cicloguida "il canale della muzza" - Consorzio Bonifica Muzza Bassa
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cicloguida "il canale della muzza" - Consorzio Bonifica Muzza Bassa
CICLOGUIDA E CARTA 1:30.000 con il cofinanziamento dell’Unione Europea Regione Lombardia Agricoltura Il Canale della Muzza Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana 3 CICLOGUIDA E CARTA 1:30.000 con il cofinanziamento dell’Unione Europea Regione Lombardia Agricoltura Il Canale della Muzza una greenway lungo un canale storico lodigiano Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana Il Canale della Muzza una greenway lungo un canale storico lodigiano Testi, foto e disegni di Albano Marcarini Il capitolo Natura e ambiente lungo la Muzza è a cura della Cooperativa Rea, Monza Il capitolo La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi è a cura dei Settori V. T. S. e Agricoltura della Provincia di Lodi (Patrizia Legnani, Antonella Forni) I capitoli Rever-Med e Vi.A.Ter. sono a cura di Vincenzo Angileri Gli inserti dedicati agli itinerari ambientali del Canale Muzza sono a cura del Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana (Ettore Fanfani, Fausto Cremascoli) Realizzazione grafica: Sirtori & Silvia, Milano - Cartografia: Legenda srl., Novara Stampa: Ed. Lo Scricciolo, Ancona - Prima edizione: aprile 2004 Progetto Rever Med- Lombardia Regione Lombardia, D.G. Agricoltura Paolo Baccolo (responsabile) Vincenzo Angileri (coordinatore) Gladys Lucchelli, Claudia Campi, Ginevra Galli URBIM LOMBARDIA Giorgio G. Negri, Luciana Genolini Questa pubblicazione è stata realizzata con il supporto e il cofinanziamento dell’Unione Europea all’interno dell’Iniziativa Comunitaria Interreg IIIB - Medocc (FERS) Il progetto Rever-Med è sostenuto dalla Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura come parte integrante della Rete Verde Europea. Provincia di Lodi U.R.B.I.M. LOMBARDIA Unione Regionale Bonifiche Irrigazioni e Miglioramenti Fondiari Le indicazioni riguardanti esercizi ricettivi e aziende agrituristiche sono frutto di libere scelte redazionali Autore ed editore declinano ogni responsabilità per eventuali inconvenienti che si verifichino durante la frequentazione dell’itinerario Copyright Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana, 2004 Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana, via Nino Dall’Oro 4, 26900 Lodi, tel. 0371.420189, [email protected] SOMMARIO La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti Natura e ambiente lungo la Muzza Il Canale della Muzza: istruzioni per l’uso L’ITINERARIO Da Cassano d’Adda a Paullo Da Paullo alle Zelasche Dalle Zelasche a Caviaga Da Caviaga a Castiglione d’Adda 6 12 17 18 38 54 74 La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi La rete verde europea e il progetto Rever Med Il progetto Vi.A.Ter. (Vie di Acqua e di Terra) Bibliografia Indice dei nomi di luogo 88 95 97 98 99 Nella storia e nella geografia delle vie d’acqua artificiali della Pianura Padana, il Canale della Muzza ha sempre avuto una notevole reputazione tanto che, nei documenti antichi, era normale definirlo ‘flumen’, fiume. La sua portata era così ingente da paragonarlo a un corso d’acqua naturale. Le sue acque, tratte dall’Adda all’altezza di Cassano, irrigano con 36 bocche di derivazione gran parte del Lodigiano per poi tornare nello stesso fiume appena sopra Castiglione d’Adda. L’irrigazione ha materialmente ‘prodotto’ la ricchezza agricola di questo territorio, fra i più fertili d’Italia, una ricchezza basata sui prati da foraggio e sulla cerealicoltura. Fin dal Medioevo, da questo canale si è tratta la linfa vitale per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento. Di conseguenza il benessere e l’alto status economico di un’intera provincia, ieri come oggi. Giovanni Agnelli, padre di tutti gli storici lodigiani, ha sottolineato bene questo aspetto ’nutritivo’ della Muzza e delle sue rogge «che si diramano in tutto il Lodigiano e si dividono e suddividono intrecciandosi in infinito numero di rivoli, a guisa di sistema venoso, versando 5000 metri cubi d’acqua ogni minuto primo irrigandolo in ogni parte. È impossibile valutare lo studio, la fatica, il denaro che ebbero a costare i lavori dei nostri agricoltori per raggiungere questo scopo. Orizzontare, livellare il terreno a seconda del deflusso delle acque; abbassare i rialzi, ricolmare gli avvallamenti, scavare acquedotti, circondare ogni campo di fossati, erigere ponti e quei tanti edifizi idraulici che si incontrano ad ogni passo e destano la meraviglia di tutti». Noi tutti dovremmo rileggere queste parole, prima di porre mano in modo sbrigativo a questo delicato assetto territoriale che è, a ben vedere, un delicato ricamo di paesaggio. In questo senso il Canale della Muzza è un custode del nostro territorio, a volte così vituperato. La sua funzione non è mai venuta meno e oggi viene ulteriormente stimolata dalle attrattive naturalistiche distribuite lungo il suo percorso. Il Canale della Muzza è un vero monumento idraulico al quale tutti i lodigiani e i lombardi dovrebbero portare rispetto e riconoscenza. Ad esso è dedicata questa piccola guida. La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti Dove comincia e dove finisce il Canale della Muzza? l’Adda Nord. Attraversa le campagne di Cassano d’Adda, Truccazzano, Comazzo, Merlino, Settala, Paullo, Zelo Buon Persico, MulazzaQuesto storico canale prende avvio sotto il castello di Cassano pre- no, Cervignano, Montanaso, Tavazzano con Villavesco, Pieve Fissiralevando le sue acque dal fiume Adda. Quindi percorre la pianura lo- ga, Lodi, Lodi Vecchio, Corneliano Laudense, Massalengo. digiana per circa 39 chilometri distribuendo acqua alle campagne. Quali furono le origini Giunto in località Tripoli di Mas- • Fascine e tronchi di legno sbarrano il flusso delle acque durante la costruzione di una ‘levata’ del Canale della Muzza? salengo (circa 5 km a sud di Lodi), (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana) le residue acque della Muzza Gli storici hanno opinioni diverse passano nel letto dell’omonimo su questo punto. Gli atti d’archicolatore che le restituisce all’Advio non offrono certezze ma si da nei pressi di Castiglione. pensa che, come molte altre Quali sono le province e i comuni opere idrauliche lombarde, anche attraversa? che la Muzza sia stata il risultato finale, verificatosi nel XIII secolo, Durante il suo percorso la Muzza di interventi parziali, alcuni destibagna i territori delle province di nati a tutt’altra funzione, come Milano e di Lodi. Inoltre sfiora il quella, ad esempio, di fossati per territorio del Parco Agricolo Sud difesa militare. Non è escluso inMilano e quello del Parco delfatti che, sulla linea di confine fra 6 Milano e Lodi, città nel Medioevo notoriamente acerrime nemiche, vi fossero opere di questo genere e che, a loro volta, queste utilizzassero i canali irrigui scavati dai Romani quando si posero, per primi, il problema di rendere produttive queste terre. Occorre immaginare una pianura antica del tutto differente dall’attuale, con amplissime zone paludose, con boschi, forse anche impenetrabili foreste, con il divagante corso dei fiumi, addirittura con un grande lago – il Gerundo – che bagnava le terre fra Treviglio, Crema e Lodi e dove, forse, l’Adda si perdeva. Si ritiene che il fiume, presso Truccazzano, si dividesse in due rami: uno con andamento simile all’attuale; l’altro invece, con direzione sud-ovest, tagliava la pianura in direzione di Paullo congiungendosi al Lambro, più o meno lungo l’attuale traccia del colatore Addetta. Perchè si chiama Muzza? Una radicata tradizione accosta il nome Muzza alla famiglia Mutia, trasferitasi da Roma nel 90 a.C. per colonizzare queste terre già appartenute alle tribù dei Galli Boi. In particolare Tito Mutio fu proprietario di una vasta tenuta compresa fra Lodi, Mulazzano, Paullo e 7 La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti Zelo Buon Persico, a occidente dell’Adda. Fu probabilmente questo personaggio a sbarrare il ramo diversivo dell’Adda a Paullo e a derivarne le acque verso le sue terre, forse lungo l’attuale corso della Roggia Muzzetta. nel 1191, nel 1210 e nel 1220. Raggiunta una relativa stabilità politica, dovuta anche alla contemporanea elezione di un lodigiano alla carica di podestà di Milano, il Comune di Lodi si diede alla costruzione del canale della Muzza a valle di Paullo e ben oltre l’attuale sbocco in Adda presso CaQuale fu lo sviluppo del canale stiglione. Il canale infatti prosedurante il Medioevo? • La bicicletta è il mezzo ideale per seguire il corso della Muzza guiva nella campagna fino a inLe vicende della Muzza tornano alla ribalta della storia nel XII seco- contrare le bassure prossime al Po nella zona di Cornovecchio. lo durante la sanguinosa lotta che oppose Milano a Lodi, motivata L’aumentata richiesta di acque verso il Lodigiano aveva però impofra l’altro dal predominio sulla via fluviale del Lambro, vitale per i verito l’originaria derivazione della Muzzetta a Paullo, detenuta daltraffici milanesi in direzione del Po e dell’Adriatico. Non bisogna in- l’Ospedale di S. Stefano in Brolo di Milano, accendendo nuove disfatti dimenticare che le vie d’acqua allora, avevano un’importanza pute, placate solo per intervento di Gian Galeazzo Visconti nel 1385. pari se non superiore alle vie di terra. Il ‘porto’ di Milano era ubicato Per ottenere un maggior contributo di acque si decise di innalzare la derivazione dall’Adda più a nord di Truccazzano mediante lo scavo di alla confluenza del Lambro nel Po. Lodi, dopo aver subito per due volte la distruzione, ebbe ricono- un letto in trincea appoggiato alla scarpata della valle. L’ubicazione sciuti i suoi diritti sull’uso delle acque grazie a vari diplomi imperiali: del nuovo incile fu fissata sotto il castello di Cassano d’Adda, dove è 8 tuttora. L’unione di questo tratto iniziale, dell’antico ramo di destra dell’Adda e del nuovo cavo lodigiano diedero infine forma al Canale della Muzza, così come lo vediamo oggi. I costanti e crescenti prelievi di acque, favoriti anche dalle elargizioni delle signorie milanesi verso i proprietari terrieri, costrinsero nel XV sec. ad abbandonare il tratto terminale del canale, praticamente • La Muzza offre agli appassionati della pesca sportiva buone occasioni di svago sempre privo di acque. In tal modo il colatore della Muzza fu fatto confluire di nuovo in Adda poco a nord di Castiglione, dove è ancora oggi. Si pensi che alcune derivazioni della Muzza sono lunghe decine di chilometri, come la Roggia Codogna (circa 150 km) o la Roggia Cavallera Crivella (83). Chi possedeva le acque della Muzza? Nel 1550 Ferrante Gonzaga, governatore di Milano per conto della corona di Spagna, decretò la proprietà demaniale delle acque della Muzza provocando le accese proteste dei Lodigiani. In tal modo l’erario dello Stato avrebbe potuto contare sui notevoli introiti dovuti all’utilizzo delle acque irrigue. In quel periodo le ‘bocche’, vale a dire le derivazioni dal canale, erano circa 70 e oltre mille erano i loro beneficiari. La vicenda proseguì a lungo anche nelle corti dei tribunali: solo nel 1716 e nel 1719, a seguito di due sentenze sfavorevoli, le pretese del Comune di Lodi vennero messe a tacere. In ogni caso la gestione delle acque e la ripartizione dei carichi irrigui rimase all’Associazione degli Utenti e in seguito alla Congregazione di Muzza, primi embrioni dell’attuale Consorzio di Bonifica. Nel 1981, 9 La Muzza: una carta d’identità in forma di quesiti venendo incontro a una speranza mai sopita nei secoli, i Lodigiani questo dislivello è superato mediante dei salti d’acqua, o ‘levate’, ripresero il totale controllo del canale grazie al trasferimento dei che ora vengono anche utilizzate a scopo idroelettrico. La portata poteri dal Demanio dello Stato alla Regione con la contestuale massima a Cassano d’Adda è di 110 mc/sec. consegna ‘in uso’ al Consorzio Muzza di Lodi. Che uso si fa delle sue acque? Come funziona oggi il Canale della Muzza? Questo grande volume di acqua alimenta le attuali 36 derivazioni irIl canale, apparentemente uguale da cima a fondo, in realtà si com- rigue, raffredda gli impianti delle centrali termoelettriche di Cassano pone di tratti diversi. La sua caratteristica principale è quella di per- e di Tavazzano, muove le turbine di 4 piccole centrali idroelettriche dere grandezza e portata man mano che procede a causa del prelie- e permette di allevare, in appositi bacini, storioni e anguille. Il bacivo che le ‘bocche’ esercitano per distribuire le acque alle campagne no irriguo della Muzza è il più vasto della Lombardia: 67.000 ettari, e agli altri numerosi usi extra-agricoli. Se nella parte a monte la Muz- dei quali 42.400 irrigati direttamente. I 36 derivatori primari formano za ha un letto largo circa 50 metri, in quella terminale esso si riduce una rete di 272 km che, a sua volta, forma una maglia capillare di ola 20 metri. Il sistema di prelievo, regolazione e scarico delle acque tre 1650 km di rogge e cavi secondari e 1400 km di cavi poderali. avviene mediante un complesso sistema di manufatti idraulici che va dalla traversa di S.Bernardino, a valle di Cassano d’Adda, fino a Tripoli Il Canale della Muzza è navigabile? di Massalengo, per una lunghezza di 39 km. Dopo Tripoli le acque defluiscono verso l’Adda lungo il colatore della Muzza. Il dislivello Alla Muzza è mancata la funzione navigabile, sia per l’assenza di chiucomplessivo del canale è di 40.30 metri (dai 115 metri di Cassano ai se sia per la lontananza da centri mercantili di rilievo, prerogative 74 metri di Tripoli) con una pendenza media di 0.1%. Gran parte di che invece erano proprie dei navigli milanesi (Grande, Pavese, Mar- 10 tesana). Alcuni studiosi sostengono però che in antico si faceva un piccolo commercio fra cascina e cascina navigando il canale con piccole barche. amministrato dagli utilizzatori con una rappresentanza comunale; esso dispone di un proprio patrimonio finanziario derivato dai contributi forniti dai consorziati. Quali sono le funzioni di un Consorzio di Bonifica? Qual’è il ruolo ecologico del Canale della Muzza? Il Consorzio di Bonifica Muzza La pesante fase di progressiva urBassa Lodigiana, come del resto banizzazione della pianura esalta tutti gli altri 17 consorzi della maggiormente la Muzza nella sua Lombardia, progetta, realizza e funzione di pompa di alimentagestisce le opere di bonifica e di • La costruzione di una ‘levata’ lungo la Muzza (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana) zione idrica della falda e la rende irrigazione delle campagne. Inoltre provvede al prelievo e alla distri- inoltre un vero e proprio ‘corridoio verde’, di enorme importanza buzione del patrimonio idrico per i prioritari fini irrigui e per gli ulte- per la ricostituzione degli assetti naturali e del paesaggio agrario. A riori usi extra-agricoli citati. Più di recente l’attività dei consorzi si è questa funzione si associa quella ricreativa che si svolge lungo le sue estesa al controllo della qualità delle acque, alle opere di difesa del sponde attraverso percorsi ciclo-pedonali, sentieri natura, aree di suolo, alla valorizzazione ambientale dei propri manufatti idraulici. sosta e zone di pesca sportiva. Sono migliaia le persone che ogni Ogni consorzio è un Ente pubblico economico di natura associativa, giorno ‘utilizzano’ il canale sotto questo aspetto. 11 Natura e ambiente lungo la Muzza Il territorio che accompagna l’itinerario lungo il Canale della Muzza appartiene geograficamente alla bassa Pianura Padana lombarda; si tratta di un paesaggio prevalentemente pianeggiante, nel quale l’elemento acqua assume il ruolo di protagonista, improntando le formazioni boschive naturali, l’uso del territorio (risaie e marcite, soprattutto in passato) e quindi la struttura stessa del paesaggio (paludi un tempo…una fitta rete di canali oggi). Il paesaggio lodigiano è caratterizzato da vaste aree a vocazione rurale a bassa densità abitativa, con una spiccata vocazione zootecnica, volta alla produzione di latte e formaggio, nelle quali si possono reperire preziosi lembi di vegetazione boschiva, testimoni della potenzialità forestale dell’area. Nonostante la vocazione prettamente agricola dell’area (coltivata prevalentemente a mais, seguito da cereali vernini, risaie e prati stabili), risulta comunque affascinante percorrere i sentie- 12 ri lungo i campi ed avvicinarsi ad essi per conoscere quelle piante ‘opportuniste’ che hanno saputo sfruttare i tempi di sosta delle attività agricole per poter compiere il proprio ciclo vitale. La flora dei campi Le aree coperte da colture annuali cerealicole (mais e cereali vernini) manifestano una serie di erbe infestanti tipiche, legate espressamente a tale tipo di coltura. In particolare abbondano alcune graminacee quali, il giavone (Echinochloa crus-galli), il panico (Panicum dichotomiflorum), il pabbio comune (Setaria viridis) e la sanguinella comune (Digitaria sanguinalis). Tra le altre specie non graminacee risultano frequenti la galinsoga comune (Galinsoga parviflora) e quella ispida (G. ciliata), la portulaca comune • Gli alvei abbandonati lungo la Muzza sono ricche oasi naturali frequenti risultano essere la me(Portulaca oleracea), e diversi stolaccia (Alisma plantago-acpoligoni quali il poligono nodoquatica), la giunchina delle risaie so (Polygonum lapathifolium) e il (Eleocharis obtusa) e lo zigolo poligono persicaria (P. persicadelle risaie (Cyperus difformis). ria). I prati stabili sono formazioni erNel caso delle risaie invece il bacee continue, floristicamente complesso di specie floristiche molto ricche, soggette a sfalcio associate alla coltivazione è lefrequente (oggigiorno sottopogato alla progressiva variazione sti solamente a 2-3 tagli l’anno). del livello dell’acqua, che vede Appaiono differenti allo sguardo dunque progressivamente susdell’osservatore a seconda della seguirsi ed affermarsi gruppi di stagione, infatti la composizione specie a più o meno spiccata floristica varia con le stagioni. A igrofilia. Presenze costanti risul- • Il canale, con la sua folta vegetazione ripariale, forma un vero ‘corridoio ecologico’ tano essere la lenticchia d’acqua (Lemna minor) e il morso di rana livello generale essi risultano dominati da graminacee quali ad (Hydrocaris morsus-ranae), spesso sostituita dalla simile Heteran- esempio l’erba mazzolina (Dactylis glomerata), il loietto (Lolium thera reniformis, accompagnate da specie discretamente igrofile perenne), il paleo odoroso (Anthoxanthum odoratum), la fienarola quali l’erba soldina (Lysimachia nummularia) e il giavone (Echinoch- comune (Poa trivialis) e la fienarola dei prati (Poa pratensis). Altre loa crus-galli). Legate al periodo di inondamento risulta essere in- specie frequenti sono il tarassaco (Taraxacum officinale), la pianvece una specie nordamericana tipica delle risaie pavesi e vercelle- taggine (Plantago lanceolata), vari trifogli (Trifolium pratense, T. resi, la vandellia delle risaie (Lindernia dubia). Altre specie palustri pens) e romici (Rumex obtusifolius, R. acetosa). 13 Natura e ambiente lungo la Muzza La flora dei boschi Attorno all’anno Mille hanno avuto inizio le più consistenti operazioni di bonifica delle paludi, e con esse, la progressiva riduzione delle superfici boscate. Non è facile descrivere oggi la composizione floristica di un antico manto forestale padano, ma sulla base di alcune evidenze (lembi forestali relitti, indagini paleobotaniche e conoscenze vegetazionali attuali), è possibile descrivere le numerose formazioni vegetali naturali che interessano l’area, differenziate tra loro in funzione di un maggiore o minore contatto con la falda idrica. Nelle aree golenali e nella pianura alluvionale si sviluppano boschi strutturalmente articolati dominati dalla farnia (Quercus robur), ma accompagnati da numerose altre specie, quali la robinia (Robinia pseudoacacia), il pioppo nero (Populus nigra) e il platano. Nelle aree dove la falda è affiorante compaiono anche il salice bianco (Salix alba) e l’ontano nero (Alnus glutinosa). Specie accessorie dello strato arboreo sono: il ciliegio (Prunus avium), il pioppo bianco (Populus alba) e l’acero campestre (Acer campestre). A livello arbustivo si incontrano: nocciolo, olmo minore, sanguinello, ligustro, pallon di maggio, evonimo, biancospino e sambuco. Queste formazioni risultano oggi piuttosto rare e spesso sono state sostituite dalla coltivazione del pioppo canadese; sono ancora rinvenibili 14 presso Castiglione d’Adda, Cornegliano Laudense e Cervignano d’Adda. Le coltivazioni di pioppo canadese (Populus canadensis e sue forme ibride), rivestono un ruolo piuttosto importante all’interno del paesaggio lodigiano. Nello strato erbaceo dei pioppeti, il contingente di specie “infestanti” varia a seconda della maturità dell’impianto, ossia a seconda del grado di ombreggiamento che esso esercita sul terreno sottostante. In generale risultano assai comuni nei pioppeti giovani specie come veronica comune (Veronica persica), il centocchio comune (Stellaria media), il farinello comune (Chenopodium album), il papavero (Papaver rhoeas), l’erba da porri (Chelidonium majus), il cardo campestre (Cirsiumarvense), il pabbio comune (Setaria viridis), il forasacco rosso (Bromus sterilis) e l’acetosella minore (Oxalis fontana). I pioppeti più maturi si arricchiscono di piante strettamente ruderali quali vari assenzi (Artemisia vulgaris, A. verlotorum) e la verga d’oro maggiore (Solidago gigantea). Il paesaggio forestale lodigiano e di tutta la Pianura Padana però è mutato profondamente con l’introduzione di una specie arborea americana: la robinia. La sua rapida capacità di accrescimento, la sua elevata capacità pollonifera e la sua frugalità la rendono una competitrice senza eguali. per la produzione di stangame), a I robinieti puri risultano carattepioppo nero (legname da opera), a rizzati dalla robinia sia nello straolmo campestre (legname da to arboreo che in quello arbustiopera, legna da ardere e come sovo, talvolta accompagnati da spastegno per la vite), ad acero camruti esemplari di biancospino pestre (sostegno per la vite), a far(Crataegus monogyna), sanguinelnia (legname da opera di qualità), lo (Cornus sanguinea) e nocciolo a gelso (allevamento del baco da (Corylus avellana). seta) e a ontano nero (per la coloI robinieti misti invece presentanizzazione di terreni umidi). no un corteggio floristico maggiormente differenziato, oltre alla robinia compaiono nello strato La fauna arboreo il platano, i pioppi e la L’attigua area del Parco Adda Sud farnia, mentre in quello arbustivo • Un contadino mentre volta il fieno per permettere un’ottimale essicagione è sede degli elementi di maggioabbondano il sambuco nero (Sambucus nigra) e i rovi (Rubus sp.), ac- re rilevanza naturalistica, tra cui, i tritoni, la rana verde, la raganella, canto alle specie arbustive sopraccitate e anche nel sottobosco si l’endemica rana di Lataste, l’orbettino e il biacco, numerose specie esprime una flora nemorale (Hedera helix, Clematis vitalba, Vinca migratrici ornitiche legate alle zone umide (aironi, garzette e anatidi). minor, Anemone nemorosa, etc.). Piuttosto comune risulta invece la componente legata ai mammifeLe siepi e i filari presenti nel lodigiano, antichi testimoni della centu- ri. Un elemento di disturbo è costituito dalla nutria, specie alloctoriazione romana come confini di appezzamenti, possono essere ricon- ne, che oltre che a danneggiare le sponde dei canali entra in compedotte a numerose tipologie: filari a salice bianco (un tempo coltivato tizione con altri erbivori. 15 Da Cassano d’Adda a Paullo 16 Il Canale della Muzza: istruzioni per l’uso L’itinerario cicloturistico descritto in questa guida segue le sponde del Canale della Muzza da Cassano d’Adda a Castiglione d’Adda attraversando una buona parte del Lodigiano. Si tratta di un percorso di 72.7 km, quasi sempre ricavato su strade secondarie o lungo la riva del canale, in situazioni precluse al traffico motorizzato. Si tratta pertanto di un itinerario bello, tranquillo e sicuro, adatto a tutti, anche ai bambini. Bisogna solo avere prudenza attraversando le strade più trafficate, come la Rivoltana o la statale Lodi-Pavia. La maggior parte del percorso è lungo strade non asfaltate, sterrate o a fondo naturale. È quindi consigliabile una bicicletta robusta con buoni pneumatici, come una mountain-bike. In ogni caso è bene portare con sé il necessario per provvedere ad eventuali forature. Utilissimo per prevenire traumi in caso di accidentali cadute, il casco. Il cambio di velocità non è indispensabile perché lungo il percorso non vi sono tratti in salita. Pedalando lungo la Muzza è bene non avvicinarsi al ciglio del canale, mantenendosi invece sul lato opposto della strada, nei tratti dove questa è chiusa agli autoveicoli. Lungo la Muzza troverete frequenti aree di sosta, attrezzate con panchine e portabici. In ogni caso non sarete mai troppo distanti da centri abitati che possono essere meta di uno spuntino in un bar o, anche, di un buon pranzo presso una trattoria. Nella guida sono indicati alcuni ottimi ristoranti e di- verse aziende agrituristiche che, oltre alla ricettività, dispongono anche di uno spaccio dei prodotti agricoli. Se si vogliono conoscere i vari aspetti naturali e ambientali del canale, una sola giornata non basta. Per comodità ho diviso l’intero itinerario in quattro tappe della lunghezza media di 15 km, in modo tale da consentire senza troppa fatica di fare sullo stesso percorso sia l’andata sia il ritorno. Naturalmente si può anche variare la via del ritorno scegliendola direttamente sulle cartine che sono allegate alla guida. Avendo un auto al punto di partenza è dunque possibile nello spazio di mezza giornata affrontare con tranquillità la vostra escursione in bicicletta. Ma per pedalare lungo la Muzza si può anche utilizzare il treno. Si possono allora prevedere due tappe usufruendo del servizio Treno+Bici di Trenitalia. Assumendo come punto di partenza Milano si può raggiungere nel primo giorno Cassano con la linea Milano-Treviglio e, quindi, discendere in bici la Muzza fino a Lodi per poi tornare a Milano con i treni della linea PiacenzaMilano. Il secondo giorno, tornati a Lodi, si raggiunge di nuovo la Muzza e si arriva fino a Maleo, stazione della linea Cremona-Codogno-Milano. Quasi tutti i treni regionali di queste linee consentono il trasporto delle biciclette con il pagamento di un supplemento di biglietto, valido 24 ore. Per gli orari è bene consultare il sito www.trenitalia.com 17 PRIMA TAPPA Il Canale della Muzza - Tavola 1 Da Cassano d’Adda a Paullo Da Cassano d’Adda a Paullo Il primo tratto dell’itinerario ciclabile della Muzza si svolge in provincia di Milano e segue la porzione storica del canale ricavato nell’alveo naturale di un ramo dell’Adda che, in epoca antica, si dirigeva verso il Lambro. La località di partenza - Cassano d’Adda - merita una visita prima di avviarci lungo l’argine sterrato del canale entrando nel tipico paesaggio della pianura irrigua, sparso di cascinali. Lunghezza: 20.5 km. Dislivello: 13 metri in salita, 36 metri in discesa. Tempo di percorrenza: 1 ora e 45 minuti, senza le soste e le deviazioni. Condizioni del percorso: strada di ripa del Canale della Muzza, qualche breve tratto di strada asfaltata. Il punto di partenza è fissato alla stazione Fs di Cassano d’Adda, lungo la linea ferroviaria Milano-Treviglio-Brescia. I treni del Servizio Ferroviario Regionale che vi fanno fermata espletano il servizio Treno+Bici. Il punto di arrivo è a Paullo, località posta lungo la ex-strada statale 415 ‘Paullese’ a 18 km da Milano. Volendo concludere l’escursione facendo ritorno a Milano si consiglia di seguire la vecchia Paullese passante per Mombretto, Pantigliate, Mirazzano (Castello di Peschiera B.), Longhignana, Milano S. Felice, Novegro. Dove mangiare. Negli abitati vicini al percorso si trovano ristoranti e trattorie; lungo il percorso si segnalano: Osteria le due colonne, largo Conte Anguissola 3, Albignano, tel. 02.9583025; Azienda agricola Il Torrettone, Strada Rivoltana km 17.5, Truccazzano, tel. 02.9583586 - 347.4151287; Trattoria Paullese, via Milano 104, tel. 02.90633078; Osteria dei Cacciatori, frazione Conterico di Paullo, tel. 02.9034175. Altre informazioni e indirizzi utili. Meccanici ciclisti: a Cassano d’Adda, Cereda. via Trecella 67. 18 Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante QUADRO DELLE DISTANZE E DELLE ALTEZZE PROGR. PARZ. LOCALITÀ 0.0 Stazione Fs Cassano ALT. 120 1.6 1.6 Cassano d’Adda 133 2.4 0.8 Sfioratore Rottura G. 115 3.5 1.1 115 3.8 0.3 Traversa S. Bernardino 114 6.0 2.2 Albignano 108 Archeologia industriale Area di sosta 8.6 2.6 Incrocio S.P.14 107 Villa Guado Castello Agriturismo Alimentari Bar Traffico Ristorante Punto panoramico Ciclista Centrale elettrica Sbarra Ponte Fs 12.4 3.8 Castiona 102 13.1 0.7 Ponte di Lavagna 104 18.2 5.1 Conterico 97 19.2 1.0 Incrocio ex-S.S.415 99 20.5 1.3 Paullo 96 Limite parchi Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 19 19 Da Cassano d’Adda a Paullo I l nostro viaggio ciclistico lungo il Canale della Muzza prende avvio dalla stazione Fs di Cassano d’Adda 1 (km 0.0, alt. 120). Vi si arriva con tutti i treni regionali della linea Milano - Treviglio Brescia che effettuano il servizio Treno + Bici. La stazione si trova a circa 1.5 km dal centro dell’abitato. Un’ombrosa stradina segue il ciglio alto della valle dell’Adda e consente di arrivare rapidamente in paese. Da questa posizione eminente si ha modo di scorgere, sotto di noi, il canale rigonfio di acque che inizia il suo cammino. Più lontano, dietro la quinta degli alberi, si trova l’alveo naturale del fiume. Si noterà anche una briglia laterale a livello del canale: prestate attenzione! Se fosse sommersa dall’acqua, quindi non transitabile in bicicletta, sareste già avvertiti che il vostro itinerario dovrà prendere un percorso diverso: tornare alla stazione e, utilizzando la passerella pedonale in fregio alla ferrovia, scendere direttamente sulla sponda del canale. 20 Una visita a Cassano d’Adda Cassano d’Adda B (km 1.6, alt. 133) si trova ridossato al fiume, sopra una lieve soglia morfologica, interpretando un’originaria funzione di difesa del «passo dell’Adda» lungo la strada diretta a Treviglio e nel Bresciano. Anche per questa ragione Cassano fu teatro di ripetuti fatti d’arme: nel 1158 fra il Barbarossa e i Mi- lanesi; nel 1259 fra la Lega, capeggiata dai guelfi milanesi, e Ezzelino III da Romano che vi restò mortalmente ferito; nel 1705 fra i francesi del duca di Vendôme, vincitori, e gli imperiali guidati da Eugenio di Savoia; nel 1799 infine, fra i Francesi e le truppe austro-russe al comando di Suvarov, che vi riportò la vittoria. La vicenda con il Barbarossa ebbe un tragico epilo- • Il castello di Cassano d’Adda affaccia sulla Muzza e sulla valle dell’Adda go per gli Imperiali: vedendosi aperta la via, dopo il ritiro dei Milanesi, essi si accalcarono sul ponte dell’Adda, fatto di precarie assi di legno. A causa dell’enorme peso la struttura cedette e furono a centinaia i soldati e i cavalli travolti dalle acque del fiume. È stravagante l’etimologia di Cassano: per alcuni significherebbe ‘casa sana’; per altri ‘chazan’ (magazzino) perché qui, durante le guerre puniche, i Cartaginesi, fieri nemici dei Romani, avevano un deposito di vettovaglie; per altri ancora vorrebbe dire ‘tre case’. Fra le tante improbabili spiegazioni quest’ultima ha avuto più fortuna e oggi tre piccole casette campeggiano sullo stemma cittadino. Studiosi più seri pensano che Cassano derivi semplicemente dal nome gentilizio romano di ‘Cassius’. La via che porta a Cassano (via Verdi) è invitante da percorrere. In corrispondenza di un avvallamento si trovano due edifici religiosi: sulla destra, l’oratorio di S. Dionigi, documentato dal 1206 ma ricostruito nel 1596, con all’interno due ci- cli pittorici dei Fiammenghini; sulla sinistra, l’oratorio dei Ss. Aquilino e Carlo, risalente al 1699. Alcune nobili ville borghesi si avvantaggiarono della posizione rivolta al fiume. Da annotare fra queste: al n. 26, il palazzo Berva, dell’inizio del ‘700; al n. 19, la villa Rosales Pallavicini Brambilla, a pianta lineare, di origine seicentesca, trasformata nel 1770 (la fronte posteriore degrada verso la Muzza con spalti balaustrati ornati da statue). Via Verdi si chiude nella piazza Garibaldi, vicina al ponte sulla Muzza. Qui si può indugiare un momento e piegare a sinistra lungo la strada per Milano (via Vittorio Veneto). Poco più avanti, sulla destra, dopo la Parrocchiale (1897), apparirà la corte della villa Borromeo – d’Adda, eretta nella prima metà del Settecento su disegni di Francesco Croce, ma riformata dopo il 1781 da Giuseppe Piermarini, illustre architetto della Milano austriaca. Dell’edificio barocco permane il corpo centrale con la fronte nord, mentre l’intervento neoclassico • Le ville di Cassano d’Adda sullo spalto rivolto verso il canale dell’architetto folignate interessò la fronte meridionale — a ordine unico con pronao appena pronunciato — i corpi adiacenti e le ali. Ora, tornati in piazza Garibaldi, vale la pena entrare nel tessuto edificato che si allunga sul lato orientale, verso l’Adda. Si tratta dell’originario ricetto – ossia un insediamento temporaneo circondato da mura e usato nei momenti di pericolo dalla popolazione – voluto nel 1278 da Ottone Visconti come appendice del castello. Quest’ultimo si erge a poca distanza, sul fondo di piazza Cavour, ed è un’opera stratificata nei secoli. Se ne ha notizia a partire dal Mille, fu rimaneggiata e ampliata fra i sec. XIII e XV e specie dopo il 1451 sotto la direzione di Bartolomeo Gadio, ingegnere militare di Francesco Sforza. Si assegna a questa data l’imponente struttura muraria ridossata al fiume, mentre il cortile e il corpo occidentale rimandano a un precedente intervento visconteo contraddistinto dalle arcate a sesto acuto. Il fortilizio difendeva il confine orientale del Milanese, di fronte al territorio veneto, e per questo era soggetto a particolari attenzioni. Sotto il castello, per via Bonifacio, si può scendere al ponte sul Canale del Linificio. Si riferisce al Linificio e Canapificio Nazionale, stabilimento del 1873 per la produzione di cordami e per il riciclaggio dei sottoprodotti della canapa, sorto inglobando la filanda Battaglia del 1842, l’ultima e la maggiore delle lavorazioni paleo-industriali site lungo il Canale di Cassano, concesso già nel 1411 da Giovanni Maria Visconti agli artigiani cassanesi. Sullo sfondo, se la giornata è buona, si profilano le Prealpi bergamasche con il Resegone e il Monte Albenza in bella evidenza. 21 Da Cassano d’Adda a Paullo Dove comincia la Muzza Conclusa la visita di Cassano si può intraprendere il cammino lungo il canale. Bisogna tornare in piazza Garibaldi, imboccare la strada (trafficata! prudenza) per Treviglio, passare sul ponte della Muzza e quindi, appena giunti in fondo alla rampa opposta (esiste un’esile traccia pedonale lungo la banchina stradale) piegare a gomito a destra e tornare verso il canale. A questo punto, girando a destra sotto la testata del ponte, si può arrivare in meno di 200 metri al punto di presa, ovvero all’incile del Canale della Muzza C (km 2.0, alt. 115.5). L’adduzione delle acque dal fiume avviene ‘a bocca libera’, senza l’uso di paratoie ma semplicemente grazie a una briglia in cemento, detta Traversino, posta trasversalmente al letto dell’Adda, della lunghezza di circa 400 metri. In questo modo vengono prelevati in media 200 mila litri d’acqua ogni secondo. A seconda della stagione e della portata del fiume vedrete la briglia emersa o sommersa. Davide Berto- 22 • La centrale Aem di Cassano d’Adda lotti, autore nel XIX secolo di diverse guide ‘turistiche’, la definì «meravigliosa traversa per la quale il fiume diviene somigliante ad un canale, e questo prende le sembianze di un fiume». Questo manufatto è posto a una quota di 115 metri sul livello del mare; al di sotto di questa quota tutta l’acqua dell’Adda viene convogliata nel Canale della Muzza; al di sopra l’acqua tracima oltre la soglia e prosegue nel suo corso naturale. Normalmente la tracimazione avviene quando le portate del fiume superano il valore di 400 mc /sec. Ciò avviene di rado a causa degli intensi prelievi di acqua che vengono effettuati anche a monte di Cassano. Recentemente però il consorzio di bonifica ha realizzato un passaggio provvisorio filtrante che assicura un deflusso minimo costante anche a valle del ‘traversino’. Interventi definitivi sono comunque contemplati nel prossimo programma esecutivo del consorzio stesso. Al di là del letto del canale si erge la scarpata che regge il castello e parte del borgo più antico di Cassano. Non è escluso che nella realizzazione della traversa della Muzza siano entrate in gioco anche considerazioni strategiche in relazione alla posizione del castello: un ca- pace specchio d’acqua poteva servire da deterrente a eventuali assalitori. Va ricordato che i lavori su questo tratto del canale risalgono alla metà del XV secolo e sono contemporanei al rafforzamento delle difese castellane operate da Bartolomeo Gadio. Si può anche notare come la morfologia della valle sia difforme essendo la sponda occidentale ancora rimarcata da un evidente gradino, quello di Cassano appunto, mentre quella orientale, più erosa e non a caso detta ‘gera’, non si distingue ormai più dal piano della circostante campagna. Questa è Osteria le due colonne Largo Conte Anguissola 3, Albignano, tel. 02.9583025, chiuso lunedì. Anche se troppo vicino al punto di partenza e quindi senza ancor aver accumulato il dovuto appetito, l’Osteria le due colonne non va trascurata (magari, nel tragitto di ritorno). La sua cucina sta conquistando notorietà nel ristretto novero dei buoni locali dell’hinterland. Da provare il risotto con pere e taleggio. • Cascine e vegetazione esotica lungo il canale la plaga dove, si dice, un tempo vi fosse il mitico lago Gerundo, il cui prosciugamento fu voluto dal Barbarossa, per evitare guai ai movimenti delle sue truppe. Si tratta anche qui di una lunga briglia in cemento da percorrere con la bicicletta accompagnata a mano. È posta lateralmente al canale e ha la funzione di restituire all’Adda le portate eccedenti. Per Inizia il cammino gran parte dell’anno è liberamente perTornati al sottopasso della statale inizia corribile. Nei momenti di piena, quando l’itinerario lungo il canale seguendo la • Il tratto superiore della Muzza nella direzione della corrente. Subito dopo la Carta del Lombardo-Veneto a scala 1:86.400 Cascina Isola Ponti si giunge allo Sfioradell’Imperial Regio Istituto Topografico tore Rottura Grande D (km 2.4, alt. 115). Militare austriaco, 1852. 23 Da Cassano d’Adda a Paullo l’acqua tracima, è necessario fare retromarcia, risalire a Cassano, ritornare alla stazione Fs e da lì, utilizzando il ponticello pedonale accanto alla ferrovia, tornare sull’argine della Muzza, ormai a valle dello sfioratore. Subito dopo il sottopassaggio della ferrovia Milano – Venezia E (km 3.5, alt. 115) si notano in successione quattro scaricatori di più modeste dimensioni (Ferdinando, Nuovo, di Mezzo, Vecchio o ‘dei Portoni’). L’ultimo dà vita a un lungo ramo prima di confluire nell’Adda. Lo scopo di questi impianti è di restituire al fiume la portata d’acqua eccedente a quella stabilita in concessione agli utenti della Muzza. Dall’altro lato del canale torreggiano i camini della centrale termoelettrica Aem di Cassano d’Adda, installata nel 1961. Oggi ha la particolarità di funzionare esclusivamente con gas naturale, quindi senza l’uso di idrocarburi, con una notevole riduzione delle emissioni inquinanti. In questo modo dall’originaria turbina a vapore da 75 megawatt di produ- 24 L a ro g g i a Se la Muzza è la grande arteria, le rogge che si dipartono da essa so- una piccola garitta; i partitori, ovvero i cavi che conducono l’acno i vasi che consentono la circolazione delle acque nelle campa- qua dalla roggia ai campi; i ponti canale o le tombe, vale a dire i gne. Roggia deriva forse dal termine latino ‘arrugia’ (galleria). In Pie- manufatti in mattoni o cemento (a volte anche in belle lastre di serizzo) che permettono alle varie rogge monte prende il nome di ‘bealera’ e nel di incrociarsi senza mischiare le loro acBresciano di ‘seriola’. que; gli incastri, che sono le paratoie che L’utenza di una roggia è la totalità dei prodividono l’acqua fra differenti utenti; lo prietari terrieri che ne utilizza le acque e, in scaricatore o colatore, che disperde le acpassato, la sua amministrazione era comque eccedenti. pito di un ‘regolatore’, normalmente un inLa quantità d’acqua defluente in una roggegnere civile. Egli stabiliva i vari riparti di gia veniva in passato calcolata in once. spesa, vigilava sull’efficienza del condotto, L’acqua che usciva da una bocca avente un fissava la cosiddetta ‘ruota’, ovvero il ciclo altezza di 20 cm. e una larghezza di 15, con temporale periodico di distribuzione delun battente di 10 era pari a un’oncia, ovvel’acqua ai diversi utenti. Essa variava da 8 a ro 36 litri d’acqua al secondo. Ma esisteva17 giorni. Ogni utente otteneva acqua a pano l’oncia milanese e quella lodigiana: gamento per un certo numero di ore ogni quella milanese valeva 1, 9321 once lodigiatanti giorni. Per questa ragione il volume ne. Un’altra unità di misura era il rodigino, d’acqua che affluisce in una roggia è stabiovvero la quantità d’acqua che, cadendo lito in termini molto precisi da concessioni da un’altezza di 1.5 metri, era in grado di che spesso risalgono a epoche antiche e, muovere una ruota a pale. Un rodigino talvolta, erano assegnate a nobili o a enti corrispondeva a circa 6 once, ovvero 216 lidi natura pubblica o religiosa, come ospetri d’acqua al secondo. dali, istituti di carità ecc. Una roggia si compone di varie parti: la bocca, ovvero l’impianto di presa dal ca• Un partitore distribuisce l’acqua alle campagne nale, dotato di una paratoia e, a volte, di zione si è passati a 1000 megawatt con l’uso combinato di tre turbine a gas (una in fase di realizzazione) e delle tradizionali turbine a vapore. La grande struttura che incombe sul canale comprende la sala macchine dove sono alloggiate le turbine, le pompe, i servizi elettrici e i vari impianti ausiliari. La Muzza fornisce alla centrale l’acqua per il funzionamento degli impianti di raffreddamento. Essa è regolata dalla traversa di San Bernardino F (km 3.8, alt. 114) , l’ultimo dei manufatti del nodo idraulico di Cassano, dotata di quattro paratoie. A questo punto eccoci lungo il canale. Il Azienda agricola il Torrettone Strada Provinciale Rivoltana, km 17.500, Truccazzano, tel. 02.9583686 - 347.4151287. La rinaturalizzazione di una cava, accanto alla cascina, favorisce la pesca sportiva. Ampi spazi gioco per bambini e portici per le feste di gruppo. L’azienda è anche nota per la sua prelibata cucina a base di trote e pesce di lago magari accompagnate da un buon vino di S.Colombano. Azienda agrituristica Cascina Rosina Strada Provinciale Rivoltana, loc. Cascina Rosina 1, Truccazzano, tel. 02.9583012. La famiglia Groppelli produce formaggi e salumi da generazioni. Si possono acquistare in questa bella cascina, ma anche fare escursioni a cavallo e visite guidate lungo l’Adda. percorso lambisce l’acqua, ma non sarebbe corretto definirlo alzaia. Questo termine si usa per i navigli o i canali navigabili e l’alzaia era usata, in questi casi, per il transito degli animali adibiti al traino dei barconi controcorrente. Esistono alzaie lungo il Naviglio Grande a Milano, lungo il Naviglio Pavese, ma non lungo la Muzza, che non è mai stata navigabile. Per la verità, nell’Ottocento, Carlo Cattaneo accennava a un traffico di barche lungo il canale ma probabilmente adibito al servizio agricolo delle cascine. Sulla sinistra, verso valle, ecco staccarsi la prima roggia: la Roggia Coppa Incassata, con una portata massima di 1,54 mc / sec., che, ovviamente, vanno a sottrarsi ai 110 misurati all’incile della Muzza. Con • Lo storico ponte di Albignano poche pedalate, mentre l’Adda sulla nostra sinistra si allontana fra gli alberi, si arriva ad Albignano G (km 6, alt. 108), frazione di Truccazzano. Si stende sull’opposta sponda del canale. Un bel ponte in pietra permette di raggiungerla. L’abitato è caratteristico perché organizzato attorno a una corte agricola (si notano alcuni accenni decorativi negli ingressi) sulla quale predomina il palazzo Anguissola, dal nome dei nobili che ebbero in feudo Albignano nel 1580 dopo lunghe dispute sull’uso delle acque con il precedente feudatario, il conte Francesco Brebbia. Poi si torna lungo la Muzza. Cespugli e alberi proteggono la scarpata verso l’Adda. Sono pochi metri ma sufficienti a fare della Muzza un percorso pensile fra il terrazzo della pianura a destra e la golena dell’Adda a sinistra. L’intrico di rogge che bagna le sponde del fiume rende la campagna fertilissima, verde in ogni stagione dell’anno. 25 Da Cassano d’Adda a Paullo Alcune cave di sabbia abbandonate sono diventate un prezioso ambiente umido rinaturalizzato. Dopo pochi altri giri di pedale si incrocia la Strada Rivoltana (S.P.14), all’altezza del cimitero di Truccazzano H (km 8.6, alt. 107). Un ponte ciclabile scavalca la Muzza ma non ci serve: si attraversa con prudenza la provinciale e Il Canale della Muzza - Tavola 2 Da Cassano d’Adda a Paullo Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante • Albignano, palazzo Anguissola. Limite parchi • Albignano vista dalle sponde della Muzza Dove si separa lo stradello che conduce alla Cascina Rosina si trova anche la ‘bocca’ della Roggia Corneliana Bertola (0,56 mc/sec.), dal nome dell’abitato di Corneliano Bertario del quale irriga i terreni. Si suppone che sia preesistente alla realizzazione del tronco superiore della Muzza nel XV secolo. Nel 1359 i terreni di 26 Corneliano furono donati da Barnabò Visconti all’Ospedale milanese di S.Ambrogio con la facoltà di prelevare gratuitamente acqua dalla Muzza per quanto bastasse a irrigarli. Fu un gesto generoso nel tentativo di farsi perdonare le sue malefatte e, forse, gli sfrenati eccessi della consorte, Regina della Scala. Agriturismo Chiesa Alimentari Cascina Cimitero Punto panoramico Traffico Bar Ristorante Sbarra Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 27 Da Cassano d’Adda a Paullo si prosegue lungo il canale. Il fondo ora è inerbito, ma sempre transitabile. Lasciate a sinistra le strade per Corneliano e per la Cascina Nuova, si supera una sbarra allontanandoci dal traffico. La strada asfaltata di Corneliano sarebbe la replica moderna di un percorso antico. Appare nell’Itinerario Militare, compilato nel 1519 da Alberto Vignati. Era un dettagliato compendio delle maggiori vie di comunicazione del tempo, ad uso strategico. Vi sono elencate non solo le strade ma anche le distanze, i centri attraversati – definiti ‘terre’ o ‘terricciuole’ a seconda dell’importanza – le condizioni di transitabilità e il numero di cavalli che in ciascun luogo poteva essere alloggiato. Ebbene, in tale regesto, figura una Strada Monzasca diretta verso il Piacentino e che univa tutti i paesi situati sulla sponda destra dell’Adda. Doveva avere origini antiche perché il suo nome compare a Lodi Vecchio, prima dell’edificazione della nuova Lodi, già nel 1158. Secondo il Vignati toccava Cassano 28 d’Adda, Albignano, Truccazzano, Corneliano, Lavagna, Vaiano, Merlino, Zelo Buon Persico, Cervignano, Villavesco, Lodi Vecchio, Calvenzano, S.Angelo Lodigiano, Miradolo e un ‘passo’ sul Po nei pressi di Parpanese. Insomma una specie di Tangenziale Est milanese ante-litteram. Da Truccazzano al ponte di Lavagna A sud di Truccazzano la Muzza, secondo gli storici, corrisponderebbe all’antico ramo laterale dell’Adda, poi ridotto e rettificato in forma di canale. Non a caso presenta alcune anse che ravvivano le prospettive. Inoltre vi confluisce il corso Azienda agricola Taverna Località Molino Molgora, Comazzo, tel. 02.9061219. Questa azienda, sulla strada da Lavagna a Cavaione, produce e vende carne bovina di qualità. Apre lo spaccio ogni sabato dalle 8 alle 12.30 e dalle 15 alle 19. Da non dimenticare, a Cavaione la piccola trattoria del villaggio, vicina alla chiesa che offre buona cucina a piccolo prezzo. • Fasci di rogge corrono spesso in parallelo al canale naturale del torrente Molgora che trova le sue sorgenti nella Brianza, presso Campsirago. Buona parte di queste campagne sono coltivate a granturco, una graminacea proveniente dal continente centro-americano. Il suo successo si deve all’elevata produttività e al fatto essere destinata all’alimentazione sia umana sia animale. Nella Pianura Padana è stata introdotta nel XVIII secolo e la sua farina, ingrediente primo della popolare ‘polenta’, è stato l’alimento quotidiano e salvifico per generazioni di contadini. Essendo la pianta che fornisce la maggior quantità di prodotto per ettaro, è divenuta pre- I l fo n t a n i l e «Per fontanile s’intende un luogo scavato più o meno profondamente, nel quale si raccoglie l’acqua che sorge dalla terra. Si distinguono in esso tre parti, delle quali la prima ha ricevuto il nome di testa, ed è in essa che si raduna l’acqua che zampillando sorge dal suolo: la seconda è stata denominata asta, e questa riceve lo scolo della testa: la terza è il canale che serve al passaggio dell’acqua, e che si deve considerare come il prolungamento dell’asta. Allorché dunque si vuol condurre l’acqua ad un territorio, e non si può o non conviene il derivarla da un canale, si cerca un luogo più settentrionale dove le sorgenti siano poco profonde, ed ivi si comincia a scavare la testa di un fontanile, alla quale si dà quella forma che si crede più acconcia alla situazione, cioè circolare o poligona, ed un’estensione proporzionata alla quantità d’acqua che si desidera di ottenere, e che si vede sorgere dalla terra a misura che si estende lo scavo: quindi nella sabbia nella quale zampilla l’acqua si introducono alcuni grossi tini privi di fondo, in modo che le sorgenti siano racchiuse all’interno dei medesimi. Il loro numero è proporzionato all’estensione dello scavo, ed il loro officio è d’impedire che le sabbie possano otturare le sorgenti. Questi recipienti hanno la forma di coni troncati, perciò sono più larghi verso il fondo, ed alquanto più stretti verso la cima: la loro altezza suole essere di 5 in 6 piedi: sono costruiti con forti doghe di ontano, albero detto in Lombardia ‘onizza’: la loro durata si può valutare in circa 20 anni: sono cerchiati di ferro, e s’introducono nel suolo perpendicolarmente per tutta la loro altezza, estraendo con un badile la terra rinchiusa al loro interno. Affinché poi l’acqua possa uscire più facilmente dal tino, sull’orlo di questo è solito farsi un piccolo incavo nella parte che è rivolta al canale. Da questa operazione segue che ciascuno di quei recipienti diviene un piccolo pozzo, nel quale l’acqua sorge di continuo fino alla bocca superiore, e non tarda a formarsi un piccolo lago, la di cui superficie è quasi allo stesso livello con l’orlo dei tini. Allora per mezzo di un canale si conduce l’acqua a quel sito che si desidera…» (Scipione Breislak, Descrizione geologica della provincia di Milano, Milano, 1822) • La ‘polla’ risorgiva di un fontanile milanese valente su molte altre colture fino a diventare per molte aziende la sola monocoltura. L’Italia si posiziona all’ottavo posto nel mondo per produzione di mais (10.937.000 tonnellate nel 2002) ma è al primo per resa produttiva. Da un punto di vista paesaggistico il granturco offre la sua migliore immagine all’inizio dell’estate quando la pianta, ormai sviluppata, emette un pennacchio di fioritura, mentre da un’ascella fogliare si sviluppa la pannocchia. Diverso e piuttosto desolante l’aspetto di un campo di mais durante il riposo invernale, disseminato di stoppie e di fusti recisi, abituale desco di corvi e cornacchie. Sul fianco sinistro della strada si moltiplicano le rogge che, correndo parallele, formano una fitta fascia di vegetazione. La Codogna Alta (0,55 mc/sec.) si è staccata all’altezza della Cascina Nuova, mentre la Cattanea Comazzo (4,24 mc/sec.), prima dell’apertura del canale, si alimentava con il deflusso di alcune polle di fontanile. La Codogna è una roggia importante, non tanto per la quantità 29 Da Cassano d’Adda a Paullo d’acqua, quanto per il suo sviluppo: la troveremo costantemente parallela e a breve distanza dal canale fino e oltre Castiglione d’Adda. I fontanili sono un fenomeno ‘naturale’ importantissimo in questa parte della pianura. Essi contribuiscono, assieme ai canali, all’irrigazione delle campagne. Ho usato le virgolette scrivendo naturale perché, in realtà, i fontanili sono stati adottati dall’uomo migliorando le loro funzioni. Ci sono qui e non potrebbero essere altrove, lungo una fascia che, larga una dozzina di chilometri, corre, salvo qualche eccezione, dal Piemonte fino al Friuli. Si tratta della zona di separazione fra alta e bassa pianura. L’alta pianura si distingue per i suoli grossolani, ghiaiosi, che impediscono all’acqua di scorrere in superficie, convogliandola nel sottosuolo. La bassa pianura invece ha terreni impermeabili, a struttura minuta, argillosi o sabbiosi, che favoriscono l’emersione dell’acqua di falda. Il fontanile, o la risorgiva, è il punto dove, per la spinta della pressione sotterra- 30 • La cascina di Conterico di sopra nea, l’acqua torna alla superficie. Si tratta di acqua a temperatura costante (da 9 a 12° C), limpida e pulita, disponibile per l’irrigazione dei campi in ogni stagione dell’anno. L’uomo, sin dai tempi più remoti, ha curato la sistemazione delle polle sorgentizie, incanalandole in ‘tini’ di legno, ha provveduto a tener pulito la ‘testa’ del fontanile, dove si generano le polle, ma soprattutto ha indirizzato le ‘aste’, cioè i fossi, verso i campi bisognosi di acqua. Il destino dei fontanili, fino a qualche decennio fa, sembrava segnato: dagli 873 rilevati nel 1920, si era scesi a 430 nel 1975. Molto compromessi, non più man- tenuti e usati come discariche erano ormai nella memoria degli anziani. Oggi la tendenza non si è invertita ma almeno, grazie alla sensibilizzazione, si cerca di mantenere in vita quelli superstiti. Alcuni di essi, come il Fontanile Nuovo a Bareggio o i fontanili della Muzzetta presso Rodano, sono diventati riserve naturali. La strada di ripa raggiunge la Cascina Castiona I (km 12.4, alt. 102) e poi incrocia la strada per Lavagna, nei pressi dell’omonimo ponte J (km 13.1, alt. 104). Anche qui, a destra e a sinistra, un intrico di rogge e, al di là della strada, la Cascina Nuova con i suoi annessi. Una breve diramazione verso Lavagna – ritenuta dagli storici «la terra più settentrionale del Lodigiano» - e Rossate, porta al cospetto di un’interessante chiesa, isolata nei campi, forse disegnata dal grande Bramante (vedi a pagina 34). A sinistra invece si raggiunge Comazzo, paese noto per la villa Pertusati (vedi a pagina 32). Sono due diversioni consigliabili se si è stabilito di chiudere, per il momento, la passeggiata a Paullo. Osteria dei Cacciatori In terreni più sicuri si usava intercalare ai filari dei pioppi frumento o granturco, Cascina Conterico Inferiore, Paullo, espediente poi abbandonato perché di tel. 02. 9064175, chiuso lunedì. È il primo ristorante che s’incontra lungo difficile trattamento meccanico. la Muzza. In estate si può pranzare nella I suoi rami, fino a 6-7 metri d’altezza, forveranda che dà sulle acque del canale. Il nivano la cosiddetta ‘legna dolce’, buona menù contempla piatti tradizionali, fra i quali, degno di lode la faraona ripiena. da ardere o per fare mobilia di basso pregio. L’albero veniva fatto crescere Dal ponte di Lavagna a Paullo molto più di oggi e, in mancanza di macL’itinerario principale prosegue, per me- chinari specifici, il taglio periodico era no di 200 metri, lungo la provinciale 181 • Attività agricola lungo le sponde del canale (direzione Merlino) poi ritorna sulla pista di servizio del canale, a fondo naturale. Di tanto in tanto si scorgono nell’acqua carcasse di automobili. Periodicamente vengono rimosse con l’aiuto delle forze dell’ordine ma non si comprende come abbiano fatto a finire lì. S’infittiscono le coltivazioni di pioppio. Si tratta di una specie ibrida, di rapido accrescimento (giunge a maturazione in circa 11-12 anni), utilizzata a fini industriali per la produzione di cellulosa. In passato il pioppo era coltivato nella golena dei fiumi, su terreni inutili alle coltivazioni perché spesso percorsi dalle piene. effettuato dallo scalvatore. A lui spettava il compito di arrampicarsi sui tronchi e tagliare i rami. Era una mansione pericolosa che richiedeva doti acrobatiche. Per questa ragione gli scalvatori erano fatti oggetto di ammirazione nella cascine e il loro immaginario colpiva il cuore delle giovani. Oggi le coltivazioni industriali di pioppo sono un ben misero palliativo di fronte alla progressiva rarefazione delle alberature della nostra pianura. Fino a quando le cascine erano abitate e l’agricoltura si conduceva con le tecniche tradizionali anche le alberature – oggi accusate di fare ombra alle coltivazioni – avevano una loro funzione. Venivano tenute lungo i fossi a rinforzo delle rive o lungo i cigli delle strade. Ciascun podere poteva contare su una vasta gamma di essenze arboree per gli usi domestici e come combustibile per il focolare dei contadini. Una volta tagliati, grazie alla tenuta delle ceppaie, gli alberi ricrescevano con rapidità. Il gelso era diffusissimo, specie nell’alta pianura, per via delle foglie che erano alimento prediletto dai bachi, produttori di seta. Ogni famiglia possedeva una propria ‘coltura’ che contribuiva a sostenere il magro reddito stagionale del lavoro nei campi. Le piante d’alto fusto, come l’olmo o la quercia, erano importanti al punto da essere elencate, una per una, nei contratti d’affittanza dei poderi. Da esse infatti si ricavava gran parte del materiale edilizio 31 Da Cassano d’Adda a Paullo L a v i l l a Pe r t u s at i Cristoforo Pertusati era un nobile milanese con la passione per la guerra. Seguì tutte le campagne del principe Eugenio di Savoia, ottenendo fama e prestigio. Nel 1747, dopo essere divenuto Governatore di Milano, edificò a Comazzo una sontuosa villa che Marcantonio Dal Re illustrò nella sua opera, dedicata alle più importanti ‘villeggiature’ del Contado di Milano. In effetti, la costruzione era reputata per la magnifica posizione sul terrazzo dell’Adda, con spalti degradanti verso il fiume, viali simmetrici, giochi d’acqua e ninfei. L’edificio possiede il classico schema a U con le ali avanzate e ripiegate a chiudere il cortile. La facciata è resa ariosa da un portico ad archi. Il giardino è andato purtroppo perduto: restano solo alcuni pilastri del portale e piccoli obelischi, visibili dalla strada campestre per la Cascina Torchio. Nell’Ottocento, il parroco di Comazzo impose la mutilazione delle ninfe di marmo, ritenute offensive al pudore, dando avvio al degrado del complesso. 32 delle cascine e degli utensili agricoli come le travi portanti dei tetti e dei soppalchi, le paratoie delle rogge, le passerelle e i parapetti dei ponti, tutti i mezzi di trasporto e la mobilia della casa contadina. Un’altra ampia ansa prelude al grosso cascinale di Conterico K (km 18.2, alt. 97). Si tratta per la verità di due cascine, disposte sulle sponde della Muzza, e richiamano il modello tipico della cascina padana a corte, articolata e dotata di un edificio per ogni funzione: stalle, fienili, porcilaie, silos, legnaie oltre, naturalmente, alle dimore dei contadini e a quella, più nobile, dell’affittuario o del proprietario della tenuta. Tutte o gran parte della cascine della Bassa Milanese risalgono al XVII-XVIII secolo, quando perfezionate la bonifica e l’assetto irriguo delle campagne inizia lo sfruttamento intensivo delle risorse agricole. Le cascine, già allora, erano complessi altamente produttivi, la cui proprietà e gestione era legata a capitali e investimenti cittadini. Come in una gran- de multinazionale in cui le decisioni sono prese in un centro finanziario mentre la sede del lavoro sono le tante filiali sparse per il mondo anche qui la direzione era in città e il lavoro svolto nelle cascine sparse per la pianura. In questo senso il contadino, spesso soggetto a un durissimo contratto di lavoro, era trattato in modo simile a un operaio, privo degli strumenti di produzione, in grado di fornire solo la sua forza-lavoro. A quel punto la differenza fra il lavoro di fabbrica e quello in campagna era solo nominale. Le cascine milanesi, appartenute alla nobiltà cittadina o a grandi enti assistenziali (come l’Ospedale Maggiore), garantivano il costante afflusso di generi alimentari alla città, erano condotte da un fittabile per conto del proprietario, ed erano di continuo oggetto di cure e migliorie per conservare, anzi aumentare il valore aziendale. Conterico appartiene al comune di Paullo. La strada che si dirige verso il capoluogo è asfaltata e abbandona la Muzza (lo stradello di ripa si chiude nel Il Canale della Muzza - Tavola 3 Da Cassano d’Adda a Paullo Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante Limite parchi Chiesa Alimentari Mulino Bar Cascina Impianto idraulico Ristorante Levata Semaforo Ponte Parco Sbarra Ciclista Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 33 Da Cassano d’Adda a Paullo S a n B i a g i o d i R oss ate Di questa chiesa non si sa molto. Anzi, fino a qualche anno fa, era sconosciuta anche agli studiosi. La sua posizione è appartata, in mezzo alle campagne sulla sponda destra della Muzza, fra Melzo e Paullo, in territorio di Comazzo. La nebbia forse, le faccende dei campi nella vicina cascina o il fatto che non ci sia mai stato un cartello, l’hanno celata agli occhi dei più, non a quelli dei paesani però che vi convenivano spesso a venerare un crocifisso ritenuto miracoloso. Rossate è poco più di una cascina al limite fra la Bassa milanese e il Lodigiano ma nella storia ha avuto più di un ricordo. Si sa, ad esempio, che nel 970 Aldegrauso, vescovo di Lodi, scambiò i beni di Rossate con il prete della chiesa di S.Giorgio in Palazzo a Milano ricevendone altri lungo il Lambro. Nell’atto di transazione figurano i nomi di tutti i campi di Rossate ed è un bell’elenco di toponomastica medievale. State a sentire: campo badaluco, falesto, tredelli, limido, campo tareseto, levanico, acereto, silungla, ceregalioli, campo sancti Petri ecc. 34 La chiesa di San Biagio è sorprendente perché non è come le altre dei paesi vicini. Ha una forma strana, di essa si apprezza la griffe dell’architetto famoso. Nessuno ha il coraggio di pronunciare il nome di Donato Bramante (chi ce l’avrebbe mandato in questa sperduta campagna? lui, abituato alle dimore patrizie di Milano), eppure quell’alto tiburio a otto lati, quelle due absidiole poligonali attaccate ai lati, e soprattutto quegli arconi sulla base quadrata, fanno ricordare la tribuna bramantesca di Santa Maria delle Grazie a Milano. L’edificio sposa l’armonia delle forme con la rudezza della materia. Il suo corpo è scarnificato, senza intonaco. Spicca la vivida cromia del mattone che s’imparenta con le tegole dei tetti. Un tocco pittorico, se ciò non rivelasse l’estremo stato di abbandono di San Biagio. Ci vorrebbero restauri, più sostanziosi dei pochi che sono stati fatti finora. Peccato vederla così afflitta. • La chiesa di S.Biagio a Rossate nulla poco più avanti). Superato l’incrocio con la strada statale 415 ‘Paullese’ L (km 19.2. alt. 99) si entra nell’abitato attraversando la zona residenziale a villini. Paullo Paullo M (km 20.5, alt. 96) non ha molto da offrire al visitatore. Il nome (dal latino ‘palus’ - palude - con riferimento all’originaria situazione ambientale) ricorre soprattutto per il ruolo che ebbe come centro ordinatore del circostante territorio agricolo. Paullo, nel XIX secolo, era capoluogo di mandamento, aveva una Pretura e un tribunale. Le cronache ne parlano come di un luogo dove, per sua sciagura, truppe di ogni tempo e bandiera, in conflitto con Milano, venivano a far quartiere con grave danno per la popolazione che si vedeva privata di ogni genere di vettovaglia: «Il 27 maggio 1502 – ricorda maestro Ambrogio da Paullo – le truppe francesi di Luigi XII, alloggiarono nelle ville dissipando le robe dei poveri villani: giunsero G l i S t at u t i d e l l a M u z z a ( se c . X I I I ) - 1 - Tutta l’acqua e il letto e le rive del Canale della Muzza dal principio alla fine, e le strade che costeggiano il fiume da ambo i lati, sono proprietà assoluta del comune di Lodi, in quanto sono nel territorio laudense e nessuno può avervi diritto. - Le strade laterali al Canale della Muzza devono essere larghe 5 gittate (circa 3 metri) e sgombre da ogni impedimento, affinchè tutti possano andare o ritornare liberamente. - Nessuno pianti o coltivi alberi sulle rive e sulle strade laterali al Canale della Muzza, o tocchi la terra degli argini, o metta impedimenti al libero corso delle acque, non mulini, non lino in macero, non estragga acqua senza il consenso e l’ordine degli ufficiali della Muzza. I trasgressori pagheranno per ciascuna infrazione di legge 100 soldi imperiali, e ripareranno i danni a loro spese. - È concesso a tutti l’abbeverarvi il bestiame, il lavarvi panni, il pescarvi, e ciascun paese del Lodigiano potrà scavare una fossa alla distanza di 6 gittate dalla riva e farvi entrar l’acqua per macerare il lino, ma coll’obbligo di chiudere poi la riva e ridurla allo stato di prima. - Il modulo dei bocchelli per l’estrazione dell’acqua del canale è stabilito dal Comune, e deve essere conservato nello stato e nella condizione che sarà posto dagli ufficiali dell’acqua della Muzza. Chi vi facesse guasto per cavarne maggiore quantità di acqua pagherà la multa di 10 soldi imperiali per ogni oncia di acqua cavata di più e per ogni giorno. - Chiunque, soggetto alla giurisdizione e alla podestà del Comune di Lodi, possedendo terre nel Lodigiano, volesse irrigarle con l’acqua della Muzza, dovrà farsi inscrivere al Comune e pagare due fiorini d’oro per ogni oncia d’estrazione d’acqua, e fare a proprie spese l’escavazione del canale, ossia della roggia, per condur l’acqua alle proprie terre, e scaricarle altrove, passando, ove occorra, anche su terre non sue. Questo passaggio che nessun proprietario di fondi potrà negare, sarà concesso in luoghi ove rechi minor danno a giudizio di due o tre boniviri, eletti dalle due parti, e al prezzo da loro stabilito. • Un aspetto delle campagne lungo la Muzza 35 Da Cassano d’Adda a Paullo L a m a rc i t a Questo termine derivava dall’abitudine dei contadini di lasciare sul prato l’ultimo taglio dell’anno ricoprendolo poi d’acqua. L’erba ‘marcita’ dava così una specie di concime naturale. In seguito la tecnica si perfezionò e fu utilizzata nel periodo invernale. Facendo infatti scorrere sui campi l’acqua dei fontanili, a una temperatura di 9°-12°C, si impediva all’erba di gelare consentendo tagli ripetuti in ogni stagione. A volte fino a 6-7 volte in un anno. Per permettere questa continua circolazione di acqua, il campo doveva essere sistemato in lunghe porzioni dotate di un colmo dove scorreva un cavo d’acqua. Da qui l’acqua tracimava scorrendo sul prato, lievemente pendente, e veniva poi raccolta alla base da altri cavi che a loro volta alimentavano altre marcite. Un sistema ingegnoso che richiede una continua e accurata manutenzione non sempre praticabile con mezzi meccanici. Questa è la ragione della progressiva rarefazione di questa tecnica di coltivazione. I primi a introdurre la marcita nella Bassa Milanese, territorio quasi esclusivo per questo genere di coltura, furono gli ordini monastici di Chiaravalle, Viboldone, Morimondo, già nel XII secolo. Ancora all’inizio del ‘900 dei 288 mila ettari coltivati nel Milanese, circa 12 mila erano tenuti a marcita con punte massime (più del 20% della superficie coltivata) nei comuni di Vigentino, Chiaravalle milanese, Assago, Lambrate, Mezzate, S. Donato, S. Giulia- 36 no, Trezzano sul naviglio. La vicinanza di questi comuni a Milano (molti di essi sono oggi assorbiti dalla città) fa supporre che particolarmente indicate per l’irrigazione delle marcite erano le acque di fognatura cittadine, convogliate soprattutto dalla Vettabbia, roggia che si staccava dal naviglio cittadino al ponte delle Pioppette al Molino delle Armi. In origine la Vettabbia fu il colatore degli acquedotti dell’antica Mediolanum romana. • Una marcita nel suo aspetto invernale. a Paullo 250 cavalli, colle loro persone, ad alloggiare, e mangiava più roba il minimo fantaccino francese che quattro persone italiane…». A Paullo termina la prima tappa del nostro itinerario lungo la Muzza. Stanchi? Vi sia di conforto questa riflessione del ciclofilo Didier Tronchet: «In macchina la stanchezza è appiccicosa. Vi attanaglia, vi inarca la schiena, e vi formicola nelle gambe. Vi rende nervosi e aggressivi. E infine vi getta, le due braccia sul volante, in un brutto dormiveglia, su un’area di sosta d’autostrada. La stanchezza in bicicletta vi svuota la testa, vi fa tremare i polpacci, vi fa venir fame, fa di voi un corpo saturo di fatica, abbandonato a una dolce sensazione di pienezza, e poi vi getta su un prato, per un sogno armonico con l’universo». Ripartiremo da qui, dal ponte alle ‘porte di Paullo’, dove un sistema di chiuse devìa il corso del canale verso sud, lasciando a destra l’Addetta. • Un pittoresco scorcio della Muzza a Conterico SECONDA TAPPA L Da Paullo alle Zelasche Il secondo tratto dell’itinerario della Muzza segue il corso del canale dalle Porte di Paullo, punto di separazione dal colatore Addetta, fino alla centrale elettrica di Tavazzano e all’oasi delle Zelasche. È un lungo tratto in aperta campagna che incontra solo qualche piccolo abitato. La strada di ripa è sterrata e prevede una sola separazione dalla Muzza in prossimità della centrale Endesa che occorre aggirare dall’esterno. In alternativa, all’altezza del Canale Belgiardino, senza raggiungere la trafficata statale 9, si può puntare verso Lodi seguendo l’itinerario ciclabile allestito dalla Provincia di Lodi e dal Consorzio Muzza Bassa Lodigiana. Il Parco Belgiardino, in riva all’Adda, prelude all’ingresso in città. Lunghezza: 14.7 km (20 se si fa capo a Lodi). Dislivello: 16 metri in discesa. Tempo di percorrenza: 1 ora e 20 minuti. Condizioni del percorso: strada di ripa del Canale della Muzza, qualche breve tratto di strada asfaltata o sterrata. Il punto di partenza è a Paullo, località posta lungo la ex-strada statale 415 ‘Paullese’ a 18 km da Milano. Il punto di arrivo è fissato alle Zelasche, località posta lungo la Muzza presso il ponte della ferrovia Milano-Piacenza. Dove mangiare. Nessun punto di ristoro lungo il percorso; un bar a Quartiano. Ristoranti e negozi alimentari negli abitati vicini: Mulazzano, Cervignano d’Adda, Montanaso Lombardo. Altre informazioni e indirizzi utili. Azienda di promozione turistica del Lodigiano, piazza Broletto 4, 26900 Lodi, tel. 0371.421391, www.apt.lodi.it; Carabinieri Lodi, via S.Giacomo 12, tel. 0371.430497-0371.430811; Ospedale Maggiore di Lodi, piazza Ospitale 10, tel. 0371.371; Stazione Fs, Lodi, tel. 0371.420207. 38 QUADRO DELLE DISTANZE E DELLE ALTEZZE PROGR. PARZ. LOCALITÀ ALT. 20.5 0.0 Paullo (porte di -) 96 21.0 0.5 Levatone di Paullo 96 22.8 1.8 Villambrera 93 24.2 1.4 Levata Bolenzana 92 26.0 1.8 Ponte S.P.138 90 27.2 1.2 Levata Quartiano 85 28.2 1.0 Quartiano 85 29.7 1.5 Casolta 85 30.6 0.9 Mongattino 84 31.4 0.8 Arcagna 84 32.2 0.8 Ponte Can.Belgiardino 83 33.5 1.3 Centrale Endesa 83 34.0 0.5 Ponte sulla S.S.9 85 35.2 80 1.2 Zelasche e Porte di Paullo 1 (km. 0.0, alt. 96) sono ubicate all’ingresso del paese provenendo da Milano lungo la vecchia strada Paullese. Oggi è un luogo angusto, battuto dalle auto, chiuso fra le recinzioni, e non è facile apprezzare le complesse opere idrauliche che regolano la separazione del Canale della Muzza dal colatore Addetta. Come già accennato, quest’ultimo corso d’acqua insisterebbe nell’alveo di un antico ramo dell’Adda orientato verso il Lambro, sistemato dai Milanesi prima del XIII secolo a scopo difensivo con il nome di Adda Nuova. La parte superiore, da Truccazzano a Paullo, fu poi utilizzata dalla Muzza che, qui, si separa e volge verso sud. L’intenzione lodigiana di impiegare questa derivazione non fu ben vista dai Milanesi che si videro privati di gran parte dell’acqua lungo l’Addetta, a valle di Paullo. In quei tempi – siamo nel XIII secolo - una cosa del genere poteva anche scatenare una guerra (e ragioni per scontrarsi fra Lodigiani e Milanesi • Le ‘chiuse’ delle Porte di Paullo, dove l’Addetta si separa dalla Muzza. • La Cascina Villambrera, sulle sponde della Muzza. c’erano già state a sufficienza in precedenza) se non fosse intervenuto a dirimere la questione l’arcivescovo di Milano, Ottone Visconti. Si arrivò a un ragionevole compromesso: Milano riconobbe la giurisdizione lodigiana sulle acque dell’Adda; Lodi, in cambio, acconsentì all’apertura di una nuova ‘bocca’ lungo l’Adda Nuova per compensare le perdite subite dai Milanesi. In soldoni, stabilite a tre le parti d’acqua, due spettarono a Lodi, una a Milano, nella figura dell’Ospedale di Santo Stefano in Brolo, principale tenutario dei fondi agricoli in quella zona. Oggi a Paullo, oltre all’Addetta che come colatore riceve soprattutto le eventuali eccedenze, in periodi di piena, delle acque del torrente Molgora, si snodano altre importanti rogge fra cui la Muzzetta (6,79 mc /sec.) che alcuni sostengono antichissima, forse l’Aqua Mutia di epoca romana. Per secoli le sue acque hanno bagnato i possedimenti dell’Ospedale Maggiore di Milano a Muzzano, Molinazzo e Villa Pompeiana, tutte località poste fra la Muzza e l’Adda. Qui, la portata complessiva della Muzza, che era di 110 mc /sec. a Cassano, si è già ridotta a 97 mc /sec. Curiosamente a Paullo il Canale della Muzza fu utilizzato anche come arnese bellico. Nel 1452 Francesco Sforza, in guerra con la Repubblica di Venezia che teneva la parte orientale della Lombardia con l’enclave di Crema, al di là dell’Adda, fortificò il paese con due torri e ruppe tutti i ponti sul canale in modo da essere di ostacolo ai nemici. Precauzione vana perché i veneziani, evidentemente abili in terra quanto sull’acqua, presero facilmente le torri depredando tutto il Lodigiano. L’espediente di utilizzare i canali irrigui come arma per fronteggiare i nemici non era comunque nuovo. Gli stessi Milanesi, durante le guerre con il Barbarossa, avevano rotto più volte le chiuse del Ticinello, allagando le campagne per chilometri, al fine di contrastare l’avanzata dell’esercito imperiale dalla parte di Pavia. 39 Da Paullo alle Zelasche Da Paullo alla Strada Pandina Nei pressi delle chiuse, superata la sbarra che impedisce l’accesso alle auto, si riprende il percorso lungo la ripa sinistra della Muzza, a valle di Paullo. Subito il canale assume l’aspetto di un baldanzoso torrente per via di una ‘levata’ o Levatone di Paullo B (km 0.5, alt. 96). Con questo termine s’intende un salto d’acqua, originato artificialmente, per far perdere quota al letto del canale, ma anche per sostenere e rallentare il livello delle acque in modo da consentire una più facile alimentazione delle ‘boc- • Un’altra immagine della parte agricola della Cascina Villambrera 40 Azienda agricola Casorati Il Canale della Muzza - Tavola 4 Da Paullo alle Zelasche Località Cascina S.Antonio, Paullo, tel. 02.90632350. Una piccola oasi di ospitalità a due passi dalla Muzza. La cascina ha un bel porticato e un’ampia aia dove razzolano galline e tacchini. Possiede solo 4 posti letto, pertanto è bene prenotare. che’ posizionate a monte della ‘levata’. Le acque rumoreggiano spumeggianti e si placano nel sottostante laghetto, o meglio nella ‘lunata’, cioè l’alveo modellato dalla turbolenza della corrente. In origine, le ‘levate’ (almeno 15 alla metà del XVI secolo) erano formate da ammassi di detriti e tavolazzi di legno posti trasversalmente all’alveo e fissati con palizzate, pure di legno. Nel XVII secolo si cominciarono a costruire ‘levate’ in muratura. Accanto a questa ‘levata’ c’è un giardino pubblico che favorisce una prima sosta. Poi si torna in aperta campagna. Filari di pioppi accompagnano il cammino. Dopo qualche incurvatura, il canale giunge al cospetto della Cascina Villambrera C Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante Limite parchi Cascina Parcheggio Pesca sportiva Centrale elettrica Zona umida Incrocio pericoloso Ristorante Chiesa Area di sosta Bar Levata Ponte Alimentari Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 41 Da Paullo alle Zelasche Un paesaggio che cambia Le trasformazioni del paesaggio di pianura sono lente, qua- sul lavoro di una macchina che non deve avere impedimensi innavertibili, ma hanno gli stessi effetti dirompenti: si ta- ti nel suo inarrestabile procedere. Di conseguenza si è ridotglia un filare oggi, si accorpano due campi domani, si urba- ta anche la fittissima, capillare maglia dei cavi secondari e nizza un’area agricola dopodomani. In questo modo l’aspet- dei fossi; si è semplificata la rete stradale interpoderale e si to del tradizionale paesaggio agrario cambia in modo irre- sono abbandonate molte cascine in una fase di ulteriore acversibile e, quasi mai, in meglio. Bisogna ricorrere a qualche corpamento dei fondi agricoli. Forse è il caso di parlare di foto in bianco e nero di mezzo secolo fa o alle più lontane ‘globalizzazione del paesaggio’ nel senso che, ormai, l’unidescrizioni degli agronomi ottocenteschi per renderci conto formità, la monocoltura, la monotonia delle moderne strutdi una pianura-foresta, densa di alberature, ricca e variata di ture produttive agricole rendono quasi del tutto simile la campagna milanese a prospettive, molto di• Quando lungo la Muzza passeggiavano gli animali della stalla quella piacentina, regversa da quella «steppa giana o bresciana. Un a mais con qualche patempo le differenze c’elo della luce in mezzo» rano e si notavano soche ha colpito un acuprattutto nelle forme to osservatore dei nodelle case contadine o stri tempi. nel variare delle coltivaLe alberature di una zioni e nelle sistemaziovolta si sono ridotte ni dei campi. perché sono cambiate le partizioni dei campi. • Uno spezzone del La dimensione di un territorio lungo la Muzza campo che prima era come rappresentato commisurata al lavoro nel 1914 nella Carta quotidiano di un paio d’Italia a scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico di buoi o di un bracMilitare ciante oggi è stabilita 42 Azienda agrituristica Tenuta Virolo loc. Tenuta Virolo, Mulazzano, tel. 02.989044. Un tuffo nella storia: la tenuta Virolo appartiene dal 1526 alla nobile famiglia Litta Modignani. Oggi appare nelle forme aziendali conferitele alla metà dell’800, dunque con le varie corti padronali e bracciantili, con le stalle e i fienili. Il recupero della grande stalla prevede l’allestimento di un museo agricolo e di un centro per attività didattiche. (km. 2.3, alt. 93), la più bella di quelle affacciate alla Muzza. Nell’anno 972 era detta Villa Mellaria e apparteneva al monastero di San Pietro dell’antica Lodi. La corte è aperta verso il canale, preceduta da un giardino. Poco discosto sta l’oratorio di S. Eusebio che fino al 1591 si resse come parrocchia autonoma. Non sono pochi gli abitati e le chiese, sparse per la campagna, che anticamente avevano giurisdizione propria. Segno evidente di un popolamento più capillare dell’attuale. A Villambrera l’itinerario passa sulla sponda destra della Muzza e incontra, a meno di mezzo chilometro dalla cascina, una ‘morta’. Nulla di particolarmente lugubre, si tratta solo dell’originario letto del canale, più sinuoso dell’attuale e che, per questa ragione, fu rettificato. Questo intervento rese più veloce l’afflusso dell’acqua aumentando la quantità d’acqua disponibile in un determinato lasso di tempo. Non dimentichiamo che lungo un canale irriguo si ragiona sempre in termini economici: maggiore quantità d’acqua significa ampliamento del bacino irriguo e ulteriore quota d’acqua posta sul mercato. La ‘morta’ oggi è un vivacissimo rifugio di fauna acquatica, circondato da salici, olmi, pioppi e protetto da un’impenetrabile coltre di rovi. Giunti all’altezza della Levata Bolenzana D (km 3.7, alt. 92) si scopre che alcuni di questi salti d’acqua - in media di circa 3 metri - sono utilizzati per la produzione di energia elettrica mediante piccole centrali. Qui, fra l’altro, si stacca il Canale Derivatore Saturno (5,8 mc/sec.) che, per portata d’acqua, è una delle principali derivazioni della Muzza. Alla fine dell’inverno le rogge vengono • La ‘levata’ di Paullo trasforma il Muzza in un giovane torrente di montagna prosciugate per consentire la manutenzione e la pulizia del fondo. Un tempo era consuetudine ‘andà a palutà’, ossia andare a prendere i pesci rimasti in secca. Conservati in carpione erano una provvidenziale integrazione alla magra dispensa delle famiglie contadine. Più avanti la strada di ripa si popola di pescatori che approfittano sia della sponda del canale, sia del retrostante laghetto Airone. Si tratta di luoghi tranquilli, frequentati da appassionati. Lungo la Muzza si pesca bene per via delle acque calme e pulite. Le specie presenti appartengono alla grande famiglia dei Ciprinidi (alborelle, tinche, carpe ecc.) in grado di adattarsi facilmente alle variabili condizioni ambientali dei corsi d’ac- 43 Da Paullo alle Zelasche L’a n e l l o s u l C a n a l e D e r i vato re S at u r n o Lungo il Canale della Muzza il Consorzio di Bonifica Muzza è stato ripiantumato con essenze arboree e arbustive autocBassa Lodigiana ha, di recente, allestito dei percorsi ambien- tone. Vicino al parcheggio sono stati utilizzati: acero campetali che possono costituire un’interessante appendice all’iti- stre, acero riccio, pioppo bianco, carpino bianco, biancospinerario della nostra guida. Si coprono a piedi o in bicicletta no, viburno opalo, eponimo e frangola, mentre nei filari lungo in breve tempo e forniscono ottimi spunti di osservazione. il canale sono state utilizzate l’acero campestre e il pioppo. Pannelli didattici e aree di sosta completano l’attrezzatura Particolare attenzione è stata data al recupero del paesaggio agrario tradizionale come si può notare dalla comparadei percorsi. Questo percorso attrezzato - il primo, seguendo il nostro per- zione della foto qui accanto, in bianco e nero, con quella a corso da nord a sud - segue un tratto della Muzza e del Deri- colori illustrante il parcheggio. Distante circa 1800 metri dal punto di partenza, si inconvatore Saturno. Ha inizio nel • Il paesaggio alberato della Muzza negli anni ‘50 del secolo scorso tra la centralina idroelettripunto in cui il canale interse- (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana) ca Bolenzana che, utilizzan- • Il parcheggio, punto di partenza dell’anello. ca la strada provinciale 138, do il salto della omonima • La Centralina Bolenzana con il suo salto d’acqua (Archivio che unisce Melegnano con levata, produce circa 15 mi- Consorzio Muzza Bassa Lodigiana) Villa Pompeiana, ovvero la lioni di Kwh annui, direttastorica Strada Pandina; qui si mente immessi nella rete trova un parcheggio per le elettrica nazionale. autovetture e un’area atLa centrale è in funzione trezzata con tavoli, panchidal 1999 e utilizza due turne e bacheca informativa. bine ad elica di tipologia L’anello si sviluppa per circa Kaplan per alte portate e 3 km verso nord (vedi cartimodesti salti idraulici: la na a pagina 41), lungo la potenza installata è di cirstrada alzaia in sponda sinica 2000 KW con una rotastra del canale e quella in zione massima di 110 giri al sponda destra del Derivatominuto. re Saturno. Tutto il tracciato 44 qua di pianura (innalzamento termico, mancanza di ossigeno). Sono pesci che si nutrono per lo più di erbe acquatiche. Oltre che dei pescatori sono preda di specie più aggressive come il pesce gatto, il luccio, il persico trota. Intanto sulla sponda opposta si nota il percorso ambientale attrezzato dal consorzio (vedi pagina 44). Vale la pena ricordare che, nel frattempo, siamo entrati in provincia di Lodi anche se il Lodigiano proprio alcuni lo fanno iniziare, come abbiamo visto, già a Lavagna. All’orizzonte si profila un arco in cemento. Si tratta del ponte della Strada Pandina (S.P.138) E (km 5.5, alt. 90), che unisce Melegnano a Villa Pompeiana. Vista sulla cartina è una strada assolutamente rettilinea e ciò rivela un suo antico disegno. Nelle intenzioni di Bernabò Visconti doveva mettere in comunicazione le fortezze di Melegnano e di Pandino, divise dal corso dell’Adda. In realtà la ragione non era affatto strategica ma assecondava il desiderio del signore di Milano di raggiungere rapida- • La ‘morta’ della Muzza presso la Cascina Villambrera mente le tenute di caccia oltre Adda. Non si sa però se, assieme alla strada, fu progettato anche un ponte sul fiume. Non se ne è mai rinvenuta traccia. Sta di fatto che anche sulla sponda cremonese si nota la continuazione della dirittura stradale, giusto fino al castello di Pandino. Verso Quartiano «Due ruote, due gambe, un cuore e vai tranquillo senza fare rumore, senza fare polvere, senza inquinare l’aria e la terra. Se chiedi strada, basta far suonare un campanellino con due note allegre e gentili, dare e ricevere un saluto». Ecco l’approccio più indicato per affrontare il nostro itinerario, secondo le parole dello scrittore veneto Mario Rigoni Stern. Intanto la Muzza prosegue il suo viaggio nella pianura, sempre rigonfia d’acqua come un fiume in piena. C’è il tempo di osservare il paesaggio. Le luci della pianura mutano di stagione in stagione: in inverno sono i colori stanchi e terrosi dei campi arati a chiudere l’orizzonte; in primavera sono i tremolii delle foglioline dei pioppi, gialle e poi verdi, a preannunciare la bella stagione; in estate i caldi abbracci verdi della vegetazione e, infine, in autunno il dolce abbandono delle foglie che depositano sulla strada un tappeto frusciante. La Levata di Quartiano F (km 6.7, alt. 85), alta qualche metro, muove le acque ossigenandole. D’estate si percepisce bene questo ricambio d’aria regalando una pausa di frescura alla passeggiata. Quartiano G (km 7.7, alt. 85) si raggiunge poco dopo. È un tipico paese ‘di strada’, allineato lungo la via che taglia la Muzza. Non ha nulla di eclatante ma si avverte ovunque che qui la vita scorre 45 Da Paullo alle Zelasche L a g a l l i n e l l a d ’a cq u a È timidissima. Basta nulla per farla nascondere nel suo nido fra i gambi delle piante acquatiche lungo le rogge. Ma non è difficile distinguerla per via del piumaggio scuro e per il becco dai vivaci colori giallo e rosso. Anzì proprio la placca frontale serve a distinguerla dalla cugina folaga, che la possiede bianca. Quando si sente sicura la gallinella mostra tutta la sua eleganza di nuotatrice. Si muove ondeggiando la testa in avanti per aiutare la spinta delle zampe non palmate. Le sue lunghe dita le permettono però di camminare sicura sulle erbe galleggianti sollevando la coda fino a mostrare una chiazza biancastra. Di notte, rassicurata dall’oscurità, è in piena attività emettendo un incredibile repertorio di canti e grida. Fra le sue altre qualità, quella di sommozzatrice è fra le più apprezzate: riesce a stare sott’acqua anche fino a un minuto, alla ricerca d’insetti, piccoli crostacei, molluschi ecc. La gallinella d’acqua è la più ubiquitaria fra gli uccelli palustri dimoranti nella Pianura Padana. La si trova un po’ dappertutto grazie alla 46 sua grande facilità di adattamento: basta che abbia un po’ d’acqua e un po’ di canneto a disposizione. Talvolta la si vede inquieta mentre s’azzuffa con qualche compagna inseguendosi sull’acqua e colpendosi con le zampe. È una questione di dominio territoriale per la conquista del nido a causa dell’alta densità di esemplari al punto che spesso è facile trovare le uova di due femmine nello stesso nido. tranquilla. Al ponte di Quartiano si scavalca la Muzza e ci si dirige, a sinistra, verso l’edificio che in questi villaggi raccoglieva un tempo tutte le funzioni sociali: scuola, municipio, ambulatorio, anche monumento ai caduti. Alcune di queste oggi sono state trasferite perché Quartiano, comune autonomo fino al 1869, è stato poi accorpato a Mulazzano. La via Adige, verso destra, riporta sulla sponda della Muzza, ma questa volta sulla sinistra della corrente. Prati ed erbe, buoni formaggi È un bell’angolo di campagna, non ancora intaccato dalla monocoltura del mais, ma sparso di prati. Talvolta si incontrano estensioni di erba medica, o di trifoglio bianco o pratense, fra le coltivazioni foraggere più tradizionali del Lodigiano. Forse qualcuno rimpiangerà gli ‘erbai’, vale a dire le coltivazioni foraggere poste a intercalare fra le coltivazioni principali di cereali. Esistevano tre tipi e momenti di erbai: primaverili, estivi e autunno-vermini. Ad ognuno di essi erano as- sociate particolari specie erbacee ad accrescimento veloce e tali da garantire un taglio prima della successiva semina. Questo sistema garantiva di continuo foraggio verde al bestiame. Con il passaggio alla fienagione a secco questo sistema è venuto meno. Il foraggio essiccato si conserva più a lungo e viene trattato in due fasi: la prima, ancora sul prato, per ottenere una parziale disidratazione; la seconda in cascina. Nella prima fase il lavoro meccanico, oltre al taglio, consiste nel rivoltamento periodico della massa sfalciata per metterne al sole la massima parte. Nel Lodigiano si usa anche, prima di sera, ordinare il fieno in lunghe file, dette ‘andane’, per proteggerlo dall’umidità della notte per poi rispanderlo la mattina successiva. Infine, raccolto e pressato in enormi rotoli cilindrici, il fieno viene depositato in cascina. Qui si completa l’essicazione in modo artificiale, insufflando aria nella balla. La riduzione delle pratiche tradizionali è anche dovuta al ridotto consumo di fieno del bestiame. Attualmente una vacca da latte ogni giorno è nutrita con 20 kg di mais, 8 di mangime e solo 8 di fieno. Grazie a questo foraggio nascono i formaggi a pasta dura e cotta, come il grana. Si dice che lo stesso San Bassiano, patrono di Lodi, fosse intervenuto a smascherare una frode durante la vendita di una forma di grana. Un ‘furmagiatt’ (venditore di formaggi), con la complicità del demonio che teneva la punta della corna sul piatto della bilancia, sovrastimava il peso. Il santo, osservata la scena, scansò il diavolo facendo riprendere alla bilancia il suo giusto peso. Per punizione il disonesto formaggiaio fu costretto ad elargire ai poveri la sua intera riserva di grana. La tradizione che associa Parma con la produzione di questo prelibato formaggio andrebbe corretta poiché si ha notizia che già nel XII secolo intorno a Mila• Il tratto mediano della Muzza nella Carta del Lombardo-Veneto a scala 1:86.400 dell’Imperial Regio Istituto Topografico Militare austriaco, 1852. 47 Da Paullo alle Zelasche • La bicicletta scorre silenziosa e veloce lungo la ripa del canale no e nel Lodigiano si cagliava e si formava il grana, anche se allora serviva solo come soluzione per evitare il deperimento del latte fresco. Alcuni sostengono che i parmensi furono semplicemente astuti commercianti di questo formaggio e che, solo in seguito, elaborarono una loro tecnica casearia. Nel Lodigiano si produce anche il cele- 48 bre granone, solo in apparenza affine al grana. La crosta, dura e liscia, è identica; la pasta è pure dura e gessosa, ma lascia trasparire delle minutissime occhiature o delle zone più tenere e trasudanti. Lo si produce nei caseifici durante l’inverno grazie alla bassa temperatura, che facilita l’affioramento prolungato (da 12 a 36 ore) del latte, fornito da ben tre mungi- ture. Questa operazione consente di separare la panna e di ottenere una lavorazione acida e magra, tanto che il granone viene annoverato fra i formaggi magri. La stagionatura è molto lunga e spesso supera i 3-4 anni. Si dice sia un formaggio da acquistare fra novembre e marzo per via dell’umidità e delle nebbie che gli darebbero una particolare morbidezza e un bizzarro aroma tartufato. «Se spacchi con la coltella corta e triangolare la buccia di uno degli ultimi esemplari di questo formaggio illustre e predestinato - scrisse Alberto Savinio scoprirai nel suo poroso e cavernoso viscere un odoroso paesaggio di stalattiti: umide boccuzze di quei suoi alveoli onde a questo patriarca della casearia viene il detto che “il Lodigiano ha dentro la goccia”. Ma puossi chiamarsi buccia il rivestimento esterno di questo formaggio querciaiolo, e non sarebbe più giusto chiamarlo corteccia?». Dal granone lodigiano si ottiene anche la celebre ‘raspadüra’, sottilissimi riccioli, veli di profumato formaggio, ricavati fa- Il Canale della Muzza - Tavola 5 Da Paullo alle Zelasche Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante Limite parchi Chiesa Impianto idraulico Ristorante Incrocio pericoloso Bar Centrale elettrica Zona umida Cascina Levata Ponte Area di sosta Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 49 Da Paullo alle Zelasche Questa nobile città… «Ha questa nobile città (di Lodi) molto ameno et fertile territorio. Il quale produce abbondante frumento, segale, miglio et altre biade, et vino, et altrui frutti. Veggonsi in esso larghissimi campi, et prati per nodrigare gli armenti, da i quali se ne trae tanto cascio quanto in altro luogo d’Italia. Quivi sempre appareno le fresche erbette, per la grande abbondanza dell’acque, con le quai sono irrigati tutti questi paesi. Conciosia cosa che da ogni lato veggonsi correre le chiare acque per gli idonei condutti, et canali, in tal maniera, che in alcuni luoghi vedensi tre o quattro canali l’un sopra l’altro con grande artificio fatti, per condurre l’acque al più basso, o al più alto, secondo il sito dei campi… La onde tre, o quattro volte l’anno, et alcuna volta cinque, si sega il fieno di detti prati. Et perciò se ne cava tanto latte dagli armenti, per fare il Formaggio, che se ne formano tanti casci, che par quasi cosa incredibile a quelli non l’averanno veduto» (Leandro Alberti, Descrittione di tutta l’Italia, 1581). 50 cendo scorrere abilmente una lama sulla superficie tagliata della forma. Questa curiosa consuetudine pare sia derivata dall’utilizzo immediato delle forme non idonee alla stagionatura. In effetti esse venivano dette ‘formaggi da raspa’. I ventaglietti di grano si fanno cadere a manciate sulla polenta gialla o li si accompagna con un bicchiere di buon vino rosso di San Colombano. Le prime case che si scorgono sull’altra sponda della Muzza sono quelle della Cascina Casoltina. Qui, in passato, esi- • La ‘centralina’ di Quartiano sulla sponda sinistra della Muzza steva un servizio pubblico di traghetto • La Cascina Gomorra presso Montanaso per passare il canale. Ora è inutile spingersi oltre perché si finirebbe contro la recinzione della centrale elettrica Endesa di Tavazzano. Per cui, rivolto il manubrio verso sinistra, si raggiunge subito la frazione Casolta H (km 9.2, alt. 85) e, verso destra, si segue la strada provinciale 20 diretta a Montanaso. Appena usciti dall’abitato, in corrispondenza di uno stradello campestre, bisogna osservare, sulla destra, una ‘tomba’, vale a dire uno scavalcamento artificiale di due rogge. Questa è particolarmente bella con la sua struttura in mattoni, i parapetti e la vasca in lastroni di granito. Serviva a non confondere le acque che, come abbiamo visto, avevano concessionari e utilizzatori diversi. La strada stretta e sinuosa, come le strade di campagna di una volta, attraversa la Cascina Mongattino I (km 10.1, alt. 84) con il Mulino Zibra che lavora il riso, e infine incontra un’altra strada provinciale (la numero 16) alle porte di Arcagna J (km 10.9, alt. 84). Qui è stata realizzata una pista ciclabile enfatizzata, poco più avanti, da uno splendido ponte sul Canale Belgiardino K (km 11.7, alt. 83). Giunti al ponte si deve abbandonare la ciclabile e seguire, verso destra, il canale (è indifferente scegliere quale sponda) che punta verso la centrale Endesa, la causa di tutto questo aggiramento. In alternativa il Canale Belgiardino, se percorso nell’altro senso, verso sinistra, porta a ridosso dell’Adda e all’oasi naturale Bosco Belgiardino, parco periurbano di Lodi. La centrale di Tavazzano Il paesaggio agrario è vistosamente contaminato da questo impianto energetico; soprattutto dalla miriade di elettrodotti che si dipartono dal cuore della centrale. D’altra parte si tratta di una delle centrali più potenti della Lombardia, gestita dalla società spagnola Endesa. Vi sono installati 4 gruppi termici per complessivi 1280 megawatt. Un piano di potenziamento prevede di arrivare in pochi anni alla potenza di 2600 megawatt per rispondere alla crescente richiesta di energia nella regione. Dal piazzale d’ingresso della centrale L (km 13, alt. 83) si raggiunge il ponte che scavalca la strada statale 9 ‘Via Emilia’. Percorrendola verso Milano si raggiungerebbe subito la Muzza, ma la strada è sconsigliata per via del traffico. Conviene scendere dal cavalcavia e piegare a destra per uno stradello campestre a fianco degli stabilimenti Polenghi Lombardo, il nome che più di tutti riassume la tradizione casearia del Lodigiano. I l B osco B e l g i a rd i n o Il Bosco Belgiardino, raggiungibile dal nostro itinerario mediante la pista ciclabile che si stacca poco prima di Montanaso e corre lungo il Canale Belgiardino, è un’area protetta all’interno del Parco Adda Sud fronteggiante la sponda destra del fiume. L’area, dell’estensione di circa 70 ettari, è egualmente ripartita fra boschi e aree coltive. Opportuni interventi di recupero ambientale hanno eliminato i guasti dei decenni passati provocati da scavi e cave di ghiaia. Oggi vi è ospitato un Centro ricreativo con campi sportivi, una piscina e un orto botanico. Il Belgiardino è il vero parco pubblico dei cittadini di Lodi, a poca distanza dal centro città. L’area è dunque soggetta a una notevole pressione che mette in serio rischio la sua maggiore particolarità naturalistica, vale a dire la precoce e abbondante fioritura stagionale di orchidee selvatiche. La loro presenza non è comune in pianura e a così bassa altitudine. Eppure qui, in riva all’Adda, fioriscono ogni anno, nel mese di maggio, decine di esemplari di Orchidea militare (Orchis militaris L.) e Orchidea tri- dentata (Orchis tridentata Scop.), una vera delizia per gli occhi. Poco più tardiva è invece la fioritura della bellissima Orchidea cimicina (Orchis coriophora L.). • Il Bosco Belgiardino presso Lodi 51 Da Paullo alle Zelasche Trattoria del cacciatore Località Pezzolo di Tavazzano, tel. 0371.761990. Questo indirizzo potrebbe chiudere degnamente la vostra pedalata. È una reputata trattoria lodigiana che rivela nel rispetto della tradizione le carte migliori: risotto ai porri, tortelloni, lingua di vitello, cotechino ecc. • La centrale Endesa di Tavazzano • La Roggia Codogna alle Zelasche Si avvicina un cascinale, poi lo si lascia sulla destra e proseguendo fra i campi si incontra infine, presso il ponticello sulla Roggia Codogna (è la roggia, pensate, che aveva lasciato la Muzza decine di chilometri più a nord, presso Truccazzano!), un’altra strada campestre che, verso destra, arriva alle Zelasche. 52 Le Zelasche M (km 14.7, alt. 80), dove si chiude questa seconda tappa, sono un luogo bello e storicamente importante. Secondo Giovanni Agnelli qui sarebbe transitata l’antica strada che univa Lodi Vecchio, cioe la Laus Pompeia romana, con il suo porto fluviale sull’Adda. Il ponte a due basse arcate che si nota a fianco del canale è detto ‘napoleonico’, per via del passaggio del grande imperatore. In realtà sarebbe stato costruito sull’antico letto della Muzza per servire a quella strada che, dopo l’abbandono della vecchia Lodi, si era perduta nella campagna. Un’area di sosta con panchine permette di riposare prima di riprendere la marcia o di fare ritorno a Paullo. Volendo sostare un po’ di più alle Zelasche si può anche percorrere il tratto di canale in direzione della centrale di Tavazzano, attrezzato con panchine e arredi verdi, oppure si può far rotta su Lodi percorrendo la strada campestre per San Grato. La prossima tappa ripartirà da qui per arrivare fino al punto dove la Muzza termina la sua funzione di canale per trasformarsi in colatore. Sono questi luoghi irrigati «Si vedono nella città di Lodi edifici belli. È fiorente per una campagna rigogliosa e la produzione di tutti i generi di cui gli uomini abbisognano. Campi di grano e prati si estendono a perdita d’occhio: la zona è ricca di frumenti e di erbaggi come qual si sia più fertile in Italia. Sono questi luoghi irrigati da acque limpidissime e fresche, e si diramano in canali così frequenti che non solo stupiscono per la loro bellezza, ma concorrono a rendere ferace il terreno. E così in certi posti si falcia erba anche cinque volte all’anno. Questa terra poi alleva un numero incredibile di bovini e vi si produce un’enorme quantità di formaggi… Inoltre c’è abbondanza di ottime carni, e particolarmente gustose sono le lingue dei vitelli che vengono condite col sale e che si danno con bella usanza in dono. Si pescano buonissimi pesci da fiumi e ruscelli e più di ogni altra località di Lombardia è ricca di anguille straordinarie». (F. Scotto, Itinerario d’Italia, 1747). • Pescatori lungo la Muzza TERZA TAPPA Il Canale della Muzza - Tavola 6 Dalle Zelasche a Caviaga Dalle Zelasche a Caviaga Il terzo tratto dell’itinerario della Muzza arriva fino al termine del braccio principale del canale, presso Tripoli di Massalengo, ma prosegue anche oltre, fino al villaggio di Caviaga. Si pedala ancora tranquillamente vicino all’acqua, poi però, dopo Tripoli, è gioco forza ritagliare una via fra i campi per ritrovare la Muzza, ora in veste di semplice colatore, alle porte di San Martino in Strada. La strada è facile, quasi tutta in terra battuta. Attenzione solo agli attraversamenti con le strade carrozzabili. In estate è bene avere la cautela di munirsi di un rimedio contro gli insetti e le zanzare. Lunghezza: 23.7 km. Dislivello: 9 metri in discesa. Tempo di percorrenza: 2 ore. Condizioni del percorso: strada di ripa del Canale della Muzza, strade campestri a fondo naturale, un tratto di strada provinciale asfaltata. Il punto di partenza è alle Zelasche, località posta lungo la Muzza presso il ponte della ferrovia Milano-Piacenza. Si raggiunge da Lodi seguendo la statale 9 (direzione Milano) fino a San Grato e, quindi, un breve tratto di campestre. Il punto di arrivo è fissato a Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda, situata a brevissima distanza dalla pista ciclabile Lodi-Castiglione d’Adda. Dove mangiare. Negli abitati vicini al percorso (Lodi Vecchio, Corneliano Laudense, San Martino in Strada) si trovano negozi alimentari, ristoranti e trattorie; lungo il percorso si segnalano una trattoria a Tripoli di Massalengo e una pizzeria a Caviaga. Altre informazioni e indirizzi utili. Meccanici ciclisti: a Lodi, Dilie, piazzale Fiume 1, tel. 0371.420619; a S. Martino in Strada, Esposti, via Vittorio Emanuele 51, tel. 0371.79103. 54 Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante QUADRO DELLE DISTANZE E DELLE ALTEZZE PROGR. PARZ. LOCALITÀ 35.2 35.4 36.6 38.5 41.4 44.0 45.4 45.7 46.1 49.0 50.2 52.8 53.8 54.4 54.8 56.4 58.9 0.2 1.2 1.9 2.9 2.6 1.4 0.3 0.4 2.9 1.2 2.6 1.0 0.6 0.4 1.6 2.5 Zelasche Sottopasso Fs Levata Povera Vistarina C.na Muzzetta Osservatorio ambient. Levata Quaresimina C.na Sesmones Incrocio S.S.235 Muzza S.Angelo Levata Priora Tripoli C.na Corsa Incrocio S.P. 107 C.na Baggia Sottopasso Fs Incrocio S.S. 9 Caviaga ALT. 80 80 80 80 79 79 78 78 77 76 76 72 73 71 71 71 72 Limite parchi Chiesa Impianto idraulico Area di sosta Zona umida Cascina Ristorante Osservatorio Birdwatching Levata Alimentari Parco Pesca sportiva Incrocio pericoloso Ponte Sbarra Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 55 Dalle Zelasche a Caviaga N on si può pensare a questo territorio come fossilizzato nel tempo. Ciò che noi vediamo è il risultato di trasformazioni immense. Carlo Cattaneo, illustre pensatore dell’Ottocento, definì questa pianura «un immenso deposito di fatiche». La Muzza si sovrappose, nel XIII secolo, su un palinsesto già in parte definito migliorando le caratteristiche di fertilità dei terreni grazie all’irrigazione a scorrimento. Ma cavi e rogge preesistevano anche prima dello scavo del grande canale seguendo deflussi diversi, forse motivati da necessità di difesa o di modesto apporto idrico per limitati appezzamenti coltivi tolti dalla vasta boscaglia che ancora nel Medioevo occupava la pianura. Inoltre esisteva una trama minuta di vie navigabili interne. La vecchia Lodi possedeva due porti fluviali, a conferma dell’importanza delle vie d’acqua per tutto quel periodo: uno sul Lambro, perennemente conteso con i Milanesi, che avocavano a sé il diritto di navigazione su questo fiume; e un secondo sull’Adda. 56 Secondo la tradizione, quest’ultimo porto era difeso da torri e dotato di grossi anelli di ferro per legare le imbarcazioni. Una strada e un canale navigabile univano Lambro e Adda attraverso la piana lodigiana. Si ritiene che la Roggia Sandona, oggi derivata dalla Muzza presso la strada Lodi-Lodi Vecchio, avesse in origine proprio questa funzione. • Il ponte ‘napoleonico’ alle Zelasche Dalle Zelasche alla Cascina Muzzetta Alle Zelasche 1 (km 0, alt. 80), riprende l’itinerario lungo la sponda destra della Muzza. Subito si sottopassa la ferrovia Milano-Piacenza, entrata in esercizio il 14 novembre 1861, circa sei mesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia, e oggi in procinto di essere integrata dalla nuo- va linea ad alta velocità il cui tracciato corre più distante, parallelo all’Autostrada del Sole. Circa 500 metri dopo il sottopasso alla ferrovia ecco un’altra imponente ‘levata’, denominata Povera Vistarina B (km 1.4, alt. 80); sulla sponda opposta sopravvive un boschetto di robinie e ontani da cui prendono vita alcune rogge. I filari e i cespuglieti che accompagnano il corso della Muzza sono un prezioso documento botanico in una campagna dalle alberature rarefatte. La ricchezza vegetale della Pianura Padana è composta non solo dalle specie autoctone, come la farnia, l’olmo, il carpino bianco, ma anche da quelle introdotte dall’uomo seguendo un lungo, plurisecolare processo di addomesticazione della vegetazione spontanea. Al punto che, oggi, le specie endogene sono di gran lunga più diffuse di quelle autoctone. Ecco allora predominare la robinia (Robinia pseudoacacia), i gelsi (Morus alba e Morus nigra), il platano (Platanus hybrida) e il pioppo euroamericano (Populus canadensis). La ro- M i l a n o co n t ro L o d i L’aperta e spesso tragica sfida fra Milano e Lodi, oltre che da contrasti religiosi, scaturì anche dal controllo della via fluviale sul Lambro. La città ambrosiana, priva di un grande fiume, premeva per collegarsi direttamente con il Po, il grande collettore delle merci da e per l’Adriatico. Tramite la Vettabbia, le barche potevano raggiungere il Lambro presso Melegnano e da qui scendere fino a Piacenza e al Po. Oggi, né la Vettabbia, né il Lambro si direbbero navigabili, ma occorre pensare che in passato questi corsi d’acqua attingevano a falde molto più consistenti e, inoltre, non subivano i drastici prelievi odierni per scopi irrigui o idroelettrici. Certo non si trattava di barche di grande stazza ma di un flusso continuo di chiatte, zatteroni, barchini, carichi di uomini e di merci. I Piacentini, in particolare, avevano perfezionato questo genere di piccola navigazione e vi si applicavano con ottimi risultati anche lungo il Lambro a favore dei Milanesi. Lodi, dal canto suo, esigeva un pedaggio per tutte le merci in transito lungo il fiume e questa forma di prelievo forzoso non era gradita ai Milanesi. Dalle minacce si passò presto ai fatti, fino alla terribile distruzione dell’antica Lodi, avvenuta per mano delle truppe milanesi nell’anno 1111. Sette anni più tardi, Federico Barbarossa concesse di ricostruire la città più lontana dal conteso Lambro e più vicina all’Adda, dove non giungeva la pressione milanese. Da quel momento, grazie a successive concessioni, i Lodigiani godettero di nuovi privilegi che pur orientati sull’esclusivo godimento della navigazione abduana non escludevano del tutto le vecchie ingerenze sul Lambro. Solo col tempo e solo dopo la pace del 1198 si ridussero gli attriti fra i due Comuni promuovendo sempre più l’Adda come principale via navigabile sia per i Lodigiani sia per i Milanesi. Vari documenti comprovano come nel XIV secolo era attivissimo il commercio del sale per via d’acqua e come nel XVIII sec., durante le tre guerre di Successione, fosse abitudine trasportare truppe su barconi da Cremona a Lodi. La navigazione, ancora praticata all’inizio del XX secolo, venne a cessare con lo sviluppo del trasporto stradale e con il progressivo impoverimento delle portate del fiume, assorbite dai prelievi • Il temibile Barbarossa raffigurato agricoli e industriali. in una stampa popolare binia, seppur vorace di spazio e veloce nella crescita, non resiste all’assedio delle specie indigene come farnie e pioppi. Una volta che la sopravanzano per altezza queste sono destinate a diventare dominanti. Spesso, provenienti dai vicini boschi dell’Adda, dalle Monticchie e dalla Zerbaglia, si scorgono gli aironi e le garzette. Le nitticore invece hanno abitudini notturne: a volte, di sera, complice il buio, arrivano vicinissime alle strade. Tutti cercano cibo nei campi umidi, nelle rogge e nelle risaie. Sono ghiotti di piccoli pesci, anfibi e molluschi. Ma, a parte questi spettacolari ardeidi, la fauna diurna delle campagne è molto scarsa. L’ambiente urbanizzato che preme da vicino, l’inquinamento e la caccia hanno ridotto il numero degli esemplari e le specie. Nessun mammifero selvatico, come la volpe, rarefatti i conigli selvatici, reintrodotti per solo scopo venatorio lepri e fagiani, d’altro rimane solo un discreto numero di talpe, ricci, topi campagnoli e arvicole, ma difficili da osservare di gior- 57 Dalle Zelasche a Caviaga I l p e rco r so a m b i e n t a l e at t re z z ato d a l l a V i a E m i l i a a M u z z a S . A n ge l o Nel 1998 il Consorzio di Bonifica Muzza Bassa Lodigiana ha elaborato un programma di in- corso si possono osservare alcune delle tradizionali opere di captazione e di derivazione irterventi tendenti alla riqualificazione delle strade alzaie della Muzza, con l’obiettivo di ren- rigua, proprie della Muzza. dere fruibile ad un numero sempre maggiore e diversificato di utenti i percorsi lungo il ca- Il percorso è collegato alla città di Lodi mediante le ciclabili presenti in adiacenza alle strade nale che, come noto, presentano aspetti di naturalità e ruralità di un certo rilievo. Le prin- provinciali Lodi-Lodi Vecchio, Lodi-Muzza S.Angelo, Lodi-Borghetto. Questi collegamenti concipali opere realizzate sono: parcheggi per le autovetture e specifiche barriere metalliche sentono agli abitanti del capoluogo di effettuare percorsi ad anello, che favoriscono un diretper impedire l’accesso al traffico motorizzato; attrezzature di arredo esterno, come tavoli, to contatto con la natura. Quasi al termine del percorso, poco prima di Muzza S.Angelo, si tropanchine, bacheche informative, portarifiuti, portabiciclette, ecc.; la riqualificazione am- va un impianto ittiogenico per l’allevamento di anguille. Tale struttura utilizza circa 8.000 libientale e paesaggistica mediante la realizzazione di impianti a verde ottenuti con la pian- tri al secondo di acqua del canale per l’immissione a ricambio continuo disponibile a cinquantumazione di essenze arboree ed arbustive autoctone. Il percorso ambientale che corre dal ta vasche di produzione, con restituzione integrale della portata a valle dell’impianto. ponte della Via Emilia poco a sud • Una ‘bocca’ di presa del canale (Archivio Consorzio Muzza Bassa Lodigiana) • Un’anguilla allevata negli impianti ittiogenici della Muzza della Centrale elettrica Endesa fino a Muzza S.Angelo, della lunghezza di circa 12 km, si distingue per tre elementi paesaggistici fondamentali: l’acqua, utilizzata da tempo in modo plurimo (agricoltura, industria, produzione idroelettrica, impianti ittiogenici, ecc…); la strada alzaia, asse portante di un itinerario ‘verde’ tra le campagne lodigiane; le fasce boscate e le zone umide presenti ai lati delle alzaie stesse. Questi elementi fondamentali sono i presupposti tipici per definire i percorsi come vere e proprie ‘greenways’. Lungo il per- 58 no. Fra i ruderi delle vecchie cascine, sotto le travi dei tetti, stazionano i rapaci come il barbagianni e la civetta, che di quegli animaletti fanno l’ideale nutrimento. Ma anche per loro la caccia si svolge di notte, complice l’udito finissimo che serve da antenna. In lontananza si scorge il grosso cascinale di Bottedo. Ancora poche pedalate e si perviene al ponte della strada Lodi – Lodi Vecchio C (km 3.3, alt. 80). Accanto si trova una bella cascina ad archi che prende il nome di Muzzetta. Le fanno da cornice un alto filare di pioppi cipressini. • Il canale a valle dell’abitato di Muzza S.Angelo Il buon miele del contadino Miele d’acacia e di melata, prodotti dell’alveare e altre dolci squisitezze si possono acquistare in due cascine non troppo distanti dall’itinerario: all’Azienda agricola Dordoni, Cascina Bossa 1, Cornegliano Laudense (deviando per 1 km a Muzza S.Angelo), tel. 0371.69080; e all’Azienda agricola Fasoli, via E. Fermi 3, Mairago (deviando per 2 km a Basiasco), tel. 0371.487069. Il pioppo nella tradizione popolare non gode di buona fama; nel pioppo nero si vede simbolizzata la passione di Cristo e molte Crocifissioni nell’arte hanno come fondale questo albero, mentre nella mitologia pagana i pioppi sono le Eliadi, così trasformate dopo aver pianto la tragica fine del fratello Fetonte precipitato con il Carro del Sole nell’Eridano, il nome antico del Po. Alla Cascina Muzzetta ci sono in realtà due ponti: il più vecchio è il primo che si incontra, mediante il quale ci si porta sulla riva sinistra della Muzza; il secondo lo si sottopassa subito dopo e regge la moderna strada provinciale. Qui prendono origine, come già accennato, la Roggia Sandona (0,8 mc /sec.) che si dirige verso Lodi, e la Roggia Barbavara (2,62 mc /sec.), orientata invece verso il territorio di Lodi Vecchio: dalla prima attingevano acqua i beni terrieri del con- vento di S. Antonio di Milano; dalla seconda quelli delle Orfane di San Giuseppe di Lodi. Nella variegata compagine dei malfattori esisteva anche la categoria dei ladri d’acqua. Nel XVI secolo i beneficiari delle acque della Muzza erano oltre un migliaio. Infinite le discussioni, frequenti le liti e le cause, con buon profitto degli avvocati, per dirimere le controversie sui diritti e i doveri di ciascuno. La questione più spinosa riguardava quella fra gli utenti e il fisco dello Stato milanese. Quest’ultimo mirava a un’equa ripartizione del ‘bene’ acqua con il versamento dei giusti tributi a seconda delle quantità d’acqua concesse e prelevate. In realtà tale obiettivo – come ha fatto osservare Giorgio Bigatti, autore di diversi studi sull’argomento - fu raramente rispettato perché i concessionari erano usi prelevare molta più acqua di quella che era loro stabilita. Esisteva poi un mercato parallelo, non molto diverso dalle spregiudicate operazioni finanziarie di oggi, dove alcuni prestanome rivendevano i 59 Dalle Zelasche a Caviaga loro diritti a prezzi molto superiori a quelli con cui li avevano avuti in concessione. «Nel 1753 – spiega Bigatti – risultò, a seguito di indagini, che il principe Alessandro Trivulzio e il marchese Pio Pallavicini con il subaffitto dell’acqua lucravano • La Cascina Sesmones • La facciata porticata della Cascina Muzzetta ogni anno poco meno di 20.000 lire, cifra enorme se si considera che dall’affitto di tutte le acque della Muzza la Camera incassava poco più del doppio». Gli accertamenti per punire tali abusi 60 erano difficili, se non impossibili. La campagna era un inestricabile intreccio di cavi, fossi, incastri simile a un gomitolo aggrovigliato nel quale trovare i capi era operazione faticosissima nonostante la perizia e la meticolosità degli agrimensori e degli ingegneri idraulici. Dalla Cascina Muzzetta si può effettuate una consigliabile, breve deviazione per visitare la chiesa di S. Bassiano a Lodi Vecchio (vedi pagina 62). Verso Muzza Sant’Angelo Il percorso lungo la Muzza continua sempre verso sud e tiene come compagne altre rogge parallele. I loro nomi (San Simone e Giuda, Dentina Ortolana, Ospedala, Tibera de’ Cani ecc.) sono evocativi di lontane vicende, per lo più perse nella memoria delle generazioni. I campi sono scompartiti in grossi rettangoli entro i quali, di tanto in tanto, compaiono i vasti cascinali d’un tempo, oggi rimaneggiati a seconda dei moderni orientamenti colturali. Il Castello de’ Roldi, sulla sinistra, ha un titolo altisonante e, nonostante il modesto aspetto, lo merita appieno. La tradizione vuole che qui vi fosse uno splendido palazzo, fatto erigere da Teodorico, re dei Ostrogoti, conquistatore dell’Italia. Le cronache dei tempi a noi più vicini parlano invece di una vicenda che riporta alle pietose condizioni di vita dei contadini. Nel 1817 gli abitanti di questo cascinale si videro privati del sacerdote ma non volendo violare il precetto festivo decisero di recarsi alla vicina cappella della Torre dei Dardanoni. Qui si videro respingere dalla nobildonna locale che temeva di esser contagiata dal morbo petecchiale, sintomo del tifo, di cui si diceva fossero infetti quegli estranei. Lungo via s’incontra un osservatorio ambientale D (km 6.2, alt. 79), ubicato nel punto dove la parallela Roggia Ospitala piega ad angolo retto dirigendosi verso est. Poco più avanti si raggiunge la Levata Quaresimina E (km 8.8, alt. 79) da cui L a ro n d i n e ‘Una hirundo non effecit ver’. Una rondine non fa primavera dicevano i latini, ma la gioia di vedere questo uccellino saettare sotto le gronde e i tetti delle cascine autorizzava ad essere ottimisti. La familiarità con gli uomini è sempre stata prerogativa di questo animale così che - spiega Esopo - «essi danno la caccia agli altri uccelli e li mangiano, mentre la sola rondine, loro protetta, fa il nido nelle loro case». Per la cura e l’abilità nel costruirsi il nido, la rondine fu anche assunta come simbolo dell’arte di ben costruire: nella commedia di Aristofane, gli Uccelli, alle rondini spettava il compito di realizzare la città degli uccelli. Nell’arte pittorica la figura della rondine viene ricondotta alla risurrezione e all’incarnazione di Cristo. Un altro curioso potere attribuito a questo animale sarebbe la sua capacità di guarire i suoi piccoli da una presunta cecità. «Con la chelidonia - scrisse Plinio il Vecchio - le rondini curano gli occhi dei propri piccoli nel nido e restituiscono loro la vista, anche se gli occhi sono stati loro cavati». Quest’ultimo atroce particolare si riteneva causato dalla stessa madre che voleva impedire ai piccoli, durante la sua assenza, di allontanarsi dal nido. Il fiore della chelidonia ma anche il sangue della rondine fu a lungo ritenuto benefico per le malattie degli occhi. D’altronde che la rondine fosse apportatrice di luce era noto fin dall’antichità essendo associata all’arrivo della primavera e al ritorno del sole sulle dense brume dell’inverno. Allontanate dalle città per via dell’inquinamento e dalle campagne per via dei pesticidi e della rarefazione delle siepi, dei fossi e dei prati che fornivano i loro prediletti terreni di caccia, le rondini sono diminuite di numero. Uno studio di BirdLife International ha stimato che la popolazione europea di rondini si è ridotta del 40% tra il 1970 ed il 1990. Per questa ragione la LIPU ha lanciato una campagna di sensibilizzazione che prevede interventi per mantenere integro l’habitat naturale di questo simpatico uccellino. si traggono le acque per alimentare un allevamento ittiogenico di anguille, un altro degli utili usi indotti dal canale. Ora la strada si fa più battuta e diventa asfaltata passando accanto alle case della Cascina Sesmones F (km 10.2, alt. 78), deformazione dialettale di San Simone e probabile sede di un’antico ‘ospitale’ per i poveri. Subito dopo si raggiunge l’incrocio (prudenza!) con la strada statale 235 Lodi – Pavia e, superatolo, si entra a Muzza Sant’Angelo G (km 10.9, alt. 77). Da Muzza S.Angelo a Tripoli Poche vecchie case con la chiesa parrocchiale sono radunate vicino alla Muzza. Si ripassa il canale e si prende la via pedonale lungo la riva di destra (via della Pace) attraversando un giardino pubblico che rievoca simbolicamente il tradizionale paesaggio dei salici e delle rogge lodigiane. Si esce dall’abitato passando accanto alla zona sportiva e al laghetto Cornelia (pesca sportiva). Ora la Muzza attrae, come una calamita, un grosso fascio di rogge che, come al solito, si pon- 61 Dalle Zelasche a Caviaga L a c h i e s a d i S a n B a ss i a n o a L o d i Ve cc h i o Nel novembre 387 lungo la strada consolare per Piacenza, alla presenza di Ambrogio, vescovo di Milano, di Felice, vescovo di Como, e di Bassiano, vescovo di Lodi, si consacrò con solennità la basilica della diocesi di Laus Pompeia. Nella chiesa si deposero le reliquie di alcuni Apostoli. Il luogo di culto restò per secoli incostudito ma rispettato dato che la città sorgeva poco più lontana. La basilica che ammiriamo oggi presenta i pregevoli aspetti delle chiese padane trecentesche nell’elaborata fase di passaggio fra romanico e gotico. Bisogna soffermarsi a studiare la facciata, ben slanciata in altezza e accompagnata da sottili lesene curvilinee. Nella porzione centrale ecco la successione in verticale di portale con arco a tutto sesto, rosone (rifatto nei restauri del XX secolo), una monofora e un’edicola con la statua di S. Bassiano a cui, dal X sec., la chiesa fu intitolata. Le due parti laterali sono più alte delle rispettive navate interne e, pertanto, come è costume di molte chiese lombarde del periodo, presentano due bifore ‘a cielo aperto’. Il coronamento, in alto, è puntellato da leggiadri pinnacoli. La chiesa ha tre absidi. Ciò che maggiormente resta dell’edificio romanico si nota sul lato destro, all’altezza della prima campata: parte di un muro in corsi di ciottoli, una piccola monofora e una mensola 62 ad archetti che fa capire la più modesta proporzione dell’antica chiesa. Elementi artistici della fine del sec. XI sono presenti anche all’interno con le decorazioni naturalistiche o geometriche dei capitelli sui piloni che reggono le tre navate. Gli affreschi che rivestono l’interno sono di pregio. L’occhio del visitatore viene inevitabilmente attratto verso la grande immagine di Cristo Benedicente, sul catino absidale, ma sono anche altri i soggetti verso i quali si deve rivolgere l’attenzione, più rari e singolari. Sulla volta della quarta campata, entro uno cielo stellato, appaiono quattro carri trainati dai buoi, forse inspiegabili se non si fosse in una terra agricola come il Lodigiano. Come rivela una formella posta lì vicino, l’insolito soggetto fu suggerito nel 1323 dai principali ‘sponsors’ dell’edificio: la corporazione dei bovari. Altro soggetto inconsueto, sulla parete del presbiterio, S. Eligio che benedice un cavallo. Gran parte delle opere sono di un anonimo maestro, attivo qui fra il secondo e il quarto decennio del XIV secolo. Di altro autore invece la dolce immagine di Santa Liberata con due santi bambini, forse della metà del XIV secolo. La chiesa si raggiunge deviando dalla Muzza verso destra, all’altezza della cascina Muzzetta, e percorrendo la vecchia strada per Lodi Vecchio. sua funzione; il suo letto è visibilmente più ridotto rispetto al tratto iniziale; molta della sua acqua è finita nelle rogge laterali. Il manufatto terminale del canale si trova in corrispondenza della strada Lodi – Sant’Angelo Lodigiano presso l’Osteria Tripoli di Massalengo H (km 15, alt. 76). Qui parte delle restanti acque finiscono, parte nel Derivatore Vigana Lanfroia e parte nel colatore della Muzza. Ora insisteremo a seguire, per quanto possibile, questo colatore tornando verso l’Adda, dalla quale ci eravamo separati a Cassano. A proposito, il singolare nome di Tripoli fu un omaggio all’omonima città libica, conquistata dalle truppe italiane durante il conflitto con la Turchia nel 1911-12. • Muzza S.Angelo gono parallele senza però mai mischiare le acque. La ripa si riduce a un esile sentiero entro un fitto corteggio di filari e cespugli. Gli storici sostengono che questo tratto del canale si è sovrapposto al tracciato dell’antica Strada Cremonese diretta da Laus Pompeia (Lodi Vecchio) verso Cremona. L’ipotesi non è balzana perché, se si osserva una carta, si noterà come vi sia ancora oggi un lungo rettifilo di modeste strade che corre da Lodi Vecchio a San Martino in Strada e oltre, in direzione dell’Adda. La Muzza, a questo punto, ha esaurito la Lungo il colatore della Muzza Dalla sterrata lungo la Muzza s’imbocca, verso destra, la strada provinciale 23 (prudenza!); appena superata la locale osteria si nota, sulla sinistra della strada, un cancello chiuso. Lo si deve aggirare passando sul cordolo della vicina A quel punto del cammino «A quel punto del mio cammino avevo proprio voglia di qualcosa di dissetante. Era da Bergamo che non toccavo un boccale. E nessuna delle bevande che mi venivano in mente sarebbero bastate a chetare la mia arsura. L’unica bevanda che Lodi forniva era il latte, latte a quantità. In effetti faceva troppo caldo per mangiare. Così mi sono rifugiato in una latteria, piena di gente che si trastullava con grandi gelati. Ho chiesto una scodella di latte: - Caldo o freddo? Distrattamente risposi: - Caldo! Mentre aspettavo su una sedia ho addocchiato in un angolo una scatola di uova, e mi è venuto un lampo di genio. Ho preso tre uova e con una forchetta le ho sbattute dentro il latte caldo. Attribuisco la mia sopravvivenza in quel giorno così torrido a questo eccellente e sostanzioso nutrimento». (Inglis Sheldon-Williams, A Dawdle in Lombardy and Venice, Black, London 1928) 63 Dalle Zelasche a Caviaga roggia: è una manovra pericolosa, specie se si è in compagnia di bambini, da affrontare con cautela. Al di là della barriera si segue il grosso fascio di rogge che affianca il colatore, poi si va in aperta campagna, ma sempre accompagnati da un paio di piccoli corsi d’acqua: in questo caso, il Derivatore Vigana Lanfroia, sulla destra, e la Roggia Somaglia, sulla sinistra. In lontananza si scorgono le basse e lunghe stalle della Cascina Martana. Al primo incrocio di strade campestri si piega a sinistra, in direzione della Cascina Corsa I (km 17.6, alt. 72) dove la strada, finora solo in terra battuta, riprende consistenza con un fondo in pietrisco. In questo modo si raggiunge l’incrocio con la strada provinciale 107 Lodi-Livraga, alle porte di San Martino in Strada J (km 18.6, alt. 73). Si attraversa la rotabile e, subito dopo, dentro una bella macchia di alberi, s’incontra il vecchio tracciato di questa strada che, verso sinistra, supera il nostro colatore. A questo punto, se avete bisogno di rifor- 64 nirvi o di ristorarvi puntate verso il vicino paese, altrimente piegate a destra (direzione Cascina Baggia). Prima di proseguire, due parole su San Martino, tolte da una guida di fine Ottocento che lodava molto l’attivismo dei suoi abitanti (allora 2596): «Il territorio di questo comune è fra i meglio irrigati e più fertili del circondario, messo per la maggior parte a belle praterie. Grande allevamento di bestiamo bovino e conseguente prosperosa industria del caseificio. Altre industrie attive sono: una fabbrica d’olio di lino ed altri semi oleosi; tre opifici per la brillatura del riso; tre per la macinazione dei cereali; due per la preparazione del legno, impieganti complessivamente una forza motrice di 170 cavalli». Fatte le dovute proporzioni, rispetto all’attuale borgata della periferia di Lodi, quella citata sembrava quasi una piccola Manchester. Ma anche oggi si parla un gran bene di San Martino per via delle sentite e frequentate ricorrenze che sfociano in grasse libagioni come la Sagra del Osteria Tripoli Il Canale della Muzza - Tavola 7 Dalle Zelasche a Caviaga Strada provinciale 23, Tripoli, frazione di Massalengo. Ecco uno di quei posti che capitano al momento giusto, dopo una lunga pedalata. Nessuna pretesa da alta cucina, nessun lusso, ma una onesta, cordiale cucina di osteria che al prezzo di pochi soldi vi rimetterà in sesto per il resto della giornata. ghiottone che prevede ogni anno una sorta di pagana processione di osteria in osteria, fra un piatto di trippa e uno di polenta, uno di cotiche e uno di verze, fino allo sfinimento totale magari addolcito dalla classica ‘tortionata’ lodigiana. Cos’è la tortionata, chiederete voi? Ma è il ‘tipico dolce lodigiano’: una torta secca di mandorle, riscoperta nel 1885 dal pasticciere lodigiano Alessandro Tacchinardi su una ricetta forse medievale. La si vende, secondo la ricetta originale, in due soli luoghi: al bar pasticceria di Palazzo Vistarini, in piazza della Vittoria, a Lodi; e alla pasticceria Mazzucchi a Lodi Vecchio. Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante Limite parchi Impianto idraulico Chiesa Ristorante Edicola Sacra Incrocio pericoloso Bar Cascina Ponte Alimentari Sbarra Zona umida Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 65 Dalle Zelasche a Caviaga Da San Martino in Strada a Caviaga A San Martino ciò che resta della Muzza scorre molto incavato nel suo alveo, attorno a una densa, quasi impenetrabile cornice di robinie e roveti. Si nota anche un bel manufatto in muratura a due archi • La Parrocchiale di Muzza S.Angelo 66 che serviva al sovrappasso di una roggia. Poi si arriva al cospetto del portone che accede alla Cascina Baggia K (km 19.2, alt. 71). Il complesso rurale prese il nome dalla famiglia Baggi, feudatari di Secugnago, prima ancora si chiamava Ca’ del Brugazzo, dal nome della famiglia Brugazzi. Una schiera di ortaglie sta in fondo alla cascina. Chissà se si ricavano ancora quelle erbe che componevano il magnifico repertorio delle frittate lodigiane: quella con le ‘urtiss’, con le ortiche o con il luppolo selvatico; quella ‘en carpion’ con la carne trita, i fagiolini e le zucchine; quella con le ‘sigule e i spinass’, con la cipolla e gli spinaci; e quella con le ‘luganeghe’, con le salcicce. Tenendo sempre la stessa direzione e pregustando chissa quale banchetto, si prosegue oltre. Il colatore - un brutto termine per designare un corso d’acqua che qui offre un bellissimo quadro d’ambiente - forma un vero corridoio ecologico, una cortina di verde che taglia in diagonale la Bassa Lodigiana. Una foltissima cortina di arbusti ci separa dal cor- G l i S t at u t i d e l l a M u z z a ( se c . X I I I ) - 2 - Se il Canale della Muzza dovesse essere scavato attraverso strade, il conduttore sarà in obbligo di farvi sopra e mantenervi dei ponti. Sulle strade maestre di Cremona, di Piacenza, di Fossadolto, di Pavia, di Milano, di Monza i ponti devono farsi di pietre, e della misura che verrà assegnata dagli ufficiali della Muzza; sulle altre strade o luoghi di passaggio qualunque si facciano ponti della larghezza delle strade di pietra o di legno, ma forti e sicuri a passarvi. Quando i ponti fossero trovati rotti o forati, il conduttore vi ripari o paghi la multa di 5 soldi imperiali. - Similmente, se il Canale della Muzza dovesse attraversare altre acque correnti, il conduttore del nuovo canale vi passerà sopra o sotto con acquedotti che egli sarà tenuto a fare e conservare del suo in buono stato e per sempre, senza recare impedimento al libero corso delle acque altrui. - Chiunque derivi acque dal Canale della Muzza curerà di condurle in modo che non allaghino le strade o le terre d’altri; in breve ch’ei non rechi danno a qualsiasi per tutto il corso della sua roggia, dal principio della stessa alla fine. - Ciascuno di coloro che hanno qualche roggia in società è tenuto a pagare quanto gli tocca di sua parte per la derivazione dell’acqua, l’escavazione, lo spurgo, la conservazione del canale e di tutti gli edifizi che al canale appartengono e a curare che nessuno vi rompa le rive o i bocchelli, o vi faccia chiuse od altri danni che ledano i diritti dei soci. - Chi furtivamente sottraesse acqua dalle altrui roggie pagherà ogni volta centro soldi imperiali, ma se l’acqua sottratta, secondo il modulo del bocchello, fosse in quantità maggiore di quattro oncie, paghi 10 lire imperiali. - Il podestà e i suoi giudici sono obbligati a conoscere queste leggi, a sorvegliarne attentamente l’esecuzione. Gli ufficiali della Muzza son invece tenuti a denunciarne le infrazioni nello stesso giorno o il giorno dopo al più tardo. Il giudizio deve essere pronto ed esposto, in via sommaria, entro tre giorni, sotto pena di gravissime multe. so d’acqua. Si tratta di siepi che accompagnano spontaneamente gli sparuti boschi di latifoglie della pianura. Vi predominano prugnoli, biancospini, rovi e rose selvatiche. Siepi di questo genere, oltre ad avere una funzione ecologica, designavano un tempo anche i confini fra le proprietà. Ma più in generale l’associazione di corso d’acqua, filare o siepe, strada campestre - come si vede qui era la caratteristica del paesaggio di pianura che definiva quella maglia intrecciata di percorsi di terra e di acqua vitali al funzionamento dei cicli produttivi • Il ponte-canale sul colatore della Muzza presso la Cascina Baggia; accanto, un’altra immagine. agricoli. «Camminavano le strade non sempre diritte - ricorda Carlo Emilio Gadda - ma savie a condurre e discrete ad arrivare il termine: ch’era, dopo mercato e viaggio, il cortile della cascina: popolato dai natali dei suini e degli uomini. Le strade pervenivano al raduno degli uomini; alla chiesa del borgo senza radio, celato fino all’ultimo dalle alberature del piano». La riduzione e la scomparsa delle siepi è un altro dei fattori negativi. Studi condotti nel Cremonese su un’area campione ed entro un arco di tempo di circa 20 anni (dal 1980 al 2002) ha rivelato una riduzione di oltre 40% delle siepi e dei filari alberati. Si sottopassa nuovamente la ferrovia Milano-Piacenza L (km 19.6, alt. 71) dopodiché è gioco forza abbandonare la traccia verde degli alberi e dell’ex-canale. La stradina si perde fra i campi e occorre piegare a sinistra per raggiungere la vecchia strada asfaltata che portava a San Martino in Strada lungo la Roggia Cavallera. 67 Dalle Zelasche a Caviaga Lodi L’antica Lodi, chiamata Laus Pompeia (in onore del console Gneo Pompeo Strabone), fu distrutta due volte dai Milanesi, nel 1111 e nel 1158. Federico Barbarossa ne consentì e ne incoraggiò la ricostruzione con donazioni e privilegi. Laus Nova crebbe in posizione più defilata, sulla sponda destra dell’Adda, lontana dall’antica strada romana che, però in seguito, per la crescita d’importanza della nuova città fu deviata verso di essa. La riconoscenza dei Lodigiani verso l’imperatore tedesco non venne mai meno. A lui, caso unico in Italia, è tuttora dedicato un busto, collocato alla base della loggia comunale. Da fiera antagonista di Milano, Lodi, dopo il 1311, diverrà umile vassalla e presidio fortificato del Ducato visconteo, con un ampio giro di mura. Nel contempo però i progressi agricoli e l’estensione delle aree coltivate la porteranno sempre più a primeggiare come mercato e centro di trasformazione dei prodotti delle campagne. Oltre a ciò la città si qualificherà come luogo di assistenza. Risale al 1459 la costruzione dell’ospedale di Santo Spirito, poi Maggiore, mentre a quella data già si contavano ben quindici ospizi destinati alla cura dei poveri. Nel Medioevo il cuore di Lodi era strettamente avvinto fra il palazzo comunale, il Duomo, la canonica e la via che conduceva al ‘porto’ sull’Adda. Tre porte si aprivano sulle vie di Milano, di Pavia e di Cremona. Una ‘città bassa’, prospicente al fiume, era riservata alle attività mercantili e di servizio, mentre una ‘città alta’ (ma il dislivello era valutabile in un paio di metri) era sede della nobiltà e delle istituzioni civiche. Particolare impulso alla vita della città e alla costruzione di illustri monumenti (come l’Incoronata e il citato ospedale) si ebbe dopo la pace del 1454, firmata a Lodi, fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia e per intervento dell’illuminato vescovo Carlo Pallavicino. Una seconda felice stagione si ebbe poi nel Settecento, quando il tessuto urbano si impreziosì di curate architetture barocche sia nei palazzi patrizi sia negli edifici religiosi minori. L’attuale centro storico ha subìto limitate trasformazioni edilizie (il suo tessuto risale, nel complesso, ai secoli XVII-XIX) e, seppur privato dei suoi bastioni perimetrali, risulta ancora ben leggibile nel suo disegno originario: la forma pentagonale richiama gli schemi delle cit- 68 tadelle militari; gli isolati sono ampi e fittamente lottizzati; le case più vetuste hanno altezza uniforme e si interpongono variamente fra i palazzi nobiliari e le chiese, come si nota, ad esempio, nella bella cornice porticata di piazza della Vittoria. Quest’ultima fa da contraltare alla vicina piazza del Mercato, luogo dei commerci e degli scambi. Una visita, anche frettolosa della città, non può mancare alcuni monumenti di grande significato come il Duomo, iniziato nel 1160, solo due anni dopo la fondazione della città, ma lungamente proseguito nel corso dei secoli; o come il Tempio dell’Incoronata (1488-1493), ritenuto uno dei capolavori architettonici del Rinascimento lombardo. In esso si esplicita l’idea di un edificio sacro a pianta centrale, elaborato entro precisi schemi di simmetria. Soprattutto l’interno è impressionante (l’esterno dell’edificio rimane occluso dal vicino caseggiato) per via della sfolgorante impresa pittorica della famiglia lodigiana dei Piazza. I suoi membri furono i migliori interpreti dell’arte lombarda d’inizio Cinquecento dedicandosi per ben tre generazioni alla decorazione di questa chiesa. Alle loro opere si aggiungono tre superbe tavole del Bergognone con le Storie di Maria. A questi due insigni monumenti religiosi si aggiunge poi una schiera di palazzi nobiliari, affacciati alle principali vie cittadine. Si possono annoverare: il palazzo Mozzanica, lungo via XX Settembre, d’impianto rinascimentale; il complesso dell’Ospedale Maggiore, lavorato nel 1571 da Pellegrino Tibaldi e nel 1792 da Giuseppe Piermarini; il palazzo Barni, dal bel disegno barocco, e l’attiguo palazzo Vistarini, lungo corso Vittorio Emanuele II. La Lodi moderna presenta infine architetture di grande significato come la sede della Banca Popolare di Lodi, nella zona della stazione, progettata nel 1991 da Renzo Piano. Il complesso sorge sull’area dell’ex stabilimento Polenghi Lombardo e e comprende un Centro polifunzionale, organizzato attorno a una piazza coperta da una tensiostruttura in vetro e cavi d’acciaio. I torrioni che reggono la copertura assimilano il disegno dei granai delle vecchie cascine lodigiane. • Lodi, piazza della Vittoria. 69 Dalle Zelasche a Caviaga • La Parrocchiale di San Martino in Strada Se però si lasciano un attimo le bici e si prosegue a piedi sul bordo fra i campi e il colatore si raggiunge, dopo circa 300 metri un altro bel manufatto in pietra e mattoni, quasi completamente avvolto dai rampicanti e dai rovi. Si tratta di un’altra ‘tomba’ che consente a una roggia di sovrapassare il colatore. 70 A proposito di rogge… andando verso la strada di San Martino si costeggia per breve tratto (meno di 100 metri) una compagna di vecchia data: la Roggia Codogna. Ricordiamola un attimo perché di strada ne ha fatta e non ha nessuna intenzione di esaurirsi nei campi. Era uscita dalla Muzza appena sotto Truccazzano con un portata tutto sommato modesta (0,5 mc /sec.): dopo aver serpeggiato a lungo fra le campagne a oriente del canale, ma mai a grande distanza da esso, la ritroviamo qui disposta a raggiungere le terre di Codogno (da cui, probabilmente, il nome), Maleo e Cornovecchio dove si sparpaglierà in tanti cavi secondari. Giunti sull’asfalto si piega a destra per incontrare, poco oltre, la strada statale 9 Via Emilia M (km 21.2, alt. 71). La si attraversa (prudenza!) e si prosegue sulla stretta provinciale 169 in direzione di Caviaga. • Il tratto prossimo a Lodi della Muzza nella Carta del Lombardo-Veneto a scala 1:86.400 dell’Imperial Regio Istituto Topografico Militare austriaco, 1852. I l p e rco r so a m b i e n t a l e at t re z z ato d a M u z z a S . A n ge l o a l ‘ te r m i n a l ’ d i Tr i p o l i Il terzo intervento di riqualificazione ambientale, in ordine cronologico, riguarda l’ultimo S.Angelo alla località Priora, per una lunghezza di 2 km circa e presenta su entrambi i lati consistenti fasce boscate; la seconda parte, da Priora al ‘terminal’ di Tripoli, è il tratto più tratto del Canale della Muzza, presso la località Tripoli di Massalengo. Qui si trova il manufatto terminale di scarico del canale, da cui prende origine l’omonimo attrezzato, con aree di sosta (tavoli e panchine), ripiantumazioni laterali a filare e a bosco, colatore, che per morfologia, funzionalità e caratteristiche ambientali risulta completa- oltre al già citato parcheggio. In Località Priora, dalla sponda sinistra del Canale della Muzmente diverso. La Muzza è infatti un corso d’acqua artificiale regolato che assolve a nume- za, si diparte un importante canale derivatore irriguo: il Ca’ de Bolli. Ha una portata massirosi utilizzi: irriguo, industriale, ittiogenico e di produzione idroelettrica; sviluppandosi con ma di 18.000 litri al secondo e sottende una superficie agricola irrigua di circa 12.700 ettari, che si estende, nella parte centrale della Provincia di Lodi, fino ai margini della depresun tracciato regolare e un alveo dalla sezione definita. Al contrario, il colatore assolve principalmente alla funzione di drenaggio idraulico, come sione geomorfologica della originaria valle del Po. recettore delle acque superficiali in eccesso di natura irrigua o meteorica; rispetto a questa L’ultimo tratto del Canale della Muzza è molto pescoso, frequentato ogni giorno da decine funzione primaria le altre utilizzazioni (irrigua ed idroelettrica) sono marginali. La sua mor- di appassionati. Non a caso è utilizzato dalla Federazione Italiana di Pesca Sportiva come fologia è simile a quella di un corso d’acqua naturale, con andamento sinuoso, sezione irre- campo di gara. golare, presenza di vegeta- • La Muzza alla fine del suo viaggio • Il Derivatore Ca’ de Bolli (Archivio Cons. Muzza B. L.). zione spontanea sulle sponde e, in alcuni casi, persino in alveo. Presso il ‘terminal’ del Canale della Muzza è stato realizzato un parcheggio per le autovetture, onde introdurre una netta separazione tra il traffico motorizzato e quello dovuto ad una mobilità ‘dolce’. Il percorso può essere diviso in due parti: la prima va dal centro abitato di Muzza 71 Dalle Zelasche a Caviaga Non osservai nulla… «Partii da Milano in diligenza il 16 giugno, che era un giovedì, verso le due del pomeriggio, e giunsi a Lodi, che ne dista venti miglia, verso le nove di sera. In questo tratto non osservai nulla degno di menzione, ma soltanto la trattura del lino, dal qual lino ricavano la fibra che serve a fare tela fine per lenzuola, camicie, fasce, cortine per i letti, e tela più grossolana di cui sono fatti i vestiti della gente di campagna. Alla sera accadde un incidente spiacevole. Essendo arrivato tardi, le porte erano chiuse, così che non potei aver accesso in città. Non avendo dove alloggiare, mi fermai in una locanda nei sobborghi dove c’era tanto poco posto, essendo il locale zeppo di forestieri, che fui costretto a stare tutta la notte nella diligenza con la quale ero arrivato. Questa città è chiamata in latino Lauda e Laus Pompeia, perché sorge a tre miglia da una città di questo nome che fu costruita dal padre di Pompeo Magno, ma è ora totalmente in rovina» (Thomas Coryat, Crudezze, 1608). 72 • L’itinerario nei pressi della Cascina Corsa Secondo le fonti storiche tutte le terre, attorno a San Martino e fino all’Adda erano nei tempi antichi coperti dalla mitica Selva Litana, una foresta così fitta da non poter lasciar passare la luce del sole. Tito Livio sostiene che vi fu scon- fitto il console romano Lucio Postumio e che i Galli Boi, impossessatisi della sua testa ne fecero una coppa «dove i sacerdoti, nei maggiori sacrifici, soli bevevano dicendo: Silva erat vasta, Latina Galli vocant». I Romani arrivarono da queste parti negli anni 223-222 a.C. scacciando verso nord gli Insubri, popolazione spesso federata con i Galli. Dai territori occupati sorsero le colonie di Placentia (Piacenza) e di Cremona. Dopo le guerre annibaliche, le tribù indigene ripresero respiro ma per poco tempo: un’ulteriore campagna, nel 197-196, li obbligò alla resa definitiva. Iniziò così un lento processo di assimilazione favorito dall’arrivo di numerosi coloni dall’Emilia e dalla costruzione dell’importante arteria stradale Placentia-Mediolanum, prolungamento transpadano della Via Emilia. Caviaga N (km 23.7 alt. 72) è un paesino poco discosto dalla provinciale Lodi-Castiglione d’Adda che fino al 1869 ebbe il merito di ergersi comune; poi passò sotto Cavenago d’Adda. Le cronache affer- Trattoria dell’Antica Barca Piazza Carabinieri d’Italia 12, Cavenago d’Adda, tel. 0371.70138. Da Caviaga a Cavenago corrono meno di 3 km. Forse valgono la pena per assaggiare i piatti di questa trattoria della tradizione: eccellenti risotti e ravioli di magro e poi, per gli stomaci di ferro, la ‘rustisciada’ misto di salciccia, lonza, fegato e cipolle. Ma si può anche ripiegare sulla classica cassoeula. Si chiude con la tortionata. mano che vi dimorasse un certo Bassiano Fellato, notaio lodigiano, «che fu falsario, condannato a morte, decapitato e abbruciato sulla piazza Maggiore di Lodi nel giugno del 1490». Caviaga è per buona parte composta dalla Cascina Grande che, oltre alle belle corti rustiche, possiede anche una villa neoclassica e un giardino dove campeggia un imponente cedro del Libano. Facciamo punto qui, in attesa di riprendere la strada per l’ultima tappa che ci porterà a Castiglione d’Adda. • La Cascina Muzzetta QUARTA TAPPA Il Canale della Muzza - Tavola 8 Da Caviaga a Castiglione d’Adda Da Caviaga a Castiglione d’Adda L’ultimo tratto dell’itinerario del Canale della Muzza segue il corso del colatore fino a Castiglione d’Adda. Lungo tutto il percorso esiste una bella pista ciclopedonale che facilita e rende sicura la vostra passeggiata. A Castiglione esistono poi varie possibilità: spostarsi verso l’Adda e raggiungere su stradine campestri la Tenuta del Boscone, oppure continuare sulla pista ciclabile fino a Maleo e da lì, con un treno, fare ritorno a Lodi. Avendo tempo si può anche fare una puntata a Pizzighettone, la celebre cittadina fortificata a cavallo dell’Adda. Lunghezza: 16.7 km. Dislivello: 12 metri in discesa. Tempo di percorrenza: 1 ora e 15 minuti. Condizioni del percorso: pista ciclabile provinciale Lodi-Castiglione d’Adda interamente su asfalto, qualche breve tratto di strada asfaltata in vicinanza di Castiglione d’Adda. Il punto di partenza è a Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda a 12 km da Lodi, situata a brevissima distanza dalla pista ciclabile Lodi-Castiglione d’Adda. Il punto di arrivo è fissato a Castiglione d’Adda, importante comune della sponda destra del fiume, situato lungo la strada provinciale 26, a 20 km da Lodi. Dove mangiare. A circa metà percorso s’incontra il ristorante Colombina (tel. 0377.85189) nella località omonima. Altre occasioni di ristoro a Basiasco, Castiglione d’Adda, alla Tenuta del Boscone, a Maleo e Pizzighettone. Altre informazioni e indirizzi utili. Meccanici ciclisti: a Lodi, Dilie, piazzale Fiume 1, tel. 0371.420619. 74 Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante QUADRO DELLE DISTANZE E DELLE ALTEZZE PROGR. PARZ. LOCALITÀ 58.9 0.0 Caviaga 59.7 0.8 C.na Dosso (inizio pista ALT. 72 ciclabile) 71 62.5 2.8 Basiasco 69 65.8 3.3 Turano Lodigiano 66 68.6 2.8 Colombina 68 69.9 1.3 Rotatoria di Bertonico 65 71.0 1.1 Ponte sul Colatore 65 71.2 0.2 Bivio per Castiglione 62 72.7 1.5 Castiglione d’Adda 62 75.7 3.0 Camairago 60 77.7 2.0 Cavacurta 60 80.7 3.0 Maleo (stazione Fs) 58 Limite parchi Chiesa Area di sosta Zona umida Cascina Ristorante Ponte Villa Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 75 Da Caviaga a Castiglione d’Adda D’ ora in avanti la nostra lunga pedalata nelle campagne lodigiane sarà facilitata dalla bella pista ciclopedonale che collega Lodi a Castiglione d’Adda, una delle prime ad essere state realizzate nel territorio provinciale. Questa delle piste ciclabili è un’ottima idea, portata avanti da alcuni anni con successo dalla Provincia di Lodi. Questo percorso, esclusivo per le due ruote, utilizza il sedime della vecchia Strada Cremonese, poi sostituita, negli anni ’70 del secolo scorso, dalla nuova e parallela provinciale 26. La ciclabile cor- • Un suggestivo tratto del canale fra due fitte schiere di alberi 76 re vicino al colatore della Muzza e approfitta della sua cortina verde per celarsi alla vista. Anche l’andamento altimetrico è invitante con una serie di lievi saliscendi lungo la scarpata del corso d’acqua. Lungo la ciclabile Noi imbocchiamo la ciclabile subito dopo Caviaga 1 (km 0.0, alt. 72). Uscendo dall’abitato, al bivio presso il cimitero, si tiene a destra. Subito s’incontrano le rogge Cotta Boggia e Bertonica che corrono parallele. Lasciata la strada rotabile alla Cascina Dosso (km 0.8, alt. 71) si comincia a seguire la tranquilla ciclabile, molto frequentata dai patiti delle due ruote, specie nei giorni festivi. Ci sono tutti i rappresentanti di questa tribù. Li si potrebbe classificare a seconda della loro posizione in bicicletta. C’è il vecchietto del paese, che torna dall’orto o si dirige al bar, con il busto eretto sul sellino, il cappellaccio in testa, i talloni sul pedale e l’andatura pericolosamente sghemba. E c’è il ciclo-agonista della domenica, • La Parrocchiale di Caviaga ignobilmente mascherato nella sua calzamaglia nera e inarcato sui pedali come un ragno appena colto di sorpresa da un nemico. Fra i due li separa il tempo. Il primo non ha fretta, il secondo ne ha troppa. Ristorante Armando’s Piazza della Chiesa 5, Caviaga, tel. 0371.487351. Qualora intendiate compiere questa escursione nel pomeriggio il ristorante Armando potrebbe essere una buona premessa. Si assaggiano il risotto al lardo venato con la raspadüra e il luccio perca aromatizzato al forno. Esiste poi un mistero che mi ha sempre affascinato: ci sono ciclisti che hanno il raro dono di essere perfetti in sella. Di loro si dice che hanno ‘classe’. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con le capacità atletiche. Possono essere stanchi o affamati, possono cavalcare una Colnago da 5000 Euro o un ferrovecchio ma a vedersi sono sempre splendidi, dèi di un immaginario Olimpo ciclistico. A Basiasco e a Turano Il primo abitato che s’incontra, dopo poco più di un chilometro, è Basiasco B (km 3.6, alt. 69), frazione di Mairago. Sull’edificio che prospetta con un terrazzino sulla roggia, vicino alla chiesa, L a l e p re La si scorge al mattino, di buon’ora, fra i campi attenta e svelta. D’improvviso si ferma con gli occhi spalancati e le orecchie ritte, pronta a percepire ogni minimo segno di pericolo. Procede a balzi, corre velocissima e a volte la si scambia con un coniglio selvatico. In realtà la lepre comune (Lepus europaeus) ha orecchie e arti posteriori più lunghi del cugino. La sua pelliccia è corta e molto folta. Il genere Lepus è diffuso con circa 200 specie in tutto il mondo salvo che in Australia e nel l’America Latina. Curiosamente la lepre non ha una tana ma si accontenta di piccole nicchie che scava nel terreno, anche in mezzo alle zolle di un campo arato. Qui riposa perfettamente immobile e protetta dal colore mimetico del pelo. Vive solitaria e stanziale, non si sposta di molto dal luogo dove è nata nutrendosi di erbe, scorze e rametti. «Tutte le qualità di rape e di cavoli sono graditissime alla lepre - scrive A.E. Brehm nella sua Vita degli animali (1893-1902) - ma il prezzemolo costituisce per questo anima- le una vera ghiottoneria. In questo caso, circondata da ogni parte da una grande quantità di cibo, si abbandona al piacere di gozzovigliare con somma delizia». La lepre esercita un singolare fenomeno digestivo, il ciecotrofismo. Come i ruminanti essa ingerisce in fretta gli alimenti. Questi si accumulano nell’intestino, solo parzialmente digeriti, e vengono espulsi in forma di palline di feci rivestite di una particolare mucillagine ricca di vitamina B 12. Queste palline forniscono nuovo cibo che, a questo punto, viene assimilato con un processo più lento. Molto astuta, la lepre mette in atto, se inseguita, incredibili strategie di fuga con traiettorie circolari che tendono a confondere le sue orme, repentini dietro front, improvvisi balzi laterali. Per breve tempo riesce a correre velocissima, fino a 80 km/h. Purtroppo, spesso, la doppietta del cacciatore è molto più sbrigativa e crudele delle sue astuzie. La lepre del Lodigiano, come quella in genere della Pianura Padana, è un ibrido, conseguenza delle massiccie reintroduzioni effettuate a scopo venatorio con soggetti provenienti dai Paesi dell’ Europa orientale. 77 Da Caviaga a Castiglione d’Adda • Turano Lodigiano, palazzo Calderara campeggiano alcune lapidi. Informano che Basiasco fu luogo natale di Bartolomeo Fanfulla, il condottiero protagonista della Disfida di Barletta (1503) dove tredici cavalieri italiani sconfissero altrettanti cavalieri francesi. Nel paese si trovano anche, lungo la diramazione per 78 Mairago, una bella cascina con giardino padronale e un mulino con una ruota a pale, che prende le sue acque dalla Roggia Tibera. Oltre Basiasco la ciclabile s’infila sotto una lussureggiante galleria ‘verde’. Le fronde degli alberi proteggono lo stretto nastro d’asfalto e rendono gradevole la pedalata. Anche la leggerissima, ma avvertibile progressione in discesa, aiuta il ciclista che si sente quasi trasportato in avanti. In questo modo si perviene a un punto dove da ogni direzione convergono rogge e fossi scavalcandosi l’un l’altro. Qui torniamo a vedere il colatore che avevamo abbandonato a San Martino in Strada. L’area è suggestiva ma impenetrabile per via della coltre di rovi, delle scivolose scarpate, dei vasi e dei cavi che ostacolano l’esplorazione. Sulla sinistra della pista si nota la cabina di un ripartitore che scarica nel colatore della Muzza parte delle acque della roggia Bertonica. Il salto d’acqua è notevole, almeno cinque o sei metri. Seguendo sempre la ciclabile si arriva a Turano Lodigiano C (km 9.9, alt. 66). Se si vuole, lasciando per un attimo la pista e volgendo a sinistra, verso il centro del paese, si raggiunge, oltre l’incrocio con la strada provinciale, il palazzo Calderara, antico castello trasformato in residenza patrizia nel XVIII • Il leone in pietra della Cascina Mairaga Trattoria Vecchia Lanterna Via Fanfulla 7, Basiasco di Mairago, tel. 0371.487477, chiuso lunedì sera e martedì. Giusto a due passi dalla casa natale di Fanfulla da Lodi si trova questo ristorante di buona tradizione padana. Offre il meglio di sé nei salumi. secolo dai feudatari di Turano. Si tratta di un complesso a pianta quadrata con un un cortile centrale chiuso su tutti i lati. Il corpo nobile si eleva per altezza sugli altri e possiede un portico di tre archi a tutto sesto. Questo motivo degli archi è ripetuto anche nei corpi di fabbrica laterali. Il palazzo, in passato, organizzava il disegno del paese. Da esso, infatti, si dipartivano viali alberati che si perdevano nella campagna, fra le tenute della famiglia Calderara che ebbe il feudo nel 1675. Il ponte sul colatore della Muzza era un vero monumento con quattro leoni in granito che dominavano i prospetti; una volta distrutto, le statue andarono disperse. L’Agnelli, nel 1917, ne segnalava • L’itinerario lungo il colatore della Muzza due presso la vicina Cascina Mairaga (ancora visibili), e le restanti, addirittura, a Ospedaletto Lodigiano presso la Cascina Griona. Una bella targa stradale, sull’angolo della via, segnala la Via Vecchia Cremonese che corrisponde oggi alla nostra ciclabile. Si torna a lungheggiare il colatore della Muzza, il cui letto scava un fossato sempre più profondo. La pista invita alla velocità con le sue leggere sinuosità, con i brevi salti di quota, ma se vi attardate scoprirete cose interessanti, sempre legate alla storia dell’acqua come, a un certo punto, verso destra, un lungo ponte-canale fronteggiato da un cippo in granito che indica il limite superiore delle proprietà dell’Ospedale Maggiore di Milano. Con quello lodigiano, questo ente di assistenza era, ed è, proprietario di vastissime estensioni agricole nella Bassa Lodigiana. I beni di Bertonico, che giungevano appunto fin qui, erano stati incamerati nel 1458 ed erano frutto di una donazione fatta ancor prima, nel 1359, da tale Gira- Ristorante La Colombina • Il ponte-canale poco prima della Colombina Cascina Colombina, Bertonico, tel. 0371.85189, ch. mercoledì. La Colombina affaccia proprio sulla pista ciclabile fra Turano e Castiglione. È un piccolo tempio della cucina tradizionale del Lodigiano con risotti, ottimi secondi di carne, frittatine e la classica raspadüra. dolo Pusterla, a nome di Bernabò Visconti, agli ospedali milanesi del Brolio e di Santa Caterina. In quella donazione si parlava dei luoghi e dei territori di Bertonico, Ceredello, Vinzasca e San Martino con le decime e di diritti di pesca sull’Adda e sul Serio, sull’acqua della Muzza, comprese le giurisdizioni feudali e l’esenzione di ogni tassa. Solo la pertinenza di Bertonico misurava 28.355 pertiche, pari a circa 1850 ettari. Tutta questa vasta proprietà fu separata da Lodi e, fino al 1786, anno dell’abolizione dei feudi, fu addirittura denominata ‘provincia’ con il privilegio di amministrare giustizia da sé, mediante un Podestà eletto dall’Ospedale Maggiore. Insomma, uno Stato nello Stato! 79 Da Caviaga a Castiglione d’Adda L a c a sc i n a l o d i g i a n a Difficile trovare un lodigiano che non abbia avuto un parente nato e cresciuto in una ca- impiegato nella lavorazione del latte, il camparo era dedito alla regolazione delle acque nei scina. Fino alla metà del secolo scorso la vita della gente lodigiana era vita di cascina e la campi, il caporale era il preposto alla cura dei prati. Nelle grandi cascine non mancavano popolazione, eccetto qualche grande centro, come Lodi o Codogno, era sparsa in queste co- poi altre figure minori come il ‘bastè’ (sellaio), il ‘frè’ (fabbro e maniscalco), il ‘purché’ (admunità, autosufficienti sia per quanto riguarda la produzione, sia per quanto riguarda i ser- detto alla porcilaia) o il ‘seghisin’, colui che tagliava l’erba lungo le ripe dei fossi. vizi, come scuole, chiese, dispensari medici, mulini e forni. Luogo di lavoro e residenza al Anche la distribuzione degli edifici nella cascina seguiva precise gerarchie. Alla corte patempo stesso, posta al centro di vaste tenute agricole, la cascina era il microcosmo entro dronale o del fittavolo, dove sorgeva la palazzina più nobile, spesso dotata di un giardino, cui si consumava la quotidianità della gente di campagna. facevano riscontro le corti dei salariati, con le basse case a schiera disposte attorno alle vaLe grandi cascine ‘a corte’ che si scorgono lungo la Muzza sono state il cuore dell’economia ste aie di lavorazione. Ma nel Lodigiano, un grande spazio era assorbito dalle stalle e dai agricola lodigiana, specializzate nell’allevamento del bestiame e nella produzione di latte. fienili considerato l’orientamento foraggero dell’agricoltura. Ogni cascina, infine, possedeSi tratta di grandi complessi, sorti fra il XVIII e il XIX secolo, con la trasformazione in senso va qualche elemento distintivo: un portale ornato, una statua bovina sul frontone d’accescapitalistico dell’agricoltura. L’azienda era ceduta dal proprietario a un affittuario per un so, un particolare disegno delle grate di areazione dei fienili, grandi diciture sulle pareti periodo compreso fra 9 e 18 anni. Quest’ultimo corrispondeva ogni anno un canone in de- esterne con il nome dell’azienda. naro al proprietario provvedendo a sue spese alle scorte ‘vive e morte’ della cascina, cioè Oggi è difficile rivedere una cascina secondo il suo modello tradizionale. Le moderne traanimali e attrezzi. Alle sue disformazioni hanno comporta• Una cascina lodigiana con gli impianti per la stabulazione del bestiame pendenze stavano i salariati to l’eliminazione di molte fissi, dimoranti con le famiglie parti. Ad esempio è quasi in cascina, e i giornalieri, utilizscomparsa la funzione resizati solo nei periodi di più indenziale con la riduzione deltensa attività. A cominciare la manodopera necessaria aldal fattore, vero organizzatole lavorazioni. Queste ultime re del lavoro agricolo, i salapoi necessitano di macchinari riati svolgevano ognuno una che occupano i vecchi portiprecisa funzione. I cavallanti e cati. Le stalle sono all’aperto i bifolchi si curavano degli anisotto lunghe tettoie metallimali, il bergamino si occupava che e alti silos fanno le veci della mungitura, il casaro era dei fienili. 80 Fra una parola e l’altra, una pedalata e l’altra, si arriva alla Colombina D (km 12.7, alt. 68), una manciata di case con una reputata trattoria. La chiesuola è del 1653, dedicata a Sant’Antonio. Come a confermare quanto appena detto, il nome di questa località ricorda la ‘colomba’, simbolo dell’Ospedale Maggiore di Milano. Si passa accanto alla centralina che utilizza il salto d’acqua del colatore per proseguire oltre, ma la ciclabile ormai si chiude nei campi. Nell’attesa che venga fatta proseguire fino a Castiglione è gioco forza immettersi sulla vicina strada provinciale. Si superano la rotatoria di Bertonico e il ponte sul colatore della Muzza che, a questo punto, volge le sue ultime residue acque verso la non lontana Adda, e si perviene alla diramazione (a sinistra) per Castiglione d’Adda. Castiglione d’Adda E (km 16.8, m 60) è situato su una vecchia strada di collegamento fra il basso Lodigiano e Crema, ma, ciò che è più interessante, è che si • La Colombina con il ponte e la chiesa 81 Da Caviaga a Castiglione d’Adda affaccia sul terrazzo dell’Adda. Questo ha comportato uno sviluppo dell’edificato lungo una strada centrale (oggi via Garibaldi e via Roma) che bordeggia la costa alta della pianura e raggiunge il sito dell’antico castello. Da questa strada si dipartono vie secondarie che, in antico, non avevano altro sbocco se non i cortili delle case o l’aperta campagna. Noi entreremo a Castiglione dalla Strada Cremonese che affianca subito la chiesa di S. Bernardino, costruita all’inizio del XVII secolo. Antistante alla chiesa c’è un piccolo tempietto settecentesco che nasconde un’area verde, ritenuto un antico camposanto. Più avanti, sulla destra, nota l’alta platea che regge la Parrocchiale, di origine cinquecentesca ma poi più volte ripresa e rimaneggiata fino a farle perdere d’interesse architettonico. Forse è per questa ragione che il Prevosto di Castiglione, a titolo di risarcimento, è «insignito – come annotò l’Agnelli – di rocchetto con mozzetta pavonazza, collana e fiocco al cappello simili». 82 Chi non fosse edotto in tema di abbigliamento religioso sappia che la mozzetta è una sorta di bavero, che dal collo arriva al gomito, di vari colori a seconda del grado e della liturgia, mentre il rocchetto è la classica sopravveste bianca con pizzo, lunga fino a metà gamba, portata dai sacerdoti. Quindi si raggiunge l’incrocio con via Garibaldi: a destra si discende il paese fra due schiere di basse case; a sinistra si va verso il castello. Quest’ultimo era isolato dall’abitato per via di un fossato che utilizzava le scarpate naturali. La primitiva costruzione risaliva all’XI secolo e subì, come molte altre costruzioni di questo genere, assedi, assalti, continui passaggi di mano e devastazioni. All’inizio del XVI secolo, quando vi si insediò la famiglia Pallavicino, dell’antica struttura doveva restare ben poco se questi decisero di riconfigurarla in forma di residenza patrizia, compito al quale si dedicarono, forse con maggior vena, anche i successivi proprietari, i conti Serbelloni. Alla fine di quel secolo risale infatti l’attuale fronte d’ingresso, in parte mascherato dal giardino, con il paramento a bugnato, le grandi maschere allegoriche e il profondo cornicione sorretto da mensoloni. D’altronde ai Serbelloni non era chiesto di lesinare sulle spese, dato che potevano contare sui prelievi del pedaggio al vicino ‘passo dell’Adda’. Il cortiletto interno avrebbe una sua logica, con un portico a tre archi su colonnine binate, se non fosse per la confusione dell’abitazioni private, tuttora occupate, che vi si sono giustapposte. Ma anche questo è il bello delle cose antiche, quando continuano a essere vissute. Se si vuole dare un’occhiata alle altre parti che presentano ancora una parvenza di castello, si scenda per le vie laterali esterne. Nel castello di Castiglione, Gerolamo, ultimo discendente dei Pallavicino, ebbe la stravagante idea di «sposare la prima donna che si sarebbe presentata a questuare alla sua porta» (Agnelli). Fu Gerolama Viritelli, scesa dal- Il Canale della Muzza - Tavola 9 Da Caviaga a Castiglione d’Adda Strade asfaltate Strade sterrate Itinerario promiscuo su strada a bassa densità di traffico Itinerario promiscuo su strada ad alta densità di traffico Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta asfaltata Itinerario su pista ciclo-pedonale protetta sterrata Itinerario alternativo o diramazione interessante Limite parchi Punto panoramico Cascina Incrocio pericoloso Alimentari Impianto idraulico Ristorante Castello Bar Chiesa Ponte Scala 1:30.000 (1 cm uguale a 300 metri) 83 Da Caviaga a Castiglione d’Adda I l m u n g i to re Quella del mungitore era fra le mansioni più ingrate nelle cascine. La sua vita si svolgeva letteralmente nella stalla che accudiva di giorno e controllava di notte, dall’alto di una specie di pulpito in legno. Per questa ragione difficilmente un mungitore, o ‘bergamino’, formava famiglia ma si trasferiva periodicamente di cascina in cascina offrendo ove capitava la sua forza-lavoro. I compiti erano incredibilmente duri. Al mungitore spettava il trasporto del letame, la pulizia delle mangiatoie, delle lettiere e delle corsie, il rifornimento del fieno, l’abberaveramento degli animali e, ovviamente, la loro regolare mungitura. Questa operazione, ripetuta due volte al giorno, di pomeriggio e in piena notte, era molto faticosa, richiedeva una notevole forza fisica. Ogni mungitore poteva, al massimo, dedicarsi a 15-20 animali per turno. ‘El scagnel’ era il seggiolino di legno con una sola gamba che l’uomo si legava alla vita con una cordicella, sistemandosi quasi sotto l’animale. Appoggiava la testa al suo ventre tendendo le braccia per cercare le mammelle che venivano preparate a ‘tirare’ il latte sistemandovi sotto il secchio. Con un movimento regolare e alternato, muovendo il palmo e le dita della mano, premendo sui capezzoli, gli schizzi di latte riempivano il recipiente. Si doveva togliere tutto il latte per evitare alla mucca il danno della mastite. Travasato nel ‘sigiòn’ e trasportato mediante due stanghe di legno, il latte veniva condotto al caseificio, che spesso si trovava nella cascina stessa. Oggi, con la mungitura automatizzata, un solo operaio può accudire fino a 100 animali al giorno. Nonostante questo, il lavoro di stalla rimane poco gratificante e ad esso si dedicano oggi per lo più lavoratori extracomunitari. 84 Azienda agricola Ravizzini Cascina America, Mairago, tel. 0371.487255. Yogurt, formaggi a pasta tenera, ricotta e altri prodotti caseari sono la preziosa dotazione di questa cascina. Attenti agli orari di vendita: dal mercoledì al venerdì, dalle 15 alle 19; il sabato dalle 9 alle 12 e dalla 15 alle 18.30. • Un mungitore si dedica al suo compito quotidiano le montagne del Piacentino. Il nobiluomo ebbe fortuna: la donna fu consorte saggia e «degna di una corona», nonostante la sua umile origine. Narra la tradizione che, dopo molto tempo, riesumata la sua salma, la si trovò vestita di stracci, ovvero della stessa veste che indossava il giorno in cui fu conosciuta dal Pallavicino. L’altro bene monumentale di pregio di Castiglione si trova lungo via Roma, che è il proseguimento di via Garibaldi. Si tratta della chiesa dell’Incoronata, voluta da Carlo Fiesco, feudatario del paese alla fine del XV secolo. La facciata possiede ancora l’autenticità delle antiche chiese in cotto senza le giustapposizioni dei secoli successivi. Ciò consente di apprezzare la semplicità e la chiarezza dell’impianto: una liscia superficie, inquadrata da due lesene laterali e da due paraste che finiscono a mezza altezza; un bel timpano triangolare con due torrette ai lati e una nicchia centrale; il rosone e i tre portali di stampo classico. Nulla di più pacato e armonico ma già in netto contrasto con il più tardo campanile che, specie nella parte superiore, cede alla tentazione dell’ornamento. L’interno della chiesa conserva un polittico di Callisto Piazza, uno dei maestri della pittura nel Lodigiano e nel Cremonese all’inizio del Cinquecento, raffigurante la Vergine Incoronata, la Crocifissione e santi. L’itinerario che era partito a Cassano d’Adda qui si conclude. Coloro che volessero rendersi conto di dove il colatore della Muzza torna nell’Adda non devono fare altro che imboccare la strada per Montodine (strada statale 591), deviare a destra dopo il ponte sul colato• La chiesa dell’Incoronata a Castiglione d’Adda re, in direzione della Cascina Vinzaschi- na e della successiva Cascina Bosco Griffini; quindi avventurarsi nel pioppeto fra incerte tracce fino a raggiunge l’estuario della Muzza, se così possiamo chiamarlo. Agli altri si consiglia invece di proseguire lungo la pista ciclabile provinciale per Camairago (a 3 km da Castiglione) e Cavacurta (a 4.8 km da Castiglione). Rag- Azienda agricola Grazzanello Cascina Grazzanello, Mairago, tel. 0371.487261, www.grazzanello.it Ecco una buona occasione per vedere una tipica cascina lodigiana. È un po’ distante dal nostro itinerario (a circa 5 km da Basiasco in direzione di Mairago) ma forse vale la pena, anche perchè alla cascina è annesso un museo contadino ben organizzato. Da vedere anche il vecchio mulino a pale. • La chiesa di S.Bernardino a Castiglione d’Adda giunto quest’ultimo abitato si può scendere verso l’Adda fino alla Tenuta del Boscone, dove è possibile riposare e rifocillarsi, oppure proseguire verso la stazione Fs di Maleo (a 8 km da Castiglione) dove un treno riporterà voi e la vostra bicicletta a Lodi o a Milano. Camairago fu antico feudo di Vitaliano Borromeo, così ricompensato da Filippo Maria Visconti per i meriti che si guadagnò sul campo. La posizione dell’abitato sul ciglio della valle dell’Adda ne fece un baluardo di difesa con un munito castello che proprio il Borromeo contribuì a migliorare, se non a rifare completa- 85 Da Caviaga a Castiglione d’Adda gna osservarlo dalla parte della campagna, lungo la via che conduce alla Cascina Bosco Trecchi - ricorda vagamente una struttura fortificata grazie alla cornice di merli a coda di rondine. Un tempo vi si conservava una ricca collezione di arredi che faceva da degna compagna agli affreschi di Bernardino Campi (1567), tuttora visibili. La Tenuta del Boscone • Il castello di Castiglione d’Adda e un dettaglio del portone d’accesso mente su basi più antiche. Possiede tutt’oggi un aspetto arcigno con un rivellino anteposto al cortile interno, con le tracce di uno scomparso ponte levatoio e, di conseguenza, di un fossato. Conserva belle torri angolari che, viste dalla 86 campagna, sembrano inglobare l’intero abitato. Maleo, sulla strada per Pizzighettone la celebre cittadella fortificata - offre al visitatore un leggiadro arco seicentesco, fatto erigere dai Trecchi in un momento di grandezza. Questa famiglia ebbe in feudo Maleo a partire dalla seconda metà del Seicento. Il loro palazzo, lungo lo spalto dell’Adda, è denominato anche castello per via delle preesistenze. L’aspetto attuale - biso- Tenuta del Boscone, C.na Isola, Pizzighettone/Camairago, tel. 0377.59384 - 0377.700001. La Tenuta del Boscone è una riserva naturale attrezzata di oltre 300 ettari all'interno del Parco regionale Adda Sud. Qui si possono passare ore piacevoli in un ambiente protetto fra prati, canneti e fitte boscaglie. Percorrendo le strade sterrate della tenuta si raggiunge la Cascina Isola. Il locale ristorante propone piatti tipici della zona, ma è anche possibile fare un semplice spuntino alla grigliera situata all'ingresso della tenuta. L'ingresso alla tenuta è a pagamento. • Filari di pioppi nella campagna lodigiana La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi La Provincia di Lodi sta operando da alcuni anni per dotare il Lodigiano di una rete ciclabile integrata che copra l’intero territorio provinciale e che sia, nel contempo, di livello regionale (Progetto Rever Med, Rete Verde lombarda) ed europeo (Progetto Eurovelo). La rete viene progressivamente realizzata attraverso ‘dorsali portanti’, ovvero attraverso la costruzione di piste ciclabili in sede propria, quindi separate e protette dal traffico degli autoveicoli. A tale reticolo principale si affiancano numerosi altri percorsi di diversa natura (strade minori, strade alzaie, strade interpoderali, sentieri, ecc.), che nel loro insieme danno luogo al • Cicloturisti durante l’inaugurazione di una nuova pista ciclo pedonale 88 sistema più propriamente definito ‘rete ciclo - ambientale’. Questo sistema consente i collegamenti tra i siti di maggiore interesse naturalistico, culturale, ricreativo della provincia e permette agli utenti che si muovono in bicicletta di godere del paesaggio, dell’ambiente, delle aree agricole e di un ricco e variegato patrimonio storico-culturale. Percorsi in relazione agli utenti Il sistema dei percorsi ciclo-am- bientali fa riferimento a due tipologie essenziali d’utenti: chi utilizza la bicicletta per spostamenti sul territorio in alternativa ad altri mezzi di trasporto (traffi- co ciclistico) e chi la utilizza per il tempo libero (cicloturismo). Le sedi ciclabili proposte sono quindi differenti e permettono di sfruttare al meglio le potenzialità del territorio e delle strade minori. In particolare, al traffico ciclistico, sono dedicate le strade, le piste e le corsie ciclabili. Si tratta di percorsi riservati al solo transito di ciclisti (o pedoni), sono protetti e separati dal traffico a motore, e collegano secondo la via più breve i principali punti di origine e destinazione dei flussi (centri urbani, luoghi di interesse collettivo, ecc.), spesso a margine delle grandi strade veicolari. • Un tratto della rete verde europea (foto L. Merisio) Per la pratica del cicloturismo, invece, troviamo gli itinerari ciclabili e ambientali, simili a quello della Muzza, cui è dedicata questa guida. Si possono sviluppare sia su sedi protette, che su altre strade minori, asfaltate e segnalate: strade intercomunali secondarie, interpoderali, strade alzaie e sentieri segnalati. Il sistema fondamentale dei percorsi ciclo-ambientali La rete ciclo-ambientale del Lodigiano attualmente esistente e gli interventi già progettati e programmati che la completeranno nei prossimi 2/3 anni comprende circa 110 km di piste in sede propria, integrati da quasi 150 km di itinerari in sede promiscua su strade secondarie e quasi 130 km di strade d’argine lungo i tre fiumi ed i canali principali. Il progetto di rete ciclabile che la Provincia di Lodi ha elaborato e sta progressivamente attuando è costituito da alcune direttrici territoriali fondamentali che attraversano tutto il territorio in direzione NE-SW, parallelamente allo sviluppo dei corsi d’acqua principali (i fiumi Adda, Lambro, Po e il Canale della Muzza) e da una serie di arterie ciclabili che convergono sulla città di Lodi, capoluogo provinciale, in modo da mettere in collegamento il territorio nella sua totalità. Nell’ambito di questo sistema oggi si individuano con continuità: • l’asse longitudinale orientale che va da Zelo Buon Persico fino a Lodi e prosegue poi fino a Maleo, correndo quasi parallelamente al fiume Adda; 89 La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi • l’anello che circonda il territorio della • Mappe e guide sono i migliori amici del cicloturista città di Lodi, sfruttando i percorsi ambientali lungo le strade alzaie del Canale della Muzza, e che mette in collegamento le piste ciclabili che convergono radialmente sul capoluogo lungo le strade provinciali; • un secondo anello più ampio che mette in collegamento Lodi con Codogno, passando da Casalpusterlengo, e che quindi risale la golena del Po fino alla confluenza con il fiume Lambro, per poi passare dagli abitati d’Orio Litta, Livraga, Ossago Lodigiano, per tornare infine a Lodi. I percorsi esistenti e di prossima realizzazione Presi per singoli tronchi, i percorsi principali che compongono (o che comporranno nei prossimi mesi) la rete territoriale sono qui elencati di seguito, a partire da nord verso sud: • la pista ciclabile Lodi - Zelo Buon Persico (circa 10 km) che corre lungo la strada provinciale 16 nel territorio del Parco Adda 90 Sud. L’itinerario proseguirà fino a Merlino e Comazzo (4,3 km circa). • il progetto della pista ciclabile denominata ‘Pandina’ (circa 7.5 km) lungo la strada provinciale 138, che congiungerà gli itinerari della Provincia di Milano con il territorio del Parco Adda Sud, da Dresano a Villa Pompeiana, collegandosi con l’asta ciclabile Lodi – Zelo Buon Persico sopra citata. • la pista ciclabile Lodi - Lodi Vecchio (circa 2.5 km), che tocca due centri storici importanti, la ‘via verde’ lungo il Canale della Muzza e la zona del nuovo polo universitario di veterinaria. Da Lodi Vecchio si può proseguire lungo l’itinerario che conduce alla frazione Domodossola di Borgo San Giovanni, utilizzando le strade intercomunali minori (circa 6 km). • Da Domodossola è in progetto il prolungamento a Castiraga Vidardo e a S.Angelo Lodigiano (circa 5 km) che comprende una passerella ciclo pedonale sul fiume Lambro ed una analoga sul torrente Lisone. Da S.Angelo sarà poi pos• La pista ciclabile Lodi – S. Marsibile proseguire con itinerari su tino in Strada – Ossago Lodigiastrade minori verso la collina di no (circa 6 km) che correrà a marGraffignana e S.Colombano (cirgine della strada provinciale 107, ca 3.5 km) intercettando una delintersecando il sistema dei perle ‘strade del vino e dei sapori’, corsi ambientali lungo la Muzza. promosse dalla Regione Lombar• l’asse ciclabile cosiddetto della dia (circa 10 km) . ‘Antica Cremonese’ (oltre 18 km) • la pista ciclabile che porta da che da Lodi arriva a Maleo seLodi a Pieve Fissiraga (circa 2.5 guendo per lunghi tratti il colatokm), in corso di realizzazione re Muzza in un ambiente molto parallelamente ai lavori di riqualisuggestivo; questa pista sarà prosficazione della strada statale 235, simamente completata con il tratche interseca il percorso ambiento Bertonico - Castiglione d’Adda. tale lungo le strade alzaie del Ca• da questo asse si diparte l’itinenale della Muzza. rario ad anello Cavenago d’Adda • la pista ciclabile Lodi – BorTurano Lodigiano, che è costituito ghetto Lodigiano - San Colom- • La bicicletta è miglior mezzo ecologico per avvicinarsi alla natura (foto L. Merisio) da un tratto in sede propria (Antibano al Lambro (circa 11 km) che correrà a lato della riqualificata ca Cremonese – Cavenago – circa 1.5 km) e dal tracciato della strada strada provinciale 23. Da qui ci si può ricongiungere alla ‘strada del provinciale 237 (ulteriori 6.5 km circa), una strada considerata minore. vino e dei sapori’ citata oppure proseguire lungo la pista ciclabile • da Turano Lodigiano, percorrendo le strade intercomunali poco Borghetto – Livraga (4 km) e l’itinerario lungo la strada provinciale frequentate dalle auto si raggiungono Secugnagno - Brembio e Livra206 (altri 2.5 km circa) che conduce ai percorsi nel settore sud del ga (strade provinciali 143-188 – circa 2.5 km) oppure Casalpusterlenterritorio lodigiano. go (strada provinciale 222 – circa 6.5 km); 91 La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi • il sistema di piste ed itinerari, che collegano Orio Litta – Senna Lodigiana – Somaglia – Codogno (circa 11 km). Lungo questo sistema si trovano l’antico tracciato della Via Francigena, che porta allo storico “transitum Padi”, il punto di attraversamento del fiume Po a Corte S.Andrea, e alla riserva naturale regionale delle Monticchie. • da Codogno il percorso si può chiudere sulla pista ciclabile Antica Cremonese o proseguire verso S.Fiorano – S.Stefano Lodigiano – Corno Giovine, in entrambi i casi utilizzando un insieme di piste in sede propria e itinerari su strade intercomunali di basso transito automobilistico (circa 11 km). • Nella parte meridionale del territorio lodigiano è infine fruibile la vasta rete delle strade d’argine dei fiumi Lambro, Po ed Adda, oltre che di diversi canali del Consorzio Muzza Bassa Lodigiana (Ancona, Interno Isolone, Berghente). Sono a tutti gli effetti ‘percorsi ambientali’, su strade per la gran parte in terra battuta, piacevoli da affron• Il ponte ciclabile sul Canale Belgiardino tare anche a piedi. 92 Le connessioni con il progetto europeo Eurovelo Oggi si parla seriamente di una rete ciclabile europea. Si tratta di un’idea che non ha nulla di utopistico, ma che è ben radicata presso la Commissione Europea che l’ha assunta come progetto d’importanza comunitaria. Curata dalla European Cyclists Federation, Eurovelo sarà una rete di 12 itinerari transnazionali per complessivi 60 mila km toccando ogni Paese dell’Unione. La Lombardia è solcata da tre itinerari: il 5 da Londra a Brindisi (Via Romea Francigena, 3900 km); il 7 da Capo Nord a Malta (Middle Europe Route, 6000 km); l’8 da Cadice ad Atene (Mediterranean Route, 5888 km). Il Lodigiano ha la fortuna di essere il crocevia degli itinerari 5 e 8. Il primo scende da Chiasso attraverso la brughiera comasca, la Valle del Lambro e il Parco di Monza. Raggiunta la periferia di Milano si sposta sull’esistente pista ciclabile della Martesana per avvicinarsi alla direttrice dell’Adda. Grazie alla ciclabile della Muzza potrà poi attraversare 93 La rete ciclo-ambientale della Provincia di Lodi tutto il Lodigiano per uscire dalla nostra regione a Piacenza. Il secondo, invece, percorre tutta la frangia meridionale della provincia lungo il terrazzo e lungo l’argine maestro del Po. Per maggiori informazioni si può consultare il sito Internet www.eurovelo.org tratti prescelti più o meno brevi, con punti di origine e destinazione presso le stazioni ferroviarie. I servizi per i cicloturisti Al momento attuale solo alcuni luoghi della rete ciclo-ambientale - che si localizzano, principalmente lungo le alzaie I collegamenti con le province vicine del Canale della Muzza - sono dotati di e il Servizio Treno+Bici parcheggi di interscambio auto/bici e di I rapporti diretti con le reti ciclabili delle attrezzature minime (qualche panchina e province limitrofe avvengono in direziotavolo, bacheche informative). ne di Cremona, principalmente attraverLa Provincia di Lodi ha comunque già so i comuni di Codogno, Cavacurta/Caattivato alcuni progetti pilota per domairago e Pizzighettone e in direzione di tare la rete ciclo/ambientale di ulteMilano, attraverso i comuni di Zelo Buon • La rete ciclabile lodigiana è riservata alla mobilità ‘dolce’ riori aree di sosta attrezzate, presso le Persico e di Mulazzano. quali sia possibile parcheggiare le proLa possibilità di percorrenza regionale è sostenuta dalla presenza prie automobili e proseguire in bicicletta lungo itinerari ciclabili nel territorio lodigiano delle linee ferroviarie Milano-Bologna e consigliati. Questi progetti comprendono anche la sistemazione a Mantova-Pavia. Alcuni servizi delle Ferrovie dello Stato offrono la verde, con valenza paesistico-ambientale, di queste aree e di alpossibilità di trasbordare biciclette da una città all’altra in modo cune aree cuscinetto fra i percorsi ciclabili e le adiacenti strade agevole e frequente. Gli spostamenti ‘treno+bici’ ampliano le op- provinciali. Le troveremo presto in località Arcagna, lungo la pista portunità d’uso della rete ciclo ambientale lodigiana, che può esse- ciclabile Lodi -Zelo Buon Persico e in località Basiasco lungo la pire percorsa, oltre che interamente ed in modo continuo, anche per sta ciclabile Antica Cremonese. 94 La rete verde europea e il progetto Rever Med Il percorso lungo il Canale della Muzza fa parte della Rete Verde Europea definita da un progetto europeo denominato Rever Med, finanziato nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Interreg IIIb per l’area del Mediterraneo Occidentale. Il progetto Rever Med, acronimo di Rete Verde Europea del Medi- • La ciclabile del Naviglio della Martesana terraneo Occidentale, mira a completare la ‘Rete Verde Europea’ impostata con un analogo progetto per il nord Europa. Al progetto partecipano 32 enti territoriali di Portogallo, Spagna, Francia e Italia, coordinati dalla Giunta di Andalusia. In Lombardia il progetto è coordinato dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione. L’obiettivo è di dar vita a una rete di percorsi ‘verdi’ attraverso tutta la regione, fruibile con mezzi ecologici, separata e protetta dal traffico veicolare. Que- sti percorsi, oltre alla funzione ricreativa, avranno anche lo scopo di ricreare una trama vegetale in spazi agricoli fortemente impoveriti sotto l’aspetto forestale. Una particolare attenzione è rivolta al recupero di tutte le infrastrutture territoriali esistenti oggi in stato di degrado, sottoutilizzate o abbandonate. Ad esempio le strade arginali dei fiumi e dei canali, le ferrovie in disarmo, i tronchi stradali dismessi. Il progetto consentirà di predisporre una banca dati con informazioni su tutte le vie verdi costituenti la rete europea, consultabile in internet (www.revermed.com). A questo si aggiungono scambi di esperienze tra gli enti territoriali e momenti di informazione e valorizzazione dei percorsi verdi già realizzati, come la pubblicazione di questa cicloguida del Canale della Muzza. 95 La rete verde europea e il progetto Rever Med Presentato nei primi mesi del quisito di essere integrate con la 2004, il progetto Rever Med rete dei trasporti pubblici locali prevede per la Lombardia l’indi(ferrovie regionali, autolinee, viduazione di 25 percorsi prefeservizi di navigazione fluviale e renziali della lunghezza comlacuale) e con quella della ricetplessiva di 1453 km, in grado di tività diffusa (aziende agrituristicollegare fra loro tutti i capoche, Bed & Breakfast, alloggi di luoghi provinciali. campagna). In questo senso si sono privileI consorzi di bonifica della Lomgiati tutti i percorsi di servizio bardia aderiscono a Rever Med lungo i fiumi, i navigli e i canali e vi hanno incluso diverse intedella Lombardia, come appunto ressanti realizzazioni (vedi la paesemplifica questo itinerario lungina a fianco) che hanno come go la Muzza. Basti pensare che presupposto la minor incidenza questo itinerario, se collegato ambientale possibile, privilecon quello del Naviglio della giando percorsi a fondo naturaMartesana, proveniente da Milale o con pavimentazione mode• Rever Med si dedica soprattutto al recupero dei percorsi lungo le vie d’acqua no, e unito a quello che discende ratamente stabilizzata. In tal la valle dell’Adda consentirebbe di raggiungere il Po, con un percorso modo si evita di compromettere l’aspetto paesistico dei corsi d’acdi oltre 100 km interamente su strade precluse alle automobili. qua. Per ottenere maggiori informazioni è possibile contattare la Altri interventi di notevole importanza riguardano il tracciamento Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura, Struttura Valodi un itinerario ‘verde’ unitario lungo l’argine maestro del Po che rizzazione dei sistemi rurali di pianura e di collina tel. 02.67652793, consentirà di legare il Piemonte all’Emilia e al Veneto attraverso la oppure l’Unione Regionale dei Consorzi di Bonifica della Lombarpianura lombarda. Tutte queste proposte rispondono inoltre al re- dia, tel. 02.58325177. 96 Il progetto Vi.A.Ter. (Vie di Acqua e di Terra) In Lombardia le iniziative per la realizzazione di ‘vie verdi’ (green- ‘vie verdi’ lungo i canali. Grazie anche ai fondi del Piano di Sviluppo ways) hanno trovato terreno fertile lungo i canali irrigui e di bonifica. Rurale, alcune di queste, per un totale di 150 chilometri, sono già staDa alcuni anni, infatti, la Direzione Generale Agricoltura della Regio- te realizzate. Si possono citare: l’asse lungo il fiume Chiese nella piane Lombardia ha avviato un progetto di riqualificazione ambientale nura orientale bresciana nella zona di Calcinato - Ponte San Marco; il e di utilizzo ricreativo delle strade di servizio e delle alzaie dei cana- percorso perimetrale che interessa le colline moreniche gardesane li al quale partecipano diversi consentendo il collegamento fra • L’inaugurazione di un progetto Vi.A.Ter presso il Consorzio Medio Chiese consorzi di bonifica e la loro Brescia e il Parco del Mincio; la Unione Regionale. ciclabile dei navigli cremonesi La salvaguardia del territorio e la che unisce il Parco dell’Adda nord valorizzazione del paesaggio con Cremona; i percorsi ad anello passa anche attraverso il coindell’Oltrepò mantovano legati alvolgimento del mondo agricolo, l’osservazione degli impianti idrauchiamato oggi non soltanto a lici disposti lungo il Po. produrre beni alimentari, ma anSi possono ottenere informazioche a soddisfare esigenze semni presso la Direzione Generale pre più sentite dalla società quaAgricoltura, Struttura Valorizzali la tutela dell’ambiente, il presizione dei sistemi rurali di pianura dio del territorio e il mantenie di collina tel. 02.67652793 o mento della biodiversità. presso l’Unione dei Consorzi di Con il progetto Vi.A.Ter. sono Bonifica della Lombardia, tel. stati progettati 430 chilometri di 02.58325177. 97 BIBLIOGRAFIA Aa. 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Cascina Rosina - Casorati - Dordoni - Fasoli - Grazzanello - Il Torrettone - Ravizzini - Taverna Basiasco - trattoria Vecchia Lanterna Canale Derivatore Lanfroia - Saturno Camairago Cascina Baggia - Bosco Griffini - Casoltina 25 25 22 51 25 40 59 59 85 25 84 28 77 78 64 43 85 66 85 50 - Castiona - Corsa - Grande - Dosso - Isola Ponti - Mairaga - Martana - Mongattino - Muzzetta - Nuova - Sesmones - Villambrera - Vinzaschina Casolta Cassano d’Adda - castello - incile del Canale Muzza - Linificio e Canapificio Nazionale - oratorio di S. Dionigi 30 64 72 76 23 79 64 51 59 30 61 40 85 50 20 21 22 21 20 - oratorio Ss. Aquilino e Carlo - palazzo Berva - Parrocchiale - piazza Garibaldi - ponte della Muzza - stazione Fs - via Bonifacio - via Verdi - villa Borromeo d’Adda - villa Rosales Pallavicini Castello de’ Roldi Castiglione d’Adda - castello - chiesa di S. Bernardino - chiesa dell’Incoronata - Parrocchiale - strada Cremonese Caviaga - ristorante Armando’s Centrale Aem di Cassano 21 21 21 21 22 20 21 21 21 21 60 81 82 82 84 82 82 72 77 24 Centrale Endesa Chiesa di S. Bassiano Colombina (la) - ristorante La Colombina Comazzo - villa Pertusati Conterico - Osteria dei cacciatori Laghetto Airone Lavagna Levata Bolenzana - di Quartiano - Povera Vistarina - Quaresimina Levatone di Paullo Lodi Maleo - castello Trecchi Mulino Zibra Muzza S. Angelo 51 60 81 79 30 30 32 31 43 30 43 45 56 60 40 68 86 86 51 61 99 indice dei nomi di luogo Oratorio di S. Eusebio Osservatorio ambientale Osteria Tripoli Paullo - Porte di Paullo Ponte del Canale Belgiardino - della statale 9 - della Strada Pandina - di Lavagna - di Quartiano 100 43 60 63 35 38 51 51 45 31 46 Quartiano Roggia Barbavara - Cattanea Comazzo - Codogna Alta - Corneliana Bertola - Cotta Bertonica - Cotta Boggia - Coppa Incassata - Muzzetta - Ospitala 45 59 29 29 26 76 76 25 39 60 - Sandona - Somaglia Rossate - chiesa di S. Biagio San Martino in Strada Sfioratore Rottura Grande Sottopasso Fs Milano-Bologna - Milano-Venezia Strada statale 9 Via Emilia - 415 Paullese 59 64 30 34 64 23 23 24 70 35 Tenuta del Boscone Trattoria del Cacciatore - dell’Antica Barca Traversa di S. Bernardino Traversino Tripoli Turano Lodigiano - palazzo Calderara Via Vecchia Cremonese Zelasche (le) 85 52 72 25 22 63 78 78 79 52