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La mancanza di colpa può far venir meno l
Accertamento e Verifiche di Guido Berardo La mancanza di colpa può far venir meno l’irrogazione delle sanzioni in caso di accertamento induttivo È noto a tutti che negli ultimi anni il maggior numero di accertamenti sia di carattere induttivo, cioè fondato su presunzioni; si pensi, ad esempio, agli avvisi di accertamento basati sul responso degli studi di settore (art.39, co.1, lett. d), del DPR n.600/73) o di accertamento sintetico (art.38 del DPR n.600/73). In questi casi, molto spesso, quando si impugna l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ci si limita a contestare il merito, invocando motivi di fatto o di diritto che possano portare all’annullamento della pretesa. Generalmente, però, le consequenziali sanzioni che vengono irrogate non sono oggetto di impugnativa specifica, magari perché ci si limita al fatto che l’accoglimento del ricorso con riferimento alla pretesa “trascina” anche le sanzioni; in taluni casi, però, sarebbe opportuno verificare anche la parte dell’atto relativa all’irrogazione delle sanzioni per capire se vi possa essere un motivo di impugnazione specifico, perché in tal caso si potrebbe ottenere l’annullamento delle sanzioni irrogate anche qualora la pretesa fosse confermata, con indubbio vantaggio per il contribuente che si troverebbe a dover corrispondere soltanto più le maggiori imposte. Occorre quindi focalizzare l’attenzione su di un paio di aspetti degni di nota, grazie anche alla giurisprudenza che sul punto ha cominciato a formarsi, soprattutto quando gli avvisi di accertamento sono fondati su metodi induttivi, come nel caso degli accertamenti basati sugli studi di settore o sintetici. Innanzitutto occorre ricordare che l’art.23, co.29, del D.L. n.98/11 (convertito nella L. n.111/11) ha introdotto nuove modalità di irrogazione delle sanzioni collegate al tributo: la predetta norma ha modificato l’art.17, co.1, del D.Lgs. n.472/97 che ora recita “le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate … con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica (quindi non più anche con atto separato, ndA), motivato a pena di nullità”, a decorrere dagli atti emessi dal 1 ottobre 2011. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 41/E/11 – par. 8, ha precisato: 1. l’irrogazione immediata delle sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono, contestualmente all’avviso di accertamento o di rettifica, non è più rimessa alla facoltà dell’Ufficio, ma diventa procedimento ordinario e obbligatorio; 2. il superamento del previgente doppio binario produce i seguenti effetti: l’intimazione ad adempiere contenuta negli “accertamenti esecutivi” si riferirà sempre anche alle sanzioni collegate al relativo tributo; i benefici connessi alla definizione in adesione o per omessa impugnazione degli avvisi di accertamento o di rettifica del tributo si estenderanno sempre alle correlate sanzioni. Stante la predetta modifica normativa, ormai ampiamente a regime, l'Ufficio, con l’avviso di accertamento, irroga contestualmente al contribuente la sanzione amministrativa pecuniaria, per cui l’atto si compone di due anime: una riguardante la pretesa impositiva, una riguardante le sanzioni. Generalmente, si tratta di sanzione amministrativa pecuniaria per presentazione di dichiarazione infedele. Il fatto che si tratti di un atto unico, però, non fa venire meno le disposizioni specifiche in materia di sanzioni, per cui – al momento dell’impugnazione - occorre valutare se l’Ufficio La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria n.29 del 22 luglio 2013 37 abbia o meno fatto attenzione a quest’ultimo aspetto nel “Provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative”, perché in caso di mancata osservanza occorre impugnare anche tale parte ponendo le debite eccezioni. Uno degli elementi di novità introdotti dalla riforma del sistema sanzionatorio in vigore dal 1 aprile 19981 è stata l’introduzione del principio di colpevolezza2, sintetizzabile così: la responsabilità per le violazioni fiscali scatta quando il soggetto agisce con dolo o colpa. Si tratta di un principio di elementare civiltà giuridica che risponde all’esigenza di ricondurre l’applicazione della sanzione soltanto ai casi in cui venga accertata, in capo al trasgressore, o la presenza del dolo (coscienza e volontà di perseguire l’evento illecito) o, quantomeno, della colpa (aver commesso il fatto per negligenza, imprudenza, imperizia ecc.). In ossequio a tale principio, nel caso, ad esempio, di accertamento basato sul responso degli studi di settore o di accertamento sintetico del reddito, poiché l’accertamento della maggiore base imponibile è fondata su presunzioni, si potrebbe contestare l’irrogazione delle sanzioni in capo al contribuente e chiederne il totale annullamento per violazione e falsa applicazione dell’art.5 del D.Lgs. n.472/97 per mancanza di colpa e di dolo da parte del ricorrente, elementi oggettivi e soggettivi che non si possono presumere dato che, in materia di responsabilità, anche tributaria, non vi può essere alcuna inversione della prova e che, in materia sanzionatoria amministrativa, sono comunque applicabili i principi dell’illecito penale, così come espressamente statuito dalla giurisprudenza. In altri termini, l’art.5 del D.Lgs. n.472/97 subordina la punibilità delle violazioni tributarie oltre che ai principi di personalità3 e imputabilità4 anche ad un’altra condizione: il carattere doloso o colposo dell’atteggiamento psicologico dell’autore dell’illecito. Quindi, la condotta dell’autore della violazione per essere sanzionabile deve essere non solo cosciente e volontaria ma anche dolosa o, quanto meno, colposa. Per la punibilità dell’illecito tributario non è sufficiente la realizzazione cosciente e volontaria dell’elemento materiale della violazione ma occorre che la condotta dell’autore dell’illecito sia connotata almeno da colpa. La C.M. n.180/E/98, per quanto riguarda la nozione di colpa, richiama l’art.43 del codice penale secondo cui si ha colpa quando l’evento non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. In questo quadro, tornano applicabili alle sanzioni tributarie gli schemi interpretativi elaborati dalla giurisprudenza penale in tema di elemento soggettivo poiché “la nuova disciplina è stata riscritta dichiaratamente sul modello penalistico” (Cassazione, sentenza n.8717/03). Più precisamente “la punibilità per le violazioni tributarie, strutturata, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, analogamente a quanto previsto per i reati contravvenzionali dall’art.42 del codice penale (cfr. art.5, co.1, D.Lgs. n.472/97), postula innanzitutto che l’azione o l’omissione siano coscienti e volontarie ed altresì colpevoli, e cioè che si possa rimproverare all’agente di avere tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quanto meno negligente” (Cassazione, sentenza n.17579/03). La CTP di Bologna, recependo i suesposti principi, con la sentenza n.385/12/06 ha statuito: “16. Con il D.Lgs. n.472/97 il Legislatore ha modellato l’illecito tributario sul volto dell’illecito penale. 1 2 3 4 La riforma del sistema sanzionatorio ha trovato concreta attuazione della delega conferita dall’art.3, co.133, della L. n.662/96, nei decreti legislativi nn.471, 472 e 473 del 18 dicembre 1997. In particolare, il D.Lgs. n.472/97 stabilisce le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria. Art.5, D.Lgs. n.472/97. Art.2, D.Lgs. n.472/97. Art.4, D.Lgs. n.472/97. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria n.29 del 22 luglio 2013 38 17. I principi generali (contenuti nel D.Lgs. n.472/97) sono il calco delle omologhe formule penalistiche; per quello che qui serve, l’art.5 stabilisce che “nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”. In altri termini, per applicare una sanzione tributaria, occorre congiuntamente che: a) il soggetto inciso dalla sanzione sia l’autore della violazione; b) la presenza in capo all’autore della violazione dell’elemento soggettivo del dolo o almeno della colpa. Personalità e colpevolezza sono pertanto i presupposti necessari per l’applicazione della sanzione tributaria. 18. L’art.19 del D.Lgs. n.74/00, inoltre, stabilisce il principio dell’alternatività tra la sanzione penale-tributaria e la sanzione amministrativo-tributaria, fondata sul principio di specialità. Quindi, quando una violazione integra, al tempo stesso, un illecito penaletributario ed un illecito amministrativo-tributario, non si applica necessariamente la sanzione penale ma si applica, delle due, la sanzione speciale, cioè quella ricavabile in base al principio di specialità analogo a quello dell’art.15 del codice penale. 19. In questo quadro, tornano applicabili all’illecito tributario gli schemi interpretativi elaborati dalla giurisprudenza penale; questo perché – osserva la Cassazione – “la nuova disciplina è stata riscritta dichiaratamente sul modello penalistico” (Cassazione, sentenza n.8717/03). Da ciò consegue che “la punibilità per le violazioni tributarie, strutturata, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, analogamente a quanto previsto per i reati contravvenzionali dall’art.42 del codice penale (cfr. art.5, co.1, del D.Lgs. n.472/97), postula innanzi tutto che l’azione o l’omissione siano coscienti e volontarie ed altresì colpevoli, e cioè si possa rimproverare all’agente di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quanto meno negligente” (Cassazione n.17579/03). Alla stessa stregua, “il giudice tributario è tenuto a valutare, nel caso di specifica impugnazione del provvedimento impositivo da parte del contribuente, la legittimità delle sanzioni applicate dall’ufficio sotto i profili della colpevolezza, in base ai criteri indicati dall’art.5, co.1, del D.Lgs. n.472/97, e dell’eventuale causa di non punibilità ai sensi dell’art.6, co.2, dello stesso decreto” (Cassazione, sentenza n.7337/03). 20. In questo quadro, risulta evidente come la sanzione tributaria-amministrativa – cui sono applicabili i principi propri delle sanzioni penali tanto da essere i due tipi di sanzioni, quella penale-tributaria e quella tributaria-amministrativa, alternative - non possa essere applicata sulla base di una semplice praesumptio hominis quale è lo studio di settore. 21. In altre parole, siccome si basa su medie statistiche, anche se di elevato grado probabilistico, lo studio di settore non è assolutamente idoneo a legittimare l’applicazione di una sanzione che, al pari di quella penale, postula, oltre che la sicura attribuzione al soggetto della violazione (principio di personalità), la connotazione psicologica della condotta (principio di colpevolezza). 22. Se, dunque, per quanto riguarda la determinazione dell’imposta, è lecito un meccanismo presuntivo che – entro i confini dianzi visti – ponga a carico del contribuente l’onere della prova circa lo scostamento rispetto al cluster di appartenenza, non è lecita l’inversione dell’onere della prova per quanto riguarda la responsabilità dell’illecito contestato posto che nel nostro ordinamento non esiste, e per nessun tipo di illecito (amministrativo o penale che sia), la presunzione di colpevolezza”. Sul punto, recentemente la sentenza CTP di Rimini n.41/2/13, depositata il 21/3/13, ha accolto la doglianza del contribuente in quanto “non è configurabile l’elemento soggettivo” della colpevolezza. Altro aspetto di tutto rilievo e che la centralità dell’elemento psicologico, introdotta dalla riforma del 19975 e decorrente dal 1/4/98, impone ai funzionari dell’Amministrazione Finanziaria di non limitarsi più a rilevare la mera inosservanza degli obblighi fiscali, ma di accertare anche la sussistenza dell’elemento stesso, come precisato dalla circolare 5 Vedi nota n.1. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria n.29 del 22 luglio 2013 39 dell’Agenzia delle Entrate n.180/E/98 ove si afferma che “la valutazione in ordine alla sussistenza … dell’elemento soggettivo (art. 5, co. 1) … saranno valutati in sede amministrativa dall’Ufficio”. Orbene, in tutti i casi in cui l’Ufficio non abbia accertato la sussistenza del predetto elemento l’atto sarebbe privo di idonea motivazione sull’elemento soggettivo, per cui invalido; più precisamente, il vizio dell’atto è la nullità per difetto di motivazione, ma tale invalidità deve essere eccepita dal ricorrente con il ricorso introduttivo non essendo rilevabile d’ufficio. Infatti l’elemento soggettivo della violazione rientra tra i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano l’adozione di misure punitive, per cui è richiesta idonea motivazione a pena di nullità. Abbiamo già evidenziato che l’art.17, co.1, del D.Lgs. n.472/97 dispone che le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica “motivato a pena di nullità”. In ordine alla motivazione, l’art.16 del D.Lgs. n.472/97 stabilisce che l’atto applicativo delle sanzioni deve contenere l’indicazione “a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire nella determinazione delle sanzioni e della loro entità, nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni”. In sintesi, l’Ufficio nell’atto che irroga la sanzione è tenuto, a pena di nullità, a riportare quanto sopra indicato, quindi è tenuto anche ad illustrare, oltre al resto, l’elemento soggettivo (dolo o colpa) che connota la condotta dell’autore della violazione: l’elemento soggettivo, infatti, integra un requisito essenziale dell’illecito tributario. Si osserva che, in generale, gli avvisi di accertamento contengono il “Provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative”, posto nella seconda parte dell’atto, che esordisce con la frase “Dai fatti e dalle motivazioni espressi emergono le violazioni di seguito riepilogate alle norme tributarie in materia di …” ma non sempre sono fornite tutte le indicazioni richieste. L’omessa illustrazione da parte dell’Ufficio dell’elemento soggettivo della violazione è sanzionata da nullità per vizio di motivazione. Sul punto, recentemente la citata sentenza CTP di Rimini n.41/2/13, ha statuito che “mere formule ripetitive delle espressioni contenute nei dati normativi, senza alcuna attinenza alla realtà” provocano inevitabilmente la “illegittimità ed inapplicabilità delle sanzioni irrogate”. In definitiva, quindi, ogni qual volta nel “Provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative” contenuto negli atti impugnati tali indicazioni non emergono, l’atto è affetto da nullità per vizio di motivazione, per cui occorre prestare sempre più attenzione a tali aspetti e sollevare anche queste specifiche eccezioni. La riproduzione con qualsiasi metodo è vietata La Circolare Tributaria n.29 del 22 luglio 2013 40