La scoperta di un popolo di cui conoscevo poco di cui ho
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La scoperta di un popolo di cui conoscevo poco di cui ho
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone La scop erta di un popolo di cui con oscevo po co di cui ho apprezzat o quasi tu tto da un TUTTO GIAPPONE B uona la prima: Giappone 2015 Prologo A breve visiterò il 46-esimo paese! Mi sembra un bel numero, anche se in questa statistica “furbetta” ho inserito anche San Marino e Città del Vaticano, ma non è certo colpa mia se sono Stati anche loro…Comunque, domani parto per il 46-esimo Paese, il Giappone! Sono alcuni anni che ho una vera attrazione per questo paese. Mi affascina tutto quello che rappresenta la modernità e le innovazioni tecnologiche e in questo il Giappone a lungo, non è stato secondo a nessuno. Se si aggiungono una ricca storia e secolari tradizioni, il Giappone non poteva non essere nei miei sogni e di quelli dei miei compagni di viaggio. Quindi eccomi pronto ad affrontare un viaggio per migliaia di chilometri, in treno! un mezzo che usato in Italia avrebbe costretto Jules Verne a far fare a Phileas Fogg il giro del mondo in 800 giorni, anzichè nei suoi mitici 80, ma in Giappone sembra che le cose siano diverse. I treni dicono funzionino veramente. Il sito che riporta gli orari dei treni indica che per andare da Tokyo a Hiroshima (894Km!!!), si impiegherebbero solo 4 ore!!!! Un tempo che in Italia deve andarti di lusso se fai la metà della strada, ma più spesso dopo 4 ore senti solo la voce in treno che dice “Trenitalia si scusa per il ritardo…” e anche se nell’abbonamento ferroviario del nostro viaggio non è compreso il “proiettile” Nozomi, ci sono tutti gli altri Shinkansen, che non scherzano, raggiungendo velocità medie sopra i 200km/h e frequentemente sopra i 300. Comunque anche di fronte a tanta efficienza, il viaggio un pò mi spaventa. Tantissime sono le variabili in un viaggio così lungo con mezzi pubblici (per esempio solo a Tokyo le linee metropolitane se le dividono 3 società diverse). La lingua poi potrebbe essere un ostacolo insormontabile se i giapponesi risulteranno meno disponibili di come tutti me li dipingono. boh? stavolta sarà una vera avventura! Ma intanto pensiamo a partire. In Giappone, questo periodo è quello della fioritura dei ciliegi, che sembra essere una tradizioni da oltre 1400 anni!! e tutti sembra vogliano andare nel Paese del sol levante. Difficilissimo trovare hotel nelle città più famose. Kyoto sembra fully booked da settimane….(noi una sistemazione sulla carta l’abbiamo trovato, speriamo di trovarlo anche sul posto…). Testo e foto del coordinatore Mauro Magrini L’arrivo a Tokyo - Il fascino del wc Sì, sono un ‘semplice’. All’arrivo a Tokyo da cosa rimango colpito? Dai wc giapponesi. Il termine wc è troppo riduttivo per descrivere una vera e propria ‘spa’ per il fondoschiena. Ne avevo sentito parlare, ma non immaginavo quanto piacevole potesse essere il getto d’acqua regolabile in direzione e intensità (oltre che di temperatura) e il soffio d’aria calda successivo. Ma non è tutto semplice come uno potrebbe pensare: la prima volta, non sapendo bene cosa fossero tutti quei tasti e non leggendo niente, andando a caso come una scimmia, ho premuto il tasto sbagliato (quello della pressione dell’acqua), così che quando poi l’acqua è uscita, quasi mi trafigge dalla potenza. Ebbene si, anche il wc può essere pericoloso. Be careful! Il resto della prima giornata giapponese passa tranquilla, anche per riprendersi del lungo volo intercontinentale. La mattina è spesa tra le architetture moderne di Obaida (moderne, ma non mozzafiato per la verità, dato che il quartiere nato negli anni 80 nella zona della baia di Tokyo, è ormai un po’ superato. Tranne una enorme palla nella sede della Fuji Tokyo-Sky Tree Tower RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone television, per il resto la zona è piena di palazzoni piuttosto squadrati) e il pomeriggio diretti invece al tempio shintoista dedicato all’imperatore Muiji, in zona Harajuko. Il tempio è piuttosto recente, del 1920, ma molto ‘giap’. La forma tipica e la pace trasmessa dal parco (oltre 120.000 piante). A fine visita è ormai calata la sera e prima della cena, un po’ di ‘struscio’ per una delle vie dello shopping, la Omote-sando, dove tutti gli stilisti più famoso hanno le loro boutique, facendo quasi a gara tra loro per primeggiare per la sede migliore (notevole la sede Tod’s dell’architetto Toyo Ito, vincitore del ‘Nobel’ dell’architettura, il premio Pritzker). Per cena si punta sul quartiere Shibuya. Prima un’occhiata al famoso incrocio appena fuori della stazione (uno dei più trafficati al mondo), quindi alla statua del famoso Hachiko, il cane che per 10 anni andò ogni pomeriggio alle 17 ad aspettare il ritorno del padrone che in realtà era morto per un malore mentre era al lavoro. La serata si conclude con il primo kaiten-sushi, il ristorante giapponese a nastro, inventato da Yoshiaki Shiraishi (un Marchionne giapponese per ridurre il numero di dipendenti e gestire quasi da solo il suo primo ristorante), il tipo di ristorante dove i piatti di passano davanti, scegli, e il prezzo è determinato dal colore o disegno sul piatto. 5 piattini azzurri da 200 yen l’uno e la cena è servita. A me sembra che il cuoco metta a caso pezzi di sushi nel primo piatto a disposizione davanti, invece di scegliere il piattino in base al contenuto. La stessa porzione da 2 pezzi di sushi di salmone, una volta è su un piatto azzurro da 200 yen, altre in quello rosa da 250, eccezionalmente in quello marrone da ben 500 yen..(c’è poi l’inarrivabile piatto dorato da 600 yen, dove passano solo cappesante o pezzi pregiati). Quindi, sveglia! Non facciamoci fregare pure dai giapponesi Le prime esperienze del mito giapponese: il treno Devo dire che rispetto al Giappone che era nella mia immaginazione, sono leggermente deluso. Mi aspettavo un paese ultra moderno, in realtà era la mia idea che era un po’ vecchia. Il Giappone è moderno, sì, ma il divario presente nei decenni precedenti è stato forse colmato da diversi altri Paesi. Le vie di Tokyo non sono poi così diverse da quelle di Londra o New York. Se però ancora poche cose mi hanno realmente sorpreso (ma sono solo al secondo giorno) devo riconoscere che le ferrovie giapponesi sono di un’altra galassia rispetto a tutto il resto del mondo (a me noto). Se pulizia e puntualità erano arcinote (e le confermo), non sapevo che esistevano vagoni prenotabili e vagoni non prenotabili, in modo che anche chi non ha trovato posto sicuro a sedere con la prenotazione anticipata, può salire; che il numero dei vagoni non prenotabili sono indicati sui pannelli dei binari dove arriverà o partirà il treno; che il punto (esatto) della porta del tuo vagone è chiaramente indicato per terra, sulla piattaforma, e il treno si ferma esattamente lì; che gli orari sono reali. Se è previsto che un treno arrivi alle 9.57, arriverà alle 9,57 (se arriva 2 minuti prima, aspetta fuori dalla stazione. Non è contemplata la possibilità che arrivi in ritardo); che all’interno i sedili possono ruotare di 180 gradi, così che, se sei un gruppo di persone puoi crearti un ‘salottino’ girando una fila intera di posti, o comunque, se vuoi più girare la tua fila di sedili in direzione di marcia del treno; che il display indica la stazione successiva, la stessa viene annunciata in giapponese e inglese; che il numero di posto è riportato sul sedile anche in braille; che i bagni, meritevoli di un racconto a parte, sono pulitissimi, super elettronici, pieni di sensori per lo scarico del water, per aprire e chiudere l’acqua dei rubinetti, così che non devi praticamente toccare niente; che sui treni non vieni sballottato ovunque, la linea è silenziosa e regolare; che tutto il personale, anche se ci si capisce poco o niente, è gentilissimo. Questo per i mitici shinkansen, i treni ad alta velocità, ma anche i treni locali (da noi simili ai carri bestiame), sono con meno comfort, ma più che discreti. Per contro, il prezzo del biglietto e piuttosto alto, ma in questo viaggio Avventure mette a disposizione un abbonamento per 21 giorni valido su tutta la rete nazionale, quindi che me frega? grattacieli della parte ovest e al quartiere tutto luci (e in parte anche ‘rosse’) della parte est. La stazione è enorme e mi confondo, sono convinto di essere uscito a sud, invece ero a ovest. Quando in signore mi si avvicina per chiedere se avevo bisogno di una mano, prima dico di no, poi chiedo conferma che il grattacielo del Municipio di Tokyo è in una certa direzione, infine quando lui mi dice che è dalla parte opposta, con non poca presunzione gli dico che sbaglia (lui). Ovviamente, in seguito mi accorgerò che aveva ragione (lui…) La zona ovest di Shinjuku è molto moderna, caratterizzata dalle architetture di Kenzo Tange, progettista famoso anche in Italia per le torri della fiera di Bologna. Sua la Cocoon Tower e le torri sede del Comune di Tokyo. Il giorno successivo è già ora di lasciare Tokyo e prendere il primo Shinkansen (i veloci treni giapponesi) per Hiroshima, quasi 900 km in poco più di 4 ore (ci sarebbero treni anche più veloci, ma non sono compresi nel Japan Rail Pass, quindi ci si accontenta di andare ‘solo’ a poco più di 200 km/h…) I primi giorni in Japan Dopo il primo giorno a Tokyo, è tempo di spostarsi (ci si tornerà a fine viaggio per alcuni giorni). È la volta del Monte Fuji. Incerto se andare fino all’ultimo per via del meteo che, se non eccezionale, potrebbe rendere il monte invisibile dietro le nuvole, decidiamo di andare. Il viaggio non è semplicissimo: dalla stazione di Ueno a quella di Tokyo (due stazioni centrali di Tokyo città) con un cambio rapidissimo di poco minuti, poi da qui a Otsuki e infine un treno fuori dell’abbonamento del Japan Rail fino a Kawaguchiko, alla base del Monte più famoso del Giappone, nonché vulcano quasi perfettamente conico e ancora attivo. Già dal treno è una visione familiare In questo periodo non è possibile salire sul monte per via della neve, quindi una classica escursione è raggiungere in funivia, con partenza dal lago di Kawaguchiko, la cima di una montagnetta davanti, così da avere, sull’altro versante rispetto al lago, una vista frontale. Un po’ ammiro il panorama, ma poi, come sempre, mi viene fame. La mia attenzione cade su uno strano distributore: non sono bevande, ma cibo! Inserisci monete e dopo 2-3 minuti escono, a scelta, noodles, riso saltato, wurstel e tanto altro. Lo devo provare! Prendo dei noodles con carne, al momento sembrano buoni, ma la sera, di ritorno dal quartiere di Shinjuku, un imprevisto e improvviso attacco di mal di pancia, mi trasformerà in un centometrista. Stazione di Ueno-hotel in tempi da record… saranno stati i noodles cucinati dal robot del Monte Fuji? Il pomeriggio si rientra a Tokyo con rocamboleschi cambi di treno (4 minuti per cambiare treno e binario, ma i treni sono così puntali che i 4 minuti sono effettivi) per girare per Shinjuku, partendo dalla stazione omonima che detiene il record di stazione più trafficata al mondo, per passare poi ai Kyoto Avventure nel mondo 2 | 2015 - 15 Torii rossi a Inari RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone Arrivati a Hiroshima, per non perdere tempo, invece di passare in hotel a lasciare i bagagli, cambio rapido di treno per il porto di Miyajimachiko dove, prima di prendere il traghetto per l’isola di Miyajima (famosa per un santuario shintoista, e in occidente ancora più per un famoso Torji – tipico portale shintoista – posto direttamente in mare, attraversabile normalmente in barca, e a piedi quando c’è bassa marea), lasciamo i bagagli negli armadietti a gettoni della stazione. Qui diamo spettacolo. Siamo in 6 e per risparmiare al massimo, proviamo tutte le combinazioni possibili per incastrare 6 valigie in meno armadietti possibili. Quindi tra ‘togli il tuo che il mio è più piccolo’, ‘schiaccia il suo che così entra anche il mio’, riusciamo a infilare tutto in appena 4 armadietti. 2 grandi da 600 yen, 2 medi da 400 yen. Dopo il giro dell’isola e un buon pranzo, si torna con il ferry Boat a Hiroshima, dove, circa nel punto in cui, alle 8.15 del 6 agosto 1945, è stata sganciata la prima bomba atomica, c’è il Museo della pace. Ben fatto, toccante, da monito ed eterna memoria della potenza distruttiva e letale della bomba tra le bombe. Che persone straordinarie (in un Paese straordinario) Finora il viaggio in Giappone, dopo meno di una settimana, è avvincente; bei posti visti, efficienza mostruosa dei mezzi di trasporto constatata, ma la cosa che più mi colpisce è sicuramente la disponibilità dei giapponesi. Esempi: 1) nessuno o quasi capisce il mio inglese e io non capisco il loro. Nonostante ciò tutti provano ad aiutarti. Chiedo ad un’autista del bus il prezzo del biglietto, lui mi dice una cifra, io non capisco, lui non trova un foglio per scrivere, mi scrive il prezzo del biglietto con la penna su uno dei suoi guanti bianchi. 2) non riesco a trovare il ristorante cercato a Hiroshima, due ragazze, cambiano strada dal loro percorso e mi accompagnano 3) lasciamo 100 yen (meno di un euro) in un ristorante per dimenticanza, un cliente fa caso alla cosa e ce li riporta quando eravamo già quasi usciti dal ristorante 4) chiedo ad una ragazza dell’ufficio informazioni dov’è la fermata di un bus, lei esce dall’ufficio e mi accompagna fino alle panchine dove aspettare 5) la stessa ragazza quando vede che l’autobus previsto per le 11.13, alle 11,20 non arriva, esce di Torii rossi a Inari 16 - Avventure nel mondo 2 | 2015 nuovo dicendo che ha telefonato alla compagnia del bus per informazioni sul ritardo, sapendo che c’è stato un incidente per strada e la compagnia non sa quando potrebbe arrivare il bus 6) dato che eravamo un po’ in ritardo, lei chiede se può chiamarci dei taxi, al nostro ok, li chiama. Prima dell’arrivo dei taxi, arriva finalmente il bus, lei ci corre di nuovo incontro consigliandoci di prendere comunque il bus perché più economico e che penserà lei ad avvertire i taxi (che nel frattempo erano partiti dalla stazione del paese). 7) tutti guidano con cautela, senza suonare (penso unico Paese in Asia), anche le ambulanze hanno suoni timidi. 8) ad un incrocio tra stradine strette, noi stavamo in mezzo alla strada e non ci siamo accorti che era arrivata una macchina dietro e che non riusciva a passare, l’autista ha aspettato in silenzio che noi ci accorgessimo della presenza, avanzando solo pochi centimetri alla volta 9) una del gruppo ha invaso a piedi la corsia di marcia quando arrivava una macchina da dietro. L’autista dell’auto si è ovviamente fermato bruscamente e si e scusato mille volte. Quando lei ha fatto segno che avrebbe potuto suonare, l’autista ha provato timidamente il clacson e al suono ha fatto una faccia sorpresa come a dire ‘ah, questa cosa in mezzo al volante funziona veramente? Pensavo fosse finto…’ 10) appena ti fermi a guardare una mappa, una guida o semplicemente un biglietto del treno, c’è sempre qualcuno che si avvicina a chiedere se serve una mano 11) All’arrivo dei treni, specie i veloci shinkansen, escono sul binario addetti che regolano l’entrata e l’uscita dei viaggiatori per accelerare le operazioni Insomma se ti dimostri gentile o in difficoltà, c’è sempre qualcuno che ti dà una mano. Per contro se sbagli, sono inflessibili e rigidi (ho annusato una salsa avvicinando una ciotola aperta al naso, anziché usare un cucchiaino – che non avevo notato – e la signora del negozio, mi ha ripreso subito con un severo ‘no, no, no’). Finora sembra un bel paese, anche se non si può non notare un certo senso di isolamento. Nei treni noi siamo gli unici a parlare, nei ristoranti sono tutti mediamente silenziosi, boh? Nei prossimi giorni vedremo di scoprire se son tutte rose e fiori… Verso sud e la risalita Si sta a Hiroshima solo un giorno. Nonostante sia una vacanza di 3 settimane, il Giappone è grande e bisogna correre. E poi, dato che abbiamo l’abbonamento per 21 giorni al treno, bisogna sfruttarlo e prendere il treno pure per andare in bagno… Prima di lasciare Hiroshima però, per cena ci va di provare una delle specialità del posto, l’okonomiyaki, un piatto dall’aspetto di una pizzafrittata, fatta con uno strato di spaghetti, uno di verza, con l’aggiunta di uovo, bacon e spezie e salse, cotto su una piastra gigante, che funge anche da tavolo e che mantiene caldo il preparato. L’esperienza è stata divertente, in un locale che sembra una sagra paesana, in tre piani di un edificio, ci sono 20-25 ristorantini tutti uguali con il loro tavolone riscaldato e attorno comitive divertite e noi più di loro per l’effetto novità. Il giorno successivo, all’alba, partenza per l’isola meridionale con destinazione Beppu, una cittadina termale dal nome stranamente sardo. Qui tutto ribolle (l’isola è la più vulcanica di quelle che compongono il Giappone), tra cui i relativamente famosi ‘inferni di Beppu’, una serie di sorgenti calde nelle vicinanze della città, che sono state trasformate in mini parco-divertimenti. Una cosa che, secondo me, più kitsch non potrebbe essere, ma alla fine è un modo come un altro di passare la giornata, così ce li giriamo tutti 8, prima di tornare a Beppu per provare l’altra cosa famosa di Beppu, gli onsen. Gli onsen sono praticamente dei bagni pubblici (a pagamento, ma con biglietto di modesto importo, in genere 100-200 ¥, pari a circa 0,80-1,50 €) dove la gente va a lavarsi e fare il bagno. Sono divisi per uomini e donne e si va rigorosamente nudi. La scena è comunque curiosa. Entro nell’onsen più antico della città, un onsen all’interno di un palazzo storico, pago i 100 ¥, mi tolgo le scarpe e, vestito entro nello spogliatoio. Qua mi dovrei spogliare, ma non sapevo bene fino a che punto, quindi mi guardo attorno: tutti nudi. Ok, mi spoglio, ma nella RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone stanza ci sono le finestre aperte, la temperatura è quasi polare. Mi faccio coraggio, mi denudo e con l’asciugamano comprato all’ingresso (grande praticamente come un fazzoletto da naso) scendo la scale verso la vasca. Mi immaginavo un ambiente da centro benessere, mi ritrovo in una specie di scantinato con tre loschi individui tutti insaponati, seduti su sgabellini di plastica da bambini, attorno ad una vasca grande circa 4×4. Cerco di imitarli, ma per non fare figuracce, provo, a gesti, a chiedere ai presenti, cosa dovrei fare. L’unico che mi degna di uno sguardo, mi fa capire che devo riempire una ciotola di acqua dalla vasca centrale e usarla per lavarmi. Ok, provo. L’acqua è a oltre 43 gradi, più adatta a cucinare la pasta che a lavarsi. Comunque, dato che ci sono, mi adeguo. Con zero divertimento, mi prendo anche io uno sgabellino alto 15 cm, mi ci siedo e, nudo, alterno insaponate a secchiate d’acqua bollente. Quando penso di esser abbastanza pulito da far pensare anche agli altri che non sono un portatore di cattive abitudini (tutti gli altri si insaponano e si strigliano con una foga che sembra siano anni che non facevano un bagno), mi calo nella vasca. Un incubo! Mi scendono quasi le lacrime. L’acqua e veramente bollente, ma per non sembrare una donnicciola di fronte ai giapponesi piuttosto massicci (non grandi, ma palestrati e uno tatuato dalla testa ai piedi), entro completamente in acqua. Non riesco quasi a respirare. Loro sono rilassati e tranquilli, io mi sento ustioni ovunque. Evito di muovermi. Dopo 2 minuti, color aragosta, esco. L’acqua è talmente calda che appena uscito sono quasi completamente asciutto, evaporato tutto. Mi rivesto ed esco. Tempo totale nell’onsen, 10 minuti, compreso il togliersi i vestiti, lavarsi e rivestirsi. È quanto di più lontano dal relax in un cento benessere. E pensare che i giapponesi chiamano l’onsen, anche spa. Il giorno successivo doveva essere dedicato al monte Aso un vulcano attivo, ma perché troppo ‘attivo’ non si lascia avvicinare troppo in questo periodo, e la visita non è possibile oltre 1 km dal cratere, fino ad un punto da cui il cratere non è visibile. Quindi in alternativa, ci si dedica alla visita dei dintorni di Beppu, ad una valle nei pressi di Usuki dove sono visibili una sessantina di statue di Buddha in alcune cavità nella roccia, e al paesino di Yufuin, che la guida diceva essere famoso per l’artigianato, e che invece si rivela una sequenza di negozietti cianfrusaglie e di dolci assurdo nell’aspetto. Il giorno dopo è già ora di riprendere uno Shinkansen per risalire il Giappone. Prima sosta verso nord, la città di Okayama, con un giardino e castello piuttosto famosi in Giappone. Il giardino sarebbe addirittura uno di tre più belli del Paese. A mio parere, il giardino non viene annaffiato da tempo, l’erba è tutta secca, e riguardo il castello, potevano risparmiarsi la ricostruzione del 1966 dopo che i bombardamenti della seconda guerra mondiale l’avevano praticamente distrutto. Al suo interno, c’è un brutto ascensore che porta all’ultimo piano, da lì si scende rapidamente al piano terra per le scale passando attraverso una stanza completamente vuota ad ogni piano, presenti solo indicazioni della costruzione originaria, esclusivamente in giapponese. Speriamo nel castello di Himeji, che sarà oggetto di altra visita… Himeji e Kyoto La tappa successiva a Okayama è Himeji, dove dovrebbe esserci uno dei castelli più belli del Giappone. Prima di lasciare Okayama però, la prima vera difficoltà del viaggio: una partecipante (tra l’altro la più ‘diversamente giovane’ – come si è definita una componente del gruppo – con i suoi 75 anni) si ferma a fare una foto senza avvertire gli altri. Siamo in un mega centro commerciale strapieno di gente all’interno di una delle tante enormi stazioni giapponesi. Il panico. In teoria parla un po’ di inglese, ma in pratica non si è appuntata né il nome dell’albergo per la sera e neanche il nome della città dove andare dopo Takayama. Ci dividiamo e cerchiamo ovunque, ma nulla, sembra sparita. Dopo aver corso per i 3 piano infiniti del centro commerciale, chiesto al tipo che controlla i biglietti all’ingresso della stazione, proviamo con un annuncio. (Tra l’altro il tipo dei biglietti per essere sicuro che cerco una signora con capelli chiari vestita di rosso, mi disegna su un foglio un pupazzetto con la gonna e ne colora di rosso i vestiti, poi me lo mostra dicendomi qualcosa tipo ‘questa? No, non l’ho vista…) Proviamo quindi con un annuncio, ma le ragazze del centro informazioni del piano interrato dove l’abbiamo persa, vorrebbero fare un annuncio in giapponese… Quanto di più inutile. Chiedo di farlo io in italiano, ma non me lo lasciano fare. Ci accordiamo per un annuncio in inglese. Ovviamente la desaparecida non lo sente. Passa un po’ lo facciamo ripetere. Nulla ancora. Nel frattempo lei ha avuto la stessa idea, sta facendo fare un annuncio dai piani superiori, dicendo che ci aspetta lì. Io non lo sento, ma altri si, quindi corriamo al secondo piano, lei e lì. Dopo circa 40 minuti di panico, emergenza rientrata! Ora si può partire per Himeji, dove arriviamo poco prima di cena. Nessuno ha fame e passiamo la serata nella spa dell’albergo, stavolta una vera spa, molto molto bella. La mattina successiva è la volta della visita del castello di Himeji. Tutto inizia bene. Piove. Usciamo d’hotel che pioviggina appena, poi… aumenta. E non è tutto. Dopo una bella camminata sotto l’acqua di 40 minuti per arrivare in vista del castello, un simpatico giapponese con un cartello avvisa che la coda prevista per la biglietteria è di 2,5 ore. Che fare? Siamo venuti apposta, aspettiamo…. sotto il diluvio. Per fortuna la coda sarà ‘solo’ di un’ora, ma non è finita ancora, dopo il biglietto un’altra ora di camminata in fila indiana avanzando di 10 cm alla volta fino al vero ingresso (ovviamente sempre sotto una pioggia battente) Qui finalmente siamo liberi di entrare? Ma neanche per idea. Prima ci si deve togliere le scarpe e indossare delle ridicole ciabatte rosse di 3 numeri più piccole del mio piede (che non è neanche particolarmente grande), poi, forse nella fretta, m’hanno dato due destre o due sinistre, e cammino che sembro un papero Quindi, finalmente si entra ma dal numero infinito di persone, si sta tutti appiccicati a vedere il niente. Il castello è stato riaperto da 2 giorni dopo 5 anni di restauri, ma all’interno non c’è assolutamente niente. Notevole la struttura in legno (tra l’altro realizzata senza chiodature, ma solo ad incastro) Foresta di bambu Avventure nel mondo 2 | 2015 - 17 RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone ma per il resto, nulla. 5 piani di stanzoni vuoti. Vuoi mettere almeno un’armatura da samurai, un ventaglio da geisha, dei fumetti manga? No, niente. Per esser stato oltre 2 ore sotto la pioggia, mi aspettavo di più. Così invece è sembrato un castigo divino. Mancavano solo un paio di frustate e la punizione era completa. Con la coda fra le gambe, si parte quindi alla volta di Kyoto, una delle tappe clou del viaggio. A Kyoto si arriva alla stazione centrale, uno spettacolo di architettura moderna che i siti internet danno come uno dei 10 edifici più cari al mondo (siamo nel 2015) con i suoi 1,25 miliardi di dollari di valore. Struttura avveniristica di circa 15 piani, per oltre 60 metri di altezza, con in cima un giardino pensile raggiungibile con almeno 8 scale mobili di seguito o per una scalinata infinita che, piena di led per ogni gradino, diventa un magnifico quadro se vista da lontano. Dato che è ancora presto, si approfitta per andare a visitare la zona della foresta di bambù. Con cambi di treno così rapidi che potremmo far concorrenza ai tecnici di formula uno dei pitstop da record, in men che non si dica siamo a Arashiyama, per una pomeriggio in relax. L’indomani è invece in programma la visita a Nara la mattina e Inari il pomeriggio. Nara, la antica capitale del Giappone dal 710 DC, ha innumerevoli siti dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, a cominciare dal tempio Kofuku-ji e dal Todai-ji, con al suo interno uno dei Buddha in bronzo più grandi in assoluto, costato te anni di lavoro soli per la fusione in parti successive. Tutta la cittadina è piena di templi notevoli e bellissimi parchi e giardini, sicuramente in una bella giornata come è capitata a noi, è uno spettacolo ancora superiore. Nel pomeriggio, scoprendo che siamo un po’ in ritardo, corsa in treno verso Inari, dove praticamente di fronte alla stazione parte il percorso di circa 4 chilometri di portali shintoisti, una sequenza quasi infinita di torii rossi che si inerpicano per il versante della collina fino alla cima, per godere di un bel panorama di Kyoto dall’alto. È tutta una corsa fino alla vetta, dove arriverò sudatissimo, che con il fresco del tardo pomeriggio, sarà un bel ‘toccasana’… Il giorno successivo è la volta di Kyoto città. Stavolta il tempo è bellissimo, e la primavera ha portato i mitici ciliegi in piena fioritura. Il percorso prevede la partenza dal Ginkakuji poi la passeggiata lungo la vita del filosofo, per arrivare al Nanzen-ji. Tutti pezzi straordinari della città, se non fosse che in questo periodo è tutto strapieno di gente. Autobus stipati all’inverosimile, strade quasi bloccate che anche per spostamenti minimi si impiega una vita, siti in cui è impossibile fare foto senza avere un braccio o un naso di qualcun altro davanti. La passeggiata del filosofo però, pur piena di gente, è notevole, il ruscello che la costeggia è pieno su entrambi i lati di piante di ciliegio in fiore. Durante il giorno si cammina, cammina, cammina. Abbiamo smesso di usare gli autobus perché in questo periodo di altissimi stagione sono troppo lenti e pieni, si fa prima a piedi, anche se le distanze sono grandi. A fine serata si crolla piuttosto presto. L’ultima visita prima di cena è ad un tempio impressionante, enorme anche nel nome: Sanjunsangen-do, un palazzone lunghissimo con 1001 statue rappresentanti Buddha. Davvero imperdibile! Oggi il gruppo si è diviso, o meglio una delle partecipanti ha deciso di lasciarci per andare a Tokyo. Nei giorni scorsi aveva perso lo zainetto in uno dei treni. Miracolo dell’onestà giapponese, segnalato il fatto alla reception dell’hotel, la sera stessa, lo zainetto era stato ritrovato e lasciato in custodia nella stazione di fine corsa (Tokyo). Ce lo avrebbero tenuto per diversi giorni, poi lo avrebbero passato alla polizia. Purtroppo saremmo arrivati a Tokyo un paio di giorni dopo il limite, quindi l’impaziente partecipante, per evitare “l’interrogatorio” della polizia, ha deciso di andare a ritirarlo. Ha sprecato quasi tutta la giornata per il recupero, ma alla fine è rientrata in possesso di tutto. In Italia sarebbe andata allo stesso modo??? Mah… L’ultimo giorno a Kyoto, il primo aprile, è il giorno che abbiamo dedicato allo spettacolo delle geishe. Ho prenotato dall’Italia dei posti di seconda classe in terza galleria in un teatro dove, da oltre 140 anni, per il solo mese di aprile, si esibiscono le geishe. Arriviamo come previsto un po’ prima e, con il biglietto di seconda classe, dobbiamo aspettare in piedi, mentre per quelli di prima classe l’attesa è su divanetti… poi ci fanno entrare e puntualissimi inizia lo ‘spettacolo’. Inizia una nenia di voci stridule, poi una musica che sembra suonata in parte con grattugie, in parte con delle specie di chitarre non accordate… musica accompagnata da una Castello di Himeji 18 - Avventure nel mondo 2 | 2015 specie di canto di chi ha un potente mal di pancia. Poi inizia la ‘danza’. Movimenti lentissimi e scene incomprensibili. La conseguenza è facile da dedurre: chi aveva il posto comodo di prima classe ‘medita’ ad occhi chiusi, noi, seduti sulle panche, soffriamo per un’ora per non cadere. Le palpebre piano piano si fanno più pesanti, ma chi più chi meno, si resiste. Qualcuno ha ceduto, ma tranne qualche tentennamento con la testa, nessuno cade dalla panca. Devo ammettere che i costumi e le scenografie sono bellissimi, ma i ritmi e la non conoscenza delle storie cantate e scarsamente recitate non ci rende totalmente consapevoli dell’evento a cui abbiamo partecipato. In sintesi, bello, ma una gran rottura di coglioni (scusate il francesismo…) Le Alpi giapponesi Dopo Kyoto è la volta delle Alpi Giapponesi, con meta principale la cittadina di Takayama; ma prima è prevista una sosta a Kanazawa, dove sembra esserci uno dei tre più bei giardini del Giappone (sperando che non sia una ripetizione della deludente esperienza di Okayama, dove abbiamo visto uno degli altri 2 giardini della top three). Ad essere onesti, il giardino è effettivamente molto bello, ben tenuto con percorsi tra piante fiorite, alberi giganti con vista sui monti innevati attorno. Il castello è invece in linea con gli altri, al punto che saggiamente anche l’addetta del servizio informazioni turistiche della stazione, ci consiglia di vederlo solo dall’esterno. Si tratta di un castello apparentemente finto, fatto con i mattoncini lego, tanto è perfetto, ma poi quando paghi i salati biglietti per visitare gli interni, questi castelli sono sempre poco interessanti, praticamente una sequenza di stanze vuote, spesso ristrutturati o rifatti con materiali recenti, e quasi mai indicativi della vita che si sarebbe potuta svolgere all’interno. Da questo punto di vista, in Europa siamo abituati meglio… Comunque, dopo Himeji, che non poteva essere saltato perché presente in tutte le foto e guide, ho deciso che risparmierò i soldi delle visite ai castelli, investendoli con maggior soddisfazione in piatti di sushi e ramen! A Kanazawa si completa la visita con un giro nel quartiere delle geishe e in quello dei samurai. Le stradine fiancheggiate da costruzioni in legno di queste aree sono piacevoli e belle da vedere, ma ormai la mia testa è in stazione, sia per prendere il treno per Takayama, ma soprattutto perché in mattinata ho individuato, tra i negozi della stazione, una pasticceria stratosferica. Quindi abbandono il gruppo e corro lì. Ben attento a evitare i dolci dall’aspetto invitante ma poi ripieni di pasta di fagioli dolci (che poi fanno schifo come quelli non dolci), punto ad una fetta di torta dall’evidente aspetto una vera torta. Accompagnata da una tazza di the nero (stavolta evito il the verde, che in tutto assomiglia ad una tazza di brodo di alghe di mare….), e mi rilasso in attesa del treno locale da prendere a breve. Nara RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone Il treno per Takayama è un treno locale, non particolarmente veloce. Siamo fortunati perché abbiamo la prenotazione della prima fila del primo vagone. Davanti a noi, separato da una parete vetrata, solo il conducente, e quasi sembra che sono io a guidare il treno! Il paesaggio è notevole, e poco alla volta cambiano i colori e le temperature….dopo circa un’ora di viaggio, ai lati della ferrovia compaiono mucchi di neve!!! poi tutto attorno diventa innevato. Nonostante sia fine marzo, il paesaggio è decisamente invernale. All’arrivo, fa freddo, quindi niente scarpinata solita per raggiungere l’hotel per risparmiare un paio d’eurini, ma comodi in taxi. Scaricati davanti alla locanda all’interno di un monastero, ci prepariamo a dormire per la prima volta su un vero futon steso su un vero tatami. Inutile tentare di andare a cena in qualche ristorante, nonostante siano solo le 21, è praticamente tutto chiuso. Troviamo aperti i negozi delle catene aperte 24/24, ovvero il solito 7eleven e uno dei tanti Family Mart. Punto sul primo per la cena. Cena che è in realtà una accozzaglia di roba trovata tra gli scaffali: una specie di panino ripieno di carne, un triangolo di pasta sfoglia che bisogna essere un chimico per ipotizzare il tipo di ripieno, annaffiati da una lattina di birra Asahi. D’altra parte la scelta non è stata facile, difficile prendere a cuor leggero le uova precotte o la caprese in barattolo o i fusilli croccanti in scatola esposti sugli scaffali… Per fortuna il cassiere non deve essere stato un genio della matematica, complice anche il fatto che ogni volta che finiva il totale gli aggiungevo un’altra cosa da mettere in conto, lui va in pallone e combina un casino alla fine la “cena” mi costerà come la sola birra (che comunque era la cosa più piacevole del tutto, rimanendo indecifrabile il ripieno della pasta sfoglia anche dopo averlo mangiato…). Per il dolce mi sposto al 7eleven per non far torto a nessuno. Qua è d’obbligo il mio dolcetto alle mele, che tante colazioni ha risolto durante il viaggio… e subito si ritorna al “convento”. Anche se non fosse un annesso al monastero come mi è stato presentato, lo stile di vita interno ci va molto vicino… infatti: si arriva e ci deve togliere le scarpe sul pavimento gelido dell’ingresso; si prendono delle ciabattine e si percorrono un “tot” di gradini e corridoi, ci si toglie le prime ciabattine e si indossano le ciabattine per la zona “privata”, si salgono altri gradini e percorrono corridoi, si arriva in camera e finalmente….. si dorme sul pavimento (in realtà tatami, con un futon sottilissimo) come se non bastasse, i bagni sono in comune e: si arriva con le ciabattine da zona “privata”, si indossano le ciabattine per la zona “bagno” Prima di andare a letto, è ora dell’igiene orale, ma forse per la stanchezza, e per la fretta di andare a dormire, mi sfugge lo spazzolino e me lo infilo nel naso…all’istante un lago di sangue!!! riesco a tamponarlo dopo aver infilato nelle narici anche metri di carta igienica….Dopo la disavventura stile “Kill Bill”, finalmente in camera a dormire. Riguardo il dormire, sono abbastanza fortunato. In genere dormo praticamente dappertutto e in più, dato che la camera sarebbe da 4 persone (anche se solo di dimensioni 3 x 3 metri circa….), la occupiamo in 2 e quindi abbiamo a disposizione ben 2 futon (sottilissimi) ciascuno, quindi possiamo dormire “comodi”. A metà nottata però devo andare in bagno, non pensando di essere già a livello pavimento, faccio per scendere dal letto e do una tremenda tallonata sul tatami! Poi in bagno al buio per non disturbare (impossibile, i pavimenti cigolano come dei ferrivecchi), quindi sequenza di “togli le ciabattine, rimetti le ciabattine”, sbatto al buio ovunque, e finalmente di nuovo a “letto”. La giornata è ora finita. Domani visita a Takayama e dintorni, al gelo. La cittadina è meritevole della deviazione fatta, il clima inclemente però rende tutto difficile. Freddo e pioggia, niente di peggio per una visita all’aperto. La prima sosta è al mercato del mattino, una tristezza unica….10 bancarelle che vendono 3-4 mele ciascuno o erbette rinsecchite. Un mercato che farebbe tristezza pure agli abitanti dell’Europa dell’Est pre-caduta del muro di Berlino… Si prosegue con la visita alla casa del governatore locale (finalmente una bellissima costruzione, con qualche dettaglio comprensibile anche a me), ma, dato che ci si deve togliere come al solito le scarpe e tutti gli ambienti sono aperti verso l’esterno, il camminare scalzi sui pavimenti gelidi (attorno ci sono ovunque mucchi di neve), rende la visita particolarmente veloce. Segue un rapido sguardo anche all’altro mercato del mattino, quello lungo il fiume, ma anche questo non è meno triste, qua le bancarelle sono più numerose, ma la merce in vendita è sempre quella che si potrebbe trovare nel mio frigo di ritorno dalle vacanze…pochi ciuffi d’erba e qualche frutto lasciato lì per caso. Sembra quindi ora di puntare sull’Hida Folk Village, un museo all’aria aperta (gelida) con costruzioni tipiche della zona, ricostruite in questo posto dopo essere state trasferite in blocco dai siti originari. Per arrivarci o si fa una bella passeggiata (e non è il caso perché piove) o si prende un autobus dal capolinea, proprio dietro la stazione. E qua scopriamo un’altra volta la gentilezza e disponibilità dei giapponesi. L’autobus sta partendo. Chiedo all’autista quanto costano i biglietti e dove si comprano. Lui mi risponde, con il motore già acceso, che i biglietti devono essere comprati dentro la stazione dei bus. Corro a comprarli convinto di dover prendere il successivo, e invece mentre sono in coda per i biglietti, mi accorgo che l’autista è sceso e mi è venuto a cercare e ad aspettarmi!!! Tutto il bus pieno, l’orario giusto per partire e lui che aspetta me e il mio gruppo!!!! Ma in che altro posto al mondo sarebbe successa una cosa del genere??? Ma, soprattutto nessuno di quelli che aspettano sul bus che si lamenta. Incredibile! Il villaggio è carino, tutte le costruzioni sono attorno ad un bel laghetto e durante la giornata si organizzano corsi interattivi di vario genere (es. scultura del legno) , ma il tempo continua a non migliorare, quindi dopo un’oretta circa riprendiamo l’autobus e torniamo a Takayama per il seguito della visita e della parte particolarmente interessante: la ricerca dei distillatori di sake. Dopo breve ricerca, trovo l’obiettivo della giornata, una distilleria in cui paghi 150 yen (poco più di 1€) per comprare il bicchierino e poi puoi assaggiare tutti i tipi di sake. Purtroppo il gusto molto secco e lo stomaco vuoto non mi permette di tragugiarne ad ettolitri, quindi dopo “solo” il quinto assaggio mi fermo…. fuori piove ancora, ormai sono strazuppo e con i piedi gelidi e la coda fra le gambe, a metà pomeriggio torno nella mia camera-celletta per il meritato riposo. Bisognerebbe tornarci a Takayama, le Alpi giapponesi sono un altro “must” del viaggio secondo me. Verso nord Stamattina sveglia all’alba nella specie di convento che è stata la nostra sistemazione per 2 notti. Alla fine è quasi un peccato lasciare l’ostello di Takayama, mi ero quasi abituato a dormire sul sottilissimo futon (leggere: dormire praticamente per terra). È uno dei casi in cui è piacevole sentire la sveglia, è il segno che la tortura per la schiena è finita. Bene, sveglia alle 5.30 e subito colazione a base di orrendo caffè solubile portato dall’Italia e dolcetto ripieno di crema di fagioli (ebbene sì, quando non si conosce la lingua, una volta indovini l’acquisto con il ripieno di crema, altre volte, basandosi sulla confezione che sembra simile, ti ritrovi con una colazione non proprio indovinata…). Il primo piacere della giornata è sedersi sul ‘trono’ (wc), tutto riscaldato, che in un ostello freddissimo tra le Alpi giapponesi può essere un simpatico appuntamento mattutino anche se non devi espletare alcun bisogno fisiologico. Il secondo piacere è il taxi pronto fuori della porta. Appena usciamo, il driver preme un qualche pulsante e le portiere della sua auto si aprono in automatico… oh sorpresa…. Il tassista scende per aiutarci a caricare le valigie, poi ci fa pulire le scarpe (per non sporcare i suoi perfetti tappetini) e via verso la stazione, distante 5/7 minuti d’auto, Avventure nel mondo 2 | 2015 - 19 RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone dove arriviamo alle 6.20, con un anticipo che io non ho mai neanche il Italia, e dove i treni partono secondo orari prevedibili solo con una palla di vetro. In Giappone, dove con i treni potresti regolare un orologio, in stazione 26 minuti prima della partenza sono tantissimi, specie a Takayama, la cui stazione ha solo 2 binari. Comunque entriamo nella piccola sala d’attesa e sembra che ci sia qualcuno che con un martello pneumatico stia demolendo una parete; mi sembra strana la cosa, così presto… Mi giro e noto che il rumore viene da un tipo in un angolo che russa come un grizzly! Loro che sono così discreti… Dopo questo inaspettato concerto, è ormai ora di iniziare il lungo trasferimento verso nord, da Takayama a Hirosaki. 1280 km in circa 8 ore, cambiando 3 volte treno. Il primo treno è del tipo normale è arriva fino a Nagoya. Qui dobbiamo prendere uno shinkansen per Tokyo, passare quindi dalla parte della stazione normale a quella dei treni veloci (generalmente al piano superiore), il tutto in 14 minuti. Nessun problema, arriviamo al binario talmente velocemente che prima del nostro treno ne deve passare addirittura un altro 5 minuti prima. Il secondo cambio, alla stazione di Tokyo, avrebbe dovuto essere più semplice, 10 minuti, dato che il compito era limitato ad uno spostamento dal binario 17 al 23. In realtà la cosa non si dimostra così facile. Già le zone della stazione sono differenziate, una fino al binario 17, l’altra per i binari successivi (quindi passaggio obbligatorio attraverso il controllo del pass per andare da una parte all’altra della stazione), poi sul binario ci sono 2 treni fermi, uno davanti l’altro. Quale dovremmo prendere? boh? Manca un minuto alla partenza, e se lo perdiamo so’ c….i… come li facciamo gli 800 km che mancano a destinazione? Chiedo al primo che mi capita davanti che mi indica il primo treno, ma su quello, il numero della carrozza che abbiamo scritto sul biglietto, non esiste. Chiedo quindi ad un altro che mi conferma che il treno è quello dietro. Qui la carrozza esiste, ma davanti a noi abbiamo la n.14 e noi abbiamo prenotazioni per la 4. Quella davanti è tra l’altro di prima classe e con il biglietto di seconda non ci fanno neanche salire… dobbiamo quindi correre alla prima carrozza di seconda classe. Intanto suonano il segnale che il treno sta partendo. Finalmente ci siamo, saliamo sulla Il gruppo 20 - Avventure nel mondo 2 | 2015 n. 8 e camminiamo all’interno fino alla 4. Nel frattempo il terno è partito dalla stazione di Tokyo. C’è l’abbiamo fatta anche stavolta! Ora circa 2,5 ore e siamo alla punta nord dell’isola principale, ad Aomori. Durante il viaggio ci accorgiamo che entrambi i treni erano giusti. Il primo rimane semplicemente attaccato davanti fino ad una certa stazione (Morioka), poi verrà staccato e deviera’ su un altro percorso. Ad Aomori, solo un ultimo cambio in 8 minuti e siamo al treno per la destinazione finale di oggi, Hirosaki e il suo celebre castello con oltre 2600 piante di ciliegio. Unico piccolo dettaglio, il castello sarà in ristrutturazione tra poco mesi e hanno già prosciugato il canale circostante e per i ciliegi in fiore siamo in anticipo di un mese circa… però il paesaggio incontrato da stamattina è stato notevole, seduti comodamente in treno (tranne le corse per i cambi) ci è passato a fianco mezzo Giappone! Sul treno scopro un’altra ‘follia’ giapponese, su un catalogo trovato nella tasca del sedile davanti, trovo un oggetto strepitoso, una di quelle cose che Enzo e Carla del programma ‘ma come ti vesti?’ lo definirebbero ‘mai più senza’, apparentemente sembra un attrezzo in cui puoi urlare a piacere e lascia uscire quasi niente del rumore, insomma, uno ‘sfogatore’, se non costasse 5122 yen (oltre 40 €), sarebbe da comprare! A Hirosaki ci attende un vero riokan, una locanda giapponese tipica con, ovviamente, futon al posto dei letti. L’accoglienza è come al solito piuttosto calorosa, e all’ingresso, come bianchi soldatini, ci aspetta l’esercito di ciabattine.. Stavolta, ci saranno molti meno problemi con il futon e il tatami. Sarà meno fastidioso dormire per terra grazie al sake. Il gentilissimo proprietario del ryokan, infatti, mi invita ad uscire a cena con lui e i suoi amici. Serata alcolica, praticamente quando io e lui raggiungiamo gli altri al ristorante, questi si erano già scolati non so quante bottiglie da 1,5 litri di sake, poi quando arriviamo, coinvolgono anche noi nella bevuta. Bicchieri da acqua pieni fino all’orlo che loro bevono proprio come acqua, io molto più lentamente, ma tengo il ritmo… La serata è divertente anche perché da bravi ospiti, mi invitano ad assaggiare tutte le loro prelibatezze, tra cui brodo di tartaruga… uova di polpo, vongole cotte nel sake, sashimi di cappesante e gamberi. C’erano anche dei bicchierini con del liquido rosso scuro. Non so se si sono presi gioco di me, ma m’hanno convinto che era sangue di tartaruga… Per un attimo mi sembravo nella trasmissione ‘orrori da gustare’ Comunque, tra le cose provate, qualcosa è stato eccellente (sashimi e vongole), qualcosa indifferente (brodo di tartaruga), qualcosa che non ho avuto il coraggio neanche di avvicinare (uova di polpo, una sostanza gelatina giallina… immersa in un brodo di non so che, e, ovviamente, il sangue di tartaruga o qualunque altra roba sia stata). Ah, dimenticavo, anche del pesce ricoperto di una sostanza rosa (quasi insapore se non immerso nella salsa di soia) e per finire, polpo essiccato. Esperienza coinvolgente! Gli Ultimi giorni a Tokyo e dintorni Non ci siamo spinti oltre Hirosaki (isola di Sapporo) per paura di trovare tempo inclemente, quindi torniamo verso Tokyo per gli ultimi giorni prima di tornare a casa. Sono passate quasi 3 settimane dal nostro approccio al Giappone e ormai ci sentiamo piuttosto sicuri. Cambiamo treni e saltiamo sulle metro con una velocità inaspettata prima della partenza. Anche la metropoli per eccellenza, al ritorno dopo 20 giorni, ci sembra quasi familiare. Torniamo nei quartieri che nella prima “toccata e fuga” iniziale, ci avevano colpito di più. A questi aggiungiamo l’escursione a Nikko, cittadina a circa 140 km dalla capitale. Nonostante sia ormai quasi al metà di aprile, a Nikko ha nevicato la notte prima della nostra visita. La visione dei templi tra gli alberi innevati è magica! L’aria è frizzante all’arrivo, ma con il passare delle ore la temperatura si alzerà e uscirà un bel sole, La giornata rimarrà sicuramente impressa nei nostri ricordi. I Tokyo completiamo la visita con il mercato del pesce (è incredibile la varietà e dimensioni dei pesci sui banchi in vendita, incredibile anche la velocità con cui gli operatori mi muovono tra le diverse zone, anche a bordo di “muletti” e, nonostante i numerosi turisti curiosi che gironzolano, tutti riescono a portare avanti il loro lavoro senza distrazioni). Non ci perdiamo neanche la visita alle costruzioni più moderne, come il Tokyo International Forum o il complesso del Rappongi Hills. Ma neanche la tradizione del Palazzo Imperiale (ahimè, visto solo dall’esterno) e del Senso-ji. Notevole anche il Museo Nazionale (sia per il materiale esposto, sia per l’architettura di 2 padiglioni più moderni del complesso museale). Torno in Italia con un idea di Giappone piuttosto diversa da quella con cui ero partito. Un viaggio di scoperta, soprattutto di un popolo di cui conoscevo poco e di cui ho apprezzato quasi tutto. Tutto mi ha affascinato e spero di poter tornare presto. Tutto ha funzionato alla grande, grazie anche al gruppo con cui ho condiviso questa entusiasmante esperienza.