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La mia vita: servire lo Stato

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La mia vita: servire lo Stato
RESS
FREE P
Mensile di approfondimento
Febbraio
Anno I Num. 1 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL
Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Testata in attesa di registrazione presso il Tribunale di Caltanissetta
POLITICA
TENDENZE
La ricetta
di Sergio Iacona
per uscire dalla crisi
La moda dei tatoo
ha conquistato
Caltanissetta
di A. Vizzini
di R. Li Vecchi
a pagina 5
INDUSTRIA E SVILUPPO
Alfonso Cicero
difende l’Asi
dagli attacchi
a pagina 14
La mia
vita:
servire
lo Stato
alle pagine 6 e 7
PORTAFOGLIO
Anche i saldi
non compiono
il miracolo
Ingrassia
alle pagine 18 e 19
L’INCHIESTA
Minerario,
il museo
incompiuto
Benanti
alle pagine 8 e 9
GIOVANI E POLITICA
L’impazienza
dei baby
consiglieri
Li Vecchi
alle pagine 16 e 17
STORIA & CULTURA
Biangardi,
il “padre”
delle Vare
Barrafranca
a pagina 20
Un uomo
della Squadra Mobile
si racconta di Leda Ingrassia
P
er la prima volta un “cacciatore di criminali”
si racconta e
racconta ad un
giornale il suo mestiere.
“Il Fatto Nisseno” ha in-
contrato Enrico (nome di
fantasia), l’uomo posto a
capo di una squadra della
Mobile che si occupa di
combattere la criminalità
organizzata. Il poliziotto
parla delle difficoltà quo-
tidiane della sua professione, dei rischi ma anche e
soprattutto delle soddisfazioni. Di cosa si cela dietro ad un blitz, delle emozioni e del rispetto umano
che viene concesso anche
ai criminali. Un racconto a
360 gradi: una “confessione” di un uomo delle Istituzioni, e che ogni giorno
combatte il crimine.
scrivi alla redazione: [email protected]
continua a pagina 12
www.ilfattonisseno.it
Via Filippo Paladini, 172 - Caltanissetta
2
Febbraio
www.ilfattonisseno.it
IL DOPO TERRITO. Si fa sempre di più il nome di Leyla Montagnino
L’ editoriale della Redazione
Lo sbarco sul web
Il Fatto Nisseno
è on line
G
iovani sì, ma
pure pieni di
ambizione.
Siano nati da
un mese e siamo pronti,
dopo avere regalato un
giornale ad una città,
ad offrire agli stessi cittadini, un nuovo strumento
per informarsi: in contemporanea con questo
numero de “Il Fatto Nisseno”, emette i primi vagiti
“www.ilfattonisseno.it”.
Il vero quotidiano online
che cercherà di raccontare la città attraverso le
notizie. Una ricca pagina
web divisa per sezioni: la
cronaca, la politica, il costume, la società, lo sport.
Un ricco contenitore colmo quotidianamento di
news. D’altronde internet
oramai è diventato uno
strumento necessario ed
essenziale attraverso cui
nel mondo milioni di uomini e donne apprendono
le più disparate notizie,
acquisiscono ogni genere
di informazione. Collegandosi al www.ilfatto-
nisseno.it, ognuno, nel tinello di casa, nel proprio
studio o nella camera da
letto, potrà comodamente leggere le notizie della
propria città. Gratuitamente. Così come lo
strumento è diretto ai tanti nisseni
sparsi per il globo.
Sarà un modo, ma
anche l’occasione,
per accorciare le
distanze, per creare un ponte saldo
tra chi vive altrove e la città
di appartenenza. Il sito verrà potenziato attraverso una sezione
multimediale: una ricca
fotogallery ed una interessante videogallery arricchiranno l’offerta. E come
sempre, fedeli all’ambizione di raccontare la città e la sua società civile,
verrà data la possibilità
di partecipare a forum o
di commentare le notizie più importanti. E per
chi avesse perso l’ultima
edizione del mensile, sul
portale sarà facile leggere
il giornale e sfogliarlo. O
persino scaricarlo e conservarlo sul proprio computer. La comunicazione
è oramai salita sul treno
della tecnologia, e su quei
binari anche noi vogliamo portare il contributo di viaggiatori attenti e
appassionati alle vicende
della nostra città.
Presidenza del consiglio,
anche una donna in pole
di Salvatore Mingoia
A Palazzo del Carmine,
dopo le dimissioni formalizzate dal presidente del
consiglio comunale Giuseppe Territo è partita la
stagione della caccia al successore che sarà chiamato
ad occupare la seconda più
ambita poltrona del Comune. I gruppi consiliari
della nuova maggioranza,
il Movimento Diversi Insieme, Udc verso il Partito
della Nazione, Mpa, Gruppo Misto, Partito Democratico e Pdl Sicilia sono
chiamati adesso a fare
quadrato per condividere
il nominativo del nuovo
presidente del consiglio. La
strada non è per niente agevole anche perché in corsa
per la presidenza del consiglio ci sarebbero più di tre
consiglieri: Alfredo Fiaccabrino, Angelo Scalia e Antonio Favata che pur facendo parte del gruppo misto
con tre consiglieri dice
di avere le carte in regola
per aspirare alla poltrona
“
Territo:
I fatti
politici
hanno
consumato
l’Istituzione
della presidenza. A rigore
di stretta logica politica il
nominativo della presiden-
za spetterebbe al gruppo
di maggioranza relativa,
il Partito Democratico,
che potrebbe mandare in
corsa il consigliere Angelo
Scalia, ma non è assolutamente esclusa dalla corsa
anche il consigliere
Leyla Montagnino.
E questa sarebbe una
dente per il consigliere del
Pdl Sicilia Alfredo Fiaccabrino che nella trascorsa
legislatura ha affiancato in
qualità di vice, il presidente
del consiglio Paolo Iannello. Adesso il consiglio con
la sedia
della presidenza
rimasta
vuota dovrà essere
convocato in breve tempo
presidente uscente e presieduta dal consigliere più
anziano per voti, Calogero
Rinaldi. Prima di lasciare
la carica Giuseppe Territo
ha voluto togliersi qualche
sassolino dalle scarpe lanciando un monito ai colleghi del PDL con “ un invito
a fare un’attenta e coscienziosa valutazione di ordine
politico sui comportamenti assunti in questi mesi di
consiliatura ed anche nella vicenda che lo ha visto
protagonista solitario. La
cosa certa – ha detto Territo prima di
lascia-
?
novità in senso
assoluto nella
storia del consiglio comunale
Leyla Montagnino
Alfredo Fiaccabrino
Antonio Favata
Angelo Scalia
di Palazzo del Carmine dove nessun
consigliere donna ha
mai rivestito la carica
di presidente. Sarebbe anche un momento di
discontinuità politica con
un taglio alle logiche del
passato. Nessun mistero a
rivestire la carica di presi-
per evitare la paralisi amministrativa.
C’è
la
necessità
di individuare in
fretta il nuovo soggetto incaricato di dirigere i lavori
del consiglio. La seduta per
la elezione del nuovo presidente sarà convocata dal
re - è che i fatti di “natura
politica“ hanno certamente consumato lo strumento
dell’ Istituzione. La carenza
di un confronto politico
sui temi della Città, basato
principalmente sul rispetto
della persona, e delle regole, hanno dato vita ad una
serie di “incomprensioni”
che sono andate fuori dalla
normale dialettica politica”.
Free Press
Direzione Editoriale
Michele Spena
[email protected]
Collaborazioni:
Marco Benanti
Laura Bonasera
Salvatore Caramanna
Erika Diliberto
Salvatore Falzone
Leda Ingrassia
Rosamaria Li Vecchi
Salvatore Mingoia
Martina Nigrelli
Jonny e Tony Tafano
,PSDJLQD]LRQHHJUD¿FD
Claudia Di Dino
&RQVXOHQ]DJUD¿FD
AlterErgo studio
Redazione
Viale della Regione, 6
Caltanissetta
[email protected]
Tel/Fax: 0934 - 594864
info pubblicità:
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Febbraio
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3
di Salvatore Falzone
SITUAZIONE CONFUSA. La macchina amministrativa si è fermata, ma nessuno si assume le proprie responsabilità
“Basta con i professionisti degli affari loro”
P
oliticamente parlando, il “fatto nisseno” di queste settimane si chiama confusione.
Diciamoci la verità: non si
capisce più niente. Chi l’avrebbe mai
detto che la macchina si sarebbe fermata nel bel mezzo della strada e in
meno di due anni? I maliziosi fanno
notare che la stessa sorte è capitata
anche alla vicina San Cataldo (il meccanico è lo stesso), dove il sindaco ha
perso la maggioranza e ormai naviga
a vista in un mare in tempesta. Con la
differenza che almeno Campisi è riuscito a fare il rimpasto degli assessori.
Ma restiamo dentro i confini della “fedelissima capovalle”.
Seguire la cronaca politica cittadina
di queste settimane – all’indomani del
tifone giudiziario che si è abbattuto
su Palazzo del Carmine - è desolante: attacchi, fughe in avanti e indietro,
colpi di scena, pugnalate e tradimenti,
interessi di singoli, di parte e trasversali, oscure manovre. Un puzzle senza senso. Su cui grava una sensazione
da resa dei conti, da fine del mondo
o forse di un mondo (la ciliegina sulla torta si chiama Di Vincenzo, le cui
dichiarazioni stanno facendo tremare
i vetri, come quando un TIR passa per
strada). Sensazione di attesa di tutto e
di nulla, aria di catastrofe, occhi vigili,
spettri, attenzione ai passi falsi, ai colpi bassi, paura, retorica di un coraggio che non esiste, retorica di un bene
comune che è un’entità astratta, mo-
deratissime analisi giornalistiche che
non servono a niente, poche stecche
nel coro, solo pensieri unici imposti
dall’alto. E pedine, quante pedine, un
esercito di burattini esposti a un’incomprensibile battaglia, soldati e soldatini pronti a tutto, intrighi e pulitura di coltelli, regie più o meno occulte,
ricatti e miserie, minacce alla stampa
che prova a essere libera, vecchie volpi
e nuovi terminator…
Avete capito qualcosa? No, appunto,
non si capisce niente. Così Caltanissetta partecipa a suo modo al Bunga
bunga che sta travolgendo il Belpaese
(non vi scandalizzate: leggevo l’altro
giorno che il nome-tormentone delle
feste a base di sesso patrocinate ad
Arcore da Berlusconi può adattarsi
alle circostanze più svariate e
non solo a quelle più piccanti…).
Che altro dire? Niente. Sotto
un cielo così fosco, è inutile
blaterare di etica, di valori
morali, di responsabilità
istituzionale e compagnia
bella. Ciò che comunque impressiona di
questa rocambolesca suburra politica è
soprattutto l’assenza di
spessore culturale dei pers o naggi, più
o meno
onorevoli, che la abitano. La loro sfacciataggine non finisce mai di sorprendere. Invece di dire: scusate, togliamo
il disturbo; dicono: va tutto bene, andiamo avanti, tiriamo finché possiamo.
Insomma, finché la barca va lasciala
andare. E certo il problema è generale
e di fondo. Il problema è l’attuale sistema politico. Marcio al suo interno. E
al bar la “gente” dice: “mah!”.
“Mah” che cosa? Non li sceglie lo Spirito Santo i rappresentanti del popolo.
Una cosa sola la “gente” dovrebbe fare:
mandarli tutti a casa, questi “professionisti degli
affari loro” preoccupati solo di restare
in sella o di salirci alla prima occasione utile. Ma si dice così per dire. Tanto
si sa che poi, morto un Papa se ne fa
sempre un altro. Qualunquismo? Può
essere. Ma all’inizio di questo 2011
la vecchia Nissa, la Piccola Atene dei
tempi che furono, è davvero una città
“lontana e sola”.
E’ questo il “fatto nisseno” di oggi. E
non è un bel fatto.
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Febbraio
Febbraio
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Fatti & Politica
SERGIO IACONA. Il consigliere detta la ricetta per il bene della città
“Per Caltanissetta sogno
il governo degli ottimi”
di Alessandro Vizzini
“Le cause della crisi che sta travolgendo il comune di Caltanissetta sono innanzitutto politiche”.
Dice così Sergio Iacona, avvocato
penalista, consigliere comunale
indipendente, da poco approdato
al gruppo misto. “Del resto - continua - già da tempo il sindaco
Campisi aveva annunciato un
rimpasto e
una modifica del programma.
L’operazione redde rationem viene dopo, ed è chiaro che ha sconvolto i piani imprimendo un’accelerazione a questo processo. Così
il primo cittadino ha lavorato
cercando di allontanare lo spettro
dello scioglimento del consiglio
comunale per mafia”.
Avvocato, qual è il suo giudizio
sull’attuale amministrazione?
“Mi sono candidato sostenendo un
progetto
a lter nativo rispetto alle
proposte di
Campisi. Ma la politica non tollera vuoti, ha bisogno di pragmaticità e va adeguata alle esigenze del
momento. Così in queste settimane ho cercato di agire con responsabilità. Del resto è noto che il
mio retroterra politico-culturale
è sempre stato quello del centrodestra. Mi definisco un conservatore”.
Allora sta con Campisi?
“Sto all’opposizione. Un’opposizione costruttiva e non aprioristica.
E non vorrei che si dimenticasse
“
Nel dibattito
politico
è stato
superato
il livello
di guardia
che stavo all’opposizione
anche ai tempi della giunta Messana”.
Vuole dire che se le
cose vanno male non è
solo colpa dell’attuale
sindaco?
“È innegabile che la
giunta Messana abbia
lasciato la città in ginocchio. Campisi ha
trovato un clima ostile. E molte delle attuali
emergenze sono state
create ad arte al fine di
ostacolarne il cammino.
Sergio Iacona
Su Caltanissetta
l’’stantanea
impietosa
scattata
dall’avvocato
Il sindaco si trova a gestire il punto
più basso di una parabola discendente iniziata diversi anni fa. Con
questo però non voglio dire che
il bilancio di questa amministrazione sia soddisfacente. Tutt’altro.
Sino ad oggi sono mancate le idee
forti per il rilancio di Caltanissetta. A ciò si aggiunga che i toni dello scontro politico sono infuocati.
E questo non è certo un bene per
la nostra città”.
Cioè?
“Nel dibattito politico la polemica
è normale, ma stavolta abbiamo
superato il livello di guardia. Proprio per questo, cercherò di lavorare per smorzare una situazione
tanto pesante. Soprattutto perché
l’obiettivo è quello di risolvere le
emergenze sociali di Caltanissetta. Credo che soffiare sul fuoco
sia controproducente. Probabilmente qualcuno spera di trarre
vantaggio da una situazione del
genere”.
È vero che durante le consultazioni ha trattato con Campisi?
“Abbiamo avuto due incontri.
Ho parlato solo di programmi,
nell’interesse della città. Sia chiaro: non ho mai chiesto alcuna
ricompensa, né trattato alcuna
poltrona”.
Le è stata offerta?
“No. In ogni caso non avrei accettato. Soprattutto per una questione di coerenza. Il fatto che io
abbia votato il bilancio e che abbia
aperto una linea di credito verso
l’amministrazione Campisi, non
significa che io abbracci il progetto politico del Pdl o che abbia
firmato una cambiale in bianco
nei confronti di questa amministrazione”.
Ma lei non ha sempre criticato il
metodo dell’on. Pagano?
“Infatti non faccio parte del Pdl,
quindi la gestione di quel partito
non è affare che mi riguarda. In
ogni caso mi pare di vedere grande faziosità da tutte le parti. Tuttavia, sono disposto a confrontarmi
con tutti per il bene di Caltanissetta. Anche perché una buona
amministrazione comunale non
ha colore politico”.
Come vede il futuro di Caltanissetta?
“Chi fa politica ha il dovere di
essere ottimista. E io, per natura, lo sono poco. Caltanissetta è
in discesa da troppi anni. Dopo
la chiusura delle miniere non si
è riusciti a trovare una vocazione economica per questa città. E
per di più abbiamo perso molte
occasioni importanti: prima fra
tutte l’università. L’unica speranza
è quella di una nuova unione di
forze. Anche di persone ideologi-
“
Anche se
ho votato
il bilancio
rimango
all’opposizione
camente distanti. Ma tutte unite
nell’interesse della nostra terra.
Una sorta di governo degli ottimi,
che sappia portare avanti una politica ricettiva, non egoista e con
meno personalismi”.
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Febbraio
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Sviluppo
POLEMICA ASI. Il commissario straordinario svela fatti e responsabili
dello sfacelo delle due zone industriali di Caltanissetta e San Cataldo
Cicero accusa
“Certi imprenditori
tentano di intimidirmi”
Il numero uno del Consorzio
rivendica il suo impegno
a favore della legalità e sbotta:
“Nonostante il vergognoso
disastro economico ereditato
adesso i conti sono in ordine.
Per il Consorzio è iniziata la
meritata ripresa economica
G
li imprenditori sancataldesi
abbandonati al loro destino
è solo un’immagine forzata?
Per il commissario dell’Asi
Alfonso Cicero ciò non coinciderebbe
con la realtà, o meglio, potrebbe essere
stata l’istantanea scattata nel passato a
cause di cattive gestioni.“Da diversi anni
gli agglomerati industriali di “San Cataldo Scalo” e “Calderaro” erano rimasti
nel profondo dimenticatoio. Tra i gravi
danni provocati della pregresse gestioni,
per 35 anni il Consorzio
è stato guidato dal
Umberto Cortese, vi è stato
l’abbandono ed
il degrado infrastrutturale
degli agglomerati dell’Asi.
In pochi mesi, nonostante il vergognoso
disastro economico ereditato, il Consorzio ha già effettuato nell’agglomerato di
“San Cataldo Scalo” dei lavori urgenti per
la pulizia del verde; manutenzione delle
strade; ripristino dell’illuminazione; altri
interventi manutentivi. Inoltre, nel mese
di febbraio, verranno effettuati ulteriori
interventi di manutenzione stradale ed
al sistema fognario. E’ stata immediatamente affrontata la problematica relativa
alla fornitura del gas, invitando, formalmente, la società “Natural Gas” ad erogare il servizio.”
Ma i problemi della zona industriale
“
A causa
dei debiti lasciati
ho dovuto operare
con il rischio
della disattivazione
dei servizi
essenziali.
sono molteplici, anche pratici. Tanto
per citare, l’illuminazione esterna…
“Sulla qualità scadente dell’energia elettrica, oltre a denunciare tale problematica
all’Autority per l’Energia, a breve terremo
un apposito incontro con i responsabili
dell’Enel. Entro giugno verranno effettuati ulteriori interventi di manutenzione, considerato che nel bilancio di previsione 2011 è stata
prevista una specifica somma
di 160 mila euro di cui buona
parte dedicati a “San Cataldo
Scalo””.
Ma nemmeno le strade se la
passano meglio.
“Al fine di offrire una costante manutenzione
delle strade, a breve
verranno adottati gli
atti necessari per
l‘affidamento
dei lavori ad una ditta specializzata”.
In che misura vengono aiutati gli imprenditori?
“Da diversi mesi è in funzione presso la
sede consortile lo “sportello Ircac”, che
consente anche agli imprenditori di San
Cataldo di essere prontamente assistiti
per la concessione del credito agevolato; è in corso di costruzione un sito web
nel quale vi è l’area riservata alle imprese
per ottenere diversi e innovativi servizi;
recentemente è stato sottoscritto un protocollo d’intesa con Poste Italiane per assistere direttamente le aziende nell’erogazione di diversi servizi; è stata sottoscritta
una convenzione con l’Azienda Foreste
di Caltanissetta per la pulizia del verde.
In questi giorni i funzionari del Consorzio hanno sottoposto un questionario
direttamente agli imprenditori di Caltanissetta “Calderaro”, “San Cataldo Scalo” e “Grottadacqua”, al fine di rilevare le
problematiche esistenti negli agglomerati
industrial”.
Come giudica il suo operato.
“Ho operato con il rischio quotidiano
della disattivazione dei servizi essenziali per il funzionamento del Consorzio:
dall’energia elettrica, alle linee telefoniche, alla fornitura idrica e così via. Non
vi era più certezza per gli stipendi dei dipendenti; difficoltà ad affrontare qualsiasi spesa anche quella del servizio postale;
assaliti quotidianamente dai contenziosi
e dai creditori. Insomma una situazione
davvero scandalosa e vergognosa causata
dalla pregressa ultradecennale gestione!
Oggi, grazie al concreto sostegno dell’assessore Venturi che ha stanziato 2.600
mila euro per il risanamento finanziario,
delle associazioni di categoria, dei sindacati, del tavolo unico di regia e del tavolo
per lo sviluppo del centro sicilia,
la situazione si è capovolta. Gradualmente il
Consorzio ha iniziato
la sua legittima e meritata ripresa economica
che, oltre a concorrere al
risanamento finanziario, potrà garantire una sufficiente azione di
supporto agli
agglomerati ed alle
aziende. Adesso
i “conti” sono in
ordine, abbiamo
approvato il conto consuntivo
2009 ed i bilanci di previsione
2010 e 2011
entro i termini di legge. La
imminente
approvazione della
riforma
“
Grazie alla
Riforma Venturi
il nostro
territorio
potrà ricevere
le risposte
socio- economiche
Asi, la cosiddetta “riforma Venturi”, potrà aiutare il nostro territorio a ricevere le
giuste risposte socio-economiche, tradite
da decenni di “politiche Asi” fallimentari,
zeppe di sprechi, affari ed intrecci.
Ma non tutti sono convinti del suo operato.
“Le provocazioni gratuite dirette al mio
operato, che qualche “comparsa” vuole
portare avanti fin dal mio insediamento,
non sono riconducibili all’interesse verso le aziende. E’ una “tragedia” montata
ad arte per “minacciare” la mia azione di
assoluto rigore. Qualcuno, Salvatore Mistretta, ex vice presidente dell’Asi ai tempi
di Cortese, tenta in tutti i modi, sotto la
regia di qualche irriducibile “capo”, di “intimidire” la mia azione legalitaria che ho
intrapreso profondamente nell’interesse dell’Ente e dell’economia sana
del nostro territorio. E’ ovvio che a
Alfonso Cicero con l’assessore
regionale Marco Venturi
Febbraio
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7
Sembra mancare
un coordinamento
tra il mondo della politica
e quello produttivo.
I problemi rimangono
e gli operatori
accusano di essere
abbandonati al
proprio destino.
160.000 euro
▶
E’ la somma che per gran parte verrà
destinata ad interventi di manutenzione
nell’area industriale di San Cataldo entro
Giugno 2011
questi signori non saranno piaciute per
nulla le determinazioni che ho assunto
in merito allo scandaloso affidamento
della gestione del frigo macello, una
struttura “regalata” alla cooperativa “Le
verdi Madonie” con un canone annuo
di 25 mila euro, rispetto ad un valore
reale di 266. mila euro annui certificato dall’agenzia del territorio. In merito
a tale vicenda ho, tra l’altro, denunciato ogni violazione anche alla Corte
dei Conti per un’azione di responsabilità di circa 2. milioni di euro, che mi
auguro siano restituiti al più presto al
Consorzio. Così come non saranno rimasti contenti della cacciata da “Grottadacqua” della società Sacci di Roma,
che voleva realizzare un fantomatico
megacementificio ovvero un’operazione finalizzata soltanto ad una macro
speculazione a danno dell’economia e
delle imprese; delle denunce che ho fatto in merito alle gravissime violazioni
di bilancio, che avevano portato il Consorzio al tracollo finanziario facendo
emergere un buco di circa 1, 5 milioni
di euro e debiti ammontanti a circa 2,5
milioni di euro. Potrei continuare ad
elencare altre fattispecie denunciate alla
procura della repubblica ed alla corte
dei conti relative alla pregressa ultradecennale gestione, dalle quali si evincono a tutta evidenza gravi violazioni
di legge, intravedendosi anche l’ombra
di intrecci perversi con la mafia. Basti
pensare, che ad una ditta sequestrata
per gravi reati di mafia era stato regalato un lotto di terreno con la curiosa
ed illegale formula “in comodato d’uso
gratuito a tempo indeterminato”. Qualche irriducibile “capo”, usando le note
“comparse”, cerca di strumentalizzare
le imprese di San Cataldo Scalo per
reagire contro l’azione legalitaria e anche per inviarmi dei “messaggi”. Hanno
fatto tutto quello che hanno voluto per
35 anni, senza avere cura delle aziende
e del tessuto economico-produttivo del
nostro territorio. Per il danno che hanno recato all’Asi, dovrebbero chiedere
scusa a tutti gli imprenditori di “Calderaro” e di “San Cataldo Scalo”. I tentativi
di “intimidire” la mia azione legalitaria
non potranno mai sortire effetti, andrò
avanti sempre e con più determinazione!”...
SCALO. Non tutti gli imprenditori si dicono contenti
e qualcuno denuncia: veniamo considerati di serie B
Ma da San Cataldo
si chiedono risposte
di Salvatore Caramanna
Tra la nostra politica (o pseudo tale)
e l’industria “serve una relazione diversa”. Ormai il quadro è chiaro. La
zona industriale di San Cataldo Scalo
è il frutto di anni di lotte, scommesse e
tanto sudore di un gruppo di imprenditori sancataldesi. Decisero di iniziare a lavorare nel deserto, qualcuno li
considerò dei pazzi, oggiAggiungi
un appuntamento per oggi è nata un
area che dà oltre mille posti di lavoro
oltre l’indotto. Ma il risultato di questo enorme sforzo è drammatico: gli
industriali sancataldesi sembrano essere stati messi alla porta, considerati
forse, nella migliore delle ipotesi, imprenditori di serie B. Il timore è che
Scalo stia solo pagando un prezzo e gli
imprenditori si chiedono: forse è colpa dell’avere rifiutato il compromesso
e l’allineamento alla cordata che era
al potere? OggiAggiungi un appuntamento per oggi il rapporto tra gli
imprenditori di Scalo ed i rappresentanti della classe politica è cambiato
diventando, addirittura, uno scontro.
Manca un elemento di congiunzione,
che eppure sarebbe molto importante.
L’imprenditore deve continuare a fare
l’imprenditore con l’aiuto della politica e il politico deve guardare all’impresa come un veicolo importante e
non come un nemico se non in linea
con la propria bandiera.
Negli ultimi mesi lo scontro a livello
nazionale è stato durissimo rispecchiando quello che è accaduto a San
Cataldo Scalo.
L’ex presidente della Confindustria,
Luca Cordero di Montezemolo, era
stato chiaro: Gli imprenditori dovrebbero salire “sul ring” della politica aveva detto - per dare il loro contributo.
Ma Emma Marcegaglia, che non e’
d’accordo con il suo predecessore,
aveva voluto mettere una barriera
netta tra i due ruoli. Non e’ ininfluente sapere come si muovono i decisori
politici ed economici: per la competitivita’ serve una forte alleanza anche
con il mondo politico. Da più parti si
auspica che l’intreccio tra industria,
politica e banche sia piu’ serio e strutturato. Bisognerebbe solo condividere
un lavoro serio, da un punto di vista
tecnico. La preoccupazione dei settori produttivi è che invece manchi un
elemento di collegamento che si ottiene con meno dibattiti, ma piu’ lavoro
sulle cose. E così i giornali raccontano
di imprenditori di Scalo che non vengano ricevuti presso l’Asi di Caltanissetta e qualcuno insinua addirittura di
espulsioni eccellenti.
8
Febbraio
www.ilfattonisseno.it
La struttura
di viale della Regione
rimane un sogno
nonostante i lavori
siano iniziati
negli anni ‘80.
E la collezione
di 5 mila pezzi
resta stipata
in uno scantinato
Storia di un’incompleta
Minerario, il giallo del museo
che rischia di restare chiuso
Salvatore Vizzini
di Marco Benanti
S
ono pochi i simboli che
rappresentano l’anima di
Caltanissetta, la sua storia,
il suo DNA, e soprattutto
le origini di quella comunità urbana costituitasi a fine ottocento
che ha portato gli abitanti dell’entroterra siciliano a spostarsi a
Caltanissetta e nei suoi territori
per le miniere di Zolfo. Già lo
zolfo, una storia quella delle miniere che si intreccia in maniera
indissolubile con Caltanissetta
ed i suoi abitanti, una storia che
ancora oggi, emerge con grande forza tra i “carusi” di allora,
oggi anziani, che trasmettono le
loro vicende di vita in miniera
ai giovani, sempre più distratti e
disinteressati una storia che sentono ormai sottoforma di un eco
lontano e che quasi non sentono
gli appartenga. Ed invece quella storia è li, e neanche il tempo
che passa potrà mai cancellarla,
a condizione però che ciascuno
per le sue competenze faccia la
sua parte. Ma Caltanissetta, la
città delle contraddizioni, rischia
di perdere l’ennesima utile occa-
sione per ricordare e celebrare
se stessa, occasione persa tra i
meandri di una politica e di una
burocrazia che anziché rispondere al territorio crea incompiute degne del più classico clichè
dell’Italia da prima repubblica.
Stiamo parlando del Museo Mineralogico e Paleontologico della
Zolfara di Viale della Regione, a
due passi dall’ingresso principale
della città. Una struttura ancora
oggi incompleta, la cui costruzione iniziò negli anni ’80, e nel
2008 arrivò la chiusura dei muri
esterni e del primo piano, da allora il nulla. Il museo dovrebbe
-se completato- contenere una
delle collezioni di minerali, cristalli, rocce, fossili, più importanti d’Italia con oltre 5 mila pezzi, oggi stipati nello scantinato di
una scuola che forma i tecnici
più qualificati del settore geotecnico a livello nazionale. Sebastiano Mottura, primo direttore della
Scuola Mineraria, viaggiando tra
il 1868 ed il 1875 in tutta l’isola
per disegnare la prima carta geografica della Sicilia, raccolse cam-
pioni di minerali che donò alla
“Sala N.4” di Mineralogia e Geologia del museo laboratorio della
scuola. I locali sono gli stessi di
allora, e gli sforzi nel raccogliere
i minerali e le gemme da parte
di studiosi, presidi e fondatori
sono rimasti vani, dato lo spazio angusto da sottoscala in cui
la collezione nissena è costretta
a giacere. Per conoscere la storia e le sorti del museo, abbiamo
incontrato due figure che con la
scuola ed il museo sono legate da
“
Vizzini:
C’è il sospetto
che i soldi
siano stati
spesi per altro
vincoli affettivi oltre che professionali, ovvero il preside del Liceo
Scientifico e delle Scienze Applicate Mottura Salvatore Vizzini
ed uno dei fondatori del museo,
l’ingegner Michele Raimondi. “Si
tratta di una struttura- sostiene
il preside Vizzini - riferendosi al
nuovo museo- dalle enormi potenzialità, dato che come da progetto, dovrebbe ospitare delle sale
laboratorio, dove i nostri ragazzi
potranno fare ricerca con gli
strumenti di cui già disponiamo,
a giovarne sarebbe l’immagine
ed il prestigio della intera città,”.
In sostanza a mancare all’appello
per il completamento del nuovo
museo sarebbe l’ultimo lotto.“Già
cantierabile - dice Vizzini - per il
quale la Provincia Regionale di
Caltanissetta con a capo l’allora
presidente Filippo Collura aveva
previsto in bilancio una somma
di un milione di euro (misura
regionale), per il completamento
del primo piano, e l’ammezzato
che sulla base del progetto originario, proposto dall’ingegnere
Raimondi dovrebbe replicare
una vera e propria miniera, con
tanto di discenderia e gallerie. Il
sospetto è- conclude Vizzini- che
questa cifra sia stata spesa per altre opere di competenza dell’Ente, ed oggi si cerchino dei fondi
europei per i quali occorrerà
aspettare ancora anni”. “Qualora
l’iter fosse stato rispettato - sostiene l’ingegner Michele Raimondi- a luglio l’Urega avrebbe
già esperito i documenti per cui
la Provincia utilizzando l’ormai
famoso milione di euro messo
della Regione Sicilia avrebbe indetto la gara d’appalto”.
Febbraio
Le tappe
del Museo
1985-1986
Progettazione
ed inizio lavori
Anni 90
secondo lotto
2008
Terzo lotto;
muri esterni e rifiniture piano terra e
costruzione primo
piano
Luglio 2010
Gara d’appalto non
esperita
Curiosità
Il museo ha la forma di un minerale,
l’Aragonite, i
cui cristalli a forma
esagonale hanno
ispirato i progettisti
nella realizzazione
della planimetria.
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9
LA REPLICA
Pino Federico. Il presidente accusa: “La struttura non era cantierabile, mancavano le carte”
“Il museo? Opera senza progetto”
“Tutto perfetto, se non fosse che
del progetto del museo non vi
era neanche l’ombra”, così il presidente della provincia Regionale
di Caltanissetta l’Onorevole Giuseppe Federico replica, carte alla
mano, alle dichiarazioni di quanti
sostengono che il museo non sia
stato ultimato perché l’Ente Provincia avrebbe dirottato la somma verso altre opere. “E’ proprio
vero – dice Federico- si tratta di
una somma dirottata verso altre
opere prioritarie come la messa
in sicurezza di altre scuole, perché
il museo non era affatto cantierabile, dato che mancava il progetto
esecutivo”. Una somma che l’Ente nisseno avrebbe altrimenti
perso con il Patto di Stabilità. Secondo il Presidente
della Provincia Regionale nissena e del suo
staff tecnico in realtà quella del museo
mineralogico è una
vicenda di cui l’Ente
nisseno si è fatta carico sin oltre le dovute
competenze dato che anche
il terreno su cui è stata avviata la
progettazione del manufatto non
aveva seguito il regolare iter degli
espropri “per cui – dice Federico- ci siamo ritrovati a chiudere
il contenzioso con il proprietario
del terreno con ulteriore costo”. Il
progetto difatti è stato reso cantierabile con ulteriore progettazione
della Provincia soltanto dal giugno del 2009 e non prima. “Invito
il dirigente scolastico in questione- a prendere appuntamento con
me o con i miei tecnici- a visionare le mappe progettuali in nostro
possesso ed a valutare di persona
come l’opera era tutt’altro che cantierabile”. Il milione è ovviamente
andato speso per altre opere prioritarie, dato che “avremmo perso
anche quello se non l’avessimo
utilizzato”. Non senza una punta
di orgoglio l’Onorevole Federico
ci enumera le cifre delle infrastrutture scolastiche per nuovi
manufatti, e la messa in sicurezza
di quelli già esistenti, parlando di
un milione di euro ripartito tra il
nord ed il sud della provincia per
la messa in sicurezza di diverse strutture, somma recuperata
da fondi amministrativi, di 200
mila euro per il rifacimento degli impianti termici ed ancora
750 mila euro che saranno spesi per opere di antivulnerabilità
sismica per tutti i plessi di competenza dell’Ente. Alla provincia
Regionale di Caltanissetta va
infatti il merito di operare con
i propri tecnici per la ricerca di
fondi comunitari “siamo una tra
le poche Province d’Italia, l’unica
in Sicilia – continua Federico- a
quidità di mutui già utilizzati per i
quali rimangono centinaia di migliaia di euro non spesi e che vanno automaticamente nella Cassa
Depositi e Prestiti. Tali somme
residue risalgono addirittura ad
opere finanziate nel 1963. “E’
chiaro che ci sono notevoli criticità da superare, e tra queste il patto
di stabilità non ha giocato affatto
a nostro favore- conclude Federico- ma stiamo lavorando soprat-
“
superato la prima fase di valutazione che consentirà di accedere
ad un finanziamento previsto dai
PIST di Caltanissetta già approvato insieme all’Ente Fiera di Contrada Calderaro.
M.B.
Costretti
a dirottare
le somme
verso altri
interventi
prioritari
tutto sulla progettazione, senza la
quale sarebbe impossibile accede-
Pino Federico
reperire ed avviare i cantieri per
le opere utilizzando i fondi comunitari, senza i quali, avremmo
scuole ancora fatiscenti e strade
da terzo mondo!”. Le cifre a cui
Federico fa riferimento sono per
lo più somme residue, ovvero li-
re ai fondi comunitari.
Proprio il Museo Mineralogico rientra tra
queste misure, è stata
infatti nel frattempo
ultimata la progettazione, e l’opera ha già
rendering progettuali del museo
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Febbraio
Febbraio
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IL PERSONAGGIO. Il decano dei dj’s si racconta e racconta la sua città
Dino Sole, Peter Pan
dal grande animo soul
a casa di...
di Martina Nigrelli
Dai primi passi
alla radio
alle notti insonni
nelle discoteche
fino alla sua attività
di imprenditore.
La sua passione per il vinile è
nota anche ai non addetti ai lavori. Dino Sole, classe ’63, ma
eternamente “Peter Pan”, muove le dita tra dischi ed equalizzatore da più di trentanni.
E’ uno che di musica ne capisce,
è un cultore della deep. “Amo
il soul – afferma Sole - amo il
funky, e da qui ho iniziato”
Il suo esordio non è stato da
poco, quando ancora aveva tredici anni Peppe Gallè e Carlo
Valenza capirono che in lui c’era
del potenziale e gli affidarono
una trasmissione radiofonica
su Radio Cl1. Fu così che Dino
Sole venne consacrato al pubblico nisseno.
Era piccolo ma intraprendente ed economicamente indipendente, il suo primo vinile
è stato “black water gold” dei
KC & sunshine Band, così il
passo dalla radio al grande
pubblico delle discoteche è stato breve. Quelli erano gli anni
del benessere economico dei
nisseni e Dino dalla consolle
della discoteca Grog, di Francesco China, faceva “saltare”
gli amanti delle notti in bianco.
Lui mixava, a differenza di altri, ascoltava la battuta e faceva
entrare i pezzi, uno dietro l’altro senza interruzioni. Quelli
sono gli anni d’oro della musica
commerciale e Dino sale nelle
consolle più esclusive della Sicilia. Ama la festa, la musica e
la bella gente. Nel 1994 si sposa
con Giusy, con la quale, insieme ad altri soci, ha aperto un
noto negozio di abbigliamento
in una delle arterie principali
della città. Dino cresce e il
suo stile diventa più
maturo quando
sceglie
di non
s u on a re nelle
discoteche per
stare
lontano
d a
un’ambiente
che
nel
tempo è diventato sempre
più viziato e ma-
lato e che ha anche vissuto dei
momenti di illegalità a spese
dei giovani. Dunque preferisce suonare nei locali, o nei
meeting point, trasformando
quegli incontri che erano occasionali in appuntamenti fissi
come quello della domenica all’
“
Credo che
la ricercatezza
sia una cosa
fondamentale
per emergere
e distinguersi
Area 900 di Catania dove con la
“Deep Family” condivide non
solo la passione.
Ma Dino Sole, “resiste” nel tempo perché ha trovato la chiave
giusta: musica come life style,
ricercata e studiata. “La ricercatezza – afferma Sole – è una
cosa fondamentale per distinguersi e per emergere. Il nostro negozio ne è una
degna
espressione.
5
196
Il linea con lo
stile musicale che
rappresento e che ho importato
in questa città , l’abbigliamento
e l’arredamento sono apprezzati
Sopra Dino alle prese con un mixer. A fianco a sinistra nel suo negozio
dai clienti perché noi, quando
ve nd i a mo, ci mettiamo
nei loro panni. Il
nostro target di
riferimento continua Sole
- è alternativo. Il nostro
stile è “democratic
chic”
offrendo un
buon
rapporto
qualità prezzo».
Dino Sole non è un nostalgico, anzi si infervora quando si parla dei giovani, dice basta all’esodo delle belle teste che
fuori da Caltanissetta vivono
una vita migliore,“Noi non ce
ne freghiamo di Caltanissetta –
incalza Sole – il mio desiderio
è che tutti questi giovani non si
sentano costretti a “scappare”
da una città come questa. Spero che tutti riescano, come me,
a realizzare un sogno stando a
casa propria”. Dino Sole pensa alla nuova generazione e la
esorta ad appassionarsi, a studiare e a credere che un futuro
migliore può esistere.
Si definisce una persona libera
da condizionamenti ma in realtà obbedisce ai paradigmidella
deep e del soul, come un buon
soldato fa con il suo generale.
“
Desidero
che i giovani
non si sentano
costretti
a scappare
da qui
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DIARIO
L’INTERVISTA. Parla un uomo della Sezione criminalità organizzata
“Vi racconto la mia vita
Agente della Polizia
che cattura i criminali”
di Leda Ingrassia
Segue dalla Prima
Si resta a bocca aperta, tra l’incredulità e
l’ammirazione, quando si sente parlare uno
che di polizia “ne capisce davvero”. Forse
leggendo libri o vedendo fiction televisive
non si comprende realmente quello che sta
dietro la vita dello sbirro, sembrano quasi
favolette. Peggio ancora quando, al termine di grandi blitz delle forze dell’ordine, il
ministro di turno dice “Abbiamo preso
il latitante x”, “Abbiamo fatto così”… solo
chiacchiere nella gran parte dei casi. A fare
“
“Noi siamo
dalla parte
del giusto”.
Lo dico
sempre
ai miei compagni
così o a prendere quello o l’altro infatti sono
loro, quegli uomini delle forze dell’ordine di
cui forse mai sapremo il nome o l’identità.
Come il “grande” poliziotto che ha parlato
con me e che per questioni di riservatezza e
professionalità non vuol svelare la sua identità. Lo chiameremo fantasiosamente “Enrico”. E’ un ispettore capo della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile
di Caltanissetta. Un padre di famiglia e un
servitore dello Stato con valori molto forti.
Lui, in più di vent’anni da poliziotto, ne ha
vissute davvero tante di storie, di emozioni e pericoli. Ha preso parte ad operazioni
di polizia grandiose sia di mafia che antidroga. “Leopardo”, “San Valentino”, “Free
Town”, “Scacco Matto”, “Redde Rationem”,
“Symposium”, solo per citarne alcune.
Enrico, c’è qualcosa che sin dall’inizio
della tua carriera ti ha segnato?
A Palermo, dopo aver lavorato alle volanti,
sono passato alle scorte dove ho vissuto gli
anni del maxiprocesso. Vi lascio immaginare. Poi, trasferito a Gela, ho vissuto forse
gli anni più brutti della mia vita. Era il 21
dicembre 1989 quando ho preso servizio lì
e già il 23 dicembre ero dinanzi un duplice omicidio di due fratelli assassinati contemporaneamente in posti diversi. E’ stato
brutto vedere loro padre che dopo essersi
intriso le dita col sangue dei figli si è fatto il
segno della croce, come a promettere vendetta per i sicari.
Un inizio molto forte, oserei dire… Hai
partecipato a tanti blitz, come li hai vissuti e li vivi?
Hai detto bene, li vivo, perché tutt’oggi sono
il primo a correre appena è necessario. Penso che poliziotti si nasce e io cerco di dare
sempre il meglio. Mi capita di aver paura,
anche se sarebbe meglio definirla ansia che
possa succedere qualcosa ai miei uomini.
Riesco a rilassarmi solo quando torniamo
in ufficio dopo una nottata fuori e cominciamo a depennare dall’elenco i nomi degli
arrestati. In quel momento si ride, c’è chi
dorme un po’ e chi scrive al pc.
Che rapporto ha un “anziano” della Polizia come te con i pregiudicati?
Noi poliziotti abbiamo bisogno dei pregiudicati, sono la nostra risorsa. Ci danno confidenze che diventano spunti di indagine.
Basta, ad esempio, una frase mordicchiata
mentre sono al bar, del tipo “C’è chiddru
chi si sta annacannnu pi cuntu d’iddru o di
dra famigghia”, e magari scatta un’indagine.
E’ ovvio che devi farti rispettare per il ruolo che ricopri ma anche cercare di aiutarli,
quando è possibile, se hanno bisogno loro.
Alcune volte, poi, dato che le ordinanze le
prendiamo due giorni prima del blitz, mi
capita di incontrare, anche al panificio, uno
che magari già so che la notte andrò ad arrestare, ed è davvero imbarazzante perché
mi viene da pensare anche ai suoi.
Con quale stato d’animo si porta via una
persona alla sua famiglia, arrestandolo?
Dato che spesso ci tocca fare irruzione di
notte e nelle case, cerchiamo innanzitutto di infondere calma, anche se spesso ci
vengono rivolte parole e gesti pesanti. Per
me la parola d’ordine
è rispetto perché solo
così si possono evitare
situazioni traumatiche
anche per i bambini.
Se tutto fila dritto, addirittura, giunti in ufficio con gli arrestati,
offriamo loro la colazione o le sigarette.
Raccontaci un po’ di
storie del tuo lavoro…
Quando ero alle Volanti, giunti per un
intervento in una casa
alla Badia per maltrattamenti sui minori ad
opera del padre, siamo
stati colpiti da un bambino che piangeva
per la fame. Così lo abbiamo portato al bar
per sfamarlo. Ho anche salvato vite umane.
Ricordo una persona che stava annegando
al largo di San Leone per il mare agitato e la
forte corrente: mi sono gettato tra le onde
con il bagnino per aiutarla. Ho salvato pure
due persone che avevano provato ad impiccarsi. Mi è successo anche di fronteggiare
rapinatori con armi in pugno. Fu divertente, invece, durante una perquisizione in una
casa alla ricerca di armi, scoprire un gatto
persiano stecchito dentro un armadio che
a noi sembrava un peluche bianco e che il
proprietario peraltro riteneva smarrito da
tre mesi.
E la famiglia, come vive il tuo lavoro?
Pensi mai che potresti non tornare più a
casa?
Certo che ci penso. Per
questo entro ed esco da
casa salutando sempre
col bacio anche i miei figli che ora sono grandi.
Per me è un gesto importante. Mia moglie
ormai capisce quello
che faccio o che devo
fare solo osservando
Sopra “Enrico”, è questo il nome in codice dell’agente
i miei movimenti, per- della Polizia
di Stato che ha rilasciato in esclusiva al l’intervista
ché mi vede preparare
anfibi, passamontagna,
pettorine, guanti. Mi chiudo alle spalle la ti, sfuggendo ai controlli, stavano giungenporta di casa prima di andare a lavoro e mi do verso di noi e ci stavano attaccando.
ripeto in mente: “Noi siamo dalla parte del Lì ho davvero avuto paura perché dato
il nostro numero così esiguo non
giusto”. E lo ripeto sempre anche ai miei
saremmo stati in grado di reguomini.
La situazione in cui
hai avuto più timore?
Durante il G8 di Genova, quando ero a
capo di una trentina
di uomini in un varco
estremo al porto. Ad
un certo momento ci
giunse notizia che un
gruppo di manifestan-
gere un corpo a corpo. Per fortuna però
furono fermati da altri militari e noi ci salvammo.
Sopra un’esercitazione degli agenti dello
SCO. A sinistra gli uomini del nucleo
antidroga dopo un ingente sequestro
Febbraio
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13
IL CAPO DELLA MOBILE. Giovanni Giudice guida un piccolo esercito di 80 uomini
“Se a Gela si denuncia la mafia
qui non si avverte il riscatto”
H
a 41 anni, due lauree, è di
Vittoria e per gli 85 uomini della Squadra Mobile di
Caltanissetta è il “capo”. Giovanni Giudice, vice questore aggiunto,
sposato e papà di una bambina, ha una
carriera decennale alle spalle molto intensa e una passione sviscerata per il
suo lavoro che colpisce subito chiaccherandoci un pò. Dopo più di cinque anni
trascorsi al Commissariato di di Gela e
un biennio alla guida della Sezione Criminalità Organizzata della Questura di
Caltanissetta, dal giugno 2008 è il dirigente della Squadra Mobile nissena. E’
lui che coordina l’operato dei tanti uomini che spesso restano invisibili alla
gente comune ma che con il loro operato riempiono le cronache in occasioni di
arresti importanti per mafia, droga, prostituzione, reati contro il patrimonio.
Dottor Giudice, qual è il clima che si
respira e cosa significa lavorare alla
Squadra Mobile?
Come disse un mio predecessore, la
Squadra Mobile è un
santuario, un insieme di
persone unite dagli stessi valori che fanno il loro lavoro non tanto per farlo ma
per passione. E’ proprio quest’ultima
che ti fa accettare i tanti disagi di questo
mestiere, gli orari intercambiabili, il dover essere sempre reperibili, l’uscire nel
bel mezzo della notte senza sapere l’ora
del ritorno a casa, alle relazioni familiari
che spesso soffrono di trascuratezza. I
miei uomini sanno di dover essere sempre pronti a partire, e lo fanno perché ci
credono e ci credo anch’io. E’ un lavoro
questo che ti da tante soddisfazioni. Nel
caso specifico, poi, risolvere un caso, è
qualcosa che ti da una carica immensa
perché ti rende artefice della verità sociale.
Come vive il dirigente della squadra
mobile i minuti prima e dopo un blitz?
Paura, adrenalina?
Condivido in pieno con i miei uomini lo
stress, l’entusiasmo, le ansie e il balzo di
adrenalina che comporta un’operazione
di polizia. Anche la paura, perché no,
dato che per me serve ad essere prudenti, a tenere tutto sotto controllo. E’ ovvio
poi che dato che abbiamo il potere di
togliere la libertà alle persone, viviamo
sempre con la paura di sbagliare.
Pensa che l’ordinamento giudiziario
italiano ponga degli ostacoli al vostro operato? Che lo Stato dovrebbe fare qualcosa di più per le forze
“
La mobile
è come
un santuario,
un insieme
di persone
unite dagli
stessi valori
e che lavorano
con passione
dell’ordine?
In passato capitava
addirittura di sentirsi frustrati dato che
i nostri sforzi venivano vanificate da
leggi assurde. Fino a
qualche anno fa, ad
esempio, i mafiosi
potevano chiedere
il concordato in
appello e il rito abbreviato, rischiando di ridurre il 416
bis a una pena di
pochi anni. Ora
per fortuna molte cose stanno
cambiando anche se le riforme
non partono,
neanche quelle
strutturali che
ci
permetterebbero magari
di avere più soldi
anche per lo straordinario
Giovanni Giudice
che per noi è
pane quotidiano. Occorre sicuramente
va lor izzare le
risorse
esistenti e
concordare meglio
le troppe forze dell’ordine in
campo.
Nel 2011 possiamo ancora dire che è la
mafia il male più grave che affligge la
nostra terra?
In Sicilia la mafia è ancora molto forte.
Grazie alle numerose denunce degli imprenditori però diminuiscono le estorsioni, mentre sempre più appetibile è il
traffico di stupefacenti. Dato il periodo
di crisi economica che stiamo vivendo,
poi, e la connessa emergenza sociale del
lavoro, crescono anche i reati contro il
patrimonio.
Ritiene che negli ultimi tempi ci sia
stato un uso spropositato del termine
“legalità” da parte di alcuni politici,
ad esempio, impegnati nel conquistare l’opinione pubblica, quasi sottraendolo a voi, invece, che combattete
ogni giorno l’illegalità?
C’è stato forse un po’ di abuso a cui magari non hanno corrisposto gli atteggiamenti, le riforme, la storia. E’ ovvio che
polizia e magistratura hanno il vantaggio, di fare della legalità il loro lavoro,
quasi in modo esclusivo.
Alla luce delle numerose operazioni
portate a termine negli ultimi anni,
qual è la situazione della mafia nella
nostra provincia?
Anche se si tratta sempre di un lavoro a
macchia di leopardo, possiamo dire che
sono stati fatti passi da gigante. A Gela,
ad esempio, nel 2001 tutti i mafiosi erano fuori, ogni giorno c’erano omicidi,
racket, incendi. Ora la città è stata liberata dalla mafia, gli imprenditori denunciano. La gente ci ha dato fiducia dato
che, a differenza di quanto è avvenuto
nel passato, ci siamo presentati come
istituzione credibile. A Caltanissetta,
di contro, nonostante siano stati inferti
“
Grazie
alle denunce
si riducono
le estorisioni.
Mentre a causa
della crisi
aumentano
i reati contro
il patrimonio
duri colpi alla mafia, non si avverte ancora il riscatto della gente. Ci sono, però,
ancora tanti paesi su cui continuare a
lavorare, come Riesi, Niscemi, San Cataldo.
I successi che abbiamo incassato negli
anni comunque sono il risultato anche
del coordinamento con le forze sociali
del territorio e della grande collaborazione con la Procura della Repubblica,
che a Caltanissetta è composta da persone che come noi vogliono cambiare la
società.
L. I.
14
Febbraio
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Tendenze
IL DERMATOLOGO
Non fanno male
ma rimangono
per tutta la vita
TATOO YOU. La prima volta a Miami. Da lì è nata una vera
passione che lo porterà ad inaugurare un laboratorio
L’arte dei tatuaggi
nelle mani
di Valerio Pirrone
di Rosamaria Li Vecchi
“Tatoo you”. Così i Rolling Stones lanciavano ai benpensanti la loro ennesima “sfida” a suon di note, con Mick Jagger e Keith
Richards con i volti interamente coperti di
tatuaggi sulla copertina del disco (per 9
settimane al primo posto nelle classifiche
americane ed inglesi, registrato tra il 1979 e
il 1981 tra le Bahamas, Parigi e New York).
Ma le citazioni si potrebbero sprecare intorno a quella che, da pratica tribale che
demarca i riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, è oggi molto diffusa anche
nel mondo occidentale più o meno con gli
stessi significati, dalla dichiarazione di appartenenza ad un gruppo (gang giovanili,
gruppi estremisti, movimenti razzisti) alla
“
Bisogna
essere convinti
del soggetto,
perchè il tatuaggio
lo porti con te
per sempre
sfida all’omologazione e ai pregiudizi. Già,
perché i tatuaggi, a seconda dei soggetti,
erano anche un segno di infamia che indicava la condizione di schiavitù, la volontà
di degradare i propri simili (i numeri sulle
braccia degli Ebrei deportati ad Auschwitz
erano tatuati) o l’essere stati in carcere.
I Maori lo chiamano “ta moko” e tra di
loro è simbolo di potere ed elevata posizione gerarchica all’interno della co-
munità mentre un
proverbio Iban dei
Dayak del Borneo
recita “Un uomo senza
tatuaggi è invisibile agli
dei” e in Thailandia il
tatuaggio è inteso come
pratica religiosa (l’incisione del disegno
buddhista è accompagnata da preghiere).
Noi occidentali ci accontentiamo di molto
meno (forse perché li consideriamo solo
nella loro esteriorità senza coglierne davvero il senso). A Caltanissetta sono oggi
davvero tantissimi quelli che hanno chiesto almeno un tatuaggio: in genere si tratta
del nome della propria “lei” (o del proprio
“lui”) o di piccole decorazioni (fatine, farfalle, personaggi dei cartoni animati) che
stanno ben nascosti sotto i vestiti (spesso
si “prendono le misure” per far sì che il tatuaggio resti ben nascosto anche sotto le
mezze maniche, per non suscitare pregiudizi nel proprio ambiente di lavoro) . Ma
c’è anche chi ha scelto di farsi tatuare, in
segno di devozione o come ex-voto, il patrono San Michele o padre Pio, da tenere
ovviemente ben coperto, restituendo in
qualche modo al tatuaggio il suo significato di forte spiritualità.
Valerio Pirrone, 23 anni, è stato letteralmente “trapassato” dalla passione per i tatuaggi durante un viaggio negli Stati Uniti
nel 2009, tra New York e Miami, dove si è
fatto tatuare per la prima volta al “Miami
Ink”, famosissimo centro per tatuaggi, da
Morgwn, uno dei tatuatori più richiesti
del momento. Valerio è un artista (dipinge
dall’età di 16 anni, è autodidatta) e dopo
l’esperienza di Miami ha iniziato a preparare i disegni per un tatuatore agrigentino.
Oggi conosce tutto delle tecniche di tatuaggio, dei soggetti e della loro simbologia, ed è pronto a cominciare la sua avventura di tatuatore. “Quello che è importante
– precisa Valerio – è capire che il tatuaggio
devi portarlo con te per sempre, per questo bisogna essere convinti del soggetto e
della scelta fatta: poi lo si può coprire, correggere, cancellare, ma non completamente”. Abilità del tatuatore deve essere
capire cosa vuole dire di sé chi si appresta a farsi un tatuaggio. “Quando ti
chiedono questo o quel soggetto – dice
Pirrone - che siano disegni realistici o
cartoons, soggetti orientali o
tribali, devi sempre essere
capace di adattare i soggetti alla personalità di
chi li vuole sulla pelle.
Io li disegno a mano
e sarà impossibile che
esistano due tatuaggi identici”. Quali gli
stimoli per un artista
nel lavorare sulla pelle piuttosto che sulla
tela? “E’ proprio un’altra cosa, – dice Pirrone – la pelle è diversa
da individuo a individuo e contribuisce
a rendere unica l’opera
che viene creata. E poi si
arriva ad avere con persone che conosci
appena da qualche ora un rapporto così
confidenziale che è molto bello”. Tatuato
“duro e puro” è Michelangelo Lo Presti,
nisseno, che rivela la passione per il cinema “altro” con una impressionante serie di
famosissimi protagonisti tatuati sul braccio sinistro, dal Joker di Batman a Edward
Mani di forbice, dai Freaks di Browning
a Freddy Krueger. “Amo i tatuaggi – dice
– perché li considero una forma estrema
Sopra Valerio Pirrone mentre si fa tatuare da
Morgwn, famoso tatuatore statunitense.
Sotto a sinistra Michelangelo Lo Presti
di esibizionismo, e io ammetto di essere
un esibizionista. Quelli che ho sul braccio
sono tutti film che mi rappresentano, con
una loro storia singolare. Il mio preferito è
Hannibal Lecter del “Silenzio degli innocenti”. Penso che il tatuaggio faccia sentire
più forti”.
“No, assolutamente no”. A
ribadirlo
con fermezza è
Gioacchino Lo Verme, dermatologo, Gioacchino Lo Verme
che però
mette in guardia contro un’abitudine piuttosto diffusa che segue l’applicazione del tatuaggio, in genere
qualche anno dopo. “Il problema –
dice - è comprendere, e dunque accettare, che si tratta di qualcosa che
resterà per sempre sulla pelle. Molti
sono convinti che se il tatuaggio
non piace più lo si possa eliminare
completamente con il laser ma non
è così perché rimane sempre una
parte cicatriziale. Il laser in sé non è
dannoso ma lascia cicatrici perché
il tatuaggio è realizzato sullo strato
profondo della pelle”. Niente danni
collaterali dunque? “Non c’è nessuna dimostrazione di ciò – dice lo
specialista – nessun
tumore, nessun
melanoma, nessuna alterazione
della pelle, a meno
che non ci siano
reazioni allergiche causate da
corpi estranei”. In
questo caso l’inchiostro che viene collocato sotto
la pelle, che potrebbe provocare,
raramente, una
reazione in soggetti ipersensibili.
Attenzione infine al rispetto delle
precauzioni igieniche: il tatuatore
deve indossare guanti monouso,
usare attrezzatura sterile e imbustata singolarmente, inchiostro nuovo
estratto da contenitori monouso e
l’ambiente deve essere pulito come
un ambulatorio medico. Info www.
safe-tattoos.com.
R.L.V.
Febbraio
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16
Febbraio
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Giovani & Politica
Non siamo
delle marionette
I rottamatori di
Palazzo del Carmine
di Rosamaria Li Vecchi
Rivendica la propria
autonomia decisionale
la nuova generazione
di consiglieri comunali
“under 40”.
Un moto trasversale
di chi chiede spazio.
“Non siamo marionette”. Rivendica la
propria autonomia decisionale in maniera trasversale la nuova generazione di
consiglieri comunali “under 40”, alla prima esperienza legislativa, che da 18 mesi
occupa gli scranni di Palazzo del Carmine. Sono Oscar Aiello, Gianluca Bruzzaniti, Davide Campisi, Ilario Falzone,
Michelangelo Lovetere, Vito Margherita,
Giorgio Middione, Leyla Montagnino,
Gianluca Nicosia, avvocati, imprenditori,
funzionari, futuri medici, un esercito di
giovani cittadini che potrebbe davvero far
voltare pagina alla politica locale. Soprattutto perché è identico lo slancio e l’impegno per costruire il futuro di questa
città. Ma quali le valutazioni sull’impegno istituzionale assunto? Ci sono rimpianti? “A mancare fin dall’inizio è stata
forse una vera aggregazione tra noi consiglieri giovani” sottolinea Davide Campisi, Dc, che prosegue: “E’ stato un errore,
secondo me, non sedersi tutti insieme fin
dall’inizio per cercare di capire, al di là
dei colori politici, i reali problemi della
città. Perché secondo me è questa la vera
forza della politica, un punto comune di
incontro per portare avanti cause condivise, cosa che spesso non siamo riusciti a
fare neanche con i consiglieri di maggioranza”. Sottolinea invece l’atteggiamento
collaborativo registrato durante le sedute
di commissione Leyla Montagnino, Pd.
“Ma – dice - dopo un anno e mezzo dobbiamo anche guardare in faccia la verità
ed ammettere che il consiglio comunale non ha avuto un ruolo determinante
nell’attività amministrativa ed è un peccato perché c’era la volontà di molti di fare
qualcosa di positivo. Il rischio adesso è di
perdere l’entusiasmo, perché si ha quasi la
sensazione che tutto ciò che si è fatto non
abbia avuto riscontri adeguati”. “Condivido il pensiero della collega – fa eco
Ilario Falzone, PdL – ma difendo anche
il mio ruolo di consigliere comunale, che
credo di avere pienamente svolto fino ad
oggi. Forse è vero che le commissioni non
hanno avuto un ruolo determinante: pur
lavorando con grande serietà e in piena
sintonia non sono state prese in considerazione dagli assessori”. Falzone ammette
di aver avuto la sensazione, con la vecchia
giunta Campisi, che si volesse in qualche
modo “imbavagliare” o “censurare” il lavoro delle commissioni ignorandolo. “Se
“
Siamo un terzo
dell’assemblea,
se ci unissimo
nessuno potrebbe
ignorarci
non siamo stati considerati veri interlocutori dalla giunta – dice invece con decisione Vito Margherita, MpA – la colpa è
nostra: noi consiglieri under 40 siamo un
terzo dell’intera assemblea (c’è anche Calogero Adornetto, 32 anni, ingegnere, che
però non è nuovo al ruolo istituzionale,
ndr) e se ci unissimo sui progetti
davvero importanti
per questa città nessuno potrebbe ignorarci.
Sfiderei qualsiasi assessore,
qualsiasi giunta,
a dire no a dieci
giovani rappresentanti istituzionali
compatti sulle
proprie decisioni per la
città”. “Ma
non si può
addossare –
c o nt i nu a
Margherita – la
responsabilità
di come questa
città è diventata
oggi al sindaco Campisi o al
sindaco Messana, che lo ha
preceduto, o
a noi giovani consiglieri
perché la colpa è di tutti, anzi
forse i meno colpevoli
siamo proprio noi, che
abbiamo scelto di metterci la
faccia per cambiare le cose. Per
questo, invece di insinuare dubbi sull’autonomia del nostro ruolo istituzionale i
deputati nazionali e regionali, a prescindere dal colore politico, dovrebbero intanto passarsi una mano sulla coscienza e
Sopra i consiglieri “under 40”
dire perché la città è arrivata oggi
a questo punto”.
Veramente arrabbiato per la
scarsa considerazione e il disprezzo che alcuni politici locali hanno mostrato per il consiglio
comunale Michelangelo Lovetere,
PdL, che rifiuta l’etichetta che si vorrebbe mettere al consiglio comunale (“deve
solo votare il bilancio”) e sottolinea come
“denigrare il consiglio comunale è denigrare i cittadini, dei quali l’assemblea è
espressione democratica, e significa non
amare la città”. Crede fortemente nel dialogo trasversale tra consiglieri “under 40”
Gianluca Nicosia, capogrupppo PdL in
consiglio comunale. “Unire le energie dei
giovani consiglieri comunali – dice – è
un’idea che accarezzo da tempo perché si
potrebbe valorizzare così il nostro ruolo
istituzionale. E’ importante incontrarci,
mettere giù proposte e vedere come noi,
che comunque rappresentiamo un’identità giovanile nissena, possiamo rendere
utili le nostre proposte per l’amministrazione. Al di là di quelle che sono le posizioni politico-ideologiche, che sono frutto
di ragionamenti più o meno condivisibili,
dobbiamo prendere coscienza che siamo
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17
IL CONSIGLIO DELL’EX. Giuseppe Territo crede in loro
ma li avverte: “Non fatevi distrarre dai personalismi”
▶ “Non ascoltate
i cattivi maestri”
9.923 ▶
30
E’ la media dell’ età
dei giovani
consiglieri comunali
“under 40” presenti
per la prima volta in
consiglio comunale
di Rosamaria Li Vecchi
E’ la somma dei voti
che hanno ottenuto
nelle amministrative
del 2009
▶
27%
73%
21
Consiglieri
comunque la classe dirigente di un futuro
neanche troppo lontano”. E citando il “caso
Renzi” (il sindaco “rottamatore” di Firenze) Nicosia sottolinea come comunque si
debba “prendere oggi da questa esperienza quello ci che potrebbe servire tra un
paio di anni, quando avremo ruoli-chiave”. Si parla dunque tutti la stessa lingua,
come emerge dall’attenzione per la città,
dalla volontà di “contare” in consiglio comunale non per la gloria ma come presa
di coscienza di un impegno istituzionale
responsabile, dal bisogno di dialogare, dal
“
Noi siamo
la classe dirigente
di un futuro
non troppo
lontano
rifiuto delle contrapposizioni preconcette
e dei pregiudizi, come precisa Giorgio
Middione, capogruppo Pid in consiglio
comunale, che proprio non ci sta a sentir
dire che le decisioni vengono comandate dall’alto. “Siamo ben capaci di svolgere
La loro percentuale in consiglio
in termini
di voti
9.923 voti
27%
9
Consiglieri
il nostro compito –
sottolinea – forse più di chi ci
ha amministrato fino ad ora, pur pagando
lo scotto dell’inesperienza, e un consiglio
comunale competente come quello che
sta oggi a Palazzo del Carmine non c’è mai
stato”. E mette in guardia Middione contro i giudizi affrettati. “Vorremmo essere
giudicati – sottolinea - alla scadenza dei
cinque anni di mandato, sia la maggioranza sia l’opposizione”. “In questo anno e
mezzo – dice Gianluca Bruzzaniti, capogruppo del movimento Diversi Insieme
in consiglio comunale – nessuno mi ha
mai detto cosa dovevo o non dovevo dire
e fare, come credo non sia stato imposto
niente agli altri consiglieri giovani. Certo
è coerente seguire i programmi stilati dai
partiti ma a decidere sui nostri interventi,
sul voto in aula, siamo noi, che abbiamo
sempre ragionato con la nostra testa. Non
siamo marionette e se i nostri colleghi anziani o i politici locali tentano di insinuare questo dubbio è solo a fini strumentali,
per rafforzare il loro potere. Credo invece
che possiamo veramente dare un’impronta diversa a questo consiglio comunale a
patto che ci uniamo, perché solo così potremmo avere più forza per portare avanti
le nostre idee”.
Li ha osservati per diciotto mesi dallo
scranno più alto dell’aula consiliare Giuseppe Territo, ex presidente del consiglio
comunale (il primo nella storia della
municipalità nissena ad avere rimesso il
proprio mandato nelle mani dell’assemblea) e il giudizio che formula su di loro
è sincero. “Questi consiglieri giovani sono
ragazzi in gamba, intelligenti, perspicaci,
hanno a cuore le sorti della città e dal punto di vista amministrativo e istituzionale
hanno svolto bene il loro compito però
devono comprendere che il ruolo vero
della politica non è solo l’approvazione
di un atto amministrativo ma è anche lo
svolgimento di precisi compiti politici
destinati a risolvere i problemi della città
in un impegno che deve vedere prevalere l’intero consiglio e non il singolo consigliere. La politica è l’arte di interpretare
le necessità dei cittadini e trasformarle in
atti amministrativi che diventano poi fatti
concreti e questo può accadere solo se si
uniscono le forze”.
Pensa che i consiglieri nisseni “under 40”
riusciranno davvero a dare nuovo impulso alla politica locale? “Hanno nelle loro
mani il destino della città ma devono
comprendere che la politica è un concetto
alto, devono accettarne i valori, gli ideali,
lo spirito di appartenenza ed avere la capacità di discernere tra atti puramente strumentali, che servono solo ad
ostacolare il normale confronto dialettico che è cardine della democrazia, e lo
scambio di pareri e giudizi
nel confronto politico con
l’amministrazione attiva,
nel rispetto delle parti e,
soprattutto, delle persone.
Possono davvero cambiare
pagina nella vita politica di
questa città se seguono un
percorso sano, senza farsi
distrarre dal vero significato del loro ruolo da derive
individualistiche e da per-
sonalismi”. E punta il dito su alcuni comportamenti che rischiano di essere presi a
modello dai consiglieri più giovani.
Parola e concetto abusato quello della
politica, che forse ha finito per perdere
significato. O no? “L’importante – dice l’ex
presidente del consiglio – è non perdere
di vista che la politica deve essere innanzitutto servizio e non improvvisazione. E
poi bisogna metterci dentro tutto ciò in
cui si crede: io sono credente e cattolico
praticante e cerco di essere coerente anche con le mie scelte politiche, tenendo
fede ai principi di solidarietà e sussidiarietà, cercando di dominare l’individualismo
per fare piuttosto emergere le motivazioni
politiche che possono in realtà contribuire al soddisfacimento delle necessità non
di un singolo ma dell’intera comunità”.
Durissimo sul clima che regna oggi tra i
consiglieri comunali (“Mancano veri rapporti umani e sociali e non solo è difficile
dialogare ma addirittura essere se stessi”),
Territo esorta
invece i giovani
consiglieri
“under 40” a
cercare
con onestà la
propria
strada e a non
avere
paura di verificare le proprie potenzialità nel
confronto
franco con
l’avversario politico, senza
sentirsi
unici depositari
della
verità.
Giuseppe Territo
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Economia &
Società
SCONTI. Gli esercenti in forte difficoltà li anticipano contro le regole.
Le associazioni di categoria: colpa dei centri commerciali
Il commercio è in crisi
e i saldi iniziano prima
rappresentanza della grande distribuzione organizzata. “E’ vero
che Federdistribuzione è all’interno di Confcommercio – chiarisce il presidente Guarino – ma
è pur vero che il 99% dei nostri
associati che dobbiamo tutelare è
rappresentato da piccole imprese.
“
di Leda Ingrassia
C
risi. La parola d’ordine
per tutti i malfunzionamenti del nostro
territorio. Da un po’
di tempo questo termine e la sua
percezione incombono sulla vita
di tutti, quasi asfissiandoci. Quale
settore più di quello del commercio è l’emblema della crisi negli ultimi anni? Nessuno ovviamente.
E’ la crisi infatti che spesso rende
vano, o meglio un flop, l’inizio
ufficiale dei saldi i primi di gennaio perché molti commercianti,
“Le aziende – dice Lillo Randazzo,
presidente di Confesercenti – non
stanno più in piedi. Anticipare gli
sconti è un mancato rispetto delle regole fatto per salvarsi e non
fallire, non è un’idea imprenditoriale speculativa”. “Non possiamo
che essere tolleranti – afferma
Giovanni Guarino, presidente di
Confcommercio – dato che dietro
questa anticipazione quasi selvaggia c’è una vera e propria esigenza economica. La dizione “saldi”
per me è ormai anacronistica nel
“
Lillo Randazzo
dovendo fare i conti con le fatture da pagare, anticipano quella
data anche di un paio di mesi. Un
costume ormai diffuso sul nostro territorio che le associazioni
di categoria, Confcommercio e
Confesercenti, separate alla nascita ma quasi gemelle nelle idee,
non se la sentono di condannare.
Lillo
Randazzo:
Nei centri
commerciali
i giovani
dipendenti
vengono
sfruttati
commercio moderno e si dovrebbe attuare una revisione semmai
della legge sul commercio”. A
dare una battuta d’arresto poi ai
piccoli commercianti ci pensano
i centri commerciali. “Siamo invasi da queste enormi strutture
– dice Randazzo – Ogni giorno
ne spunta una nuova. Dovremmo
chiederci da dove vengono questi investimenti nel nostro territorio e verso cosa o dove stiamo
correndo. A mio avviso il difetto
viene dalla politica che dovrebbe
essere una forma di mediazione tra poteri forti e deboli e che
invece ha reso la nostra società
squilibrata, a danno della piccola
e media impresa, cuore pulsante
della nostra economia”. “E’ assurdo – dice Guarino – che molti di
questi grandi centri non fanno
altro, anche architettonicamente,
che riprodurre veri e propri centri città, quando invece quelli veri
stanno morendo. E’ solo un modo
per emulare la tradizione americana. La differenza tra l’America
e noi, però, è che noi abbiamo un
patrimonio artistico-culturale nei
centri storici che loro non hanno
e che sono costretti ad inventare
in questi grandi magazzini. Da
noi basterebbe valorizzare quello
che già, per nostra fortuna, esiste”.
“Non è vero poi – aggiunge Lillo
Randazzo – che in tutti questi
centri commerciali si risparmia
e soprattutto occorre ricordare
che lì tanti giovani sono sfruttati, costretti a non iscriversi a un
sindacato e a non avere neanche
contratti che rispettano quello nazionale di lavoro”. Confcommercio, però, tra i suoi associati comprende anche Federdistribuzione,
organismo di coordinamento e di
è questo è sotto gli occhi di tutti.
Centri, peraltro, che spesso si fanno concorrenza a vicenda vivendo
periodi di crisi alternativamente”.
Le due associazioni poi condannano le aperture domenicali fatte
dalla grande distribuzione che, a
loro dire, danneggiano valori forti
Giovanni Guarino
Noi non siamo contro la grande
distribuzione, ma contro il disequilibrio del sistema commerciale. Ci sono troppi grandi centri
commerciali nel nostro territorio
Giovanni
Guarino:
Oramai
sono troppe
le grandi
strutture
nel nostro
territorio
come l’unione familiare e la vita
sociale, e che i piccoli commercianti, gestori di attività spesso a
conduzione familiare, non riescono a fare per ovvi motivi. Criticata
Febbraio
anche la stessa modalità di nascita,
quasi selvaggia, di queste strutture
così imponenti. “Non esiste un
piano commerciale urbanistico
numerico nella nostra provincia –
continua Guarino – che permetta
un’analisi puntuale delle attività,
delle superfici, che tenga in considerazione lo sviluppo economico
e sociale del territorio e dove progettare nel dettaglio la nascita di
questi centri”. “Negli anni – continua Randazzo – non si è fatto
altro che dare spazio ai grandi
potentati economici che hanno
contribuito alla distruzione della
piccola e media impresa, vittima
di una burocrazia asfissiante”. “La
colpa della situazione critica che si
vive da noi – dice Guarino – è della cecità della politica nella gestione dello sviluppo economico. Non
esistono indirizzi di sviluppo e si
è dato vita a tante iniziative volte
solo a svuotare il centro storico e
con esso progressivamente a desertificare le città. Facciamo pure i
centri commerciali ma facciamoli
al centro della città, recuperando
vecchi palazzi abbandonati e inutili”. “Occorre rilanciare e sostenere la piccola e media impresa locale – continua Lillo Randazzo – e
per farlo sono necessarie nuove
strategie di marketing territoriale
e politiche sul credito, che permettano anche di abbattere i costi sempre più ingenti del lavoro”.
“Bisogna ridare competitività al
territorio, - conclude Guarino
– e favorire la
produttività”.
“Forse – secondo il presidente
di Confesercenti – non si tratta
solo di sottosviluppo economico ma anche
culturale della
nostra provincia. Ci stiamo
battendo anche
per il riconoscimento del
nostro territorio come zona
franca che potrebbe davvero
contribuire al
decollo della
provincia”.
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L’ ESPERTO
La sindrome
da shopping?
Una malattia
ACQUISTI IN CALO. I commercianti tirano un bilancio sulle vendite
Neppure le feste
compiono il miracolo
C
he la situazione del
commercio e dei
suoi
protagonisti
non sia delle mi-
Loredana Dellaira
gliori a Caltanissetta è chiaro
a vedersi. Ma sentirla direttamente dalle parole di chi la
vive ogni giorno fa davvero riflettere. “L’unico aggettivo che
mi sento di accoppiare a quello del commercio nella nostra
città – dice Loredana Dell’Aira,
del gruppo Expert - è <triste>,
forse legato anche alla paura
dei clienti circa le scarse risorse economiche a disposizione.
Le vendite nel periodo delle
feste quest’anno non sono state quelle a cui eravamo abituati”. “I saldi sono andati più o
meno bene per chi li ha anticipati al periodo delle festività
natalizie – dice Antonio Gruttadauria, presidente del centro
commerciale naturale Centro
Storico – Dopodichè, concluse
le feste il fatturato ha ripreso
livelli critici”. “Il periodo dei
“
Dell’Aira:
Meglio
limitare
il numero
di attività
saldi ormai non porta nulla
di eccezionale – dichiara Salvatore Polizzi, presidente del
centro commerciale naturale
Palmintelli – e la gente aspetta
il 50% o più prima di acquistare qualcosa”. “Ormai vendiamo il prezzo non il prodotto
– aggiunge Loredana Dell’Aira
– Sarebbe necessario poi limitare il numero di attività com-
Salvatore Polizzi
merciali in alcuni settori che
in proporzione alla popolazione è diventato davvero eccessivo e si dovrebbe diffondere
più ottimismo tra i nisseni”.
“Diciamo che la nostra realtà
di centro commerciale naturale, con gli eventi che abbiamo
organizzato – continua Gruttadauria – ha tamponato in
parte gli effetti negativi che la
crisi economica porta con sé”.
“Il sabato e la domenica però –
dice Polizzi – la città si svuota
all’assalto dei centri commerciali. “La grande distribuzione
– sostiene Gruttadauria - che
si espande ormai a dismisura
danneggia tanti settori, come
abbigliamento e agroalimentare. Si tratta di realtà frutto
di un vuoto normativo sulla
materia nel nostro territorio”.
“Speriamo che il 2011 – conclude Polizzi – sia un anno
“
Polizzi:
I saldi
non portano
nulla
di eccezionale
migliore, di risalita, perché in
queste condizioni non ce la
possiamo fare”.
L.I.
I saldi sono un richiamo irresistibile per le vittime della
‘sindrome da shopping ‘. ‘’Un
fenomeno in forte aumento
nonostante i rincari, che miete
vittime soprattutto fra le donne,
quattro volte più
colpite rispetto
agli uomini dalla
‘mania per gli acquisti’. E rischia
di scatenare crisi
di ansia in occasione dei saldi’’.
A descrivere questa forma
di ‘’tossicodipendenza senza
droga’’ e’ il neurologo Rosario
Sorrentino, direttore dell’Ircap,
traccia un identikit della paziente-tipo. ‘’Si tratta per lo più
di trentenni o quarantenni, dotate di carta di credito, attente
alle lusinghe della moda e particolarmente attratte da scarpe,
borse e oggetti di profumeria’’.
Ma in realtà tutto può catturare lo sguardo e accendere il
desiderio di una ‘drogata degli
acquisti’. ‘’Davanti alle vetrine
sono colte da eccitazione, ma
anche inquietudine e ansia, che
si placano solo dopo che ci si
e’ aggiudicato il momentaneo
oggetto del desiderio. L’acquisto, infatti - dice il neurologo
- libera dopamina nel cervello
dei maniaci dello shopping,
regalando un senso di soddisfazione e un piacere intenso,
ma effimero’’. Così’ si torna a
casa con un oggetto in più, ‘’in
genere inutile, che viene accumulato negli armadi.
Una schiavitù che alla lunga
scatena sensi di colpa. I ‘drogati’ dello shopping non resistono all’eccitazione di sfoderare
la carta di credito. “Il ‘brivido’
nel passare alla cassa - spiega
Sorrentino - è lo stesso che
prova il cleptomane nell’uscire
dal negozio senza aver pagato”.
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Febbraio
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Storia & Cultura
LA RICORRENZA. Un secolo fa moriva l’artista campano reso celebre dalle sue magnifiche sculture
Francesco Biangardi,
il “papà delle vare”
di Alessandro Maria Barrafranca
C
ento anni fa moriva a Caltanissetta Francesco
Biangardi uno
dei più apprezzati scultori
che la nostra città abbia
mai accolto e nella quale lo
sta unione
nel
1861
nacque Vincenzo.
Nel
1864
dopo un incontro a Na-
Sopra un particolare della “Prima Caduta”
del 1886. A fianco la Madonna dei Miracoli di
Mussomeli
FOTO di A. Barrafranca
stesso lasciò, insieme al figlio Vincenzo, i “graffi”
della sua ineguagliabile
arte.
Poco, in verità, ancora oggiAggiungi un appuntamento per oggi, a distanza
di un secolo, conosciamo
sulla sua vita ma molto
delle sue doti scultoree legate soprattutto alla plasmazione dei sacri misteri,
le “Vare”, che i ceti artigiani della città conducono
processionalmente in corteo la sera del Giovedì
Santo.
Francesco nacque a Napoli il 23 febbraio 1832 da
Vincenzo Bingardi e Carolina Tugno. Suo padre
noto intagliatore, (impegnato anche presso la corte di Napoli) lo indirizzò,
sin dalla fanciullezza, a
muovere i primi passi
nell’arte. Trascorsi alcuni
anni il giovane scultore si
recò a Roma presso l’Accademia d’Arte per affinare
le sue tecniche.
Fatto ritorno nella città
natale e avviata una rinomata bottega, che gli permise di imporsi fra i più
rinomati scultori, si sposò
con una vedova, di cui
sconosciamo il nome la
quale gli portò un figlio,
nato dal precedente matrimonio, di nome Fortunato.
Morta la prima moglie,
Francesco si risposò, probabilmente nel 1860, in
seconde nozze con una
sua compaesana di nome
Giovanna Allegra, da que-
poli con Don Camillo Palermo
priore
della
Congrega del Preziosissimo Sangue dell’arcipretura
di San Girolamo si trasferisce insieme alla moglie
Giovanna, il primogenito
Vincenzo e il figliastro
Fortunato a Cittanova.
Stabilitosi nella località calabrese “Don Ciccio”, così
come era simpaticamente
chiamato, mise su un’avviata bottega familiarizzando con i migliori falegnami del tempo. Nella
detta città lo scultore risedette nove anni, ebbe ben
sei figli e fu ampiamente
impegnato nella produzione di 11 gruppi scultorei, “Varette” raffiguranti
la passione e morte di Cristo, che annualmente sono
condotte in processione la
sera del Venerdì Santo.
Nel 1873, dopo aver ultimato il rifacimento del simulacro della Madonna
della Pace, riceve da padre
Alaimo dell’ordine dei
Predicatori e intimo amico dello scultore sin dai
tempi in cui questi si trovava a Napoli, l’incarico di
scolpire la Madonna del
Carmelo per la chiesa del
Carmine di Mussomeli.
Fatti dunque i bagagli si
trasferì nella piccola località dell’entroterra siciliano
dove, insieme al figlio Vincenzo e al figliastro Fortunato mise su una bottega
presso la chiesa dell’Opera
Santa da tempo chiusa al
culto, scolpendo, fra le altre opere, la Madonna dei
Miracoli, verso cui, in tutto il Vallone, si serba una
profonda venerazione. Dal
1882 iniziò a lavorare, in-
sieme al
figlio
Vincenzo, all’allestimento dei
gruppi sacri
della Pasqua Nissena ai quali, nonostante la povertà dei materiali utilizzati per renderli
meno pesanti al trasporto,
seppe dare quell’indiscussa bellezza. Accresciutasi,
pertanto, le commesse che
giungevano da Caltanissetta, decise, sotto invito
di amici più intimi fra i
quali padre Alfonso Palermo rettore della chiesa di
San Sebastiano, di trasferirsi definitivamente nel
capoluogo, così che, raccolti i pochi arnesi da lavoro lasciò per sempre
Mussomeli il 18 agosto
1886 impiantando le tende
a Caltanissetta. Nel capoluogo resse per anni la cattedra di plastica dell’Istituto
Provinciale
di
Beneficenza Umberto I,
dove oltre a portare a termine la scultura delle Vare,
si dedicò ad avviare all’arte
nu m e r o s i
giovani
promettenti fra cui
ricordiamo i
nisseni, Giacomo
Scarantino, il sancataldese
Giuseppe Emma e il mussomelese Salvatore Cardinale. Il 23 settembre del
1890 moriva, appena trentenne, il figlio Vincenzo,
probabilmente per sifilide
o delitto d’ onore. Rimasto
intanto il solo Francesco
nell’esecuzione delle opere, in esse non si palesò
più quell’armonia di forme
e colori che solo la giovane
mano di Vincenzo riusciva ad imprimere.
Il 21 febbraio del 1911 si
concludeva anche l’esistenza terrena del “papà delle
Vare” ma Caltanissetta
non lo ha mai dimenticato, e il suo nome continua
a risuonare, affiancato a
quello dello sfortunato figlio Vincenzo, annualmente in occasione della
Settimana Santa nissena.
Febbraio
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21
Teatro
L’INCONTRO CON LUCIA SARDO. Il suo “Immensamadre” di recente in città
“Io, donna siciliana
metafora di una terra”
di Laura Bonasera
L
a schiettezza e l’audacia
del quadro di Gustave
Courbet, “L’origine du
Monde”. La prima scena
di “Immensamadre” rimanda ad
una genesi. Senza scandalo o clamore, però. E’ una parabola antica, ancestrale. Dal parto alla crocifissione di un figlio, una madre
rinasce e muore. Una donna
ama. E denuncia, anche. Vita e
lutto insieme, la donna. Metafora di una terra che si ribella. E
grida “No” alla mafia. Una produzione della Compagnia
dell’Arpa, approdata al teatro
Regina Margherita, che dopo il
successo siciliano, sta tentando
di sbarcare oltre i confini nazionali. Protagonista Lucia Sardo,
fotografata nel manifesto da Carlos Freire, affiancata da una brillante Elisa Di Dio che ha anche
curato, insieme a Filippa Ilardo,
la drammaturgia con testi da Ril-
ke, Levi, Buttitta, Bufalino, Esiodo e Testori, e Patrizia Fazzi. Una
tragedia greca, firmata dal regista
Sebastiano Gesù, che mette in
scena oltre ad un coro di giovanissime promesse, anche i lamentatori di Assoro e le musiche popolari ricercate nel passato da
“
La mafia
non si
sconfigge
con i fucili
ma con
la cultura
Giuseppe Di Bella. Due monologhi, due donne. Struggenti e viscerali. Il dolore esasperato della
madre di Salvatore Carnevale,
tratto dal testo di Carlo Levi “Le
parole sono pietre”, interpretato
dall’attrice Elisa Di Dio e il monologo della madre di Peppino
Impastato, scritto e interpretato
dall’attrice, Lucia Sardo. Scalza,
lei. Di nero vestita. Porta addosso
il peso di una piaga. La mafia. Lì,
sulla schiena. La curva, la sottomette. Ma lei scalpita, si muove
ossessiva alla ricerca di una liberazione.
Chi è l’“Immensamadre” per Lucia Sardo?
- “E’ la mamma di Peppino Impastato, Felicia. E’ una sorta di sopravvissuta. L’ho interpretata nel
film “Cento Passi” di Marco Tullio Giordana. Ma prima del film
non ho voluto incontrarla. Avevo
paura di scimmiottarla. Ho preferito lavorare da attrice per conoscere in me il genuino nucleo del
dolore. Significa entrare in una
sorta di vibrazione immensa.
Non è facile perché ad un certo
punto il corpo non sa se è vera. Il
corpo di un attore subisce stress
incredibili. Questo è un mestiere
che può essere anche pericoloso
per chi non conosce il percorso
del ritorno alla realtà”.
Quando hai conosciuto Felicia
Bartolotta Impastato?
- “L’ho vista a Cinisi dopo il film e
la mia vita è rimasta segnata. Non
era più una madre addolorata ma
una sacerdotessa che accoglieva i
ragazzi e spiegava loro la vita. Testa alta e schiena dritta – diceva
– Guardate sempre dritto negli
occhi. La mafia non si sconfigge
con i fucili ma con la cultura”.
Lucia Sardo, madre…
- “Ho un figlio di 19 anni, Gioacchino. E’ nato in teatro, praticamente. L’ultimo spettacolo lo feci
che ero incinta di 7 mesi e il successivo quando era nato da 20
giorni. Ha fatto già un ruolo in
una fiction con Roul Bova. Ma
oggi deve fare una scelta, come
tanti giovani aspiranti attori. O
l’impiegato Rai o l’artista. Se vuole fare l’artista deve studiare andando via dall’Italia. Qui gli attori
vivono di emergenze: o mangi o
studi. Da 30 anni giro l’Europa. E
ho visto come in altri stati l’attore
può permettersi il “lusso” di studiare perché è sostenuto dallo
stato anche quando non lavora-
no. Gli pagano
la disoccupazione”.
La mafia?
- “La mafia è diventata ormai un sistema planetario legato solamente a Pil di
emozioni, corpi e oggetti. Tutto ha un valore
commerciale. Per questo,
anche l’arte è diventata commercio. E quella più autentica spesso
non si vende. Ecco perché consiglio di andar via. E’ vero: “cu nesci arrinesci” . E’ brutto da dire
ma è così. Qui non si riesce a far circuitare nemmeno uno spettacolo.
Gli allievi della mia
scuola lo sanno bene.
“Le Troiane”, uno spettacolo che abbiamo allestito sul tema delle donne
violate non riesce ad andare in scena. Interessa
altro. Perché si vende altro”.
Sopra Lucia Sardo impegnata in
una scena della sua opera,
in questi mesi in giro per l’Italia.
Sotto Lucia mentre risponde alle
nostre domande.
A fianco Marzia Ciulla allieva
nissena dell’attrice. In basso a
sinistra Felicia Bartolotta
la madre-coraggio di Peppino
Impastato, il giovane massacrato
dalla mafia a Cinisi nel 1978.
22
Febbraio
www.ilfattonisseno.it
Fatti & Dintorni
REPORTAGE. Un osservatorio astronomico, un planetario, un complesso termale, un museo
della zolfara, due piscine, un cine-teatro e tre musei etno-antropologici . Il tutto
a disposizione di una popolazione di soli 1.600 abitanti
Welcome to... Montedoro,
il paese dove non manca nulla
di Erika Diliberto
T
ra i 22 paesi della
provincia nissena
ve n’è uno in particolare che appartiene ai comuni del Vallone:
Montedoro. In un passato
assai remoto la località venne abitata dai Sicani e poi
dai Siculi. Fondato grazie
ad una “licenza populandi”
ottenuta dal principe Don
Diego Tagliavia Aragona
Cortez nel lontano 1635, il
Comune di Montedoro, che
oggi conta un popolazione
di soli circa 1600 abitanti
oltre alle bellezze del luogo,
alla sua ricca storia, alle sue
antiche tradizioni alla sua
arte culinaria, si diversifica
da tutti gli altri Comuni per
la presenza sul suo territorio
di strutture di varia natura
importanti e più che imponenti. Il piccolo comune
nisseno può vantare nientemeno che un osservatorio
astronomico, un planetario, un grande complesso
termale e un importante
museo della zolfara oltre
che a ben due piscine di cui
una semi-olimpionica, di
un cine-teatro della capienza di 300 posti a sedere, tre
musei etno-antropologici o
qual si voglia della “civiltà
contadina” ed una capacità
ricettiva fra alberghi e case
vacanze di ben 120 posti
letto. Le tre case museo della
civiltà contadina: due in via
Rapisardi, un’altra sita in via
Nuova vennero acquistate e restaurate dal comune
per poi divenire musei; al
loro interno vi si troviamo
attrezzature e utensili vari
della tipica casa contadina
dell’epoca. Da “lu cufilaru”,
(cucina a legna), a “li cuppina” (mestoli), a “lu scula-
pasta” (scolapasta), ai tavoli,
le sedie, “li trispa” (sostegni
in ferro per letto) ma anche attrezzi da lavoro quali
l’aratro a mano, “lu furcuni”,
ecc. Caratteristica è “l’arcova”, parte della casa con
il tetto a volta e la “stadda”
adiacente alla casa con la
mangiatoia per gli animali.
Numeri importanti questi
dunque per un piccolo Comune del Vallone, che negli
anni ha investito perché si
realizzasse un sogno ovvero la crescita e lo sviluppo
economico del luogo. Nonostante gli sforzi dell’Amministrazione e del Sindaco
per riscattare il paese, molti
1975 nel territorio
di Montedoro, sono
state infatti lavorate
diverse miniere di
zolfo come quelle di
Nadurello, Stazzone
Sociale, Grottazze e
Gibellini. Dal 1957 al
1980 nelle vicinanze
di Montedoro vi è
stata anche la lavorazione di sali potassici. Le alterne fasi
del mercato dello zolfo nel
1896 hanno danneggiato irreparabilmente l’economia
locale ed hanno dato inizio
a correnti di emigrazione
verso gli Stati Uniti d’America e dal 1946 verso i paesi
Nelle foto alcune tra le attrazioni del paesino. A sinistra l’Osservatorio astronomico, sopra il Museo delle Zolfare. In altro
a destra il sindaco della cittadina Federico Messana.
di questi progetti purtroppo
non ne vogliono sapere di
decollare. Da quel lontano
1635, quando il principe
Don Diego Tagliavia fondò
Montedoro nel feudo “Balatazza”, per circa due secoli il
paese ha fondato la propria
economia sul duro lavoro
delle miniere. Dal 1815 al
europei e le città industriali dell’Italia settentrionale.
Oggi il paese ha un’economia in prevalenza agricola
e terziaria, e come tanti altri
comuni del Vallone rischia
di scomparire o di divenire
un “dormitorio per anziani”, nell’arco di una ventina
d’anni.
Il sindaco Messana
“Punto di riferimento
per l’intero Vallone”
Chi meglio del primo cittadino di Montedoro Federico Messana può rac-
nerario, abbiamo cercato
di valorizzare al meglio le
testimonianze della storia
“
contarci dei sogni e della
voglia di riscatto di questo
piccolo comune del Vallone. “Negli ultimi anni la
mia amministrazione ha
voluto investire sul nostro
territorio. Abbiamo costruito affinché potesse essere data a Montedoro una
prospettiva. La creazione
dell’ osservatorio astronomico sul Monte Ottavio,
nel punto chiamato “Pupiddru” e oggi del Planetario, unico nel panorama
siciliano, sta a significare
quanta importanza abbiamo voluto dare alle potenzialità turistiche che oggi è
in grado di offrire il paese.
Tali strutture non possono
essere replicate con facilità da altri comuni per cui
potranno costituire un
vero e proprio punto di riferimento all’interno della
cosiddetta zona del vallone. Le altre strutture presenti a Montedoro sono
complementari a queste e
si prefiggono il medesimo
obiettivo ovvero evitare la
dispersione dei beni culturali e in secondo luogo
suscitare l’interesse esterno. Con il complesso mi-
Siamo unici.
Le nostre
strutture
non possono
essere
replicabili
dello zolfo che conserviamo nel nostro territorio.
Abbiamo inoltre realizzato
un museo della zolfara che
credo sia unico non solo
nella provincia ma in tutta
la Sicilia”. Il primo cittadino di Montedoro ha voluto inoltre rendere chiara la
questione legata al grande
complesso termale, ancora oggi non funzionante:
“Questa struttura venne
realizzata negli anni 90 ed
è stata finanziata inizialmente dal Ministero degli
interventi straordinari nel
Mezzogiorno. Lo scopo
era quello di realizzare nel
centro Sicilia un impianto termale perché qui a
Montedoro abbiamo delle
acque sulfuree che hanno
notevoli qualità curative.
Non siamo però riusciti a
completare l’opera perché
quando abbiamo avuto il
finanziamento, le cure termali erano a carico dello
Stato e avrebbero dovuto
esser coperte dalla mutua, ma in corso d’opera
la legge fu cambiata e oggi
le cure termali non sono
più mutuabili Abbiamo
pensato allora di riconvertire l’opera e di farne una
struttura sanitaria indicendo una gara pubblica”.
E.D.
F
Febbraio
ocus & lettori
www.ilfattonisseno.it
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PAROLA AI CITTADINI. Stranieri, dinanzi il “Sant’Elia”, chiedono in maniera assillante la carità
Quelle “prepotenze” nel parcheggio
Una questione relativamente recente, quella della pacifica
integrazione tra i nisseni e gli
ospiti provenienti da paesi dove
incombono guerre e carestie, una
integrazione spesso non semplice e facilmente gestibile, come at-
singano la nostra redazione, perché i nisseni ci ritengono capaci
di dar voce ai problemi della città,
dall’altro lato ci investono della
responsabilità di palesare i problemi a chi dovrebbe aver cura di
trovare delle soluzioni. Una que-
Una visione del parcheggio dell’ospedale “Sant’Elia”.
testano le decine di segnalazioni
pervenute alla nostra redazione a
distanza di appena un mese dalla prima apparizione de “Il Fatto
Nisseno”. Se tali segnalazioni lu-
stione delicata dicevamo, perché
riguarda gli atteggiamenti di alcuni ragazzi extracomunitari,
giovani meno fortunati dei nostri
concittadini, che si trovano in
Lettere ai Tafano
città per sfuggire da paesi dove
il solo risvegliarsi al mattino è
una costante incognita.
Decine sono infatti i giovani
nord a fricani
che ogni
giorno
stazionano nel
parcheggio
dell’Ospedale
Sant’Elia chiedendo talvolta con fare delinquenziale anche un solo euro ad
ogni passante, divenendo insistenti in caso si tratti di donne o
anziani. L’eventuale diniego, viene
accettato non di buon grado, dato
che le segnalazioni, parlano di
ragazzi che non si spostano dalla
traiettoria delle auto in moto sin
quando non gli viene riconosciuta l’offerta, o che spezzano i tergicristalli a mo di intimidazione,
o ancora graffiano le auto. Sono
sempre le donne, ad essere rite-
nute il principale bersaglio della
insistente richiesta di offerta. Ad
aggravare la situazione il fatto
che tali episodi avvengano anche
durante le ore serali, quando la
condizione fisica e mentale di chi
si reca in un ospedale a trovare i
propri cari che stanno male o per
lavoro è già difficile. I cittadini
chiedono pertanto una maggiore
attenzione delle forze dell’ordine
nella zona. Le diverse segnalazioni le giriamo agli organi competenti promettendo di approfondire l’argomento.
Redazione IFN
Fai la tua domanda ai tafano!
Visita
C
www.tafanobroders.it
Sono Silvio, come posso conquistare una donna?
arissimi ed estimatissimi Tafano,
mi chiamo Silvio abito
vicino Milano e nonostante abbia superato la settantina ho un
aspetto fresco e giovanile. Qui
mi occupo un po di tutto, insomma quello che capita.... anche se
la mia vera passione è quella per
il mondo dello spettacolo.... ho
una particolare predisposizione
alla comicità. Recentemente mi
sono fidanzato. Sono sicuro di
avere finalmente trovato l’amore
della mia vita. Mi sento rinascere
quando sto con lei, anche perchè
è molto più giovane, e questo mi
da slancio ed entusiasmo (anche
con l’aiuto di un po’ di viagra). I
miei amichetti, Emilio e Lele mi
prendono in giro per questa mia
cotta.... ma loro non capiscono...
per loro la donna serve solo per
fare “bunga bunga” e basta! Quello che vi chiedo è: come posso far
colpo sulla mia fidanzatina per il
giorno di San Valentino? Cordialità e prosperità.
Silvio
23
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