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chirotteri, aiutiamoli ad aiutarci!

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chirotteri, aiutiamoli ad aiutarci!
04 dossier
Biodiversità
CHIROTTERI, AIUTIAMOLI
AD AIUTARCI!
Il mantenimento della biodiversità faunistica passa
necessariamente per la protezione dei chirotteri. Ma questi
curiosi mammiferi possono essere di valido aiuto anche nella
lotta integrata agli insetti vettori di malattie, come le
fastidiose zanzare. Incrementiamo le popolazioni di chirotteri,
soprattutto in ambito urbano, e loro sapranno come
contraccambiare.
La Settimana Veterinaria - N°866 - 19 marzo 2014
L
a conservazione della biodiversità è uno
degli obiettivi ineludibili per la tutela
dell’ambiente di tutto il pianeta, visto
che ai pericoli rappresentati dalle tante forme di inquinamento antropiche e
di prelievo diretto (caccia, pesca) si sono andati ad aggiungere, in modo sempre più preoccupante, tutti quei fenomeni collegati al riscaldamento globale (global warming).
Da tempo, la comunità scientifica, e non solo, ha
fatto propria la necessità ineludibile di far fronte alla perdita della biodiversità; anche a livello
© Francesco Grazioli
Un esemplare di Myotis nattereri
© D. Gelli
© Paolo Agnelli
05
© D. Gelli
Foto 3. Auscultazione.
politico non mancano gli interventi che cercano
di dare organicità e soprattutto risorse a determinati programmi, come i progetti “Life” e “Life+” che, preservando gli habitat naturali, creano le premesse per la salvaguardia di quelle specie selvatiche la cui permanenza è indispensabile
per la conservazione di tale patrimonio.
A Copenhagen ha sede l’European enviroment
agency (Eea) che, sul finire del 2013, ha pubblicato i risultati di un progetto che ha visto la
partecipazione di ricercatori di nove Paesi del
centro e nord Europa e il cui obiettivo era valutare la consistenza delle popolazioni di sedici specie di chirotteri (vedere foto 1), considerati, insieme a volatili e farfalle, indicatori di
biodiversità. Dal 1993 (data di inizio del programma) al 2003, le popolazioni studiate sono
risultate sostanzialmente stabili, mentre si è registrato un sensibile incremento dei siti di ibernazione (sino al 43%). Visti i risultati significativi ottenuti nello studio delle regioni biogeo-
© D. Gelli
Foto 2. È necessario manipolarli con attenzione perché, anche se piccoli, possono reagire mordendo.
1 - Un esemplare di orecchione (Plecotus auritus).
Foto 4. All’esame obiettivo particolare possono seguire interventi di reidratazione.
grafiche atlantica e continentale, di certo, il progetto vedrà una nuova fase, che interesserà l’area mediterranea e, forse, comprenderà anche
il nostro Paese.
Tutte le specie di chirotteri sono protette
Tutte le specie di chirotteri sono protette e anche in Italia l’interesse nei loro confronti è andato aumentando al di là della cerchia degli addetti ai lavori, come zoologi, biologi e naturalisti, che se ne sono sempre occupati, prevalentemente con l’interesse dei ricercatori. Ma è
in ambiente urbano, dove la presenza di animali sinantropi è sempre più motivo di attenzione, che i chirotteri necessitano di un intervento multidisciplinare, in quanto spesso assumono aspetti di problematicità. Basti pensare
a quando persone che li rinvengono in difficoltà
o feriti li portano in un ambulatorio veterinario, confidando che possano essere prestate loro delle cure.
Primo soccorso e terapia dei chirotteri
in difficoltà
Per prima cosa si devono valutare i contesti di
rinvenimento dell’animale, quali la stagione (fine estate: giovani ai primi voli; fine inverno:
uscita dal letargo), il periodo della giornata (notte o giorno) e il luogo (a terra o meno) e, anche
se difficile, qualunque altro dato anamnestico.
Quindi, si procede a un primo segnalamento
(la femmina ha maggiori esigenze metaboliche),
facendo la massima attenzione a maneggiare
animali così piccoli che, se ancora vigili, possono reagire mordendo (vedere foto 2). All’esame obiettivo particolare (vedere foto 3) possono seguire interventi di reidratazione per os
o sottocute (vedere foto 4) e alimentazione, tenendo conto che, in emergenza, si può ricorrere anche ad alimenti di supporto per cani e gatti. Ovviamente, tutto è molto più complesso se
i soggetti condotti dal veterinario sono traumatizzati (fratture, morsi da predazione, •••
La Settimana Veterinaria - N°866 - 19 marzo 2014
© D. Gelli
Foto 6. Frattura del femore sinistro visibile controluce.
© A. Zanella
Foto 5. Frattura a legno verde di un avambraccio.
© D. Gelli
© D. Gelli
06 dossier
Foto 7. Anestesia.
Foto 8. Esemplare di Nottola riabilitato pronto per essere rilasciato in natura.
••• vedere foto 5, 6 e 7) o, più frequentemente, sono orfani. Questi ultimi, solitamente, vengono rinvenuti da metà giugno a metà luglio
e bisognerebbe tentarne il reinserimento nella
colonia; se ciò non fosse possibile, come avviene nella maggior parte dei casi, si deve provvedere alla somministrazione, mediante cannule,
di pasti piccoli (non più di 1 ml) e frequenti (12 ore), facendo attenzione a stimolare, se necessario, al massimo ogni due pasti, l’urinazione e la defecazione, aiutandosi con bastoncini
ovattati.
Riabilitazione e rilascio: ruolo dei Cras
Appena possibile, i chirotteri devono essere
condotti in uno dei Centri di recupero della
fauna selvatica (Cras), variamente distribuiti
La Settimana Veterinaria - N°866 - 19 marzo 2014
in Italia, che sono le istituzioni preposte al recupero e alla riabilitazione degli animali selvatici feriti, orfani o comunque in difficoltà, per
consentire loro di riacquistare le capacità di
sopravvivere autonomamente in natura. Per i
giovani, una volta raggiunto lo svezzamento,
o per gli adulti recuperati importante è ancora una volta provvedere a una corretta alimentazione, che deve soddisfare le loro caratteristiche di insettivori (camole, mele, carote, crusca, vitamine e oligominerali). Prima di effettuare il rilascio in natura (vedere foto 8), i soggetti riabilitati devono essere abituati o riabituati al volo notturno; a tal fine, è utile l’impiego di casette chiuse, in cui i pipistrelli possono volare senza pericolo. Il recupero può essere ritenuto valido quando i soggetti sono in
grado di effettuare una decina di minuti di volo continuato.
Chirotteri e lotta integrata agli insetti vettori
Come è noto, i chirotteri europei sono tutti insettivori e il loro ruolo, ancorché in presenza
di opinioni scientifiche non pienamente concordanti, non è assolutamente da trascurare. Infatti, rappresentano un elemento importante
nella lotta integrata adulticida degli insetti vettori e sarebbe auspicabile, oltre che per il mantenimento del patrimonio di biodiversità faunistica, l’incremento della presenza di chirotteri in ambito urbano di quelle specie più “antropofile” in grado di cacciare ogni notte notevoli quantità di flebotomi e zanzare.
■ Vitantonio Perrone
08 dossier
Intervista agli esperti Girc
Chirotteri, un valido aiuto alla lotta integrata
alle zanzare
P
er quanto riguarda la lotta ai vettori e
l’incremento della presenza di pipistrelli, abbiamo rivolto alcune domande a
due esponenti di spicco del Gruppo italiano ricerca chirotteri (Girc), Marco Riccucci (foto 9)
e Paolo Agnelli (foto 13).
La Settimana Veterinaria: Dottor Riccucci, i pipistrelli, nel nostro Paese, sono quasi esclusivamente insettivori e, anche se sono in molti a
porre dei dubbi, quale può essere il loro ruolo
nella lotta integrata agli insetti vettori?
Marco Riccucci: La prevenzione e il controllo delle malattie trasmesse da insetti vettori e
soprattutto dalle zanzare (culicidi) ha ricevuto una particolare attenzione soprattutto dopo l’insorgenza di un focolaio epidemico di febbre da Chikungunya, verificatosi nel 2007 in
Emilia-Romagna. Infatti, in Italia (ma il problema riguarda anche altri Paesi europei), si
stanno verificando condizioni favorevoli all’emergenza o riemergenza di zoonosi finora tipiche di altre aree geografiche, specialmente
tropicali. Si parla appunto di “tropicalizzazione del clima”, di “global warming”, di “globalizzazione” connessa allo sviluppo dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le
diverse aree del mondo (commercio, viaggi, migrazioni, urbanizzazione). Il crescente spostamento di merci e persone ha così favorito l’insorgenza di patologie di importazione. Possiamo ricordare, solo per fare due esempi, l’arrivo in Italia, nel 1990, di Aedes albopictus, la
zanzara tigre, attraverso l’importazione di
pneumatici usati, mentre Aedes koreicus, ultimo sgradito ospite, ci è stato recapitato nel
2011, forse a seguito di una spedizione di piante dal Belgio. Aedes japonicus è ormai presente in diversi Paesi europei, anche confinanti
con l’Italia, per cui si deve temere che arrivi
presto da noi. La diffusione di insetti vettori
nel nostro Paese, quindi, è un problema di grande attualità e purtroppo costituisce ancora un
“problema sanitario sottovalutato”, soprattutto in certe aree del nostro Paese, come autorevolmente sostenuto dal prof. Romi dell’Istituto superiore di sanità già dal 2001. I chirotteri rappresentano, dopo quello dei roditori,
l’ordine di mammiferi più numeroso, con oltre 1.300 specie conosciute, di cui oltre due terzi si nutre di insetti. In questo ambito, la loro
dieta è quanto mai varia e sostanzialmente opportunistica, in dipendenza dalla stagione e
dalla disponibilità di prede. Tra queste ci sono certamente i culicidi, ossia le zanzare. Plinio il Vecchio, nel libro X di Naturalis histoLa Settimana Veterinaria - N°866 - 19 marzo 2014
9 - Marco Riccucci, Gruppo italiano ricerca chirotteri (Girc).
ria, scrive: “In cibatu culices gratissimi” (il suo
- del pipistrello - cibo preferito sono le zanzare); tuttavia, già nell’intestino fossilizzato dei
pipistrelli dell’Eocene, rinvenuti a Messel (Germania), sono stati trovati resti di culicidi. In
ogni caso, da qui a sostenere che i pipistrelli
sono la “soluzione” al problema zanzare sarebbe certamente semplicistico, dato che si parla di più di 3.500 specie in tutto il mondo, di
cui oltre una sessantina in Italia (una decina di
interesse sanitario).
Le zanzare, alle loro spalle, hanno più di 100
milioni di anni di evoluzione; sono presenti in
ogni ambiente e in tutti i continenti, sono dotate di una spiccata plasticità genetica e di un
alto grado di adattamento; tali fattori hanno
consentito a diverse specie, tipicamente tropicali, di colonizzare nuovi habitat nelle zone temperate. Quindi, la lotta alle zanzare è un’impresa molto difficile, addirittura impossibile se il
nostro scopo fosse quello di avere un mondo
“without mosquitoes” come si interrogava un
articolo pubblicato da Nature nel 2010.
Questa premessa serve a capire perché oggi si
parla di “lotta biologica integrata”, finalizzata al “controllo” delle popolazioni, senza illudersi di poter distruggere definitivamente anche soltanto una specie di questo insetto così
molesto e pericoloso; solo la zanzara tigre (Ae-
des albopictus) è vettore di almeno 26 arbovirus, tra cui la febbre gialla, la dengue, la chikungunya, e può trasmettere l’agente patogeno della dirofilariasi canina e umana. Comunque, si
ritiene che tutte le specie di zanzare, anche se
con efficienza variabile, siano capaci di diffondere patogeni. Si tratta quindi di un problema
di gravità e impatto crescenti, che deve essere
affrontato con metodologie multidisciplinari
integrate. La lotta antilarvale è lo strumento
cardine da utilizzare, unitamente alla gestione
ambientale, con particolare attenzione ai microambienti dove le zanzare si riproducono
(pozze d’acqua temporanee, discariche abusive, giardini, coltivazioni, ecc.).
Di particolare rilevanza è il controllo biologico finalizzato alla riduzione delle popolazioni
bersaglio, con l’utilizzo di predatori, parassiti, agenti patogeni, competitori, tossine da microrganismi. In questo ambito si collocano, a
pieno titolo, anche i pipistrelli, veri e propri
adulticidi biologici. In laboratorio, pipistrelli
del genere Myotis (vedere foto 10 e 11) hanno divorato 10 zanzare al minuto per diversi
minuti e, in condizioni sperimentali, è stata registrata una riduzione del 32% della deposizione di uova da parte di Culex spp., associata alla predazione di Myotis septentrionalis.
In Italia, almeno venti delle 35 specie di pipistrelli presenti hanno i culicidi nella loro dieta
abituale e per almeno 7 specie si tratta di quantità rilevanti. Come detto, nessuna metodologia è (ed è stata) in grado, da sola, di limitare
le popolazioni di zanzare, né tantomeno distruggerle e abbiamo davanti a noi i risultati negativi di tanti anni di lotta improduttiva. Solo un
insieme razionale di azioni combinate può riuscire a produrre una riduzione e un controllo
dell’impatto crescente di questi insetti in ogni
parte del mondo, compreso il nostro Paese. Ricordiamo le parole dell’illustre entomologo
Giorgio Celli durante il Simposio internazionale “Zanzare e risaie” del 2006, tenutosi ad Alessandria: “Cerchiamo di rivalutare anche i pipistrelli... Alcune specie sono grandi divoratrici
di zanzare. Non devono essere considerati determinanti, ma tutti questi aspetti devono essere integrati”.
SV: A questo riguardo, prima della bonifica
delle paludi pontine per contrastare la zanzara anofele e quindi la diffusione della malaria,
furono anche costruiti numerosi “pipistrellai”
per incentivare la presenza dei chirotteri: quale fu il risultato e ci sono stati altri esempi simili?
•••
10 - Un esemplare di Myotis emarginatus con preda.
••• MR: Il Progetto BatBox del Museo di Sto-
© Francesco Grazioli
ria naturale dell’Università di Firenze ha riscosso un ampio e meritato successo, con migliaia di rifugi artificiali diffusi in tutto il territorio nazionale. Ma già nel 1902, Charles
Campbell aveva realizzato le prime strutture
artificiali destinate ad accogliere i pipistrelli,
al fine di contrastare la diffusione della malaria. Nel suo libro “Bats, mosquitoes and dol-
12 - Un esemplare di Myotis nattereri.
La Settimana Veterinaria - N°866 - 19 marzo 2014
© Francesco Grazioli
© Archivio Life+ Gypsum-F. Grazioli
10 dossier
11 - Un esemplare di Myotis oxygnathus.
lars”, pubblicato nel 1925, Campbell racconta le sue esperienze che lo portarono prima a
installare piccole cassette e poi a costruirne di
più grandi, le bat house. L’eco delle sue esperienze giunse fino in Italia, dove il generale
Marieni si mise in contatto con lo stesso
Campbell. E fu così che anche nel nostro Paese furono erette diverse grosse strutture, chiamate “pipistrellai”, per la lotta alla malaria.
Come già detto, la lotta alle zanzare non è certamente cosa facile e non si raggiungono risultati apprezzabili se non usando una serie di
tecniche combinate e sinergiche e, quindi, anche le bat box e le bat house da sole non possono risolvere il problema. Dobbiamo d’altra
parte ricordare che l’alimentazione dei chirotteri è fondamentalmente opportunistica, per
cui ci si deve aspettare che le specie di pipistrelli che hanno una percentuale maggiore di
culicidi nella loro dieta siano proprio quelli
che vivono nelle zone maggiormente infestate dalle zanzare. Ed è proprio così: Myotis austroriparius, una specie presente in Florida,
dove le zanzare sono decisamente numerose,
ha un’elevata percentuale di questi culicidi nella sua dieta. La bat house più grande attualmente colonizzata si trova sempre in Florida, gestita dalla University of Florida di Gainesville; costruita nel 1991, è rimasta tre anni vuota, ma oggi la struttura è stata duplicata (bat barn) e, attualmente, i due rifugi artificiali sono occupati da circa 300.000 pipistrelli. Nelle due bat house si trovano Tadarida brasiliensis (maggioritario), Nycticeius humeralis e il sopra ricordato Myotis austroriparius. Studi del Florida museum of natural
history stimano che questa straordinaria moltitudine consumi ogni notte ben due miliardi
e mezzo di insetti, molti dei quali infestanti,
per un peso superiore a una tonnellata.
A proposito di bat box, è interessante ricordare i risultati ottenuti in Spagna dove, alla foce
dell’Ebro, si trova una delle più grandi aree europee coltivate a riso. Qui sono stati installati
69 rifugi artificiali, occupati attualmente da circa 4.500 pipistrelli appartenenti alla specie Pipistrellus pygmaeus e la positiva conseguenza
è stata una consistente diminuzione delle popolazioni infestanti della piralide del riso (Chilo supressalis). Come è noto, l’Italia è il principale produttore europeo di riso e la piralide non
risulta ancora segnalata da noi ma, già presen-
11
te in Spagna e Francia, se ne teme la diffusione
in Piemonte e in Lombardia, Regioni in cui si
concentra la maggior parte della nostra produzione risiera.
SV: Per ultimo e per quanto riguarda in particolare Aedes albopictus, i pipistrelli possono
contribuire al suo controllo viste le sue abitudini diurne?
MR: Abbiamo già accennato a Aedes albopictus come vettore di numerosi arbovirus e alla
sua diffusione sul territorio italiano, dove è ormai diventata una componente stabile della
fauna italiana; infatti, secondo l’European centre for disease prevention and control: “Italy
is by far the most heavily infested country in
Europe”.
La zanzara tigre è attiva prevalentemente di
giorno ma, in effetti, questi ditteri hanno un
ciclo bimodale di attività, con orari variabili
a seconda delle zone; possono pungere durante l’intero periodo giornaliero delle 24 ore, riducendo, non annullando, i loro movimenti
durante le ore notturne e anche in Italia la zanzara tigre può essere attiva di notte. D’altra
parte, non è raro che i pipistrelli volino in pieno giorno, soprattutto quando il cielo è coperto. Ricordiamo, ad esempio, Nyctalus noctula, Pipistrellus pygmaeus oltre a Pipistrellus
kuhli, Pipistrellus pipistrellus, Myotis mystacinus, Myotis nattereri (vedere foto 12), Myotis daubentoni, Hypsugo savii, Eptesicus nilssonii, Nyctalus leisleri, Barbastella barbastellus. Si tratta di specie presenti nel nostro Paese e che hanno i culicidi nella loro dieta. Inoltre, Aedes spp. è stata esplicitamente segnalata nella dieta di Nyctalus noctula. Quindi, la
risposta è positiva e tenendo presente le considerazioni esposte in precedenza relative alla
necessità di interventi integrati, possiamo ritenere che anche nei confronti di Aedes albopictus l’azione dei pipistrelli può avere un
concreto valore additivo rispetto alle altre modalità di intervento.
SV: Dottor Agnelli, quando ha preso il via il
progetto “Un pipistrello per amico” e quali sono stati i suoi principi ispiratori?
Paolo Agnelli: il progetto è nato nell’ottobre
del 2006. Ero a Fiesole, sulle colline intorno Firenze, per un incontro pubblico organizzato
nella sala del Consiglio comunale. L’intento era
quello di far conoscere ai cittadini l’importanza dei pipistrelli, per coinvolgerli in un’azione
“concreta” di conservazione. In quell’occasione, sorteggiammo tra i presenti 10 bat box, costruite artigianalmente da un amico falegname,
secondo un progetto costruttivo che avevo elaborato perché fosse il migliore per i nostri pipistrelli “urbani”. L’incontro pubblico ebbe un
notevole successo (“Mai la sala era stata così
gremita di cittadini” mi disse Ugo Bardi, un
consigliere comunale “illuminato”). Fu così che
per l’interesse delle persone e per la rapida colonizzazione di alcune bat box decisi di •••
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© Saulo Bambi
12 dossier
13 - Paolo Agnelli, Gruppo italiano ricerca chirotteri (Girc).
14 - Esemplari di Pipistrellus kuhli affacciati alla bat box.
••• sviluppare il progetto su più ampia scala
tanto efficaci ma anche semplici ed economici e abbiamo potuto abbatterne il costo grazie alla possibilità di costruirli industrialmente. Oltre a questo, Coop ci ha supportato magnificamente amplificando il nostro bat-messaggio attraverso la propria rete di uffici di comunicazione, raggiungendo così un elevato
numero di persone. Ma non bastava, occorreva dare alle persone anche una forte motivazione, che non fosse solo “etica” (la conservazione della biodiversità) ma anche “pratica” (il pipistrello è un formidabile predatore
di insetti e nostro alleato nella lotta biologica
in alternativa ai pericolosi insetticidi). Le bat
box sinora vendute, a prezzo di costo, sono
tantissime: circa 55.000! In molti casi, i loro
proprietari si impegnano anche a monitorare
la presenza dei pipistrelli e a inviarci i dati.
Dati che sono preziosissimi per studiare l’ecologia e la conservazione dei pipistrelli antropofili. Si è creata così una sorta di bat-community che, attraverso Internet, scambia dati
e informazioni sui pipistrelli, contribuendo a
fare corretta divulgazione e utile ricerca (vedere riquadro 1).
(vedere foto 14).
SV: L’adozione della bat box rappresenta un
riuscito esempio di integrazione tra ricerca e
marketing. Può fornirci qualche dato di questo
successo?
PA: Per la buona riuscita del progetto BatBox
è stato fondamentale il coinvolgimento di
Coop, che ha curato la produzione e la distribuzione su tutto il territorio nazionale delle
bat box. I nostri rifugi artificiali sono non sol-
1 - I numeri del progetto
BatBox
• 58.000 le bat box sinora vendute presso Coop
a prezzo di costo.
• 1.731 le bat box monitorate da persone,
scuole, associazioni…
• 70 gli incontri frontali, le conferenze e le
lezioni a studenti.
• 180 gli articoli sulla stampa.
• 21 le interviste in radio e in televisione.
• 9.300 le e-mail ricevute all’indirizzo
[email protected].
• 550.000 le copie distribuite degli opuscoli
divulgativi sui pipistrelli.
• 100.000 euro ricavati per sostenere la ricerca
scientifica.
• 1 sola bat box è sufficiente per partecipare al
progetto.
La Settimana Veterinaria - N°866 - 19 marzo 2014
SV: Quello dei pipistrelli è un mondo per molti
versi ancora vittima di pregiudizi culturali: qual
è stato su questo fronte l’impatto del progetto?
PA: Pregiudizi e superstizioni sono ancora un
ostacolo per la conservazione dei pipistrelli,
ma per fortuna le cose stanno cambiando. Grazie anche al nostro progetto, le persone hanno una nuova e migliore percezione di questi
timidi e utili animali. Basti dire che mentre fino a qualche anno fa le persone telefonavano
al museo per chiedere come potevano liberarsi di un “pericoloso pipistrello” che aveva osa-
to entrare in casa loro, adesso riceviamo molte telefonate di persone preoccupate di soccorrere lo stesso “povero pipistrello” trovato in
casa! E questo, a quanto ci raccontano molti
colleghi di altri musei e università, succede un
po’ in tutte le Regioni. Ci sono addirittura persone che ci segnalano la presenza di importanti colonie da proteggere in edifici abbandonati o speleologi che ci domandano se è meglio
rimandare ad altri periodi le loro escursioni
in grotte popolate da grandi colonie. Insomma, davvero un bel passo avanti per la conservazione.
SV: Per ultimo, qual è stato il contributo della
professione veterinaria e quali i possibili sviluppi per il successo di questo importante progetto di conservazione della biodiversità?
PA: Questa nuova “disponibilità” verso i pipistrelli ha avuto delle ripercussioni anche sulla professione veterinaria. È aumentato di almeno dieci volte il numero di pipistrelli che,
soccorsi dalle persone, giungono ai Cras e agli
studi veterinari e abbiamo potuto verificare
che gli interventi di soccorso hanno un reale e
concreto successo nella riabilitazione degli
esemplari e nel loro reinserimento in natura.
Le maggiori occasioni di contatto con i chiro-pazienti hanno permesso ai veterinari di acquisire maggiore esperienza e sono tanti i nuovi lavori scientifici pubblicati su questo argomento. Inoltre, grazie alla più stretta collaborazione tra chirotterologi e veterinari, potremo sapere molto di più sulle tecniche di recupero, ma potremo raggiungere anche nuove e
migliori conoscenze sulla fisiologia di questi
specializzati mammiferi.
■ V.P.
Fly UP