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La scoperta di un popolo di cui conoscevo poco di cui ho

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La scoperta di un popolo di cui conoscevo poco di cui ho
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
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uona la prima: Giappone 2015
Prologo
A breve visiterò il 46-esimo paese! Mi sembra
un bel numero, anche se in questa statistica
“furbetta” ho inserito anche San Marino e Città
del Vaticano, ma non è certo colpa mia se sono
Stati anche loro…Comunque, domani parto
per il 46-esimo Paese, il Giappone!
Sono alcuni anni che ho una vera attrazione
per questo paese. Mi affascina tutto quello
che rappresenta la modernità e le innovazioni
tecnologiche e in questo il Giappone a
lungo, non è stato secondo a nessuno. Se
si aggiungono una ricca storia e secolari
tradizioni, il Giappone non poteva non essere
nei miei sogni e di quelli dei miei compagni
di viaggio.
Quindi eccomi pronto ad affrontare un viaggio
per migliaia di chilometri, in treno! un mezzo
che usato in Italia avrebbe costretto Jules
Verne a far fare a Phileas Fogg il giro del
mondo in 800 giorni, anzichè nei suoi mitici
80, ma in Giappone sembra che le cose siano
diverse. I treni dicono funzionino veramente. Il
sito che riporta gli orari dei treni indica che
per andare da Tokyo a Hiroshima (894Km!!!),
si impiegherebbero solo 4 ore!!!! Un tempo
che in Italia deve andarti di lusso se fai
la metà della strada, ma più spesso dopo
4 ore senti solo la voce in treno che dice
“Trenitalia si scusa per il ritardo…” e anche
se nell’abbonamento ferroviario del nostro
viaggio non è compreso il “proiettile” Nozomi,
ci sono tutti gli altri Shinkansen, che non
scherzano, raggiungendo velocità medie sopra
i 200km/h e frequentemente sopra i 300.
Comunque anche di fronte a tanta efficienza,
il viaggio un pò mi spaventa. Tantissime sono
le variabili in un viaggio così lungo con mezzi
pubblici (per esempio solo a Tokyo le linee
metropolitane se le dividono 3 società diverse).
La lingua poi potrebbe essere un ostacolo
insormontabile se i giapponesi risulteranno
meno disponibili di come tutti me li dipingono.
boh? stavolta sarà una vera avventura! Ma
intanto pensiamo a partire. In Giappone, questo
periodo è quello della fioritura dei ciliegi, che
sembra essere una tradizioni da oltre 1400
anni!! e tutti sembra vogliano andare nel Paese
del sol levante. Difficilissimo trovare hotel nelle
città più famose. Kyoto sembra fully booked da
settimane….(noi una sistemazione sulla carta
l’abbiamo trovato, speriamo di trovarlo anche
sul posto…).
Testo e foto del coordinatore
Mauro Magrini
L’arrivo a Tokyo - Il fascino del wc
Sì, sono un ‘semplice’. All’arrivo a Tokyo da
cosa rimango colpito? Dai wc giapponesi. Il
termine wc è troppo riduttivo per descrivere
una vera e propria ‘spa’ per il fondoschiena.
Ne avevo sentito parlare, ma non immaginavo
quanto piacevole potesse essere il getto
d’acqua regolabile in direzione e intensità
(oltre che di temperatura) e il soffio d’aria
calda successivo. Ma non è tutto semplice
come uno potrebbe pensare: la prima volta,
non sapendo bene cosa fossero tutti quei tasti
e non leggendo niente, andando a caso come
una scimmia, ho premuto il tasto sbagliato
(quello della pressione dell’acqua), così che
quando poi l’acqua è uscita, quasi mi trafigge
dalla potenza. Ebbene si, anche il wc può
essere pericoloso. Be careful!
Il resto della prima giornata giapponese passa
tranquilla, anche per riprendersi del lungo
volo intercontinentale. La mattina è spesa tra
le architetture moderne di Obaida (moderne,
ma non mozzafiato per la verità, dato che
il quartiere nato negli anni 80 nella zona
della baia di Tokyo, è ormai un po’ superato.
Tranne una enorme palla nella sede della Fuji
Tokyo-Sky Tree Tower
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
television, per il resto la zona è piena di palazzoni
piuttosto squadrati) e il pomeriggio diretti invece
al tempio shintoista dedicato all’imperatore Muiji,
in zona Harajuko. Il tempio è piuttosto recente, del
1920, ma molto ‘giap’. La forma tipica e la pace
trasmessa dal parco (oltre 120.000 piante). A fine
visita è ormai calata la sera e prima della cena, un
po’ di ‘struscio’ per una delle vie dello shopping,
la Omote-sando, dove tutti gli stilisti più famoso
hanno le loro boutique, facendo quasi a gara tra
loro per primeggiare per la sede migliore (notevole
la sede Tod’s dell’architetto Toyo Ito, vincitore del
‘Nobel’ dell’architettura, il premio Pritzker).
Per cena si punta sul quartiere Shibuya. Prima
un’occhiata al famoso incrocio appena fuori della
stazione (uno dei più trafficati al mondo), quindi
alla statua del famoso Hachiko, il cane che per 10
anni andò ogni pomeriggio alle 17 ad aspettare il
ritorno del padrone che in realtà era morto per un
malore mentre era al lavoro. La serata si conclude
con il primo kaiten-sushi, il ristorante giapponese
a nastro, inventato da Yoshiaki Shiraishi (un
Marchionne giapponese per ridurre il numero di
dipendenti e gestire quasi da solo il suo primo
ristorante), il tipo di ristorante dove i piatti di
passano davanti, scegli, e il prezzo è determinato
dal colore o disegno sul piatto. 5 piattini azzurri da
200 yen l’uno e la cena è servita.
A me sembra che il cuoco metta a caso pezzi di
sushi nel primo piatto a disposizione davanti,
invece di scegliere il piattino in base al contenuto.
La stessa porzione da 2 pezzi di sushi di salmone,
una volta è su un piatto azzurro da 200 yen, altre
in quello rosa da 250, eccezionalmente in quello
marrone da ben 500 yen..(c’è poi l’inarrivabile
piatto dorato da 600 yen, dove passano solo
cappesante o pezzi pregiati). Quindi, sveglia! Non
facciamoci fregare pure dai giapponesi
Le prime esperienze del mito giapponese: il treno
Devo dire che rispetto al Giappone che era nella
mia immaginazione, sono leggermente deluso. Mi
aspettavo un paese ultra moderno, in realtà era
la mia idea che era un po’ vecchia. Il Giappone
è moderno, sì, ma il divario presente nei decenni
precedenti è stato forse colmato da diversi altri
Paesi. Le vie di Tokyo non sono poi così diverse da
quelle di Londra o New York. Se però ancora poche
cose mi hanno realmente sorpreso (ma sono solo
al secondo giorno) devo riconoscere che le ferrovie
giapponesi sono di un’altra galassia rispetto a tutto
il resto del mondo (a me noto).
Se pulizia e puntualità erano arcinote (e le
confermo), non sapevo che esistevano vagoni
prenotabili e vagoni non prenotabili, in modo che
anche chi non ha trovato posto sicuro a sedere
con la prenotazione anticipata, può salire; che il
numero dei vagoni non prenotabili sono indicati sui
pannelli dei binari dove arriverà o partirà il treno;
che il punto (esatto) della porta del tuo vagone è
chiaramente indicato per terra, sulla piattaforma,
e il treno si ferma esattamente lì; che gli orari
sono reali. Se è previsto che un treno arrivi alle
9.57, arriverà alle 9,57 (se arriva 2 minuti prima,
aspetta fuori dalla stazione. Non è contemplata la
possibilità che arrivi in ritardo); che all’interno i
sedili possono ruotare di 180 gradi, così che, se
sei un gruppo di persone puoi crearti un ‘salottino’
girando una fila intera di posti, o comunque, se
vuoi più girare la tua fila di sedili in direzione
di marcia del treno; che il display indica la
stazione successiva, la stessa viene annunciata
in giapponese e inglese; che il numero di posto
è riportato sul sedile anche in braille; che i bagni,
meritevoli di un racconto a parte, sono pulitissimi,
super elettronici, pieni di sensori per lo scarico del
water, per aprire e chiudere l’acqua dei rubinetti,
così che non devi praticamente toccare niente; che
sui treni non vieni sballottato ovunque, la linea è
silenziosa e regolare; che tutto il personale, anche
se ci si capisce poco o niente, è gentilissimo.
Questo per i mitici shinkansen, i treni ad alta
velocità, ma anche i treni locali (da noi simili ai
carri bestiame), sono con meno comfort, ma più
che discreti. Per contro, il prezzo del biglietto e
piuttosto alto, ma in questo viaggio Avventure
mette a disposizione un abbonamento per 21
giorni valido su tutta la rete nazionale, quindi che
me frega?
grattacieli della parte ovest e al quartiere tutto luci
(e in parte anche ‘rosse’) della parte est.
La stazione è enorme e mi confondo, sono
convinto di essere uscito a sud, invece ero a ovest.
Quando in signore mi si avvicina per chiedere se
avevo bisogno di una mano, prima dico di no, poi
chiedo conferma che il grattacielo del Municipio di
Tokyo è in una certa direzione, infine quando lui
mi dice che è dalla parte opposta, con non poca
presunzione gli dico che sbaglia (lui). Ovviamente,
in seguito mi accorgerò che aveva ragione (lui…)
La zona ovest di Shinjuku è molto moderna,
caratterizzata dalle architetture di Kenzo Tange,
progettista famoso anche in Italia per le torri della
fiera di Bologna. Sua la Cocoon Tower e le torri
sede del Comune di Tokyo.
Il giorno successivo è già ora di lasciare Tokyo
e prendere il primo Shinkansen (i veloci treni
giapponesi) per Hiroshima, quasi 900 km in poco
più di 4 ore (ci sarebbero treni anche più veloci,
ma non sono compresi nel Japan Rail Pass, quindi
ci si accontenta di andare ‘solo’ a poco più di 200
km/h…)
I primi giorni in Japan
Dopo il primo giorno a Tokyo, è tempo di spostarsi
(ci si tornerà a fine viaggio per alcuni giorni).
È la volta del Monte Fuji. Incerto se andare
fino all’ultimo per via del meteo che, se non
eccezionale, potrebbe rendere il monte invisibile
dietro le nuvole, decidiamo di andare. Il viaggio non
è semplicissimo: dalla stazione di Ueno a quella di
Tokyo (due stazioni centrali di Tokyo città) con un
cambio rapidissimo di poco minuti, poi da qui a
Otsuki e infine un treno fuori dell’abbonamento
del Japan Rail fino a Kawaguchiko, alla base del
Monte più famoso del Giappone, nonché vulcano
quasi perfettamente conico e ancora attivo. Già dal
treno è una visione familiare
In questo periodo non è possibile salire sul monte
per via della neve, quindi una classica escursione
è raggiungere in funivia, con partenza dal lago di
Kawaguchiko, la cima di una montagnetta davanti,
così da avere, sull’altro versante rispetto al lago,
una vista frontale.
Un po’ ammiro il panorama, ma poi, come sempre,
mi viene fame. La mia attenzione cade su uno
strano distributore: non sono bevande, ma cibo!
Inserisci monete e dopo 2-3 minuti escono, a
scelta, noodles, riso saltato, wurstel e tanto altro.
Lo devo provare!
Prendo dei noodles con carne, al momento
sembrano buoni, ma la sera, di ritorno dal
quartiere di Shinjuku, un imprevisto e improvviso
attacco di mal di pancia, mi trasformerà in un
centometrista. Stazione di Ueno-hotel in tempi da
record… saranno stati i noodles cucinati dal robot
del Monte Fuji?
Il pomeriggio si rientra a Tokyo con rocamboleschi
cambi di treno (4 minuti per cambiare treno e
binario, ma i treni sono così puntali che i 4 minuti
sono effettivi) per girare per Shinjuku, partendo
dalla stazione omonima che detiene il record di
stazione più trafficata al mondo, per passare poi ai
Kyoto
Avventure nel mondo 2 | 2015 - 15
Torii rossi a Inari
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
Arrivati a Hiroshima, per non perdere tempo,
invece di passare in hotel a lasciare i bagagli,
cambio rapido di treno per il porto di Miyajimachiko
dove, prima di prendere il traghetto per l’isola
di Miyajima (famosa per un santuario shintoista,
e in occidente ancora più per un famoso Torji –
tipico portale shintoista – posto direttamente in
mare, attraversabile normalmente in barca, e a
piedi quando c’è bassa marea), lasciamo i bagagli
negli armadietti a gettoni della stazione. Qui
diamo spettacolo. Siamo in 6 e per risparmiare al
massimo, proviamo tutte le combinazioni possibili
per incastrare 6 valigie in meno armadietti possibili.
Quindi tra ‘togli il tuo che il mio è più piccolo’,
‘schiaccia il suo che così entra anche il mio’,
riusciamo a infilare tutto in appena 4 armadietti. 2
grandi da 600 yen, 2 medi da 400 yen.
Dopo il giro dell’isola e un buon pranzo, si torna con
il ferry Boat a Hiroshima, dove, circa nel punto in
cui, alle 8.15 del 6 agosto 1945, è stata sganciata
la prima bomba atomica, c’è il Museo della pace.
Ben fatto, toccante, da monito ed eterna memoria
della potenza distruttiva e letale della bomba tra
le bombe.
Che persone straordinarie (in un Paese
straordinario)
Finora il viaggio in Giappone, dopo meno di una
settimana, è avvincente; bei posti visti, efficienza
mostruosa dei mezzi di trasporto constatata,
ma la cosa che più mi colpisce è sicuramente la
disponibilità dei giapponesi.
Esempi:
1) nessuno o quasi capisce il mio inglese e io non
capisco il loro. Nonostante ciò tutti provano ad
aiutarti. Chiedo ad un’autista del bus il prezzo del
biglietto, lui mi dice una cifra, io non capisco, lui
non trova un foglio per scrivere, mi scrive il prezzo
del biglietto con la penna su uno dei suoi guanti
bianchi.
2) non riesco a trovare il ristorante cercato a
Hiroshima, due ragazze, cambiano strada dal loro
percorso e mi accompagnano
3) lasciamo 100 yen (meno di un euro) in un
ristorante per dimenticanza, un cliente fa caso
alla cosa e ce li riporta quando eravamo già quasi
usciti dal ristorante
4) chiedo ad una ragazza dell’ufficio informazioni
dov’è la fermata di un bus, lei esce dall’ufficio e
mi accompagna fino alle panchine dove aspettare
5) la stessa ragazza quando vede che l’autobus
previsto per le 11.13, alle 11,20 non arriva, esce di
Torii rossi a Inari
16 - Avventure nel mondo 2 | 2015
nuovo dicendo che ha telefonato alla compagnia
del bus per informazioni sul ritardo, sapendo che
c’è stato un incidente per strada e la compagnia
non sa quando potrebbe arrivare il bus
6) dato che eravamo un po’ in ritardo, lei chiede
se può chiamarci dei taxi, al nostro ok, li chiama.
Prima dell’arrivo dei taxi, arriva finalmente il bus,
lei ci corre di nuovo incontro consigliandoci di
prendere comunque il bus perché più economico
e che penserà lei ad avvertire i taxi (che nel
frattempo erano partiti dalla stazione del paese).
7) tutti guidano con cautela, senza suonare
(penso unico Paese in Asia), anche le ambulanze
hanno suoni timidi.
8) ad un incrocio tra stradine strette, noi stavamo
in mezzo alla strada e non ci siamo accorti che era
arrivata una macchina dietro e che non riusciva a
passare, l’autista ha aspettato in silenzio che noi
ci accorgessimo della presenza, avanzando solo
pochi centimetri alla volta
9) una del gruppo ha invaso a piedi la corsia di
marcia quando arrivava una macchina da dietro.
L’autista dell’auto si è ovviamente fermato
bruscamente e si e scusato mille volte. Quando
lei ha fatto segno che avrebbe potuto suonare,
l’autista ha provato timidamente il clacson e al
suono ha fatto una faccia sorpresa come a dire
‘ah, questa cosa in mezzo al volante funziona
veramente? Pensavo fosse finto…’
10) appena ti fermi a guardare una mappa, una
guida o semplicemente un biglietto del treno, c’è
sempre qualcuno che si avvicina a chiedere se
serve una mano
11) All’arrivo dei treni, specie i veloci shinkansen,
escono sul binario addetti che regolano l’entrata e
l’uscita dei viaggiatori per accelerare le operazioni
Insomma se ti dimostri gentile o in difficoltà, c’è
sempre qualcuno che ti dà una mano. Per contro
se sbagli, sono inflessibili e rigidi (ho annusato
una salsa avvicinando una ciotola aperta al naso,
anziché usare un cucchiaino – che non avevo
notato – e la signora del negozio, mi ha ripreso
subito con un severo ‘no, no, no’). Finora sembra
un bel paese, anche se non si può non notare un
certo senso di isolamento. Nei treni noi siamo gli
unici a parlare, nei ristoranti sono tutti mediamente
silenziosi, boh? Nei prossimi giorni vedremo di
scoprire se son tutte rose e fiori…
Verso sud e la risalita
Si sta a Hiroshima solo un giorno. Nonostante
sia una vacanza di 3 settimane, il Giappone è
grande e bisogna correre. E poi, dato che abbiamo
l’abbonamento per 21 giorni al treno, bisogna
sfruttarlo e prendere il treno pure per andare in
bagno…
Prima di lasciare Hiroshima però, per cena ci
va di provare una delle specialità del posto,
l’okonomiyaki, un piatto dall’aspetto di una pizzafrittata, fatta con uno strato di spaghetti, uno
di verza, con l’aggiunta di uovo, bacon e spezie
e salse, cotto su una piastra gigante, che funge
anche da tavolo e che mantiene caldo il preparato.
L’esperienza è stata divertente, in un locale che
sembra una sagra paesana, in tre piani di un
edificio, ci sono 20-25 ristorantini tutti uguali con il
loro tavolone riscaldato e attorno comitive divertite
e noi più di loro per l’effetto novità.
Il giorno successivo, all’alba, partenza per l’isola
meridionale con destinazione Beppu, una cittadina
termale dal nome stranamente sardo. Qui tutto
ribolle (l’isola è la più vulcanica di quelle che
compongono il Giappone), tra cui i relativamente
famosi ‘inferni di Beppu’, una serie di sorgenti
calde nelle vicinanze della città, che sono state
trasformate in mini parco-divertimenti. Una cosa
che, secondo me, più kitsch non potrebbe essere,
ma alla fine è un modo come un altro di passare la
giornata, così ce li giriamo tutti 8, prima di tornare
a Beppu per provare l’altra cosa famosa di Beppu,
gli onsen.
Gli onsen sono praticamente dei bagni pubblici (a
pagamento, ma con biglietto di modesto importo,
in genere 100-200 ¥, pari a circa 0,80-1,50 €)
dove la gente va a lavarsi e fare il bagno. Sono
divisi per uomini e donne e si va rigorosamente
nudi.
La scena è comunque curiosa. Entro nell’onsen più
antico della città, un onsen all’interno di un palazzo
storico, pago i 100 ¥, mi tolgo le scarpe e, vestito
entro nello spogliatoio. Qua mi dovrei spogliare,
ma non sapevo bene fino a che punto, quindi mi
guardo attorno: tutti nudi. Ok, mi spoglio, ma nella
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
stanza ci sono le finestre aperte, la temperatura
è quasi polare. Mi faccio coraggio, mi denudo e
con l’asciugamano comprato all’ingresso (grande
praticamente come un fazzoletto da naso)
scendo la scale verso la vasca. Mi immaginavo
un ambiente da centro benessere, mi ritrovo in
una specie di scantinato con tre loschi individui
tutti insaponati, seduti su sgabellini di plastica da
bambini, attorno ad una vasca grande circa 4×4.
Cerco di imitarli, ma per non fare figuracce, provo,
a gesti, a chiedere ai presenti, cosa dovrei fare.
L’unico che mi degna di uno sguardo, mi fa capire
che devo riempire una ciotola di acqua dalla vasca
centrale e usarla per lavarmi. Ok, provo. L’acqua
è a oltre 43 gradi, più adatta a cucinare la pasta
che a lavarsi. Comunque, dato che ci sono, mi
adeguo. Con zero divertimento, mi prendo anche
io uno sgabellino alto 15 cm, mi ci siedo e, nudo,
alterno insaponate a secchiate d’acqua bollente.
Quando penso di esser abbastanza pulito da far
pensare anche agli altri che non sono un portatore
di cattive abitudini (tutti gli altri si insaponano e
si strigliano con una foga che sembra siano anni
che non facevano un bagno), mi calo nella vasca.
Un incubo!
Mi scendono quasi le lacrime. L’acqua e veramente
bollente, ma per non sembrare una donnicciola di
fronte ai giapponesi piuttosto massicci (non grandi,
ma palestrati e uno tatuato dalla testa ai piedi),
entro completamente in acqua. Non riesco quasi a
respirare. Loro sono rilassati e tranquilli, io mi sento
ustioni ovunque. Evito di muovermi. Dopo 2 minuti,
color aragosta, esco. L’acqua è talmente calda che
appena uscito sono quasi completamente asciutto,
evaporato tutto. Mi rivesto ed esco. Tempo totale
nell’onsen, 10 minuti, compreso il togliersi i vestiti,
lavarsi e rivestirsi. È quanto di più lontano dal relax
in un cento benessere. E pensare che i giapponesi
chiamano l’onsen, anche spa.
Il giorno successivo doveva essere dedicato al
monte Aso un vulcano attivo, ma perché troppo
‘attivo’ non si lascia avvicinare troppo in questo
periodo, e la visita non è possibile oltre 1 km dal
cratere, fino ad un punto da cui il cratere non è
visibile. Quindi in alternativa, ci si dedica alla visita
dei dintorni di Beppu, ad una valle nei pressi di
Usuki dove sono visibili una sessantina di statue di
Buddha in alcune cavità nella roccia, e al paesino
di Yufuin, che la guida diceva essere famoso per
l’artigianato, e che invece si rivela una sequenza
di negozietti cianfrusaglie e di dolci assurdo
nell’aspetto.
Il giorno dopo è già ora di riprendere uno
Shinkansen per risalire il Giappone. Prima sosta
verso nord, la città di Okayama, con un giardino
e castello piuttosto famosi in Giappone. Il giardino
sarebbe addirittura uno di tre più belli del Paese.
A mio parere, il giardino non viene annaffiato da
tempo, l’erba è tutta secca, e riguardo il castello,
potevano risparmiarsi la ricostruzione del 1966
dopo che i bombardamenti della seconda guerra
mondiale l’avevano praticamente distrutto. Al
suo interno, c’è un brutto ascensore che porta
all’ultimo piano, da lì si scende rapidamente
al piano terra per le scale passando attraverso
una stanza completamente vuota ad ogni piano,
presenti solo indicazioni della costruzione
originaria, esclusivamente in giapponese.
Speriamo nel castello di Himeji, che sarà oggetto
di altra visita…
Himeji e Kyoto
La tappa successiva a Okayama è Himeji, dove
dovrebbe esserci uno dei castelli più belli del
Giappone. Prima di lasciare Okayama però, la
prima vera difficoltà del viaggio: una partecipante
(tra l’altro la più ‘diversamente giovane’ – come si
è definita una componente del gruppo – con i suoi
75 anni) si ferma a fare una foto senza avvertire
gli altri. Siamo in un mega centro commerciale
strapieno di gente all’interno di una delle tante
enormi stazioni giapponesi. Il panico. In teoria parla
un po’ di inglese, ma in pratica non si è appuntata
né il nome dell’albergo per la sera e neanche il
nome della città dove andare dopo Takayama.
Ci dividiamo e cerchiamo ovunque, ma nulla,
sembra sparita. Dopo aver corso per i 3 piano
infiniti del centro commerciale, chiesto al tipo
che controlla i biglietti all’ingresso della stazione,
proviamo con un annuncio. (Tra l’altro il tipo dei
biglietti per essere sicuro che cerco una signora
con capelli chiari vestita di rosso, mi disegna su
un foglio un pupazzetto con la gonna e ne colora
di rosso i vestiti, poi me lo mostra dicendomi
qualcosa tipo ‘questa? No, non l’ho vista…)
Proviamo quindi con un annuncio, ma le ragazze
del centro informazioni del piano interrato dove
l’abbiamo persa, vorrebbero fare un annuncio
in giapponese… Quanto di più inutile. Chiedo
di farlo io in italiano, ma non me lo lasciano
fare. Ci accordiamo per un annuncio in inglese.
Ovviamente la desaparecida non lo sente. Passa
un po’ lo facciamo ripetere. Nulla ancora. Nel
frattempo lei ha avuto la stessa idea, sta facendo
fare un annuncio dai piani superiori, dicendo che
ci aspetta lì. Io non lo sento, ma altri si, quindi
corriamo al secondo piano, lei e lì. Dopo circa
40 minuti di panico, emergenza rientrata! Ora si
può partire per Himeji, dove arriviamo poco prima
di cena. Nessuno ha fame e passiamo la serata
nella spa dell’albergo, stavolta una vera spa, molto
molto bella.
La mattina successiva è la volta della visita del
castello di Himeji. Tutto inizia bene. Piove. Usciamo
d’hotel che pioviggina appena, poi… aumenta. E
non è tutto. Dopo una bella camminata sotto l’acqua
di 40 minuti per arrivare in vista del castello, un
simpatico giapponese con un cartello avvisa che
la coda prevista per la biglietteria è di 2,5 ore. Che
fare? Siamo venuti apposta, aspettiamo…. sotto
il diluvio. Per fortuna la coda sarà ‘solo’ di un’ora,
ma non è finita ancora, dopo il biglietto un’altra ora
di camminata in fila indiana avanzando di 10 cm
alla volta fino al vero ingresso (ovviamente sempre
sotto una pioggia battente) Qui finalmente siamo
liberi di entrare? Ma neanche per idea. Prima ci si
deve togliere le scarpe e indossare delle ridicole
ciabatte rosse di 3 numeri più piccole del mio
piede (che non è neanche particolarmente grande),
poi, forse nella fretta, m’hanno dato due destre o
due sinistre, e cammino che sembro un papero
Quindi, finalmente si entra ma dal numero infinito
di persone, si sta tutti appiccicati a vedere il niente.
Il castello è stato riaperto da 2 giorni dopo 5 anni
di restauri, ma all’interno non c’è assolutamente
niente. Notevole la struttura in legno (tra l’altro
realizzata senza chiodature, ma solo ad incastro)
Foresta di bambu
Avventure nel mondo 2 | 2015 - 17
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
ma per il resto, nulla. 5 piani di stanzoni vuoti.
Vuoi mettere almeno un’armatura da samurai,
un ventaglio da geisha, dei fumetti manga? No,
niente. Per esser stato oltre 2 ore sotto la pioggia,
mi aspettavo di più. Così invece è sembrato un
castigo divino. Mancavano solo un paio di frustate
e la punizione era completa.
Con la coda fra le gambe, si parte quindi alla volta
di Kyoto, una delle tappe clou del viaggio.
A Kyoto si arriva alla stazione centrale, uno
spettacolo di architettura moderna che i siti
internet danno come uno dei 10 edifici più cari al
mondo (siamo nel 2015) con i suoi 1,25 miliardi
di dollari di valore. Struttura avveniristica di circa
15 piani, per oltre 60 metri di altezza, con in cima
un giardino pensile raggiungibile con almeno 8
scale mobili di seguito o per una scalinata infinita
che, piena di led per ogni gradino, diventa un
magnifico quadro se vista da lontano.
Dato che è ancora presto, si approfitta per andare
a visitare la zona della foresta di bambù. Con
cambi di treno così rapidi che potremmo far
concorrenza ai tecnici di formula uno dei pitstop da record, in men che non si dica siamo a
Arashiyama, per una pomeriggio in relax.
L’indomani è invece in programma la visita a Nara
la mattina e Inari il pomeriggio.
Nara, la antica capitale del Giappone dal 710
DC, ha innumerevoli siti dichiarati dall’UNESCO
patrimonio dell’umanità, a cominciare dal tempio
Kofuku-ji e dal Todai-ji, con al suo interno uno
dei Buddha in bronzo più grandi in assoluto,
costato te anni di lavoro soli per la fusione in parti
successive. Tutta la cittadina è piena di templi
notevoli e bellissimi parchi e giardini, sicuramente
in una bella giornata come è capitata a noi, è uno
spettacolo ancora superiore. Nel pomeriggio,
scoprendo che siamo un po’ in ritardo, corsa in
treno verso Inari, dove praticamente di fronte alla
stazione parte il percorso di circa 4 chilometri
di portali shintoisti, una sequenza quasi infinita
di torii rossi che si inerpicano per il versante
della collina fino alla cima, per godere di un bel
panorama di Kyoto dall’alto.
È tutta una corsa fino alla vetta, dove arriverò
sudatissimo, che con il fresco del tardo
pomeriggio, sarà un bel ‘toccasana’…
Il giorno successivo è la volta di Kyoto città.
Stavolta il tempo è bellissimo, e la primavera
ha portato i mitici ciliegi in piena fioritura. Il
percorso prevede la partenza dal Ginkakuji poi la
passeggiata lungo la vita del filosofo, per arrivare
al Nanzen-ji. Tutti pezzi straordinari della città, se
non fosse che in questo periodo è tutto strapieno
di gente. Autobus stipati all’inverosimile, strade
quasi bloccate che anche per spostamenti minimi
si impiega una vita, siti in cui è impossibile fare
foto senza avere un braccio o un naso di qualcun
altro davanti. La passeggiata del filosofo però,
pur piena di gente, è notevole, il ruscello che la
costeggia è pieno su entrambi i lati di piante di
ciliegio in fiore.
Durante il giorno si cammina, cammina,
cammina. Abbiamo smesso di usare gli autobus
perché in questo periodo di altissimi stagione
sono troppo lenti e pieni, si fa prima a piedi,
anche se le distanze sono grandi. A fine serata
si crolla piuttosto presto. L’ultima visita prima
di cena è ad un tempio impressionante, enorme
anche nel nome: Sanjunsangen-do, un palazzone
lunghissimo con 1001 statue rappresentanti
Buddha. Davvero imperdibile!
Oggi il gruppo si è diviso, o meglio una delle
partecipanti ha deciso di lasciarci per andare a
Tokyo. Nei giorni scorsi aveva perso lo zainetto
in uno dei treni. Miracolo dell’onestà giapponese,
segnalato il fatto alla reception dell’hotel, la sera
stessa, lo zainetto era stato ritrovato e lasciato
in custodia nella stazione di fine corsa (Tokyo).
Ce lo avrebbero tenuto per diversi giorni, poi
lo avrebbero passato alla polizia. Purtroppo
saremmo arrivati a Tokyo un paio di giorni dopo
il limite, quindi l’impaziente partecipante, per
evitare “l’interrogatorio” della polizia, ha deciso
di andare a ritirarlo. Ha sprecato quasi tutta la
giornata per il recupero, ma alla fine è rientrata
in possesso di tutto. In Italia sarebbe andata allo
stesso modo??? Mah…
L’ultimo giorno a Kyoto, il primo aprile, è il
giorno che abbiamo dedicato allo spettacolo
delle geishe. Ho prenotato dall’Italia dei posti di
seconda classe in terza galleria in un teatro dove,
da oltre 140 anni, per il solo mese di aprile, si
esibiscono le geishe. Arriviamo come previsto
un po’ prima e, con il biglietto di seconda classe,
dobbiamo aspettare in piedi, mentre per quelli di
prima classe l’attesa è su divanetti… poi ci fanno
entrare e puntualissimi inizia lo ‘spettacolo’.
Inizia una nenia di voci stridule, poi una musica
che sembra suonata in parte con grattugie,
in parte con delle specie di chitarre non
accordate… musica accompagnata da una
Castello di Himeji
18 - Avventure nel mondo 2 | 2015
specie di canto di chi ha un potente mal di
pancia. Poi inizia la ‘danza’. Movimenti lentissimi
e scene incomprensibili. La conseguenza è facile
da dedurre: chi aveva il posto comodo di prima
classe ‘medita’ ad occhi chiusi, noi, seduti sulle
panche, soffriamo per un’ora per non cadere. Le
palpebre piano piano si fanno più pesanti, ma
chi più chi meno, si resiste. Qualcuno ha ceduto,
ma tranne qualche tentennamento con la testa,
nessuno cade dalla panca. Devo ammettere
che i costumi e le scenografie sono bellissimi,
ma i ritmi e la non conoscenza delle storie
cantate e scarsamente recitate non ci rende
totalmente consapevoli dell’evento a cui abbiamo
partecipato. In sintesi, bello, ma una gran rottura
di coglioni (scusate il francesismo…)
Le Alpi giapponesi
Dopo Kyoto è la volta delle Alpi Giapponesi, con
meta principale la cittadina di Takayama; ma
prima è prevista una sosta a Kanazawa, dove
sembra esserci uno dei tre più bei giardini del
Giappone (sperando che non sia una ripetizione
della deludente esperienza di Okayama, dove
abbiamo visto uno degli altri 2 giardini della top
three).
Ad essere onesti, il giardino è effettivamente
molto bello, ben tenuto con percorsi tra piante
fiorite, alberi giganti con vista sui monti innevati
attorno. Il castello è invece in linea con gli altri,
al punto che saggiamente anche l’addetta del
servizio informazioni turistiche della stazione, ci
consiglia di vederlo solo dall’esterno. Si tratta
di un castello apparentemente finto, fatto con i
mattoncini lego, tanto è perfetto, ma poi quando
paghi i salati biglietti per visitare gli interni,
questi castelli sono sempre poco interessanti,
praticamente una sequenza di stanze vuote,
spesso ristrutturati o rifatti con materiali recenti,
e quasi mai indicativi della vita che si sarebbe
potuta svolgere all’interno. Da questo punto di
vista, in Europa siamo abituati meglio…
Comunque, dopo Himeji, che non poteva essere
saltato perché presente in tutte le foto e guide,
ho deciso che risparmierò i soldi delle visite ai
castelli, investendoli con maggior soddisfazione
in piatti di sushi e ramen!
A Kanazawa si completa la visita con un giro nel
quartiere delle geishe e in quello dei samurai. Le
stradine fiancheggiate da costruzioni in legno
di queste aree sono piacevoli e belle da vedere,
ma ormai la mia testa è in stazione, sia per
prendere il treno per Takayama, ma soprattutto
perché in mattinata ho individuato, tra i negozi
della stazione, una pasticceria stratosferica.
Quindi abbandono il gruppo e corro lì. Ben
attento a evitare i dolci dall’aspetto invitante ma
poi ripieni di pasta di fagioli dolci (che poi fanno
schifo come quelli non dolci), punto ad una fetta
di torta dall’evidente aspetto una vera torta.
Accompagnata da una tazza di the nero (stavolta
evito il the verde, che in tutto assomiglia ad una
tazza di brodo di alghe di mare….), e mi rilasso in
attesa del treno locale da prendere a breve.
Nara
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
Il treno per Takayama è un treno locale, non
particolarmente veloce. Siamo fortunati perché
abbiamo la prenotazione della prima fila del primo
vagone. Davanti a noi, separato da una parete
vetrata, solo il conducente, e quasi sembra che
sono io a guidare il treno!
Il paesaggio è notevole, e poco alla volta cambiano
i colori e le temperature….dopo circa un’ora di
viaggio, ai lati della ferrovia compaiono mucchi
di neve!!! poi tutto attorno diventa innevato.
Nonostante sia fine marzo, il paesaggio è
decisamente invernale.
All’arrivo, fa freddo, quindi niente scarpinata solita
per raggiungere l’hotel per risparmiare un paio
d’eurini, ma comodi in taxi. Scaricati davanti alla
locanda all’interno di un monastero, ci prepariamo
a dormire per la prima volta su un vero futon steso
su un vero tatami.
Inutile tentare di andare a cena in qualche
ristorante, nonostante siano solo le 21, è
praticamente tutto chiuso. Troviamo aperti i negozi
delle catene aperte 24/24, ovvero il solito 7eleven
e uno dei tanti Family Mart. Punto sul primo per la
cena. Cena che è in realtà una accozzaglia di roba
trovata tra gli scaffali: una specie di panino ripieno
di carne, un triangolo di pasta sfoglia che bisogna
essere un chimico per ipotizzare il tipo di ripieno,
annaffiati da una lattina di birra Asahi. D’altra parte
la scelta non è stata facile, difficile prendere a cuor
leggero le uova precotte o la caprese in barattolo o
i fusilli croccanti in scatola esposti sugli scaffali…
Per fortuna il cassiere non deve essere stato un
genio della matematica, complice anche il fatto
che ogni volta che finiva il totale gli aggiungevo
un’altra cosa da mettere in conto, lui va in pallone
e combina un casino alla fine la “cena” mi costerà
come la sola birra (che comunque era la cosa
più piacevole del tutto, rimanendo indecifrabile
il ripieno della pasta sfoglia anche dopo averlo
mangiato…). Per il dolce mi sposto al 7eleven
per non far torto a nessuno. Qua è d’obbligo il
mio dolcetto alle mele, che tante colazioni ha
risolto durante il viaggio… e subito si ritorna al
“convento”. Anche se non fosse un annesso al
monastero come mi è stato presentato, lo stile di
vita interno ci va molto vicino…
infatti: si arriva e ci deve togliere le scarpe sul
pavimento gelido dell’ingresso; si prendono delle
ciabattine e si percorrono un “tot” di gradini
e corridoi, ci si toglie le prime ciabattine e si
indossano le ciabattine per la zona “privata”, si
salgono altri gradini e percorrono corridoi, si arriva
in camera e finalmente….. si dorme sul pavimento
(in realtà tatami, con un futon sottilissimo)
come se non bastasse, i bagni sono in comune
e: si arriva con le ciabattine da zona “privata”, si
indossano le ciabattine per la zona “bagno”
Prima di andare a letto, è ora dell’igiene orale, ma
forse per la stanchezza, e per la fretta di andare
a dormire, mi sfugge lo spazzolino e me lo infilo
nel naso…all’istante un lago di sangue!!! riesco
a tamponarlo dopo aver infilato nelle narici anche
metri di carta igienica….Dopo la disavventura
stile “Kill Bill”, finalmente in camera a dormire.
Riguardo il dormire, sono abbastanza fortunato. In
genere dormo praticamente dappertutto e in più,
dato che la camera sarebbe da 4 persone (anche
se solo di dimensioni 3 x 3 metri circa….), la
occupiamo in 2 e quindi abbiamo a disposizione
ben 2 futon (sottilissimi) ciascuno, quindi possiamo
dormire “comodi”.
A metà nottata però devo andare in bagno, non
pensando di essere già a livello pavimento, faccio
per scendere dal letto e do una tremenda tallonata
sul tatami! Poi in bagno al buio per non disturbare
(impossibile, i pavimenti cigolano come dei
ferrivecchi), quindi sequenza di “togli le ciabattine,
rimetti le ciabattine”, sbatto al buio ovunque, e
finalmente di nuovo a “letto”. La giornata è ora
finita. Domani visita a Takayama e dintorni, al gelo.
La cittadina è meritevole della deviazione fatta,
il clima inclemente però rende tutto difficile.
Freddo e pioggia, niente di peggio
per una visita all’aperto. La prima
sosta è al mercato del mattino, una
tristezza unica….10 bancarelle
che vendono 3-4 mele ciascuno o
erbette rinsecchite. Un mercato che
farebbe tristezza pure agli abitanti
dell’Europa dell’Est pre-caduta del
muro di Berlino… Si prosegue con
la visita alla casa del governatore
locale (finalmente una bellissima
costruzione, con qualche dettaglio comprensibile
anche a me), ma, dato che ci si deve togliere come
al solito le scarpe e tutti gli ambienti sono aperti
verso l’esterno, il camminare scalzi sui pavimenti
gelidi (attorno ci sono ovunque mucchi di neve),
rende la visita particolarmente veloce.
Segue un rapido sguardo anche all’altro mercato
del mattino, quello lungo il fiume, ma anche
questo non è meno triste, qua le bancarelle sono
più numerose, ma la merce in vendita è sempre
quella che si potrebbe trovare nel mio frigo di
ritorno dalle vacanze…pochi ciuffi d’erba e
qualche frutto lasciato lì per caso. Sembra quindi
ora di puntare sull’Hida Folk Village, un museo
all’aria aperta (gelida) con costruzioni tipiche della
zona, ricostruite in questo posto dopo essere state
trasferite in blocco dai siti originari. Per arrivarci o
si fa una bella passeggiata (e non è il caso perché
piove) o si prende un autobus dal capolinea,
proprio dietro la stazione. E qua scopriamo un’altra
volta la gentilezza e disponibilità dei giapponesi.
L’autobus sta partendo. Chiedo all’autista quanto
costano i biglietti e dove si comprano. Lui mi
risponde, con il motore già acceso, che i biglietti
devono essere comprati dentro la stazione dei
bus. Corro a comprarli convinto di dover prendere
il successivo, e invece mentre sono in coda per
i biglietti, mi accorgo che l’autista è sceso e mi
è venuto a cercare e ad aspettarmi!!! Tutto il bus
pieno, l’orario giusto per partire e lui che aspetta
me e il mio gruppo!!!! Ma in che altro posto al
mondo sarebbe successa una cosa del genere???
Ma, soprattutto nessuno di quelli che aspettano sul
bus che si lamenta. Incredibile!
Il villaggio è carino, tutte le costruzioni sono
attorno ad un bel laghetto e durante la giornata
si organizzano corsi interattivi di vario genere
(es. scultura del legno) , ma il tempo continua
a non migliorare, quindi dopo un’oretta circa
riprendiamo l’autobus e torniamo a Takayama per
il seguito della visita e della parte particolarmente
interessante: la ricerca dei distillatori di sake. Dopo
breve ricerca, trovo l’obiettivo della giornata, una
distilleria in cui paghi 150 yen (poco più di 1€) per
comprare il bicchierino e poi puoi assaggiare tutti
i tipi di sake. Purtroppo il gusto molto secco e lo
stomaco vuoto non mi permette di tragugiarne
ad ettolitri, quindi dopo “solo” il quinto assaggio
mi fermo…. fuori piove ancora, ormai sono strazuppo e con i piedi gelidi e la coda fra le gambe, a
metà pomeriggio torno nella mia camera-celletta
per il meritato riposo. Bisognerebbe tornarci a
Takayama, le Alpi giapponesi sono un altro “must”
del viaggio secondo me.
Verso nord
Stamattina sveglia all’alba nella
specie di convento che è stata
la nostra sistemazione per 2
notti. Alla fine è quasi un peccato
lasciare l’ostello di Takayama, mi
ero quasi abituato a dormire sul
sottilissimo futon (leggere: dormire
praticamente per terra). È uno dei
casi in cui è piacevole sentire la
sveglia, è il segno che la tortura per la schiena è
finita.
Bene, sveglia alle 5.30 e subito colazione a base di
orrendo caffè solubile portato dall’Italia e dolcetto
ripieno di crema di fagioli (ebbene sì, quando non
si conosce la lingua, una volta indovini l’acquisto
con il ripieno di crema, altre volte, basandosi sulla
confezione che sembra simile, ti ritrovi con una
colazione non proprio indovinata…).
Il primo piacere della giornata è sedersi sul
‘trono’ (wc), tutto riscaldato, che in un ostello
freddissimo tra le Alpi giapponesi può essere un
simpatico appuntamento mattutino anche se non
devi espletare alcun bisogno fisiologico. Il secondo
piacere è il taxi pronto fuori della porta.
Appena usciamo, il driver preme un qualche
pulsante e le portiere della sua auto si aprono in
automatico… oh sorpresa…. Il tassista scende
per aiutarci a caricare le valigie, poi ci fa pulire le
scarpe (per non sporcare i suoi perfetti tappetini)
e via verso la stazione, distante 5/7 minuti d’auto,
Avventure nel mondo 2 | 2015 - 19
RACCONTI DI VIAGGIO | Giappone
dove arriviamo alle 6.20, con un anticipo che io
non ho mai neanche il Italia, e dove i treni partono
secondo orari prevedibili solo con una palla
di vetro. In Giappone, dove con i treni potresti
regolare un orologio, in stazione 26 minuti
prima della partenza sono tantissimi, specie a
Takayama, la cui stazione ha solo 2 binari.
Comunque entriamo nella piccola sala d’attesa e
sembra che ci sia qualcuno che con un martello
pneumatico stia demolendo una parete; mi
sembra strana la cosa, così presto… Mi giro e
noto che il rumore viene da un tipo in un angolo
che russa come un grizzly! Loro che sono così
discreti…
Dopo questo inaspettato concerto, è ormai ora
di iniziare il lungo trasferimento verso nord, da
Takayama a Hirosaki. 1280 km in circa 8 ore,
cambiando 3 volte treno.
Il primo treno è del tipo normale è arriva fino a
Nagoya. Qui dobbiamo prendere uno shinkansen
per Tokyo, passare quindi dalla parte della
stazione normale a quella dei treni veloci
(generalmente al piano superiore), il tutto in 14
minuti. Nessun problema, arriviamo al binario
talmente velocemente che prima del nostro treno
ne deve passare addirittura un altro 5 minuti
prima.
Il secondo cambio, alla stazione di Tokyo, avrebbe
dovuto essere più semplice, 10 minuti, dato che
il compito era limitato ad uno spostamento dal
binario 17 al 23. In realtà la cosa non si dimostra
così facile. Già le zone della stazione sono
differenziate, una fino al binario 17, l’altra per i
binari successivi (quindi passaggio obbligatorio
attraverso il controllo del pass per andare da
una parte all’altra della stazione), poi sul binario
ci sono 2 treni fermi, uno davanti l’altro. Quale
dovremmo prendere? boh? Manca un minuto
alla partenza, e se lo perdiamo so’ c….i…
come li facciamo gli 800 km che mancano a
destinazione?
Chiedo al primo che mi capita davanti che mi
indica il primo treno, ma su quello, il numero della
carrozza che abbiamo scritto sul biglietto, non
esiste. Chiedo quindi ad un altro che mi conferma
che il treno è quello dietro. Qui la carrozza
esiste, ma davanti a noi abbiamo la n.14 e noi
abbiamo prenotazioni per la 4. Quella davanti
è tra l’altro di prima classe e con il biglietto di
seconda non ci fanno neanche salire… dobbiamo
quindi correre alla prima carrozza di seconda
classe. Intanto suonano il segnale che il treno
sta partendo. Finalmente ci siamo, saliamo sulla
Il gruppo
20 - Avventure nel mondo 2 | 2015
n. 8 e camminiamo all’interno fino alla 4. Nel
frattempo il terno è partito dalla stazione di Tokyo.
C’è l’abbiamo fatta anche stavolta! Ora circa 2,5
ore e siamo alla punta nord dell’isola principale,
ad Aomori. Durante il viaggio ci accorgiamo che
entrambi i treni erano giusti. Il primo rimane
semplicemente attaccato davanti fino ad una
certa stazione (Morioka), poi verrà staccato e
deviera’ su un altro percorso.
Ad Aomori, solo un ultimo cambio in 8 minuti e
siamo al treno per la destinazione
finale di oggi, Hirosaki e il suo
celebre castello con oltre 2600
piante di ciliegio. Unico piccolo
dettaglio, il castello sarà in
ristrutturazione tra poco mesi e
hanno già prosciugato il canale
circostante e per i ciliegi in
fiore siamo in anticipo di un
mese circa… però il paesaggio
incontrato da stamattina è stato
notevole, seduti comodamente in treno (tranne le
corse per i cambi) ci è passato a fianco mezzo
Giappone!
Sul treno scopro un’altra ‘follia’ giapponese, su
un catalogo trovato nella tasca del sedile davanti,
trovo un oggetto strepitoso, una di quelle cose che
Enzo e Carla del programma ‘ma come ti vesti?’
lo definirebbero ‘mai più senza’, apparentemente
sembra un attrezzo in cui puoi urlare a piacere e
lascia uscire quasi niente del rumore, insomma,
uno ‘sfogatore’, se non costasse 5122 yen (oltre
40 €), sarebbe da comprare!
A Hirosaki ci attende un vero riokan, una locanda
giapponese tipica con, ovviamente, futon al posto
dei letti. L’accoglienza è come al solito piuttosto
calorosa, e all’ingresso, come bianchi soldatini, ci
aspetta l’esercito di ciabattine..
Stavolta, ci saranno molti meno problemi con il
futon e il tatami. Sarà meno fastidioso dormire per
terra grazie al sake. Il gentilissimo proprietario del
ryokan, infatti, mi invita ad uscire a cena con lui e
i suoi amici. Serata alcolica, praticamente quando
io e lui raggiungiamo gli altri al ristorante, questi
si erano già scolati non so quante bottiglie da 1,5
litri di sake, poi quando arriviamo, coinvolgono
anche noi nella bevuta. Bicchieri da acqua pieni
fino all’orlo che loro bevono proprio come acqua,
io molto più lentamente, ma tengo il ritmo…
La serata è divertente anche perché da bravi
ospiti, mi invitano ad assaggiare tutte le loro
prelibatezze, tra cui brodo di tartaruga… uova
di polpo, vongole cotte nel sake, sashimi di
cappesante e gamberi. C’erano anche dei
bicchierini con del liquido rosso scuro. Non so se
si sono presi gioco di me, ma m’hanno convinto
che era sangue di tartaruga… Per un attimo mi
sembravo nella trasmissione ‘orrori da gustare’
Comunque, tra le cose provate, qualcosa è
stato eccellente (sashimi e vongole), qualcosa
indifferente (brodo di tartaruga), qualcosa che
non ho avuto il coraggio neanche di avvicinare
(uova di polpo, una sostanza gelatina giallina…
immersa in un brodo di non so
che, e, ovviamente, il sangue
di tartaruga o qualunque altra
roba sia stata). Ah, dimenticavo,
anche del pesce ricoperto di una
sostanza rosa (quasi insapore
se non immerso nella salsa di
soia) e per finire, polpo essiccato.
Esperienza coinvolgente!
Gli Ultimi giorni a Tokyo e dintorni
Non ci siamo spinti oltre Hirosaki (isola di Sapporo)
per paura di trovare tempo inclemente, quindi
torniamo verso Tokyo per gli ultimi giorni prima di
tornare a casa. Sono passate quasi 3 settimane
dal nostro approccio al Giappone e ormai ci
sentiamo piuttosto sicuri. Cambiamo treni e
saltiamo sulle metro con una velocità inaspettata
prima della partenza. Anche la metropoli per
eccellenza, al ritorno dopo 20 giorni, ci sembra
quasi familiare. Torniamo nei quartieri che nella
prima “toccata e fuga” iniziale, ci avevano
colpito di più. A questi aggiungiamo l’escursione
a Nikko, cittadina a circa 140 km dalla capitale.
Nonostante sia ormai quasi al metà di aprile,
a Nikko ha nevicato la notte prima della nostra
visita. La visione dei templi tra gli alberi innevati
è magica! L’aria è frizzante all’arrivo, ma con il
passare delle ore la temperatura si alzerà e uscirà
un bel sole, La giornata rimarrà sicuramente
impressa nei nostri ricordi.
I Tokyo completiamo la visita con il mercato del
pesce (è incredibile la varietà e dimensioni dei
pesci sui banchi in vendita, incredibile anche
la velocità con cui gli operatori mi muovono
tra le diverse zone, anche a bordo di “muletti”
e, nonostante i numerosi turisti curiosi che
gironzolano, tutti riescono a portare avanti il
loro lavoro senza distrazioni). Non ci perdiamo
neanche la visita alle costruzioni più moderne,
come il Tokyo International Forum o il complesso
del Rappongi Hills. Ma neanche la tradizione del
Palazzo Imperiale (ahimè, visto solo dall’esterno)
e del Senso-ji. Notevole anche il Museo Nazionale
(sia per il materiale esposto, sia per l’architettura
di 2 padiglioni più moderni del complesso
museale).
Torno in Italia con un idea di Giappone piuttosto
diversa da quella con cui ero partito. Un viaggio
di scoperta, soprattutto di un popolo di cui
conoscevo poco e di cui ho apprezzato quasi
tutto. Tutto mi ha affascinato e spero di poter
tornare presto. Tutto ha funzionato alla grande,
grazie anche al gruppo con cui ho condiviso
questa entusiasmante esperienza.
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