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Analisi non lineari con il programma agli elementi finiti Abaqus

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Analisi non lineari con il programma agli elementi finiti Abaqus
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE
Dipartimento di Ingegneria
Corso di Laurea in
Ingegneria Civile per la Protezione dai Rischi Naturali
Anno Accademico 2014/2015
Relazione di fine tirocinio
Analisi non lineari con il programma agli
elementi finiti Abaqus
Studente
Saverio Vittori
Relatore
Prof. Fabio Brancaleoni
Tutor
Stefano Gabriele
Indice
Introduzione
v
1 Non linearità dei materiali
1.1 Un modello per il c.a.: concrete damaged plasticity . . . . . . . .
1.1.1 Definizioni di teoria della plasticità . . . . . . . . . . . . .
1.1.2 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1.3 Superficie di snervamento e potenziale plastico nel CDP .
1.1.4 Comportamento uniassiale a trazione del calcestruzzo . .
1.1.5 Comportamento uniassiale a compressione del calcestruzzo
1.1.6 Inserimento delle barre di armatura . . . . . . . . . . . . .
1.1.7 Regolarizzazione viscoplastica . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Casi studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 CS1: singolo elemento shell . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.2 CS2: Muro in c.a. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
. 1
. 1
. 2
. 2
. 5
. 6
. 6
. 7
. 7
. 7
. 13
2 Non linearità di contatto
19
2.1 Legami costituitivi delle molle non lineari . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2 Comportamento dinamico di molle non lineari . . . . . . . . . . . . 22
3 Integrazione al passo delle equazioni del moto
27
3.1 Metodo di integrazione di Eulero-Gauss . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.2 Procedure di Newmark e Hilber-Huges-Taylor . . . . . . . . . . . . 29
Bibliografia
31
iii
Introduzione
Uno degli obiettivi della mia tesi di laurea è la valutazione della sicurezza sismica
di viadotti esistenti con travata in c.a.p. Per raggiungere tale scopo devo costruire
un modello agli elementi finiti che riesca a cogliere:
• il comportamento non lineare dei materiali, al fine di modellare le cerniere
plastiche che si formano alla base ed in testa alle pile del viadotto;
• le non linearità di contatto derivanti dal martellamento degli impalcati.
L’attività correlata alla tesi di laurea ha avuto come obiettivo l’apprendimento
del programma di analisi agli elementi finiti Abaqus, scelto per la realizzazione
del modello. Nella prima parte del tirocinio ho svolto una ricerca sui modelli
implementati in Abaqus per simulare il comportamento del calcestruzzo armato.
Tra le varie possibilità ho scelto il concrete damaged plasticity. Questo modello
materiale tiene conto della plasticità, della riduzione di rigidezza in seguito al
crescere di parametri di danno ed è particolarmente idoneo per problemi in cui
il carico inverte frequentemente il segno. Per acquisire confidenza con il software
ho realizzato due casi studio elementari i cui risultati sono presentati in questo
elaborato.
Successivamente ho identificato gli elementi idonei alla modellazione del martellamento tra gli impalcati del viadotto. Gli elementi gapuni e spring (molle
elastiche non lineari) presenti nelle librerie di Abaqus si sono rivelati adatti allo
scopo. Analogamente a quanto svolto precedentemente ho testato l’affidabilità di
tali elementi attraverso l’analisi del loro comportamento in due casi semplici.
L’attività è stata svolta dal 29 giugno 2015 al 27 luglio 2015 sotto la supervisione dell’ing. Stefano Gabriele e del prof. Fabio Brancaleoni.
v
Capitolo 1
Non linearità dei materiali
Il calcestruzzo è un materiale che presenta due principali meccanismi di rottura: la
fessurazione a trazione e lo schiacciamento a compressione. Il suo comportamento
dipende significativamente dallo stato tensionale agente. A titolo di esempio, lo
stesso elemento di calcestruzzo, soggetto ad uno stato di tensione biassiale, raggiunge resistenze fino al venti per cento maggiori del caso in cui fosse soggetto
a compressione uniassiale; e la sua resistenza, quando è soggetto a compressione
triassiale uniforme, raggiunge valori teoricamente illimitati. Il criterio di snervamento (e resistenza) è rappresentato da una superficie nello spazio tridimensionale
delle tensioni principali. Uno punto interno alla superficie di snervamento produce deformazioni di tipo elastico. Una volta che viene attraversata la superficie
di snervamento si possono verificare due fenomeni: l’accumulo di deformazioni
plastiche in assenza di incrementi di tensione (plasticità perfetta), o la rottura.
L’acciaio è un materiale che presenta un comportamento meccanico pressoché uguale a trazione e a compressione, nonché una significativa capacità di
deformazione in campo plastico.
1.1
Un modello per il c.a.: concrete damaged plasticity
Nel presente lavoro si è adottato il modello concrete damaged plasticity (successivamente indicato con CDP) implementato in Abaqus. Tale modello permette
di cogliere sia il comportamento plastico del calcestruzzo sia la riduzione di rigidezza causata dall’accumularsi del danno. Solo la plasticità del materiale è stata
considerata nei casi studio, lasciando a futuri sviluppi l’inserimento nel modello
delle variazioni di rigidezza legate al danneggiamento. Nei paragrafi successivi
si accenna brevemente alle ipotesi su cui si basa il modello e si mostra il valore
assegnato ai parametri che lo caratterizzano. Si consiglia la lettura del theory
manual e dell’analysis manual della documentazione di Abaqus [5] per i dettagli.
1.1.1
Definizioni di teoria della plasticità
Elementi necessari per la definizione del comportamento plastico di un materiale
sono la superficie di snervamento, la legge di incrudimento e la legge di flusso.
La superficie di snervamento è descritta da un’equazione F che associa ad
ogni punto dello spazio delle tensioni principali la condizione di snervamento.
1
1 Non linearità dei materiali
I punti interni a tale superficie rappresentano degli stati tensionali che danno
luogo a deformazioni elastiche. I punti su di essa invece danno luogo a
deformazioni plastiche. Per la condizione di consistenza gli stati tensionali
ammissibili sono tutti contenuti all’interno, o giacciono, sulla superficie di
snervamento.
La legge di incrudimento governa l’evoluzione della superficie di snervamento.
La dipendenza di tale superficie dalla deformazione plastica si traduce in un
cambio di forma e dimensioni della stessa.
La legge di flusso esprime la relazione esistente tra superficie di snervamento e
la direzione del vettore delle deformazioni plastiche. Le evidenze sperimentali dimostrano che la direzione del vettore di deformazione è indipendente
dall’incremento di tensione, ma è funzione dello stato tensionale “complessivo”. Il criterio o legge di flusso stabilisce che il vettore di deformazione
è sempre ortogonale al potenziale plastico G. Tale legge di normalità permette di stabilire il rapporto esistente tra le componenti della deformazione
plastica. La legge di flusso si definisce associata se il potenziale plastico G
e la superficie di snervamento F coincidono, altrimenti si dice che la legge
di flusso non è associata.
1.1.2
Definizioni
La tensione effettiva è definita come
σ̄ = D0 : (ε − εpl )
L’equazione della superficie di snervamento e quella del potenziale plastico fanno uso di due invarianti delle tensioni (effettive) che sono la pressione
idrostatica
1
p̄ = trace(σ̄)
3
e la tensione equivalente di Mises
r
3
q̄ =
(S : S)
2
dove S è la parte deviatorica del tensore delle tensioni effettive
S = σ̄ + p̄I
1.1.3
Superficie di snervamento e potenziale plastico nel CDP
Una delle ipotesi spesso accettate per il comportamento del calcestruzzo è quella
di Drucker-Prager (1952). Questa afferma che la rottura del materiale è legata
all’energia di deformazione distorcente e che la superficie di snervamento assume
la forma di un cono nello spazio delle tensioni con asse coincidente con l’asse
idrostatico (Figura 1.1).
Il vantaggio nell’uso di questo criterio è la forma smussata della superficie,
particolarmente idonea nelle applicazioni numeriche. Lo svantaggio è l’incapacità
2
1.1 Un modello per il c.a.: concrete damaged plasticity
Figura 1.1: Superficie di snervamento
di rappresentare fedelmente il reale comportamento del calcestruzzo [2]. Nel CDP
si utilizza un’evoluzione della funzione di Drucker-Prager elaborata da Lubliner
[4] e successivamente modificata da Lee e Fenves [3]. L’equazione della superficie
di snervamento è:
F =
1
ˆmax − γ − σ̄
ˆmax ) − σ¯c (ε̃pl
(q̄ − 3α p̄ + β(ε̃pl ) σ̄
c )=0
1−α
α=
(σb0 /σc0 ) − 1
2(σb0 /σc0 ) − 1
con 0 < α < 0.5
σ¯c (ε̃pl
c )
(1 − α) − (1 + α)
σ̄t (ε̃pl
t )
3(1 − Kc )
γ=
2kc − 1
β=
ˆmax è la tensione principale massima effettiva;
σ̄
pl
ε̃pl
t e ε̃c rappresentano rispettivamente le deformazioni plastiche equivalenti di
trazione e compressione.
pl
σ̄t (ε̃pl
t ) e σ¯c (ε̃c ) sono rispettivamente la tensione effettiva corrispondente alla
deformazione plastica di trazione e compressione;
In figura 1.2 si mostra la forma che assume la superficie di snervamento per
uno stato di tensione piano.
Il potenziale plastico è definito dalla funzione iperbolica di Drucker-Prager.
G=
p
(σto tan ψ)2 + q̄ 2 − p̄ tan ψ
σt0 è la tensione di trazione uniassiale di rottura definita nel comportamento
uniassiale a trazione del calcestruzzo;
ψ ed il parametro sono il dilatation angle e eccentricity, definiti nel dettaglio
nei paragrafi successivi.
3
1 Non linearità dei materiali
Figura 1.2: Superficie di snervamento per uno stato di tensione piano
Secondo le modifiche apportate dagli autori, la sezione trasversale della superficie di snervamento nel piano deviatorico1 non è una circonferenza ma una curva
governata dal parametro Kc come mostrato in figura 1.3. Dal punto di vista fisico
il parametro Kc può essere interpretato come il rapporto tra la distanza tra l’asse idrostatico e rispettivamente la generatrice delle trazioni e la generatrice delle
compressioni. Il CDP consiglia di assumere Kc = 2/3.
Analogamente la forma della superficie di snervamento, in un piano contenente
l’asse idrostatico, non è una retta ma un’iperbole (fig 1.4). Il parametro che
esprime tale variazione di forma si definisce eccentricity . Nel CDP si raccomanda
di porre = 0.1. Quando = 0 la superficie nel piano meridiano2 p − q diventa
una linea retta ricadendo nella formulazione di Drucker-Prager.
Un altro parametro che descrive il comportamento del materiale è il punto
in cui il calcestruzzo raggiunge la rottura sotto uno stato di tensione piano di
compressione. σb0 /σc0 è il rapporto tra la resistenza in uno stato tensionale piano e
la resistenza in uno stato tensionale uniassiale. Il CDP consiglia di porre σb0 /σc0 =
1.16
L’ultimo parametro che definisce il comportamento del calcestruzzo confinato
è il dilatation angle ψ. Esso è definito come l’angolo di inclinazione della superficie
di snervamento rispetto all’asse idrostatico in un piano meridiano. Fisicamente,
l’angolo ψ, è un angolo di attrito. Valori consigliati per il calcestruzzo sono
ψ = 36◦ ÷40◦ . I restanti parametri che servono per calibrare il modello sono forniti
in termini di curve tensione-deformazione per uno stato di tensione uniassiale a
compressione e a trazione, spesso ricavabili da prove sperimentali.
1
Il piano deviatorico è il piano ortogonale all’asse idrostatico.
Il piano meridiano di un cono è definito come il piano contenente l’asse di rotazione del
solido. In questo contesto l’asse di rotazione coincide con l’asse idrostatico.
2
4
1.1 Un modello per il c.a.: concrete damaged plasticity
Figura 1.3: Superficie di snervamento nel piano deviatorico
Figura 1.4: Superficie di snervamento nel piano meridiano
Per concludere si mostrano in tabella 1.1 i valori dei parametri adottati in
questo lavoro.
Parametro
Valore
Dilatation angle ψ
Eccentricity σb0 /σc0
Kc
Parametro di viscosità
36
0.1
1.16
2/3
0
Tabella 1.1: Parametri di defaultassunti nel CDP
1.1.4
Comportamento uniassiale a trazione del calcestruzzo
La curva tensioni-deformazioni di un elemento di calcestruzzo sottoposto ad un
carico uniassiale di trazione, segue un andamento lineare elastico fino al raggiungimento della tensione di rottura. La tensione di rottura corrisponde alla condizione
5
1 Non linearità dei materiali
di incipiente fessurazione del calcestruzzo. Oltre tale limite il fenomeno della fessurazione, osservato su scala macroscopica, è rappresentato da una progressiva
riduzione della resistenza al crescere della deformazione (tension-stiffening). Infatti il calcestruzzo non si comporta come un materiale fragile ma presenta una
capacità resistente dovuta a fenomeni quali la coesione tra l’armatura e il calcestruzzo o l’ingranamento degli inerti. Nel presente modello si è scelto adottare
un comportamento elasto plastico con incrudimento positivo.I valori di resistenza
scelti sono più bassi delle usuali resistenze a trazione del calcestruzzo. Il vantaggio
di questa scelta si manifesta in un una maggiore facilità di convergenza e riduzione
dei tempi di analisi.
1.1.5
Comportamento uniassiale a compressione del calcestruzzo
La curva tensione-deformazione per uno stato uniassiale di compressione può essere definita sulla base di risultati sperimentali o ricavata da formule analitiche
in funzione della resistenza a compressione media valutata (o attesa se si parla
di nuove costruzioni). La definizione di tale curva prevede l’individuazione di un
ramo elastico (corrispondente alla condizione di materiale non danneggiato) e di
un ramo plastico. Nel presente lavoro si è scelto un comportamento elasto-plastico
perfetto, accettando di non riprodurre con estrema fedeltà il comportamento reale
del materiale.
1.1.6
Inserimento delle barre di armatura
Negli elementi shell, utilizzati nel presente lavoro, è possibile definire degli strati
di armatura che con comportamento uniassiale nella direzione assegnata. Il comportamento del metallo costituente le armature è elasto-plastico incrudente. La
mesh delle armature è la medesima del calcestruzzo che le ospita. Con questo
approccio, il comportamento del calcestruzzo è indipendente da quello delle armature. Gli effetti locali di aderenza tra acciaio e calcestruzzo sono considerati
approssimativamente introducendo un effetto irrigidente del calcestruzzo (tension
stiffening), volto a cogliere il trasferimento di carico dal calcestruzzo non ancora
fessurato alle barre di armatura.
Per ogni layer è necessario definire i seguenti parametri:
• l’area A della sezione di ogni barra;
• il passo s delle barre nel piano della shell;
• la posizione degli strati nello spessore della shell (misurata a partire dalla
superficie media della shell);
• il materiale costituente le barre;
• l’orientazione delle barre;
L’area della barra ed il passo vengono utilizzati per calcolare lo spessore del
layer di armatura t = A/s.
6
1.2 Casi studio
1.1.7
Regolarizzazione viscoplastica
I modelli dei materiali che tengono conto della perdita di forza (softening) e del
degrado della rigidezza spesso presentano problemi di convergenza nei programmi di analisi con metodo implicito, come Abaqus/Standard. Il CDP può essere
regolarizzato usando la viscoplasticità, permettendo alle tensioni di superare localmente la superficie di snervamento. Nel CDP il parametro che tiene conto
di tale effetto è chiamato parametro di viscosità. Generalmente è un parametro
che assume valori molto piccoli e deve essere settato in modo che il rapporto tra
l’intervallo temporale e tale parametro tenda ad infinito. Questa è infatti la condizione limite per cui i risultati non risentono della regolarizzazione. Nel presente
lavoro non si è fatto uso della regolarizzazione viscoplastica.
1.2
Casi studio
Al fine di familiarizzare con il programma di analisi agli elementi finiti Abaqus
si è scelto di analizzare dei casi molto semplici. I vantaggi di lavorare con modelli semplici sono sia il numero ridotto di elementi (conseguentemente un basso
numero di output), sia la possibilità di prevedere il risultato e quindi poter testare l’affidabilità del modello. Il primo caso studio, successivamente chiamato
CS1, riguarda un solo elemento shell. Gli obiettivi di questo caso studio sono:
verificare il rispetto dei legami costitutivi dei materiali per diverse condizioni di
carico e al contorno; analizzare l’influenza della presenza dell’armatura; indagare
le problematiche legate alla convergenza. Il secondo caso studio, successivamente chiamato CS2, riguarda un muro in c.a. Oltre agli obiettivi sopra elencati si
indagano le problematiche inerenti la scelta della dimensione e del numero degli
elementi costituenti la mesh.
1.2.1
CS1: singolo elemento shell
Il presente caso studio riguarda un elemento shell di dimensioni 1m x 1m x 1m.
L’elemento scelto dalla libreria di Abaqus è il tipo S4, dove S indica che è un
elemento shell e quattro il numero di nodi.
In figura 1.5 si mostra l’elemento studiato, la numerazione dei nodi, il sistema
di riferimento adottato per la lettura degli output (1 è la direzione orizzontale,
2 è la direzione verticale), e la sua deformata quando soggetto ad un carico di
compressione.
Materiali
L’elemento è in calcestruzzo armato. Per quanto concerne il settaggio dei parametri che definiscono la plasticità del calcestruzzo si faccia riferimento al punto
1.1.3. I legami tensione-deformazione, per stati di tensione uni-assiali, sia del
calcestruzzo sia dell’acciaio sono quelli presentati in figura 1.6.
La tensione di snervamento del calcestruzzo a compressione è εccy = 0.986 ·
c = 30.21 MPa. La defor10−03 , cui corrisponde una tensione di snervamento σcy
c
−03
mazione ultima a compressione vale εcu = 3.5 · 10
e la tensione corrispondente
è la stessa di snervamento in quanto non è presente incrudimento. A trazione la deformazione di snervamento e l’associata tensione sono rispettivamente
7
1 Non linearità dei materiali
Figura 1.5: Deformata dell’elemento S4 sotto un carico di compressione. In
leggenda con S22 si intende la tensione verticale nel calcestruzzo.
t = 80 kPa. Mentre a rottura valgono εt = 0.1 e
εtcy = 0.07733 · 10−03 e σcu
cu
t
σcu = 88 kPa. Il modulo elastico del calcestruzzo è Ec = 30653 MPa.
L’acciaio presenta lo stesso comportamento a trazione e compressione. Le
deformazioni di snervamento ed ultima, e le rispettive tensioni sono εsy = 2.033 ·
10−03 , εsu = 0.1, σsy = 80 kPa, εsu = 0.1, σsy = 88 kPa. Il modulo elastico
dell’acciaio è Es = 206000 MPa.
(a) Legame costitutivo del calcestruzzo.
(b) Legame costitutivo dell’acciaio.
Figura 1.6: Legami tensione-deformazione dei materiali
Armature
L’armatura verticale gioca un ruolo importante quando l’elemento è soggetto a
trazione. Essendo infatti la resistenza a trazione del calcestruzzo praticamente assente, la capacità a trazione dell’elemento dipende fondamentalmente dal
quantitativo di armatura verticale.
L’armatura orizzontale governa il fenomeno del confinamento. Quando l’elemento viene compresso, per effetto Poisson, si dilata lateralmente. Le armature
orizzontale entrano in trazione e trasferiscono il carico al calcestruzzo, comprimendolo. La percentuale di armatura orizzontale influisce quindi sulla resistenza
8
1.2 Casi studio
ultima a compressione. Grandi quantitativi di armatura orizzontale generano forze di confinamento importanti e quindi stati tensionali biassiali che permettono
di eccedere il limite di resistenza a compressione uniassiale fino ad un fattore 1.16
(si veda il significato fisico del parametro σb0 /σc0 in 1.1.3).
Tabella 1.2: Percentuali di armatura indagate nelle analisi
Nome caso indagato
AsV /s
cm2 /m
AsH /s
cm2 /m
a
b
c
100
100
100
0
20
100
In tabella 1.2 sono elencati i diversi casi studiati. Con AsV /s si intende il
quantitativo geometrico di armatura verticale e con AsH /s quello orizzontale.
Condizioni al contorno e condizioni di carico
La faccia inferiore dell’elemento è incastrata alla base. La faccia superiore è
caricata uniformemente a compressione o trazione. L’entità del carico è di 33M P a
a compressione e 4.2M P a a trazione. Il carico è stato assegnato staticamente.
Analisi dei risultati
In tabella 1.3 sono mostrati gli output dati dal programma e il loro significato.
Tabella 1.3: Elenco e spiegazione degli output
Grandezza
EE11
EE22
P E11
P E22
tot
E11
tot
E22
S11
S22
Spiegazione
Deformazione elastica in direzione 1
Deformazione elastica in direzione 2
Deformazione plastica in direzione 1
Deformazione plastica in direzione 2
Deformazione totale in direzione 1
Deformazione totale in direzione 2
Tensione in direzione 1
Tensione in direzione 2
I risultati vengono presentati in forma tabellare (vedi tabella 1.4). I sei casi
indagati sono identificati da un codice del tipo S4-INC-a-comp, in cui: S4 indica
il tipo di elemento usato; INC indica la condizione al contorno, in questo caso un
incastro alla base; le lettere a, b, c indicano il quantitativo di armatura secondo
la convenzione della tabella 1.2; comp o traz indicano la condizione di carico
rispettivamente di compressione o trazione.
Dall’analisi dei risultati si evince che:
1. le deformazioni elastiche sono in rapporto 1/5, risultato in accordo con il
valore assegnato al coefficiente di Poisson (0.2).
9
1 Non linearità dei materiali
2. Le deformazioni totali (elastiche più plastiche) nell’acciaio e nel calcestruzzo
sono uguali. La congruenza è rispettata.
3. L’elemento entra in campo plastico. Lo evidenziano i valori non nulli assunti
da P E11 e P E22 .
4. La condizione al contorno (incastro) genera un effetto di confinamento del
calcestruzzo. Tale fenomeno è evidente sia dalle deformate dell’elemento (si
veda la figura 1.7) sia dalla nascita di tensioni orizzontali nel calcestruzzo.
Tali tensioni sono di compressione qualora l’elemento vanga schiacciato e di
trazione se tirato.
5. La presenza delle armature orizzontali genera anch’essa un effetto di confinamento. Dal confronto tra il caso S4-a-INC-comp e il caso S4-b-INC-comp
emerge che l’inserimento delle barre di armatura orizzontali comporta: una
riduzione della dilatazione orizzontale e dell’abbassamento verticale del muro; un aumento delle tensioni orizzontali di compressione nel calcestruzzo;
la nascita di tensioni di trazione nelle armature orizzontali. L’effetto è tanto più marcato quanta più armatura orizzontale è presente. Si noti però
che non si verifica proporzionalità tra quantitativo di armatura orizzontale
presente ed effetto di confinamento. Infatti un aumentato di 5 volte della
quantità di acciaio orizzontale non ha creato una compressione di 5 volte
più grande nel calcestruzzo, ma solo di 2 volte. Questo perché aumentando
l’acciaio viene limitata anche l’espansione laterale e quindi la forza che l’armatura è in grado di restituire è minore, di fatto il tasso di lavoro dell’acciaio
diminuisce.
10
2.53 · 10−04
0.00 · 10+00
−3.33 · 10−05
0.00 · 10+00
1.18 · 10−04
0.00 · 10+00
−9.94 · 10−06
0.00 · 10+00
1.89 · 10−04
4.41 · 10−04
2.17 · 10−07
−3.31 · 10+00
1.78 · 10−04
2.96 · 10−04
2.17 · 10−07
−9.73 · 10−06
Calcestruzzo
Acciaio
Calcestruzzo
Acciaio
Calcestruzzo
Acciaio
Calcestruzzo
Acciaio
S4-INC-b-comp
S4-INC-b-traz
S4-INC-c-comp
S4-INC-c-traz
−8.13 · 10−05
0.00 · 10+00
2.02 · 10−07
0.00 · 10+00
Calcestruzzo
Acciaio
S4-INC-a-traz
3.11 · 10
0.00 · 10+00
1.93 · 10
0.00 · 10+00
−04
P E11
Calcestruzzo
Acciaio
−04
EE11
S4-INC-a-comp
Caso
−04
11
−9.73 · 10−06
−9.73 · 10−06
2.96 · 10−04
2.96 · 10−04
−3.31 · 10−05
−3.31 · 10+00
4.41 · 10−04
4.41 · 10−04
−8.11 · 10−05
0.00 · 10+00
5.04 · 10
0.00 · 10+00
tot
E11
−04
2.47 · 10−06
2.00 · 10−03
−9.97 · 10−04
−1.12 · 10−03
2.47 · 10−06
2.00 · 10−03
−9.91 · 10−04
−1.25 · 10−03
2.47 · 10−06
2.00 · 10−03
−9.88 · 10
−1.31 · 10−03
EE22
P E22
−04
2.00 · 10−03
0.00 · 10+00
−1.24 · 10−04
0.00 · 10+00
2.00 · 10−03
0.00 · 10+00
−2.61 · 10−04
0.00 · 10+00
2.00 · 10−03
0.00 · 10+00
−3.19 · 10
0.00 · 10+00
Tabella 1.4: Risultati dell’analisi
−03
2.00 · 10−03
2.00 · 10−03
−1.12 · 10−03
−1.12 · 10−03
2.00 · 10−03
2.00 · 10−03
−1.25 · 10−03
−1.25 · 10−03
2.00 · 10−03
2.00 · 10−03
−1.31 · 10
−1.31 · 10−03
tot
E22
+05
2.27 · 10+04
−2.00 · 10+06
−6.90 · 10+05
6.10 · 10+07
2.27 · 10+04
−6.81 · 10+06
−3.03 · 10+05
9.09 · 10+07
2.22 · 10+04
0.00 · 10+00
−1.38 · 10
0.00 · 10+00
S11
8.02 · 10+04
4.12 · 10+08
−3.07 · 10+07
−2.31 · 10+08
8.02 · 10+04
4.12 · 10+08
−3.04 · 10+07
−2.58 · 10+08
8.02 · 10+04
4.12 · 10+08
−3.03 · 10+07
−2.69 · 10+08
S22
1.2 Casi studio
1 Non linearità dei materiali
(a) Deformata S4-INC-a-comp.
(b) Deformata S4-INC-b-comp.
(e) Deformata S4-INCb-traz.
(c) Deformata S4-INC-c-comp.
(f) Deformata S4-INCc-traz.
(d) Deformata
S4-INC-a-traz.
Figura 1.7: Deformata dell’elemento nei vari casi studio analizzati. Al fine di rendere più leggibili le figure si è adottato un fattore di
scala pari a 100. Nelle leggende sono evidenziati i valori dello spostamento dei nodi 3 e 4.
12
1.2 Casi studio
1.2.2
CS2: Muro in c.a.
Nel CS1 si è verificata l’attendibilità del concrete damaged plasticity. Ora in
questo caso studio si sposta l’attenzione verso una situazione più realistica e di
maggiore interesse ai fini della modellazione del viadotto oggetto della tesi di
laurea. Il muro analizzato in questa sezione vuole essere rappresentativo di una
delle pareti in c.a. della pila con sezione rettangolare cava del viadotto che si
desidera modellare. Obiettivi del caso studio sono: la scelta della dimensione
degli elementi costituenti la mesh; l’individuazione dei parametri che influiscono
sulla convergenza dell’analisi: l’elaborazione di strategie per facilitarla.
Oggetto del caso studio è un muro in calcestruzzo armato alto 10m, largo 5m
e spesso 1m. Il muro è costituito da elementi shell S4. Si ipotizza che il muro sia
incastrato in un plinto di fondazione. Per tenere conto, in modo approssimato,
della deformabilità del plinto si è scelto di assegnare un comportamento elastico
allo strato alla base del muro. Lo strato elastico ha un’estensione di 2m dalla base.
In figura 1.8 si mostra l’elemento studiato, la numerazione dei nodi, il sistema di
riferimento adottato per la lettura degli output (1 è la direzione orizzontale, 2
è la direzione verticale), e la sua deformata quando soggetto ad un carico di
compressione.
Figura 1.8: Numerazione dei nodi, degli elementi e sistema di riferimento
adottato nel muro oggetto dello studio.
Definizione della mesh
Per definire la dimensione degli elementi costituenti la mesh si è proceduto per
tentativi. Tre casi sono stati indagati (figura 1.9): nel primo caso il muro è stato
suddiviso in elementi di dimensioni 1m x 1m; nel secondo in elementi di dimensioni
13
1 Non linearità dei materiali
(a) Mesh 1m x 1m.
(b) Mesh 0.5m x 0.5m.
(c) Mesh 0.25m x 0.25m.
Figura 1.9: Andamento delle tensioni verticali per diverse mesh
.
0.5m x 0.5m; ed infine nel terzo caso in elementi 0.25m x 0.25m. In tutti è tre i
modelli i materiali sono elastici. La condizione di carico analizzata è una pressione
in testa al muro di 33 MPa. Sono stati monitorati: lo spostamento dei nodi in
testa al muro; le tensioni alla base del muro; i valori delle tensioni orizzontali S11
massime.
Analizzando i risultati ottenuti si evince che:
1. il valore dello spostamento verticale dei nodi in sommità al muro è U2 =
1.006 · 10−02 · m per tutte e tre le mesh.
2. Le tensioni in corrispondenza dei vincoli risentono del grado di infittimento
della mesh. Infatti al diminuire della dimensione degli elementi le reazioni
vincolari puntuali sono divise su aree via via più piccole, causando picchi
delle tensioni. Questo effetto è evidente passando dal modello con elementi
14
1.2 Casi studio
1m x 1m a quello 0.25m x0.25m. Risulta quindi poco opportuna la scelta
di elementi 0.25m x 0.25m.
3. I valori delle tensioni orizzontali massime che si sviluppano nei tre modelli
sono 152 KPa per il modello con la mesh 1m x 1m, 118 KPa per il modello
con la mesh 0.5m x 0.5 m e 111 KPa per il modello con la mesh 0.25m x
0.25 m. I valori massimi si registrano tutti in corrispondenza del centro del
muro.
Alla luce di quanto osservato si è scelta una mesh di 0.5m x 0.5m.
Materiali
Per quanto concerne i materiali si può fare riferimento al punto 1.2.1, in cui
vengono descritti i legami costitutivi dell’acciaio e del calcestruzzo adottati in
questa simulazione.
Armature
I quantitativi di armatura orizzontale adottati sono riportati in tabella 1.5. Di
particolare interesse è il caso b, corrispondente ad un quantitativo basso di armatura, rappresentativo della percentuale geometrica delle pile del viadotto oggetto
della tesi (hanno staffe φ12/30, corrispondenti a 7.536 · cm2 /m). Il caso c invece
è rappresentativo di una staffatura moderna.
Tabella 1.5: Percentuali di armatura indagate nelle analisi
Nome caso indagato
AsV /s
cm2 /m
AsH /s
cm2 /m
a
b
c
100
100
100
0
8
20
Condizioni al contorno e di carico
La faccia inferiore del muro è incastrata alla base. La faccia superiore è caricata
uniformemente a compressione o trazione. L’entità del carico è di 35 · M P a a
compressione e 5 · M P a a trazione. La pressione o la trazione agiscono sulla
faccia superiore del muro, di dimensioni 5m x 1m.
Analisi dei risultati
I casi indagati sono identificati da un codice del tipo Wall-INC-a-comp, in cui:
Wall indica che le analisi sono condotte sul modello del muro precedentemente
descritto; INC o FREE indica la condizione al contorno, incastro o dilatazione
laterale libera alla base; le lettere a, b, c indicano il quantitativo di armatura
secondo la convenzione della tabella 1.5; comp indica la condizione di carico cui
è soggetto il muro.
15
1 Non linearità dei materiali
Si ponga l’attenzione sul caso Wall-FREE-a-comp: muro libero di dilatarsi
lateralmente, privo di armatura orizzontale, soggetto a compressione.
1. L’analisi non riesce a convergere e si interrompe per un valore del carico
pari a 0.9212 volte il carico assegnato (p = 35 · M P a), corrispondente ad
una pressione in testa al muro p = 32.2414 · M P a. Poiché non si registrano
deformazioni plastiche significative, i materiali sono ancora in campo elastico
e vale il criterio di omogenizzazione. Essendo il rapporto tra i moduli elastici
n = Es/Ec = 6.72, e la percentuale geometrica di armatura ρs = 0.1%Ac ,
l’area omogenizzata è Ahom = Ac (1+nρs ) = 5.336·m2 . Il massimo carico che
può portare il muro è quindi dato da pmax = fc Ahom /Ac = 32.2414 · M P a,
in accordo con il valore restituito dal programma. La tensione nelle barre
di acciaio è σs = nσc = 203 · M P a. Anche quest’ultimo valore è conforme
agli output del programma.
2. Si osserva che non nascono tensioni orizzontali. Di fatto la dilatazione laterale è permessa in quanto sono assenti vincoli alla base e armature orizzontali
che la potrebbero impedire.
Si fissi l’attenzione sul caso Wall-FREE-b-comp: muro libero di dilatarsi lateralmente, con percentuale di armatura orizzontale antica, soggetto a compressione.
1. L’analisi non converge e si interrompe per un valore del carico pari a 0.9503
volte il carico assegnato (p = 35·M P a), corrispondente ad una compressione
in testa al muro p = 33.26 · M P a. Il muro è in grado di portare un carico
superiore al caso Wall-FREE-a-comp grazie al confinamento generato dalla
presenza delle armature orizzontali.
2. Nascono infatti delle tensioni orizzontali di compressione nel calcestruzzo e di trazione nelle barre di acciaio orizzontali dovute al fenomeno del
confinamento.
Si concentri ora l’attenzione sul caso Wall-FREE-c-comp: muro libero di dilatarsi lateralmente, con percentuale di armatura orizzontale moderna, soggetto
a compressione.
1. L’analisi non convergere e si interrompe per un valore del carico pari a 0.9988
volte il carico assegnato (p = 35·M P a), corrispondente ad una compressione
in testa al muro p = 34.958 · M P a. La presenza dell’armatura orizzontale
stabilizza il modello permettendo ai materiali di entrare significativamente
in campo plastico (deformazioni plastiche dell’ordine di 5 · 10−03 ).
2. Il programma restituisce messaggi di allerta perché l’algoritmo risolutivo del
problema plastico non riesce a trovare la convergenza nei limiti di tolleranza
richiesti. I risultati ottenuti devono essere letti e interpretati con cautela,
specialmente per valori del carico elevati.
Quando la condizione al bordo cambia e si impediscono le dilatazioni laterali
si ottiene un effetto di confinamento dovuto alla presenza del vincolo. Si registra
inoltre l’incapacità di girare le analisi fino agli stessi valori di carico del caso non
vincolato. Si elencano di seguito i valori di carico per cui le analisi si fermano e
non riescono a raggiungere la convergenza.
16
1.2 Casi studio
1. In Wall-INC-a-comp si nota che l’analisi non convergere e si interrompe per
un valore del carico pari a 0.6223 volte il carico assegnato (p = 35 · M P a),
corrispondente ad una compressione in testa al muro p = 21.78 · M P a.
L’inserimento dell’ulteriore vincolo alla base non permette il raggiungimento
della resistenza a compressione del calcestruzzo. Si è notato che l’aumento
del quantitativo di armatura orizzontale e/o della resistenza a trazione del
calcestruzzo permettono il procedere dell’analisi anche per valori superiori
di carico in testa. Pertanto la causa per cui l’analisi non riesce a giungere a
convergenza è da ricercare nelle tensioni di trazioni che nascono nel muro.
2. In Wall-INC-b-comp l’analisi non converge e si interrompe per un valore del
carico pari a 0.8468 volte il carico assegnato (p = 35 · M P a), corrispondente
ad una compressione in testa al muro p = 29.638 · M P a.
3. In Wall-INC-c-comp il muro è in grado di portare tutto il carico assegnato
(p = 35 · M P a).
Infine si analizzi il caso Wall-FREE-a-traz : muro libero di dilatarsi lateralmente, privo di armatura orizzontale, soggetto a trazione.
1. L’analisi non converge e si interrompe un valore del carico pari a 0.9392
volte il carico assegnato (p = −5 · M P a), corrispondente ad una trazione in
testa al muro p = −4.696 · M P a. Se si trascurasse il calcestruzzo il carico
massimo che il muro potrebbe portare è pari a pmax = σsu ρs Ac −4.61·M P a,
valore prossimo a quello restituito dal programma. L’errore è dovuto ad aver
trascurato la resistenza a trazione del calcestruzzo.
c = 2.6 · 10−06 conforme
2. La deformazione elastica del calcestruzzo è EE22
c =
con il legame costitutivo. La deformazione plastica del calcestruzzo P E22
c
s
0.1, la rispettiva tensione S22 = 88 · kP a e la tensione nell’acciaio S22 =
460.9·M P a evidenziano la capacità del modello di cogliere il fenomeno della
fessurazione: calcestruzzo non reagente a trazione oltre il limite fissato ed
acciaio che assorbe tutto il carico a trazione.
Si osserva che la presenza di armatura orizzontale non influisce sul comportamento del muro sia che le condizioni al contorno permettano la dilatazione laterale, sia che la impediscano. Inoltre dal confronto tra il caso Wall-FREE-a-traz e
Wall-INC-a-traz non emergono sostanziali differenze.
17
Capitolo 2
Non linearità di contatto
Al fine di valutare il comportamento dinamico del viadotto Tevere IV è necessario
individuare un modo per modellare i giunti tra gli impalcati. Il viadotto è a travate
appoggiate con soletta discontinua pertanto gli impalcati possono martellare, ad
esempio, se un moto in controfase di due pile contigue si attiva. Inoltre uno
degli interventi di miglioramento della risposta simsica che si desidera progettare
consiste nell’inserimento di un fine corsa in calcestruzzo armato in testa ad ogni
pila. La presenza del fine corsa impedisce la perdita di appoggio dell’impalcato,
in quanto urta il ritegno. In entrambe le situazioni sopra evdienziate nascono non
linearità di contatto.
Per modellare questo fenomeno del martellamento si è optato per l’utilizzo di
elementi spring elastici non lineari, presenti nelle librerie di Abaqus e si SAP2000.
Questo tipo di elementi sono definiti in funzione dei due nodi alle loro estremità,
della direzione in cui restituiscono la forza, e dall’andamento della forza restituita
in funzione dello spostamento relativo tra i nodi.
Nei paragrafi successivi si studia il comportamento degli elementi sopra citati
confrontando i risultati ottenuti implementando lo stesso modello nei due sofware
di calcolo.
2.1
Legami costituitivi delle molle non lineari
In questa sezione si desidera testare il funzionamento degli elementi spring non
lineari. Si consideri lo schema in figura 2.1. Una molla lineare elastica (AB),
con rigidezza k = 500 · N/m, è vincolata nel suo estremo sinistro A. Il nodo
dell’estremità destra B è libero di muoversi. I nodi B e C sono collegati da una
molla non lineare elastica (gap) che si attiva solo quando lo spostamento relativo
supera 0.2 · m e restituisce una forza proporzionale allo spostamento relativo
secondo la rigidezza knonlin = 5000 · N/m. La forza massima che può restituire la
molla non lineare è di 5000 · N , se tale limite viene superato si deforma solamente
(idealmente l’elemento si è rotto). Il gap è un vincolo monolatero, non resite
a trazione. Le rigidezze sono in rapporto 1:10. Lo spostamento del nodo C è
impedito. Le due molle sono disposte in serie, pertanto le forze che scambiano
sono le stesse mentre gli spostamenti dipendono dalla rigidezza complessiva del
sistema.
19
2 Non linearità di contatto
Figura 2.1: Schema del modello.
Si imponga uno spostamento al nodo B che segue la legge mostrata in figura
2.2 (a). Nello stesso grafico è riportato lo spostamento relativo dei due nodi della
molla lineare e della molla non lineare. Le risposte in termini di reazioni vincolari
che nascono nei nodi A e C, e delle forze nelle molle sono presentate nella figura
2.2 (b).
Conclusioni
1. Lo spostamento relativo della molla lineare, definito come ∆ulin = (uA −
uB ), presenta lo stesso andamento dello spostamento del nodo B con il segno
opposto.
2. Lo spostamento relativo della molla non lineare, definito come ∆unonlin =
(uB − uC ), presenta lo stesso andamento dello spostamento del nodo B, le
due curve coincidono.
3. La forza elastica nella molla lineare è definita come Fel,lin = k∆ulin , con
spostamento in A nullo. Le elongazioni della molla producono quindi forze
elastiche negative. Viceversa per le compressioni.
4. La reazione vincolare nel nodo A risulta negativa per spostamenti del nodo
B positivi e viceversa.
5. La forza elastica nella molla non lineare è definita come Fel,nonlin = f (∆unonlin ),
con spostamento in C nullo. Per valori di ∆unonlin > 0.2m · m (condizone in
cui il gap è chiuso) la molla riponde con una forza elastica positiva pari alla
rigidezza knonlin per lo spostamento. Per ∆unonlin < 0.2m · m(condizione
in cui il gap è aperto) la risposta in forza è nulla.
Tale modello è stato implementato sia in Abaqus sia in SAP2000 ed i risultati
ottenuti con i due programmi coincidono.
20
2.1 Legami costituitivi delle molle non lineari
(a) Spostamenti.
(b) Forze.
Figura 2.2: Storie temporali di forze e spostamenti.
21
2 Non linearità di contatto
2.2
Comportamento dinamico di molle non lineari
Si consideri sempre il modello in figura 2.1 trascurando per il momento la molla
non lineare e aggiungendo una massa m = 10 · kg nel nodo B. La massa è soggetta
ad una forzante esterna la cui entità varia con legge sinusoidale di ampiezza A =
500 · N e pulsazione ω = 30 · rad/s. Successivamente si inserisce il gap tra i nodi B
e C. L’apertura del gap è di 0.2 · m e le rigidezze indagate sono ka = 50000 · N/m,
kb = 500000·N/m e kc = 5000000·N/m, rispettivamente due, tre e quattro ordini
di grandezza più grandi della rigidezza dell’elemento collegato al gap. Come si
noterà in seguito il rapporto tra le rigidezze è il discriminante del comportamento
complessivo del giunto.
La storia temporale dello spostamento del nodo B, è mostrata in figura 2.3,
mentre nelle figure 2.4 e 2.5 si mostra la storia temporale della reazione vincolare
nei nodi A e C, uguali alle forze interne agli elementi spring a meno del segno.
Per ogni rapporto di rigidezza indagata sono mostrati i risultati ottenuti dai due
programmi di calcolo.
Conclusioni
Si fissi l’attenzione sulle storie temporali dello spostamento e delle reazioni. Al
crescere della rigidezza dell’elemento non lineare si nota che:
1. la compenetrazione della massa nel gap tende a ridursi da circa 5 · cm per
rapporto di rigidezze 1:100 fino a meno di 1 · cm per rapporto 1:10000;
2. il massimo spostamento al rientro dell’urto non varia significativamente
(rimane sempre dell’ordine degli 80 · cm);
3. analogamente la risposta della molla lineare, dipendente dall’entità dello
spostamento di cui sopra, non presenta range di variazione importanti (vale
0.15 ÷ 0.40 · kN );
4. la risposta massima della molla non lineare tende a crescere sensibilmente,
da 3 · kN per un rapporto di rigidezze 1:100 fino a 18 · kN per un rapporto
1:10000.
Per quanto riguarda i risultati ottenuti con i due programmi di calcolo si
nota una buona corrispondenza per un rapporto tra le rigidezze pari a 1:100. Al
crescere della rigidezza dell’elemento non lineare i risultati si discostano sia in
termini di entità delle reazioni (Abaqus restituisce reazioni vincolari fino a 1.5
volte più grandi rispetto a SAP2000, per il rapporto di rigidezze di 1:10000), sia
di periodo delle oscillazioni (Abaqus calcola periodi più brevi per il rapporto di
rigidezze di 1:10000). Per tutti e tre i rapporti di rigidezza indagati si osserva una
buona corrispondenza dei risultati nella prima oscillazione. Durante le oscillazioni
successive le risposte iniziano a divergere.
Per concludere si osserva chiaramente che la presenza di un vincolo monolatero non lineare comporta una variazione consistente della risposta del sistema in
termini di entità di spostamenti, di periodo di oscillazione del sistema e di entità
delle forze trasmesse.
22
2.2 Comportamento dinamico di molle non lineari
(a) Rapporto tra le rigidezza 1:100.
(b) Rapporto tra le rigidezza 1:1000.
(c) Rapporto tra le rigidezza 1:10000.
Figura 2.3: Storie temporali dello spostamento del nodo B.
23
2 Non linearità di contatto
(a) Rapporto tra le rigidezza 1:100.
(b) Rapporto tra le rigidezza 1:1000.
(c) Rapporto tra le rigidezza 1:10000.
Figura 2.4: Storie temporali della reazione vincolare del nodo A.
24
2.2 Comportamento dinamico di molle non lineari
(a) Rapporto tra le rigidezza 1:100.
(b) Rapporto tra le rigidezza 1:1000.
(c) Rapporto tra le rigidezza 1:10000.
Figura 2.5: Storie temporali della reazione vincolare del nodo A.
25
Capitolo 3
Integrazione al passo delle
equazioni del moto
La risposta di un sistema dinamico può essere determinata in diversi modi. I
metodi analitici mirano a risolvere direttamente l’equazione differenziale di conservazione della quantità di moto. Le usuali tecniche consistono nel considerare
la forzante esterna come una sequenza di impulsi di durata infinitesima. La risposta del sistema è valutata come la somma della risposta ad ogni singolo impulso.
Il limite di tale metodo è appunto l’assunzione del principio di sovrapposizione
degli effetti, valido solo in un regime di piccole deformazioni. I sistemi reali sono governati da equazioni in cui le caratteristiche meccaniche, quali rigidezza e
smorzamento, variano in funzione della risposta. Ed in particolare se si desiderano
studiare fenomeni in cui l’entità delle forze esterne è tale da causare deformazioni
e tassi di deformazione importanti (come un evento sismico) è opportuno abbandonare l’ipotesi di linearità delle equazioni del moto in quanto poco fedele alla
realtà.
I metodi di integrazione al passo presentano un approccio al problema di tipo
numerico, che permette di inserire nell’analisi gli effetti della non linearità delle
equazioni del moto. Essi prevedono che l’intervallo temporale in cui si desidera
valutare la risposta del sistema sia suddiviso in passi. All’interno di ogni passo
si assume che l’accelerazione abbia una legge di variazione nota e che la forzante
esterna al sistema sia costante. Tanto più la lunghezza h del passo è ridotta tanto
più il grado di approssimazione diminuisce. Se la legge di variazione dell’accelerazione è fissata, quelle della velocità e dello spostamento sono ricavabili per
integrazione. Ultimo ingrediente è il principio di conservazione della quantità di
moto. L’idea alla base di tali metodi è di costruire la risposta del sistema passo
dopo passo: i campi di spostamento, velocità e accelerazione nell’istante finale del
passo t1 sono calcolati in funzione della risposta nell’istante iniziale t0 .
Il presente capitolo, senza pretese di completezza, ha l’obiettivo di accennare
alle procedure che vengono usualmente adottate per integrare al passo le equazione
del moto e mettere in evidenza le motivazioni per cui tali metodi sono indicati
per la soluzione di problemi non lineari.
27
3 Integrazione al passo delle equazioni del moto
Figura 3.1: Leggi di variazione di accelerazione, velocità e spostamento in un
passo temporale.
3.1
Metodo di integrazione di Eulero-Gauss
Si consideri un sistema ad un grado di libertà (SDOF). Il principio di conservazione
della quantità di moto è descritto dall’equazione:
ma + cv + kd = p
(3.1)
La procedura di Eulero Gauss, descritta nel dettaglio in [1], permette di determinare la risposta all’istante finale del passo t1 conoscendo spostamento e velocità
nell’istante iniziale del passo t0 . Si suppone infatti che all’istante iniziale di ogni
passo la velocità e lo spostamento sono noti: all’istante t = 0 sono note le condizioni iniziali, mentre nei passi intermedi la velocità e lo spostamento vengono
calcolati in funzione della risposta nel passo precedente. Si ipotizza che l’accelerazione all’interno del passo sia costante e pari al valore medio tra l’accelerazione
all’istante iniziale a0 e finale a1 . Fissata la legge di variazione dell’accelerazione,
integrando si determinano la velocità e lo spostamento (si veda figura 3.1).
L’accelerazione all’istante iniziale a0 viene valutata imponendo la conservazione della quantità di moto all’istante t0 , come mostrato nell’equazione (3.2).
a0 =
1
(p0 − cv0 − kd0 )
m
(3.2)
Per determinare l’accelerazione nell’istante finale del passo a1 è necessario
iterare: partendo da un valore di primo tentativo di a1 si determinano v1 e d1 con le
equazioni in figura 3.1, entrando con questi valori nell’equazione di conservazione
della quantità di moto 3.1 si aggiorna il valore dell’accelerazione a1 e si itera
28
3.2 Procedure di Newmark e Hilber-Huges-Taylor
fintanto che i due valori di accelerazione non differiscano più di una tolleranza
fissata.
3.2
Procedure di Newmark e Hilber-Huges-Taylor
La procedura di Eulero Gauss è stata successivamente affinata da Newmark e altri. Nel presente lavoro si utilizza il metodo di Hilber-Huges-Taylor. Le differenze
rispetto ad Eulero Gauss si evidenziano nelle leggi con cui variano accelerazione, velocità e spostamenti nel passo temporale. Tali leggi sono mostrate nelle
equazioni 3.3
v1 = v0 + (1 − γ)ha0 + γha1
2
2
d1 = d0 + hv0 + (1/2 − β)h a0 + βh a1
(3.3)
(3.4)
dove β = (1 − α)2 /4 è un fattore che pesa differentemente l’accelerazione iniziale e finale nella formula della velocità; γ = 1/2 − α svolge un ruolo analogo
nella formulazione dello spostamento. Il parametro γ è responsabile dello smorzamento artificiale indotto dall’utilizzo di un metodo numerico. Alcuni autori [1]
hanno visto che lo smorzamento artificiale massimo si ottiene ponendo α = −1/3
e h = 0.4T , dove T è il periodo indagato. Non si ha smorzamento artificiale
ponendo γ = 0.5 e β = 0.25. Nel presente lavoro si sono adottati i seguenti valori
per i parametri: α = −0.55, β = 0.275665, γ = 0.55.
29
Bibliografia
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[2]
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composite structures with concrete strength degradation taken into consideration. Wrocław, Poland: Wrocław University of Technology, Archives of civil
e mechanical engineering, 2011.
[3]
J. Lee e G. L. Fenves. «Plastic-Damage Model for Cyclic Loading of Concrete
Structures». In: Journal of Engineering Mechanics 124.8 (1998), pp. 892–900.
[4]
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Journal of Solids and Structures 25 (1989), pp. 299–329.
[5]
Simulia. Abaqus 6.13 Finite Element Analysis System. Dessault Systèmes,
2013.
31
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