento indivi311
149
Secondo il Garante, questo filtraggio si poneva in contrasto sia con la direttiva 95/46/CE 313 che con la 2002/58/CE, integratrice della disciplina nel
settore delle comunicazioni elettroniche. Poiché la Direttiva del 2002 consente limitazioni al diritto di tutela della riservatezza solo in caso di attività
d’indagine effettuata dall’Autorità giudiziaria penale per la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, il caso in esame non giustificava tale eccezione, in quanto l’attività di monitoraggio veniva richiesta da un
giudice civile su una serie indeterminata di dati.
Il Governo italiano ha quindi presentato le sue osservazioni alla Corte di
Giustizia, esprimendosi per la contrarietà delle richieste avanzate da SABAM
al diritto comunitario, evidenziando come questo filtraggio non sia annoverabile come misura necessaria, opportuna e proporzionata, ma si qualifichi
piuttosto come uno strumento di sorveglianza delle comunicazioni elettroniche in aperto contrasto con l’art.8 della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo.
Dopo che il Garante ha reso tale parere, il Governo italiano ha deciso di
costituirsi davanti alla Corte europea in relazione al caso in questione.
6. Provvedimenti contro l’intermediario
Per completezza dell’argomento, si accenna a un ulteriore profilo, distinto dalla responsabilità dell’ISP: la legittimazione passiva del provider rispetto
dua alcuni strumenti tecnologici atti a contrastare il fenomeno dello scambio di materiale
protetto dal diritto d’autore.
La tecnica di filtraggio ipotizzata da SABAM, definita dall’AGCom “deep packet inspection”, rientra tra le tecniche segnalate dall’indagine, ma questa presenta numerose limitazioni che «risiedono nella violazione della privacy degli utenti, nella complessità tecnica e nei
costi elevati e nel suo contrasto con i principi della neutralità della rete. Inoltre, una sua
applicazione su vasta scala contrasterebbe con i principi stessi di libertà democratica. »
AGCOM, Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica – indagine conoscitiva, 12
febbraio 2010. Reperibile al seguente link (consultato il 15 maggio 2015):
http://www.agcom.it/documents/10179/539311/Documento+Generico+12-022010/02bf7d56-3a36-4f3c-b9e8-abd900d8269b?version=1.0
313 Direttiva 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché
alla libera circolazione di tali dati.
150
a provvedimenti inibitori, consistenti negli ordini di rimozione dei contenuti
e blocco dell’accesso agli stessi.
Come già sottolineato, nel recepire la Direttiva sull’e-commerce il legislatore italiano ha deciso di recepire una facoltà lasciata dall’Unione Europea alla discrezionalità degli Stati, ossia di prevedere che un’autorità giurisdizionale o amministrativa imponesse al provider di impedire o porre fine alla violazione. Nello specifico, l’ultimo comma degli artt.14, 15 e 16 prevedono, in
termini simili, che l’Autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di
vigilanza possa emettere dei provvedimenti inibitori, anche in via d’urgenza,
nei confronti del provider intermediario anche totalmente inconsapevole (e
quindi irresponsabile civilmente) dell’illecito.
La legge d’autore prevede due tipologie di inibitoria: quella esperibile in
via ordinaria, al termine di un giudizio di merito, e quella esperibile in via
cautelare.
L’inibitoria ordinaria, delineata dall’art.156, prevede la possibilità di esperire un’inibitoria nei confronti dell’intermediario non coinvolto al termine
di un giudizio di merito. Tale azione può essere esperita da «chi ha ragione di
temere la violazione di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante
[…] oppure intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta sia da parte dell'autore della violazione che di un intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione» che, agendo in giudizio, otterrebbe l’accertamento del suo diritto e il divieto di prosecuzione
della violazione. La pronuncia dell’inibitoria può comportare il dovere di pagare una somma, fissata dal giudice, «per ogni violazione o inosservanza
successivamente constatata o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento» (comma 1).
L’inibitoria cautelare, invece, viene esperita verso l’intermediario che sia
anche autore dell’illecito. In tal caso «il titolare di un diritto di utilizzazione
economica può chiedere che sia disposta l'inibitoria di qualsiasi attività che
costituisca violazione del diritto stesso, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari» (art.163, comma 1).
Infine può essere richiesta la collaborazione del terzo intermediario, anche non corresponsabile, mediante la fornitura di informazioni relative
151
all’origine e alle reti di distribuzione (dati relativi ai siti o agli utenti), ai sensi
dell’art.156-bis L.d.A. che prevede che «qualora una parte abbia fornito seri
elementi dai quali si possa ragionevolmente desumere la fondatezza delle
proprie domande ed abbia individuato documenti, elementi o informazioni
detenuti dalla controparte che confermino tali indizi, essa può ottenere che il
giudice ne disponga l'esibizione oppure che richieda le informazioni alla
controparte. Può ottenere altresì, che il giudice ordini alla controparte di
fornire gli elementi per l'identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o dei servizi che costituiscono violazione
dei diritti di cui alla presente legge».
152
CAPITOLO TERZO
Il ruolo dell’AGCom fra la tutela del diritto d’autore online
e l’educazione alla legalità dell’utente.
SOMMARIO: 1. La pirateria come fenomeno di massa. 1.1. L’impatto economico della pirateria in Italia. – 2. La S.I.A.E., l’AGCom e gli altri enti pubblici che vigilano sul rispetto
del diritto d’autore. 2.1. La S.I.A.E. 2.2. L’AGCom. 2.3. Il comitato consultivo permanente per la tutela del diritto d’autore. – 3. La nuova normativa italiana: il regolamento
AGCom n.680/13/CONS. 3.1. L’iter di approvazione del regolamento. 3.2. La competenza dell’AGCom nel regolamentare in materia di copyright. – 4. Misure per favorire lo
sviluppo e la tutela delle opere digitali. 4.1. Comitato per lo sviluppo e la tutela
dell’offerta legale di opere digitali.– 5. La fase di enforcement. 5.1. La procedura notice
and take down. 5.2. La fase procedimentale dinanzi all’Autorità. 5.3. Il procedimento
abbreviato. 5.4. I provvedimenti a tutela del diritto d’autore. 5.5. Rapporti fra la giurisdizione ordinaria e la competenza dell’Autorità. – 6. Commenti sull’operatività del regolamento nel primo anno di emanazione. 6.1. Questione di costituzionalità pendente.
6.1.1. Questioni preliminari risolte dal T.A.R. 6.1.2. Il contrasto con l’art.21 Cost. 6.1.3.
Prospettive sul possibile esito della questione costituzionale. 6.2. Criticità del regolamento: web-locking, contraddittorio e costi del procedimento. 6.3. Commenti
d’eccezione: un riconoscimento importante dagli Stati Uniti. – 7. La responsabilità
dell’utente.
1. La pirateria come fenomeno di massa
«Il dominio principale di The Pirate Bay 314, "thepiratebay.se" e il suo
gemello "piratebay.se" sono stati sequestrati dalla corte distrettuale di Stoccolma (i domini ".se" sono domini svedesi) e disabilitati.
La risposta di The Pirate Bay? Hanno spostato il dominio, aprendone
altri cinque, e cambiato il proprio logo in homepage [n.d.r. adesso rapprePirate Bay è un sito svedese che ospita link a file .torrent che permettono agli utenti
di condividere contenuti multimediali (giochi per pc, programmi, musica, film) tramite un
software denominato BitTorrent. Nella propria pagina tale sito accompagnava il materiale
illecito con recensioni o schede su ogni contenuto, fornendo agli utenti gli strumenti di ricerca.
314
153
senta un’idra a quattro teste]. A indicare chiaramente che, per ogni testa tagliata alla "Idra" del file sharing, ne cresceranno altre due. O cinque.
Già a dicembre The Pirate Bay aveva già visto sequestrarsi i server dalla polizia svedese. Un'operazione che comunque aveva fermato il sito di sharing solo per un breve periodo. È evidente che ci vorrà molto più che un
semplice sequestro di dominio per fermarli» 315.
Con questo post, alcuni utenti della rete hanno commentato un celebre
caso giurisprudenziale, “The Pirate Bay case”, che ha comportato il sequestro
e la disabilitazione del sito in quanto l’attività ivi svolta, comprendente il protocollo di trasferimento e l’indicizzazione dei dati essenziali, configurava un
apporto causale alla condotta illecita degli utenti che si scambiavano materiale protetto dal diritto d’autore tramite il sistema peer-to-peer. Questo apporto causale era idoneo a configurare la partecipazione dei gestori del sito alla
condotta criminosa, configurando un concorso di persone ex art.110 c.p. nel
completamento della fattispecie di reato prevista dall’art.171-ter, comma 2,
lett. a-bis della L.d.A. 316 Se queste sono le conclusioni raggiunte dal giudice
italiano, similmente è avvenuto in Svezia, dove la Corte Distrettuale di Stoccolma (Tingsrätt) ha condannato Pirate Bay perché a conoscenza dello
scambio illegittimo dei file.
I commenti degli utenti sono stati i più disparati, la maggior parte a sostegno di PirateBay, salutato quasi in segno di rispetto con “Hail Hydra”. Un
campione piccolo, ma significativo perché emerge come la pirateria venga avvertita dai cybercitizens 317 come un bene superiore, qualcosa di irrinunciabile
per poter godere di contenuti musicali o audiovisivi. Incalzati sulla questione
della correttezza o meno di tale fenomeno sociale, gli utenti si sono espressi
con critiche pesanti all’industria cinematografica e musicale, rea di imporre
prezzi troppo alti per poter essere sostenuti in dosi massicce: se un film in
dvd, di ultima uscita, costa in media quindici euro, un album musicale venti e
ITALIANSUBS, sito italiano per la traduzione dei sottotitoli delle serie tv straniere.
Commento pubblicato sulla loro pagina facebook il 20 maggio 2015, reperibile al link:
https://www.facebook.com/italiansubs/photos/a.113052339602.125023.100949714602/101
53331610784603/?type=1&theater.
316 Cfr. Cass. Pen. n.49437 del 23 dicembre 2009.
317 Con tale termine si indicano le persone che partecipano attivamente alla vita in
internet, contribuendo all’esplicazione della libertà d’espressione su tale mezzo.
315
154
un biglietto al cinema dieci, la pirateria viene vista come un metodo più che
lecito per poter ridurre tali costi. Il vero “malfattore” diviene chi impone tali
prezzi, non chi scarica illecitamente attraverso internet.
Dati empirici, ma suffragati da indagini su più ampia scala compiute per
l’Osservatorio politico nazionale 318. Fra il 28 e il 29 marzo 2015, infatti, sono
stati intervistati circa mille italiani rappresentativi della popolazione maggiorenne tramite un campione stratificato per sesso, età e area geografica,
un’indagine volta a esplorare comportamenti, opinioni e atteggiamenti sul
tema del consumo di internet, download illegale di software o file multimediali e conoscenza delle regole sulla pirateria 319. I dati parlano chiaro: il 31%
degli intervistati ammette «di aver scaricato qualcosa», il 12% di chi lavora
in azienda ammette che «c’è qualcuno che scarica», il 9% non risponde, non
negando neanche di aver mai scaricato. «Non è dunque pessimistico stimare
che buona parte di quel 9% che non risponde alla domanda sul download illegale abbia in effetti scaricato qualcosa. Il che porta la percentuale effettiva
di chi attua comportamenti illeciti molto vicino al 40% del campione. Dal
quale peraltro risulta che ancora solo il 65% degli italiani fa abitualmente
uso di internet: un dato che rende quel 40% purtroppo molto prossimo in
realtà alla metà della popolazione effettivamente utilizzatrice di risorse digitali» 320.
Le motivazioni che spingono a scaricare illegalmente sono diverse: si passa dalla semplicità di recepimento del materiale, agli elevati costi dei prodotti
legali, per finire con chi scarica perché considera nullo di rischio di essere
scoperto.
Indagine compiuta da Lorien Consulting, istituto di ricerche di mercato, nell’ambito
dell’Osservatorio Politico Nazionale sull’atteggiamento degli italiani in materia di rispetto
della proprietà intellettuale/propensione alla copia illegale e al download “selvaggio” di prodotti multimediali dal web.
319
Tutti i dettagli della ricerca sono disponibili al seguente link:
http://www.lorienconsulting.net/wp-content/uploads/2015/04/Report-ricerca-BSAcompleto.pdf (consultato il 31 maggio 2015).
320 VALENTE, Antonio, AD e partner di Loriel che in tal modo ha commentato i risultati
della ricerca sul sito dell’Osservatorio Politico Nazionale, verificabile al seguente link:
http://www.lorienconsulting.net/bsa-oltre-il-60-degli-italiani-ritiene-normale-scaricaredal-web-software-film-o-musica/ (consultato il 31 maggio 2015).
318
155
Interrogati sulla consapevolezza della liceità di tale comportamento, il
39% degli intervistati lo ritiene «un comportamento illecito ma tollerabile»,
mentre il 16% lo considera «scorretto ma non illegale» e il 6% addirittura
«un comportamento lecito». Dalla somma di questi dati si ottiene che il 61%
degli intervistati ritiene la pirateria informatica un comportamento lecito,
tollerabile o comunque non da perseguire legalmente, mentre il 22% degli
italiani ignora che questo comportamento sia contro la legge. La restante percentuale, molto esigua (il 14%), afferma che «scaricare da internet film, software e file musicali coperti dal diritto d’autore sia un reato da perseguire».
Non mancano voci autorevoli anche a sostegno della pirateria, vista come
un mezzo per la diffusione della cultura: «la pirateria musicale è uno strumento di accesso universale alla cultura […] l’accesso alla cultura è un diritto inalienabile, la musica è uno strumento di cultura e pertanto l’accesso alla musica è un diritto inalienabile. La pirateria della fruizione musicale, ovvero la copia di musica a uso personale e senza scopo di lucro, è un diritto
fondamentale che va pienamente tutelato, di fronte al quale il diritto al profitto delle case discografiche deve necessariamente soccombere e farsi da
parte» 321. La pirateria informatica, ossia la copia personale e senza scopo di
lucro di programmi e software, non è considerata azione criminale, ma una
pratica consolidata che trova il suo fondamento nella solidarietà fra gli utenti,
un’evoluzione dei comportamenti sociali, adeguatesi alle nuove tecnologie
comunicative e informatiche. Secondo questa elucubrazione dottrinale, la pirateria viene ricondotta all’art.2 della Costituzione, divenendo parte integrante della solidarietà sociale il cui rispetto è uno dei doveri inderogabili di ogni
cittadino.
In questo quadro, il diritto d’autore non viene visto come un legittimo riconoscimento economico dei creatori dei programmi, quanto piuttosto «una
tassa da pagare alle grandi compagnie informatiche che sfruttano i loro dipendenti e gli utenti al tempo stesso. Dietro la maschera del copyright si na-
GUBITOSA, Carlo. Elogio alla pirateria. Manifesto di ribellione creativa. 2005, ebook reperibile al link:
http://www.stampalternativa.it/liberacultura/books/elogio_pirateria.pdf (consultato il 1
giugno 2015).
321
156
sconde una legislazione che tutela gli interessi delle grandi case produttrici
di software, ma non i diritti delle singole persone» 322.
Altra dottrina, invece, ha difeso la pirateria portando a esempio la nascita
di Hollywood, costituita da “pirati” in fuga dai diritti di proprietà intellettuale 323. Questi pirati erano l’Universal Pictures, Paramont Pictures e Fox Distribution che, all’inizio del XX secolo, emigrarono in California per sfuggire
al controllo dei brevetti imposto da Thomas Edison il quale, detenendo la
proprietà intellettuale sulle cineprese, imponeva l’uso di licenze per la fruizione delle attività creative associate al mercato cinematografico. Se insomma
il cinema è nato da un atto di pirateria, perché oggi dovrebbe essere inibito ai
suoi cultori di trasformarsi in pirati per goderne?
Internet diviene il più grande strumento di condivisione della conoscenza
al mondo, inarrestabile e continuamente in movimento dal momento che gli
utenti che lo alimentano non dormono mai: quando i pirati di New York
chiudono gli occhi davanti allo schermo a notte fonda, quelli di Tokyo sono
già pronti a sostituirli davanti al sole del nuovo giorno.
In questo quadro così utopistico e intriso di belle parole c’è un piccolo
dettaglio che i difensori della pirateria scordano: esiste la legge. Non si può
difendere un’azione criminale con la scusa che si tratti di strumenti per la diffusione della cultura. Anzi, l’effetto che si ottiene è esattamente l’opposto! Nel
ritenere che un download sia un’azione legale, o comunque se illegale almeno
tollerabile, l’utente medio pecca di ignoranza perché, pensando solo al suo interesse al risparmio, non tiene conto degli interessi di tutta un’industria che
permette questa diffusione. La cultura, purtroppo, non è sempre gratuita e il
diritto d’autore è il mezzo che permette all’autore dell’opera e a chi la immette nel mondo, digitale o materiale che sia, di poter vivere e continuare a diffondere cultura. Si tratta di un circolo vizioso, la cultura che alimentata pro-
GUBITOSA, Carlo. Op.cit.
Cfr. SARZANA DI S.IPPOLITO, Fulvio e SAETTA, Bruno. I pericoli e i danni del web
blocking nella tutela del copyright. Il caso italiano (il regolamento AGCOM). Versione 1.1,
aprile 2015. Ebook coperto da licenza Creative Commons, reperibile al seguente link:
http://www.fulviosarzana.it/blog/update-versione-corretta-del-libro-i-pericoli-e-i-dannidel-web-blocking-il-caso-agcom/ (consultato il 1 giugno 2015).
322
323
157
duce altra cultura, e i pirati entrando in questo cerchio ne recidono un collegamento fondamentale.
La soluzione, quindi, non è la pirateria digitale e il copyright, le grandi
case discografiche, le major di Hollywood, la Siae, la Microsoft e tutti i governi del mondo non sono i nemici che, con il loro operato, puntano a imbrigliare il genio creativo dei corsari di ieri e di oggi.
1.1. L’impatto economico della pirateria in Italia
Per pirateria online si intende la commissione di varie attività di natura
illecita perpetrate tramite l'utilizzo di strumenti informatici. Generalmente le
attività illecite di concretizzano nel download o streaming illegale di video e
audio sul web, avvenuti anche attraverso l’ausilio del file sharing o delle reti
peer-to-peer 324. Questo fenomeno è fortemente legato alla diffusione della
banda larga 325 che rappresenta, per i contenuti video, un fattore determinante: mentre il download, compreso quello illegale, di un file audio può avvenire anche con la banda limitata, la fruizione di contenuti video via web necessita della banda più ampia. Dato il progressivo diffondersi di queste tecnologie moderne, si è avuto un incremento della pirateria di contenuti video.
Questo fenomeno, però, ha prospettive limitate d’incremento, visto che vi
sono due elementi che idealmente la stanno contrastando: la diffusione dello
streaming, come modalità di utilizzo preferenziale, e l’interattività sempre
maggiore offerta da contenuti legali di video online. L’evoluzione della tecnologia ha mutato la visione che gli utenti hanno della rete, passando da un
semplice “veicolo di contenuti” (conservati poi sui computer dei diversi utenti), a “contenitore” di materiale audiovisivo. L’utente che ha un affidabile accesso a internet, non soggetto a disconnessioni frequenti o al fenomeno del
buffer, trova più pratico usufruire immediatamente dei contenuti in rete (c.d.
Per una descrizione dettagliata di questi fenomeno, vedi capitolo 1 paragrafo 3.1.
Con il termine “banda larga” (in inglese broadband) nel campo delle telecomunicazioni e dell’informatica si intende la trasmissione e ricezione di dati informativi, inviati e ricevuti simultaneamente in maggiore quantità, sullo stesso cavo o mezzo radio grazie all'uso
di mezzi trasmissivi e tecniche di trasmissione che supportino e sfruttino un'ampiezza di
banda superiore ai precedenti sistemi di telecomunicazioni a banda stretta (narrowband).
324
325
158
experience now), piuttosto che scaricarli sul proprio dispositivo e poi fruirne
(c.d. experience-later), con un risparmio sia di tempo non dovendo aspettare
lo scaricamento, sia di spazio sul personal computer.
Il fenomeno peer-to-peer appare in diminuzione a livello mondiale, mentre le tecnologie di streaming stanno prendendo il sopravvento.
«Al fine di contrastare la violazione del diritto d’autore attraverso il file
sharing, la diffusione della banda larga in Italia potrebbe essere uno strumento efficace, avendo sia un impatto deterrente sul P2P che un effetto positivo sullo scambio di contenuti digitali autorizzati. Vi è inoltre da sottolineare come la creazione di una rete informatica capillare ed efficiente (la cosiddetta next generation network) possa favorire lo sviluppo del mercato legale
dei contenuti digitali audiovisivi anche se si rileva tuttavia una scarsa propensione a pagare da parte degli utenti» 326 .
Per quanto riguarda i dati effettivi che caratterizzano la portata della pirateria in Italia, negli ultimi cinque anni vi è stato un aumento massiccio della pirateria a mezzo streaming. Questo è stato causato soprattutto dal diffondersi dei c.d. siti cyberlockers, servizi di archiviazione su internet progettati
appositamente per ospitare file caricati direttamente dagli utenti e poi scaricati da altri. Una particolarità di questi servizi, che ne rende difficoltosa la
tracciabilità, è la mancanza di un servizio di ricerca interno, potendo così accedere ai contenuti solo attraverso il link diretto al materiale caricato, tramite
protocollo HTTP o FTP o tramite software di terze parti 327. Sebbene la maggior parte di questi siti offra anche un servizio di abbonamento, il quale consente di bypassare le limitazioni orarie e quantitative di download e streaming, in realtà la fonte principale di introiti non proviene dal pagamento di
questi canoni (mensili o annuali che siano, a seconda della tipologia di abboAGCOM. Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica. Indagine conoscitiva. Pubblicata il 12 febbraio 2010 sul sito dell’Autorità. Pag.33. Consultabile al seguente
link:
http://www.agcom.it/documents/10179/539311/Documento+Generico+12-022010/02bf7d56-3a36-4f3c-b9e8-abd900d8269b?version=1.0 (consultato il 1 giugno 2015).
327 Il file hosting tecnicamente è basato su un server principale (main server) che reindirizza gli utenti su vari server dove sono contenuti i files tramite un database contenuto nello stesso server principale o in un server dedicato, questi server possono essere all'interno
dello stesso Server Farm oppure sparsi per il mondo. Solitamente gli utilizzatori paganti non
hanno limitazioni di download, storage o ampiezza banda.
326
159
namento scelta), ma dalla pubblicità. I pop-up, che si aprono prima della visione di un qualsiasi filmato, generano un fatturato esorbitante e, ovviamente, il modo migliore per poter catturare l’industria pubblicitaria è quella di offrire contenuti ad alta visualizzazione, quali sono generalmente quelli illegali.
I danni all’industria cinematografica e musicale sono ingenti: le stime
della Federazione contro la Pirateria Musicale (FPM) hanno evidenziato
come il 23% degli utilizzatori della rete scarica musica illegalmente con il P2P
e, in media, i brani musicali scaricati da Internet sarebbero circa 1300 per
ogni pc dotato di software peer-to-peer, per un totale di 300 milioni di euro
all’anno di mancato fatturato per il settore. Relativamente all’industria cinematografica, secondo gli studi condotti dalla FAPAV, più dell’80% dei film è
disponibile in rete su siti già dal secondo giorno di programmazione cinematografica. Dal punto vista del mercato illecito, l’Italia inciderebbe, in questo
senso, per il 13% sul totale mondiale dei download (l’incidenza del nostro paese sul mercato legale è del 5%).
2. La SIAE, l’AGCom e gli altri enti pubblici che vigilano sul rispetto del diritto d’autore
Data l’impossibilità per l’autore di controllare autonomamente che
l’utilizzazione delle sue opere, a livello tanto nazionale quanto internazionale,
avvenga in maniera lecita, la legge n.633/1941, al Titolo V, contiene delle
norme dedicate agli enti di diritto pubblico preposti alla protezione e alla tutela del diritto d’autore.
Questo Titolo è stato soggetto a una riforma recente, intervenuta a opera
della legge n. 248/2000 328, che ha introdotto l’art.182-bis, il quale identifica
l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) come il soggetto più
adatto a favorire l’azione di sintesi tra gli interessi degli autori, da un lato, e
quelli dei consumatori/utenti dall’altro, nonché assicurare la corretta fruizione dei contenuti sulle reti di comunicazione elettronica. Per realizzare ciò,
Tale legge può essere considerata come espressione di una volontà politico-legislativa
tesa a incentivare e favorire la collaborazione istituzionale tra apparati amministrativi deputati alla tutela del diritto d’autore, pur differendo tra loro per gli interessi cui sono preposti e
le finalità perseguite.
328
160
l’AGCom ha ampi poteri in termini di prevenzione, anche generale, e accertamento delle violazioni della disciplina che tutela la proprietà intellettuale.
L’Autorità, quindi, si affianca alla Società Italiana degli Autori ed Editori
(S.I.A.E.) e si coordina con essa nell’attività di vigilanza.
Gli interessi posti a presidio di queste due istituzioni pubbliche sono di
diversa natura: l’Autorità, data la sua essenza di autorità amministrativa indipendente, persegue fini pubblici, attraverso funzioni di vigilanza e garanzia
(con poteri istruttori, di accertamento e sanzionatori) per assicurare il rispetto delle regole del mercato e dei consumatori. Diversamente la SIAE, stante la
sua natura di ente pubblico su base associativa, persegue i fini privatistici degli associati, i quali necessitano di tutela, soprattutto patrimoniale, delle opere dell’ingegno e in generale del diritto d’autore.
Nello specifico l’art.182-bis della L.d.A. attribuisce a questi due enti,
nell’ambito delle proprie competenze previste dalla legge, per prevenire e accertare le violazioni del diritto d’autore, la vigilanza: «a) sull'attività di riproduzione e duplicazione con qualsiasi procedimento, su supporto audiovisivo, fonografico e qualsiasi altro supporto nonché su impianti di utilizzazione in pubblico, via etere e via cavo, nonché sull'attività di diffusione radiotelevisiva con qualsiasi mezzo effettuata; b) sulla proiezione in sale cinematografiche di opere e registrazioni tutelate dalla normativa sul diritto
d'autore e sui diritti connessi al suo esercizio; c) sulla distribuzione, la vendita, il noleggio, l'emissione e l'utilizzazione in qualsiasi forma dei supporti
di cui alla lettera a); d) sui centri di riproduzione pubblici o privati, i quali
utilizzano nel proprio ambito o mettono a disposizione di terzi, anche gratuitamente, apparecchi per fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione. d-bis) sull'attività di fabbricazione, importazione e distribuzione
degli apparecchi e dei supporti di cui all'art.71-septies».
Come specificato dall’articolo, la titolarità del poteri di vigilanza deve esplicarsi «nell’ambito delle rispettive competenze», inciso che manca di una
norma di dettaglio che le delinei in maniera dettagliata; tuttavia, dal 2000 a
oggi nessun intervento integrativo o applicativo della norma in questione vi è
stato e, pertanto, l’art.182-bis continua a essere richiamato dal comma 4-bis
della legge n.249 del 2000; le norme relative alla SIAE continuano a non pre-
161
vedere l’attribuzione alla società di competenze in materia di vigilanza ed ispezione.
In mancanza di una specifica disposizione, in accordo con il principio di
legalità che governa l’intera attività amministrativa, non appare possibile attribuire alla SIAE compiti che vadano oltre il mero coordinamento
dell’attività istituzionalmente attribuita all’Autorità in materia di vigilanza e
tutela del diritto di autore. Tale coordinamento deve avvenire fra gli ispettori
della SIAE e i funzionari dell’AGCom. Gli ispettori, infatti, «possono accedere
ai locali dove vengono svolte le attività di riproduzione, duplicazione, vendita, emissione via etere e via cavo o proiezione cinematografica, nonché le
attività ad esse connesse», nonché richiedere l'esibizione della documentazione relativa all'attività svolta e al materiale usato. Tale accesso deve essere
autorizzato dall’autorità giudiziaria solo nel caso in cui i locali «non siano
luoghi aperti al pubblico, stabilimenti industriali o esercizi commerciali o
emittenti radiotelevisive» (comma 3).
In ottemperanza a tale prescrizione normativa, l’AGCom e la S.I.A.E.
hanno sottoscritto un primo accordo per il coordinamento delle loro attività
in materia il 6 luglio 2001, successivamente integrato in data 10 maggio 2007
da una nuova convenzione; con esso i due enti si sono impegnati a pianificare
congiuntamente e a coordinare attività ispettive ad hoc, cooperando altresì al
costante ed efficace interscambio di dati e di informazioni utili ai fini dell'attività di prevenzione e repressione degli illeciti amministrativi e penali in tema di diritto di autore, anche avvalendosi del personale dei nuclei speciali
delle Forze di Polizia e della Guardia di Finanza 329.
Avvalendosi dell’attività operativa e di cooperazione della SIAE,
l’Autorità deve garantire e tutelare il diritto d’autore dalle insidie che nasconde il progresso tecnologico, tenendo conto del libero utilizzo della rete
internet come nuova e moderna espressione del diritto alla manifestazione
del pensiero e della persona e di accesso alle informazioni e alla cultura.
329 Cfr. LAVAGNINI, Simona. Competenze e coordinamento delle istituzioni. In ALBERTAZZI, Luigi Carlo (a cura di). Il regolamento Agcom sul diritto d’autore. Giappichelli
Editore, Torino, 2014.
162
2.1. La S.I.A.E.
Nata a Milano nel 1882, anche se oggi ha sede a Roma, la S.I.A.E. è un
ente pubblico economico 330 a base associativa 331, svolgente in via esclusiva
l’attività di intermediazione nel settore della proprietà intellettuale, come
stabilito dall’art.180 L.d.A. che, testualmente, le attribuisce «l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per
l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate».
Il carattere di ente di diritto pubblico è stato affermato a partire dal 1930,
amministrando (in base a rapporti privatistici fondati sul mandato) specifici
interessi privati rivolti alla tutela del diritto d’autore e delle opere
dell’ingegno.
Non vige alcun obbligo per gli autori di affidarsi alla S.I.A.E. per la gestione e la tutela dei propri diritti, ma l’unico modo per ottenere tali servizi è
l’associarsi a tale società, in quanto essa opera in regime di monopolio legale:
il compito di intermediario, infatti, le è attribuito dalla legge «in via esclusiva». Nonostante tale esclusività, però, non è pregiudicata la facoltà spettante
all’autore, ai suoi successori o agli aventi causa, di esercitare i diritti ricono-
La natura di ente pubblico economico è stata stabilita dalla Corte Costituzionale, nelle sentenze n.25/1968 e n.65/1972, anche se in dottrina vi sono dei dubbi a riguardo, soprattutto a causa della partecipazione degli autori ed editori anche all’elezione degli organi sociali, la quale lascia presupporre una privatizzazione dell’ente. Si noti, a tal riguardo, come Autorevole Dottrina ritenga che gli enti pubblici economici siano «una categoria in via di riduzione […] spesso rappresentano una tappa intermedia in vista della privatizzazione delle
aziende autonome, le quali, prima della trasformazione in società per azioni […] vengono
trasformate in enti pubblici economici». CASETTA, Elio. Manuale di diritto amministrativo, XVI ed. Giuffrè Editore, Milano, 2014. Pag.255.
331 La struttura amministrativa della Società si articola in una Direzione Generale, con
sede in Roma, 13 sedi regionali, 33 filiali, 600 mandatari a competenza territoriale pluricomunale, legati alla Società da contratto di lavoro autonomo. La base associativa è oggi costituita da più di 80.000 associati, persone fisiche e giuridiche, che hanno deciso di affidare la
tutela dei propri diritti economici alla SIAE, non volendo o non potendo esercitarli personalmente. La base associativa, ogni quattro anni, esprime, anche in forma di rappresentanza
indiretta, gli organi cui è demandata la gestione dell’ente: assemblea, cinque commissioni di
sezione, consiglio di amministrazione, presidente, collegio dei revisori.
330
163
sciuti dalla legge sul diritto d’autore. In realtà l’operato del Parlamento Europeo ha reso molto più attenuato il principio dell’esclusività della intermediazione, in quanto l’autore, oltre alla soluzione di tutelare da sé il proprio diritto, può iscriversi ad associazioni di autori degli altri Paesi dell’Unione. Continua a permanere il divieto di costituire nuove organizzazioni di intermediazione.
Sull’esistenza del monopolio legale in tal campo, la dottrina si è espressa
in maniera molto negativa, evidenziando come tale regime comporti molti
dissesti economici che in altri Paesi non vi sono. Sul punto autorevole dottrina ha esplicitamente detto che «la minor efficienza della SIAE rispetto agli
organismi esteri equivalenti costa agli autori, ai discografici e ai fruitori di
opere musicali protette (quindi ai consumatori) 13,5 milioni di euro. I bassi
tassi di efficienza della SIAE si ripercuotono negativamente sull’intera industria culturale italiana e sulla capacità di diffusione delle nuove tecnologie
dell’informazione. Il monopolio legale risulta anacronistico, oltre che lesivo
della concorrenza. La conservazione del regime di esclusiva in capo alla
SIAE impedisce la creazione in Italia di soluzioni più efficienti di tutela e gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi» 332.
L’attività della S.I.A.E. comprende la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per l'utilizzazione economica di opere tutelate, nonché la percezione dei proventi che ne derivano e la
loro ripartizione tra gli aventi diritto 333. A queste attività l’art.180-bis aggiunge l’intermediazione per l’autorizzazione alla ritrasmissione via cavo di opere
protette.
In base al suo statuto, la S.I.A.E. può esercitare altri compiti connessi con
la protezione elle opere dell’ingegno (art.181), come occuparsi del pubblico
registro cinematografico e di quello per il software e del deposito delle opere
inedite. Inoltre «l'ente può assumere per conto dello stato o di enti pubblici o
privati servizi di accertamento e di percezione di tasse, contributi, dirit-
MENEGON, Diego. L'intermediazione dei diritti d'autore: Perché il monopolio è costoso e inefficiente. In IBL Briefing Paper, Istituto Bruno Leoni, 19 luglio 2010.
333 Le modalità con cui la S.I.A.E. riscuote e ripartisce i proventi, al netto di una provvigione, fra gli aventi diritto sono regolate dall’art.181-ter.
332
164
ti» 334: un esempio in tal senso è l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta sugli spettacoli, attività realizzata per conto dell’erario.
Secondo quanto disposto dall’art.181-bis, la S.I.A.E. è tenuta ad apporre
un contrassegno (c.d. “bollino S.I.A.E.”), con caratteristiche tali da impedirne
il trasferimento, su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o
multimediali o sui supporti contenenti suoni, voci o immagini in movimento,
recante la fissazione di opere o di parti di opere protette, destinati a esser
commercializzati o ceduti in uso a fine di lucro.
Dal punto di vista tecnico, il bollino è un ologramma con particolari non
rilevabili a occhio nudo, quindi difficilmente riproducibile e rimovibile, in
quanto se rimosso diventa inutilizzabile. Esso deve presentare alcuni elementi fondamentali, fra cui il titolo dell'opera; il nome del produttore; il tipo di
supporto; il tipo di commercializzazione consentita; la numerazione generale
progressiva e la numerazione relativa a quell'opera. Sebbene la diffusione di
opere su supporti senza contrassegno, o con contrassegno contraffatto, sia
penalmente illecita (ex art.171-bis e 171-ter L.d.A.), la Corte di Giustizia europea 335 e la Corte di Cassazione 336 hanno ridimensionato l’importanza del
“bollino” nella lotta contro la pirateria, stabilendo che «non costituisce reato
la semplice assenza del contrassegno SIAE sui supporti contenenti opere
dell'ingegno». Essendo il contrassegno una regola tecnica, così come stabilito
dalla Corte di Giustizia, «questa regola, non essendo stata comunicata in via
amministrativa dallo Stato Italiano all'Unione Europea, non è rilevante penalmente nei confronti dei privati, che non appongono il contrassegno sui
supporti»337.
La SIAE, insieme all'AGCom, al fine di prevenire e accertare le violazioni
del diritto d'autore, vigila sull'attività di pubblico spettacolo anche per i controlli IVA, insieme all'Agenzia delle Entrate; sull'attività di riproduzione e
Art.181, comma 2, L.d.A.
Causa C-20/05 dell’8 novembre 2007.
336 Corte di Cassazione, III sez. pen., sentenze n.35562 del 24 giugno 2008 e n.27764
dell’8 luglio 2008.
337 S.I.A.E., L’abusiva riproduzione è sempre reato. Il bollino garanzia antipirateria.
Articolo del 18 aprile 2008, liberamente consultabile sul sito ufficiale della S.I.A.E. al seguente link: http://www.siae.it/edicola.asp?view=4&id_news=6622 (consultato il 22 maggio
2015).
334
335
165
duplicazione con qualsiasi procedimento e su qualsiasi supporto delle opere
tutelate, compresa qualsiasi diffusione radiotelevisiva; sulla proiezione nelle
sale cinematografiche delle opere tutelate e sui diritti connessi; sulla distribuzione, vendita, noleggio, emissione e utilizzazione in qualsiasi forma dei supporti contenenti riproduzioni di opere tutelate; sui centri di riproduzione
pubblici o privati che usano per proprio conto, o rendono disponibili a terzi,
apparecchi per fotocopia, xerocopia o analoghi sistemi.
La SIAE esercita per conto dei rispettivi detentori i diritti dell'autore, sia
morali che di utilizzazione economica. Il deposito non è obbligatorio, visto
che il diritto d’autore sussiste sin dalla creazione dell'opera e quindi possono
essere usati altri mezzi per la dimostrazione della titolarità dei diritti; l’unico
caso di obbligatorietà dell’iscrizione è previsto dall’art.180-bis L.d.A. per gli
enti che ritrasmettono opere via cavo; non è quindi compresa la radiodiffusione, sia essa fonica o televisiva.
Secondo l’art. 1, comma 1, della l. n. 27/2008, la S.I.A.E. promuove studi
e iniziative diretti a incentivare la creatività di giovani autori italiani e ad agevolare la fruizione pubblica a fini didattici ed educativi delle opere
dell’ingegno diffuse attraverso reti telematiche.
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei Ministri, è tenuto a esercitare attività di vigilanza
sulla S.I.A.E., anche approvandone con decreto lo statuto su proposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e di concerto con quello dell’Economia,
e propone al Presidente della Repubblica la nomina del Presidente dell’ente
associativo.
La S.I.A.E. non ha sempre avuto vita facile: nel 1882 è stata creata in
forma tipicamente associativa a opera di scrittori, musicisti, drammaturghi,
autori delle arti visive ed editori allo scopo di promuovere e salvaguardare la
tutela del diritto d'autore, ma da allora fino ai nostri giorni vi sono stati numerosi tentativi di abolizione, specialmente riguardo il regime di monopolio
legale nel quale opera. Un ridimensionamento effettivo, però, lo si è avuto solo nel febbraio 2014, quando la direttiva europea 2014/26/UE ha stabilito la
fine del monopolio SIAE. A seguito di ciò, in Italia vi è stato l'ingresso di un
nuovo competitore nell'ambito della gestione dei diritti riguardanti la musica:
166
la società inglese Soundreef 338. I giudici del tribunale di Milano si sono pronunciati nella sentenza d'appello del 15 ottobre 2014 a favore di Soundreef
dichiarando che «non sembra possibile affermare che la musica gestita da
Soundreef in Italia, in centri commerciali e simili, debba obbligatoriamente
essere affidata all'intermediazione della SIAE» 339.
Il 16 settembre 2014 viene lanciata una petizione online da Adriano Bonforti, fondatore della piattaforma Patamu 340, avente come obiettivo
l’abolizione del monopolio SIAE in Italia, per garantire agli artisti italiani la
scelta di un'alternativa, favorendo così una maggiore concorrenza in tale
campo.
2.2. L’AGCom
L’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, meglio nota con
l’acronimo AGCom, è un’Autorità Amministrativa Indipendente, istituita dalla legge n.485 del 1995 341, legge che si limita a regolare solo il settore
dell’energia elettrica e del gas, rimettendo la regolazione dell’AGCom al interventi normativi successivi (art.2 comma 4 legge citata), realizzatisi con la legge 31 luglio 1997 n.249. Questa Autorità ha preso il posto del Garante per la
radiodiffusione e l’editoria 342, contestualmente soppresso, ma la disciplina
BRIDDA, Edoardo. Soudreef e la fine del monopolio S.I.A.E. Articolo per il blog indipendente online sentireascoltare.com, pubblicato il 19 dicembre 2014. Liberamente consultabile al link: http://sentireascoltare.com/news/soundreef-fine-monopolio-siae/ (consultato
il 23 maggio 2015).
Si legge nell’articolo: «il famigerato monopolio della Società Italiana degli Autori ed Editori, presieduta da Gino Paoli, sarebbe di fatto già decaduto. La legge del 1941 che lo prevede
è stata, infatti, dichiarata superata dal Tribunale di Milano in quanto in Europa, vigendo
la libera circolazione di beni e servizi, non vi è nessun impedimento che vieti a un’impresa,
con sede all’estero, di occuparsi di diritto d’autore anche sul territorio italiano».
339 Tribunale di Milano, sentenza n.48903 del 12 settembre 2014.
340 Patamu è una piattaforma online che «ti aiuta a depositare e proteggere istantaneamente dal plagio le tue opere artistiche e creative attraverso marcature crittografate legalmente valide», come si legge nella descrizione del sito ufficiale, il cui accesso si ha dal link
https://www.patamu.com/index.php/it/.
341 “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità”.
342 Il Garante per la radiodiffusione e l’editoria era stato istituito con legge 5 agosto 1981
n.416, con ruolo limitato alla sola editoria; l’espansione delle funzioni anche al mercato radiotelevisivo si è avuto con la legge 6 agosto 1990, “Disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato” (c.d. “Legge Mammì”).
338
167
che l’AGCom viene chiamata ad applicare è parzialmente diversa da quella a
cui faceva riferimento il suo predecessore, grazie anche alle ulteriori competenze attribuitele dalla legge 18 agosto 2000 n.248, contenente “Nuove norme di tutela del diritto d’autore”; dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche 343 in relazione allo sviluppo del mercato interno, nella promozione della
concorrenza e degli interessi degli utenti all’interno della Comunità.
La nascita di tale Autorità è stata influenzata da due elementi fondamentali: la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, per cui gli Stati
membri erano tenuti a istituire le proprie ANR (Autorità nazionali di regolazione) e ad assicurare la liberalizzazione del mercato entro il 1998, e
l’applicazione di una sentenza della Corte Costituzionale 344 che di fatto imponeva al legislatore una revisione del pluralismo nel settore audiovisivo. Il legislatore decise di risolvere le questioni simultaneamente, istituendo
un’Autorità nazionale di regolazione che si occupasse sia del settore
dell’audiovisivo che delle telecomunicazioni.
I compiti riguardanti il settore radiotelevisivo dell’AGCom sono stati disciplinati dalla legge 3 maggio 2004 n.112 345, mentre la competenza a dirimere le situazioni di incompatibilità in cui si trovino i titolari di cariche di governo nei settori delle comunicazioni sonore e televisive le è attribuita dalla
legge 20 luglio 2004, n.115 346.
Trattandosi di un organo collegiale 347, essa è composta da un Presidente,
nominato con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro delle Comunicazioni previo parere delle
Commissioni Parlamentari competenti; il Consiglio, composto dal Presidente
Si tratta del D.Lgs. 1 agosto 2003, n.259, che recepisce in Italia le direttive
2002/19/CE (Direttiva accesso), 2002/20/CE (Direttiva autorizzazioni), 2002/21/CE (Direttiva Quadro) e la 2002/22/CE (Direttiva Servizio Universale), aventi compito di armonizzare
la disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica in tutti gli Stati dell’Unione.
344 Si tratta della sentenza della Corte Costituzionale n.420 del 7 dicembre 1994, diretta
a garantire un’equilibrata distribuzione delle risorse tecnologiche ed economiche.
345 “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAIRadiotelevisione italiana s.p.a., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico
della radiotelevisione”.
346 “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi”.
347 Che l’AGCom sia un organo collegiale è stato stabilito indirettamente dall’art.1, comma 7, della legge 481/1991, secondo il quale «ciascuna Autorità [di regolazione dei servizi di
pubblica utilità] è un organo collegiale».
343
168
e dai quattro commissari; le due Commissioni in cui si articola, ossia la
“Commissione per le infrastrutture e le reti” e la “Commissione per i servizi e
i prodotti”, la cui differenziazione nasce dall’esigenza di diversificare «la regolamentazione in modo simmetrico alla distinzione di funzioni verso la
quale si vuole orientare il mercato, favorendo la netta separazione fra gestori di reti e fornitori di prodotti e servizi di trasporto sulle stesse, con lo
scopo di eliminare i monopoli esistenti nel settore»348. Tutti i membri
dell’Autorità, per legge, devono avere alta e riconosciuta professionalità e
competenza nel settore specifico e, nel rispetto dell’indipendenza richiesta
all’Autorità, si devono astenere dall’esercizio diretto o indiretto di attività
professionali o di consulenza, oppure essere amministratori o dipendenti di
soggetti pubblici o privati o ricoprire altri uffici pubblici di qualunque natura.
Essi sono eletti dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati, due
commissari per ogni Camera, e vengono nominati con decreto del Presidente
della Repubblica. Ciascun senatore e ciascun deputato esprime il voto indicando due nominativi, uno per ogni commissione.
«L’autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e
di valutazione» (art.1 comma 1 legge n.249/1997). Questo articolo indica una
delle caratteristiche fondamentali di tale Autorità, cioè l’indipendenza dal potere politico del Governo pur dovendo, di norma, trasmettere relazioni in ordine all’attività svolta sia a questo che al Parlamento, rapporti che hanno mera funzione di coordinamento delle attività statali nel settore di competenza
dell’Autorità349. «Di conseguenza, le autorità non sono tenute ad adeguarsi
all’indirizzo politico espresso dalla maggioranza e adottano, in posizione di
relativa terzietà, decisioni simili a quelle degli organi giurisdizionali» 350.
LUCANTONI, Alessia. L’autorità garante per le comunicazioni (AGCOM): una regolatrice a tutto campo. In VALENTINI, Stelio (a cura di) Diritto e istituzioni della regolazione. Giuffrè Editore, Milano, 2005. Pag.169.
349 Una dottrina minoritaria ravvisa, però, in tale relazione l’esplicazione di un potere di
controllo nei confronti delle Autorità relativo all’attività nel suo complesso e ai risultati ottenuti. Un controllo maggiormente incisivo è riconosciuto dal Codice delle comunicazioni elettroniche, all’art.12 comma 3, a opera della Commissione Europea per evitare che l’Autorità
adotti provvedimenti in contrasto con gli obbiettivi delle direttive comunitarie di armonizzazione per le reti e i servizi di comunicazione elettronica.
350 CASETTA, Elio. Manuale di diritto amministrativo cit. pag.248.
348
169
L’indipendenza, inoltre, deve essere riferita anche agli interessi imprenditoriali. La ratio di tale scelta legislativa spiega la nomina parlamentare dei
membri dell’Autorità, sottratti così a qualsiasi influenza esercitabile dal potere politico, ed essa trova le sue fondamentale nelle competenze dell’AGCom
che si estendono al settore radiotelevisivo, nel quale vi è l’esigenza di garantire le più ampie condizioni di pluralismo sociale, politico ed economico 351,
senza che vi siano influenze governative.
Sulla posizione istituzionale dell’AGCom si è pronunciata anche la Corte
Costituzionale che ha precisato che l’Autorità «benché goda di una posizione
di particolare indipendenza all’interno dell’ordinamento, esercita attribuzioni disciplinate dalla legge ordinaria, prive […] di uno specifico rilievo costituzionale, quindi non idonee a fondare la competenza della medesima a
dichiarare definitivamente la volontà di uno dei poteri dello Stato»352.
Anche il Consiglio di Stato si è espresso sull’autonomia e indipendenza
dell’AGCom, stabilendo che tali caratteristiche sono state individuate dal legislatore per garantire la piena corrispondenza dell’operato dell’Autorità ai valori costituzionali di cui all’art.97 Cost. 353
Autorevole dottrina riconduce l’AGCom nell’alveo delle Autorità di regolazione, ossia quelle che hanno il compito di creare specifiche «regole di
comportamento suscettibili di evitare il pericolo che la ricerca del profitto
frustri finalità sociali e collettive». Questa regolazione deve garantire che la
competizione avvenga ad
armi pari,
avendo
anche funzione pro-
concorrenziale, impedendo che si creino delle posizioni restrittive della concorrenza e tutelando al meglio gli utenti o altri valori. Infatti l’Agcom ha il
compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e
di tutelare le libertà fondamentali dei cittadini coinvolte nell’esercizio delle
telecomunicazioni 354. Questo ruolo può essere ricoperto al meglio da un ente
che sia tendenzialmente svincolato dai condizionamenti politici e agente in
Tale compito è stato espressamente attribuito all’Autorità dalla legge 22 febbraio
2000, n. 28, “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”.
352 Corte Cost., ordinanza n.137 dell’11 maggio 2000.
353 Cons. Stato, sezione terza, 28 maggio 2012, n. 3136
354 CERULLI IRELLI, Vincenzo. Lineamenti di diritto amministrativo. IV ed. Giappichelli Editore, Torino, 2014. Pag.129.
351
170
posizione di terzietà, caratteristiche proprie delle Autorità Indipendenti. Nel
caso dell’AGCom, essa ha «il precipuo compito di regolare e controllare […]
un settore sensibile, proteggendo in particolare gli interessi degli utenti e disponendo di poteri di segnalazione, di fissazione di standard, criteri e parametri di riferimento, nonché poteri in tema di decisione dei reclami, di fissazione delle tariffe e così via». Questa tesi è basata su uno dei poteri fondamentali dell’Autorità, appunto il potere di regolazione, che le consente di emanare atti di natura regolamentare nei settori di sua competenza.
L’AGCom è definita anche un’Autorità convergente, in quanto la sua attività si estende ai settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo e
dell’editoria, attuando il fenomeno della c.d. “convergenza tecnologica”, che
attenua le differenze fra i diversi mezzi di comunicazioni, divenuti sempre più
interattivi: questi tre diversi settori, infatti, sono destinati a convergente nella
medesima piattaforma tecnologica. L’Autorità possiede una competenza
normativa orizzontale sull’intero settore delle comunicazioni, rappresentando
un’eccezione nel panorama internazionale.
Fra i poteri dell’Autorità rientrano poteri consultivi e propositivi, sia nei
confronti del Ministero delle Comunicazioni (dovendo dare parere sullo
schema del piano nazionale di ripartizione delle frequenze), ma anche nei
confronti
dell’Autorità
garante
della
concorrenza
e
del
mercato
nell’applicazione della normativa Antitrust nei confronti degli operatori del
settore delle telecomunicazioni, con la verifica di eventuali posizioni dominanti. Nei confronti del Governo, invece, l’AGCom segnala l’opportunità di
interventi, anche legislativi, in relazione alle innovazioni tecnologiche e nel
settore delle comunicazioni.
L’Autorità è chiamata a vigilare e controllare che vi sia il rispetto delle
norme legislative e regolamentari disciplinanti i soggetti operanti nel settore
delle telecomunicazioni, ai quali si ricollegato i poteri sanzionatori in materia
di inosservanza di limiti e divieti da parte degli operatori o di inottemperanza
agli obblighi di comportamento o informativi volti ad assicurare una conoscenza completa del settore.
Fra gli altri compiti dell’AGCom rientrano: l’attuazione della liberalizzazione nel settore delle telecomunicazioni, con attività di regolamentazione e
171
vigilanza e di risoluzione delle controversie; la razionalizzazione delle risorse
nel settore dell’audiovisivo; la gestione del Registro Unico degli Operatori di
Comunicazione; la vigilanza sulla qualità e sulle modalità di distribuzione dei
servizi e dei prodotti, compresa la pubblicità; la risoluzione delle controversie
extragiudiziarie tra operatori e utenti; la disciplina del servizio universale e
della predisposizione di norme a salvaguardia delle categorie disagiate.
Un ultimo compito dell’AGCom è riconosciuto direttamente dalla legge
n.70/2003 che, escludendo che gli ISP siano assoggettati a un obbligo generale di vigilanza sulle informazioni trasmesse o memorizzate sulla propria rete (art.17), prevede che l’autorità «amministrativa avente funzioni di vigilanza», al pari di quella giudiziaria, possa esigere che il prestatore di servizi
impedisca o ponga fine alle violazioni commesse; in virtù di tale disposizione,
l’AGCom è legittimata, impregiudicato l’intervento dell’autorità giudiziaria, a
intervenire, in un tempo ragionevole, nei riguardi dei gestori dei siti internet
sui quali dovessero essere ospitati contenuti digitali coperti da diritto
d’autore, senza l’autorizzazione del titolare.
2.3. Il comitato consultivo permanente per il diritto d’autore
Il Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore è disciplinato
dal Titolo VII della L.d.A. (gli artt.190 ss.); si tratta di un organo collegiale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che «provvede allo
studio delle materie attinenti al diritto di autore o ad esso connesse e da pareri sulle questioni relative quando ne sia richiesto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o quando sia prescritto da speciali disposizioni» (art.190,
comma 2). Esso inoltre esperisce il tentativo di conciliazione nel caso in cui
non si trovi un accordo fra i titolari dei diritti “economici”, che non intendano
rimuovere le misure tecnologiche di protezione apposte sugli esemplari
dell’opera stessa, e i soggetti che, avendo acquisito il possesso legittimo
dell’opera, intendano riprodurla eludendo tali misure tecnologiche, beneficiando del regime delle eccezioni loro garantito per legge.
Il Comitato è composto da un Presidente designato dal Presidente del
Consiglio dei ministri, nonché da altri membri individuati dalla legge
172
(art.191) in relazione alla loro professione a sostegno del diritto d’autore 355. I
membri del comitato sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri e durano in carica un quadriennio.
«Il comitato si riunisce in sessione ordinaria ogni anno alla data stabilita dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed in via straordinaria tutte le
volte che ne sarà richiesto dal presidente stesso» (art.192).
3. La nuova normativa italiana: il regolamento AGCom
680/13/CONS
In Italia, nel dicembre 2013, l’AGCom ha adottato, con delibera
n.680/13/CONS, il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore
sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n.70”, dopo un iter molto travagliato che ha
visto numerose consultazioni dei soggetti interessati, oltre all’intervento della
Commissione Europea.
Il Regolamento è stato strutturato in maniera tale da equilibrare i diversi
interessi, a volte anche in contrasto fra loro, che emergono nel nuovo contesto tecnologico globalizzato, caratterizzato da un’efficace distribuzione dei
servizi, moltiplicando il loro utilizzo da parte degli utenti finali. Questa diffusione, però, amplifica l’eventualità della violazione dei diritti, patrimoniali e
non, del soggetto titolare del diritto d’autore (come, ad esempio, la lesione
dell’equa remunerazione). Al tempo stesso, però, il diritto d’autore va contemperato con il diritto di qualsiasi soggetto ad accedere a tutto quanto sia
reso disponibile sulle reti di comunicazione elettroniche.
Tale necessità di bilanciamento di interessi è prevista nella Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo che, all’art. 27, riconosce ad ogni individuo il
«diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di
Alcuni esempi individuati dall’art.191: il Presidente della S.I.A.E., i Presidenti delle
confederazioni dei professionisti e artisti e degli industriali, tre rappresentanti per ciascuna
delle confederazioni particolarmente competenti in materia di diritto di autore, nonché di un
rappresentante della confederazione dei lavoratori dell'industria, designato dalla confederazione nazionale dei lavoratori dello spettacolo e tre esperti in materia di diritto di autore designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
355
173
godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici»
(I comma) e afferma il «diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli
sia autore» (II comma). 356
Lo schema del Regolamento è stato frutto di una lunga riflessione sul materiale acquisito durante il dibattito che ha visto coinvolte le Istituzioni, fra
cui Parlamento, Corte Costituzionale, Corte di Giustizia e Corte Europea dei
Diritti
Umani,
per
evitare
un
“attacco
alle
libertà
fondamentali
dell’individuo”, definizione data dagli oppositori di tale disciplina. In questo
provvedimento, l’AGCom ha dovuto contemperare la tutela del diritto
d’autore con gli altri diritti fondamentali della personalità, concentrandosi
sulle violazioni esercitate con finalità di lucro e assegnando un carattere prioritario alla lotta contro la pirateria massiva, escludendo dal proprio perimetro
di intervento sia gli utenti finali che il peer-to-peer.
Il Regolamento adottato si fonda sul «convincimento che la lotta
all’illegalità non possa limitarsi a una mera azione di contrasto attivabile ex
post, ma debba accompagnarsi a una serie di azioni intraprese ex ante rispetto alla commissione dell’illecito, e volte a promuovere l’uso consapevole
e conforme a legalità dei contenuti diffusi in rete» 357.
Non a caso l’art.2, nel definire quelle che sono le finalità e l’ambito di applicazione del Regolamento, stabilisce che «il presente regolamento disciplina le attività dell’Autorità in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti
di comunicazione elettronica. In particolare, il regolamento mira a promuovere lo sviluppo dell’offerta legale di opere digitali e l’educazione alla
corretta funzione delle stesse e reca le procedure volte all’accertamento e alla cessazione delle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, comunque realizzate, poste in essere sulle reti di comunicazione elettronica»
Cfr. SANTORO, Giorgio. Il Regolamento AGCom in materia di tutela del Diritto
d’autore sulle reti di comunicazione elettronica. Articolo per la rivista online dimt.it (Diritto
Mercato Tecnologia), del 19 giugno 2014. Reperibile al seguente link:
http://www.dimt.it/2014/07/29/il-regolamento-agcom-in-materia-di-tutela-del-dirittodautore-sulle-reti-di-comunicazione-elettronica-d-lgs-9-aprile-2003-n-70-3/ (consultato il
31 maggio 2015).
357 AVVISATI, Marana. Verso il regolamento sul copyright: un percorso accidentato.
Articolo pubblicato sulla rivista Osservatoriosullefonti.it, fasc. 3/2013. Pag.6.
356
174
(comma 1). Sulla base dell’art.2, quindi, si possono ricavare i tre assi portanti
del provvedimento: la promozione dell’educazione degli utenti alla fruizione
legale delle opere digitali (c.d. fase promotion); la massima diffusione
dell’offerta legale di opere digitali (fase dell’offerta legale); il procedimento di
rimozione forzata dei contenuti, per assicurare la piena tutela del diritto
d’autore (c.d. fase enforcement).
«Il Regolamento è il primo provvedimento che tenda ad introdurre una
normativa, dal punto di vista meramente amministrativo, della c.d. pirateria online e radiotelevisiva, ovvero la circolazione in rete messa di opere digitali in violazione del diritto d’autore dei titolari. Nel nostro ordinamento,
fino ad oggi, era stata adottata una politica di repressione del fenomeno basata sull’introduzione di fattispecie di natura penale (ad esempio, da ultimo
con il c.d. decreto Urbani) 358 oppure modificando le norme processuali sul
diritto d’autore con l’introduzione di strumenti cautelari nel processo civile
di fronte alle sezioni specializzate per la proprietà intellettuale del Tribunale» 359.
3.1. L’iter di approvazione del Regolamento
Nell’emanazione di questo Regolamento sono rimasti coinvolti numerosi
interessi, spesso antinomici. Compito dell’Autorità in questa situazione, – in
presenza di una norma primaria attributiva del potere “avara” di indicazioni
ex ante rispetto all’esercizio del potere regolamentare – è stato realizzare il
contemperamento dei diritti fondamentali, quali: libertà di espressione e manifestazione del pensiero, libertà di comunicazione, diritto alla privacy, accesso alla cultura e a internet, tutela della libertà di iniziativa economica e dei
diritti morali e patrimoniali di proprietà intellettuale. Questo ha condizionato
Decreto legge n.72 del 22 marzo 2004 “Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo, nonché a sostegno delle attività cinematografiche
e dello spettacolo”, convertito con modifiche con Legge n.128 del 21 maggio 2004 con cui sono state previste misure sanzionatorie mirate a rendere effettiva la tutela dei diritti d’autore,
che colpiscono penalmente la condotta di coloro che, per fini commerciali, scambiano file
protetti dal copyright, riservando la sola sanzione amministrativa a chi scarica i file per uso
personale.
359 SANTORO, Giorgio. Il Regolamento AGCom in materia di tutela cit.
358
175
l’iter di approvazione del Regolamento, risultando molto articolato e approfondito.
La questione della regolamentazione del diritto d’autore in rete è stata
oggetto di un’indagine conoscitiva pubblicata nel febbraio 2010 360; in seguito
l’Autorità, con la delibera 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, ha sottoposto
a consultazione pubblica un documento volto a definire uno schema di provvedimento concernente l’esercizio delle competenze dell’AGCom in tale settore. A questa ha fatto seguito una consultazione pubblica sullo schema di regolamento (delibera 398/11/CONS 361) del 6 luglio 2011 recante “Lineamenti di
provvedimento concernente l’esercizio delle competenze dell’Autorità
nell’attività di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica” con cui l’Autorità ha avviato una nuova consultazione in materia.
Se l’iter così descritto è già molto articolato, bisogna attendere ancora altri due anni prima dell’adozione del provvedimento definitivo a causa di due
situazioni particolari: nel 2012 vi è stato un avvicendamento nel Consiglio direttivo dell’Autorità e la materia ha dovuto essere analizzata anche dai nuovi
membri prima che potesse essere assunta una decisione definitiva; inoltre la
questione è stata oggetto di una procedura di notifica alla Commissione Europea 362.
L'esame della Commissione è stato incentrato sulla conformità e coerenza
dell'atto notificato con la Carta dei diritti fondamentali e con il diritto dell'UTale indagine è stata pubblicata il 12 febbraio 2010 sul sito dell’AGCom ed è ancora
liberamente consultabile all’indirizzo
http://www.agcom.it/documentazione/documento?p_p_auth=fLw7zRht&p_p_id=101_INS
TANCE_kidx9GUnIodu&p_p_lifecycle=0&p_p_col_id=column1&p_p_col_count=1&_101_INSTANCE_kidx9GUnIodu_struts_action=%2Fasset_publisher
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NCE_kidx9GUnIodu_type=document (consultato il 25 maggio 2015).
361 Reperibile al seguente link:
http://www.agcom.it/documentazione/documento?p_p_auth=fLw7zRht&p_p_id=101_INS
TANCE_kidx9GUnIodu&p_p_lifecycle=0&p_p_col_id=column1&p_p_col_count=1&_101_INSTANCE_kidx9GUnIodu_struts_action=%2Fasset_publisher
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NCE_kidx9GUnIodu_type=document (consultato il 25 maggio 2015).
362 Numero della notifica: 2013/496/I, ai sensi della Direttiva 98/34/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio, 22 giugno 1998 (cd. Direttiva Trasparenza), che prevede una procedura d'informazione alla Commissione nel settore delle norme e delle regolamentazioni
tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione.
360
176
nione europea. In tale ottica, è stato verificato se, in conformità alla direttiva
sull’e-commerce, le misure volte alla rimozione delle informazioni o la disabilitazione dell'accesso alle medesime fossero state effettuate nel rispetto del
principio della libertà di espressione. Le osservazioni della Commissione, di
carattere riservato, sono pervenute all'Autorità il 3 dicembre; l'AGCom ha
quindi adottato il provvedimento finale con delibera n. 680/13/CONS del 12
dicembre 2013, preceduto da una nuova consultazione pubblica sul nuovo
schema di regolamento (delibera n. 452/13/CONS 363).
A seguito dell’invio del testo finale, con nota del 28 gennaio 2014 la
Commissione ha informato l’AGCom di non avere ulteriori commenti e osservazioni. Dopo tale riscontro positivo, anche se l’intervento della Commissione
Europea ha portato all’adozione di una serie di correttivi, il semplice schema
si è trasformato in regolamento vero e proprio, entrando ufficialmente in vigore il 31 marzo 2014 (a norma dell’art.19 del Regolamento).
Fra le modifiche apportate al testo definitivo rispetto alla bozza iniziale,
di rilievo sono i correttivi apportati all’art.1, contenente le definizioni.
La lett.f), indicante il “prestatore di servizi” (e non più il “prestatore di
servizi della società dell’informazione” come nella precedente versione), precisa ora che l’attività di quest’ultimo è quella di mere conduit e hosting di cui
all’art. 14 e 16 del D.lgs. 70/2003. La definizione di “gestore della pagina
internet”, punto h), ora esclude dal proprio ambito l’attività degli ISP la cui
responsabilità è limitata dal decreto del 2003, precisando anche che l’attività
del gestore si svolge nell’«ambito di un sito internet» (e non più “sulla rete
internet”).
La definizione di “opera digitale” (punto p) include ora anche «i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore»; è stata modificata
la definizione del punto z) diventando “torrent” e sono state integrate o addirittura inserite ex novo le definizioni di “uploader” (lett.aa), “downloading”
Reperibile al seguente link:
http://www.agcom.it/documentazione/documento?p_p_auth=fLw7zRht&p_p_id=101_INS
TANCE_kidx9GUnIodu&p_p_lifecycle=0&p_p_col_id=column1&p_p_col_count=1&_101_INSTANCE_kidx9GUnIodu_struts_action=%2Fasset_publisher
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NCE_kidx9GUnIodu_type=document (consultata il 25 maggio 2015).
363
177
(lett.bb), “streaming” (lett.cc), “procedure di notice and take down” (lett.dd)
e “server” (lett.ee).
Numerose modifiche si sono avute anche in ambito procedurale:
l’eliminazione, fra le condizioni di procedibilità, dell’obbligo di espletare la
procedura pre-contenziosa della richiesta di rimozione al gestore della pagina
internet (prima prevista dall’art.6); l’aumento da tre a cinque giorni del termine concesso a prestatori di servizi, uploaders e gestori della pagina e del sito internet per sottoporre all’AGCOM controdeduzioni relative alla violazione
contestata; una riformulazione completa dell’art.8, concernente i provvedimenti a tutela del diritto d’autore.
Quanto alle disposizioni relative alla tutela del diritto d’autore sui servizi
di media (artt. 10 e ss. Regolamento), il nuovo testo definisce in maniera più
dettagliata le violazioni in relazione alla qualifica soggettiva di fornitore di
servizi media “lineari” e “non lineari” (assente nella disciplina dell’istanza
all’Autorità prevista dalla prima bozza del Regolamento) e accorcia da 10 a 7
giorni il termine entro il quale l’Autorità deve avviare i procedimenti per i
quali non dispone l’archiviazione. Notevole l’abbreviazione dei termini per
l’adozione dei provvedimenti, che scendono ora da 60 a 35 giorni.
Molte delle modifiche al testo del Regolamento derivano dai commenti
della Commissione Europea che, letta la prima bozza, aveva espresso i suoi
dubbi in merito all’estrema brevità dei termini di difesa e sulle definizioni di
“opera digitale”, “uploader” e “gestore del sito”, a suo dire poco chiare.
Così elaborato il regolamento dovrebbe essere idoneo a raggiungere un
giusto equilibrio degli interessi delle parti coinvolte (autori, produttori, distributori, consumatori, gestori dei siti internet, prestatori di servizi solo per
citarne alcuni), ma non tutti sembrano essere della stessa opinione visto che,
attualmente, il Regolamento è sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale 364.
364
Sul punto una trattazione esaustiva sarà data nel capitolo 6.2.
178
3.2. La competenza dell’AGCom a regolamentare in materia di
copyright
Fra le competenze dell’AGCom descritte nel precedente paragrafo manca
una norma specifica che autorizzi l’Autorità ad adottare provvedimenti o regolamenti in materia di diritto d’autore. Non a caso tale questione è stata dibattuta dalla dottrina, portando da ultimo a una questione di costituzionalità
sul Regolamento in esame proprio a causa dell’asserita mancata legittimità
nell’assumere tale provvedimento 365.
Autorevole dottrina 366 si è espressa a favore della non necessità di una
norma ad hoc che legittimi l’Autorità ad approvare regolamenti, in quanto la
funzione regolamentare si ricaverebbe implicitamente dal conferimento di
una competenza amministrativa in determinati settori; in realtà questa competenza non costituirebbe titolo sufficiente a giustificare il potere regolamentare, diverso e ben lontano dall’esercizio di funzioni amministrative. Anche la
teoria dei poteri impliciti 367, sostenuta da altra dottrina 368, consentirebbe di
dedurre da un conferimento tacito e generico tale competenza, non essendo
soddisfatto il principio di legalità formale richiesto per avvalorare tale tesi.
Vedi paragrafo 3.2. e 6.1.
La tesi, risalente agli inizi del secolo scorso, si deve a CAMMEO, Federico. Della manifestazione della volontà dello Stato nel campo del diritto amministrativo, in V. E. ORLANDO (a cura di), Primo trattato completo di diritto amministrativo, vol. III, Milano,
1901, 147 ss. Secondo tale dottrina, il potere regolamentare trovava il suo radicamento
nell’attribuzione di poteri discrezionali, che in tal modo venivano autoregolati.
367 La “teoria dei poteri impliciti” è stata inizialmente elaborata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti e poi accolta anche dalla Corte Internazionale di Giustizia e dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea. Secondo tale teoria un organo internazionale può utilizzare
tutti i mezzi a sua disposizione per raggiungere gli scopi previsti dal trattato istitutivo della
organizzazione stessa, anche quando tali mezzi non sono espressamente previsti nel testo del
trattato.
Definizione tratta da SIMONE, Dizionario giuridico, versione online. Consultabile al link:
http://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action=view&dizionario=11&id=1088, alla voce
“poteri impliciti” (consultato il 24 maggio 2015).
368 Ex multis: PANTALONE, Pasquale. Poteri impliciti delle Authorities e “torsioni” del
principio di legalità, in astridonline.it, 2012; MORBIDELLI, Giuseppe. Il principio di legalità e i c.d. poteri impliciti, in Dir. Amm., 2007, pagg.703-777; BRUTI LIBERATI, Edmondo.
Gli interventi diretti a limitare il potere di mercato degli operatori e il problema dei poteri
impliciti dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. In BRUTI LIBERATI, Edmondo - F.
DONATI (a cura di), Il nuovo diritto dell’energia tra regolazione e concorrenza, Torino,
2007, pagg.165-166.
365
366
179
L’errore di fondo sembra essere il voler ricavare una potestà normativa secondaria dalla potestà amministrativa, quando in realtà è quest’ultima che,
subordinata dalla prima, deve trarne il suo parametro di legittimità.
In realtà una soluzione al quesito la si è avuta nel 2010 quando, con
l’emanazione del D.Lgs. n.44/2010 (c.d. “Decreto Romani”), con il quale è
stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano la direttiva europea sui servizi di media audiovisivi (2007/65/CE), modificando il Testo unico sulla radiotelevisione del 2005, l’art.6 è intervenuto per modificare il Testo Unico richiamato, introducendovi l’art.32-bis. Tale disposizione ha attribuito
all’AGCom il compito di emanare le disposizioni regolamentari necessarie per
rendere effettiva l'osservanza dei limiti e dei divieti previsti dall’articolo 369
con riferimento ai servizi di media audiovisivi.
Parlando esclusivamente di «servizi di media audiovisivi 370», la norma
sembra restringere l’ambito di competenza dell’Autorità e quindi diversa dottrina 371 ha osservato come l’emanazione di un regolamento sul diritto
Art. 32-bis: Protezione dei diritti d'autore «1. Le disposizioni del presente testo unico
non sono in pregiudizio dei principi e dei diritti di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n.
68, recante attuazione della direttiva 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del
diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, e al decreto legislativo
16 marzo 2006, n. 140, recante attuazione della direttiva 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. I fornitori di servizi di media audiovisivi assicurano il pieno rispetto dei principi e dei diritti di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, indipendentemente dalla piattaforma utilizzata per la trasmissione di contenuti audiovisivi.
2. I fornitori di servizi di media audiovisivi operano nel rispetto dei diritti d'autore e dei
diritti connessi, ed in particolare: a) trasmettono le opere cinematografiche nel rispetto dei
termini temporali e delle condizioni concordate con i titolari dei diritti; b) si astengono dal
trasmettere o ri-trasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi
piattaforma e qualunque sia la tipologia di servizio offerto, programmi oggetto di diritti di
proprietà intellettuale di terzi, o parti di tali programmi, senza il consenso di titolari dei diritti, e salve le disposizioni in materia di brevi estratti di cronaca.
3. L'Autorità emana le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza dei limiti e divieti di cui al presente articolo».
370 Il decreto “Romani” ha definito il “servizio di media audiovisivi” come un servizio,
quale delineato dagli articoli 56 e 57 del TFUE, che è sotto la responsabilità editoriale di un
fornitore di servizi media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di
informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche, escludendo pertanto sia i siti internet privati che i servizi consistenti nella fornitura o
distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di
scambio nell’ambito di comunità di interesse.
371 Ex multis cfr. COZZOLINO, Gaia. La tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica: brevi note sullo schema di regolamento di cui alla delibera
369
180
d’autore “sulle reti di comunicazione elettronica” abbia oltrepassato i limiti
della delega conferitale dal decreto 44, visto che le caratteristiche dei servizi
di media audiovisivi non sono compatibili con quelle delle piattaforme online
destinate alla diffusione dei contenuti.
Secondo parte della dottrina 372 «l’Autorità ha esercitato la potestà normativa in materia di diritto d’autore sulla base di una interpretazione sistematica delle diverse disposizioni attributive di una sua specifica competenza nella materia de qua, ed in particolare dell’art.182 bis della legge
n.633 del 1941, il quale conferisce all’Autorità il potere di vigilanza su una
serie di attività».
Nonostante le numerose perplessità suscitate, l’art.32-bis appare comunque idoneo ad attribuire un potere regolamentare all’Autorità, ma il problema
seguente che sorge è l’individuazione dei limiti di tale potere, in quanto la
norma primaria che l’attribuisce, in aderenza al principio di legalità formale e
sostanziale, non dovrebbe limitarsi a «un mero conferimento del potere
normativo all’Autorità, dovendolo specificare in oggetto, soggetto, presupposti, limiti, nonché completare con una disciplina immediatamente conformativa del rapporto intersoggettivo. Esaurito il compito del legislatore,
la parola normativa passerà all’Autorità, che dovrà chiudere con regolazione di dettaglio il disegno già compiuto a livello primario»373.
Nel momento in cui viene tutelato il diritto d’autore, una qualsiasi disciplina predisposta in tal senso deve fare i conti con la presenza di altri valori,
costituzionalmente garantiti, che ne potrebbero risultare danneggiati: la libertà di manifestazione del pensiero, la privacy, il diritto di accesso a
internet, solo per fare alcuni esempi; questo comporta l’esercizio di numerose
libertà fondamentali, tutte coperte da riserva di legge. Sulla base di questo, si
è prospettato l’intervento del decisore politico, non sostituibile dal potere regolamentare di un’Autorità che, per sua stessa definizione, si pone al di fuori
n.398/11/CONS dell’Agcom. Articolo per Amministrazione in Cammino.it (consultato il 24
maggio 2015).
372 COZZOLINO, Gaia. Op cit.
373 DE MINICO, Giovanna. Diritto d’autore batte Costituzione 2 a 0. Del 22 luglio 2011
in costituzionalismo.it, consultabile al link: http://www.costituzionalismo.it/notizie/562/
(consultato il 24 maggio 2015).
181
dell’operato governativo; occorre, quindi, che vi sia una delega del legislatore
primario per la disciplina, la quale disponga i limiti e l’oggetto della regolazione e possa fungere da parametro di riferimento anche per l’eventuale sindacato giurisdizionale. In caso ciò non avvenga, i regolamenti dell’Autorità
non potrebbero più inquadrarsi fra fonti di diritto secondario, ma assumerebbero forza di legge, andando a incidere sull’esercizio di libertà e interessi
costituzionalmente protetti: il che determinerebbe un vulnus al presidio delle
garanzie costituzionalmente imposte in materia di diritti fondamentali.
Altra dottrina, però, si è basata su una concezione più attenuata del principio di legalità per ritenere che i soli obiettivi fissati dalla legge istitutiva
dell’Autorità, ossia il carattere neutrale e indipendente dell’organo, siano sufficienti a fondare un potere regolamentare anche in assenza di una attribuzione specifica a opera della fonte primaria. Aderente a questa interpretazione dottrinale è il Consiglio di Stato 374 che, riferendosi alla disciplina degli interventi di emergenza dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas – anch’essa
considerata una “Autorità di regolazione” 375 – ha ritenuto che il fondamento
della potestà normativa in materia si avesse nel «generale potere
dell’Autorità di dettare prescrizioni atte a garantire la sicurezza degli impianti». Nello specifico, nell’emanazione delle direttive che rientrano nella
sua potestà regolatrice, l’Autorità non può e non deve limitarsi ad adottare
comportamenti già individuati dal legislatore «perché così si finirebbe per
rendere evanescente quella funzione di “regolazione e controllo”, affidata ad
essa per il settore di competenza, che costituisce lo scopo primario della sua
istituzione» 376. In tal modo il Consiglio di Stato ha ritenuto che le previsioni
di cui all’art. 2, commi 5 e 12, legge 14 novembre 1995, n. 481, ai sensi delle
quali «le Autorità sono preposte alla regolazione e al controllo del settore di
propria competenza ed emanano le direttive concernenti la produzione e
l’erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i servizi medesimi»,
bastassero a fondare il legittimo esercizio del potere regolamentare
Cons. Stato Sez. VI, 29 maggio 2002, n. 2987, in Giornale Dir. Amm., 2002, 8,
pagg.881 ss.
375 CASETTA, Elio. Manuale di diritto amministrativo cit.
376 COZZOLINO, Gaia. La tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica cit. Pag.7.
374
182
dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas in materia di sicurezza degli impianti, pur in assenza di una legge espressamente attributiva della potestà regolamentare in detta materia.
Il potere regolatorio va anche confrontato con le previsioni dell’art.21
Cost. in materia di libertà di manifestazione del pensiero che, ponendo una
riserva di legge assoluta, esclude l’esercizio di un potere regolamentare, a
meno che non si tratti di regolamenti di esecuzione 377 che possono essere
emanati solo nell’ambito di ristretti limiti 378. L’art.21, ponendo una riserva di
giurisdizione in materia di libertà di manifestazione pensiero, comporta che
una sua limitazione debba essere sempre autorizzata dall’Autorità giudiziaria,
salvo espressa deroga di legge. Conseguenza immediata di questo è la legittimità del doppio binario inteso come espressione di un potere alternativo a
quello della giurisdizione ordinaria, ma sempre nei limiti della Costituzione e
della legge.
Poiché un richiamo espresso al potere giudiziario dell’Autorità c’è nel
d.lgs. n.70/2003, l’Autorità appare legittimata da esso ad agire prontamente
per ordinare che venga impedito l’accesso a singoli e selezionati contenuti illeciti presenti in rete, ma non anche a svolgere interenti più incisivi, anche se
vi sono reiterate violazioni da parte dei gestori dei siti 379.
Da tali considerazioni emerge come lo schema di regolamento in materia
di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica risponda
ai requisiti necessari per un legittimo esercizio dei poteri regolamentari da
I regolamenti di esecuzione delle leggi o dei decreti legislativi sono emanati per rendere più concreto il contenuto di una legge o di un decreto legislativo tutte le volte che questi,
per il loro carattere di generalità e astrattezza o per la loro particolare formulazione tecnica,
abbisognino, per la loro migliore applicazione ai casi concreti, di norme di dettaglio, integrative o esplicative.
Definizione tratta da MARTINES, Temistocle. Diritto costituzionale. XII ed. Giuffré Editore, Milano, 2011.
378 Cfr. Corte Cost., sent. 28 novembre 1968 n.120: la libertà di manifestazione del pensiero non può trovare limitazioni se non nelle disposizioni legislative dirette alla tutela di altri beni e interessi fatti oggetto di protezione costituzionale.
379 Cfr. GAMBINO, Alberto Maria. La rimessione alla Corte della questione di legittimità costituzionale in materia di diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica. Articolo per la rivista federalismi.it del 24 novembre 2014, n.3/2014, consultabile al link:
http://www.dimt.it/wpcontent/uploads/2014/12/federalismi.it_intervento_prof_gambino_ottobre_2014.pdf (consultato il 2 giugno 2015).
377
183
parte dell’AGCom, trovando il proprio fondamento nel contesto delle diverse
disposizioni legislative statali, nonché in specifiche disposizioni comunitarie,
attributive di una generale competenza all’Autorità in materia di diritto
d’autore.
In conclusione, l’AGCom ha rinvenuto il fondamento del suo potere regolamentare in materia di diritto d’autore online dall’interpretazione di diverse
norme: a) l’articolo 182 bis della legge 633 del 1941 (legge sul diritto
d’autore); b) il d.lgs. sul commercio elettronico per i soggetti intermediari destinatari di ordini del potere giudiziario e dell’autorità; c) sulle attribuzioni di
potere regolamentare da parte del decreto n.44/2010; d) nella competenza in
materia di comunicazioni elettroniche genericamente attribuite dal Codice; e)
nel disposto dell’art.2 comma 5 legge n.481 del 1995, sulla scorta di quanto
stabilito dal Consiglio di Stato.
Forte della piena legittimazione all’esercizio del potere regolamentare così delineata, di vigilanza e sanzione con riguardo alla tutela del diritto
d’autore dei contenuti diffusi sui nuovi media, l’Autorità nel luglio 2013 ha
approvato il regolamento definitivo, “in materia di tutela del diritto d’autore
sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” di cui si tratta.
4. Misure per favorire lo sviluppo e la tutela delle opere digitali
Uno dei pilastri fondamentali sui quali si basa l’operato dell’Autorità è
l’attività di dissuasione degli utenti dal commettere violazioni del diritto
d’autore. A questo, infatti, è dedicato il secondo capo del Regolamento, rubricato “Misure per favorire lo sviluppo e la tutela delle opere digitali” che,
nell’art.3 contenente i principi generali su cui si basa tale fase di promotion,
elenca i pilastri di questa attività: «l’educazione degli utenti alla legalità nella fruizione delle opere digitali» specialmente dei più giovani, «la massima
diffusione dell’offerta legale di opere digitali» attraverso l’incoraggiamento
dello sviluppo di offerte commerciali e favorendo l’accesso e la conoscenza
dei servizi che offrono legalmente tali opere, «l’elaborazione di codici di con-
184
dotta da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione» che
possano cooperare nella tutela del diritto d’autore.
Questa attività si basa su un dato di fatto: «laddove cresce l’offerta legale, la pirateria arretra» 380. Nella letteratura economica è stato dimostrato
che l’avvento delle offerte legali online 381, con una diminuzione dei prezzi, ha
portato molti consumatori ad acquistare le opere legali, spiazzando in parte
l’offerta illegale. Studi americani hanno dimostrato come una diminuzione
del tempo trascorso fra l’uscita di un film al cinema e la sua vendita legale
comporterebbe un aumento dei ricavi dell’8% per la conseguente riduzione
della pirateria 382.
Sulla base di questo assunto, deve essere realizzata anche un’opportuna
attività di persuasione in via preliminare, destinata «a prevenire l’evento temuto tramite l'indicazione di modelli di condotta rivolti alla generalità dei
destinatari, la cui bontà intrinseca appare sorretta dall'autorevolezza
dell'organismo ad alta expertise tecnica» 383.
L'Autorità nel nuovo regolamento si impegna ad adottare misure positive, cioè non a carattere inibitorio e sanzionatorio, ma volte a educare e suggerire le condotte più idonee a creare un ambiente favorevole allo sviluppo e
fruizione di opere digitali legali, tali da disincentivare ab origine l’evento temuto.
MARTUSCIELLO, Antonio. Il ruolo dell’AGCOM: la tutela della proprietà intellettuale e lo sviluppo dell’offerta legale. Convegno Web e legalità. Il futuro del diritto d’autore
organizzato da OWL (Osservatorio Web e Legalità) presso la Luiss Guido Carli, del 10 aprile
2014.
381 Per esempio lo studio svolto dalla Kantar Media per conto dell’OFCM ha rilevato che,
secondo i trasgressori, un miglioramento dell’offerta online comporterebbe una diminuzione
dell’attività di pirateria; le motivazioni che porterebbero gli utenti a non scaricare: la disponibilità dei servizi legali meno costosi (30%); una maggiore chiarezza circa la legalità o
l’illegalità di un dato contenuto (25%); la disponibilità online dei contenuti legali (24%).
KANTAR MEDIA, Online copyright infringement tracker benchmark study Q3 2012, novembre 2012, pag.81.
382 DANAHER, B. WALDFOGEL, J. Reel piracy: the effect of online movie piracy on
Film box office sales, 2012. Consultabile al seguente link:
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1986299 (consultato il 25 maggio
2015).
383 AVVISATI, Marana. Diritto d’autore in rete e Costituzione: concerto tra le fonti? articolo per Osservatoriosullefonti.it, fasc.3/2014. Pag.5
380
185
Per realizzare questo obiettivo, il primo passo è stato la realizzazione di
uno spot, diffuso gratuitamente sulle reti televisive nazionali, il cui claim è
stato “Informati, divertiti e condividi esperienze con opere digitali legali:
permetterai alla cultura di continuare a fiorire”.
Fra le altre iniziative volte a implementare l’offerta legale, l’AGCom sta
lavorando alla realizzazione, sul proprio sito, di un portale contenente tutti gli
indirizzi utili dove reperire legalmente materiale tutelato dal diritto d’autore,
con meccanismi di indicizzazione che non alterino il meccanismo concorrenziale 384.
Al fine di individuare e rendere concretamente operative tali misure, il
Regolamento ha istituito un apposito Comitato avente compito di monitorare
l'applicazione del regolamento, nonché di formulare ipotesi di modifica volte
ad adeguarlo all'evoluzione dei mercati e a quella della tecnologia; promuovere forme di regolamentazione; individuare le linee portanti della promozione
dell'offerta legale.
4.1. Il Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di
opere digitali
Fin dalla delibera n.668/10/CONS, la prima sul tema del diritto d’autore
online che individuava i “lineamenti di provvedimento”, l’Autorità aveva espresso la volontà di istituire un organismo che coinvolgesse tutti i soggetti
interessati, avente il compito di approfondire le problematiche applicative
per un’efficace azione nel campo del diritto d’autore. Tale organismo era stato
nominato semplicemente “Tavolo tecnico” e la successiva delibera, la n.398
del 2011 concernente un primo schema di regolamento, presentava due articoli che ne disciplinavano compiti e modalità di funzionamento, gli artt.4 e 5.
Nella versione definitiva del regolamento, però, il “Tavolo tecnico” è stato sostituito da un “Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere
digitali”, disciplinato dal solo art.4.
Un’indicizzazione in ordine alfabetico ha il grave difetto di portare gli utenti a cliccare più facilmente sui primi risultati, per questo i membri dell’AGCom stanno lavorando a un
meccanismo che non comporti tale effetto discorsivo (per esempio l’utilizzo di criteri di indicizzazione casuali rotatori).
384
186
Questa evoluzione segna un ridimensionamento del ruolo assunto da tale
organismo: se il Tavolo tecnico aveva il compito di elaborare misure che riguardassero anche l’adeguamento delle condizioni contrattuali dei fornitori
di servizi nelle procedure di notice and take down e l’individuazione di criteri
e procedure per l’adozione di accordi collettivi di licenza, oggi il Comitato non
ha più tali funzioni.
Il primo comma dell’art.4 disciplina la composizione del Comitato, presieduto dal Segretario generale dell’Autorità (o da un suo delegato), con
membri personalità individuate dalla legge che partecipano alle riunioni. Tre
categorie di soggetti devono essere presenti: «un rappresentante per ciascuna delle principali associazioni di settore» di categorie determinate (fra cui
alcuni esempi: i consumatori, gli autori ed editori, i provider); «un rappresentante per ciascuno dei seguenti organismi»: S.I.A.E., il Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore, il Comitato tecnico contro la pirateria
digitale e multimediale, il Comitato per l’applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, la Polizia Postale, il Nucleo speciale per la radiodiffusione e l’editoria della Guardia di Finanza; «rappresentanti
dell’Autorità».
La composizione riflette chiaramente l’intento dell’AGCom di ottenere un
perfetto bilanciamento degli interessi in gioco, cercando di ottenere la massima rappresentazione di tutte le categorie coinvolte. Di rilievo è la necessaria
presenza dei rappresentanti dei consumatori, componente che non è richiesta
in nessun altro organismo statale deputato a svolgere funzioni in materia autoriale. Essi, infatti, devono poter giocare un ruolo centrale nella discussione
dei problemi e nella formulazione di soluzioni che riguardino la fruizione delle opere digitali. Gli organismi rappresentanti, invece, sono tutti quelli pubblici che esercitano la propria attività e le proprie funzioni in materia del diritto d’autore, svolgenti sia attività consultiva – compiti dei due Comitati richiamati – che attività di controllo nell’applicazione della normativa autorale.
Si tratta di una norma molto vaga: manca l’indicazione di un numero
preciso di membri, nonché la durata del loro incarico e in generale sullo stesso funzionamento, colpa dell’eliminazione dell’art.5 che nella delibera
398/11/CONS disciplinava tali aspetti del Tavolo Tecnico. Sul punto sarà
187
compito dell’AGCom adottare un’apposita delibera che supplisca a tali mancanze.
Il Comitato si pone come soggetto di “mediazione” tra le diverse categorie
interessate dalla disciplina del diritto d’autore. Infatti, a norma del secondo
comma, suo compito è quello di incoraggiare «il raggiungimento di intese
tra le categorie di cui al comma 1, lettera a)», quindi tra i consumatori e gli
operatori del settore. Questa mediazione si esplica con riferimento a due temi
specifici: «a) la semplificazione della filiera di distribuzione di opere digitali
al fine di favorire l’accesso alle stesse, anche attraverso strumenti quali le
finestre di distribuzione e gli accordi di licenza sviluppati ad hoc per la diffusione di opere digitali, ferma restando la libera negoziazione tra le parti»
e «b) l’adozione di codici di condotta da parte dei prestatori di servizi della
società dell’informazione, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del Decreto, anche con riferimento a strumenti di contrasto, elaborati in collaborazione con i prestatori di servizi di pagamento, fondati sull’analisi delle transazioni economiche e dei modelli di business connessi all’offerta di contenuti
in violazione del diritto d’autore (c.d. follow the money)».
Attraverso la semplificazione della filiera, il Comitato vuole favorire
l’accesso alle opere digitali e lo sviluppo della loro offerta legale, mentre con
l’adozione di codici di condotta si vuole contrastare la pirateria digitale. Questi sono i mezzi individuati come più idonei al raggiungimento della massima
promozione e tutela dell’offerta legale delle opere digitali, ma viene lasciata
«all’iniziativa delle singole parti interessate il compito di elaborare, sviluppare ed implementare tali intese/accordi nel pieno della propria autonomia
negoziale» 385. Il Comitato vuole quindi semplicemente incoraggiare le intese,
ma il loro contenuto concreto è rimesso all’azione delle parti, non esercitando
nessun potere di intervento diretto.
Questo ruolo neutrale segna, in realtà, un ripensamento rispetto a quanto
era stato inizialmente previsto: la delibera 398/11/CONS prevedeva che il Tavolo tecnico intervenisse in modo incisivo nell’elaborazione dei codici e delle
licenze, influenzando anche il loro contenuto. La formulazione attuale è stata
PAMPANIN, Vittorio. Il comitato AGCom per le opera digitali. In Diritto d'Autore
(Il), fasc. 2, 2014, pag. 309.
385
188
voluta in ottemperanza alla natura dei codici di condotta, frutto di autoregolamentazione, e quindi gli interventi diretti su di essi esulano dal perimetro di
competenza dell’Autorità. Alcune voci 386 hanno mostrato il destro di questa
formulazione, in quanto la conclusione di accordi volontari di licenza fra gli
operatori, così come l’adozione di codici di condotta autoregolamentati, «se
non supportata e riconosciuta da una apposita normativa, rischia di non
essere particolarmente efficace e di non riuscire pertanto a soddisfare le esigenze sottese a tale tipo di strumento»387.
Dalla lettura della norma, quindi, traspare il reale ruolo del Comitato, ossia non incoraggiare l’elaborazione e l’implementazione di codici e licenze,
quanto svolgere in via preliminare le riflessioni e gli approfondimenti necessari per orientare in tale direzione i futuri interventi di riordino della normativa.
Il comma 3, nel terminare la descrizione dei compiti e delle attività istituzionali del Comitato, utilizza una terminologia diversa rispetto al comma 2,
lasciando intravedere un diverso approccio alle tematiche affrontate. Infatti il
Comitato, anche collaborando con altri soggetti pubblici e privati, cura «a) la
promozione di misure di educazione alla legalità nella fruizione di opere digitali, anche attraverso l’adozione di procedure di reindirizzamento automatico ad apposite pagine internet a ciò dedicate; b) la predisposizione di
misure volte a sostenere lo sviluppo delle opere digitali, a rimuovere le barriere esistenti e a promuovere iniziative commerciali di ampia fruibilità; c)
il monitoraggio dello sviluppo dell’offerta legale di opere digitali; d) il monitoraggio dell’applicazione del presente regolamento, anche con riferimento
alle modalità di esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità; e) la formulazione di ipotesi di adeguamento del presente regolamento in relazione
all’innovazione tecnologica e all’evoluzione dei mercati». Nell’adempimento
di questi compiti, infatti, il Comitato si mostra quale parte attiva e non come
PAMPANIN, Vittorio. Op. Cit.
A sostegno di tale tesi, si cita il caso del Codice di autoregolamentazione media e minori, divenuto realmente efficace solo dopo aver ricevuto un riconoscimento normativo con
la legge 3 maggio 2004, n.112, trasfusa nel Testo Unico di cui al D.Lgs. 177/05.
386
387
189
soggetto terzo che aiuta nella realizzazione di iniziative intraprese da soggetti
privati.
La lettera a) individua uno strumento di contrasto preventivo alla diffusione illecita delle opere, ossia la promozione dell’educazione alla legalità nella fruizione delle stesse; l’educazione si affianca agli strumenti di repressione,
qualificandosi
quale
elemento
necessario
e
complementare
a
essi:
l’educazione deve sia contenere l’espansione della pirateria informatica, invitando gli utenti a non incorrere anche involontariamente in violazioni del diritto d’autore, ma anche rafforzare i canali di diffusione legale delle opere digitali, presentandoli agli utenti che ne diventano così consapevoli.
La lettera b), individuando il compito del Comitato di rimuovere le barriere esistenti, si riferisce sia alle barriere di carattere normativo che a quelle
di natura tecnica; il primo caso è una limitazione dovuta all’attuale normativa
a tutela del diritto d’autore, per esempio il regime delle esclusive che condizionano e limitano la facile accessibilità e fruibilità delle opere d’autore; gli
ostacoli tecnologici, invece, si riferiscono alla totale interoperabilità delle
piattaforme di supporto e distribuzione dei prodotti coperti da diritto
d’autore 388. In entrambi i casi il Comitato è sprovvisto di un concreto potere
di intervento, in quanto gli ostacoli normativi non possono essere da lui superati perché non è un organo legislativo, in grado di creare atti aventi forza di
legge; nel secondo caso, invece, non ha alcuna forma di regolazione capace di
influenzare lo sviluppo tecnologico del mercato in una o in un’altra direzione.
Per l’adozione di misure volte a promuovere iniziative commerciali che
garantiscano una maggiore fruibilità delle opere, i margini di manovra del
comitato sembrano essere maggiori: l’AGCom, infatti, aveva già manifestato
la propria disponibilità a creare sul suo sito uno spazio per elencare i siti web
attraverso cui poter usufruire legalmente di contenuti protetti.
Nel corso della seconda riunione del Comitato, tenutasi il 19 giugno 2014
presso la sede romana dell’AGCom, è stata approvata la sua suddivisione in
388 Un esempio è dato dalla pratica dei walled garden, c.d. giardini murati, che indica la
tendenza degli operatori ad adottare formati tecnologici distinti l’uno dall’altro in modo da
rendere più difficile l’accesso alle opere digitali.
190
tre sezioni tematiche: Educazione alla legalità e Codici di autoregolamentazione, Promozione dell’offerta legale e Monitoraggio del Regolamento 389.
In conclusione, l’azione del Comitato non sembra essere tale da poter incidere concretamente nella difesa del diritto d’autore e di questo era già consapevole l’Autorità che, in occasione della delibera n.680/13/CONS, ha sottolineato come fosse «opportuno ribadire che rispetto all’obiettivo di incoraggiare la rimozione delle barriere esistenti alla fruizione delle opere legali, al
fine di agevolare la disponibilità di opere digitali su diverse piattaforme e di
promuovere iniziative commerciali dei ampia fruibilità, gli interventi non
potranno evidentemente incidere né sulla libera libertà negoziale delle parti,
né sulle loro dinamiche concorrenziali» 390. L’attività del Comitato, quindi,
finisce per essere una semplice moral suasion.
Alla luce di quanto descritto, il Comitato sembra configurarsi come un
comitato di rappresentanti degli interessi, un «collegio avente lo scopo di garantire la consultazione degli interessi socio-economici e di instaurare un
dialogo sociale nelle materie in cui l’amministrazione di riferimento è chiamata a intervenire» 391.
5. La fase di enforcement
In merito alla fase di enforcement, l’Autorità si concentra sulle violazioni
esercitate con finalità di lucro, con priorità data a quelle massive; sono, pertanto, formalmente esclusi dal perimetro d’intervento gli utenti finali (downloaders) e il peer-to-peer (art.2 comma 3). Gli interventi sono azionabili
sempre su segnalazione, mai d’ufficio, in coerenza con la natura di diritto
soggettivo disponibile propria del bene protetto.
GAMBINO, Alberto Maria. Diritto d’autore, il Comitato per lo sviluppo e la tutela
dell’offerta legale di opere digitali entra nel vivo dei lavori. Articolo del 20 giugno 2014 per
la rivista elettronica dimt.it (Diritto, Mercato, Tecnologia), consultabile al seguente link:
http://www.dimt.it/2014/06/20/diritto-dautore-il-comitato-agcom-per-lo-sviluppo-e-latutela-dellofferta-legale-di-opere-digitali-nel-vivo-dei-lavori/ (consultato il 25 maggio 2015).
390 Delibera 680/13/CONS, punto 142, pag.45.
391 PAMPANIN, Vincenzo. Il comitato AGCom per le opere digitali cit. Pag.319
389
191
Tali procedure, infatti, sono ispirate all’intento di coniugare efficienza e
garanzia 392: velocità della risposta all’illecito, soprattutto quando vi sono gravi violazioni, ed efficacia delle misure repressive; rispetto dei diritti procedimentali e contraddittorio, garantendo le libertà fondamentali e il diritto di
tutti i soggetti interessati di far valere le proprie ragioni.
Il Regolamento prevede due tipologie distinte di procedimento, la prima
disciplinata nel Capo III (artt.5 – 9) che riguarda le violazioni del diritto
d’autore online, la seconda trattata nel Capo IV (artt.10 – 14) azionabile in
caso di violazioni del diritto d’autore sui servizi di media. In questo lavoro solo la prima procedura è stata oggetto di trattazione.
5.1. La procedura di “notice and take down”
L’art.5 del Regolamento prevede una clausola di salvaguardia a favore
delle procedure autoregolamentate di notice and take down. Si tratta di
«procedure finalizzate alla rimozione di contenuti illeciti dalle reti di comunicazione elettronica» (art.2 lett. dd) del Regolamento).
L’attuale formulazione dell’articolo diverge nettamente rispetto al primo
schema del Regolamento che, all’art.6, disciplinava dettagliatamente tale
procedura, considerandola una condizione pregiudiziale per chiedere
l’intervento dell’Autorità; a seguito delle segnalazioni della Commissione Europea, che ha chiesto delucidazioni in ordine alla configurazione della segnalazione al gestore della pagina internet come pre-condizione per poter adire
l’Autorità 393, quest’obbligo è stato eliminato, sancendo semplicemente che
l’Autorità interviene su istanza di parte.
Il notice and take-down trae origine dal DMCA americano che, al § 512,
descrive un’articolata procedura di notifica e ritiro dei materiali che si presumono violare i diritti d’autore. Nello schema di Regolamento, il notice and
take down prevedeva una richiesta di rimozione (notice) del contenuto che si
supponeva illecito, rivolta da un soggetto legittimato (anche attraverso orgaCfr. STAZI, Andrea. La tutela del diritto d’autore in rete: bilanciamento degli interessi, opzioni regolatorie europee e “modello italiano”. In Dir.inf. anno XXI n.1, 2015.
Pag.103.
393 Così si legge nella Delibera n.680/13/CONS, punto 149, pag.46.
392
192
nismi associativi) al gestore del sito su cui lo stesso era disponibile, oppure al
fornitore del servizio di media audiovisivo o radiofonico che lo avesse messo a
disposizione del pubblico. In caso di contenuto caricato sul sito da terzi, la richiesta veniva comunicata all’uploader che aveva facoltà di presentare le
proprie controdeduzioni. Il gestore del sito, ricevuta la segnalazione, doveva
procedere alla rimozione del contenuto segnalato (take down). Trascorsi
quattro giorni dalla richiesta senza la rimozione del contenuto, il soggetto segnalante poteva trasmettere la richiesta all’AGCom, fatto salvo il diritto di potersi in ogni caso rivolgere all’Autorità giudiziaria.
Nel caso di contenuto caricato da terzi, l’uploader, ritenendo la rimozione
ingiustificata, poteva presentare una contro-notifica (counter-notice) o una
opposizione alla rimozione selettiva del contenuto (a norma dell’art.7
dell’allegato A della delibera n.398). A tal punto l’ISP poteva ripristinare il
contenuto in questione entro quattro giorni, con possibilità di poter investire
della questione l’AGCom nei successivi sette giorni, possibilità riconosciuta
anche in caso di mancato ripristino.
Questa procedura aveva due vantaggi innegabili: la possibilità di rivolgersi direttamente al gestore del sito o al fornitore del servizio e la facilità di esercizio di tale funzione, attraverso modelli forniti direttamente dall’Autorità
sul proprio sito 394.
Alla base del cambiamento dell’AGCom in merito a tale procedura non vi
sono solo le considerazioni della Commissione Europea, ma anche un ripensamento di tutta la procedura, oggi non più finalizzata al notice and take
down, bensì al notice and action.
Autorevole dottrina ritiene che il notice and action sia la procedura da
applicare in caso di immissione di contenuti illegali online, e che, a seguito
della notifica da parte di un soggetto terzo al provider della presenza del contenuto presunto illecito sui suoi server, usualmente termina con una azione
Cfr. TERRACCIANO, Bianca. Il diritto d’autore online: quale regolamentazione? Articolo del 30 novembre 2011 per Amministrazione in cammino. Reperibile al link:
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/wpcontent/uploads/2011/11/Terracciano_dirittoautore_on_line.pdf (consultato il 27 maggio
2015).
394
193
tesa a disabilitare l'accesso al contenuto, o addirittura a rimuoverlo del tutto 395.
Secondo la Commissione Europea, tale procedura trova supporto
nell’art.14 della Direttiva e-commerce (corrispondente all’art.16 del D.Lgs.
n.70/2003) ed è, quindi, da tale norma legittimata. Esperti del settore 396, però, ritengono che questa legittimazione sia un tentativo a posteriori. È stato
evidenziato come la Direttiva del 2000 sia frutto di un compromesso politico
tra gli stakeholders appartenenti all’Industria, che volevano una forma di notice and take down, e gli ISP che vi si opponevano strenuamente; la soluzione
finale è ricaduta su codici di condotta su base volontaristica, lasciando alle
parti la libera scelta di aderirvi 397. L’art.14, inoltre, non prevede una procedura con conseguenze giuridiche che consenta ai titolari di interessi protetti dal
diritto d’autore di inviare notifiche, anche perché negli ordinamenti giuridici
le conseguenze giuridiche sorgono solo a seguito di comunicazioni da parte di
soggetti qualificati, quali le autorità giudiziarie o amministrative, ove previste. La notice di un privato, infatti, non comporta alcuna consapevolezza
dell’illiceità del contenuto, ma occorre che sia un organo a ciò deputato a dichiarare l'illiceità del contenuto stesso,oppure a richiederne la rimozione. In
Europa, a differenza degli Stati Uniti, non esiste alcun obbligo giuridico di
rimozione a seguito di comunicazioni di un privato, ma solo un obbligo di collaborazione sotto forma di informazioni da rendere all'autorità giudiziaria.
Negli ordinamenti europei, oggi ogni Paese può adottare la soluzione che
preferisce e la prassi si sta consolidando su una valutazione caso per caso, con
Cfr. SAETTA, Bruno. Il regolamento AGCom e la direttiva europea “Notice and
Action”. Articolo del 17 luglio 2013 reperibile al link: http://brunosaetta.it/internet/lregolamento-agcom-e-la-direttiva-europea-notice-and-action.html (consultato il 27 maggio
2015).
396 SAETTA, Bruno. Op. Cit.
397 Questo compromesso ha consentito di proteggere la normativa europea contro le
pressioni lobbistiche tendenti a inserire norme ritenute pericolose sia per la libertà di espressione in rete che per gli stessi provider, i quali in tale quadro normativo sarebbero divenuti i
censori della rete, con annessa responsabilità.
Sulla base di questo la Commissione ha incoraggiato la collaborazione tra le parti per giungere in fretta alla rimozione dei contenti illeciti, nonostante le organizzazioni per la difesa dei
diritti abbiano evidenziato l’assenza di trasparenza e le limitazioni democratiche che innescano: il giudizio sull'illiceità dei contenuti è basato su un dialogo tra il titolare dei diritti e un
terzo alla contesa, cioè il provider, con delle evidenti ricadute sui diritti dei cittadini.
395
194
la conseguenza che le rimozioni non avvengono celermente, ma solo a seguito
dell’ordine da parte dell’autorità competente, in modo tale che il provider eviti di dover rispondere contrattualmente.
Di fronte a una frammentazione nella prassi, la Commissione Europea si
sta muovendo per un intervento legislativo sulle procedure di rimozione, in
particolare sulla “notice and action”, in modo da armonizzare la normativa
dei vari Paesi.
5.2. La fase procedimentale dinanzi all’autorità
Perché possa avere inizio il procedimento dinanzi all’Autorità, il soggetto
legittimato deve presentare un’istanza per richiedere la rimozione del contenuto lesivo del diritto d’autore (art.6).
Legittimato a presentare la richiesta è solo il titolare del diritto leso o un
suo delegato. Il diritto d’autore, infatti, viene considerato come un diritto
personale e quindi solo il titolare deve avere la legittimazione a richiedere un
intervento; soggetti terzi, infatti, anche se riscontrano una violazione in atto,
non possono essere consapevoli dell’effettiva volontà dell’autore, in quanto la
violazione apparente potrebbe non essere effettiva (un esempio in tal senso: il
giovane regista emergente che, riscontrato il successo ottenuto dalla diffusione del proprio film in streaming, sia d’accordo con tale modalità di fruizione
perché spera che la fama così ottenuta gli procuri degli incentivi futuri per la
realizzazione della sua nuova opera). Nella pratica le maggiori istanze vengono presentate da organismi qualificati, quali la S.I.A.E. o le associazioni contro la pirateria, come la FAPAV 398 o la FPM 399.
«L’istanza all’Autorità di cui al comma 1 è trasmessa utilizzando e compilando in ogni sua parte, a pena di irricevibilità, il modello reso disponibile
sul sito internet dell’Autorità, e allegando ogni documentazione utile a comprovare la titolarità del diritto» (comma 2). Coerentemente al contenuto
dell’articolo, per la presentazione dell’istanza bisogna compilare un modulo
predefinito che si può trovare sul sito www.ddautoreonline.it. Il form è molto
398
399
Acronimo per Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali.
Acronimo per Federazione contro la pirateria musicale.
195
lungo e laborioso da compilare, ma questa complessità è voluta dall’Autorità
come “effetto dissuasivo”, in modo tale che possano essere presentate solo le
istanze che effettivamente necessitano di una decisione nel merito, scoraggiando così richieste futili o derisorie. La scelta di utilizzare modelli accessibili da piattaforme web è stata presa a seguito di numerose segnalazioni fatte in
sede di consultazione, in quanto in tal modo si potrebbero più facilmente presentare le istanze e sarebbe facilitato anche l’iter di valutazione da parte
dell’Autorità. Per le violazioni massive, inoltre, è stato predisposto un modello semplificato che, però, dovrà consentire all’AGCom di «avere contezza di
tutti gli elementi necessari per le proprie attività di accertamento» 400.
In ogni caso, oltre a tutte le informazioni necessarie per l’accoglimento
dell’istanza, è possibile anche allegare tutta la documentazione probatoria in
possesso del titolare del diritto che si assume violato, compresi gli eventuali
screenshots del sito in esame.
Entro sette giorni dalla recezione dell’istanza, la Direzione deve procedere con l’azione, disponendone l’avvio oppure l’archiviazione. Dopo aver verificato che non sussistano le condizioni in cui deve essere disposta
l’archiviazione in via amministrativa 401, il procedimento ha inizio ai sensi
dell’art.7.
«La Direzione comunica l’avvio del procedimento ai prestatori di servizi 402 all’uopo individuati, nonché, ove rintracciabili, all’uploader e ai gestori
della pagina e del sito internet» (comma 1).
La comunicazione di avvio del procedimento deve contenere esattamente: l’indicazione delle opere digitali che si considerano illecite, delle disposizioni che si assumono violate, una sommaria esposizione dei fatti e dell’esito
degli accertamenti svolti, l’indicazione dell’ufficio competente e del responsabile del procedimento al quale è possibile presentare eventuali controdeduzioni, il termine di conclusione del procedimento.
AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 179, pag.52.
Vedi paragrafo 5.4.
402 La trasmissione della comunicazione di avvio del procedimento ai provider non determina l’insorgere a carico dei medesimi di una responsabilità, non essendo stato ancora accertato il carattere illecito della diffusione delle opere digitali oggetto dell’istanza che ha determinato l’avvio del procedimento stesso.
400
401
196
Per quanto riguarda i destinatari della comunicazione di avvio del procedimento, vi è stata una modifica rispetto alla precedente versione, in quanto
sono stati esclusi i soggetti istanti. Questo perché il loro ruolo dopo la presentazione dell’istanza non rileva ai fini del procedimento, mentre prestatori di
servizi all’uopo individuati, effettivi destinatari della comunicazione, devono
essere posti nelle condizioni di intervenire prima della conclusione del procedimento; l’uploader e i gestori della pagina e del sito internet, se rintracciabili, devono poter rappresentare osservazioni nel merito della supposta violazione. I soggetti destinatari dell’atto di avvio vengono in tal modo posti nella
condizione di conoscere l’esistenza di un procedimento e di poter decidere in
merito a una loro eventuale partecipazione, attraverso la presentazione di
controdeduzioni o il ricorso all’istituto dell’adeguamento spontaneo 403.
La funzione principale della comunicazione dell’avvio del procedimento è
di permettere all’uploader e ai gestori della pagina di adeguarsi spontaneamente alla richiesta dell’Autorità, provvedendo alla rimozione del materiale
che si assume in violazione del diritto d’autore. Tale istituto risponde a «esigenze di speditezza dell’azione a tutela del diritto d’autore online e rispecchia l’intento dell’Autorità di incoraggiare la risoluzione bonaria delle controversie in materia, limitando il suo maggiore intervento nei confronti dei
siti strutturalmente dediti alla pirateria, secondo i principi di gradualità,
proporzionalità e adeguatezza» 404.
In caso di adeguamento spontaneo, ne deve essere data contestuale comunicazione alla Direzione che dispone l’archiviazione del procedimento, informando sia i destinatari della comunicazione che il soggetto istante.
Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione, i destinatari
possono trasmettere alla Direzione ogni elemento utile per il relativo accertamento, se ritengono di controdedurre in merito alla violazione contestata
(comma 4); una proroga dei termini può essere disposta dalla Direzione in
presenza di esigenze istruttorie o alla luce della complessità del caso. Qualora
sia necessario acquisire ulteriori elementi di valutazione, la Direzione può al-
403
404
Cfr. AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 193, pag.56.
AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 198 pag.56.
197
tresì chiedere ai soggetti che ne siano in possesso informazioni utili
all’istruttoria (comma 5).
Tranne nel caso in cui si ha un adeguamento spontaneo, decorsi i termini
per controdedurre sulle violazioni, la Direzione trasmette tutti gli atti
all’organo collegiale, formulando una proposta o di archiviazione del caso,
oppure per procedere all’adozione di provvedimenti a tutela del diritto
d’autore (comma 6).
5.3. Il procedimento abbreviato
Oltre al procedimento fino a ora esaminato, esiste una versione semplificata, prevista dall’art.9 rubricato “Procedimento abbreviato”, il quale risponde all’esigenza di garantire celerità, mediante una riduzione dei tempi del
procedimento, nella repressione di violazioni che per loro stessa natura richiedono un intervento tempestivo. Per tutto il perdurare delle violazioni sulle reti di comunicazione elettronica vi è, infatti, una potenzialità di diffusione
e lesività tale da rendere necessario un rapido intervento 405. Rispetto
all’astratta possibilità di fare ricorso alle procedure cautelari, si è ritenuto
preferibile tradurre tali istanze nella previsione di tempi ridotti nel procedimento abbreviato.
Il procedimento abbreviato si verifica quando, sulla base di una sommaria cognizione dei fatti oggetto dell’istanza, la Direzione ritenga che questi
configurino un’ipotesi di violazione di carattere massivo, oppure una grave
lesione dei diritti di sfruttamento economico di un’opera digitale (comma 1).
Questi due casi configurano i presupposti per il ricorso al procedimento abbreviato.
A fronte di una lamentata genericità e vaghezza dei termini utilizzati, la
versione attuale del Regolamento presenta l’elencazione di alcuni elementi
sintomatici che potranno essere presi in considerazione ai fini della gravità e
La necessità di avere un intervento d’urgenza era già evidente nella disciplina sulla
responsabilità dell’ISP, dove, agli artt.14 e 16 del d.Lgs. n.70/2003 (rispettivamente per mere
conduit e hosting), prevedevano che «l’autorità giudiziaria o quella amministrativa, avente
funzioni di vigilanza, può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio
delle attività […], impedisca o ponga fine alle violazioni commesse».
405
198
del carattere massivo della violazione. Nello specifico essi sono: la recidiva,
ossia «a) la circostanza che, in relazione al medesimo oggetto e a seguito di
una precedente istanza, l’Autorità abbia già ritenuto sussistente la violazione del diritto d’autore o dei diritti connessi»; la numerosità delle opere che si
assumono violate (lett.b); «c) i tempi di immissione sul mercato dell’opera
digitale; d) il valore economico dei diritti violati e l’entità del danno causato
dall’asserita violazione»; operazioni volte a incoraggiare la fruizione di opere
illegali (lett.e) o l’uso di messaggi ingannevoli, che convincano l’utente di star
utilizzando materiale in realtà lecito (lett.f); «g) la messa a disposizione di
indicazioni in merito alle modalità tecniche per accedere alle opere digitali
diffuse illegalmente»; lo scopo di lucro nell’offerta illegale, sia quando la
fruizione è a titolo oneroso, sia quando vi sono messaggi pubblicitari (lett.h);
la provenienza dell’istanza da associazioni di gestione collettiva (lett.i).
L’Autorità precisa che «il carattere massivo della violazione può costituire di per sé motivo di ricorso al procedimento abbreviato indipendentemente dalla gravità della lesione dal punto di vista economico»406. Il carattere massivo, inoltre, viene valutato sulla base di profili di carattere quantitativo, che non si è ritenuto possibile definire preventivamente per evitare soglie predeterminate.
Concretamente il rito abbreviato comporta una riduzione dei termini del
procedimento, nello specifico l’archiviazione in via amministrativa e l’avvio
del procedimento hanno luogo entro tre giorni dalla ricezione dell’istanza,
non più cinque; la trasmissione delle controdeduzioni può avere luogo entro
tre giorni dalla comunicazione dell’avvio del procedimento e solo una volta
scaduto tale termine si potrà avere la trasmissione degli atti all’organo collegiale; i provvedimenti a tutela del diritto d’autore previsti dall’art.8 devono
essere adottati dall’organo collegiale entro dodici giorni dalla ricezione
dell’istanza e l’ottemperanza a tali ordini deve aver luogo entro due giorni
dalla notifica dell’ordine stesso. Non si applica il prolungamento dei termini
per approfondimenti istruttori, in quanto incompatibile con la natura del
procedimento stesso.
406
AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 255, pag.70.
199
In sede di consultazione, sono state sollevate numerose critiche in merito
al rito abbreviato. Alcuni soggetti hanno evidenziato come tale percorso breve
possa ledere le garanzie difensive, ponendosi addirittura in contrasto con la
Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, limitazioni dei diritti dovute a esigenze
dell’industria cinematografica 407. L’Autorità ha risposto a tali critiche evidenziando come, anche se tale rito ha la durata massima di dodici giorni, non sono stati compressi i diritti delle parti: i giorni per la presentazione delle controdeduzioni sono stati aumentati rispetto all’originaria previsione, proprio
per garantire un più agevole esercizio del diritto di difesa; le informazioni e i
documenti utili all’istruttoria richiesti dalla Direzione possono essere prodotti entro due giorni dalla ricezione della richiesta.
Un’ultima critica degna di nota riguarda le previsioni relative al comma
2, lettere d) ed f) (incoraggiamento alla fruizione di opere digitali diffuse in
violazione e la messa a disposizione di indicazioni sulle modalità tecniche per
accedere alle opere digitali diffuse illegalmente): in fase di consultazione, infatti, sono stati avanzati dei dubbi di compatibilità fra questa disciplina e la
libertà di espressione, nella misura in cui stabiliscono che i titolari dei siti devono cancellare qualsiasi affermazione che incoraggi la violazione del diritto
d’autore e prevedono la procedura abbreviata per le ipotesi di messa a disposizione di indicazioni in merito alle modalità tecniche per accedere alle opere
digitali diffuse illegalmente 408.
Sul rapporto fra Regolamento e libertà d’espressione si fonda una delle
questioni in esame da parte della Corte Costituzionale 409.
5.4. I provvedimenti a tutela del diritto d’autore
A seguito del procedimento, l’Autorità emette un provvedimento che si
differenzia a seconda che sia o meno riscontrata la violazione del diritto
d’autore o dei diritti connessi, ai sensi dell’art.8 del Regolamento. Tale articolo è stato riformulato rispetto al precedente schema, in quanto l’Autorità ha
Cfr. AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 234, pag.65.
Cfr. AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 236, pag.66.
409 Vedi paragrafo 6.1.
407
408
200
voluto garantire una maggior chiarezza nella definizione dei ruoli dei soggetti
chiamati a ottemperare alle richieste di impedire o porre fine alle violazioni
in materia di diritto d’autore. Nei primi quattro commi dell’articolo sono stabiliti i provvedimenti adottabili dall’organo collegiale a conclusione del procedimento.
L’esplicazione dei poteri dell’Autorità in materia di diritto d’autore online
si caratterizza per la gradualità dell’intervento, nel rispetto del principio di
proporzionalità delle misure in considerazione delle violazioni, il quale sarà
più selettivo e diretto unicamente al contenuto dove sulla pagina internet vi
sono delle violazioni occasionali, più incisivo se le violazioni sono massive,
sempre privilegiando tra le diverse misure adottabili in astratto quelle meno
restrittive.
Destinatari degli ordini dell’Autorità sono i soggetti nei confronti dei quali si applica la Direttiva sul commercio elettronico, delineati dall’art.1 lett.f)
quali prestatori di servizi della società dell’informazione che svolgono attività
di mere conduit o di hosting; un caso particolare è dato dalla figura del content provider quale soggetto cui indirizzare in prima istanza un provvedimento, in quanto su di esso potrebbe ricadere la responsabilità diretta per la
violazione: pur non potendosi ipotizzare una forma di responsabilità editoriale, il Regolamento si riferisce anche al gestore della pagina o del sito internet,
in quanto essi, pur non avendo un controllo editoriale sul sito o sulla pagina,
curano la gestione degli stessi. Il coinvolgimento di questi ultimi risponde a
ragioni di economia procedurale, vista la sussistenza di una forma di adeguamento spontaneo e di contraddittorio, nella loro legittimazione a presentare controdeduzioni 410.
Nel momento in cui l’istanza sia irricevibile, improcedibile, non manifestamente fondata o inammissibile, «l’organo collegiale, esaminati gli atti, ne
dispone l’archiviazione» (comma 1).
L’irricevibilità si verifica quando non sono compilati tutti i campi del modello prestabilito per l’istanza oppure per difetto di informazioni essenziali,
come nel caso in cui l’istanza sia presentata da soggetto non titolare del dirit-
410
Cfr. AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 224, pagg.62 – 63.
201
to di cui si lamenta la lesione; è improcedibile, invece, quando viene presentata sia dinanzi all’organo giudiziale che a quello amministrativo, dove il secondo deve lasciare l’azione al primo. L’archiviazione per assoluta non fondatezza si ha, per esempio, se viene segnalata la presenza di materiale illecito e
concretamente questo non c’è, mentre per l’inammissibilità quando la questione riguarda violazioni che esulano dall’ambito applicativo del Regolamento, come nel caso in cui sia denunciata la vendita di materiale contraffatto su
siti online, violazione esistente, ma che non riguarda la competenza
dell’Autorità411.
Altri casi in cui viene disposta l’archiviazione sono segnalati dall’AGCom
direttamente nella Delibera n.680, quali «quelli riguardanti contenuti di
pubblico dominio o diffusi nel rispetto delle licenze di libero utilizzo», valutando in ogni caso tutte le fattispecie di diffusione lecita di opere digitali.
L’ultimo caso in cui viene disposta l’archiviazione si verifica con il ritiro
dell’istanza prima che la fase decisionale abbia luogo, magari perché il soggetto istante ha adito l’autorità giudiziaria o ha perso interesse a che la questione sia decisa.
Nel caso in cui sia disposta l’archiviazione, la Direzione ne dà notizia al
soggetto istante e ai destinatari della comunicazione di avvio del procedimento. Delle suddette archiviazioni la Direzione informa periodicamente l’organo
collegiale (art.6 comma 5).
Se, invece, sussiste la violazione, «l’organo collegiale esige, nel rispetto
dei criteri di gradualità, di proporzionalità e di adeguatezza, che i prestatori di servizi destinatari della comunicazione […] impediscano la violazione
medesima o vi pongano fine». Perché questo possa avvenire, l’Autorità impartisce determinati ordini nei confronti dei prestatori di servizi che devono
essere rispettati entro tre giorni dalla notifica.
Cfr. con l’art.6, comma 4, che testualmente prevede le condizioni che prevedono
l’archiviazione in via amministrativa: «La Direzione dispone l’archiviazione in via amministrativa delle istanze che siano: a) irricevibili per mancata osservanza delle prescrizioni di
cui al comma 2 o per difetto di informazioni essenziali; b) improcedibili ai sensi del comma
3; c) inammissibili in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione del presente regolamento; d) manifestamente infondate; e) ritirate prima delle decisioni dell’organo collegiale di cui all’articolo 8».
411
202
Gli ordini divergono a seconda che i soggetti siano o meno localizzati in
Italia, facendo esplicito riferimento all’ubicazione del server.
Nel caso di localizzazione in Italia, l’organo collegiale può ordinare ai prestatori di servizi che svolgono attività di hosting la rimozione selettiva dei
contenuti oggetto di segnalazione che siano stati diffusi in violazione delle
norme sul diritto d’autore 412, in quanto si ha la giurisdizione dell’Autorità. In
presenza di violazioni massive, la rimozione selettiva può essere sostituita
con la disabilitazione dell’accesso a tali opere digitali 413. «In astratto, la disabilitazione potrebbe essere eseguita anche dai provider italiani che svolgono
attività di mere conduit; questi, però, per definizione sono molteplici, mentre l’hoster è di norma uno solo, per cui appare preferibile e meno oneroso
rivolgersi soltanto a quest’ultimo» 414.
La misura della rimozione selettiva risulta applicabile solo in tal caso, in
quanto, se il server è ubicato all’estero, la rimozione implicherebbe il ricorso
a tecniche di filtraggio non compatibili con la giurisprudenza della Corte di
giustizia dell’Unione europea.
Nel caso in cui i server siano localizzati all’estero, al di fuori del perimetro regolamentare, l’unica scelta tecnicamente possibile è quella di ordinare
la disabilitazione dell’accesso ai provider italiani di mere conduit sempre nel
rispetto dei principi di gradualità, proporzionalità e adeguatezza. Questo si
può verificare attraverso il blocco dell’IP e/o della risoluzione DNS, misure
idonee per le ipotesi di pirateria massiva, le uniche azionabili nel caso di siti
con server situati all’estero. Sebbene tale misura possa anche essere “aggirata” dal pubblico nazionale mediante l’accesso alle opere per altre vie (cd.
proxy esteri), essa ha tuttavia un effetto collaterale positivo, in quanto, accedendo attraverso il proxy, il sito non viene remunerato in base alla pubblicità
Nel caso in cui sia stato intentato un procedimento avverso un fornitore di servizi di
media audiovisivi, gli sarà intimata la cessazione della trasmissione o della ritrasmissione di
programmi audiovisivi diffusi in violazione delle norme sul diritto d’autore.
413 Cfr. con il comma 3 dell’art.8 del Regolamento.
414 AGCOM, Delibera n.680/13/CONS, punto 225, pag.63.
412
203
parametrata al numero degli accessi; da ciò potrebbe discendere un forte incentivo al consumo di prodotti “legali” 415.
Durante la fase di consultazione, numerose critiche sono state sollevate
sulle misure adottabili in caso di server ubicato all’estero: alcuni stakeholder,
infatti, ritengono che la disabilitazione dell’accesso tramite il blocco dell’IP e
il reindirizzamento forzato siano giustificati solo quando vi sia un senso sociale di protezione della comunità, non quando si tratti di proteggere gli interessi di gruppi commerciali; tale misura, quindi, sarebbe avvertita dalla comunità come strumento di “prepotenza censoria”, facendo sembrare tutto il
Regolamento a difesa dei grandi gruppi commerciali e non più del diritto
d’autore 416.
Il blocco del DNS, secondo altri, sembra una misura troppo invasiva, in
quanto non colpisce solamente il materiale illecito, ma blocca tutto il contenuto del sito, compresi contenuti diversi da quello segnalato e quindi divenuto oggetto del procedimento. In realtà di questo sono consapevoli gli stessi
membri dell’Autorità che, nell’esaminare le condizioni per la procedibilità
dell’azione, verificano anche che la misura adottabile sia proporzionata: in
casi in cui il materiale illecito sia esiguo rispetto a quello lecito, si punterà più
sull’effetto dissuasivo e sull’invio di segnalazioni agli hosting, piuttosto che
procedere con il blocco di tutto il sito.
In entrambi i casi, quindi, sia che il server sia ubicato all’estero che in
Italia, di fronte a una violazione del diritto d’autore l’Autorità ordina ai prestatori di servizi di «procedere a reindirizzare automaticamente verso una
pagina internet redatta secondo le modalità indicate dall’Autorità le richieste di accesso alla pagina internet su cui è stata accertata la presenza di oAlcune voci hanno lamentato una mancanza di forza coercitiva da parte dell’Autorità
nei confronti dei soggetti localizzati all’estero, chiedendo, per superare l’aterritorialità della
rete, l’inibizione all’accesso a siti che utilizzano contenuti in violazione di legge mediante il
blocco del nome di dominio o dell’indirizzo IP con la formazione di una “black list” di siti
Internet; tale misura è stata già attuata dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato con riferimento ai siti di gioco non autorizzati, con lo scopo di contrastare le truffe on-line
connesse al gioco d’azzardo. Per poter essere attuata, però, tale misura necessita di una previsione espressa ex lege così come è avvenuto per l’esempio richiamato (attuato con legge finanziaria del 2006).
Cfr. TERRACCIANO, Bianca. Il diritto d’autore online: quale regolamentazione? Pag.14.
416 Cfr. AGCOM, delibera n.680/13/CONS, punto 206, pag.58.
415
204
pere digitali diffuse in violazione del diritto d’autore o dei diritti connessi»
(comma 5). Il reindirizzamento automatico è un utile strumento per
l’educazione degli utenti alla corretta fruizione delle opere diffuse sulle reti di
comunicazione elettronica: con esso, infatti, si intende stimolare una maggiore consapevolezza circa la legalità del consumo di opere digitali, nonché favorire la conoscibilità e l’accesso ai servizi che consentono la fruizione legale di
opere digitali tutelate dal diritto d’autore.
Il reindirizzamento automatico è una misura standard, ordinata in tutti i
casi di disabilitazione, i cui costi (marginali) sono a carico del destinatario, in
ossequio ai principi generali dell’ordinamento.
Tutti i provvedimenti fin qui esaminati devono essere adottati dall’organo
collegiale entro trentacinque giorni dalla ricezione dell’istanza e di essi deve
esser data notizia sia all’istante che ai destinatari della comunicazione di avvio del procedimento (comma 6).
Ciò detto, l’emanazione di un provvedimento è del tutto eventuale, in
quanto si rende necessaria solo quando, in presenza di un invito
all’adeguamento spontaneo prima della decisione, il soggetto intimato non
provveda in tal senso. L’obiettivo dell’Autorità, infatti, è quello di avere una
forma di “ravvedimento operoso” del soggetto intimato, in maniera tale da evitare le lungaggini e i costi dell’attività amministrativa. Perché si realizzi
questo, infatti, nel momento in cui riceve l’istanza, l’Autorità provvede a informare il prestatore del servizio della sussistenza del materiale illecito e, nella maggioranza dei casi, questi ha concretamente provveduto alla sua eliminazione, anche per scongiurare il pericolo di ritorsioni amministrative.
Nel momento in cui l’ordine viene inviato e il soggetto destinatario non
provvede alla sua esecuzione, l’Autorità può impartire una sanzione pecuniaria che va dai €10.000 a €258.000 417, dandone comunicazione agli organi di
polizia giudiziaria (comma 7).
417
Tali sanzioni pecuniarie sono previste dall’art.1, comma 31, legge n.249/1997.
205
5.5. Rapporti fra la giurisdizione ordinaria e la competenza
dell’Autorità
Un aspetto del procedimento che ha sollevato numerose perplessità riguarda la sua natura giuridica e i rapporti fra questo procedimento e la possibilità di adire l’autorità giudiziaria.
Secondo parte della dottrina, infatti, l’Autorità avrebbe dovuto costruire il
procedimento dinanzi a sé «non come un rimedio alternativo al giudizio, ma
al più come una fase preventiva e assolutamente non decisoria della futura
lite, affidata alla solitaria competenza dei giudici» 418.
In una prospettiva più generale, la questione concerne l’esercizio delle
funzioni cd. paragiurisdizionali delle Autorità indipendenti, chiamate a svolgere anche un ruolo procedimentale oltre a quello regolamentare. Premesso
che la possibilità di svolgere attività giurisdizionale in senso stretto è negata
all’Autorità dalla riserva di legge costituzionale prevista dall’art.102, giurisprudenza e dottrina sono discordanti anche sulla configurabilità di tali poteri paragiurisdizionali. Se la giurisprudenza si è più volte espressa per la non
configurabilità di tali poteri in capo all’Autorità 419, la dottrina ha riconosciuto
una natura paragiurisdizionale non all'organo in quanto tale, ma ad alcune
DE MINICO, Giovanna. Diritto d’autore batte Costituzione cit. pag.6.
Secondo Cass. Civ., sez. I, 20 maggio 2002, n. 7341 l'ordinamento non conosce un
tertium genus tra amministrazione e giurisdizione, le cui attività sono distinte e disciplinate
dagli artt.111 e 97 della Costituzione, mancando nel testo normativo supremo una figura di
paragiurisdizionalità distinta dalle altre; piuttosto con l'uso di tale termine si suole diffusamente indicare organi pubblici dotati di poteri la cui collocazione ha suscitato dubbi.
In particolare, secondo la Cassazione «la diffusa tendenza all’introduzione nel procedimento
amministrativo di momenti di partecipazione effettiva da parte degli interessati al suo esito
che consentono alla PA di apprezzare tutti gli interessi in gioco, fa si che l'uso di tali tecniche non significhi abbandono del procedimento in favore del processo. Ma piuttosto che
l'obbligo di imparzialità, il quale richiede nella applicazione della legge la consapevolezza
di tutte le posizioni tutelate, ancorché spettanti al soggetto sottoposto alla autoritarietà del
provvedimento da emanare, viene realizzato anzitutto con l'articolazione del procedimento.
In questo senso dire che la PA, ovvero una particolare P.A., è terza, vuol dire che essa ancorché provveda soddisfare l'interesse pubblico di cui è esponente, qualificando con gli effetti dell'atto amministrativo posizioni di parti anche contrapposte e da essa considerate in
contraddittorio, fa uso del principio di imparzialità».
418
419
206
delle funzioni attribuite alle Autorità indipendenti, funzioni che potrebbero
essere devolute a organi giurisdizionali in senso proprio 420.
L’Autorità Amministrativa, nell’esercizio delle proprie funzioni, non deve
qualificarsi quale giudice speciale, quanto piuttosto rileva il carattere di terzietà rispetto alle parti coinvolte che la porta ad assumere un provvedimento
amministrativo, nell’esercizio delle proprie funzioni, che possa anche soddisfare l’interesse pubblico di cui essa è esponente 421. Quando qualsiasi Autorità Indipendente viene chiamata a svolgere il ruolo di arbitro in posizione di
neutralità e terzietà, nel rispetto del contraddittorio tra le parti, l’esercizio di
detta funzione non potrà mai pregiudicare la possibilità di ricorrere
all’autorità giudiziaria al fine di esercitare il fondamentale diritto di azione ex
art.24 Cost. L’esercizio di queste funzioni può costituire uno strumento utile
per prevenire il sorgere di controversie da risolversi dinanzi all’autorità giudiziaria, esercitando una funzione deflattiva del contenzioso.
Deve allora concludersi che il procedimento disciplinato dal Regolamento
si colloca nell’ambito dei procedimenti giustiziali delle Autorità indipendenti,
senza compressione del diritto dei soggetti lesi di adire l’autorità giudiziaria.
Infatti il regolamento in diverse norme prevede l’incompatibilità del procedimento esaminato con quello esperibile dinanzi all’autorità giudiziaria,
come l’art.6 comma 3 che esplicitamente sancisce che «il procedimento dinanzi all’Autorità non può essere promosso qualora per il medesimo oggetto
e tra le stesse parti sia pendente un procedimento dinanzi all’Autorità giudiziaria»; in tal caso, infatti, viene disposta l’archiviazione per improcedibilità.
Il comma 7 dell’art.7, invece, prevede la possibilità di adire l’Autorità giudiziaria anche nel corso del procedimento, previa comunicazione alla Direzione
che dispone l’archiviazione del procedimento. Il regolamento lascia dunque
sempre aperta la possibilità di attivare il canale giurisdizionale, in alternativa
a quello intrapreso dinanzi all’Autorità, attuando il duplice binario di giuriCfr. CLARICH, Marcello. Garanzia del contraddittorio nel procedimento, in Dir.
amm., 2004, 1, pag. 59.
421 Cfr. COZZOLINO, Gaia. La tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica cit. Pag.12. «È altresì indubbio peraltro che può essere considerato giudice quel
soggetto pubblico che esercitando quel tipico procedimento che è il processo giudiziario dà
luogo ad una decisione su diritti suscettibile di assurgere alla definitività del giudicato, al di
fuori di qualunque altro controllo da parte di altro e diverso organo o potere dello Stato».
420
207
sdizione ordinaria/amministrativa già tracciato dagli artt.14-16 del D.Lgs.
n.70/2003.
Che il procedimento destinato a svolgersi dinanzi all’Autorità rappresenti
un rimedio di carattere meramente alternativo rispetto a quello giurisdizionale trova conferma nella lettera dello stesso regolamento, dove si legge che,
in caso di fallimento del procedimento dinanzi al fornitore di servizi, il soggetto segnalante può trasmettere la richiesta all’Autorità: «impregiudicato il
diritto di rivolgersi all’Autorità giudiziaria». Tale espressione garantisce il
carattere non compromissorio del procedimento destinato a svolgersi dinanzi
all’Autorità, assicurando il diritto della parte lesa di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti in ossequio al disposto di cui all’art. 24 Cost., lasciando
così intendere il carattere non definitivo, e dunque insuscettibile di passare in
giudicato, del provvedimento adottato dall’Autorità 422.
I provvedimenti dell’Autorità risultano oggetto di sindacato da parte del
giudice amministrativo, sia secondo la regola generale dell’art.113 della Costituzione che secondo il richiamo effettuato dall’art.17 del Regolamento 423, al
fine di garantire la tutela delle posizioni soggettive lese dal provvedimento.
Secondo autorevole dottrina, più ampia è la delega in bianco che l’organo politico compie a favore del regolatore amministrativo, «tanto più vasto deve
essere l’obbligo motivazionale a corredo del provvedimento regolamentare
finale e dei conseguenti atti discrezionali-amministrativi di attuazione» 424.
Funzione giurisdizionale e funzione amministrativa delle Autorità si pongono su piani del tutto diversi e questo comporta che, in caso di limitazione
delle libertà fondamentali, esse possano essere limitate solo su decisione motivata dell’autorità giudiziaria alle condizioni poste dalla legge, non dalla
«Autorità indipendente, la quale, per posizione istituzionale e regime giuridico dei suoi atti, non appartiene però al potere giudiziario»425. Né la prefeCfr. COZZOLINO, Gaia. La tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione cit.
Art.17 – Tutela giurisdizionale: «Avverso i provvedimenti dell’Autorità previsti dal
presente regolamento è ammesso ricorso dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi
dell’articolo 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n.249, e degli articoli 133, comma 1, lettera l), e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104».
424 AVVISATI, Marana. Verso il regolamento sul copyright: un percorso accidentato cit.
pag.9.
425 DE MINICO, Giovanna. Diritto d’autore batte Costituzione 2 a 0 cit.
422
423
208
renza del ricorso giurisdizionale al rimedio amministrativo, intesa quale addizione di mezzi, amministrativo e giudiziario, appare compatibile con la riserva di giurisdizione, poiché riserva di giurisdizione e cumulo di mezzi appaiono in un rapporto di esclusione reciproca
Questo dibattito, però, non è del tutto sopito: la questione costituzionale
attuale verte, in uno dei punti, sulla presunta incompatibilità del Regolamento con l’art.25 della Costituzione.
6. Commenti sull’operatività del regolamento nel primo anno di
emanazione
L’impatto che il Regolamento ha avuto è stato rilevante: a soli tre mesi
dall’entrata in vigore sono state presentate davanti all’Autorità già 69 istanze,
aventi a oggetto fotografie (31), opere audiovisive (18) e di carattere sonoro
(8), opere letterarie (4), editoriali (3), video ludiche (2), nonché software (3)
diffusi in Internet o sui servizi di media. Queste istanze hanno portato
all’avvio di quaranta procedimenti, di cui undici riguardanti violazioni massive o di particolare gravità che hanno seguito, quindi, l’iter abbreviato 426.
Ampliando il periodo temporale di riferimento, considerando precisamente il primo anno di emanazione del Regolamento 427, le istanze presentate
sono state 242, con una concentrazione massima nel settore audiovisivo e fotografico, di cui 84 sono state decise con il rito ordinario e 70 con quello abbreviato. Di queste istanze, circa il 40% si sono risolte in un’archiviazione per
adeguamento spontaneo, segno di come la politica perseguita dall’Autorità
stia funzionando: il procedimento, infatti, funge anche da deterrente, in
quanto il provider, ricevendo la segnalazione circa la presenza di contenuto
illecito sul proprio portale, ha tutto l’interesse ad attivarsi lui per primo per la
rimozione. In tal modo, dunque, si ridimensionano i costi processuali e il titolare del diritto d’autore violato riceve un’immediata tutela con la rimozione
del contenuto illecito.
STAZI, Andrea. La tutela del diritto d’autore in rete cit. Pag.105.
PELLICANO’, Francesca. Il ruolo dell’AGCom nella tutela del diritto d’autore online.
Lezione tenuta presso la Luiss Guido Carli, il 13 maggio 2015 (dati aggiornati all’11 maggio
2015).
426
427
209
La questione diventa più controversa nel momento in cui si ordina il
blocco dei DNS per i server localizzati all’estero: il 18% delle istanze, infatti,
si è risolto in tal senso. Delle critiche che questa tipologia di provvedimento
ha sollevato in dottrina se ne parlerà più avanti 428, ma è bene precisare come
l’AGCom abbia ordinato tale misura restrittiva solo in caso di effettiva necessità, quando il blocco del sito avrebbe effettivamente portato alla rimozione
di un numero elevato di file in violazione del diritto d’autore. Nel settore audiovisivo il blocco dei DNS è stato ordinato solo per siti aventi un numero di
file illeciti superiore alle 700 unità (nel caso di Torrentdownloads.me i file
erano addirittura 695.154!), per un totale di contenuti illeciti bloccati pari a
1.073.306. Nel settore musicale, invece, le cifre sono ancora più elevate, passando dalle 108.692 unità di Demonoid.ph ai 1.112.305 file di Limetorrents.com, per un totale di 5.691.493 file bloccati.
Gli elevati numeri riportati evidenziano come l’Autorità, nell’applicazione
concreta del Regolamento, si stia facendo effettivamente guidare dai criteri di
proporzionalità e adeguatezza prescritti dalla normativa comunitaria, imponendo misure fortemente restrittive solo quando il materiale in violazione del
diritto d’autore è di quantità ingente.
6.1. Questione di costituzionalità pendente
Il Regolamento in materia di diritto d’autore sulle reti di comunicazione
elettronica non è stato sempre pacificamente apprezzato: durissimi sono stati
gli attacchi che l’AGCom ha dovuto subire, attraverso sia canali offline che
online, come quotidiani, blog, siti di informazione militanti. L’attacco più duro, però, è stato sferzato dinanzi al TAR del Lazio, con la proposizione di due
ricorsi per richiedere l’annullamento del Regolamento.
La risposta del TAR del Lazio si è avuta con le ordinanze gemelle n.10016
e n.10020 del 26 settembre 2014 che, pur sancendo l’infondatezza di tutti i
428
Vedi paragrafo 6.2. corrente capitolo.
210
motivi addotti dalle ricorrenti, ha rimesso il Regolamento alla Corte Costituzionale per effettuare un controllo di legittimità costituzionale 429.
Questo invio degli atti alla Corte Costituzionale non è stato del tutto inaspettato, in quanto nei mesi precedenti al settembre 2014 vi erano stati dei
segnali di manifesto malcontento, primo fra tutti il fallito tentativo di impedire l’adozione del Regolamento mediante intervento parlamentare 430, a seguito del quale i gruppi di pressione contrari al Regolamento hanno annunciato
la loro volontà di chiedere l’annullamento della Delibera n. 680/13/CONS,
anche alla luce dei presunti vizi di costituzionalità dell’iter deliberativo e del
contenuto del Regolamento stesso. La richiesta è stata avanzata da diverse
associazioni, ANSO 431, F.E.M.I. 432, Open Media Coalition, Altroconsumo, Assoprovider 433, Confcommercio, Movimento Difesa del Cittadino, Assintel, che
hanno chiesto al TAR di annullare la Delibera.
Due i motivi principali di doglianza: il primo riguarda l’asserita carenza
di una fonte di rango legislativo su cui potesse fondarsi il potere regolamentare dell’AGCom, ritenuta quindi incompetente a disciplinare la materia; il secondo, la sostituzione dell’AGCom all’autorità giudiziaria, con un indebito
In realtà non è il Regolamento oggetto di sindacato costituzionale, bensì le norme che
contengono i principi cardine dello stesso, cadute le quali cade anche il provvedimento
dell’AGCom. Questo sulla base dell’art.134 della Costituzione che prevede che oggetto di sindacato della Corte Costituzionale siano solo le leggi e gli atti aventi forza di legge, di certo
non i regolamenti di esecuzione come quello dell’AGCom. Le norme, però, non sono sottoposte al vaglio della Corte a priori, bensì nella chiave di lettura fornita dall’AGCom, sulla base
delle contestazioni delle ricorrenti e sulla base delle eccezioni rilevate dal TAR stesso.
Cfr. MARTINES, Temistocle. Diritto costituzionale cit. che, testualmente: «l’illegittimità costituzionale di un regolamento può sempre essere accertata in sede giurisdizionale (ordinaria o amministrativa), facendo valere il vizio di violazione di legge (costituzionale); anzi tale vizio può essere invocato come motivo di ricorso non soltanto nei confronti di un regolamento, ma anche di tutti gli atti dello Stato o di altri enti pubblici (ivi compresi i regolamenti) sottoposti alla giurisdizione del TAR».
Per comodità espositiva, però, da ora in avanti si continuerà a parlare di “regolamento sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale”, da leggersi come metonimia e non nel senso letterale dei termini.
430 Cfr. EGITTO, Luca. Il regolamento AGCom va in Corte Costituzionale. Articolo del
17 ottobre 2014, consultabile al seguente link: http://www.repmag.it/rubriche/diritto-dellarete/item/236-il-regolamento-agcom-va-in-corte-costituzionale/236-il-regolamento-agcomva-in-corte-costituzionale.html (consultato il 2 giugno 2015).
431 Associazione Nazionale della Stampa Online.
432 Federazione Media Digitali Indipendenti.
433 Associazione Provider Indipendenti.
429
211
spostamento di competenze dalla magistratura ordinaria a quella amministrativa e violazione del principio del giudice naturale 434. Altri motivi di censura riguardavano la lesione del principio del contraddittorio e l’inosservanza
del diritto dell’Unione Europea.
In entrambe le ordinanze, il TAR Lazio ha ritenuto infondate tutte le censure di merito dei ricorsi, giudicando insussistenti i vizi di illegittimità per violazione della riserva di legge, per incompetenza e per violazione di legge,
concludendo però che «quale interprete delle leggi che trovano applicazione
ai fini della decisione, prima di pronunciare la reiezione del ricorso deve interrogarsi se le stesse siano compatibili con la nostra Costituzione» 435. Ed è
per questo che la questione è stata ufficialmente rimessa alla Corte Costituzionale, anche se, nell’attesa di una decisione definitiva, i membri
dell’Autorità potranno continuare a svolgere il proprio lavoro, applicando anche la procedura prevista dal Regolamento 436.
Il vaglio di legittimità riguarda essenzialmente la presunta illegittimità
del contenuto del Regolamento rispetto agli articoli 24 e 25 della Costituzione, anche se il punto più dibattuto è la contraddittorietà con l’art.21, la libertà
di manifestazione del pensiero.
Il TAR, nell’analizzare nel merito il Regolamento dell’AGCom, ha sciolto
preliminarmente alcuni dubbi interpretativi.
6.1.1.
Questioni preliminari risolte dal TAR
Il TAR con la sua decisione ha sciolto una serie di questioni interpretative
che fin dal 2011, quando è stata emanata una prima bozza di Regolamento,
avevano fatto discutere dottrina ed esperti del settore.
In primo luogo è stato disegnato un quadro chiaro di quelle che sono le
competenze dell’AGCom, stabilendo la sussistenza dei poteri necessari per la
Principio stabilito dall’art.25 della Costituzione, primo comma, che stabilisce: «Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge».
435 TAR Lazio, sez. I, ordinanza n.10016 del 26 settembre 2014.
436 Cfr. DI CORINTO, Arturo. Regolamento AGCom sul diritto d’autore rinviato alla
Corte Costituzionale. Articolo per LaRepubblica del 20 Ottobre 2014, reperibile al seguente
link:
http://dicorinto.it/testate/repubblica-it/repubblica-regolamento-agcom-sul-dirittodautore-rinviato-alla-corte-costituzionale/ (consultato il 2 giugno 2015).
434
212
regolamentazione, ponendo fine al dibattito secondo il quale determinare se
l’Autorità fosse o meno autorizzata a disciplinare tale materia con regolamento 437. A tale quesito sono dedicati i paragrafi da 8 a 10 dell’ordinanza, ma la
risposta positiva dei giudici sarà condizionata dagli esiti della questione di
costituzionalità. Se il Regolamento sarà giudicato conforme alla Costituzione,
allora non vi sarà alcun dubbio sulla circostanza che l’AGCom sia dotata dei
poteri necessari per intervenire in materia nella sua veste di amministrazione
vigilante, anche in assenza di una formale analisi dell’impatto della regolazione (AIR) 438. Questi poteri, però, devono essere esercitati nel rispetto dei
principi di gradualità, proporzionalità e adeguatezza propri di ogni procedimento amministrativo. Inoltre non vi è alcun obbligo per l’Autorità di conformarsi alle indagini conoscitive, né ai propri precedenti schemi di regolamento, essendo sempre libera di determinarsi 439; i precedenti atti, quindi,
non sono idonei a ingenerare un ragionevole affidamento in capo agli operatori.
L’AGCom può imporre agli operatori di comunicazione elettronica obblighi di facere, non configurandosi alcuna violazione dell’art.23 Cost. 440 perché
secondo il TAR è la legge n.70/2003 a sottoporre i fornitori di servizi di comunicazione elettronica a una specifica disciplina. Inoltre gli ISP possono essere destinatari dei provvedimenti dell’Autorità, compreso il dover sopportare i costi della rimozione di contenuti illeciti.
Il TAR ha ritenuto non configurabile la violazione della riserva di giurisdizione, negando che l’AGCom si sia indebitamente appropriata di poteri
appartenenti in via esclusiva all’autorità giudiziaria; non vi sono deroghe al
In senso contrario vedi SARZANA DI SANT’IPPOLITO, Fulvio. Diritto d’autore. TAR
e legittimità del Regolamento Agcom: il parere di Fulvio Sarzana. Articolo per la rivista online key4biz del 20 ottobre 2014, consultabile al link: http://www.key4biz.it/diritto-dautoretar-e-legittimita-del-regolamento-agcom-il-parere-di-fulvio-sarzana/97497/ (consultato il 6
giugno 2015).
438 L’AIR non è soggetta, secondo il TAR, a formule sacramentali e l’ampia consultazione
pubblica svolta sullo schema di regolamento testimonia come l’AGCOM abbia assunto
l’iniziativa regolamentare avendo piena consapevolezza dell’impatto della propria iniziativa.
439 Il riferimento specifico è alla precedente bozza di regolamento del 2011, dissimile in
diversi punti rispetto allo schema poi effettivamente adottato con la delibera 680/13/CONS.
440 Art.23 Costituzione: «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».
437
213
principio del giudice naturale, non vi è una violazione del contraddittorio e
risultano rispettati i canoni della partecipazione al procedimento dei soggetti
interessati. Non ha aderito, infine, alla richiesta di sottoporre alla Corte di
giustizia un’ipotesi di inosservanza del diritto dell’Unione Europea 441.
Esaurito il profilo delle competenze dell’Autorità, le altre questioni risolte
dal TAR riguardano nel merito il Regolamento, stabilendo che l’introduzione
della nozione di “opera digitale” non inficia la legittimità del regolamento:
l’Autorità, infatti, ha introdotto definizioni non presenti nel tessuto legislativo
vigente per la propria attività di vigilanza, ma questo comunque non incide
sulla legittimità dell’intervento, soprattutto dal momento che il procedimento
elaborato è conforme ai principi della legge n.241 del 1990, sia sotto il profilo
della partecipazione procedimentale che, come ricordato dal TAR, in ossequio alle ragioni di urgenza emergenti nell’ambito del procedimento amministrativo. Infine il procedimento abbreviato (ex art.9 Regolamento) non comprime in maniera illegittima i diritti dei soggetti interessati, visto che tutti i
termini previsti dalla prima bozza del regolamento sono stati estesi nella versione definitiva, in accordo con quanto emerso nella consultazione pubblica e
con le considerazioni formulate dalla Commissione Europea.
Infine, secondo il TAR Lazio, il “doppio binario” di tutela si può percorrere secondo il diritto UE: il procedimento innanzi all’AGCom non è, infatti, diretto a perseguire la violazione primaria del diritto d’autore, il cui accertamento resta di competenza esclusiva dell’Autorità giudiziaria, e, in ogni caso,
la disciplina comunitaria non preclude la possibilità per gli Stati membri di
elaborare un doppio binario di tutela per siffatte violazioni (amministrativo e
giurisdizionale) 442.
Cfr. POSTERARO, Francesco. Sospensione del regolamento? Tesi priva di fondamento. Articolo del 20 ottobre 2014 per corrieredellecomunicazioni.it, reperibile al link:
http://www.corrierecomunicazioni.it/it-world/30441_copyright-posteraro-sospensione-delregolamento-tesi-priva-di-fondamento.htm (consultato il 3 giugno 2015).
442 Cfr. BELLEZZA, Marco. #ddaonline: la questione di costituzionalità e il regolamento AGCOM. Articolo per la rivista Media Laws, del 29 settembre 2014, consultabile al link:
http://www.medialaws.eu/ddaonline-la-questione-di-costituzionalita-e-il-regolamentoagcom/ (consultato il 2 giugno 2015).
441
214
6.1.2.
Il contrasto con l’art.21
Una delle questioni principali oggetto di discussione riguarda il bilanciamento tra diversi interessi costituzionalmente garantiti e, in particolare, tra la
tutela del diritto d’autore (ricondotto nell’alveo del diritto di proprietà) e il
diritto alla libera informazione ed espressione, la cui compromissione
d’esercizio è sempre stata denunciata dai gruppi di pressione contrari
all’operato dell’AGCom. Secondo i ricorrenti al TAR, la lesione di tali diritti si
genera sia a causa delle misure repressive dell’AGCom, ordinabili solo dalla
magistratura ordinaria, sia perché le leggi attributive di poteri all’AGCom avrebbero travalicato i criteri di proporzionalità e ragionevolezza giustificatori
di limiti a tali aree. Un caso ipotizzato, tra l’altro non infrequente nella prassi,
è l’impossibilità di utilizzo di contenuto lecito insieme a quello illegale, in
quanto il blocco di un sito o il suo oscuramento non permette di selezionale
determinati materiali, colpendolo nella sua integrità. Questo è stato visto come una forma di compressione della libertà di espressione, inaccettabile
nell’attuazione del Regolamento dell’AGCom, soggetto privo della copertura
costituzionale necessaria a ciò. Questa è sicuramente una delle cause che ha
portato il TAR Lazio a richiedere alla Corte Costituzionale una pronuncia
pregiudiziale circa la possibile «illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma
1, e degli artt. 14, comma 3. 15, comma 2, e 16, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, nonché del comma 3 dell’art. 32 bis del testo unico
dei servizi di media audiovisivi e radiofonici approvato con decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come introdotto dall’art. 6 del decreto legislativo
15 marzo 2010, n. 44, sulla cui base è stata adottata la impugnata “Delibera
n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013” recante il “Regolamento in materia
di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative” e l’ “Allegato A” alla predetta Delibera, per la violazione dei
principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione
all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica, sanciti dagli articoli 2, 21, primo e sesto comma, 24 e 41 della Costituzione, nonché per la violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa e per la violazione del
215
principio del giudice naturale, in relazione alla mancata previsione di garanzie e di tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa,
con la conseguente violazione degli articoli 21, secondo, terzo e quarto
comma, 24 e 25, primo comma, della Costituzione» 443.
In realtà l’Autorità sul punto si è difesa invocando l’applicazione dei criteri di proporzionalità e adeguatezza nell’esercizio delle sue funzioni, in quanto
le istanze non portano automaticamente a una decisione nel merito e a un
provvedimento limitativo, ma la questione viene sempre attentamente vagliata: per esempio non viene ordinato l’oscuramento del sito nel caso in cui il
materiale illecito sia quantitativamente esiguo rispetto a quello lecito.
La dottrina, interrogata sulla questione, appare fortemente divisa, fra chi
ritiene che la violazione dell’art.21 Cost. non sussista, in quanto nel dettato
legislativo sono presenti indicazioni volte a circoscrivere la discrezionalità
dell’organo amministrativo 444, con il rispetto del “doppio binario” di limitazione della libera circolazione dell’informazione per la tutela di interessi di rilievo pubblico o costituzionalmente protetti 445, e chi invece vede Internet come uno spazio di conoscenza vitale per la democrazia costituzionale, dove il
rispetto della libertà d’espressione è fondamentale per la sussistenza del pluralismo nella dimensione cibernetica 446. Autorevole dottrina ritiene che la
circolazione dell’informazione, limitata dai provvedimenti interdittivi del Regolamento, non sia riconducibile alla volontà di tutelare il diritto d’autore inteso come espressione del diritto di proprietà in contrapposizione alla libertà
TAR Lazio, sez. I, ordinanza n.10016 del 26 settembre 2014.
Alcuni esempi sono le indicazioni dell’art.5, commi 1 e 2, del d.lgs. n.70/2003 circa
l’indicazione degli interessi pubblici che giustificano la “limitazione” della libera circolazione
delle informazioni da parte anche «degli organi amministrativi di vigilanza o delle autorità
indipendenti di settore», la necessità di un provvedimento rispetto agli obbiettivi posti a tutela degli interessi pubblici e il criterio di proporzionalità di tali obiettivi.
445 Cfr. SALERNO, Giulio M. Le ordinanze gemelle sulla disciplina dei provvedimenti
interdittivi dell’AGCom: alcune riflessioni. In federalismi.it, del 24 novembre 2014
n.3/2014,
consultabile
al
link:
http://www.federalismi.it/nv14/articolodocumento.cfm?Artid=28021 (consultato il 4 giugno 2015).
446 Cfr. MORRONE, Andrea. Internet come spazio pubblico costituzionale. Sulla costituzionalità delle norme a tutela del diritto d’autore deliberate dall’AGCom. In federalismi.it
del 24 novembre 2014, consultabile al link: http://www.federalismi.it/nv14/articolodocumento.cfm?Artid=28020 (consultato il 4 giungo 2015).
443
444
216
di manifestare il pensiero, tutelata dall’art.21 Cost.; tra l’altro tale articolo tutela “il proprio pensiero” e quindi esclude dal suo ambito le manifestazioni lesive del diritto d’autore, pertanto è possibile ritenere che possa essere espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art.41 Cost. 447
Non sono mancate voci che non condividono assolutamente il rimando
del TAR alla Corte Costituzionale, visto come un tentativo di «pietrificare la
tutela costituzionale della diffusione delle idee tramite Internet» 448, manipolando l’interpretazione dell’art.21 fino a estendere alla rete alcune delle garanzie che il dettato costituzionale prevede esclusivamente per la libertà di
stampa 449, ma altre voci si sono espresse per la piena equipollenza fra lo
stampato e il prodotto editoriale pubblicato online 450.
In questo panorama di voci discordanti, bisogna attendere che la Corte
Costituzionale trovi la giusta nota per accordare le discussioni.
6.1.3.
Prospettive sul possibile esito della questione costituzionale
La risposta della Corte Costituzionale tarda ad arrivare: bisognerà attendere la pubblicazione della sentenza prima di sapere con certezza quale sarà il
destino del Regolamento.
Vi è un’unica certezza: difficilmente la questione avrà una sua fine.
In caso di rigetto della questione, con declamata compatibilità del Regolamento con le norme della Costituzione, il dibattito cercherà nuovi campi di
gioco, in quanto le associazioni contrarie alla sua emanazione si sposteranno
su nuovi terreni di dibattito, magari proprio sui social network. Queste associazioni, inoltre, potranno far leva su un’opinione pubblica favorevole, in
quanto la maggioranza dei netiziens non approvano qualsiasi mezzo volto a
Cfr. SALERNO, Giulio M. Op. cit.
POLLICINO, Oreste. La rimessione alla Corte della questione di legittimità costituzionale in materia di diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica. In federalismi.it, del 24 novembre 2014. Consultabile al link: http://www.federalismi.it/nv14/articolodocumento.cfm?Artid=28022 (consultato il 4 giugno 2015).
449 Cfr. POLLICINO, Oreste. Op. cit.
450 Cfr. MORRONE, Andrea. Internet come spazio pubblico costituzionale cit.
447
448
217
tutelare il diritto d’autore e impedire loro di utilizzare i contenuti multimediali che sono abituati a scaricare quotidianamente.
Qualora fosse confermata l’illegittimità costituzionale delle norme già esaminate, nulla impedirà ai titolari dei diritti d’autore e all’industria musicale
e cinematografica di cercare nuovi strumenti di contrasto alle violazioni massive commesse via Internet, alternativi e più celeri rispetto all’ordinaria tutela
giurisdizionale, civile e penale, oggettivamente inadeguata a dare risposte
tempestive al fenomeno della pirateria online, sempre in crescendo.
L’Autorità, inoltre, potrà cercare una soluzione che superi le controversie
costituzionali, redigendo un nuovo regolamento che attui un miglior bilanciamento degli interessi in gioco. Il potere regolamentare in materia, infatti,
le è stato pienamente riconosciuto dal TAR Lazio ponendo, almeno su tale
questione, un punto fermo: il metro su cui si valuta l’operato di un organo
amministrativo quale l’AGCom è la legge. Se i giudici, nel caso ritengano una
legge viziata da incostituzionalità, possono provocare il giudizio della Corte
costituzionale, gli organi amministrativi non hanno tale possibilità e devono
necessariamente applicare le leggi in vigore. Nel caso del Regolamento specifico la legge da applicare è il d.lgs. n. 70 del 2003, su cui si fonda il regolamento, che riproduce la normativa dell’Unione Europea.
Questa linea dell’Autorità è stata anche confermata dalle parole dei suoi
membri, che vedono nella questione costituzionale «un’ottima occasione per
fare un bilancio e per migliorare il regolamento visto che è stato definitivamente riconosciuto il potere/dovere dell’iniziativa Agcom che alcuni avevano messo in dubbio e che ha originato diverse proposte di legge circa la depenalizzazione della violazione del diritto d’autore quando non a fini di lucro e l’agevolazione dell’offerta legale» 451.
NICITA, Antonio, intervista per DI CORINTO, Arturo. Regolamento AGCom sul diritto d’autore rinviato alla Corte Costituzionale cit.
451
218
6.2. Criticità del Regolamento: web-locking, contraddittorio e
costi del procedimento
Se la giurisprudenza si è mostrata molto dubbiosa riguardo il contenuto
del Regolamento, la dottrina non è stata da meno, presentando voci molto discordanti fra chi ha esaltato la nuova regolazione della materia e chi, invece,
l’ha fortemente criticata. Gli argomenti oggetto di diatriba sono stati plurimi,
i più accesi sono già stati affrontati nei precedenti paragrafi: il doppio binario
di tutela amministrativa e ordinaria 452, la limitazione alla libertà di manifestazione del pensiero 453, il dubbio riconoscimento di un potere regolamentare
in capo all’Autorità 454. Questi argomenti, però, non esauriscono il panorama
del dibattito in corso, lasciando fuori altri due profili critici sollevati da più
parti: l’incisività dei provvedimenti di web-locking, ossia quelli destinati ai
server localizati all’estero volti al blocco dell’intero sito, e l’asserita violazione
del contraddittorio e del diritto di difesa nel procedimento AGCom.
Analizzando il tema dell’incisività dei provvedimenti di web-locking, una
corrente dottrinale 455 ritiene che questi strumenti appaiano simili a quelli usati all’inizio del secolo scorso per reprimere la ribellione degli indipendenti
del cinema 456. L’Italia, a oggi, è l’unico dei Paesi occidentali che utilizza il
blocco dei contenuti in via amministrativa, senza il ricorso a un magistrato
che possa verificare la legittimità della richiesta 457. In altri Stati un sistema
del genere apparirebbe fortemente in contrasto con la legge, come negli Stati
Uniti dove il web-locking, anche in via giudiziaria, violerebbe i principi del
Primo Emendamento della Costituzione 458.
Vedi paragrafo 6.1.1. corrente capitolo.
Vedi paragrafo 6.1.2. corrente capitolo.
454 Vedi paragrafo 3.2. corrente capitolo.
455 Cfr. SARZANA DI S.IPPOLITO, Fulvio e SAETTA, Bruno. I pericoli e i danni del web
blocking nella tutela del copyright cit.
456 Il riferimento è alla “ribellione” di Universal Pictures, Paramount Pictures e Fox DIstribution contro Thomas Edison che ha portato alla nascita di Hollywood. Un accenno alla
vicenda è stato fatto nel paragrafo 1. Corrente capitolo
457 Il Paese più vicino all’Italia che consente tale blocco è la Turchia che, dal febbraio
2014, consente a un’Autorità Amministrativa, l’Autorità Nazionale delle Telecomunicazioni
(TIB), di adottare tali misure anche a tutela del diritto d’autore.
458 Cfr. MACK, Lauren. DNS Filtering to fight Internet piracy violates the First
Amendment. In Jurist – Dateline. Articolo del 13 gennaio 2012. Liberamente consultabile al
452
453
219
Per capire le controversie sul web-locking bisogna, però, analizzare tale
fenomeno dal punto di vista tecnico e per farlo non si può trascendere dalla
natura intrinseca di Internet: essa, infatti, è una rete che dovrebbe mettere in
comunicazione due punti terminali, che siano utenti o server o anche il sistema client-server. In caso di comunicazione non trasparente, vi potrebbero
essere malfunzionamento o intromissioni indebite nel contenuto trasmesso
tra tali soggetti. Perché la trasparenza possa operare, essa deve essere in primo luogo assicurata negli estremi della rete (i destinatari della comunicazione) invece che nei nodi intermedi, visto che essa viene di solito progettata
prima dei servizi che su di essa circoleranno 459. Grazie a tale sistema, la rete è
sempre attuale, potendo trasportare sempre nuovi servizi.
Nel rispetto del principio dell’end-to-end, i nodi di rete si aspettano che
l’informazione trasmessa dalla controparte giunga a destinazione immodificata; inoltre alcune risorse di rete, fra cui gli indirizzi IP o i nomi a dominio,
potrebbero essere condivisi da più servizi o utenti. Quest’ultima situazione
può comportare diverse situazioni critiche: un indirizzo IP potrebbe essere
condiviso anche fra più siti web di clienti diversi, così come un nome a dominio potrebbe essere utilizzato per più siti web di utenti diversi che lo gestiscono in autonomia; ancora potrebbero essere resi disponibili sotto lo stesso
nome contenuti di soggetti diversi e indipendenti fra loro. Sulla base di queste considerazioni, i provvedimenti dell’AGCom potrebbero colpire soggetti
diversi dagli effettivi destinatari.
In caso di blocco degli indirizzi IP si potrebbe avere un’interruzione indebita dei servizi di terzi erroneamente coinvolti, o di altri utenti non coinvolti,
o addirittura il blocco di servizi offerti dagli stessi IP, ma non pertinenti al
provvedimento.
link: http://jurist.org/dateline/2012/01/lauren-mack-DNS-filtering.php (consultato il 12
giugno 2015).
459 Questo principio prende il nome di “End to End”: in presenza di due applicazioni che
comunicano tramite una rete, tutte le funzioni e operazioni specifiche richieste da queste devono essere realizzate ed eseguite in modo completo negli end point (nodi terminali) e non
negli intermediate node (nodi intermedi) della rete. In caso contrario, infatti, si potrebbero
non soddisfare i requisiti delle applicazioni oppure si avrebbe una penalizzazione delle applicazioni presenti su altri nodi della rete.
SALTZER, J.H. REED, David P., CLARK, David D. – Massachussetts Institute of Technology Laboratory for Computer Science: End-to-edn Arguments in System Design. 1981.
220
In caso di filtraggio a livello DNS, invece, si potrebbe avere un oscuramento dei contenuti di tutti gli utenti per fatti addebitabili a un singolo utente o l’oscuramento di un intero servizio per la presenza di un contenuto gestito da terzi.
Una richiesta di blocco può, quindi, compromettere il funzionamento di
alcune attività o servizi di rete, nonché ledere i diritti di terzi utenti non coinvolti dai procedimenti, oppure creare anche dei disservizi nella rete (un esempio: nel caso di errore materiale nella trascrizione di un indirizzo IP). Tra
l’altro, bisogna considerare che il blocco a livello dei DNS è una misura comunque poco efficace, in quanto l’utente medio di Internet è in grado di aggirare il sistema modificando i propri DNS a livello proxy e, in caso non lo sapesse fare, la rete è piena di guide che aiutano passo passo nell’impresa.
L’Autorità, di fronte a queste critiche, si è difesa invocando i principi di
adeguatezza e proporzionalità che guidano l’intera sua attività, evidenziando
come il blocco del sito, oltre a essere l’unica misura adottabile per intervenire
su server locati all’estero, venga disposto solo in caso di reale necessità.
L’altro argomento di discussione è l’asserita mancanza di un contraddittorio fra le parti, nonché il non rispetto del principio di separazione dei poteri
e di terzietà degli organi inquirenti e decidenti, in quanto nel procedimento
dinanzi all’AGCom, secondo una tesi dottrinale, «non esiste alcuna parità tra
accusa e difesa, mancando una chiara distinzione tra accusa e organo giudicante, essendo sia la Direzione Servizi Media, che si occupa della fase preistruttoria e di quella istruttoria, che l’Organo Collegiale, organi della stessa
Autorità e quindi soggetti allo stesso Presidente» 460.
Il procedimento, così come configurato, è stato criticato per la sua celerità che impedirebbe di esplicare al meglio l’esigenza di difesa di tutte le parti
coinvolte nel procedimento. Il soggetto richiedente non diviene parte del, in
quanto la sua partecipazione si limita all’invio della richiesta: le reali parti del
conflitto (titolari di diritti e uploader) non sono quelle del; la parte reale del
sembra essere il provider che riceve sicuramente la comunicazione di avvio
del, mentre gli altri solo «ove rintracciati» (art.7 Regolamento). Il soggetto
SARZANA DI S.IPPOLITO, Fulvio e SAETTA, Bruno. I pericoli e i danni del web blocking nella tutela del copyright cit. Pag.31.
460
221
che ha realizzato la condotta “incriminata” non riceve l’informazione
dell’accusa rivoltagli.
Il mezzo di comunicazione usato dall’AGCom, tra l’altro, appare molto
fallace, trattandosi della normale posta elettronica e solo dove possibile di
posta elettronica certificata; questo ha portato all’invio di mail a indirizzi
numerici, a mail anonime reperite in rete, non aventi nulla a che fare con la
violazione. Questa situazione si caratterizza per profili di incertezza, in quanto diventa difficoltoso fornire la prova dell’avvenuta comunicazione di avvio
del procedimento, ma anche la conoscibilità degli atti delle parti coinvolte
non è possibile visto che a volte esse non sanno di esserlo.
Altra fonte di incertezze è l’impossibilità, per le parti coinvolte, di controllare i fascicoli del procedimento, visto che l’Autorità, interrogata sulla
questione da un’istanza presentata da ASSOPROVIDER, Associazione di rappresentanza dei provider, ha negato che questo possa avvenire. La motivazione del rigetto dell’istanza si ritrova nella configurabilità in questa richiesta
di un controllo generalizzato sugli atti dell’Autorità.
La fase istruttoria, quindi, si svolgerebbe in assenza degli accusatori che
non sono parte, degli accusati che potrebbero non aver ricevuto la comunicazione e di un effettivo contraddittorio, visto che non esiste né un obbligo di
messa a disposizione della documentazione d’accusa a favore delle controparti, né un’udienza pubblica in cui poter audire i destinatari della comunicazione.
Queste accuse appaiono essere più pressanti rispetto alle precedenti, e infatti l’AGCom si è difesa in maniera molto più debole, evidenziando come le
controparti possano inviare scritti difensivi a propria difesa. Le incertezze
sull’effettiva conoscenza del procedimento, nonché i termini molto ristretti
(cinque giorni nel procedimento ordinario, tre in quello breve) rendono molto difficoltoso l’esercizio del diritto alla difesa. E seppure resti inalterata la
possibilità di adire l’autorità giudiziaria e godere delle tutele processuali ordinarie, sembra condivisibile la tesi di chi ritiene che questo non sia
un’esimente, in quanto le garanzie del giusto processo debbano essere godute
anche nella fase amministrativa interna.
222
6.3. Commenti d’eccezione: un riconoscimento importante dagli
Stati Uniti
Nonostante gli innumerevoli dibattiti di giuristi ed esperti, il Regolamento in esame ha suscitato molte reazioni favorevoli, anche estere.
Un riconoscimento importante proviene dal Stati Uniti d’America: l’Italia
non rientra più fra i Paesi della Special 301 list. Si tratta di un rapporto preparato annualmente dal Governo Americano 461 che identifica le barriere causate dalla mancanza di adeguate ed effettive protezioni offerte dal diritto della
proprietà intellettuale (comprensivo di diritto d’autore, marchi e brevetti);
sono ricomprese sia le barriere economiche che hanno effetto su aziende e
prodotti americani, ma anche quelle personali con un’assenza di tutele per i
soggetti portatori di tali diritti.
In questo progetto si distinguono tre categorie di soggetti osservati: i
Priority Foreign Countries, ossia i Paesi che, a giudizio degli americani, non
hanno adeguate leggi sulla proprietà intellettuale e potrebbero essere soggetti
a sanzioni; i Priority Watch List e i Watch List, contenenti i Paesi il cui diritto
autoriale è considerato non corrispondente agli standars minimi di tutela e,
quindi, da tenere sotto osservazione.
L’Italia era stata posta nella Watch List nel 1989, ma è stata rimossa nel
2014 in considerazione degli ultimi sviluppi relativi alla protezione del Diritto
d’Autore sulla rete. Nel rapporto si legge testualmente che il merito di questa
eliminazione è dovuto proprio alle novità introdotte dal Regolamento entrato
in vigore il 31 marzo 2014 462.
Nello specifico dall’Office of the United States Trade Representative (USTR).
Executive Office of the President of the United States, Special 301 Report, Aprile
2014, reperibile al seguente link:
https://ustr.gov/sites/default/files/USTR%202014%20Special%20301%20Report%20to%2
0Congress%20FINAL.pdf (consultato il 25 maggio 2015).
Nel rapporto si legge testualmente, a pag.11, che «Italy is removed from the Watch List
in the 2014 Special 301 Report in recognition of the Italian Communications Regulatory
Authority’s (AGCOM) adoption, on December 12, 2013, of long-awaited regulations to combat copyright piracy over the Internet. The regulations, which entered into force on March
31, 2014, provide noticeand-takedown procedures that incorporate due process safeguards
and establish a mechanism for addressing large-scale piracy. The adoption and entry into
force of these regulations is a significant achievement, resulting from intensive efforts over
many years, which the United States strongly welcomes. We look forward to continuing to
461
462
223
Un riconoscimento dell’importanza del regolamento, questo, che si aggiunge al sospiro di sollievo (brevemente) tirato dagli investitori italiani ed
esteri,
i quali
spesso
hanno
lamentato
l’insufficienza del
sistema
dell’ordinaria giustizia italiana nel punire efficacemente e tempestivamente
questo tipo di illeciti.
7. La Responsabilità dell’utente
Quando si parla di responsabilità in Internet, oltre a considerare il ruolo
del provider, non si può evitare di parlare anche della responsabilità del singolo utente. I fruitori della rete, infatti, sono gli effettivi realizzatori della
condotta illecita, in quanto sono loro a scaricare i file coperti da diritto
d’autore, oppure a scrivere commenti diffamatori, o ancora a caricare foto oscene, tutte condotte che concretizzano fattispecie di reato.
L’individuazione dell’autore del reato, come già detto, è cosa problematica vista la possibilità di navigare protetti da anonimato, ma anche a causa
della globalità di Internet: se, infatti, il colpevole si trova in un Paese extracomunitario in cui non si applica la disciplina violata, non ci sarà modo di far
valere le proprie ragioni.
Per le ipotesi di violazione del diritto d’autore attraverso il file sharing, la
giurisprudenza ha ritenuto l’indirizzo IP appartenente a ciascun soggetto un
dato personale e la tutela della privacy è considerata prevalente rispetto alla
tutela del diritto d’autore 463. Questo assunto ha oggettivamente frustrato le
aspettative di enforcement dei titolari del diritto d’autore.
work with Italy on our shared commitment to IPR protection and enforcement, and will
closely monitor Italy’s implementation of these regulations».
463 Nelle controversie fra i titolari di diritto d’autore contro gli utenti, sospettati di aver
condiviso illecitamente dei file tutelati, vi sono stati molti dubbi sulla configurabilità
dell’indirizzo IP come dato personale. Favorevole a tale interpretazione è l’opinione 2/2002
dell’Article 29, Data Protection Working Party, che ritenne tali dati protetti dalle direttive
95/46 e 97/66 in materia di protezione dei dati personali.
Per soluzioni contrarie, cfr. COUDERT, F. e WERKERS, E. In the Aftermath of the Promusicae Case: How to Strike the Balance?, 18 International Journal of Law and Information
Technology 50, 2008, spec. 57 ss.; SAMMARCO, Pieremilio. Alla ricerca del giusto equilibrio da parte della Corte di Giustizia UE nel confronto tra diritti fondamentali nei casi di
impiego di sistemi tecnici di filtraggio, in Dir. Inf., 2012, pag.297.
224
Il Regolamento sul diritto d’autore varato dall’AGCom ha preso in considerazione l’ipotesi di disciplinare la responsabilità dell’utente, come è avvenuto in altri Paesi Europei che hanno adottato il sistema della risposta graduale 464, per poi escluderla in toto nella formulazione definitiva. Forse influenzato dall’esempio francese 465, dove anche prima dell’abrogazione
dell’HADOPI si sono avuti forti e accesi dibattiti sull’effettiva validità del sistema adottato, reo di non aver avuto nessun effetto deterrente sostanziale
garantito dalla legge, visto che gli utenti più informati in merito alla sorveglianza attuata dalle autorità su reti come quelle peer-to-peer si sono spostati
su altre piattaforme e canali non monitorati. È proprio a tale modello, in negativo, che il presidente dell’AGCom si è riferito in un’audizione alla Camera
Indipendentemente dalla qualificazione dell’indirizzo IP come dato personale, questo dibattito è stato innescato dalla richiesta delle case discografiche di ottenere i dati identificativi degli utenti cui gli indirizzi IP appartenevano. In Italia, è prevalsa la protezione dei dati personali degli utenti a discapito della tutela del diritto d’autore. Cfr. BLENGINO, Carlo. SENOR,
Monica Alessia. Il caso “Peppermint”: il prevedibile contrasto tra protezione del diritto
d’autore e tutela della privacy nelle reti peer to-peer, in Dir. inf, n. 4-5/2007, 835; CASO,
Roberto, Il conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint — Profili di diritto comparato, in Dir. Internet, n. 5/2007, 471; GAMBINI, Marialuisa. Diritto d’autore e tutela dei dati personali: una difficile convivenza in Rete, in Giur.it.,
n. 2/2009, 509.
464 La risposta graduale è un sistema di contrasto alla pirateria informatico, noto anche
come “regola dei tre colpi” (meglio conosciuto con l’equivalente inglese three-strikes) in
quanto un’azione giudiziale scatta solo a seguito della terza infrazione, a prescindere dalla
sua gravità. L’esempio più famoso di applicazione di tale regola è costituito dalla Francia, dove la legge di contrasto alla pirateria, l’HADOPI (Haute Autorité pour la Diffusion des œuvres et la Protection des droits d'auteur sur Internet) che è entrata in vigore nel 2009 ed è
stata poi abrogata nel 2013, aveva previsto tale sistema.
465 L’esempio a cui si fa riferimento è la “three strikes law”. Il primo dei tre strikes prevede l’invio di un messaggio via mail al fornitore dell’accesso a Internet dell’utente sospettato
della condotta illecita, individuato attraverso l’indirizzo IP, senza però che sia specificato il
tempo della violazione o l’identità dell’utente; all’ISP viene chiesto di monitorare tale soggetto e di installare un filtro nella sua connessione. Se nei sei mesi successivo all’invio di tale
messaggio si ripete una violazione del copyright, si passa alla seconda fase attraverso l’invio
di una lettera ufficiale al fornitore dell’accesso contenente il medesimo contenuto della mail.
Se nell’anno seguente all’invio di tale lettera si ha nuovamente una violazione del copyright,
si procederà con il terzo e ultimo strike, ossia la richiesta all’ISP di sospendere l’accesso alla
rete dell’utente per un periodo specifico che va dai due mesi a un anno; tale utente entra in
una blacklist che dovrebbe comportare l’impossibilità per tutti gli ISP di fornirgli la connessione a Internet. Solo in questa fase è possibile adire l’autorità giudiziaria per evitare il blocco
della connessione.
In realtà questo sistema è stato abrogato nel 2013, ma comunque la sua applicazione è stata
molto scarsa: soltanto un utente è stato sospeso, per un periodo di quindici giorni, e condannato a una multa di €600.
225
dei deputati, spiegando come le politiche a senso unico, volte solo a ottenere
la repressione del fenomeno, siano destinate a fallire 466. Il Regolamento adottato, infatti, non coinvolge l’utente, escludendo espressamente dal suo ambito
di applicazione «gli utenti finali che fruiscono di opere digitali in modalità
downloading o streaming, nonché le applicazioni e i programmi per elaboratore attraverso i quali si realizza la condivisione diretta tra utenti finali di
opere digitali attraverso reti di comunicazione elettronica», ossia le reti peer-to-peer (art.2 comma 3 del Regolamento). Bisogna sottolineare, però, che
questa limitazione dell’ambito di applicazione del Regolamento non impatta
sulla illiceità di questi comportamenti che sono e rimangono sanzionati dalla
legge, ai sensi dell’articolo 171-ter, comma 1, della legge 21 aprile 1941 n. 633.
Tali atti, però, non rientrano nell’ambito di azione dell’Autorità che resta
sempre vincolata a quanto statuito nel Decreto.
L’intento dell’Autorità, quindi, non è mirato a punire l’utente che viola il
diritto d’autore, quanto piuttosto ad agire in via preventiva, attraverso la
promozione dell’offerta legale e l’educazione alla legalità di cui si è già trattato.
CARDANI, Angelo Marcello. Audizione del Presidente dell'Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni. Audizione effettuata dinanzi alla Camera dei Deputati, Commissioni
riunite VII e IX, del 15 gennaio 2014. Il resoconto stenografico di tale audizione è liberamente consultabile sul sito dell’AGCom al seguente link:
http://www.agcom.it/documents/10179/540199/Audizione+al+Parlamento+15-012014/b92b0ccc-8c82-42d8-a0cc-10b7b1eb2122?version=1.0 (consultato il 10 giugno 2015).
466
226
Conclusioni
L’obiettivo della trattazione è stato l’inquadramento del diritto d’autore
in un contesto giuridico ambiguo e a tratti inesistente, il mondo cibernetico.
Internet, infatti, si qualifica fin dagli albori della sua creazione come il nonluogo
per
eccellenza,
una
rete
caratterizzata
dall’immaterialità
e
dall’astrattezza, in grado, però, di permettere lo scambio di informazioni e la
creazione di relazioni fra diversi soggetti giuridici.
Con lo sviluppo crescente delle tecnologie, diversi sono i problemi giuridici che si sono creati: uno è sempre stato l’identificazione del colpevole degli
illeciti perpetuati, spesso coperto da anonimato e quindi impossibile da individuare; inoltre la particolare natura di non-luogo di Internet impedisce di ricondurlo a un luogo fisico in modo da determinare la giurisdizione da applicare e l’organo competente alla risoluzione delle controversie.
Uno dei primi problemi affrontati nel momento in cui ci si è rapportati
con la rete è stato l’identificazione di una serie di regole trasversali che possano trovare applicazione, tenendo conto che spesso i rapporti avvengono fra
individui appartenenti a nazionalità differenti e quindi soggetti a giurisdizioni
diverse. È davvero possibile trovare un apparato giuridico univoco che possa
garantire agli utenti della rete la tutela dei diritti e il riconoscimento dei doveri? Diversi sono stati i tentativi in tal senso.
Lo studio condotto si è soffermato su un approccio innovativo, sul tentativo di creare un apparato di norme in materia condotto da diversi Stati. Dopo il rapido richiamo ai pionieri del campo, partendo dal Brasile, vero esploratore della materia, passando per gli Stati Uniti, da sempre attenti alle esi-
227
genze evolutive del diritto e allo sviluppo della rete, l’analisi si è soffermata
sugli Stati Europei. Tre gli esempi richiamati: Francia, Germania e Inghilterra, Stati che hanno scelto un approccio diverso alla materia. Se, infatti, la
Germania e l’Inghilterra hanno adottato un’impostazione più istituzionale,
vedendo in Internet uno strumento idoneo a perseguire interessi pubblici ed
economici, la Francia si è invece focalizzata sul rispetto della persona, con
un’attenzione alle libertà e ai diritti della personalità. Approccio che è stato in
parte condiviso dall’Italia dove, a partire dal 2014, si sta avendo un tentativo
di codificazione dei diritti e dei doveri della rete, con la proposizione di un
documento specifico, la Carta dei diritti e dei doveri dell’Internet.
La novità italiana, che la distingue da tutti gli esempi precedentemente
fatti – ai quali però chiaramente si ispira, basti pensare alla traduzione simultanea che questo documento ha avuto in inglese, francese e tedesco
all’indomani della sua presentazione – è l’iniziativa a opera di un soggetto istituzionale, una Commissione mista in seno alla Camera e presieduta dallo
stesso presidente, l’On.Laura Boldrini. Commissione mista perché composta
sia da membri del Parlamento che da soggetti esterni, esperti chiamati a dare
il loro apporto alla materia, composizione che si ispira alla natura stessa della
Rete, un luogo dove le interazioni si creano fra gli utenti, dove chiunque è
chiamato a dare il suo contributo e manifestare il proprio pensiero. E la Carta
si è costruita così, con un’elencazione di quattordici articoli a opera di esperti
che, però, hanno richiesto il parere di chi la Rete la vive ogni giorno, aprendo
la Bozza alla consultazione pubblica prima di poter stilare il testo da proporre
in via definitiva alle alte cariche legislative.
Un nobile tentativo di esplorare confini nuovi, in precedenza non ben definiti, che però si è dovuto cimentare con un ostacolo tipico della Rete e particolarmente ingente in Italia: il digital divide, ossia il divario che esiste fra chi
ha effettivamente accesso alle tecnologie dell’informazione e chi, per vari motivi, ne è escluso. In Italia, infatti, quasi la metà della popolazione non ha accesso alla rete, sia per ragioni tecniche, come la scarsa diffusione e sviluppo
delle tecnologie più avanzate (le reti in fibra per esempio), ma anche sociali,
quali l’assenza di reti wi-fi nelle scuole per presunti danni alla salute dei minori. Questo divario ha avuto delle conseguenze anche sulla scarsa partecipa-
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zione alla consultazione pubblica sulla Bozza, avvenuta in rete e poco commercializzata, che ha spinto la Commissione a interrogarsi sulle ragioni di
questa assenza partecipativa.
A parere di chi scrive, il tentativo legislativo è apprezzabile, ma non impellente: a fronte di un digital divide così esteso, forse converrebbe più concentrare gli sforzi istituzionali verso il miglioramento delle condizioni della
rete, educandone i cittadini all’utilizzo, in modo da garantire appieno
l’esercizio del diritto di accesso, fra l’altro uno dei punti cardine della Bozza.
Il tentativo legislativo, infatti, potrà avere una maggior risonanza e soprattutto una concreta applicazione solo quando tutti i cittadini potranno essere nelle condizioni di accedere alla rete e poterla utilizzare. Un miglioramento dovrebbe avvenire anche dal punto di vista tecnico, con un ampliamento dei
fondi destinati ai sovvenzionamenti per la distribuzione sul territorio della rete in fibra, in modo da dotare, se non tutta, almeno la maggioranza della popolazione della banda larga.
In questo quadro il diritto d’autore ha subito una strana sorte, essendo
stato, infatti, inizialmente non contemplato nella Carta dei diritti e dei doveri
dell’Internet, non per una semplice lacuna dei compilatori della Carta, bensì
perché si tratta di un argomento talmente impegnativo e che coinvolge così
tanti interessi contrapposti da meritare un’analisi apposita con gli stakeholders interessati. Un ripensamento si è avuto quando diversi soggetti, fra cui il
Presidente della FIEG (Federazione Italiana Editori e Giornali), hanno presentato audizioni volte a introdurre un articolo della Bozza che contemplasse
questo diritto.
Nel proseguo della trattazione, affrontando il tema portante del collocamento del diritto d’autore nel contesto cibernetico, tre sono stati i passi fondamentali seguiti: il suo inquadramento generale, studiandone l’essenza e le
violazioni più comuni compiute in rete; l’imputazione di responsabilità per le
violazioni; l’analisi degli organi predisposti ad assicurarne il rispetto, analizzando nello specifico il procedimento dinanzi a un’Autorità Amministrativa
229
ideato per assicurare un pronto intervento, alternativo alla giurisdizione ordinaria.
Il diritto d’autore è nato per assicurare la tutela dei frutti dell’attività intellettuale, assicurando al titolare una serie di diritti sia di natura morale che
economica. Nato in tempi antichi, la disciplina attuale è contenuta nella legge
n.633 del 1941, ripetutamente aggiornata a fronte delle nuove esigenze normative.
Nel collocare il diritto d’autore nel contesto della rete, il primo problema
che si presenta è l’assenza di un corpus mechanicus che permetta la circolazione dell’opera. La dottrina, infatti, pacificamente riconosce nell’opera la
sussistenza
di
due
corpi
distinti:
quello
mysticum,
l’idea,
frutto
dell’originalità e della creatività dell’autore, e quello mechanicus, il supporto
materiale nel quale l’idea è racchiusa e può circolare. I due elementi, prima
dell’avvento di internet, erano imprescindibili: poiché l’idea da sola non può
essere tutelata, occorre una sua manifestazione esteriore. Internet, però, ha
superato questa concezione, permettendo la circolazione delle opere disancorate da un supporto fisico, quale semplice flusso di bit. La digitalizzazione, infatti, ha spezzato il legame tra la dimensione immateriale e quella materiale
dell’opera. Si assiste, quindi, a un intervento diretto del fruitore dell’opera
che ne modifica il formato, scegliendo quello più idoneo alle sue esigenze.
Diretta conseguenza di questa azione positiva del fruitore è la facilitazione degli scambi delle opere, senza un controllo da parte dell’autore, con la
perdita di consapevolezza che un uso improprio dell’opera digitale possa costituire un illecito. La condivisione di qualsiasi tipo di file, la sua manipolazione in base alle esigenze dell’utente, la visualizzazione in qualsiasi momento venga ritenuto più opportuno, sono avvertite come azioni connaturate alla
rete, caratterizzanti proprio il mondo digitale. Anche ammettendo che
l’utente sia consapevole del reato in corso, non opera verso di lui l’effetto dissuasivo della pena, visto che reati in tal senso vengono compiuti in massa impunemente, data la difficoltà di individuarne tutti gli autori.
230
Il principale problema del diritto d’autore online, però, è rappresentato
dalla arretratezza delle norme. La legge sul diritto d’autore, infatti, risale agli
anni quaranta, un’epoca nella quale il progresso tecnologico era sì ipotizzabile, ma non si poteva assolutamente prevedere il livello che avrebbe raggiunto
settant’anni dopo. Tentativi di modernizzazione sono stati operati, soprattutto su influenza europea che, con la Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione
della disciplina del diritto d’autore fra gli Stati Membri, è intervenuta sui diritti di utilizzazione economica, ampliandone la definizione e l’ampbito applicativo per abbracciare anche le nuove modalità di fruizione cibernetica
dell’opera. Altrettanto importante è l’intervento del legislatore italiano che,
con legge n.128/2004 (c.d. “Decreto Urbani”) ha modificato è la disciplina dei
reati contro il diritto d’autore, rendendola più attuale ed efficiente.
Nell’analizzare le violazioni più frequenti che avvengono in rete, tre sono
le condotte illecite su cui questo lavoro si è soffermato: il file sharing di contenuti illegali, lo streaming e la manipolazione illecita di fotografie.
Per file sharing si intende la condivisione di file all’interno di una rete di
computer collegati tra loro; se questa è una condotta lecita, la violazione in
esame sorge quando oggetto dello sharing diviene un’opera dell’ingegno coperta da diritto d’autore senza il suo consenso, configurandosi gli estremi di
reato quando l’opera viene messa a disposizione del pubblico, in un sistema
di reti telematiche mediante qualsiasi tipo di connessione, da chi non ne abbia diritto.
Lo streaming è la particolare modalità di diffusione di un flusso audio/video da una sorgente a più destinazioni, attraverso una rete telematica,
caratterizzato dalla riproduzione dei dati nel momento in cui giungono a destinazione, senza che se ne abbia la memorizzazione sul computer dell’utente
(tranne per il lasso temporale necessario alla fruizione). Si tratta di un fenomeno sempre più comune negli ultimi anni, di fatto la violazione più perpetrata visto che la diffusione della banda larga ha permesso la visualizzazione
dei contenuti multimediali in maniera più agevole rispetto al passato, evitando in tal modo il passaggio obbligato dell’opera dal computer del detentore a
231
quello del fruitore, attraverso il download conseguente al file sharing. In
questo modo l’utente non ha né la necessità di attendere i tempi fisiologici di
scaricamento, né deve occupare memoria nel proprio dispositivo. Trattandosi
di un fenomeno di recente diffusione, la normativa non prevede alcun accenno a esso, mancandone una definizione univoca; tuttavia la dottrina si sta
muovendo per darne un inquadramento normativo.
Ultima violazione esaminata è la manipolazione illecita di fotografie, fattispecie che si realizza quando un’opera fotografica viene modificata senza
l’autorizzazione dell’autore e diffusa quale opera originale. Sebbene il diritto
d’autore offra meccanismi concreti di protezione in queste situazioni, la diffusione digitale delle opere fotografiche fa aumentare notevolmente il rischio di
illecito, rendendo necessario che si utilizzino dei sistemi di protezione ulteriori rispetto all’apparato normativo. Uno di questi è rappresentato dal watermark, un marchio che, inserito nell’immagine e di difficile eliminazione,
ne identifica l’autore. Si tratta, però, di rimedi ideati da soggetti privati, non
istituzionalizzati in alcun modo.
A fronte di queste considerazione, ciò che appare evidente è
l’inadeguatezza della normativa sul diritto d’autore a offrire una protezione
per le opere dell’ingegno immesse nella rete cibernetica. Se nel caso del file
sharing un tentativo piuttosto riuscito di ricondurre la violazione in atto alla
normativa esistente è stato fatto, non si può dire lo stesso degli altri fenomeni. Nel caso dello streaming, infatti, i tentativi dottrinali sembrano essere solo delle elucubrazioni teoriche, difficilmente trasportabili nella pratica, sia
per la difficoltà di individuare concretamente chi stia guardando abusivamente dei contenuti tutelati dal diritto d’autore, sia perché, eventualmente
individuati tali soggetti, risulta difficile l’applicazione delle sanzioni previste.
Di fronte a questo fallimento del diritto d’autore, vi è la necessità di un ripensamento della normativa, introducendo delle fattispecie specifiche.
Nel caso della manipolazione illecita di fotografie, invece, apprezzabile
potrebbe essere la creazione di un nuovo diritto, un ibrido fra i diritti morali e
quelli di sfruttamento economico, il diritto di condivisione in rete delle im-
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magini, che renda consapevole l’autore dell’opera che, una volta immessa in
rete, questa possa essere automaticamente condivisa dagli altri utenti, stante
la sua possibilità di inibirne in ogni tempo la condivisione su esplicita richiesta. Si tratta di interventi che dovrebbero trovare immediata attuazione da
parte del legislatore.
Nel quadro così descritto, fondamentale appare l’individuazione dei criteri di imputazione della responsabilità nel momento in cui una violazione del
diritto d’autore venga concretamente realizzata, secondo obiettivo di tale elaborato.
Applicando le regole generali della responsabilità civile, a norma
dell’art.2043 del codice civile «qualunque fatto doloso o colposo che cagiona
ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire
il danno» sancendo quindi la responsabilità di colui che materialmente
commette la violazione. Nel contesto della rete, però, l’applicazione di questa
norma generale deve fare i conti con alcuni problemi ingenti, primo fra tutti
l’individuazione dell’utente che ha commesso il fatto, operazione difficoltosa
per diverse ragioni: l’utente potrebbe aver utilizzato un computer non di sua
proprietà, potrebbe aver compiuto l’operazione coperto dall’anonimato, potrebbe risiedere all’estero. A questo si aggiunge che per identificare gli utenti
vi è la necessità di richiedere ai fornitori dell’accesso a internet dati specifici
per localizzarli, dati che però sono protetti dalla legge sulla privacy.
Di fronte a queste problematiche, la tesi avanzata su più fronti, incluse
dottrina e giurisprudenza, è stata di far ricadere tutta la responsabilità
sull’Internet Service Provider, ossia quel soggetto che, generalmente organizzato in forma di impresa, fornisce agli utenti servizi telematici, sia la connessione alla rete quale elemento base, con l’aggiunta di altre prestazioni a
pagamento o gratuite. L’ISP, quindi, si configura come un soggetto facilmente
individuabile, la cui organizzazione in forma di impresa garantisce un’ampia
solvibilità: in questo modo, quindi, si avrebbe la certezza di avere un responsabile per ogni violazione commessa. Questa teoria, però, porta con sé degli
inconvenienti sia dal punto di vista economico, in quanto il provider, doven-
233
do eventualmente far fronte all’alto prezzo del risarcimento del danno, potrebbe scaricare questi oneri sugli utenti con un innalzamento dei costi di accesso alla rete e l’eliminazione dei servizi gratuiti; giuridici, poiché in tal modo si avrebbe la creazione di una forma di responsabilità oggettiva non prevista dal legislatore; sociali perché l’ISP, per evitare l’imputazione, sarebbe portato a effettuare un controllo capillare sul materiale immesso in rete, trasformandosi in un organo censore, in contrasto con la libertà di manifestazione della rete.
La responsabilità dell’ISP è stata poi disciplinata dal legislatore nel 2003,
con il d.lgs.n.70 che riprende la Direttiva Europea 2000/31/CE. Tale quadro
normativo prevede delle limitazioni alla responsabilità sulla base dell’attività
concretamente posta in essere dal provider, descrivendo, agli artt.14-16, tre
ipotesi in cui la responsabilità non sussiste a determinate condizioni stabilite
per legge. Si tratta del caso del mere conduit, ossia il provider che si limita a
trasmettere sulle reti di comunicazione informazioni fornite da un utente oppure a fornire l’accesso alla rete; del caching, il fornitore che memorizza automaticamente e temporaneamente le informazioni fornite dagli utenti, ma
solo per rendere più efficace l’invio ai destinatari delle stesse; infine l’hosting,
colui che offre un servizio di memorizzazione delle informazioni. Le limitazioni di responsabilità sono strutturate sulla base del rapporto che l’ISP ha
con il contenuto immesso sulla rete: più stretto è il rapporto, maggiori saranno gli obblighi incombenti in capo al provider per evitare l’imputazione. Nel
caso del mere conduit, infatti, il rapporto è minimo, in quanto si tratta di una
semplice attività di trasmissione dati, mentre negli altri due casi, essendoci
comunque un’attività di memorizzazione, l’esenzione di responsabilità si avrà
solo nel momento in cui il provider dimostri di non aver potuto conoscere in
alcun modo il materiale illecito presente sulla rete, né di essere intervenuto
su di esso per modificarlo e contribuire così alla sua diffusione.
L’art.17 del decreto, invece, prevede l’assenza di un obbligo generale di
sorveglianza da parte dell’ISP sui dati immessi nella rete, in quanto una previsione in positivo andrebbe del tutto a stravolgere il ruolo del provider, trasformandolo in uno “sceriffo della rete” in grado di incidere con poteri di censura sul contenuto, operazione non solo eticamente e giuridicamente scorret-
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ta, ma soprattutto impossibile vista l’enorme mole di dati che quotidianamente transitano su internet. Il prestatore è comunque tenuto a informare
senza indugio l'autorità competente in caso di conoscenza di presunte attività
o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell’informazione.
A parere di chi scrive, ancora una volta il quadro normativo appare obsoleto. Si tratta, infatti, di norme del 2003, ma la tecnologia negli ultimi anni
non è rimasta immutata, si è evoluta attuando anche una trasformazione del
ruolo svolto dai provider, non più soggetto passivo e neutro rispetto
all’organizzazione e alla gestione dei contenuti immessi dagli utenti, ma fornitore che interviene sugli stessi con meccanismi di indicizzazione e ricerca
per rendere la piattaforma di più agevole consultazione; a queste operazioni
aggiuntive, inoltre, molto spesso si affianca la pubblicità, che comporta un ritorno economico ingente per l’ISP. Il rapporto fra fornitore dell’accesso e
contenuto, quindi, non appare essere del tutto neutrale, ma una partecipazione attiva è riscontrabile. La giurisprudenza per prima si era accorta di questa evoluzione, ipotizzando la distinzione fra l’host passivo, definito
dall’art.16 predetto che può godere l’esenzione di responsabilità, e l’host attivo, svolgente un ruolo incisivo sull’organizzazione dei contenuti e, di conseguenza, responsabile ex art.2043 c.c. Questo riconoscimento giurisprudenziale, attuato con sentenze del 2011, è venuto meno dal ribaltamento delle stesse
sentenze in appello, con l’eliminazione di questa distinzione e il ritorno a
un’unica categoria di hosting, quella prevista dall’art.16. Una svolta inaspettata, che elimina anche quei pochi passi che erano stati fatti verso un adeguamento interpretativo delle norme alla situazione tecnologica attuale.
L’ultimo obiettivo perseguito è l’analisi degli organi e del procedimento
amministrativo previsto per la tutela del diritto d’autore online.
Questo obiettivo si è reso necessario a fronte di un fenomeno sempre in
crescente diffusione: la pirateria digitale, ossia il reperimento di materiale
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coperto da diritto d’autore da parte degli utenti della rete, i quali condividono
fra loro film, canzoni, e-book in maniera illegale. Il fenomeno della pirateria è
sempre più dilagante, in quanto sondaggi recenti hanno dimostrato come
quasi la metà dei netiziens non sono consapevoli che la loro azione è illegale,
oppure anche in presenza di tale consapevolezza questo reperimento di materiale coperto dal diritto d’autore non è avvertito come un crimine, piuttosto
come un’azione tollerabile, se non addirittura necessaria. I veri colpevoli, infatti, sono i proprietari delle industrie dell’intrattenimento, rei di imporre
prezzi troppo alti che giustificano il ricorso a mezzi alternativi e del tutto illegali.
Per contrastare questo fenomeno, la Legge sul diritto d’Autore individua
due enti di diritto pubblico preposti alla tutela del diritto d’autore, la S.I.A.E.
(Società Italiana degli Autori ed Editori) e l’AGCom (Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni), i quali hanno il compito di coordinarsi nell’attività
di vigilanza.
Nell’esercizio dei suoi poteri, l’AGCom ha emanato, con Delibera
n.680/13/CONS, un Regolamento definito “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003 n.70” che, equilibrando
gli interessi coinvolti (degli editori, consumatori, utilizzatori delle opere, dei
provider), mira a fornire una celere risposta alle violazioni del diritto
d’autore perpetuate sulle reti di comunicazione elettronica o nei servizi media
audiovisivi, attraverso l’emanazione di provvedimenti volti alla rimozione selettiva del materiale illecito o alla cessazione della sua trasmissione. Tre sono
i pilastri sui quali si basa tutta la disciplina contenuta nel Regolamento: la
promozione dell’offerta legale, l’educazione dell’utente alla legalità, la fase di
enforcement che porta alla repressione delle violazioni del diritto d’autore.
A differenza di quanto è avvenuto in altri Stati Europei, la scelta
dell’Autorità Amministrativa è stata di escludere la responsabilità dell’utente,
non trovando applicazione il Regolamento nei confronti degli «utenti finali
che fruiscono di opere digitali in modalità downloading o streaming, nonché
alle applicazioni e ai programmi per elaboratore attraverso i quali si realizza la condivisione diretta tra utenti finali di opere digitali attraverso reti di
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comunicazione elettronica», ossia le reti peer-to-peer (art.2 comma 3 del Regolamento). Bisogna sottolineare, però, che questa limitazione dell’ambito di
applicazione del Regolamento non impatta sulla illiceità di questi comportamenti che sono e rimangono sanzionati dalla legge, ai sensi dell’articolo 171ter, comma 1, della legge 21 aprile 1941 n. 633. Questa scelta si discosta da
quanto avviene per esempio in Francia, dove la legge dedicata, l’HADOPI
(Haute Autorité pour la diffusion des œuvres et la protection des droits sur
internet), si focalizza sulla responsabilità degli utenti, disciplinando un meccanismo (c.d. three-strikes) che prevede l’invio di un avviso ogni volta che
l’utente viene scoperto nell’atto di commettere una violazione, avente effetto
dissuasivo in quanto, a seguito del terzo avviso, si procede con un procedimento ordinario.
Il procedimento si aziona solo a seguito di istanza esperita dal soggetto
che dispone della titolarità del diritto d’autore, il quale, essendo un diritto riconducibile anche nell’alveo dei diritti della personalità (vedi i c.d. diritti morali), necessita dell’interesse effettivo perché la sua violazione possa essere
perseguita. Tutte le istanze devono essere valutate preliminarmente
dall’Autorità che valuta la necessità di procedere nel merito. Accertata la sussistenza di una violazione del diritto d’autore, viene inviata una diffida al gestore del sito per spingerlo ad adeguarsi spontaneamente con la rimozione
del materiale illecito, in modo da evitare la continuazione del procedimento
amministrativo; in caso contrario il provvedimento emesso dall’Autorità divergerà a seconda che il server sia o meno locato in Italia.
In caso di localizzazione in Italia, il provvedimento conterrà l’indicazione
del materiale da rimuovere, ordinandone l’eliminazione; in caso contrario, il
provvedimento sarà destinato al mere conduit, obbligato a bloccare l’accesso
alla rete del sito attraverso il blocco dei DSN o dell’indirizzo IP.
Questa seconda possibilità è stata fortemente criticata dai detrattori del
Regolamento poiché il blocco totale del sito comporterebbe una violazione
della libertà di manifestazione del pensiero, in quanto non vi sarebbe possibilità di selezionare il materiale illecito da quello illecito, ma tutto sarebbe sottoposto a oscuramento, attuando una forma di censura obbligata. L’Autorità,
sul punto, si è difesa evidenziando come questo rimedio, sebbene drastico, sia
237
l’unico percorribile, in quanto comunque il gestore del sito viene preliminarmente avvisato della presenza del materiale illecito e delle conseguenze incontro alle quali va in caso di non rimozione; inoltre, tutte le decisioni
dell’Autorità si ispirano ai principi di proporzionalità e adeguatezza e quindi
la decisione di disporre il blocco del sito avviene solo dopo un equo bilanciamento degli interessi in gioco.
Premettendo che il Regolamento si trova ora al centro di una questione di
legittimità, in quanto la Corte Costituzionale è stata chiamata a esprimersi
sulla compatibilità delle norme su cui si basa il Regolamento con la legge suprema (dei possibili esiti della stessa è già stata data una prospettiva, precisamente nel Capitolo Terzo al paragrafo 6.1.3.), il futuro del Regolamento è
incerto. Al momento il procedimento dinanzi all’Autorità sembra essere
l’alternativa più veloce per ottenere la rimozione (o la cessazione della trasmissione) del materiale coperto da diritto d’autore illecitamente trasmesso. I
tempi della giustizia ordinaria, considerati nella prassi applicativa e non nella
teorica formulazione, non consentono di intervenire prontamente, mentre
l’Autorità Amministrativa, nell’anno appena trascorso, è stata in grado di intervenire celermente, anche grazie alla forza dissuasiva giocata dall’invio di
un semplice atto di diffida al provider, in grado di ottenere il “ravvedimento
operoso” degli stessi che hanno portato all’eliminazione del materiale denunciato. I vantaggi sono stati duplici: da un lato l’effettiva rimozione del contenuto illecito, dall’altro lo snellimento dei procedimenti sia ordinari che amministrativi.
A parere di chi scrive, però, il punto fondamentale del Regolamento non è
rappresentato dalla fase di enforcement già descritta, quando dalla fase di
promotion e di educazione alla legalità. Di fronte a una conclamata ignoranza
in materia degli utenti della rete, i quali - è stato dimostrato - molto spesso
non sono affatto consapevoli dell’illiceità delle azioni da loro commesse nel
momento in cui utilizzano impropriamente materiale coperto da diritto
d’autore, la loro educazione appare fondamentale. E visto che l’educazione da
sola non basta, non essendo sufficiente a impedire la commissione di ulteriori
violazioni, è l’offerta legale a dover essere incoraggiata. Molti utenti, infatti,
hanno dichiarato che per loro “scaricare” è quasi una necessità, non trovando
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né servizi legali equipollenti, né potendo sopportare i singoli costi delle opere
dell’ingegno, ritenuti troppo alti e previsti esclusivamente a favore delle industrie dell’intrattenimento, non dell’autore. Un incremento dell’offerta legale,
magari anche a costi contenuti, potrebbe essere il miglior effetto dissuasivo
esistente, ancora più efficace rispetto alla minaccia di ritorsioni giuridiche.
Un esempio a riprova di quanto detto è rappresentato dalla diffusione nel
nostro Paese di Spotify, un servizio musicale che offre lo streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche ed etichette indipendenti, a partire dal 12 febbraio 2013. Questo servizio permette la possibilità di ascoltare musica illimitata e di scegliere se usufruire dell’opzione base,
gratuita ma con delle interruzioni pubblicitarie, oppure quella premium, con
il pagamento di un canone mensile che permette di usufruire di servizi aggiuntivi ed evitare la pubblicità. Gli autori delle opere musicali vengono remunerati sia sulla base degli introiti pubblicitari che di quelli ricavati dalla
sottoscrizione del contratto premium. Grazie a questo programma, la pirateria musicale ha ricevuto una battuta d’arresto perché gli utenti ora preferiscono accedere a questa piattaforma per ascoltare musica, oppure sottoscrivere l’abbonamento premium che, a costi limitati (si parla di € 9.99 al mese),
permette di ascoltare tutti i brani desiderati anche offline.
Il successo dell’offerta legale è dimostrato anche in negativo guardando al
panorama dei contenuti video: in tal campo, infatti, continua imperterrita la
pirateria che, anzi, ha subito un incremento con il diffondersi del sistema di
streaming. Secondo la dottrina, questo è spiegato dall’assenza in Italia di
programmi analoghi a Spotify per le serie tv, scenario che dovrebbe mutare a
partire da ottobre, con l’arrivo in Italia di Netflix, un programma che permette l’accesso a tutte le serie tv e film caricati sulla piattaforma, dietro pagamento di un canone mensile. Un altro fattore che spiega questa disparità nella pirateria è dato dall’eccessiva rigidità delle finestre temporali per la disponibilità delle opere nei circuiti legali, in quanto nel momento in cui si perde l’uscita
al cinema di un film, se non si vogliono aspettare i tempi di pubblicazione in
dvd o blue-ray, l’unica alternativa è proprio la pirateria, stesso discorso vale
anche per chi segue la programmazione americana delle serie tv: pur di non
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aspettare un anno per poterle guardare in italiano, l’estimatore sceglie di
guardarle in lingua originale, magari sottotitolate.
Questi fenomeni negli ultimi anni sono in aumento, ma appare pregevole
il tentativo fatto da emittenti satellitari di contrastarli: se il problema è che
l’utente non riesce ad aspettare la traduzione in italiano della sua serie tv preferita, perché allora non fornirgliela il giorno dopo la messa in onda negli Stati Uniti in lingua originale e con i sottotitoli? Questa è la direzione che alcune
reti via cavo stanno prendendo, ampliando la propria offerta per offrire le serie di maggior successo quasi in tempo reale, procacciandosi in questo modo
clienti e assestando un duro colpo alla pirateria. Un do ut des che mette
d’accordo tutti, sia gli utenti che l’industria cinematografica.
L’esperienza del mercato musicale digitale insegna che è l’offerta legale a
fare la differenza: gli stessi utenti scaricano illegalmente film, ma poi ascoltano in modo legale la musica, una risposta diversa a due mercati che molto diversamente si stanno adattando alla rivoluzione digitale.
Le istituzioni, in tutto questo, dovrebbero prendere esempio da questa risposta del mercato dell’intrattenimento e favorire sempre di più, anche con
interventi normativi mirati a incrementare l’offerta legale, la conoscenza e
l’offerta di contenuti ufficiali. Questo potrebbe essere il modo più incisivo per
ridurre la pirateria e far sì che il diritto d’autore online sia risparmiato dal destino che lo vede trasformato in un diritto teoricamente valido, ma poco attuabile nella prassi.
240
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