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Il notissimo frammento non sembra soffrire della
MARIA GRAZIA BONANNO ALCAEUS FR. 140 V. Il notissimo frammento non sembra soffrire della presunta mancanza del primo verso 1 . L'iniziale μαρμαίρει apre una lunga e martellante descrizione di armi, chiusa infine da un perentorio appello: των ούκ εστι λάθεσθ·' έπεί / δή πρώτιστ' ύπά έργον εσταμεν τάδε*. Problematico il valore dell'ode: ma già quello, sorprendentemente antiquario, della fulgida attrezzatura bellica. Da λάμπραι κύνιαι pendono nostalgici ΐππιοι λόφοι, omericamente ondeggianti3. Accanto ad ataviche χάλκιαι κνάμιδες giacciono •9-όρρακες ... λίνω, usbergo dei già da tempo estinti Amfio ed Aiace 4 : che ancora costituiscano normale difesa per Alceo e compagni, giustamente sconcerta. I rilievi dello Snodgrass — che sottolinea almeno la più moderna presenza dì oplitiche κόϊλαι άσπιδες5 — non intaccano sostanzialmente la critica opinione del Page: "It is instantly apparent that Alcaeus' equipment is (...) eccentric and relatively old-fashioned"®. Non più che volonterosa rimane l'opposta affermazione 1 Integro riteneva il carme H. Jurenka, Alcaica, WS 20 (1898), p. 127. La traccia di tre lettere sopra ]αΙρει δέ[ in POxy. 2295, fr. 1, ha fatto postulare al Lobel, e ai successivi editori, la mancanza di una serie di gl./gl. dig. (per la struttura metrica, cf. Β. Gentili, Maia XV [1963], p. 120). Da ultima, E. M. Voigt, Sappho et Alcaeus. Fragmenta, Amsterdam 1971, p. 242, inspiegabilmente indica l'assenza di una sola parte del v. 1, cioè di due cola, dimenticando l'indispensabile colon d'apertura: il v. 2 (in realtà la 1. 2 del papiro) sarebbe dunque il v. 3. Tuttavia, come il celebre άσυννέτημμι (fr. 208 V.), anohe μαρμαίρει appare un sonoro incipit: cosi l'intende il primo testimone Ateneo (v. infra), impegnato, fino a prova contraria, in una compiuta citazione. Per una possibile conferma alessandrina, v. infra. Per l'iniziale δέ, che ha continuato improbabilmente a suggerire l'acefalia, sono sempre valide le osservazioni del Jurenka (1. c.). Sul δέ incettivo, cf. comunque Denniston1, pp. 172s. Quanto poi al conclusivo έργον τάδε, esso non rimanda ad un'impresa altrove annunciata nel carme: Alceo non deve informare la propria eteria di una realtà evidentemente già nota e comune, ma gli basta indicarla, appunto col dittico τόδε. 3 Seguo di norma il testo della Voigt (1. c.). Qui non sono tuttavia d'accordo sulla necessità di eliminare lo iato (forò έργον cod.), leggendo col Lobel ύπά τώργον. Converrà attenersi all' ύπά έργον dell'Ahrens: „se si considera che su circa 250 casi di ίέργον e .Ρεργάζομαι in Hom. il digamma opera per più della metà, analoga azione non si potrà negare nel tessuto fortemente omerizzante di questa ode" (B. Marzullo, Frammenti della lirica greca, Firenze 1967', p. 104). 3 Per i w . 4 ss. κυνίαισι, κάτ / ταν λεϋκοι κατέπερθεν Ιππιοι λόφοι / νεύοισιν, cf. Γ 336 β. (= Ο 480s., etc.) χυνέην ... / ... ίππουριν · δεινόν δέ λόφος καθ-ύπερθεν ένευεν. 4 Cf. λινο&ώρηξ in Β 529 e 830, su cui Α. Sacconi, 2Ant 21 (1971), pp. 49 ss. La corazza di lino, che riapparirà nell'armatura greca solo molto più tardi e di rado, è in realtà un indumento barbaro, cf. D. L. Page, Sappho and Alcaeus, Oxford 1955, p. 215. Su tale eccentricità, v. infra. 5 A. Snodgrass, Early Greek Armour and Weapons, Edinburgh 1964, p. 182. * Page, p. 211, che si rifà a H. L. Lorimer, Homer and the Monuments, London 1950. 1 Zeitschrift „Philologue", 1 Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM 2 M A S Í A GRAZIA BONANNO del Bowra: "The arms so described are contemporary and the best that money can buy" 7 . Eppure dei due studiosi, l'un contro l'altro ,armati', è il primo a dovei· condurre da solo la battaglia8. Lo stesso Ateneo giurava sulla presenza dei bellici arnesi addirittura in casa di Alceo, poeta μουσικώτατος e ad un tempo μάλλον του δέοντος πολεμικός: avrebbe fatto meglio a riempire την οίκίαν ... μουσικών οργάνων ( X I V 627 a—b). Ή Frankel, dal canto suo, non ha dubbi: „In langer Aufzählung führt der streitbare Sänger den Vorrat an Waffen und Kriegsgerät vor, den er in seinem Hause birgt"9. H Treu ribadisce: „In einem Arsenal sind Waffen nicht .Schmuck' der Wände" 10 . Da ultimo G. Maurach ritiene risolta la pur spinosa questione, rifiutando semplicemente la qualifica di „exzentrisch und altmodisch" per l'armamento alcaico, preoccupandosi piuttosto di dimostrare come l'intero carme sia dominato non già da mi „ruhiges, sehr breites und selbstgefälliges Behagen", apprezzabile „dank dem langsamen Tempo"11, bensì da un'autentica, progressiva tensione, dovuta proprio alla sentita attesa del combattimento. H luccichio delle armi, già utile a Teti per risvegliare in Achille la nostalgia della mischia, sarebbe ancora utile ad Alceo per suscitare nei compagni l'ansia del cimento12. Vero è che tale pericoloso „Glanz der Waffen" ha rapito perfino gli occhi degli interpreti: ammaliati dal lucido bronzo, che invade quasi tutta l'ode ( w . 3—13), si sono premurati di saggiarne il pronto e indispensabile uso13, dimentichi però dell'epigrammatica, e programmatica, dichiarazione finale ( w . 14 s.). L a chiave del carme sta proprio nella sua breve chiusa. C è infatti da chiedersi che cosa significhi — realisticamente inteso — il secco των ούκ εστί λάθεσθ(αι) : C. Μ. Bowra, Greek Lyric Poetry, Oxford 1961», p. 138. Unico alleato Β. MarzuUo, o. c., p. 103, per cui „il tipo di armamento qui descritto è singolarmente arcaico, ignora le innovazioni apportate dalla tattica oplitica, in particolare la lancia qui sostituita da robuste spade calcidiche". • H. Frankel, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 1968s, p. 53; cf. Dichtung und Philosophie des frühen Griechentums, München 1969s, p. 214; J. Trumpf, Studien zur griechischen Lyrik, Dies. Köln 1968, p. 47 („das väterliche Haus?"). 10 M. Treu, Alkaios. Lieder, München 1963*, p. 158. 11 Cosí H. Frankel, Wege cit. p. 53. u G. Mauraoh, Schilderungen in der archaischen Lyrik, Hermes 96 (1968), pp. 15 se. I rilievi .archeologici' sono a p. 16, n. 4. Quelli stilistici hanno un precedente nell'osservazione del Gentili: „ L a precisa ed elaborata enumerazione (...), se anche ricalca formule di analoghe descrizioni epiche (ad es. II. 3, 330 ss.), ha tuttavia una personale impostazione di stile. Nel rapido incalzare dei periodi che procedono per paratassi senza nessi logici, nel ritmo impetuoso dei gliconei, rotti dalla clausola digiambica, è la gioia, l'attesa, l'ansia del combattente" (ap. G. Perrotta—B. Gentili, Polinnia, Messina-Firenze 19652, p. 192). 18 Nonostante le premesse, anche il Page concede che "it is (...) obvious that Alcaeus is describing the equipment of his comrades-in-arms, not that of legendary heroes" (o. c., p. 212), e conclude che "it may be inferred from the nature and occasion of the description that the objects aré more numerous and more elaborate than usual" (p. 223). Più scettico il Marzullo: „Se proprio si trattasse della sua casa ( . . . ) e se il verso finale riconducesse ad un evento particolare, la trasfigurazione operata da Àlceo acquisterebbe dimensione poetica stupefacente" (o. c., p. 103). 7 8 Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM Alcaeus fr. 140 V. 3 che l'imminente ed impegnativo έργον non concede di scordarsi dell' indispensabile armamentario? La musicalissima14 arringa suonerebbe paterna, fin domestica predica. Stonata per un' eletta schiera di εταίροι. Né varrebbe ad intonarla l'ipotesi del Maurach, realistica a metà, e tuttavia pleonastica: se il magico luccichio già incanta lo sguardo dei presenti, par superfluo scongiurarne la distrazione. Va invece rilevata la tipica connotazione di λαθέσθαι e del reciproco μνήσασθαι, comune al linguaggio eroico ed aristocratico, quindi omerico prima che alcaico. Nell'Iliade λαθέσθαι e μνήσασθαι (vel ούδε λαθέσ&αι) in connessione con άλκής vel χάρμης, costituiscono ossessivo stilema, esprimono l'ovvio concetto del timore o dell'indugio e, viceversa, del coraggio o dell'impegno nelle alterne vicende di guerra. Istruttiva l'esortazione μνησώμεθα χάρμης (O 477, Τ 148, cf χ 73), significativa l'equivalenza oì δέ (sc. Τρώες) φόβοιο / ... μνήσαντο, λάθοντο δέ ... άλκης (Π 356 s.), ma non meno significativo il seguito, dove ai disanimati Troiani si contrappone l'intrepido, e quindi b e n a r m a t o Aiace: Αίας δ'ό μέγας ... ¡ ίετ' άκοντίσσαι. ó δέ ίδρείη πολέμοιο, / άσπίδι ταυρείη κεκαλυμμένος κτλ. ( w . 358 ss.). Solo la morte può indurre l'eroe a „dimenticare" la propria vocazione: κεΐτο (sc. ó Κεβριόνης) μέγας μεγαλωστί λελασμένος ίπποσυνάων (Π 776). In Alceo λάθεσθαι e μνάσθην puntualmente riaffiorano, ad indicare però una situazione ancor più specifica. Le .audaci imprese', regolare oggetto del „dimenticare" e „ricordare", si collocano più propriamente nel passato. Paradigmatico il fr. 6 V., che svolge il classico tema del μή καταισχύνειν γένος, secondo i principi ancora una volta aristocratici e già epici15. Nel momento del pericolo, per non infamare la propria schiatta, è necessario e sufficiente seguire l'esempio dei padri, ricordandone le trascorse gesta. Di fronte al minaccioso incalzare del κϋμα, Alceo grida ai compagni μνάσ&ητε των πάροιθε μ[όχθων (v. 11), e quindi μή καταισχύνωμεν ... / έσλοις τόκηας ( w . 13 s.). Identica la dinamica del nostro carme: una determinata occasione di lotta (έργον τόδε) fa scattare in Alceo la molla della parenesi — una έπ' άνδρείαν προτροπή intendeva appunto consegnarci il testimone Ateneo16 —, che si traduce nel rituale richiamo alle glorie acquistate 14 Dalla μουσική, anticamente valida a risvegliare il coraggio, Ateneo prende lo epunto per citare i versi di Alceo, ποιητής πολεμικός eppure μουσικώτατος (cf. supra). Dopo aver accennato all'antico uso dorico di introdurre αύλόν καΐ ¿υθμόν είς τόν πόλεμον, cioè βργανα μουσικά in funzione bellica (626b), il testimone passa agli βργανα πολεμικά, delizia del pur lirico Alceo (già Afchiloco si professava prima θεράπων . . . Ένυαλίοιο, e poi Μουσέων . . . δώρον έπιστάμενος: 627 c = fr. ÌW.), per tornare nuovamente alle marce spartane μετ' αύλών, a quelle cretesi μετά λύρας, a quelle lidie μετά συριγγών καΐ αύλών (ib. d). H curioso procedimento chiastico, quasi memore del platonico ¿áv μή ή oí φιλόσοφοι βασιλεύσωσιν, ή oí βασιλείς φιλοσοφήσωσιν (Besp. 473 c), sarà puramente casuale. 15 Sul τόπος si veda W. Haedicke, Die Gedanken der Griechen über Familienherkunft und Vererbung, Diss. Halle 1937, pp. 34 se.; C. Prato, Tyrtaeus, Romae 1968, p. 90; M. G. Bonanno, Museum criticum 8—9 (1973—74), pp. 191 ss.; 135 ss. M Cf. n. 14. L'opportuna osservazione, pur altrimenti finalizzata, è già di G. Maurach, o. c., p. 20. 1* Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM 4 M A R I A G R A Z I A BONANNO dagli avi, qui evidentemente testimoniate dai loro tangibili cimeli. Non a caso, dunque, le armi additate dal poeta appaiono „old-faehioned" : sono in realtà autentici trofei, costituendo il simbolo — per cosi dire .araldico* — di una nobile e antica tradizione, cui la dizione epica conferisce adeguato suggello formale. Una precisa conferma — della determinante connotazione del suo λάθεσθ(αι) e della valenza propriamente .araldica' del sao armamentario — viene dallo stesso Aleeo, impegnato nell'esibizione del proprio lignaggio, quanto nel disprezzo dei κακοπάτριδαι. Vale la pena di rileggere, con più accorta malizia, quella che non esiterei ad intitolare la .ballata del parvenu* (ir. 72 V.). Dopo un'accusa di alcolica débauche, rivolta a chi è condizionato da abitudini evidentemente barbare (λάβρως . . . / πίμπλεισιν άκράτω: w . 3 s.), segue un'istruttiva frecciata: κήνος 8è τούτων ούκ έπελάθετο / ώνηρ, έπεί δή πρώτον όνέτροπε ( w . 7s.), che ha finora costituito, per il nostro των ούκ &m λάθεσθ' έπεί / 8ή πρώτιστ(α) κτλ., riscontro puramente formale. Gli ultimi tre versi rimasti (σύ 8ή τεαύτας έκγεγόνων £χη(ι)ς / τάν δόξαν οίαν άνδρες έλεύθεροι / ¿σλων ίοντες έκ τοκήων: w . 11 ss.) ribadiscono il tema dominante, quello .genealogico'. Prescindendo qui dalla discussa identificazione dell'alcolizzato17, è certo comunque che il v. 7 significa propriamente „quell'uomo non ha dimenticato le sue b a r b a r e t r a d i z i o n i " , poiché τούτων rimanda alle abitudini, sopra descritte, di riempirsi (la coppa?) di vino schietto18. E' altrettanto certo che gli analoghi τούτων ούκ έπελάθετο έπεί δή πρώτον e των δ'ούκ ίστι λάθεσθ' έπεί δή πρώτιστ(α) si rispecchiano a vicenda, e non a caso, nella forma come nel contenuto. Il sarcasmo per il detestato κήνος ώνηρ è, anzi, giustamente apprezzabile solo se si confrontano gli oggetti di ουκ έπελαθετο e di ούκ fera λάθεσθ(οα) rimarcati dai dittici τούτων e των: da un lato i modi barbari di coloro che — tradizionalmente — πίμπλεισιν άκράτω, dall'altro la propria consuetudine con la gloria, ereditata assieme all'atavico χάλκος. Π confronto permette fors'anche di chiarire il valore di όνέτροπε: di identificare, attraverso le imprese, il misterioso ώνηρ. Si è osservato che il verbo όντρέπην sembra qualificare .tecnicamente' i misfatti di Pittaco, che όντρέψει τάχα τάν π6λιν (fr. 141, 4 V.): niente di più probabile, quindi, che anche il nostro όνέτροπε significhi „sconvolse" (evidentemente la πόλις) e che il sovvertitore sia il solito odiato tiranno19. Può forse illuminare, in tal senso, anche il reciproco ύπά έργον Ισταμεν τόδε. Di contro alla santa crociata alcaica, sempre volta al salvataggio della πόλις, ogni possibile έργον, intrapreso dal malnato80 rivale, ne perpetrerà viceversa lo sconvolgimento: da due così differenti pedigrees inevitabilmente germogliano due diversi ideali, due opposti programmi politici. Auspice Ateneo (v. supra), sembra assodato che l'incontro fra gli εταίροι, di natura presumibilmente simposíaca, si svolga all'interno di una nobile οικία, più 17 Per la vasta bibliografia, rimando all'edizione della Voigt, o. c., pp. 209 s. Identificava il κήνος . . . ώνηρ con Irra, padre di Pittaco, il Wilamowitz, seguito dal Diehl e dal Page. Che sia Io stesso Pittaco ritengono invece il Bowra, il Mazzarino, il Kamerbeek. Il dilemma è certo di soluzione difficile, ma non determinante ai nostri fini. 18 Incomprensibilmente il Bowra polemizza col Page sull'interpretazione "adventurous" di τούτων come "these barbarous manners" (o. c., p. 148), per poi affermare che "the foreign origin of Pittacus may have made Alcaeus despise him, and the gibes at his drinking unmixed wine in fr. 72 may indicate that he followed his native customs in Mytilene; for this was notoriously a Thracian habit" (p. 151). Per tale costume tracio, cf. Athen. I X 432 a. 18 Cosí Bowra, o. c., pp. 149 s. 2 0 Sull'ingiusta accusa di Alceo (come έταιρος, Pittaco doveva essere necessariamente un nobile), determinata da motivi propriamente etnici, cf. supra n. 18, e, soprattutto, la discussione del Page su „Pittacus κακοπατρίδης" (o. c., pp. 169 ss.). Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM Alcaeus fr. 140 V. 5 precisamente in un άνδρών: la classica sala maschile, da pranzo e d'armi, per cui si rimanda ad Herodot. I 3421. Non disturberebbe certo la presenza dei più suggestivi .ricordi di famiglia', una presenza enfatizzata, letterariamente dilatata, eventualmente trasfigurata. Praticamente inutili, ma idealmente funzionali, κύνιαι e λόφοι, κνάμιδες e θόρρακες potrebbero perfino essere inventati, anzi evocati per l'occasione: spettrali testimoni del passato, aleggianti per la grande sala gremita di εταίροι. Cosí ,,la trasfigurazione operata da Alceo acquisterebbe dimensione poetica stupefacente" (cf. η. 13), ma pure legittima e motivata, poiché Alceo non farebbe balenare agli stupefatti consorti la stravagante immagine di un equipaggiamento .fuori storia', bensì un ineccepibile Vorbild der Vorfahren, che proprio alla storia usa fornire partigiano ma primario supporto42. Credo tuttavia che anche la fortunata identificazione del μέγας δόμος con la sala ,maschia' di una patrizia dimora o, più generalmente, con l'intera casa, addirittura dello stesso Alceo23, sia da rifiutare. I primissimi versi riserbano in proposito qualche sorpresa: μαρμαίρει δε μέγας δόμος χάλκω- παϊσα δ' "Αρη κεκόσμηται στέγα λάμπραισιν κυνίαισι κτλ. "If δόμος is'house', στέγα will mean 'room'; but if δόμος is 'room', as seems more probable, στέγα will mean 'ceiling' Questa, si direbbe, l'unica e chiara alternativa. Dal punto di vista sostanziale 1' άνδρών sembra l'ipotesi più plausibile, 21 II raffronto è di J . S. Morrison, ap. Page, o. c., p. 222: ,,άκόντια δέ καΐ δοράτια καΐ τά τοιαύτα πάντα τοϊσι χρέωνται ές πόλεμον άνθρωποι έκ των άνδρεώνων έκκομίσας ές τούς θαλάμους συνένησε, μή τι οί κρεμάμενον τω παιδί ϊμπεσε. Il re fa asportare tutte le armi, poiché un'onirica profezia gli minaccia la morte del figlio Atis per opera di una punta di ferro. 22 Sul παράδειγμα come unico fondamento storico per l'età arcaica e per l'ethos aristocratico, cf. W. Jaeger, Paideia, I, Berlin—Leipzig 1934, pp. 60 ss., ripreso e più estesamente esemplificato dal Haedicke, o. c., pp. 32 ss. 23 Cosi, come s'è visto, suggerisce Ateneo quando commenta: καίτοι μάλλον ήρμοττε τήν οίκίαν, (sc. τοϋ ποιητοϋ) πλήρη είναι μουσικών ¿ργάνων. Il testimone, come si vedrà, chiosa banalmente, quanto erroneamente, δόμος: sembrerebbe condizionato dalle possibili formali riprese di Bacchyl. fr. 20 Β 13 Sn. χρυσω δ" έλέφαντί τε μαρμάροισιν οίκοι, e Sophr. fr. 30 Κ. των δέ χαλκωμάτων καί των άργυρωμάτων έγάργαιρεν ά οικία, ricordati però altrove (cf. I I 39 e; VI 229f.). Il Frankel ritiene il μέγας δόμος sicuramente di Alceo: „von Erz funkelt m e i n weites Haus . . . " (Dichtung cit. p. 214). 21 Cosí riassume la questione D. E. Gerber, Euterpe, Amsterdam 1970, p. 201. In realtà, pur ipotizzando un άνδρών, il Page traduce δόμος e στέγα con „house" e „roof" (o. c., p. 210). Come pure il Bowra (o. c., p. 137). Anche il Beinach vuole „demeure" e „toiture" (Alcée-Sapho, Paris 1937, p. 114). H Gallavotti invece „alloggiamento" e „sala" (Saffo e Alceo, II, Napoli 19574, p. 146). H Frankel „ H a u s " e „Halle" (cf. supra, n. 25). H Treu, unico a rinunziare ad una qualunque abitazione, liberamente inverte „Saal" e „Haus" (o. c., p. 37), immaginando un imprecisato „Arsenal" (p. 158). Infine il Manrach intende στέγα come „das Innere des Hauses" (o. c., p. 15, n. 3). Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM 6 MARIA GRAZIA BONANNO non solo per licitato riscontro erodoteo e per un significativo precedente omerico26, ma anche per l'ovvia considerazione che le armi non saranno disseminate per la casa, ad occupare (in bell'ordine?) ogni stanza. Eppure, formalmente, il testo sembra condurre a quest'ultima soluzione. Si è anzi puntualmente osservato che „il μέγα δώμα di θ 56, subito articolato in ερκεα καΐ δόμοι (v. 57), attraverso la Ιρκειος στέγη di Soph. Ai. 108, suggerisce ,casa' per δόμος e .stanza' per στέγα"2®. Altrettanto suggerirebbe il Πριάμοιο δόμος (Ζ 242), articolato fra l'altro in δώδεκα ... τέγεοι θάλαμοι (v. 248). Non si è tuttavia notato che μέγας δόμος, inadatto al senso di „stanza", è spropositato anche nel senso di „casa". Megalomane forse, ma formalmente ossequioso almeno nei confronti della tradizione, Alceo non si sarà lasciato sfuggire che, in tutta l'epica, l'attributo μέγα obbliga δώμα al significato di „reggia". In & 36, il citato μέγα δώμα è infatti la regale dimora di Alcinoo, come in Τ 333 era quella di Achille, in δ 15 è quella di Menelao, in η 225 ( = Τ 526) di Odisseo, in ψ 146 e 151 ancora di Odisseo, che si preoccupa di inscenarvi una festa di nozze, perché fuori non si sappia dell'avvenuta strage, e si dica: ,ή μάλα δή τις εγημε πολυμνήστην βασίλειαν' (v. 149)27. D'identica portata si rivela μέγας δόμος: assente nell'Iliade e nell'Odissea, compare in HCer. 171 ad indicare il palazzo eleusino del re Celeo. Ma ancor meno sarà sfuggita al poeta l'analoga e più preziosa connotazione talvolta assunta dagli stessi qualificati termini. Nell'Odissea μέγα δώμα è la s a c r a dimora della maga Circe (κ 276 e 434, cf. κ 426 e 554 ίεροΐς έν δώμασι Κίρκης, 455 ίερά πρός δώματα Κίρκης). Negli Inni è esclusivo epiteto di dimore divine: in HCer. 488 è la sede degli dèi olimpi, in HHom. XXVII 13 è il tempio di Apollo a Delfi. Altrettanto fortunata la sorte di μέγας δόμος. Presente, come si è detto, nei soli Inni ed una volta come „reggia", in HMerc. sembra specializzarsi nel senso di „casa divina" o di „tempio": ai w . 246 e 252 Apollo penetra con lo sguardo άνά μυχόν μεγάλοιο δόμοιο, della sacra dimora di Maia, al v. 178 Ermete minaccia di introdursi εις Πυθώνα μέγαν δόμον, nel tempio sacro ad Apollo, dove farà man bassa dei ricchi e devoti omaggi: ένθεν άλις τρίποδας περικαλλέας ήδέ λέβητας / πορθήσω και χρυσό ν, άλις τ' αΐθωνασίδηρον / και πολλή ν έσθήτα (w. 179 ss.: cf., metalli a parte, gli alcaici ζώματα πόλλα al ν. 13). Perché il nostro μέγας δόμος dovrebbe sottrarsi alla norma28? Della sua ,rego» Ancora il Page rimanda a π 284 έν μεγάροισιν άρήϊα τεύχεα κείται (ο. c., ρ. 223, n. 1): si tratta delle armi di Odisseo, che Atena consiglia di prelevare dalla sala accessibile ai proci, e di sistemare fuori della loro portata: ές μυχόν ύψηλοϋ θαλάμου καταθεϊναι ( w . 285 s.). E ' curioso come Erodoto descriva un'identica operazione (ές τούς θαλάμους συνένησε: cf. supra, n. 23), dettata da motivi analogamente prudenziali. * Cosi il Marzullo (o. c., p. 103). 17 In 8 15, η 225, τ 526 il μέγα δώμα è pure ύψερεφές, come già in Τ 333, nonché E 213. Qui indica la dimora per lo meno principesca di Pandaro, figlio di Licaone. Ancora μέγα è il μητρώϊον δώμα di Odisseo sul Parnaso (τ 410). Insufficienti per noi i rilievi di M. Bissinger, Das Adjektiv μέγας in der griechischen Dichtung, Diss. München 1966, pp. 136 ss. 8 8 E ' anche da notare che δόμος compare nel significato di „tempio" già in Ζ 89 (Άθηναίης) Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM Alcaeus f r . 140 V. 7 larità' offre sorprendente conferma lo stesso ascendente di μαρμαίρει ... δόμος χάλκω, l'omerico δώματα ... / χρύσεα μαρμαίροντα (Ν 21 s.), che puntualmente rimanda ad un'ennesima casa divina: quella di Posidone! Da aureo, il barbaglio si è fatto bronzeo, in onore del dio χάλκεος per eccellenza (v. avanti), e in virtù del contenuto, subito minutamente descritto. Credo infatti che Alceo, come l'Ermete degli Inni, ma con diversi e coscienziosi intenti, si proponga di elencare il prezioso addobbo di un tempio, questa volta dedicato al χάλκεος Ares29. Il nome del dio compare esplicitamente fin dalle prime battute: il tempio μαρμαίρει poiché, innanzitutto, παϊσα δ' "Αργ] κεκόσμηται στέγα. L'indicazione — anzi la dedica —, per noi preziosa, ha finora creato solo imbarazzo. A parte i tentativi di eliminare il fastidioso ionismo30, la stessa sintassi ha fatto difficoltà, poiché mal si accompagnavano a κεκόσμηται i due dativi "Αρη e λάμπραισιν κυνίαισι. La soluzione più drastica è stata suggerita dal Page, che elimina il divino nome proprio, ingegnosamente declassandolo ad áp' ευ31. Più rispettoso, il Frankel propone "Αρευι κόσμηταϋ, e interpreta „die ganze Halle ist mit Krieg geschmückt"32, salvando, almeno metaforicamente, Ares, e conservando il dativo, che, a suo avviso, „ist Instrumentalis so gut wie χάλκω, und κυνίαισι (...) ist als Apposition darangeschlossen"33. In realtà κυνίαισι, in perfetto parallelo con χάλκω, ne costituisce la prima esemplificazione, anch'essa strumentale, dipendente per via diretta da κεκόσμηται: fare di "Αρη (vel "Αρευι) un mediatore, evidentemente superfluo, non conviene. Si è quindi cercato di ovviare altrimenti alla durezza di "Αρη, valutandolo come ίεροΐο δόμοιο, quindi in η 81 Έρεχθ-ηος . . . πυκιν&ν (allo stesso modo di μέγας sembra connotativo anche ποκινός, cf. Τ 355 π. δω: dimora di Zeus; HCer. 280 π. δόμος: reggia di Celeo; HMerc. 623 π. δόμω: tempio di Apollo) δόμον (cf. v. 88). I l Πυ&οϊ . . . Ιερόν δόμον di HHom. X X I V 2 è ovviamente il tempio di Apollo. se L'epiteto è già omerico, cf. E 704, 859, 866, etc. : per altri numerosi esempi e per appellativi affini, quali χαλκοθώραξ e χαλκοχίτων, cf. C. F . H . Bruchmann, Epitheta deorum quae apud poetas Graecos leguntur, Lipsiae 1893, p. 43. P u r essendo u n a delle dodici autorità olimpiche, il dio della guerra non sembra godere di particolari riconoscimenti rituali. Il suo culto gioca comunque u n discreto ruolo in ambito eolico, anche se le testimonianze in nostro possesso privilegiano il territorio continentale (Tessaglia e Beozia, cf. R E Π 1 [1895], cc. 644 ss.). 30 Mantenuto in u n primo tempo dal Frankel (Wege cit., p. 82), è stato giustamente difeso dal Treu (o. c., p. 158) e dal Marzullo (o. c., p. 103), cf. E . M. H a m m , Grammatik zu Sappho u n d Alkaios, Berlin 1957, p. 159. Per gli ionismi in Alceo, si veda E . Bisch, Sprachliche Bemerkungen zu Alkaios, ΜΗ 3 (1946), pp. 253 ss. 31 O. c.f p. 210. H Lobel, per primo, escludeva "Apfl: „neque formam Aeolicam praebet e t huic loco minime a p t u m e s t " ('Αλκαίου μέλη, Oxford 1927, pp. 55 s., cf. Poetarum Lesbiorum Fragmenta, ed. E . Lobel—D. Page, Oxford 1955, p. 274). Il Bowra, in u n primo tempo, propone άδην (Zu Alkaios und Sappho, Hermes 70 [1935] p. 240), per poi preferire 1' άρ' εύ del Page (Greek Lyric P o e t r y cit., p. 137). Π Gallavotti suggerisce άραρε κοσμήτα (o. c., p. 84). 32 Dichtung cit., p. 214. Per κόσμηται egli cita Plat. Leg. V I I 796 c (n. 1). 33 Wege cit., p. 82. Egli esclude preliminarmente u n dativo d'interesse o d'agente, mentre è vero che, se di quest'ultimo non s'intende il senso, il primo soddisfa (v. infra) contemporaneamente „ G r a m m a t i k " e „Sinn". Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM Maria Gbazia Bonanno 8 dativo modale o d'agente 34 . Il suo autentico valore è invece quello più immediato, e finalmente più funzionale, di dativo d'interesse, cf. Eur. Or. 810 θυγατρί κοσμήσων τάφον. Notano in proposito Kühner e Gerth: „Insbesondere gehören hierher die Kultushandlungen zur E h r e e i n e s G o t t e s " (I p. 419), citando fra i numerosi esempi, quali Η 314 s. ίέρευσεν ¡ ... ύπερμενέϊ Κρονίωνι (cf. p. 418), Aristoph. Lys. 1277 όρχησάμενοι θεοΐσιν, Herodot. VI 138 Άρτέμιδι όρτήν άγειν, Xen. Hell. IV 3, 21 στεφανοϋσθ-αι τω θεφ, l'istruttivo Aesch. Ag. 578 s. θεοϊσι λάφυρα ταϋτα ... / ... έπασσάλευσαν (cf. gli alcaici πάσσαλοι del v. 7). Si t r a t t a dei sopravvissuti dell' esercito argivo, per i quali νικά το κέρδος (v. 576), poiché di essi si potrà dire che, in onore degli dèi, appesero nei loro templi (τοις καθ' 'Ελλάδα δόμοις!) le spoglie nemiche, perenne simbolo di gloria (άρχαΐον γάνος): è giusto τοιαύτα εύλογεϊν, in omaggio agli eroi e allo stesso Zeus, che ha favorito il successo ( w . 578—82). Secondo le imparziali previsioni del magnanimo Ettore, che, sfidando a duello il πρόμος f r a gli Achei, aveva alternativamente proposto: εί μέν κεν έμε κείνος έλη ... ¡ τεύχεα συλήσας φερέτω κοίλας επί νηας / . . . / . . . / εί δέ κ' εγώ τον έλω, δώη δ' έμοί εδχος 'Απόλλων, / τ ε ύ χ ε α συλήσας οϊσω προτί "Ιλιον ίρήν, / και κρεμάω π ρ ο τ ί νηόν ' Α π ό λ λ ω ν ο ς έκάτοιο (Η 77 ss.). Zeus ha avuto la meglio su Apollo, e i τεύχεα troiani, a bordo delle κοΐλαι νηες, hanno felicemente raggiunto il territorio argivo e i suoi templi, costituendovi eterno εδχος (cf. l'eschileo γάνος) per i più fortunati eroi. Anche per Alceo 1' άρχαΐον γάνος, cui non manca di appellarsi nel momento cruciale, è reperibile dentro le mura di un tempio, in onore di Ares, e a gloria, ma anche a incitamento, di ogni nobile stirpe: „a egregie cose il forte animo accendono / l'urne de' forti" (Foscolo, Sepolcri 151 s.). L'ipotesi già formulata sulla base del sintomatico των ουκ Ιστι λάθεσθ(αι) riceve una brillante conferma. I gloriosi cimeli sono propriamente — e classicamente — le spoglie strappate al nemico. All'angusta dimensione di un άνδρών, dal contenuto irrimediabilmente .privato', poco adatto all'incitamento collettivo, si sostituisce quella comunitaria — e alcaica — di un tempio, geloso custode di tutti i γενέθλια λάφυρα aristocratici: non inferiore, funzionalmente, al più celebre τέμενος μέγα (!) ξϋνον, dedicato alla .trimurti' lesbica, testimone di aristocratiche congiure ed esuli άραί (fr. 129 V.). Neppure carente del crisma della continuità, ulteriore precetto alcaico, qui incidentalmente suggerito dalle ancor utili κόϊλαι άσπιδες, altrove più generalmente affermato dalla .serie' τά πάτηρ και πάτερος πάτηρ (fr. 130 b 5 V.). Depositario insomma di una tradizione vetusta, ma sempre operante, s'intende per il bene della πόλις. Di una tradizione .araldica', sottratta pezzo per pezzo al nemico, duramente conquistata quanto volentieri esibita. Allo stesso Alceo piace vantare il fratello Antimenide, reduce έκ περάτων γας, ivi autore di un μέγας e documentabile M Cosi rispettivamente il Marzullo, per cui „gli omerici άρηΐθοος e άρηΐκτάμενος forniscono strutture identiche, in cui άρηϊ- è solo modale" (o. c., p. 103), ed il Remach, per cui „Arès a décoré toute la toiture" (1. c.). Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM Alcaeus fr. 140 V. 9 άεθ-λος : l'uccisione di un gigantesco avversario gli permette infatti di presentarsi έλεφαντίναν / λάβαν τώ ξίφεος χρυσοδέταν έχων (fr. 350, 1 s. V.). Già Ettore, del resto, amava pavoneggiarsi dell'armatura di Achille tolta a Patroclo: εντεα καλά ... Iχάλκεα μαρμαίροντα35. τά μέν ... "Εκτωρ ¡ ... άγάλλεται (Σ 130 ss.). Conseguentemente, dello scudo abbandonato da Archiloco Σαΐων τις άγάλλεται (fr. 5, 1 W.), mentre di quello gettato da Alceo si fregia il tempio (!) degli Ateniesi: ές Γλαυκώπιον ϊρον όνεκρέμασσαν "Αττικοί (fr. 401 Β a, 2 V.). La variatio in imitando, operata dal poeta di Mitilene nei confronti del proprio modello, è significativa. La disinvoltura mostrata nel confessare l'inglorioso accidente, peraltro giustificata dallo ζήλος letterario, sembra per di più bilanciata dalla consapevolezza che un'intera collezione di άσπιδες è custodita nel patrio tempio di Ares. Qui, in ordinata e bella mostra, i simboli del πατέρων μάθος (cf. fr. 371 V.) si offrono allo sguardo .alunno', che il poeta, con pari ordinata progressione, intende guidare dall'alto v e r s o il basso. Mirabile per primo il soffitto — questo senz' altro il valore di στέγα, pure suggerito dagli pseudosimonidei τόξα ... νηω ... υπωρόφια36 — adorno di elmi, κάτ ταν λευκοί κατέπερθ-εν ΐππιοι λόφοι νεύοισιν, simbolicamente, poiché già furono κεφάλαισιν άνδρων άγάλματα87. Lo sguardo può quindi abbassarsi e correre attorno alle pareti, dove, περικείμεναι appunto, χάλκιαι e λάμπραι κνάμιδες preziosamente πασσάλοις κρύπτοισιν. E finalmente può ammirare sul pavimento, κάτ βεβλήμεναι appunto, θόρρακες νέω λίνω88 e κόϊλαι 36 E* interessante notare che l'omerico μαρμαίρειν, presente nella sola Ilìade, tre volte su cinque è riferito ad armi tolte al nemico, cf., oltre al citato Σ131, M 195 ένάριζον &π' έντεα μαρμαίροντα, Π 663 s. Σαρπηδόνος £ντ' έλοντο / χάλκεα μαρμαίροντα. Una volta su due a persona armata di altrui ϊντεα, of. Π 279 αύτόν (Patroclo luccicante del bronzo di Achille) καΐ θεράποντα σύν έντεσι μαρμαίροντας. Μ Fr. 143 Bergk ( = AP VI 2). Si tratta di τόξα πτολέμοιο πεπαυμένα, e quindi appesi al soffitto del tempio di Atena. Come 1'άσπΙς . . . κεκονιμένα έκ πολέμοιο di Egesippo, anch'essa destinata, ναω ύπωροφία Πάλλαδος, ad abbellirne il soffitto (I G.-P. = AP VI 124). Per στέγη come soffitto di un tempio, cf. Paus. 119, 1 τω ναω τήν στέγην έποιοΰντο. 87 H raddoppiato stilema omerico (καθύπερθεν > κάτ ταν . . . κατέπερθεν) sembra sottolineare l'alta posizione delle κώνιαι: la sommità del tempio si atteggia ad eroica, collettiva κεφαλή. H valore stesso di άγαλμα è in bilico fra deous e honor, in perfetto parallelo con κεκόσμηται: in Hom. κοσμεΐν vale ,to order' (Β 554 κοσμήσαι ίππους καΐ άνέρας), oppure ,to prepare' (η 13 δόρπον έκόσμει), mentre il significato di ,to adorn' è presente in HVen. 65 χρυσω κοσμηθεϊσα . . . Αφροδίτη, cf. HHom. V I 1 1 , Hes. Op. 72 (cf. LSJ p. 984), ma già in Ξ 187 κόσμος ha il valore di decus, ed in Δ 145 κόσμος (ϊππψ έλατηρι τε κΰδος) è detto de rebus deeue honoremve afferentíbus, come in Pind. Ν. Π 12 κόσμον ,Αθάναις, etc. (cf. ThGL V c. 1870 A). Particolarmente istruttivo il κόσμος cui fa riferimento Herodot. Π 1 2 3 τόν κόσμον τόν έκ τοϋ άνδρεωνος . . . άνέθηκε πάντα ές τό"Ηραιον: si tratta dell'armamentario di Policrate, che il suo ex-segretario preleva dall'apposita sala per dedicarlo al tempio di Era. M Non sorprende, ormai, che si tratti di un prezioso ed e s o t i c o indumento, come pure il κύπασσις del v. 8, cf. Page, o. c., p. 215: "But the linen thorex is a rarity: barbarians may wear it." Ed è quindi inevitabile che costituisca un rituale ,ex voto*. H re egiziano Amasi ne depose uno nel tempio di Atena a Lindo (Herodot. Π 182), Gelone tre ad Olimpia, per commemorare la vittoria sui Cartaginesi (Paus. VI 19, 7), cf. Page, 1. c., che avverte inoltre: „Similar dedication might be seen in numerous sanctuaries, especially a t Gryneum (Paus. I 21, 7)". Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM 10 MARIA GBAZIA BONANNO άσπιδες, cui si affiancano, con pari ieratica immobilità (παρ δε ... πάρ δέ ...), le ultime cose: σπάθαι, ζώματα, κυπάσσιδες. Il pur lento ,atterraggio' sembra richiamare, ancora simbolicamente, la dura realtà: di qui il conclusivo grido ammonitore. Non è questa la sede per definire .archeologicamente' la reale entità di questo tempio di Ares. Perfino lecito il sospetto che si tratti di una passatista ,cappella di palazzo' — restando salva la connotazione sacrale più che spaziale di μέγας — riservata al culto privato di un qualche γένος, ma interpretata da Alceo in senso comunitario: ovvia la pervicace pretesa alcaica di far coincidere il ,bene' della propria eteria con quello dell'intera πόλις. Primaria però l'ipotesi che il μέγας δόμος eia un tèmpio .evoluto', non solo per l'architettura 3 *. In mancanza di dati storico-archeologici, converrà attenersi a quelli testuali, sufficienti e incontrovertibili: la marziale sacra dimora brilla di armi votive, rigorosamente intatte, lucide: λάμπραι appunto. Spiccano i votivi per eccellenza θόρ ρακές λίνω, opportunamente offerti al dio perché anch'essi integri, nuovi: νέω λίνω appunto. Il preziosissimo κόσμος — ad una valenza decorativa si addicono i vari κεκόσμηται, περικείμεναι, πασσάλοις — appare bellamente disposto, anzi esposto, ad esplicare la funzione memoriale che gli compete: των ούκ &m λάθεσθ(αι) grida appunto Alceo. Che δόμος sia il tempio di Ares sembrano sottolineare alcuni epigrammisti alessandrini. Forse allusiva la κράνεια di Anite, che ha finalmente smesso di stillare χάλκεον άμφ' δνυχα ... φόνον δαίων, per celebrare la trascorsa άνορέαν Κρητός Έχεκρατίδα, appesa άνά μαρμάρεον δόμον ... Άθ-άνας (I G.-P. = ΑΡ VI123). Certamente allusive, quanto polemiche le armi descritte da Leonida, Antipatro di Sidone, Meleagro. Il primo registra le proteste di Ares, che si vede il tempio adorno di armi troppo lustre e intatte per i propri truculenti gusti (XXV G.-P. = ΑΡ IX 322) : Ούκ έμά ταΰτα λάφυρα" τίς δ θ ρ ι γ κ ο ΐ σ ι ν άνάψας "Α ρ η ο ς ταύταν τάν άχαριν χάριτα; άκλαστοι μέν κώνοι άναΐμακ-rot δέ γ α ν ω σ α ι α σ π ί δ ε ς , άκλαστοι δ" αί κλαδαραί. κάμακες. παστάδα τις τοιοϊσδε καΐ άνδρειώνα καΐ αύλάν κ ο σ μ ε ί τ ω καΐ τόν νυμφίδιον θάλαμον, " Αρευς δ' αίματόεντα διωξίπποιο λάφυρα νηόν κ ό σ μ ο ί η · τοις γάρ άρεσκόμεθα. Il secondo gareggia col primo (LX G.-P. = ΑΡ IX 323): Τίς θέτο μαρμαίροντα βοάγρια, τίς δ' άφόρυκτα δούρατα καΐ ταύτας άρραγέας κόρυθας, ά γ κ ρ ε μ ά σ α ς " Α ρ η ι μιάστορι κόσμον ιϊκοσμον; ούκ άπ' έμων ^ίψει ταϋτά τις δπλα δόμων; Μ La cappella di palazzo o di casa è notoriamente la forma usuale del luogo di culto in età micenea, che tuttavia, in fase avanzata, già conosce il santuario a forma di megaron, documentato ad Eleusi. Ben poco si sa dei modi e luoghi sacri di Lesbo (per il culto eolico di Ares, cf. n. 29) al tempo di Alceo. A tale carenza documentaria non possono che ovviare i ripetuti messaggi dello stesso poeta, però cifrati: le nostre armi λάμπραι richiamano gli analoghi ma sibillini άρμενα, i quali λάμπρα κέοντ' èv Μυρσινήω (fr. 383 V.). In un tempio (Lobel, o. c., p. LXXXVII), in un ήρωον (S. Mazzarino, Athenaeum 21 [1943], p. 69, n. 3)? Non impossibile, quest'ultima ipotesi, anche per il nostro δόμος. Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM 11 Alcaeus fr. 140 V. Il terzo sembra accostarsi al primo più che al secondo (CXX G.-P. = AP VI 163): Τις τάδε μοι θνητών (τά) περί θριγκοΐσιν άνηψεν σκϋλα, παναισχίστην Ένυαλίου; ουτε γαρ αίγανέαι περιαγέες οΰτε τι πήληξ άλλοφος οΰτε φόνω χρανθέν ίρηρε σάκος, άλλ' αΰτως γανόωντα καΐ άστυφέλικτα σιδάρω οϊά περ ούκ ένοπας άλλά χορών ίναρα" οΐς θάλαμον κοσμείτε γαμήλιον κτλ. Più precisamente Leonida esordisce con i θ-ριγκοί "Αρηος (cf. l'alcaico "Αρη ... στέγα), per poi sciorinare una „Aufzählung mit Nominativen ohne Verbum", stilisticamente già collaudata da Alceo40. In prima posizione sistema i κώνοι, omologhi ed omofoni delle sorpassate κύνιαι. Sdegna ovviamente le armi γανώσαι, con sottile riferimento alle armi λάμπραι (cf. Τ 359 κόρυθ-ες λαμπρόν γανόωσαι) alcaiche. Insiste infine sull'indispensabile κοσμεϊν ( w . 8, 10). Antipatro, in evidente gara allusiva, recupera il prezioso μαρμαίρειν, non a caso in posizione iniziale (cf. n. 1), varia l'alcaico "Αρη κεκόσμηται στέγα con άγκρεμάσας "Αρηϊ . . . κόσμον, chiama perfino il tempio δόμοι. Meleagro, non rinunciando al solito κοσμεϊν, accenna, di contro ai deprecabili Ιναρα γανόωντα, ad un'auspicabile πήληξ άλλοφος, negativamente memore delle alcaiche κύνιαι, munite di λόφοι. Al commento del Waltz, il quale ipotizza una „satire virulente des gens belliqueux qui consacrent des armes à Arès sans jamais avoir fait la guerre" 41 , obiettano Grow e Page che „Meleager cared nothing for these things" 42 . La polemica di Meleagro, come quella dei suoi colleghi alessandrini, è in realtà squisitamente letteraria. I tre .correggono' a gara la celebre ode di Alceo, che prospetta un δόμος "Αρηος purtroppo carico di λάφυρα μαρμαίροντα: idonei, secondo il pedante consiglio di Leonida, ad abbellire un ambiente domestico, una παστάς, un άνδρειών (!), un' αυλά, perfino un νυμφίδιος θάλαμος, non certo la marziale dimora del dio, come vorrebbe far credere il grande, ma incauto poeta. Università di Bologna Istituto di Filologia Classica » 40126 B o l o g n a / I t a l i a 40 Si vedano i puntuali rilievi del Frankel, Wege oit., p. 82. P. Waltz, Anthologie grecque, III, Paris 1960, p. 91, n. 1. 48 A. S. P. Gow—D. L. Page, The Greek Anthology. Hellenistic Epigrams, II, Cambridge 1965, p. 670. 41 Unauthenticated Download Date | 7/6/16 5:37 PM