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Periodico di Clifford Chance in Italia

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Periodico di Clifford Chance in Italia
INSIGHTS
Periodico di Clifford Chance in Italia
Gennaio 2015 n 1
Made
in Italy
Rischio
penale
Voluntary
disclosure
Intervista a
Maurizio Tamagnini
sui settori più appetibili
per gli investitori
Indagini interne
e rapporti con
l’Autorità Giudiziaria
Ultima chiamata
per le disponibilità
riservate all’estero?
INSIGHTS
Periodico di Clifford Chance in Italia
INDICE
Settori: Made in Italy
4 Incontro con Maurizio Tamagnini, Amministratore Delegato di Fondo Strategico
Italiano, società con 4,4 miliardi di euro di fondi per investimenti di capitali di rischio
in aziende, con azionisti Cassa Depositi e Prestiti e Banca d’Italia. Tema centrale i
possibili sviluppi del mercato degli investimenti nel Made in Italy nei prossimi anni.
Tendenze: le indagini interne
10Nell’ultimo decennio, la grande crescita dei mercati è stata turbata da una
impressionante “onda anomala”: improvvisi fallimenti di realtà societarie che
apparivano solide e affidabili, nuovi scandali finanziari, crisi dei mercati, rischio
default di alcuni Paesi dell’euro-zona ed espansione della criminalizzazione.
Legal tweets
14
15
Getting personal
La voluntary disclosure
16
Profilo
18
In agenda
Alberta Figari
19
20 anni di...
Clifford Chance in Italia
INSIGHTS | n. 1 gennaio 2015
Periodico di Clifford Chance in Italia
Editore: Studio Legale Associato
Direttore Responsabile: Micol Scabbia
Redazione: Clifford Chance
Impaginazione: MilanoForward.com
Crediti fotografici: Shutterstock.com, Wikipedia,
MilanoForward.com
Tiratura: 700 copie
Stampa: Ancora Srl
Reg. Trib. Numero 409 del 19 dicembre 2014
La pubblicazione Insights viene inviata ad una lista selezionata di nominativi. In caso non voglia più riceverla, La invitiamo a mandare una mail con i Suoi dati a
[email protected]
2
Numero 1
Gennaio 2015
Con grande piacere vi presento il primo numero di Insights,
la pubblicazione che abbiamo voluto lanciare per celebrare i primi 20 anni
di attività di Clifford Chance in Italia. Siamo orgogliosi di questo traguardo e
desiderosi di continuare la nostra storia di successo.
Cosa non è Insights. Non è una rivista di stampo tecnico. Non vogliamo
trattare questioni giuridiche, né proporvi semplici aggiornamenti normativi.
Giuseppe De Palma
Insights vuole essere un nuovo canale di comunicazione, uno strumento
per approfondire la conoscenza del mutevole mercato in cui operiamo e
per comprendere meglio le sfide che ci attendono e le opportunità che si
presenteranno.
Vogliamo condividere con voi la visione di investitori e managers
protagonisti della vita economica del nostro Paese che hanno il beneficio di
una prospettiva privilegiata. Vogliamo sensibilizzarvi su novità e trends che
consideriamo importanti per il vostro lavoro e darvi un nostro contributo di
idee su temi che riteniamo di grande attualità o che richiedano di fare un
po’ di chiarezza.
Vogliamo pubblicare Insights con cadenza quadrimestrale. Ciascun
numero conterrà rubriche ricorrenti e, con formati diversi, tratterà temi di
interesse e… curiosità.
In questo primo numero presentiamo, tra l’altro, il ruolo del Fondo
Strategico Italiano e la visione del suo Amministratore Delegato Maurizio
Tamagnini, cui vanno i nostri sentiti ringraziamenti. Vi parliamo anche di
“rischi” e di “investigazioni interne”, che sono temi di grande attualità per
qualunque persona impegnata nella gestione di società ed imprese.
Vi saluto ringraziando tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di
questo numero. Mi auguro che le pagine che seguono riflettano la passione
con la quale abbiamo lavorato per lanciare questa iniziativa. Spero che
Insights raccolga il vostro gradimento e vi invito a farmi avere commenti,
idee e suggerimenti utili a renderla una lettura sempre interessante e
piacevole.
Un cordiale saluto
Giuseppe De Palma
Managing Partner, Clifford Chance Italy
”
3
INSIGHTS
Periodico di Clifford Chance in Italia
Settori
MADE IN ITALY
Turismo e agroalimentare. Potrebbero essere le chiavi di volta per superare
la crisi. A patto di riuscire a consolidare e rendere più efficienti le aziende
che in quei settori operano. E a candidarsi a fare da polo aggregatore è il
Fondo Strategico Italiano (FSI), il nostro fondo sovrano, porta di ingresso
per gli investitori esteri in Italia.
“Lo scorso 2 luglio un decreto del Mef ha ampliato l’operatività del Fondo
inserendo nuovi settori tra quelli di ‘rilevante interesse nazionale’” – racconta
l’Amministratore Delegato di FSI Maurizio Tamagnini all’avvocato Claudio
Cerabolini di Clifford Chance, che lo ha incontrato a Milano a fine luglio
– “Tra questi vi sono il settore turistico-alberghiero e l’agroalimentare.
Entrambi sono considerati fondamentali per la nostra economia, e questa
inclusione è anche un riconoscimento del fatto che la maggior parte delle
aziende di quei comparti ha un fatturato sotto i 300 milioni, che è il nostro
limite di investimento per settori diversi da quelli che il nostro statuto
considera strategici”.
4
Numero 1
Gennaio 2015
In effetti, nel turismo e
nell’agroalimentare, il frazionamento
dimensionale e proprietario ha
ostacolato l’afflusso di capitali, fatta
eccezione per alcune acquisizioni
di alberghi di lusso e per alcuni
investimenti di player industriali.
Quale potrebbe essere la strada per
catalizzare investimenti importanti?
E voi potete funzionare da polo di
consolidamento?
È qualcosa che auspichiamo ed è
una nostra priorità. Crediamo che
agroalimentare e turismo siano due settori
importantissimi, tanto che già a dicembre
2013 il Fondo aveva annunciato un piano
per il turismo che includa la possibilità
di lanciare un veicolo di investimenti
in immobili alberghieri promosso da
Cassa depositi e prestiti e, in maniera
indipendente, in aziende di gestione
alberghiera. Una separazione importante
che consentirebbe la nascita di catene
alberghiere che la coincidenza tra
proprietà e gestione finora ha impedito.
È il tentativo di creazione di una ricettività
che sia ben ideata per le esigenze dei
turisti che non vengono solo da Paesi
vicini ma anche dall’estremo Oriente
o dal Sudamerica. Ed è un processo
che avrà un impatto rilevante in termini
di indotto, nuovi posti di lavoro e
benessere sociale per il territorio. Penso
che come conseguenza crescerebbe il
numero di aziende che si occupano in
modo strutturato e specializzato della
promozione di beni culturali, dei settori
dell’accoglienza con servizi che vanno dal
momento in cui il turista arriva sul nostro
territorio al momento in cui se ne va.
Questo vale anche per l’alimentare, per
cui il turismo funzionerebbe da volano: più
riusciamo ad attrarre visitatori più questi
hanno la possibilità di conoscere e
acquistare prodotti del Made in Italy
agricolo, in cui crediamo moltissimo.
E lo dimostra, per esempio, il tentativo
che abbiamo fatto la scorsa primavera
di acquisire l’azienda Deoleo, che negli
anni era diventata di proprietà spagnola
e che è il maggior produttore globale di
olii extravergine di oliva di alta qualità a
marchio Bertolli, Carapelli e Sasso. Ad
aggiudicarsela è stato il fondo di private
equity statunitense CVC Capital Partners.
Ma ricordiamo questo evento, anche se
non ci ha visti protagonisti, appunto a
testimonianza del nostro interesse nel
settore agroalimentare.
Investire in Italia è talvolta considerato
difficile a causa della complessità
normativa e regolamentare e di
vincoli spesso eccessivi. Sulla
base della vostra esperienza
di fundraiser in ambito
internazionale, cosa
spaventa un investitore
estero riguardo all’Italia?
Cosa è più difficilmente
comprensibile del nostro
Paese visto dall’esterno?
Io credo che l’investitore
straniero che si affaccia
all’Italia abbia una serie di
stereotipi che in buona parte possono
essere eliminati e alleviati. Faccio
l’esempio del Qatar, che ha iniziato a
guardare al Paese con l’intenzione di
conoscerne innanzitutto le dinamiche e
poi, quando è riuscito a familiarizzare, ha
fatto una serie di operazioni importanti:
dall’acquisizione in Costa Smeralda nel
settore degli alberghi da parte di Qatar
Holding, che successivamente ha investito
anche nell’edilizia di Porta Nuova a
Milano, a Valentino che è stata acquisita
per 700 milioni di euro da Mayhoola for
Investments, società dello sceicco Hamad
bin Khalifa Al Thani. Il fatto di avere un
partner locale e per di più istituzionale
qui in Italia ha fatto sì che i qatarioti
fossero facilitati, si sentissero garantiti e
mettessero il nostro Paese su un gradino
più alto di considerazione,
riuscendo a valutare le
nostre aziende per
quello che sono:
attraenti.
In effetti gli
investitori esteri
interessati
al Made in
Italy sono
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INSIGHTS
Periodico di Clifford Chance in Italia
Maurizio Tamagnini
Da settembre 2011 Amministratore
Delegato di Fondo Strategico Italiano,
società con 4,4 miliardi di euro di fondi per
investimenti di capitali di rischio in aziende
(“FSI”), con azionisti Cassa Depositi e
Prestiti (che possiede una partecipazione
dell’80%) e Banca d’Italia (che possiede una
partecipazione del 20%).
Presidente del Consiglio di Sorveglianza
di STMicroelectronics N.V., azienda leader
nel settore dei semiconduttori quotata alla
Borsa di Milano, New York e Parigi.
Presidente della joint venture tra Fondo
Strategico Italiano e Qatar Holding
(IQ Made in Italy Investment Company)
con dotazione di capitale di 2 miliardi di
euro per investimenti nei settori Alimentare
e Distribuzione, Moda e Articoli di Lusso,
Arredamento e Design, Tempo Libero,
Turismo e Lifestyle.
Membro di:
- Industrial Compact, task force di esperti
del Ministero dello Sviluppo Economico
Italiano;
6
- Comitato Esecutivo del Business Forum
Italia-Cina;
- Business Forum Italia-Francia;
- International Advisory Board del RDIF.
Ha maturato 24 anni di esperienza nel
settore finanziario nelle aree di finanza
straordinaria, private equity, debito ed
equity, lavorando a Milano, Londra
e New York.
Fino al 2011 Responsabile Sud Europa della
divisione Corporate e Investment Banking
di Bank of America Merrill Lynch e membro
del Comitato Esecutivo di Bank of America
Merrill Lynch per l’area EMEA.
Laurea in Economia Monetaria
Internazionale conseguita presso
l’Università Bocconi di Milano. Studi
di specializzazione presso Rensselaer
Polytechnic Institute – Troy, New York, USA.
Membro del Comitato Organizzatore
dei Campionati del Mondo di Pallavolo
Femminile – Milano 2014.
riconducibili ad alcune aree
geografiche precise. L’Europa, con
in testa Francia, Germania e Regno
Unito se si considera la sede legale
dei fondi di private equity compratori;
il mondo arabo, con esperienze come
quelle appena citate e l’investimento
di Etihad in Alitalia; infine, la Cina,
che ha acquisito il 40% di Ansaldo
Energia, in un’operazione guidata
da FSI, e l’acquisizione del 35%
di Cdp Reti da parte di State Grid
Corporation of China.
La tendenza è questa. Direi che dopo
alcuni anni di flessione degli investimenti
esteri in Italia dovuti alla profonda crisi
del debito del Sud Europa e alle criticità
dell’economia domestica che cresce
negativamente o in misura minore rispetto
agli altri Paesi, a partire dalla metà del
2013 siamo tornati a registrare un forte
interesse per le aziende del nostro Paese.
Che infatti si stanno anche riaffacciando in
Borsa dopo anni di stasi pressoché totale.
Numero 1
Gennaio 2015
In questo ambito gli obiettivi del Fondo
Strategico sono essenzialmente due: il
primo è investire in aziende con potenziale
di crescita importante in settori con un
rilevante impatto sull’indotto in Italia
ma con capacità di sviluppo anche nei
mercati esteri. Il secondo è quello di poter
fungere da catalizzatore per investitori
istituzionali seri di lungo periodo nelle
nostre aziende. Non ci sorprende questo
ritorno degli investitori sul mercato
italiano perché l’Italia è il secondo Paese
manifatturiero della Comunità Europea,
ha una grande quantità di aziende
appetibili per investitori che cercano
opportunità di crescita dimensionale.
L’incidenza delle aziende con un fatturato
inferiore al miliardo di euro è maggiore
in Italia rispetto a Francia e Germania.
Questa evidenza, combinata con la
frequente leadership delle imprese
italiane nella nicchia in cui operano e
con il fatto di possedere valutazioni
comparativamente convenienti dal punto
di vista storico e anche in relazione a
mercati europei e statunitensi, crea
in sé delle opportunità estremamente
interessanti.
Le imprese italiane sono però anche
caratterizzate da una prevalenza di
strutture proprietarie molto chiuse
nelle famiglie che difficilmente sono
disposte a cedere quote.
Come si supera questo modello
culturale che è tipico italiano?
È vero, l’80% delle aziende italiane sono
possedute da famiglie alla seconda o
terza generazione, ma anche questa è
un’opportunità a mio avviso: l’apertura del
capitale è l’unica via per mutare da realtà
moderatamente piccole e moderatamente
valutate, pur se eccellenti nella propria
nicchia, e per garantire continuità
nell’ambito del passaggio generazionale.
Aggiungo anche che le aziende italiane
si sono finanziate nell’ultimo ventennio
prevalentemente tramite debito bancario,
in misura dell’80%: sostanzialmente più
alta rispetto a Francia, Germania e Stati
Uniti. E buona parte di questo debito
bancario è debito bancario a breve che
andrà sostituito con strutture di capitale più
Case study: ANSALDO
La società target
Ansaldo Energia è un’azienda leader nel suo settore che è la produzione delle
turbine a gas e in cui sono presenti cinque operatori: oltre alla genovese, General
Electric, Siemens, Alstom Power e Mitsubishi Electric. Tra l’altro la francese Alstom
Power è stata di recente acquisita da General Electric dopo aver rifiutato l’offerta
di Siemens e Mitsubishi Electric. E dunque è in atto un processo estremo di
consolidamento.
L’intervento di FSI
Il Fondo Strategico ha identificato in questa azienda una realtà di rilevanza nazionale
dotata di tecnologia e management adatti a fare il salto dimensionale e con indotto
di rilievo. Ansaldo Energia genera un fatturato pari ad euro 1,2 miliardi e occupa
3.400 addetti. Si è trattato fin da principio per FSI di un’operazione inconsueta, cioè
non avvenuta in minoranza. Il Fondo ha acquisito immediatamente circa l’85% della
società, per poi identificare un processo di selezione di un partner industriale che
potesse portare tecnologia e mercati. Nel frattempo l’afflusso di capitale fresco ha
consentito all’azienda di prendere tempo e di rifinanziare il debito.
E infine il partner è stato individuato: buona parte della crescita del settore nelle
turbine a gas è in Asia che conta per metà del mercato e per questo la scelta è
ricaduta su Shanghai Electric che è uno dei maggior operatori del mercato asiatico
con una quota del 30% del mercato cinese. Nel dettaglio, FSI ha ceduto a Shanghai
Electric il 40% di Ansaldo Energia per 400 milioni di euro e contestualmente sono
state costituite due joint venture in Cina per la produzione di turbine a gas destinate
ai mercati asiatici e la costituzione di un centro di ricerca e sviluppo a Shanghai,
entrambe sinergiche con lo stabilimento di Genova. I centri di ricerca di Genova
e Shanghai cooperano inoltre per lo sviluppo di una nuova tecnologia di turbina a
gas. Il closing dell’operazione è atteso entro fine 2014 a seguito di approvazioni
governative e antitrust.
Risultati e sviluppi ottenuti
L’accordo potrà rappresentare un importante riferimento per le relazioni industriali
dei due Paesi. Ad Ansaldo Energia consentirà di accedere ai mercati asiatici: oltre
all’intesa strategica con Shanghai Electric, è stato infatti siglato un accordo di
collaborazione tecnologica con la coreana Doosan Heavy Industries & Construction:
si tratta di un progetto di Ricerca & Sviluppo per la progettazione di una nuova
turbina a gas destinata ai Paesi con rete elettrica a frequenza 60 hertz (Nord
America, Brasile, Arabia Saudita, Corea). Grazie a questo accordo, Ansaldo
Energia raggiungerà nei prossimi 7 anni il 100% dei mercati delle turbine a gas,
con importanti ricadute positive sul centro di Ricerca & Sviluppo di Genova con
l’assunzione di 100 ingegneri, di cui 35 nel primo anno. Infine, Ansaldo Nucleare
ha acquisito la britannica Nuclear Engineering Services nel settore dell’ingegneria
nucleare e ha posto in essere le condizioni per implementare una strategia
industriale che possa portarla a essere più presente sui mercati esteri,
alla quotazione nel medio termine e all’indipendenza finanziaria.
7
INSIGHTS
Periodico di Clifford Chance in Italia
a lungo termine o con capitale di rischio.
In questo contesto il Fondo Strategico
si pone come un catalizzatore di questi
investitori e nella sua breve vita di due
anni e mezzo ha agito da punto di
entrata di investitori esteri che magari
non conoscono i dettagli del nostro
Paese e non hanno la struttura per fare
investimenti diretti da soli, oltre che da
garanzia vista la sua natura istituzionale
e i suoi obiettivi di fare investimenti di
capitale di rischio con co-investitori a
termini di mercato in aziende stabilmente
equilibrate dal punto di vista finanziario,
buone prospettive di crescita e piani
industriali solidi e importanti. Investiamo
in minoranza e dunque non come socio
gestore come molti investitori, soprattutto
i fondi sovrani, prediligono.
E il sistema funziona?
Da quando siamo nati a inizio 2012 è
stato aperto direttamente il capitale alla
Banca d’Italia che del Fondo possiede il
“
20%, mentre il rimanente 80% è proprietà
della Cdp, ci siamo dotati di un piano di
comunicazione e di documentazione di
supporto per le interlocuzioni con fondi
sovrani e investitori di lungo periodo
e anche Clifford Chance ci ha fornito
il suo contributo nella preparazione
dell’Information Memorandum: grazie a
questo impianto siamo riusciti ad attrarre
in strutture di investimento alcuni dei
principali investitori globali. Parlo del fondo
sovrano del Kuwait, la Kuwait Investment
Authority (KIA) che ha investito 352 milioni
di euro impegnandosi ad un investimento
complessivo di 500 milioni di euro in FSI
Investimenti, un’azienda di co-investimento
posseduta al 77% dal Fondo Strategico
Italiano. E di Qatar Holding che con FSI
ha costituito IQ Made in Italy Investment
Company, una joint venture di investimento
da due miliardi che si pone l’obiettivo
appunto di focalizzarsi sui settori di punta,
di nuovo, alimentare, turismo, lusso,
arredamento e design.
Non ci sorprende questo ritorno
degli investitori sul mercato italiano
perché l’Italia è il secondo Paese
industriale della Comunità europea
8
”
Abbiamo avuto la possibilità di testare
nel concreto queste significative
occasioni di investimento in aziende che
hanno progetti importanti, leadership di
tecnologie di prodotto e di mercato e sono
guidate da imprenditori coraggiosi che
vogliono continuare a crescere. Abbiamo
accumulato una pipeline di opportunità
significative: una quindicina di settori sono
stati messi in priorità per possibili analisi
in quanto li riteniamo importanti in termini
di possibilità di investimento e di possibile
impatto sull’indotto del nostro Paese.
Il Comitato Investimenti ha autorizzato oltre
35 opportunità, 18 sono state le offerte
presentate, 7 sono state concluse e fanno
parte del nostro portafoglio attuale.
Il Made in Italy è senz’altro uno
dei settori preferiti dagli investitori
esteri. Si è visto tuttavia un crescente
interesse anche per comparti come
la meccanica e la tecnologia per le
infrastrutture. Quali saranno i settori
Numero 1
Gennaio 2015
più appetibili per gli investitori che
valuteranno investimenti in Italia nel
prossimo futuro?
Oltre a quelli già citati del turismo e
dell’alimentare, direi i servizi pubblici e
le infrastrutture fisiche e tecnologiche,
anche questi ultimi in generale molto
frammentati. Si tratta di ambiti in cui
abbiamo già concluso alcune operazioni:
nelle infrastrutture tecnologiche abbiamo
investito 200 milioni di euro, con l’opzione di
stanziare ulteriori 300 milioni, in Metroweb,
la società proprietaria della fibra ottica
di Milano, acquisendo una quota del
46,2%, accanto a F2i che mantiene la
maggioranza. Con l’obiettivo di replicare
la rete di Metroweb nelle principali 30 città
italiane. Nell’ambito dei servizi pubblici
abbiamo invece completato un investimento
nel Gruppo Hera, multi-utility bolognese,
con un commitment di 112 milioni di euro in
aumento di capitale che sono stati usati per
il consolidamento di AcegasAsp in Friuli e
nel Veneto e dell’Amga Multiservizi di Udine.
Abbiamo fatto molto lavoro nell’analizzare
e portare a compimento operazioni nel
settore della meccanica dove l’Italia è
molto forte e nell’analizzare operazioni di
Made in Italy classici e auspichiamo che,
con il partner qatariota, proprio nei settori
dell’alimentare e del turismo avremo a breve
il primo investimento. Indipendentemente
dal settore, la selezione delle aziende è
molto importante: guardiamo innanzitutto a
target con forte vocazione all’export.
Vocazione all’export delle società
target: quali altre caratteristiche deve
avere un’azienda per essere appetibile?
Gli investimenti sono selezionati sulla
base delle indicazioni di quanto incluso
nel Decreto e nello Statuto e sulla base
di criteri di investimento di cui il Fondo
si è dotato nell’ambito del suo sistema
normativo interno. Si tratta di criteri guidati
essenzialmente dalla meritocrazia degli
investimenti stessi nei singoli settori:
attrattività del piano industriale, bontà
della strategia, volontà di fare un salto
in termini di crescita dimensionale. Ed
è fondamentale la nostra valutazione in
termini di impatto sull’indotto.
Questo è un altro punto molto
interessante: le aziende che piacciono
devono guardare al mondo, ma devono
saper creare ricchezza dentro i confini
nazionali. Possiamo esplicitare meglio
questo concetto, facendo anche
ricorso a qualche esempio?
Si tratta esattamente di questo: individuare
la produzione italiana che si trasforma
in fatturato estero. Un esempio è
sicuramente quello dell’ultima operazione
condotta nel 2013: l’investimento
per 151 milioni (pari al 49,5% della società)
in Valvitalia, tra i principali produttori
mondiali di valvole e componenti per
il controllo dei flussi per l’Oil & Gas.
Valvitalia produce circa l’80% in Italia ed
esporta più dell’85%. Questo si traduce
in mille dipendenti diretti, e un indotto
di 230 milioni di fatturato, con duemila
persone coinvolte e 70 milioni di euro
in retribuzioni. E anche la più recente
operazione condotta su Ansaldo Energia
ha simili caratteristiche: l’azienda genovese
ha circa il 70% della produzione in Italia e
oltre il 93% di fatturato all’estero. Il nostro
modello di investimento si esplicita nel
tempo perché gli investimenti hanno una
serie di sequenzialità che il caso Ansaldo
ben rappresenta (vedi box).
Ancora, abbiamo investito nel pharma con
Kedrion che opera nel settore dei plasmaderivati è che è passata, anche grazie al
nostro investimento, dall’avere un 60%
di fatturato in Italia e un 40% all’estero,
con una ripartizione inversa di circa il 30%
contro il 70%.
Il processo di selezione delle società
da valorizzare è chiaro, così come
l’identikit del candidato allo shopping.
Una battuta finale sul fronte di chi fa
da intermediario-investitore: come
funziona il Fondo Strategico, quali
sono le sue caratteristiche e come si
svolge il processo di investimento?
Innanzitutto, noi siamo una SpA e non
un fondo di private equity con una logica
di breve periodo. Investiamo con un
orizzonte temporale di lungo termine,
nel ruolo di azionista di minoranza con
una governance attiva. Non vogliamo
creare situazioni di discontinuità con
il socio e l’obiettivo finale è di uscire
dall’investimento promuovendo una
quotazione in Borsa. Ovviamente dopo
aver creato le condizioni per cui l’azienda
sia sostenibile e abbia accesso al capitale.
Per funzionare il Fondo Strategico si è
dotato di una governance di mercato.
Un Cda di cinque membri di cui due
indipendenti, che è molto snello ed è
l’organo deliberativo; un Comitato di
investimento composto da professionisti
di investimento in capitale di rischio
ma anche di esperti industriali e
infine un Comitato Strategico con
fino a sette membri che hanno forti
esperienze in settori complementari
tra loro e rappresentanti le varie aree
geografiche mondiali, per esempio il
professor Alberto Sangiovanni-Vicentelli
che è un esperto di tecnologia, vive a
San Francisco e insegna a Berkeley,
un manager come Walter de Silva,
responsabile del design di Volkswagen e
residente in Germania, Luca Garavoglia,
il Presidente del Gruppo Davide
Campari che ha una forte conoscenza
nella distribuzione alimentare e Andrea
Guerra, AD di Luxottica dal 2004 al 2014
e profondo conoscitore dei brand e dei
beni durevoli. Una squadra davvero
n
vincente.
Claudio Cerabolini, che ha intervistato Maurizio Tamagnini, è socio
di Clifford Chance a Milano e responsabile del gruppo Private Equity
dal 2011. Ha recentemente assistito FSI in relazione all’investimento
di Kuwait Investment Authority per 500 milioni di euro e alla joint
venture con Qatar Holding, che ha l’obiettivo di focalizzarsi in società
italiane operanti nel settore Made in Italy.
T: +39 028063 4248 | E: [email protected]
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