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La mia vita: servire lo Stato
RESS FREE P Mensile di approfondimento Febbraio Anno I Num. 1 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Testata in attesa di registrazione presso il Tribunale di Caltanissetta POLITICA TENDENZE La ricetta di Sergio Iacona per uscire dalla crisi La moda dei tatoo ha conquistato Caltanissetta di A. Vizzini di R. Li Vecchi a pagina 5 INDUSTRIA E SVILUPPO Alfonso Cicero difende l’Asi dagli attacchi a pagina 14 La mia vita: servire lo Stato alle pagine 6 e 7 PORTAFOGLIO Anche i saldi non compiono il miracolo Ingrassia alle pagine 18 e 19 L’INCHIESTA Minerario, il museo incompiuto Benanti alle pagine 8 e 9 GIOVANI E POLITICA L’impazienza dei baby consiglieri Li Vecchi alle pagine 16 e 17 STORIA & CULTURA Biangardi, il “padre” delle Vare Barrafranca a pagina 20 Un uomo della Squadra Mobile si racconta di Leda Ingrassia P er la prima volta un “cacciatore di criminali” si racconta e racconta ad un giornale il suo mestiere. “Il Fatto Nisseno” ha in- contrato Enrico (nome di fantasia), l’uomo posto a capo di una squadra della Mobile che si occupa di combattere la criminalità organizzata. Il poliziotto parla delle difficoltà quo- tidiane della sua professione, dei rischi ma anche e soprattutto delle soddisfazioni. Di cosa si cela dietro ad un blitz, delle emozioni e del rispetto umano che viene concesso anche ai criminali. Un racconto a 360 gradi: una “confessione” di un uomo delle Istituzioni, e che ogni giorno combatte il crimine. scrivi alla redazione: [email protected] continua a pagina 12 www.ilfattonisseno.it Via Filippo Paladini, 172 - Caltanissetta 2 Febbraio www.ilfattonisseno.it IL DOPO TERRITO. Si fa sempre di più il nome di Leyla Montagnino L’ editoriale della Redazione Lo sbarco sul web Il Fatto Nisseno è on line G iovani sì, ma pure pieni di ambizione. Siano nati da un mese e siamo pronti, dopo avere regalato un giornale ad una città, ad offrire agli stessi cittadini, un nuovo strumento per informarsi: in contemporanea con questo numero de “Il Fatto Nisseno”, emette i primi vagiti “www.ilfattonisseno.it”. Il vero quotidiano online che cercherà di raccontare la città attraverso le notizie. Una ricca pagina web divisa per sezioni: la cronaca, la politica, il costume, la società, lo sport. Un ricco contenitore colmo quotidianamento di news. D’altronde internet oramai è diventato uno strumento necessario ed essenziale attraverso cui nel mondo milioni di uomini e donne apprendono le più disparate notizie, acquisiscono ogni genere di informazione. Collegandosi al www.ilfatto- nisseno.it, ognuno, nel tinello di casa, nel proprio studio o nella camera da letto, potrà comodamente leggere le notizie della propria città. Gratuitamente. Così come lo strumento è diretto ai tanti nisseni sparsi per il globo. Sarà un modo, ma anche l’occasione, per accorciare le distanze, per creare un ponte saldo tra chi vive altrove e la città di appartenenza. Il sito verrà potenziato attraverso una sezione multimediale: una ricca fotogallery ed una interessante videogallery arricchiranno l’offerta. E come sempre, fedeli all’ambizione di raccontare la città e la sua società civile, verrà data la possibilità di partecipare a forum o di commentare le notizie più importanti. E per chi avesse perso l’ultima edizione del mensile, sul portale sarà facile leggere il giornale e sfogliarlo. O persino scaricarlo e conservarlo sul proprio computer. La comunicazione è oramai salita sul treno della tecnologia, e su quei binari anche noi vogliamo portare il contributo di viaggiatori attenti e appassionati alle vicende della nostra città. Presidenza del consiglio, anche una donna in pole di Salvatore Mingoia A Palazzo del Carmine, dopo le dimissioni formalizzate dal presidente del consiglio comunale Giuseppe Territo è partita la stagione della caccia al successore che sarà chiamato ad occupare la seconda più ambita poltrona del Comune. I gruppi consiliari della nuova maggioranza, il Movimento Diversi Insieme, Udc verso il Partito della Nazione, Mpa, Gruppo Misto, Partito Democratico e Pdl Sicilia sono chiamati adesso a fare quadrato per condividere il nominativo del nuovo presidente del consiglio. La strada non è per niente agevole anche perché in corsa per la presidenza del consiglio ci sarebbero più di tre consiglieri: Alfredo Fiaccabrino, Angelo Scalia e Antonio Favata che pur facendo parte del gruppo misto con tre consiglieri dice di avere le carte in regola per aspirare alla poltrona “ Territo: I fatti politici hanno consumato l’Istituzione della presidenza. A rigore di stretta logica politica il nominativo della presiden- za spetterebbe al gruppo di maggioranza relativa, il Partito Democratico, che potrebbe mandare in corsa il consigliere Angelo Scalia, ma non è assolutamente esclusa dalla corsa anche il consigliere Leyla Montagnino. E questa sarebbe una dente per il consigliere del Pdl Sicilia Alfredo Fiaccabrino che nella trascorsa legislatura ha affiancato in qualità di vice, il presidente del consiglio Paolo Iannello. Adesso il consiglio con la sedia della presidenza rimasta vuota dovrà essere convocato in breve tempo presidente uscente e presieduta dal consigliere più anziano per voti, Calogero Rinaldi. Prima di lasciare la carica Giuseppe Territo ha voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe lanciando un monito ai colleghi del PDL con “ un invito a fare un’attenta e coscienziosa valutazione di ordine politico sui comportamenti assunti in questi mesi di consiliatura ed anche nella vicenda che lo ha visto protagonista solitario. La cosa certa – ha detto Territo prima di lascia- ? novità in senso assoluto nella storia del consiglio comunale Leyla Montagnino Alfredo Fiaccabrino Antonio Favata Angelo Scalia di Palazzo del Carmine dove nessun consigliere donna ha mai rivestito la carica di presidente. Sarebbe anche un momento di discontinuità politica con un taglio alle logiche del passato. Nessun mistero a rivestire la carica di presi- per evitare la paralisi amministrativa. C’è la necessità di individuare in fretta il nuovo soggetto incaricato di dirigere i lavori del consiglio. La seduta per la elezione del nuovo presidente sarà convocata dal re - è che i fatti di “natura politica“ hanno certamente consumato lo strumento dell’ Istituzione. La carenza di un confronto politico sui temi della Città, basato principalmente sul rispetto della persona, e delle regole, hanno dato vita ad una serie di “incomprensioni” che sono andate fuori dalla normale dialettica politica”. Free Press Direzione Editoriale Michele Spena [email protected] Collaborazioni: Marco Benanti Laura Bonasera Salvatore Caramanna Erika Diliberto Salvatore Falzone Leda Ingrassia Rosamaria Li Vecchi Salvatore Mingoia Martina Nigrelli Jonny e Tony Tafano ,PSDJLQD]LRQHHJUD¿FD Claudia Di Dino &RQVXOHQ]DJUD¿FD AlterErgo studio Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta [email protected] Tel/Fax: 0934 - 594864 info pubblicità: 333/2933026 Febbraio www.ilfattonisseno.it 3 di Salvatore Falzone SITUAZIONE CONFUSA. La macchina amministrativa si è fermata, ma nessuno si assume le proprie responsabilità “Basta con i professionisti degli affari loro” P oliticamente parlando, il “fatto nisseno” di queste settimane si chiama confusione. Diciamoci la verità: non si capisce più niente. Chi l’avrebbe mai detto che la macchina si sarebbe fermata nel bel mezzo della strada e in meno di due anni? I maliziosi fanno notare che la stessa sorte è capitata anche alla vicina San Cataldo (il meccanico è lo stesso), dove il sindaco ha perso la maggioranza e ormai naviga a vista in un mare in tempesta. Con la differenza che almeno Campisi è riuscito a fare il rimpasto degli assessori. Ma restiamo dentro i confini della “fedelissima capovalle”. Seguire la cronaca politica cittadina di queste settimane – all’indomani del tifone giudiziario che si è abbattuto su Palazzo del Carmine - è desolante: attacchi, fughe in avanti e indietro, colpi di scena, pugnalate e tradimenti, interessi di singoli, di parte e trasversali, oscure manovre. Un puzzle senza senso. Su cui grava una sensazione da resa dei conti, da fine del mondo o forse di un mondo (la ciliegina sulla torta si chiama Di Vincenzo, le cui dichiarazioni stanno facendo tremare i vetri, come quando un TIR passa per strada). Sensazione di attesa di tutto e di nulla, aria di catastrofe, occhi vigili, spettri, attenzione ai passi falsi, ai colpi bassi, paura, retorica di un coraggio che non esiste, retorica di un bene comune che è un’entità astratta, mo- deratissime analisi giornalistiche che non servono a niente, poche stecche nel coro, solo pensieri unici imposti dall’alto. E pedine, quante pedine, un esercito di burattini esposti a un’incomprensibile battaglia, soldati e soldatini pronti a tutto, intrighi e pulitura di coltelli, regie più o meno occulte, ricatti e miserie, minacce alla stampa che prova a essere libera, vecchie volpi e nuovi terminator… Avete capito qualcosa? No, appunto, non si capisce niente. Così Caltanissetta partecipa a suo modo al Bunga bunga che sta travolgendo il Belpaese (non vi scandalizzate: leggevo l’altro giorno che il nome-tormentone delle feste a base di sesso patrocinate ad Arcore da Berlusconi può adattarsi alle circostanze più svariate e non solo a quelle più piccanti…). Che altro dire? Niente. Sotto un cielo così fosco, è inutile blaterare di etica, di valori morali, di responsabilità istituzionale e compagnia bella. Ciò che comunque impressiona di questa rocambolesca suburra politica è soprattutto l’assenza di spessore culturale dei pers o naggi, più o meno onorevoli, che la abitano. La loro sfacciataggine non finisce mai di sorprendere. Invece di dire: scusate, togliamo il disturbo; dicono: va tutto bene, andiamo avanti, tiriamo finché possiamo. Insomma, finché la barca va lasciala andare. E certo il problema è generale e di fondo. Il problema è l’attuale sistema politico. Marcio al suo interno. E al bar la “gente” dice: “mah!”. “Mah” che cosa? Non li sceglie lo Spirito Santo i rappresentanti del popolo. Una cosa sola la “gente” dovrebbe fare: mandarli tutti a casa, questi “professionisti degli affari loro” preoccupati solo di restare in sella o di salirci alla prima occasione utile. Ma si dice così per dire. Tanto si sa che poi, morto un Papa se ne fa sempre un altro. Qualunquismo? Può essere. Ma all’inizio di questo 2011 la vecchia Nissa, la Piccola Atene dei tempi che furono, è davvero una città “lontana e sola”. E’ questo il “fatto nisseno” di oggi. E non è un bel fatto. 4 www.ilfattonisseno.it Febbraio Febbraio www.ilfattonisseno.it 5 Fatti & Politica SERGIO IACONA. Il consigliere detta la ricetta per il bene della città “Per Caltanissetta sogno il governo degli ottimi” di Alessandro Vizzini “Le cause della crisi che sta travolgendo il comune di Caltanissetta sono innanzitutto politiche”. Dice così Sergio Iacona, avvocato penalista, consigliere comunale indipendente, da poco approdato al gruppo misto. “Del resto - continua - già da tempo il sindaco Campisi aveva annunciato un rimpasto e una modifica del programma. L’operazione redde rationem viene dopo, ed è chiaro che ha sconvolto i piani imprimendo un’accelerazione a questo processo. Così il primo cittadino ha lavorato cercando di allontanare lo spettro dello scioglimento del consiglio comunale per mafia”. Avvocato, qual è il suo giudizio sull’attuale amministrazione? “Mi sono candidato sostenendo un progetto a lter nativo rispetto alle proposte di Campisi. Ma la politica non tollera vuoti, ha bisogno di pragmaticità e va adeguata alle esigenze del momento. Così in queste settimane ho cercato di agire con responsabilità. Del resto è noto che il mio retroterra politico-culturale è sempre stato quello del centrodestra. Mi definisco un conservatore”. Allora sta con Campisi? “Sto all’opposizione. Un’opposizione costruttiva e non aprioristica. E non vorrei che si dimenticasse “ Nel dibattito politico è stato superato il livello di guardia che stavo all’opposizione anche ai tempi della giunta Messana”. Vuole dire che se le cose vanno male non è solo colpa dell’attuale sindaco? “È innegabile che la giunta Messana abbia lasciato la città in ginocchio. Campisi ha trovato un clima ostile. E molte delle attuali emergenze sono state create ad arte al fine di ostacolarne il cammino. Sergio Iacona Su Caltanissetta l’’stantanea impietosa scattata dall’avvocato Il sindaco si trova a gestire il punto più basso di una parabola discendente iniziata diversi anni fa. Con questo però non voglio dire che il bilancio di questa amministrazione sia soddisfacente. Tutt’altro. Sino ad oggi sono mancate le idee forti per il rilancio di Caltanissetta. A ciò si aggiunga che i toni dello scontro politico sono infuocati. E questo non è certo un bene per la nostra città”. Cioè? “Nel dibattito politico la polemica è normale, ma stavolta abbiamo superato il livello di guardia. Proprio per questo, cercherò di lavorare per smorzare una situazione tanto pesante. Soprattutto perché l’obiettivo è quello di risolvere le emergenze sociali di Caltanissetta. Credo che soffiare sul fuoco sia controproducente. Probabilmente qualcuno spera di trarre vantaggio da una situazione del genere”. È vero che durante le consultazioni ha trattato con Campisi? “Abbiamo avuto due incontri. Ho parlato solo di programmi, nell’interesse della città. Sia chiaro: non ho mai chiesto alcuna ricompensa, né trattato alcuna poltrona”. Le è stata offerta? “No. In ogni caso non avrei accettato. Soprattutto per una questione di coerenza. Il fatto che io abbia votato il bilancio e che abbia aperto una linea di credito verso l’amministrazione Campisi, non significa che io abbracci il progetto politico del Pdl o che abbia firmato una cambiale in bianco nei confronti di questa amministrazione”. Ma lei non ha sempre criticato il metodo dell’on. Pagano? “Infatti non faccio parte del Pdl, quindi la gestione di quel partito non è affare che mi riguarda. In ogni caso mi pare di vedere grande faziosità da tutte le parti. Tuttavia, sono disposto a confrontarmi con tutti per il bene di Caltanissetta. Anche perché una buona amministrazione comunale non ha colore politico”. Come vede il futuro di Caltanissetta? “Chi fa politica ha il dovere di essere ottimista. E io, per natura, lo sono poco. Caltanissetta è in discesa da troppi anni. Dopo la chiusura delle miniere non si è riusciti a trovare una vocazione economica per questa città. E per di più abbiamo perso molte occasioni importanti: prima fra tutte l’università. L’unica speranza è quella di una nuova unione di forze. Anche di persone ideologi- “ Anche se ho votato il bilancio rimango all’opposizione camente distanti. Ma tutte unite nell’interesse della nostra terra. Una sorta di governo degli ottimi, che sappia portare avanti una politica ricettiva, non egoista e con meno personalismi”. 6 Febbraio www.ilfattonisseno.it Sviluppo POLEMICA ASI. Il commissario straordinario svela fatti e responsabili dello sfacelo delle due zone industriali di Caltanissetta e San Cataldo Cicero accusa “Certi imprenditori tentano di intimidirmi” Il numero uno del Consorzio rivendica il suo impegno a favore della legalità e sbotta: “Nonostante il vergognoso disastro economico ereditato adesso i conti sono in ordine. Per il Consorzio è iniziata la meritata ripresa economica G li imprenditori sancataldesi abbandonati al loro destino è solo un’immagine forzata? Per il commissario dell’Asi Alfonso Cicero ciò non coinciderebbe con la realtà, o meglio, potrebbe essere stata l’istantanea scattata nel passato a cause di cattive gestioni.“Da diversi anni gli agglomerati industriali di “San Cataldo Scalo” e “Calderaro” erano rimasti nel profondo dimenticatoio. Tra i gravi danni provocati della pregresse gestioni, per 35 anni il Consorzio è stato guidato dal Umberto Cortese, vi è stato l’abbandono ed il degrado infrastrutturale degli agglomerati dell’Asi. In pochi mesi, nonostante il vergognoso disastro economico ereditato, il Consorzio ha già effettuato nell’agglomerato di “San Cataldo Scalo” dei lavori urgenti per la pulizia del verde; manutenzione delle strade; ripristino dell’illuminazione; altri interventi manutentivi. Inoltre, nel mese di febbraio, verranno effettuati ulteriori interventi di manutenzione stradale ed al sistema fognario. E’ stata immediatamente affrontata la problematica relativa alla fornitura del gas, invitando, formalmente, la società “Natural Gas” ad erogare il servizio.” Ma i problemi della zona industriale “ A causa dei debiti lasciati ho dovuto operare con il rischio della disattivazione dei servizi essenziali. sono molteplici, anche pratici. Tanto per citare, l’illuminazione esterna… “Sulla qualità scadente dell’energia elettrica, oltre a denunciare tale problematica all’Autority per l’Energia, a breve terremo un apposito incontro con i responsabili dell’Enel. Entro giugno verranno effettuati ulteriori interventi di manutenzione, considerato che nel bilancio di previsione 2011 è stata prevista una specifica somma di 160 mila euro di cui buona parte dedicati a “San Cataldo Scalo””. Ma nemmeno le strade se la passano meglio. “Al fine di offrire una costante manutenzione delle strade, a breve verranno adottati gli atti necessari per l‘affidamento dei lavori ad una ditta specializzata”. In che misura vengono aiutati gli imprenditori? “Da diversi mesi è in funzione presso la sede consortile lo “sportello Ircac”, che consente anche agli imprenditori di San Cataldo di essere prontamente assistiti per la concessione del credito agevolato; è in corso di costruzione un sito web nel quale vi è l’area riservata alle imprese per ottenere diversi e innovativi servizi; recentemente è stato sottoscritto un protocollo d’intesa con Poste Italiane per assistere direttamente le aziende nell’erogazione di diversi servizi; è stata sottoscritta una convenzione con l’Azienda Foreste di Caltanissetta per la pulizia del verde. In questi giorni i funzionari del Consorzio hanno sottoposto un questionario direttamente agli imprenditori di Caltanissetta “Calderaro”, “San Cataldo Scalo” e “Grottadacqua”, al fine di rilevare le problematiche esistenti negli agglomerati industrial”. Come giudica il suo operato. “Ho operato con il rischio quotidiano della disattivazione dei servizi essenziali per il funzionamento del Consorzio: dall’energia elettrica, alle linee telefoniche, alla fornitura idrica e così via. Non vi era più certezza per gli stipendi dei dipendenti; difficoltà ad affrontare qualsiasi spesa anche quella del servizio postale; assaliti quotidianamente dai contenziosi e dai creditori. Insomma una situazione davvero scandalosa e vergognosa causata dalla pregressa ultradecennale gestione! Oggi, grazie al concreto sostegno dell’assessore Venturi che ha stanziato 2.600 mila euro per il risanamento finanziario, delle associazioni di categoria, dei sindacati, del tavolo unico di regia e del tavolo per lo sviluppo del centro sicilia, la situazione si è capovolta. Gradualmente il Consorzio ha iniziato la sua legittima e meritata ripresa economica che, oltre a concorrere al risanamento finanziario, potrà garantire una sufficiente azione di supporto agli agglomerati ed alle aziende. Adesso i “conti” sono in ordine, abbiamo approvato il conto consuntivo 2009 ed i bilanci di previsione 2010 e 2011 entro i termini di legge. La imminente approvazione della riforma “ Grazie alla Riforma Venturi il nostro territorio potrà ricevere le risposte socio- economiche Asi, la cosiddetta “riforma Venturi”, potrà aiutare il nostro territorio a ricevere le giuste risposte socio-economiche, tradite da decenni di “politiche Asi” fallimentari, zeppe di sprechi, affari ed intrecci. Ma non tutti sono convinti del suo operato. “Le provocazioni gratuite dirette al mio operato, che qualche “comparsa” vuole portare avanti fin dal mio insediamento, non sono riconducibili all’interesse verso le aziende. E’ una “tragedia” montata ad arte per “minacciare” la mia azione di assoluto rigore. Qualcuno, Salvatore Mistretta, ex vice presidente dell’Asi ai tempi di Cortese, tenta in tutti i modi, sotto la regia di qualche irriducibile “capo”, di “intimidire” la mia azione legalitaria che ho intrapreso profondamente nell’interesse dell’Ente e dell’economia sana del nostro territorio. E’ ovvio che a Alfonso Cicero con l’assessore regionale Marco Venturi Febbraio www.ilfattonisseno.it 7 Sembra mancare un coordinamento tra il mondo della politica e quello produttivo. I problemi rimangono e gli operatori accusano di essere abbandonati al proprio destino. 160.000 euro ▶ E’ la somma che per gran parte verrà destinata ad interventi di manutenzione nell’area industriale di San Cataldo entro Giugno 2011 questi signori non saranno piaciute per nulla le determinazioni che ho assunto in merito allo scandaloso affidamento della gestione del frigo macello, una struttura “regalata” alla cooperativa “Le verdi Madonie” con un canone annuo di 25 mila euro, rispetto ad un valore reale di 266. mila euro annui certificato dall’agenzia del territorio. In merito a tale vicenda ho, tra l’altro, denunciato ogni violazione anche alla Corte dei Conti per un’azione di responsabilità di circa 2. milioni di euro, che mi auguro siano restituiti al più presto al Consorzio. Così come non saranno rimasti contenti della cacciata da “Grottadacqua” della società Sacci di Roma, che voleva realizzare un fantomatico megacementificio ovvero un’operazione finalizzata soltanto ad una macro speculazione a danno dell’economia e delle imprese; delle denunce che ho fatto in merito alle gravissime violazioni di bilancio, che avevano portato il Consorzio al tracollo finanziario facendo emergere un buco di circa 1, 5 milioni di euro e debiti ammontanti a circa 2,5 milioni di euro. Potrei continuare ad elencare altre fattispecie denunciate alla procura della repubblica ed alla corte dei conti relative alla pregressa ultradecennale gestione, dalle quali si evincono a tutta evidenza gravi violazioni di legge, intravedendosi anche l’ombra di intrecci perversi con la mafia. Basti pensare, che ad una ditta sequestrata per gravi reati di mafia era stato regalato un lotto di terreno con la curiosa ed illegale formula “in comodato d’uso gratuito a tempo indeterminato”. Qualche irriducibile “capo”, usando le note “comparse”, cerca di strumentalizzare le imprese di San Cataldo Scalo per reagire contro l’azione legalitaria e anche per inviarmi dei “messaggi”. Hanno fatto tutto quello che hanno voluto per 35 anni, senza avere cura delle aziende e del tessuto economico-produttivo del nostro territorio. Per il danno che hanno recato all’Asi, dovrebbero chiedere scusa a tutti gli imprenditori di “Calderaro” e di “San Cataldo Scalo”. I tentativi di “intimidire” la mia azione legalitaria non potranno mai sortire effetti, andrò avanti sempre e con più determinazione!”... SCALO. Non tutti gli imprenditori si dicono contenti e qualcuno denuncia: veniamo considerati di serie B Ma da San Cataldo si chiedono risposte di Salvatore Caramanna Tra la nostra politica (o pseudo tale) e l’industria “serve una relazione diversa”. Ormai il quadro è chiaro. La zona industriale di San Cataldo Scalo è il frutto di anni di lotte, scommesse e tanto sudore di un gruppo di imprenditori sancataldesi. Decisero di iniziare a lavorare nel deserto, qualcuno li considerò dei pazzi, oggiAggiungi un appuntamento per oggi è nata un area che dà oltre mille posti di lavoro oltre l’indotto. Ma il risultato di questo enorme sforzo è drammatico: gli industriali sancataldesi sembrano essere stati messi alla porta, considerati forse, nella migliore delle ipotesi, imprenditori di serie B. Il timore è che Scalo stia solo pagando un prezzo e gli imprenditori si chiedono: forse è colpa dell’avere rifiutato il compromesso e l’allineamento alla cordata che era al potere? OggiAggiungi un appuntamento per oggi il rapporto tra gli imprenditori di Scalo ed i rappresentanti della classe politica è cambiato diventando, addirittura, uno scontro. Manca un elemento di congiunzione, che eppure sarebbe molto importante. L’imprenditore deve continuare a fare l’imprenditore con l’aiuto della politica e il politico deve guardare all’impresa come un veicolo importante e non come un nemico se non in linea con la propria bandiera. Negli ultimi mesi lo scontro a livello nazionale è stato durissimo rispecchiando quello che è accaduto a San Cataldo Scalo. L’ex presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, era stato chiaro: Gli imprenditori dovrebbero salire “sul ring” della politica aveva detto - per dare il loro contributo. Ma Emma Marcegaglia, che non e’ d’accordo con il suo predecessore, aveva voluto mettere una barriera netta tra i due ruoli. Non e’ ininfluente sapere come si muovono i decisori politici ed economici: per la competitivita’ serve una forte alleanza anche con il mondo politico. Da più parti si auspica che l’intreccio tra industria, politica e banche sia piu’ serio e strutturato. Bisognerebbe solo condividere un lavoro serio, da un punto di vista tecnico. La preoccupazione dei settori produttivi è che invece manchi un elemento di collegamento che si ottiene con meno dibattiti, ma piu’ lavoro sulle cose. E così i giornali raccontano di imprenditori di Scalo che non vengano ricevuti presso l’Asi di Caltanissetta e qualcuno insinua addirittura di espulsioni eccellenti. 8 Febbraio www.ilfattonisseno.it La struttura di viale della Regione rimane un sogno nonostante i lavori siano iniziati negli anni ‘80. E la collezione di 5 mila pezzi resta stipata in uno scantinato Storia di un’incompleta Minerario, il giallo del museo che rischia di restare chiuso Salvatore Vizzini di Marco Benanti S ono pochi i simboli che rappresentano l’anima di Caltanissetta, la sua storia, il suo DNA, e soprattutto le origini di quella comunità urbana costituitasi a fine ottocento che ha portato gli abitanti dell’entroterra siciliano a spostarsi a Caltanissetta e nei suoi territori per le miniere di Zolfo. Già lo zolfo, una storia quella delle miniere che si intreccia in maniera indissolubile con Caltanissetta ed i suoi abitanti, una storia che ancora oggi, emerge con grande forza tra i “carusi” di allora, oggi anziani, che trasmettono le loro vicende di vita in miniera ai giovani, sempre più distratti e disinteressati una storia che sentono ormai sottoforma di un eco lontano e che quasi non sentono gli appartenga. Ed invece quella storia è li, e neanche il tempo che passa potrà mai cancellarla, a condizione però che ciascuno per le sue competenze faccia la sua parte. Ma Caltanissetta, la città delle contraddizioni, rischia di perdere l’ennesima utile occa- sione per ricordare e celebrare se stessa, occasione persa tra i meandri di una politica e di una burocrazia che anziché rispondere al territorio crea incompiute degne del più classico clichè dell’Italia da prima repubblica. Stiamo parlando del Museo Mineralogico e Paleontologico della Zolfara di Viale della Regione, a due passi dall’ingresso principale della città. Una struttura ancora oggi incompleta, la cui costruzione iniziò negli anni ’80, e nel 2008 arrivò la chiusura dei muri esterni e del primo piano, da allora il nulla. Il museo dovrebbe -se completato- contenere una delle collezioni di minerali, cristalli, rocce, fossili, più importanti d’Italia con oltre 5 mila pezzi, oggi stipati nello scantinato di una scuola che forma i tecnici più qualificati del settore geotecnico a livello nazionale. Sebastiano Mottura, primo direttore della Scuola Mineraria, viaggiando tra il 1868 ed il 1875 in tutta l’isola per disegnare la prima carta geografica della Sicilia, raccolse cam- pioni di minerali che donò alla “Sala N.4” di Mineralogia e Geologia del museo laboratorio della scuola. I locali sono gli stessi di allora, e gli sforzi nel raccogliere i minerali e le gemme da parte di studiosi, presidi e fondatori sono rimasti vani, dato lo spazio angusto da sottoscala in cui la collezione nissena è costretta a giacere. Per conoscere la storia e le sorti del museo, abbiamo incontrato due figure che con la scuola ed il museo sono legate da “ Vizzini: C’è il sospetto che i soldi siano stati spesi per altro vincoli affettivi oltre che professionali, ovvero il preside del Liceo Scientifico e delle Scienze Applicate Mottura Salvatore Vizzini ed uno dei fondatori del museo, l’ingegner Michele Raimondi. “Si tratta di una struttura- sostiene il preside Vizzini - riferendosi al nuovo museo- dalle enormi potenzialità, dato che come da progetto, dovrebbe ospitare delle sale laboratorio, dove i nostri ragazzi potranno fare ricerca con gli strumenti di cui già disponiamo, a giovarne sarebbe l’immagine ed il prestigio della intera città,”. In sostanza a mancare all’appello per il completamento del nuovo museo sarebbe l’ultimo lotto.“Già cantierabile - dice Vizzini - per il quale la Provincia Regionale di Caltanissetta con a capo l’allora presidente Filippo Collura aveva previsto in bilancio una somma di un milione di euro (misura regionale), per il completamento del primo piano, e l’ammezzato che sulla base del progetto originario, proposto dall’ingegnere Raimondi dovrebbe replicare una vera e propria miniera, con tanto di discenderia e gallerie. Il sospetto è- conclude Vizzini- che questa cifra sia stata spesa per altre opere di competenza dell’Ente, ed oggi si cerchino dei fondi europei per i quali occorrerà aspettare ancora anni”. “Qualora l’iter fosse stato rispettato - sostiene l’ingegner Michele Raimondi- a luglio l’Urega avrebbe già esperito i documenti per cui la Provincia utilizzando l’ormai famoso milione di euro messo della Regione Sicilia avrebbe indetto la gara d’appalto”. Febbraio Le tappe del Museo 1985-1986 Progettazione ed inizio lavori Anni 90 secondo lotto 2008 Terzo lotto; muri esterni e rifiniture piano terra e costruzione primo piano Luglio 2010 Gara d’appalto non esperita Curiosità Il museo ha la forma di un minerale, l’Aragonite, i cui cristalli a forma esagonale hanno ispirato i progettisti nella realizzazione della planimetria. www.ilfattonisseno.it 9 LA REPLICA Pino Federico. Il presidente accusa: “La struttura non era cantierabile, mancavano le carte” “Il museo? Opera senza progetto” “Tutto perfetto, se non fosse che del progetto del museo non vi era neanche l’ombra”, così il presidente della provincia Regionale di Caltanissetta l’Onorevole Giuseppe Federico replica, carte alla mano, alle dichiarazioni di quanti sostengono che il museo non sia stato ultimato perché l’Ente Provincia avrebbe dirottato la somma verso altre opere. “E’ proprio vero – dice Federico- si tratta di una somma dirottata verso altre opere prioritarie come la messa in sicurezza di altre scuole, perché il museo non era affatto cantierabile, dato che mancava il progetto esecutivo”. Una somma che l’Ente nisseno avrebbe altrimenti perso con il Patto di Stabilità. Secondo il Presidente della Provincia Regionale nissena e del suo staff tecnico in realtà quella del museo mineralogico è una vicenda di cui l’Ente nisseno si è fatta carico sin oltre le dovute competenze dato che anche il terreno su cui è stata avviata la progettazione del manufatto non aveva seguito il regolare iter degli espropri “per cui – dice Federico- ci siamo ritrovati a chiudere il contenzioso con il proprietario del terreno con ulteriore costo”. Il progetto difatti è stato reso cantierabile con ulteriore progettazione della Provincia soltanto dal giugno del 2009 e non prima. “Invito il dirigente scolastico in questione- a prendere appuntamento con me o con i miei tecnici- a visionare le mappe progettuali in nostro possesso ed a valutare di persona come l’opera era tutt’altro che cantierabile”. Il milione è ovviamente andato speso per altre opere prioritarie, dato che “avremmo perso anche quello se non l’avessimo utilizzato”. Non senza una punta di orgoglio l’Onorevole Federico ci enumera le cifre delle infrastrutture scolastiche per nuovi manufatti, e la messa in sicurezza di quelli già esistenti, parlando di un milione di euro ripartito tra il nord ed il sud della provincia per la messa in sicurezza di diverse strutture, somma recuperata da fondi amministrativi, di 200 mila euro per il rifacimento degli impianti termici ed ancora 750 mila euro che saranno spesi per opere di antivulnerabilità sismica per tutti i plessi di competenza dell’Ente. Alla provincia Regionale di Caltanissetta va infatti il merito di operare con i propri tecnici per la ricerca di fondi comunitari “siamo una tra le poche Province d’Italia, l’unica in Sicilia – continua Federico- a quidità di mutui già utilizzati per i quali rimangono centinaia di migliaia di euro non spesi e che vanno automaticamente nella Cassa Depositi e Prestiti. Tali somme residue risalgono addirittura ad opere finanziate nel 1963. “E’ chiaro che ci sono notevoli criticità da superare, e tra queste il patto di stabilità non ha giocato affatto a nostro favore- conclude Federico- ma stiamo lavorando soprat- “ superato la prima fase di valutazione che consentirà di accedere ad un finanziamento previsto dai PIST di Caltanissetta già approvato insieme all’Ente Fiera di Contrada Calderaro. M.B. Costretti a dirottare le somme verso altri interventi prioritari tutto sulla progettazione, senza la quale sarebbe impossibile accede- Pino Federico reperire ed avviare i cantieri per le opere utilizzando i fondi comunitari, senza i quali, avremmo scuole ancora fatiscenti e strade da terzo mondo!”. Le cifre a cui Federico fa riferimento sono per lo più somme residue, ovvero li- re ai fondi comunitari. Proprio il Museo Mineralogico rientra tra queste misure, è stata infatti nel frattempo ultimata la progettazione, e l’opera ha già rendering progettuali del museo 10 www.ilfattonisseno.it Febbraio Febbraio www.ilfattonisseno.it 11 IL PERSONAGGIO. Il decano dei dj’s si racconta e racconta la sua città Dino Sole, Peter Pan dal grande animo soul a casa di... di Martina Nigrelli Dai primi passi alla radio alle notti insonni nelle discoteche fino alla sua attività di imprenditore. La sua passione per il vinile è nota anche ai non addetti ai lavori. Dino Sole, classe ’63, ma eternamente “Peter Pan”, muove le dita tra dischi ed equalizzatore da più di trentanni. E’ uno che di musica ne capisce, è un cultore della deep. “Amo il soul – afferma Sole - amo il funky, e da qui ho iniziato” Il suo esordio non è stato da poco, quando ancora aveva tredici anni Peppe Gallè e Carlo Valenza capirono che in lui c’era del potenziale e gli affidarono una trasmissione radiofonica su Radio Cl1. Fu così che Dino Sole venne consacrato al pubblico nisseno. Era piccolo ma intraprendente ed economicamente indipendente, il suo primo vinile è stato “black water gold” dei KC & sunshine Band, così il passo dalla radio al grande pubblico delle discoteche è stato breve. Quelli erano gli anni del benessere economico dei nisseni e Dino dalla consolle della discoteca Grog, di Francesco China, faceva “saltare” gli amanti delle notti in bianco. Lui mixava, a differenza di altri, ascoltava la battuta e faceva entrare i pezzi, uno dietro l’altro senza interruzioni. Quelli sono gli anni d’oro della musica commerciale e Dino sale nelle consolle più esclusive della Sicilia. Ama la festa, la musica e la bella gente. Nel 1994 si sposa con Giusy, con la quale, insieme ad altri soci, ha aperto un noto negozio di abbigliamento in una delle arterie principali della città. Dino cresce e il suo stile diventa più maturo quando sceglie di non s u on a re nelle discoteche per stare lontano d a un’ambiente che nel tempo è diventato sempre più viziato e ma- lato e che ha anche vissuto dei momenti di illegalità a spese dei giovani. Dunque preferisce suonare nei locali, o nei meeting point, trasformando quegli incontri che erano occasionali in appuntamenti fissi come quello della domenica all’ “ Credo che la ricercatezza sia una cosa fondamentale per emergere e distinguersi Area 900 di Catania dove con la “Deep Family” condivide non solo la passione. Ma Dino Sole, “resiste” nel tempo perché ha trovato la chiave giusta: musica come life style, ricercata e studiata. “La ricercatezza – afferma Sole – è una cosa fondamentale per distinguersi e per emergere. Il nostro negozio ne è una degna espressione. 5 196 Il linea con lo stile musicale che rappresento e che ho importato in questa città , l’abbigliamento e l’arredamento sono apprezzati Sopra Dino alle prese con un mixer. A fianco a sinistra nel suo negozio dai clienti perché noi, quando ve nd i a mo, ci mettiamo nei loro panni. Il nostro target di riferimento continua Sole - è alternativo. Il nostro stile è “democratic chic” offrendo un buon rapporto qualità prezzo». Dino Sole non è un nostalgico, anzi si infervora quando si parla dei giovani, dice basta all’esodo delle belle teste che fuori da Caltanissetta vivono una vita migliore,“Noi non ce ne freghiamo di Caltanissetta – incalza Sole – il mio desiderio è che tutti questi giovani non si sentano costretti a “scappare” da una città come questa. Spero che tutti riescano, come me, a realizzare un sogno stando a casa propria”. Dino Sole pensa alla nuova generazione e la esorta ad appassionarsi, a studiare e a credere che un futuro migliore può esistere. Si definisce una persona libera da condizionamenti ma in realtà obbedisce ai paradigmidella deep e del soul, come un buon soldato fa con il suo generale. “ Desidero che i giovani non si sentano costretti a scappare da qui 12 Febbraio www.ilfattonisseno.it DIARIO L’INTERVISTA. Parla un uomo della Sezione criminalità organizzata “Vi racconto la mia vita Agente della Polizia che cattura i criminali” di Leda Ingrassia Segue dalla Prima Si resta a bocca aperta, tra l’incredulità e l’ammirazione, quando si sente parlare uno che di polizia “ne capisce davvero”. Forse leggendo libri o vedendo fiction televisive non si comprende realmente quello che sta dietro la vita dello sbirro, sembrano quasi favolette. Peggio ancora quando, al termine di grandi blitz delle forze dell’ordine, il ministro di turno dice “Abbiamo preso il latitante x”, “Abbiamo fatto così”… solo chiacchiere nella gran parte dei casi. A fare “ “Noi siamo dalla parte del giusto”. Lo dico sempre ai miei compagni così o a prendere quello o l’altro infatti sono loro, quegli uomini delle forze dell’ordine di cui forse mai sapremo il nome o l’identità. Come il “grande” poliziotto che ha parlato con me e che per questioni di riservatezza e professionalità non vuol svelare la sua identità. Lo chiameremo fantasiosamente “Enrico”. E’ un ispettore capo della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Caltanissetta. Un padre di famiglia e un servitore dello Stato con valori molto forti. Lui, in più di vent’anni da poliziotto, ne ha vissute davvero tante di storie, di emozioni e pericoli. Ha preso parte ad operazioni di polizia grandiose sia di mafia che antidroga. “Leopardo”, “San Valentino”, “Free Town”, “Scacco Matto”, “Redde Rationem”, “Symposium”, solo per citarne alcune. Enrico, c’è qualcosa che sin dall’inizio della tua carriera ti ha segnato? A Palermo, dopo aver lavorato alle volanti, sono passato alle scorte dove ho vissuto gli anni del maxiprocesso. Vi lascio immaginare. Poi, trasferito a Gela, ho vissuto forse gli anni più brutti della mia vita. Era il 21 dicembre 1989 quando ho preso servizio lì e già il 23 dicembre ero dinanzi un duplice omicidio di due fratelli assassinati contemporaneamente in posti diversi. E’ stato brutto vedere loro padre che dopo essersi intriso le dita col sangue dei figli si è fatto il segno della croce, come a promettere vendetta per i sicari. Un inizio molto forte, oserei dire… Hai partecipato a tanti blitz, come li hai vissuti e li vivi? Hai detto bene, li vivo, perché tutt’oggi sono il primo a correre appena è necessario. Penso che poliziotti si nasce e io cerco di dare sempre il meglio. Mi capita di aver paura, anche se sarebbe meglio definirla ansia che possa succedere qualcosa ai miei uomini. Riesco a rilassarmi solo quando torniamo in ufficio dopo una nottata fuori e cominciamo a depennare dall’elenco i nomi degli arrestati. In quel momento si ride, c’è chi dorme un po’ e chi scrive al pc. Che rapporto ha un “anziano” della Polizia come te con i pregiudicati? Noi poliziotti abbiamo bisogno dei pregiudicati, sono la nostra risorsa. Ci danno confidenze che diventano spunti di indagine. Basta, ad esempio, una frase mordicchiata mentre sono al bar, del tipo “C’è chiddru chi si sta annacannnu pi cuntu d’iddru o di dra famigghia”, e magari scatta un’indagine. E’ ovvio che devi farti rispettare per il ruolo che ricopri ma anche cercare di aiutarli, quando è possibile, se hanno bisogno loro. Alcune volte, poi, dato che le ordinanze le prendiamo due giorni prima del blitz, mi capita di incontrare, anche al panificio, uno che magari già so che la notte andrò ad arrestare, ed è davvero imbarazzante perché mi viene da pensare anche ai suoi. Con quale stato d’animo si porta via una persona alla sua famiglia, arrestandolo? Dato che spesso ci tocca fare irruzione di notte e nelle case, cerchiamo innanzitutto di infondere calma, anche se spesso ci vengono rivolte parole e gesti pesanti. Per me la parola d’ordine è rispetto perché solo così si possono evitare situazioni traumatiche anche per i bambini. Se tutto fila dritto, addirittura, giunti in ufficio con gli arrestati, offriamo loro la colazione o le sigarette. Raccontaci un po’ di storie del tuo lavoro… Quando ero alle Volanti, giunti per un intervento in una casa alla Badia per maltrattamenti sui minori ad opera del padre, siamo stati colpiti da un bambino che piangeva per la fame. Così lo abbiamo portato al bar per sfamarlo. Ho anche salvato vite umane. Ricordo una persona che stava annegando al largo di San Leone per il mare agitato e la forte corrente: mi sono gettato tra le onde con il bagnino per aiutarla. Ho salvato pure due persone che avevano provato ad impiccarsi. Mi è successo anche di fronteggiare rapinatori con armi in pugno. Fu divertente, invece, durante una perquisizione in una casa alla ricerca di armi, scoprire un gatto persiano stecchito dentro un armadio che a noi sembrava un peluche bianco e che il proprietario peraltro riteneva smarrito da tre mesi. E la famiglia, come vive il tuo lavoro? Pensi mai che potresti non tornare più a casa? Certo che ci penso. Per questo entro ed esco da casa salutando sempre col bacio anche i miei figli che ora sono grandi. Per me è un gesto importante. Mia moglie ormai capisce quello che faccio o che devo fare solo osservando Sopra “Enrico”, è questo il nome in codice dell’agente i miei movimenti, per- della Polizia di Stato che ha rilasciato in esclusiva al l’intervista ché mi vede preparare anfibi, passamontagna, pettorine, guanti. Mi chiudo alle spalle la ti, sfuggendo ai controlli, stavano giungenporta di casa prima di andare a lavoro e mi do verso di noi e ci stavano attaccando. ripeto in mente: “Noi siamo dalla parte del Lì ho davvero avuto paura perché dato il nostro numero così esiguo non giusto”. E lo ripeto sempre anche ai miei saremmo stati in grado di reguomini. La situazione in cui hai avuto più timore? Durante il G8 di Genova, quando ero a capo di una trentina di uomini in un varco estremo al porto. Ad un certo momento ci giunse notizia che un gruppo di manifestan- gere un corpo a corpo. Per fortuna però furono fermati da altri militari e noi ci salvammo. Sopra un’esercitazione degli agenti dello SCO. A sinistra gli uomini del nucleo antidroga dopo un ingente sequestro Febbraio www.ilfattonisseno.it 13 IL CAPO DELLA MOBILE. Giovanni Giudice guida un piccolo esercito di 80 uomini “Se a Gela si denuncia la mafia qui non si avverte il riscatto” H a 41 anni, due lauree, è di Vittoria e per gli 85 uomini della Squadra Mobile di Caltanissetta è il “capo”. Giovanni Giudice, vice questore aggiunto, sposato e papà di una bambina, ha una carriera decennale alle spalle molto intensa e una passione sviscerata per il suo lavoro che colpisce subito chiaccherandoci un pò. Dopo più di cinque anni trascorsi al Commissariato di di Gela e un biennio alla guida della Sezione Criminalità Organizzata della Questura di Caltanissetta, dal giugno 2008 è il dirigente della Squadra Mobile nissena. E’ lui che coordina l’operato dei tanti uomini che spesso restano invisibili alla gente comune ma che con il loro operato riempiono le cronache in occasioni di arresti importanti per mafia, droga, prostituzione, reati contro il patrimonio. Dottor Giudice, qual è il clima che si respira e cosa significa lavorare alla Squadra Mobile? Come disse un mio predecessore, la Squadra Mobile è un santuario, un insieme di persone unite dagli stessi valori che fanno il loro lavoro non tanto per farlo ma per passione. E’ proprio quest’ultima che ti fa accettare i tanti disagi di questo mestiere, gli orari intercambiabili, il dover essere sempre reperibili, l’uscire nel bel mezzo della notte senza sapere l’ora del ritorno a casa, alle relazioni familiari che spesso soffrono di trascuratezza. I miei uomini sanno di dover essere sempre pronti a partire, e lo fanno perché ci credono e ci credo anch’io. E’ un lavoro questo che ti da tante soddisfazioni. Nel caso specifico, poi, risolvere un caso, è qualcosa che ti da una carica immensa perché ti rende artefice della verità sociale. Come vive il dirigente della squadra mobile i minuti prima e dopo un blitz? Paura, adrenalina? Condivido in pieno con i miei uomini lo stress, l’entusiasmo, le ansie e il balzo di adrenalina che comporta un’operazione di polizia. Anche la paura, perché no, dato che per me serve ad essere prudenti, a tenere tutto sotto controllo. E’ ovvio poi che dato che abbiamo il potere di togliere la libertà alle persone, viviamo sempre con la paura di sbagliare. Pensa che l’ordinamento giudiziario italiano ponga degli ostacoli al vostro operato? Che lo Stato dovrebbe fare qualcosa di più per le forze “ La mobile è come un santuario, un insieme di persone unite dagli stessi valori e che lavorano con passione dell’ordine? In passato capitava addirittura di sentirsi frustrati dato che i nostri sforzi venivano vanificate da leggi assurde. Fino a qualche anno fa, ad esempio, i mafiosi potevano chiedere il concordato in appello e il rito abbreviato, rischiando di ridurre il 416 bis a una pena di pochi anni. Ora per fortuna molte cose stanno cambiando anche se le riforme non partono, neanche quelle strutturali che ci permetterebbero magari di avere più soldi anche per lo straordinario Giovanni Giudice che per noi è pane quotidiano. Occorre sicuramente va lor izzare le risorse esistenti e concordare meglio le troppe forze dell’ordine in campo. Nel 2011 possiamo ancora dire che è la mafia il male più grave che affligge la nostra terra? In Sicilia la mafia è ancora molto forte. Grazie alle numerose denunce degli imprenditori però diminuiscono le estorsioni, mentre sempre più appetibile è il traffico di stupefacenti. Dato il periodo di crisi economica che stiamo vivendo, poi, e la connessa emergenza sociale del lavoro, crescono anche i reati contro il patrimonio. Ritiene che negli ultimi tempi ci sia stato un uso spropositato del termine “legalità” da parte di alcuni politici, ad esempio, impegnati nel conquistare l’opinione pubblica, quasi sottraendolo a voi, invece, che combattete ogni giorno l’illegalità? C’è stato forse un po’ di abuso a cui magari non hanno corrisposto gli atteggiamenti, le riforme, la storia. E’ ovvio che polizia e magistratura hanno il vantaggio, di fare della legalità il loro lavoro, quasi in modo esclusivo. Alla luce delle numerose operazioni portate a termine negli ultimi anni, qual è la situazione della mafia nella nostra provincia? Anche se si tratta sempre di un lavoro a macchia di leopardo, possiamo dire che sono stati fatti passi da gigante. A Gela, ad esempio, nel 2001 tutti i mafiosi erano fuori, ogni giorno c’erano omicidi, racket, incendi. Ora la città è stata liberata dalla mafia, gli imprenditori denunciano. La gente ci ha dato fiducia dato che, a differenza di quanto è avvenuto nel passato, ci siamo presentati come istituzione credibile. A Caltanissetta, di contro, nonostante siano stati inferti “ Grazie alle denunce si riducono le estorisioni. Mentre a causa della crisi aumentano i reati contro il patrimonio duri colpi alla mafia, non si avverte ancora il riscatto della gente. Ci sono, però, ancora tanti paesi su cui continuare a lavorare, come Riesi, Niscemi, San Cataldo. I successi che abbiamo incassato negli anni comunque sono il risultato anche del coordinamento con le forze sociali del territorio e della grande collaborazione con la Procura della Repubblica, che a Caltanissetta è composta da persone che come noi vogliono cambiare la società. L. I. 14 Febbraio www.ilfattonisseno.it Tendenze IL DERMATOLOGO Non fanno male ma rimangono per tutta la vita TATOO YOU. La prima volta a Miami. Da lì è nata una vera passione che lo porterà ad inaugurare un laboratorio L’arte dei tatuaggi nelle mani di Valerio Pirrone di Rosamaria Li Vecchi “Tatoo you”. Così i Rolling Stones lanciavano ai benpensanti la loro ennesima “sfida” a suon di note, con Mick Jagger e Keith Richards con i volti interamente coperti di tatuaggi sulla copertina del disco (per 9 settimane al primo posto nelle classifiche americane ed inglesi, registrato tra il 1979 e il 1981 tra le Bahamas, Parigi e New York). Ma le citazioni si potrebbero sprecare intorno a quella che, da pratica tribale che demarca i riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, è oggi molto diffusa anche nel mondo occidentale più o meno con gli stessi significati, dalla dichiarazione di appartenenza ad un gruppo (gang giovanili, gruppi estremisti, movimenti razzisti) alla “ Bisogna essere convinti del soggetto, perchè il tatuaggio lo porti con te per sempre sfida all’omologazione e ai pregiudizi. Già, perché i tatuaggi, a seconda dei soggetti, erano anche un segno di infamia che indicava la condizione di schiavitù, la volontà di degradare i propri simili (i numeri sulle braccia degli Ebrei deportati ad Auschwitz erano tatuati) o l’essere stati in carcere. I Maori lo chiamano “ta moko” e tra di loro è simbolo di potere ed elevata posizione gerarchica all’interno della co- munità mentre un proverbio Iban dei Dayak del Borneo recita “Un uomo senza tatuaggi è invisibile agli dei” e in Thailandia il tatuaggio è inteso come pratica religiosa (l’incisione del disegno buddhista è accompagnata da preghiere). Noi occidentali ci accontentiamo di molto meno (forse perché li consideriamo solo nella loro esteriorità senza coglierne davvero il senso). A Caltanissetta sono oggi davvero tantissimi quelli che hanno chiesto almeno un tatuaggio: in genere si tratta del nome della propria “lei” (o del proprio “lui”) o di piccole decorazioni (fatine, farfalle, personaggi dei cartoni animati) che stanno ben nascosti sotto i vestiti (spesso si “prendono le misure” per far sì che il tatuaggio resti ben nascosto anche sotto le mezze maniche, per non suscitare pregiudizi nel proprio ambiente di lavoro) . Ma c’è anche chi ha scelto di farsi tatuare, in segno di devozione o come ex-voto, il patrono San Michele o padre Pio, da tenere ovviemente ben coperto, restituendo in qualche modo al tatuaggio il suo significato di forte spiritualità. Valerio Pirrone, 23 anni, è stato letteralmente “trapassato” dalla passione per i tatuaggi durante un viaggio negli Stati Uniti nel 2009, tra New York e Miami, dove si è fatto tatuare per la prima volta al “Miami Ink”, famosissimo centro per tatuaggi, da Morgwn, uno dei tatuatori più richiesti del momento. Valerio è un artista (dipinge dall’età di 16 anni, è autodidatta) e dopo l’esperienza di Miami ha iniziato a preparare i disegni per un tatuatore agrigentino. Oggi conosce tutto delle tecniche di tatuaggio, dei soggetti e della loro simbologia, ed è pronto a cominciare la sua avventura di tatuatore. “Quello che è importante – precisa Valerio – è capire che il tatuaggio devi portarlo con te per sempre, per questo bisogna essere convinti del soggetto e della scelta fatta: poi lo si può coprire, correggere, cancellare, ma non completamente”. Abilità del tatuatore deve essere capire cosa vuole dire di sé chi si appresta a farsi un tatuaggio. “Quando ti chiedono questo o quel soggetto – dice Pirrone - che siano disegni realistici o cartoons, soggetti orientali o tribali, devi sempre essere capace di adattare i soggetti alla personalità di chi li vuole sulla pelle. Io li disegno a mano e sarà impossibile che esistano due tatuaggi identici”. Quali gli stimoli per un artista nel lavorare sulla pelle piuttosto che sulla tela? “E’ proprio un’altra cosa, – dice Pirrone – la pelle è diversa da individuo a individuo e contribuisce a rendere unica l’opera che viene creata. E poi si arriva ad avere con persone che conosci appena da qualche ora un rapporto così confidenziale che è molto bello”. Tatuato “duro e puro” è Michelangelo Lo Presti, nisseno, che rivela la passione per il cinema “altro” con una impressionante serie di famosissimi protagonisti tatuati sul braccio sinistro, dal Joker di Batman a Edward Mani di forbice, dai Freaks di Browning a Freddy Krueger. “Amo i tatuaggi – dice – perché li considero una forma estrema Sopra Valerio Pirrone mentre si fa tatuare da Morgwn, famoso tatuatore statunitense. Sotto a sinistra Michelangelo Lo Presti di esibizionismo, e io ammetto di essere un esibizionista. Quelli che ho sul braccio sono tutti film che mi rappresentano, con una loro storia singolare. Il mio preferito è Hannibal Lecter del “Silenzio degli innocenti”. Penso che il tatuaggio faccia sentire più forti”. “No, assolutamente no”. A ribadirlo con fermezza è Gioacchino Lo Verme, dermatologo, Gioacchino Lo Verme che però mette in guardia contro un’abitudine piuttosto diffusa che segue l’applicazione del tatuaggio, in genere qualche anno dopo. “Il problema – dice - è comprendere, e dunque accettare, che si tratta di qualcosa che resterà per sempre sulla pelle. Molti sono convinti che se il tatuaggio non piace più lo si possa eliminare completamente con il laser ma non è così perché rimane sempre una parte cicatriziale. Il laser in sé non è dannoso ma lascia cicatrici perché il tatuaggio è realizzato sullo strato profondo della pelle”. Niente danni collaterali dunque? “Non c’è nessuna dimostrazione di ciò – dice lo specialista – nessun tumore, nessun melanoma, nessuna alterazione della pelle, a meno che non ci siano reazioni allergiche causate da corpi estranei”. In questo caso l’inchiostro che viene collocato sotto la pelle, che potrebbe provocare, raramente, una reazione in soggetti ipersensibili. Attenzione infine al rispetto delle precauzioni igieniche: il tatuatore deve indossare guanti monouso, usare attrezzatura sterile e imbustata singolarmente, inchiostro nuovo estratto da contenitori monouso e l’ambiente deve essere pulito come un ambulatorio medico. Info www. safe-tattoos.com. R.L.V. Febbraio www.ilfattonisseno.it 15 16 Febbraio www.ilfattonisseno.it Giovani & Politica Non siamo delle marionette I rottamatori di Palazzo del Carmine di Rosamaria Li Vecchi Rivendica la propria autonomia decisionale la nuova generazione di consiglieri comunali “under 40”. Un moto trasversale di chi chiede spazio. “Non siamo marionette”. Rivendica la propria autonomia decisionale in maniera trasversale la nuova generazione di consiglieri comunali “under 40”, alla prima esperienza legislativa, che da 18 mesi occupa gli scranni di Palazzo del Carmine. Sono Oscar Aiello, Gianluca Bruzzaniti, Davide Campisi, Ilario Falzone, Michelangelo Lovetere, Vito Margherita, Giorgio Middione, Leyla Montagnino, Gianluca Nicosia, avvocati, imprenditori, funzionari, futuri medici, un esercito di giovani cittadini che potrebbe davvero far voltare pagina alla politica locale. Soprattutto perché è identico lo slancio e l’impegno per costruire il futuro di questa città. Ma quali le valutazioni sull’impegno istituzionale assunto? Ci sono rimpianti? “A mancare fin dall’inizio è stata forse una vera aggregazione tra noi consiglieri giovani” sottolinea Davide Campisi, Dc, che prosegue: “E’ stato un errore, secondo me, non sedersi tutti insieme fin dall’inizio per cercare di capire, al di là dei colori politici, i reali problemi della città. Perché secondo me è questa la vera forza della politica, un punto comune di incontro per portare avanti cause condivise, cosa che spesso non siamo riusciti a fare neanche con i consiglieri di maggioranza”. Sottolinea invece l’atteggiamento collaborativo registrato durante le sedute di commissione Leyla Montagnino, Pd. “Ma – dice - dopo un anno e mezzo dobbiamo anche guardare in faccia la verità ed ammettere che il consiglio comunale non ha avuto un ruolo determinante nell’attività amministrativa ed è un peccato perché c’era la volontà di molti di fare qualcosa di positivo. Il rischio adesso è di perdere l’entusiasmo, perché si ha quasi la sensazione che tutto ciò che si è fatto non abbia avuto riscontri adeguati”. “Condivido il pensiero della collega – fa eco Ilario Falzone, PdL – ma difendo anche il mio ruolo di consigliere comunale, che credo di avere pienamente svolto fino ad oggi. Forse è vero che le commissioni non hanno avuto un ruolo determinante: pur lavorando con grande serietà e in piena sintonia non sono state prese in considerazione dagli assessori”. Falzone ammette di aver avuto la sensazione, con la vecchia giunta Campisi, che si volesse in qualche modo “imbavagliare” o “censurare” il lavoro delle commissioni ignorandolo. “Se “ Siamo un terzo dell’assemblea, se ci unissimo nessuno potrebbe ignorarci non siamo stati considerati veri interlocutori dalla giunta – dice invece con decisione Vito Margherita, MpA – la colpa è nostra: noi consiglieri under 40 siamo un terzo dell’intera assemblea (c’è anche Calogero Adornetto, 32 anni, ingegnere, che però non è nuovo al ruolo istituzionale, ndr) e se ci unissimo sui progetti davvero importanti per questa città nessuno potrebbe ignorarci. Sfiderei qualsiasi assessore, qualsiasi giunta, a dire no a dieci giovani rappresentanti istituzionali compatti sulle proprie decisioni per la città”. “Ma non si può addossare – c o nt i nu a Margherita – la responsabilità di come questa città è diventata oggi al sindaco Campisi o al sindaco Messana, che lo ha preceduto, o a noi giovani consiglieri perché la colpa è di tutti, anzi forse i meno colpevoli siamo proprio noi, che abbiamo scelto di metterci la faccia per cambiare le cose. Per questo, invece di insinuare dubbi sull’autonomia del nostro ruolo istituzionale i deputati nazionali e regionali, a prescindere dal colore politico, dovrebbero intanto passarsi una mano sulla coscienza e Sopra i consiglieri “under 40” dire perché la città è arrivata oggi a questo punto”. Veramente arrabbiato per la scarsa considerazione e il disprezzo che alcuni politici locali hanno mostrato per il consiglio comunale Michelangelo Lovetere, PdL, che rifiuta l’etichetta che si vorrebbe mettere al consiglio comunale (“deve solo votare il bilancio”) e sottolinea come “denigrare il consiglio comunale è denigrare i cittadini, dei quali l’assemblea è espressione democratica, e significa non amare la città”. Crede fortemente nel dialogo trasversale tra consiglieri “under 40” Gianluca Nicosia, capogrupppo PdL in consiglio comunale. “Unire le energie dei giovani consiglieri comunali – dice – è un’idea che accarezzo da tempo perché si potrebbe valorizzare così il nostro ruolo istituzionale. E’ importante incontrarci, mettere giù proposte e vedere come noi, che comunque rappresentiamo un’identità giovanile nissena, possiamo rendere utili le nostre proposte per l’amministrazione. Al di là di quelle che sono le posizioni politico-ideologiche, che sono frutto di ragionamenti più o meno condivisibili, dobbiamo prendere coscienza che siamo Febbraio www.ilfattonisseno.it ,ʜʦȷʑʢɔ 17 IL CONSIGLIO DELL’EX. Giuseppe Territo crede in loro ma li avverte: “Non fatevi distrarre dai personalismi” ▶ “Non ascoltate i cattivi maestri” 9.923 ▶ 30 E’ la media dell’ età dei giovani consiglieri comunali “under 40” presenti per la prima volta in consiglio comunale di Rosamaria Li Vecchi E’ la somma dei voti che hanno ottenuto nelle amministrative del 2009 ▶ 27% 73% 21 Consiglieri comunque la classe dirigente di un futuro neanche troppo lontano”. E citando il “caso Renzi” (il sindaco “rottamatore” di Firenze) Nicosia sottolinea come comunque si debba “prendere oggi da questa esperienza quello ci che potrebbe servire tra un paio di anni, quando avremo ruoli-chiave”. Si parla dunque tutti la stessa lingua, come emerge dall’attenzione per la città, dalla volontà di “contare” in consiglio comunale non per la gloria ma come presa di coscienza di un impegno istituzionale responsabile, dal bisogno di dialogare, dal “ Noi siamo la classe dirigente di un futuro non troppo lontano rifiuto delle contrapposizioni preconcette e dei pregiudizi, come precisa Giorgio Middione, capogruppo Pid in consiglio comunale, che proprio non ci sta a sentir dire che le decisioni vengono comandate dall’alto. “Siamo ben capaci di svolgere La loro percentuale in consiglio in termini di voti 9.923 voti 27% 9 Consiglieri il nostro compito – sottolinea – forse più di chi ci ha amministrato fino ad ora, pur pagando lo scotto dell’inesperienza, e un consiglio comunale competente come quello che sta oggi a Palazzo del Carmine non c’è mai stato”. E mette in guardia Middione contro i giudizi affrettati. “Vorremmo essere giudicati – sottolinea - alla scadenza dei cinque anni di mandato, sia la maggioranza sia l’opposizione”. “In questo anno e mezzo – dice Gianluca Bruzzaniti, capogruppo del movimento Diversi Insieme in consiglio comunale – nessuno mi ha mai detto cosa dovevo o non dovevo dire e fare, come credo non sia stato imposto niente agli altri consiglieri giovani. Certo è coerente seguire i programmi stilati dai partiti ma a decidere sui nostri interventi, sul voto in aula, siamo noi, che abbiamo sempre ragionato con la nostra testa. Non siamo marionette e se i nostri colleghi anziani o i politici locali tentano di insinuare questo dubbio è solo a fini strumentali, per rafforzare il loro potere. Credo invece che possiamo veramente dare un’impronta diversa a questo consiglio comunale a patto che ci uniamo, perché solo così potremmo avere più forza per portare avanti le nostre idee”. Li ha osservati per diciotto mesi dallo scranno più alto dell’aula consiliare Giuseppe Territo, ex presidente del consiglio comunale (il primo nella storia della municipalità nissena ad avere rimesso il proprio mandato nelle mani dell’assemblea) e il giudizio che formula su di loro è sincero. “Questi consiglieri giovani sono ragazzi in gamba, intelligenti, perspicaci, hanno a cuore le sorti della città e dal punto di vista amministrativo e istituzionale hanno svolto bene il loro compito però devono comprendere che il ruolo vero della politica non è solo l’approvazione di un atto amministrativo ma è anche lo svolgimento di precisi compiti politici destinati a risolvere i problemi della città in un impegno che deve vedere prevalere l’intero consiglio e non il singolo consigliere. La politica è l’arte di interpretare le necessità dei cittadini e trasformarle in atti amministrativi che diventano poi fatti concreti e questo può accadere solo se si uniscono le forze”. Pensa che i consiglieri nisseni “under 40” riusciranno davvero a dare nuovo impulso alla politica locale? “Hanno nelle loro mani il destino della città ma devono comprendere che la politica è un concetto alto, devono accettarne i valori, gli ideali, lo spirito di appartenenza ed avere la capacità di discernere tra atti puramente strumentali, che servono solo ad ostacolare il normale confronto dialettico che è cardine della democrazia, e lo scambio di pareri e giudizi nel confronto politico con l’amministrazione attiva, nel rispetto delle parti e, soprattutto, delle persone. Possono davvero cambiare pagina nella vita politica di questa città se seguono un percorso sano, senza farsi distrarre dal vero significato del loro ruolo da derive individualistiche e da per- sonalismi”. E punta il dito su alcuni comportamenti che rischiano di essere presi a modello dai consiglieri più giovani. Parola e concetto abusato quello della politica, che forse ha finito per perdere significato. O no? “L’importante – dice l’ex presidente del consiglio – è non perdere di vista che la politica deve essere innanzitutto servizio e non improvvisazione. E poi bisogna metterci dentro tutto ciò in cui si crede: io sono credente e cattolico praticante e cerco di essere coerente anche con le mie scelte politiche, tenendo fede ai principi di solidarietà e sussidiarietà, cercando di dominare l’individualismo per fare piuttosto emergere le motivazioni politiche che possono in realtà contribuire al soddisfacimento delle necessità non di un singolo ma dell’intera comunità”. Durissimo sul clima che regna oggi tra i consiglieri comunali (“Mancano veri rapporti umani e sociali e non solo è difficile dialogare ma addirittura essere se stessi”), Territo esorta invece i giovani consiglieri “under 40” a cercare con onestà la propria strada e a non avere paura di verificare le proprie potenzialità nel confronto franco con l’avversario politico, senza sentirsi unici depositari della verità. Giuseppe Territo 18 Febbraio www.ilfattonisseno.it Economia & Società SCONTI. Gli esercenti in forte difficoltà li anticipano contro le regole. Le associazioni di categoria: colpa dei centri commerciali Il commercio è in crisi e i saldi iniziano prima rappresentanza della grande distribuzione organizzata. “E’ vero che Federdistribuzione è all’interno di Confcommercio – chiarisce il presidente Guarino – ma è pur vero che il 99% dei nostri associati che dobbiamo tutelare è rappresentato da piccole imprese. “ di Leda Ingrassia C risi. La parola d’ordine per tutti i malfunzionamenti del nostro territorio. Da un po’ di tempo questo termine e la sua percezione incombono sulla vita di tutti, quasi asfissiandoci. Quale settore più di quello del commercio è l’emblema della crisi negli ultimi anni? Nessuno ovviamente. E’ la crisi infatti che spesso rende vano, o meglio un flop, l’inizio ufficiale dei saldi i primi di gennaio perché molti commercianti, “Le aziende – dice Lillo Randazzo, presidente di Confesercenti – non stanno più in piedi. Anticipare gli sconti è un mancato rispetto delle regole fatto per salvarsi e non fallire, non è un’idea imprenditoriale speculativa”. “Non possiamo che essere tolleranti – afferma Giovanni Guarino, presidente di Confcommercio – dato che dietro questa anticipazione quasi selvaggia c’è una vera e propria esigenza economica. La dizione “saldi” per me è ormai anacronistica nel “ Lillo Randazzo dovendo fare i conti con le fatture da pagare, anticipano quella data anche di un paio di mesi. Un costume ormai diffuso sul nostro territorio che le associazioni di categoria, Confcommercio e Confesercenti, separate alla nascita ma quasi gemelle nelle idee, non se la sentono di condannare. Lillo Randazzo: Nei centri commerciali i giovani dipendenti vengono sfruttati commercio moderno e si dovrebbe attuare una revisione semmai della legge sul commercio”. A dare una battuta d’arresto poi ai piccoli commercianti ci pensano i centri commerciali. “Siamo invasi da queste enormi strutture – dice Randazzo – Ogni giorno ne spunta una nuova. Dovremmo chiederci da dove vengono questi investimenti nel nostro territorio e verso cosa o dove stiamo correndo. A mio avviso il difetto viene dalla politica che dovrebbe essere una forma di mediazione tra poteri forti e deboli e che invece ha reso la nostra società squilibrata, a danno della piccola e media impresa, cuore pulsante della nostra economia”. “E’ assurdo – dice Guarino – che molti di questi grandi centri non fanno altro, anche architettonicamente, che riprodurre veri e propri centri città, quando invece quelli veri stanno morendo. E’ solo un modo per emulare la tradizione americana. La differenza tra l’America e noi, però, è che noi abbiamo un patrimonio artistico-culturale nei centri storici che loro non hanno e che sono costretti ad inventare in questi grandi magazzini. Da noi basterebbe valorizzare quello che già, per nostra fortuna, esiste”. “Non è vero poi – aggiunge Lillo Randazzo – che in tutti questi centri commerciali si risparmia e soprattutto occorre ricordare che lì tanti giovani sono sfruttati, costretti a non iscriversi a un sindacato e a non avere neanche contratti che rispettano quello nazionale di lavoro”. Confcommercio, però, tra i suoi associati comprende anche Federdistribuzione, organismo di coordinamento e di è questo è sotto gli occhi di tutti. Centri, peraltro, che spesso si fanno concorrenza a vicenda vivendo periodi di crisi alternativamente”. Le due associazioni poi condannano le aperture domenicali fatte dalla grande distribuzione che, a loro dire, danneggiano valori forti Giovanni Guarino Noi non siamo contro la grande distribuzione, ma contro il disequilibrio del sistema commerciale. Ci sono troppi grandi centri commerciali nel nostro territorio Giovanni Guarino: Oramai sono troppe le grandi strutture nel nostro territorio come l’unione familiare e la vita sociale, e che i piccoli commercianti, gestori di attività spesso a conduzione familiare, non riescono a fare per ovvi motivi. Criticata Febbraio anche la stessa modalità di nascita, quasi selvaggia, di queste strutture così imponenti. “Non esiste un piano commerciale urbanistico numerico nella nostra provincia – continua Guarino – che permetta un’analisi puntuale delle attività, delle superfici, che tenga in considerazione lo sviluppo economico e sociale del territorio e dove progettare nel dettaglio la nascita di questi centri”. “Negli anni – continua Randazzo – non si è fatto altro che dare spazio ai grandi potentati economici che hanno contribuito alla distruzione della piccola e media impresa, vittima di una burocrazia asfissiante”. “La colpa della situazione critica che si vive da noi – dice Guarino – è della cecità della politica nella gestione dello sviluppo economico. Non esistono indirizzi di sviluppo e si è dato vita a tante iniziative volte solo a svuotare il centro storico e con esso progressivamente a desertificare le città. Facciamo pure i centri commerciali ma facciamoli al centro della città, recuperando vecchi palazzi abbandonati e inutili”. “Occorre rilanciare e sostenere la piccola e media impresa locale – continua Lillo Randazzo – e per farlo sono necessarie nuove strategie di marketing territoriale e politiche sul credito, che permettano anche di abbattere i costi sempre più ingenti del lavoro”. “Bisogna ridare competitività al territorio, - conclude Guarino – e favorire la produttività”. “Forse – secondo il presidente di Confesercenti – non si tratta solo di sottosviluppo economico ma anche culturale della nostra provincia. Ci stiamo battendo anche per il riconoscimento del nostro territorio come zona franca che potrebbe davvero contribuire al decollo della provincia”. www.ilfattonisseno.it 19 L’ ESPERTO La sindrome da shopping? Una malattia ACQUISTI IN CALO. I commercianti tirano un bilancio sulle vendite Neppure le feste compiono il miracolo C he la situazione del commercio e dei suoi protagonisti non sia delle mi- Loredana Dellaira gliori a Caltanissetta è chiaro a vedersi. Ma sentirla direttamente dalle parole di chi la vive ogni giorno fa davvero riflettere. “L’unico aggettivo che mi sento di accoppiare a quello del commercio nella nostra città – dice Loredana Dell’Aira, del gruppo Expert - è <triste>, forse legato anche alla paura dei clienti circa le scarse risorse economiche a disposizione. Le vendite nel periodo delle feste quest’anno non sono state quelle a cui eravamo abituati”. “I saldi sono andati più o meno bene per chi li ha anticipati al periodo delle festività natalizie – dice Antonio Gruttadauria, presidente del centro commerciale naturale Centro Storico – Dopodichè, concluse le feste il fatturato ha ripreso livelli critici”. “Il periodo dei “ Dell’Aira: Meglio limitare il numero di attività saldi ormai non porta nulla di eccezionale – dichiara Salvatore Polizzi, presidente del centro commerciale naturale Palmintelli – e la gente aspetta il 50% o più prima di acquistare qualcosa”. “Ormai vendiamo il prezzo non il prodotto – aggiunge Loredana Dell’Aira – Sarebbe necessario poi limitare il numero di attività com- Salvatore Polizzi merciali in alcuni settori che in proporzione alla popolazione è diventato davvero eccessivo e si dovrebbe diffondere più ottimismo tra i nisseni”. “Diciamo che la nostra realtà di centro commerciale naturale, con gli eventi che abbiamo organizzato – continua Gruttadauria – ha tamponato in parte gli effetti negativi che la crisi economica porta con sé”. “Il sabato e la domenica però – dice Polizzi – la città si svuota all’assalto dei centri commerciali. “La grande distribuzione – sostiene Gruttadauria - che si espande ormai a dismisura danneggia tanti settori, come abbigliamento e agroalimentare. Si tratta di realtà frutto di un vuoto normativo sulla materia nel nostro territorio”. “Speriamo che il 2011 – conclude Polizzi – sia un anno “ Polizzi: I saldi non portano nulla di eccezionale migliore, di risalita, perché in queste condizioni non ce la possiamo fare”. L.I. I saldi sono un richiamo irresistibile per le vittime della ‘sindrome da shopping ‘. ‘’Un fenomeno in forte aumento nonostante i rincari, che miete vittime soprattutto fra le donne, quattro volte più colpite rispetto agli uomini dalla ‘mania per gli acquisti’. E rischia di scatenare crisi di ansia in occasione dei saldi’’. A descrivere questa forma di ‘’tossicodipendenza senza droga’’ e’ il neurologo Rosario Sorrentino, direttore dell’Ircap, traccia un identikit della paziente-tipo. ‘’Si tratta per lo più di trentenni o quarantenni, dotate di carta di credito, attente alle lusinghe della moda e particolarmente attratte da scarpe, borse e oggetti di profumeria’’. Ma in realtà tutto può catturare lo sguardo e accendere il desiderio di una ‘drogata degli acquisti’. ‘’Davanti alle vetrine sono colte da eccitazione, ma anche inquietudine e ansia, che si placano solo dopo che ci si e’ aggiudicato il momentaneo oggetto del desiderio. L’acquisto, infatti - dice il neurologo - libera dopamina nel cervello dei maniaci dello shopping, regalando un senso di soddisfazione e un piacere intenso, ma effimero’’. Così’ si torna a casa con un oggetto in più, ‘’in genere inutile, che viene accumulato negli armadi. Una schiavitù che alla lunga scatena sensi di colpa. I ‘drogati’ dello shopping non resistono all’eccitazione di sfoderare la carta di credito. “Il ‘brivido’ nel passare alla cassa - spiega Sorrentino - è lo stesso che prova il cleptomane nell’uscire dal negozio senza aver pagato”. 20 Febbraio www.ilfattonisseno.it Storia & Cultura LA RICORRENZA. Un secolo fa moriva l’artista campano reso celebre dalle sue magnifiche sculture Francesco Biangardi, il “papà delle vare” di Alessandro Maria Barrafranca C ento anni fa moriva a Caltanissetta Francesco Biangardi uno dei più apprezzati scultori che la nostra città abbia mai accolto e nella quale lo sta unione nel 1861 nacque Vincenzo. Nel 1864 dopo un incontro a Na- Sopra un particolare della “Prima Caduta” del 1886. A fianco la Madonna dei Miracoli di Mussomeli FOTO di A. Barrafranca stesso lasciò, insieme al figlio Vincenzo, i “graffi” della sua ineguagliabile arte. Poco, in verità, ancora oggiAggiungi un appuntamento per oggi, a distanza di un secolo, conosciamo sulla sua vita ma molto delle sue doti scultoree legate soprattutto alla plasmazione dei sacri misteri, le “Vare”, che i ceti artigiani della città conducono processionalmente in corteo la sera del Giovedì Santo. Francesco nacque a Napoli il 23 febbraio 1832 da Vincenzo Bingardi e Carolina Tugno. Suo padre noto intagliatore, (impegnato anche presso la corte di Napoli) lo indirizzò, sin dalla fanciullezza, a muovere i primi passi nell’arte. Trascorsi alcuni anni il giovane scultore si recò a Roma presso l’Accademia d’Arte per affinare le sue tecniche. Fatto ritorno nella città natale e avviata una rinomata bottega, che gli permise di imporsi fra i più rinomati scultori, si sposò con una vedova, di cui sconosciamo il nome la quale gli portò un figlio, nato dal precedente matrimonio, di nome Fortunato. Morta la prima moglie, Francesco si risposò, probabilmente nel 1860, in seconde nozze con una sua compaesana di nome Giovanna Allegra, da que- poli con Don Camillo Palermo priore della Congrega del Preziosissimo Sangue dell’arcipretura di San Girolamo si trasferisce insieme alla moglie Giovanna, il primogenito Vincenzo e il figliastro Fortunato a Cittanova. Stabilitosi nella località calabrese “Don Ciccio”, così come era simpaticamente chiamato, mise su un’avviata bottega familiarizzando con i migliori falegnami del tempo. Nella detta città lo scultore risedette nove anni, ebbe ben sei figli e fu ampiamente impegnato nella produzione di 11 gruppi scultorei, “Varette” raffiguranti la passione e morte di Cristo, che annualmente sono condotte in processione la sera del Venerdì Santo. Nel 1873, dopo aver ultimato il rifacimento del simulacro della Madonna della Pace, riceve da padre Alaimo dell’ordine dei Predicatori e intimo amico dello scultore sin dai tempi in cui questi si trovava a Napoli, l’incarico di scolpire la Madonna del Carmelo per la chiesa del Carmine di Mussomeli. Fatti dunque i bagagli si trasferì nella piccola località dell’entroterra siciliano dove, insieme al figlio Vincenzo e al figliastro Fortunato mise su una bottega presso la chiesa dell’Opera Santa da tempo chiusa al culto, scolpendo, fra le altre opere, la Madonna dei Miracoli, verso cui, in tutto il Vallone, si serba una profonda venerazione. Dal 1882 iniziò a lavorare, in- sieme al figlio Vincenzo, all’allestimento dei gruppi sacri della Pasqua Nissena ai quali, nonostante la povertà dei materiali utilizzati per renderli meno pesanti al trasporto, seppe dare quell’indiscussa bellezza. Accresciutasi, pertanto, le commesse che giungevano da Caltanissetta, decise, sotto invito di amici più intimi fra i quali padre Alfonso Palermo rettore della chiesa di San Sebastiano, di trasferirsi definitivamente nel capoluogo, così che, raccolti i pochi arnesi da lavoro lasciò per sempre Mussomeli il 18 agosto 1886 impiantando le tende a Caltanissetta. Nel capoluogo resse per anni la cattedra di plastica dell’Istituto Provinciale di Beneficenza Umberto I, dove oltre a portare a termine la scultura delle Vare, si dedicò ad avviare all’arte nu m e r o s i giovani promettenti fra cui ricordiamo i nisseni, Giacomo Scarantino, il sancataldese Giuseppe Emma e il mussomelese Salvatore Cardinale. Il 23 settembre del 1890 moriva, appena trentenne, il figlio Vincenzo, probabilmente per sifilide o delitto d’ onore. Rimasto intanto il solo Francesco nell’esecuzione delle opere, in esse non si palesò più quell’armonia di forme e colori che solo la giovane mano di Vincenzo riusciva ad imprimere. Il 21 febbraio del 1911 si concludeva anche l’esistenza terrena del “papà delle Vare” ma Caltanissetta non lo ha mai dimenticato, e il suo nome continua a risuonare, affiancato a quello dello sfortunato figlio Vincenzo, annualmente in occasione della Settimana Santa nissena. Febbraio www.ilfattonisseno.it 21 Teatro L’INCONTRO CON LUCIA SARDO. Il suo “Immensamadre” di recente in città “Io, donna siciliana metafora di una terra” di Laura Bonasera L a schiettezza e l’audacia del quadro di Gustave Courbet, “L’origine du Monde”. La prima scena di “Immensamadre” rimanda ad una genesi. Senza scandalo o clamore, però. E’ una parabola antica, ancestrale. Dal parto alla crocifissione di un figlio, una madre rinasce e muore. Una donna ama. E denuncia, anche. Vita e lutto insieme, la donna. Metafora di una terra che si ribella. E grida “No” alla mafia. Una produzione della Compagnia dell’Arpa, approdata al teatro Regina Margherita, che dopo il successo siciliano, sta tentando di sbarcare oltre i confini nazionali. Protagonista Lucia Sardo, fotografata nel manifesto da Carlos Freire, affiancata da una brillante Elisa Di Dio che ha anche curato, insieme a Filippa Ilardo, la drammaturgia con testi da Ril- ke, Levi, Buttitta, Bufalino, Esiodo e Testori, e Patrizia Fazzi. Una tragedia greca, firmata dal regista Sebastiano Gesù, che mette in scena oltre ad un coro di giovanissime promesse, anche i lamentatori di Assoro e le musiche popolari ricercate nel passato da “ La mafia non si sconfigge con i fucili ma con la cultura Giuseppe Di Bella. Due monologhi, due donne. Struggenti e viscerali. Il dolore esasperato della madre di Salvatore Carnevale, tratto dal testo di Carlo Levi “Le parole sono pietre”, interpretato dall’attrice Elisa Di Dio e il monologo della madre di Peppino Impastato, scritto e interpretato dall’attrice, Lucia Sardo. Scalza, lei. Di nero vestita. Porta addosso il peso di una piaga. La mafia. Lì, sulla schiena. La curva, la sottomette. Ma lei scalpita, si muove ossessiva alla ricerca di una liberazione. Chi è l’“Immensamadre” per Lucia Sardo? - “E’ la mamma di Peppino Impastato, Felicia. E’ una sorta di sopravvissuta. L’ho interpretata nel film “Cento Passi” di Marco Tullio Giordana. Ma prima del film non ho voluto incontrarla. Avevo paura di scimmiottarla. Ho preferito lavorare da attrice per conoscere in me il genuino nucleo del dolore. Significa entrare in una sorta di vibrazione immensa. Non è facile perché ad un certo punto il corpo non sa se è vera. Il corpo di un attore subisce stress incredibili. Questo è un mestiere che può essere anche pericoloso per chi non conosce il percorso del ritorno alla realtà”. Quando hai conosciuto Felicia Bartolotta Impastato? - “L’ho vista a Cinisi dopo il film e la mia vita è rimasta segnata. Non era più una madre addolorata ma una sacerdotessa che accoglieva i ragazzi e spiegava loro la vita. Testa alta e schiena dritta – diceva – Guardate sempre dritto negli occhi. La mafia non si sconfigge con i fucili ma con la cultura”. Lucia Sardo, madre… - “Ho un figlio di 19 anni, Gioacchino. E’ nato in teatro, praticamente. L’ultimo spettacolo lo feci che ero incinta di 7 mesi e il successivo quando era nato da 20 giorni. Ha fatto già un ruolo in una fiction con Roul Bova. Ma oggi deve fare una scelta, come tanti giovani aspiranti attori. O l’impiegato Rai o l’artista. Se vuole fare l’artista deve studiare andando via dall’Italia. Qui gli attori vivono di emergenze: o mangi o studi. Da 30 anni giro l’Europa. E ho visto come in altri stati l’attore può permettersi il “lusso” di studiare perché è sostenuto dallo stato anche quando non lavora- no. Gli pagano la disoccupazione”. La mafia? - “La mafia è diventata ormai un sistema planetario legato solamente a Pil di emozioni, corpi e oggetti. Tutto ha un valore commerciale. Per questo, anche l’arte è diventata commercio. E quella più autentica spesso non si vende. Ecco perché consiglio di andar via. E’ vero: “cu nesci arrinesci” . E’ brutto da dire ma è così. Qui non si riesce a far circuitare nemmeno uno spettacolo. Gli allievi della mia scuola lo sanno bene. “Le Troiane”, uno spettacolo che abbiamo allestito sul tema delle donne violate non riesce ad andare in scena. Interessa altro. Perché si vende altro”. Sopra Lucia Sardo impegnata in una scena della sua opera, in questi mesi in giro per l’Italia. Sotto Lucia mentre risponde alle nostre domande. A fianco Marzia Ciulla allieva nissena dell’attrice. In basso a sinistra Felicia Bartolotta la madre-coraggio di Peppino Impastato, il giovane massacrato dalla mafia a Cinisi nel 1978. 22 Febbraio www.ilfattonisseno.it Fatti & Dintorni REPORTAGE. Un osservatorio astronomico, un planetario, un complesso termale, un museo della zolfara, due piscine, un cine-teatro e tre musei etno-antropologici . Il tutto a disposizione di una popolazione di soli 1.600 abitanti Welcome to... Montedoro, il paese dove non manca nulla di Erika Diliberto T ra i 22 paesi della provincia nissena ve n’è uno in particolare che appartiene ai comuni del Vallone: Montedoro. In un passato assai remoto la località venne abitata dai Sicani e poi dai Siculi. Fondato grazie ad una “licenza populandi” ottenuta dal principe Don Diego Tagliavia Aragona Cortez nel lontano 1635, il Comune di Montedoro, che oggi conta un popolazione di soli circa 1600 abitanti oltre alle bellezze del luogo, alla sua ricca storia, alle sue antiche tradizioni alla sua arte culinaria, si diversifica da tutti gli altri Comuni per la presenza sul suo territorio di strutture di varia natura importanti e più che imponenti. Il piccolo comune nisseno può vantare nientemeno che un osservatorio astronomico, un planetario, un grande complesso termale e un importante museo della zolfara oltre che a ben due piscine di cui una semi-olimpionica, di un cine-teatro della capienza di 300 posti a sedere, tre musei etno-antropologici o qual si voglia della “civiltà contadina” ed una capacità ricettiva fra alberghi e case vacanze di ben 120 posti letto. Le tre case museo della civiltà contadina: due in via Rapisardi, un’altra sita in via Nuova vennero acquistate e restaurate dal comune per poi divenire musei; al loro interno vi si troviamo attrezzature e utensili vari della tipica casa contadina dell’epoca. Da “lu cufilaru”, (cucina a legna), a “li cuppina” (mestoli), a “lu scula- pasta” (scolapasta), ai tavoli, le sedie, “li trispa” (sostegni in ferro per letto) ma anche attrezzi da lavoro quali l’aratro a mano, “lu furcuni”, ecc. Caratteristica è “l’arcova”, parte della casa con il tetto a volta e la “stadda” adiacente alla casa con la mangiatoia per gli animali. Numeri importanti questi dunque per un piccolo Comune del Vallone, che negli anni ha investito perché si realizzasse un sogno ovvero la crescita e lo sviluppo economico del luogo. Nonostante gli sforzi dell’Amministrazione e del Sindaco per riscattare il paese, molti 1975 nel territorio di Montedoro, sono state infatti lavorate diverse miniere di zolfo come quelle di Nadurello, Stazzone Sociale, Grottazze e Gibellini. Dal 1957 al 1980 nelle vicinanze di Montedoro vi è stata anche la lavorazione di sali potassici. Le alterne fasi del mercato dello zolfo nel 1896 hanno danneggiato irreparabilmente l’economia locale ed hanno dato inizio a correnti di emigrazione verso gli Stati Uniti d’America e dal 1946 verso i paesi Nelle foto alcune tra le attrazioni del paesino. A sinistra l’Osservatorio astronomico, sopra il Museo delle Zolfare. In altro a destra il sindaco della cittadina Federico Messana. di questi progetti purtroppo non ne vogliono sapere di decollare. Da quel lontano 1635, quando il principe Don Diego Tagliavia fondò Montedoro nel feudo “Balatazza”, per circa due secoli il paese ha fondato la propria economia sul duro lavoro delle miniere. Dal 1815 al europei e le città industriali dell’Italia settentrionale. Oggi il paese ha un’economia in prevalenza agricola e terziaria, e come tanti altri comuni del Vallone rischia di scomparire o di divenire un “dormitorio per anziani”, nell’arco di una ventina d’anni. Il sindaco Messana “Punto di riferimento per l’intero Vallone” Chi meglio del primo cittadino di Montedoro Federico Messana può rac- nerario, abbiamo cercato di valorizzare al meglio le testimonianze della storia “ contarci dei sogni e della voglia di riscatto di questo piccolo comune del Vallone. “Negli ultimi anni la mia amministrazione ha voluto investire sul nostro territorio. Abbiamo costruito affinché potesse essere data a Montedoro una prospettiva. La creazione dell’ osservatorio astronomico sul Monte Ottavio, nel punto chiamato “Pupiddru” e oggi del Planetario, unico nel panorama siciliano, sta a significare quanta importanza abbiamo voluto dare alle potenzialità turistiche che oggi è in grado di offrire il paese. Tali strutture non possono essere replicate con facilità da altri comuni per cui potranno costituire un vero e proprio punto di riferimento all’interno della cosiddetta zona del vallone. Le altre strutture presenti a Montedoro sono complementari a queste e si prefiggono il medesimo obiettivo ovvero evitare la dispersione dei beni culturali e in secondo luogo suscitare l’interesse esterno. Con il complesso mi- Siamo unici. Le nostre strutture non possono essere replicabili dello zolfo che conserviamo nel nostro territorio. Abbiamo inoltre realizzato un museo della zolfara che credo sia unico non solo nella provincia ma in tutta la Sicilia”. Il primo cittadino di Montedoro ha voluto inoltre rendere chiara la questione legata al grande complesso termale, ancora oggi non funzionante: “Questa struttura venne realizzata negli anni 90 ed è stata finanziata inizialmente dal Ministero degli interventi straordinari nel Mezzogiorno. Lo scopo era quello di realizzare nel centro Sicilia un impianto termale perché qui a Montedoro abbiamo delle acque sulfuree che hanno notevoli qualità curative. Non siamo però riusciti a completare l’opera perché quando abbiamo avuto il finanziamento, le cure termali erano a carico dello Stato e avrebbero dovuto esser coperte dalla mutua, ma in corso d’opera la legge fu cambiata e oggi le cure termali non sono più mutuabili Abbiamo pensato allora di riconvertire l’opera e di farne una struttura sanitaria indicendo una gara pubblica”. E.D. F Febbraio ocus & lettori www.ilfattonisseno.it [email protected] PAROLA AI CITTADINI. Stranieri, dinanzi il “Sant’Elia”, chiedono in maniera assillante la carità Quelle “prepotenze” nel parcheggio Una questione relativamente recente, quella della pacifica integrazione tra i nisseni e gli ospiti provenienti da paesi dove incombono guerre e carestie, una integrazione spesso non semplice e facilmente gestibile, come at- singano la nostra redazione, perché i nisseni ci ritengono capaci di dar voce ai problemi della città, dall’altro lato ci investono della responsabilità di palesare i problemi a chi dovrebbe aver cura di trovare delle soluzioni. Una que- Una visione del parcheggio dell’ospedale “Sant’Elia”. testano le decine di segnalazioni pervenute alla nostra redazione a distanza di appena un mese dalla prima apparizione de “Il Fatto Nisseno”. Se tali segnalazioni lu- stione delicata dicevamo, perché riguarda gli atteggiamenti di alcuni ragazzi extracomunitari, giovani meno fortunati dei nostri concittadini, che si trovano in Lettere ai Tafano città per sfuggire da paesi dove il solo risvegliarsi al mattino è una costante incognita. Decine sono infatti i giovani nord a fricani che ogni giorno stazionano nel parcheggio dell’Ospedale Sant’Elia chiedendo talvolta con fare delinquenziale anche un solo euro ad ogni passante, divenendo insistenti in caso si tratti di donne o anziani. L’eventuale diniego, viene accettato non di buon grado, dato che le segnalazioni, parlano di ragazzi che non si spostano dalla traiettoria delle auto in moto sin quando non gli viene riconosciuta l’offerta, o che spezzano i tergicristalli a mo di intimidazione, o ancora graffiano le auto. Sono sempre le donne, ad essere rite- nute il principale bersaglio della insistente richiesta di offerta. Ad aggravare la situazione il fatto che tali episodi avvengano anche durante le ore serali, quando la condizione fisica e mentale di chi si reca in un ospedale a trovare i propri cari che stanno male o per lavoro è già difficile. I cittadini chiedono pertanto una maggiore attenzione delle forze dell’ordine nella zona. Le diverse segnalazioni le giriamo agli organi competenti promettendo di approfondire l’argomento. Redazione IFN Fai la tua domanda ai tafano! Visita C www.tafanobroders.it Sono Silvio, come posso conquistare una donna? arissimi ed estimatissimi Tafano, mi chiamo Silvio abito vicino Milano e nonostante abbia superato la settantina ho un aspetto fresco e giovanile. Qui mi occupo un po di tutto, insomma quello che capita.... anche se la mia vera passione è quella per il mondo dello spettacolo.... ho una particolare predisposizione alla comicità. Recentemente mi sono fidanzato. Sono sicuro di avere finalmente trovato l’amore della mia vita. Mi sento rinascere quando sto con lei, anche perchè è molto più giovane, e questo mi da slancio ed entusiasmo (anche con l’aiuto di un po’ di viagra). I miei amichetti, Emilio e Lele mi prendono in giro per questa mia cotta.... ma loro non capiscono... per loro la donna serve solo per fare “bunga bunga” e basta! Quello che vi chiedo è: come posso far colpo sulla mia fidanzatina per il giorno di San Valentino? Cordialità e prosperità. Silvio 23 Caro Silvio. Trovare una ragazza giovane (che magari te la da pure) è già un miracolo. Visto la differenza di età ti possiamo consigliare un regalo che sicuramente le piacerà: prenota un tavolo per due presso il Mac Donald e ordina 2 Happy meal. Nel suo falle trovare la villa di Arcore di Barbie. Ah dimenticavamo.... metti anche una busta con almeno 30.000 euro. Di questi tempi sono sempre graditi. Tuoi sempre affezionati Tafano Broders. 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