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Continua a battere - Ospedale Niguarda Ca`Granda
Ottobre 2013 Poste Italiane Spa ospedaleniguarda.it Sped. abb.post. Dl n. 353/2003 art 1 (comma1) D&B Milano DISTRIBUZIONE GRATUITA Continua a battere Dalla prima valvola al cuore artificiale iale r Edito Q I fatti prima delle parole... uesto numero del Giornale è ricco, ricchissimo di fatti. Come sempre, direte. Ma a mio modo di vedere la prevalenza di fatti rispetto alle parole in questo numero assume una luce diversa, un valore emblematico. Perchè di fronte all’esigenza di cambiamento che in modo diffuso (e spesso confuso) sale ad ogni livello fino a condensarsi in ipotesi e proposte di riordino del sistema sanitario regionale, a me pare sempre più chiaro che ogni vero cambiamento, che sia all’interno di Niguarda o nel sistema regionale, in realtà consiste nell’approfondimento di risorse e doti già possedute che vengono rinnovate con nuove consapevolezze e da orientamenti frutto delle circostanze attuali. Per questo motivo l’editoriale è una finestra sull’apporto del prof. Rovelli allo sviluppo delle cure del cuore a Niguarda. Ringrazio la d.ssa Frigerio di averlo scritto a beneficio di tutti. CONTINUA A PAGINA undici Riflessioni sul contributo del Prof. Fausto Rovelli all’Ospedale di Niguarda e alla Cardiologia A nni fa, in un’intervista, il Professor Fausto Rovelli, primario emerito di cardiologia e nostro maestro, riassumeva così gli inizi della sua storia professionale... CONTINUA A PAGINA tre Attualità a pag. 2 La visita dell’Arcivescovo Sommario Sanità a pag. 3 Un “super reparto” per la riabilitazione E ’ stato un settembre intenso per il Dipartimento Cardiotoracovascolare “De Gasperis”, sospeso tra tradizione e innovazione. 50 anni fa nel nostro Ospedale ci fu il primo impianto valvolare realizzato in Italia: un passo decisivo per la storia della cardiochirurgia, compiuto da un Dipartimento che nel corso degli anni ha vissuto diverse riorganizzazioni mantenendo inalterata la vocazione per l’eccellenza. Per rendersene conto è bastato un faccia a faccia, al Meet me tonight, un evento dedicato alla divulgazione scientifica su scala europea, in cui i professionisti di Niguarda sono stati protagonisti. Ci hanno raccontato i pericoli dello scompenso cardiaco e come oggi la medicina ci metta a disposizione due alternative, entrambe valide: il trapianto e il cuore artificiale. Infine là dove c’è innovazione non può mancare la formazione. Il 1967 è l’anno in cui per la prima volta si organizza il Corso di aggiornamento in cardiologia, un appuntamento di cui si è appena conclusa la 47° edizione e che si è confermato come uno dei primi congressi a livello nazionale per afflusso e partecipazione. Il cuore di Niguarda continua a battere. APPROFONDIMENTI A PAGINA tre e cinque La visita dell’Arcivescovo Angelo Scola Un saluto ai pazienti “Grazie alla comunità ospedaliera” Centri Specialistici a pag. 5 Cardio Center: uno storico 50°, “biologico o meccanico?” e il 47° convegno Malattie dalla A alla Z a pag. 6 Allergici all’anestesia Gli Specialisti Rispondono da pag. 8 a 12 L’urologo, il pediatra, l’oncologo Volontariato a pag. 13 AISM, contro la sclerosi multipla e AMOR, per far respirare la vita Arte e Storia a pag. 14 Emilio Tadini: uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive U n saluto alla “gloriosa istituzione della nostra città”, che è il Niguarda, e un sentito ringraziamento “all’intera comunità ospedaliera: malati, familiari, medici, personale e volontari”. CONTINUA A PAGINA due NIGUARDA CANCER CENTER Città dell’Arte Meglio la chemioterapia per il tumore al polmone Tadini: uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive CONTINUA A PAGINA due CONTINUA A PAGINA quattordici Periodico di informazione dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda Il giornale di Niguarda Anno 8 - Numero 4 due Un saluto ai pazienti SEGUE DALLA PRIMA Il piazzale di fronte alla chiesa dell’Annunciata, dove la messa è stata celebrata A loro è andato il primo pensiero nell’omelia pronunciata da Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, che martedì 17 settembre ha visitato il nostro Ospedale nell’occasione del passaggio dell’assistenza religiosa, dal clero diocesano ai camilliani. All’arrivo l’Arcivescovo è stato accolto dal Commissario Straordinario Marco Trivelli e dal Direttore Sanitario Giuseppe Genduso. La prima sosta è stata alla cappella “Beato Giovanni Paolo II”, quindi la visita ai degenti di Medicina accompagnato dal primario Fabrizio Colombo. L’Arcivescovo ha salutato e benedetto i malati, i familiari, il personale, recando loro parole di conforto. Nel piazzale di fronte alla chiesa dell’Annunciata, dove Attualità Le parole dell’Arcivescovo* Carissime sorelle e carissimi fratelli, in Cristo Gesù Nostro Signore. Voglio anzitutto porgere il mio saluto agli ammalati, ho potuto salutarne di persona solo una piccola parte. Ma voglio dare il mio abbraccio a ciascuno di loro, uno ad uno, ed assicurare loro la mia preghiera. Attraverso loro saluto i familiari, che sono un po’ come il secondo polo, il secondo pilastro, di un’istituzione come questa. La malattia tocca i cari nell’affetto profondo ed apre ad una domanda sul senso della vita, sul suo significato, sulla direzione che stiamo dando al nostro cammino. E saluto infine il terzo pilastro di questa istituzione che sono gli operatori sanitari di vario livello, che soprattutto in una struttura articolata, complessa e di eccellenza in molti ambiti come questa, portano una responsabilità e documentano una dedizione veramente straordinaria. Al mio saluto, al mio grazie per questo invito, unisco tutti i volontari delle tante associazioni che so operare in questo ospedale. Non soltanto coloro che professano la fede cristiana, ma tutti coloro che si sentono mossi dal bisogno e dalla domanda del prossimo, degli altri, e la condividono già in questo gesto. Essi esprimono una vicinanza profonda a Dio che ogni giorno condivide la nostra debolezza, la nostra fragilità e la nostra sofferenza. Ringrazio poi tutti i sacerdoti che sono qui convenuti, ovviamente in modo speciale i cappellani che partono e quelli che arrivano, ma anche i parroci e le parrocchie vicine. Questo è l’abbraccio dell’Arcivescovo a questa preziosa istituzione, gloriosa istituzione della nostra città, che come ci è stato ricordato fa tutt’uno, al di là della sua autonomia, per la storia e per lo sviluppo scientifico e culturale con la Ca’ Granda. Perché celebriamo l’eucarestia? Possiamo entrare a fondo nelle due letture di questa Santa Messa, che abbiamo voluto dedicare a Maria Salute degli Infermi. Ma certamente il brano del profeta ha riportato l’esperienza del dolore e della sofferenza che sempre sono anticipo di morte, già nel suo solco giusto, l’ha già messa in positivo. Ci ha aiutati a capire, a comprendere che anche in questo aspetto ombroso, talora tragico, della nostra vita c’è un senso e soprattutto ci ha lasciato intuire che non è inutile; ciò non significa che la nostra vita finisce nel niente, ma paradossalmente proprio la provocazione che è contenuta nell’esperienza del dolore e della malattia, ci fa capire che la morte stessa, per la vittoria che Gesù ha compiuto, è una condizione di passaggio. I salmi che approfondiscono con varia intensità i diversi aspetti della vita dell’uomo, giungono a dire ad un certo punto: “l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”. È vero che la malattia se portata nella condivisione dei nostri cari e degli operatori sanitari, come espressione della vicinanza di Dio, è come affidamento a Maria Nostra Madre. È vero che la malattia può farci superare il rischio di una perdita di fiducia in Dio e negli altri, e diventare al contrario una grande occasione e possibilità di capire che il senso della vita umana è il dono totale di sé. Che la vita si compie donandosi perché la vita ci è data, e che se non ci decidiamo a donarla, la vita ci viene rubata dal tempo. Allora l’Arcivescovo vuol dire una parola d’incoraggiamento a tutti coloro che sono la prova, vuole pregare per la guarigione di tutti, almeno per quel livello di guarigione stabile e definitivo a cui tutti noi siamo chiamati che è la nostra salvezza nelle braccia del Padre. Il Santo vangelo di oggi, anche senza dover entrare ora nel commento della straordinaria pagina delle beatitudini, è come riassunto in un’espressione di due parole, con la quale l’evangelista descrive il modo in cui Maria va da Elisabetta, dice “in fretta”. Mi pare che in queste due piccole parole ci sia il senso di quello che voi qui fate, “in fretta” è l’espressione della cura, ciò a cui voi tutti siete dedicati in modo passivo o attivo. Cioè è il desiderio di una tensione positiva verso l’altro, come altro, che sia espressione non solo dell’umanissima compassione, che tutti ci tocca quando l’altro soffre, ma ben di più della disponibilità ad amare, per imparare ad amare. Della disponibilità a lasciarsi amare definitivamente, per poter la messa è stata celebrata, poco prima dell’inizio della funzione c’è stato il saluto del Commissario Straordinario dell’azienda ospedaliera, Marco Trivelli, a ricordare come il Niguarda è il frutto dell’incontro di “carità cristiana e senso civico” e ad invitare Scola a tornare nell’estate del 2014 per l’inaugurazione del Blocco Nord. Durante la celebrazione, poi, non sono mancate le parole di ringraziamento e commiato per la cappellania uscente e il suo rettore Monsignor Vittorio Bruni, che per tanti anni sono stati un punto di riferimento a Niguarda. Allo stesso modo si è dato il benvenuto al nuovo vicario rettore Padre Giacomo Bonaventura e ai confratelli camilliani che subentrano ai diocesani. amare definitivamente. La cura legata alla fretta della Vergine, esprime così in modo autentico tutto ciò che i rapporti tra scienze e tecniche hanno realizzato nel campo dell’arte medica e lo esprime manifestando l’importanza del soggetto che riceve la cura e del soggetto che la presta. Da questo punto di vista realmente è un’arte più che una scienza. È un’arte che somma in sé molte scienze e molte tecniche. Ed è un’arte perché nell’arte, nell’atto di arte, il soggetto la persona che lo compie e che lo riceve non si nasconde. Non possiamo nasconderci dietro le tecniche più sofisticate, non possiamo nasconderci nell’atto clinico, perché la nostra azione sia pienamente e autenticamente terapeutica. Deve passare l’apertura del nostro cuore verso l’altro che soffre e che è nel bisogno, e ci deve essere una disposizione all’accoglienza della prova dell’altro tesa a cambiare la nostra vita, proprio nella direzione del dono così come il servo sofferente ce lo indica. Da qui nasce il Magnificat, nasce il canto di ringraziamento a Dio per ciò che fa nelle nostre umili persone, nonostante noi, nonostante le nostre fragilità, i nostri peccati e i nostri limiti. Ma nasce anche il canto, come nella seconda parte del Magnificat, nasce il canto del ringraziamento per il popolo che egli raduna, perché la verità di ciascuno di noi edifica tutto un popolo. Ebbene la nostra Milano, in questa fase di transizione, in questa fase di passaggio, di grande cambiamento che è in atto in tutto il mondo, in questa fase ci incontra europei stanchi e provati dalla complessa vicenda che abbiamo dovuto portare sulle spalle per molti secoli, ha bisogno di luoghi di autentica umana esperienza come può essere questo ospedale, come può essere un luogo di cura. Siamo una realtà scheggiata, come se alla fine del secolo scorso, con la caduta dei muri e con il compimento della modernità, fossimo esplosi. Schegge di verità da tutte le parti, ma manca ancora un senso, un’unità, abbiamo bisogno di un umanesimo nuovo. Milano deve dire la sua, in questa grande impresa che tutti aspettiamo. Deve coniugarsi a tutte le altre città europee e non solo, per poter portare il suo contributo all’unica grande La visita ai pazienti sinfonia dell’uomo nuovo. E allora quale luogo più di questo può essere un segno di questa costruzione e di questa edificazione. Chiediamo quindi a Maria Santissima che prenda nel suo cuore, nel suo abbraccio ciò che ora preme sul nostro cuore, di bisogno, di desiderio, di dolore, di sofferenza, di fatica, di peccato, di contraddizione e lo rigeneri questo cuore, che talvolta diviene insensibile, ostinato e duro, e lo riapra allo sguardo del suo figliolo crocifisso. Lo riapra in questo luogo di croce e di prova, perché la speranza, virtù bambina, ci faccia guardare e camminare verso il futuro. Chi ha la responsabilità della guida della società, nella nostra regione, nel nostro paese, deve sentire quale fatto di civiltà rappresentano i luoghi della cura. I luoghi in cui il bisogno, tanto più l’uomo è fragile, viene assunto e condiviso con un senso. Noi siamo certi che questa coscienza si farà sempre più acuta nel nostro paese e ci aiuterà in questo momento di travaglio, entro il quale possiamo soltanto tentare di decifrare anche l’aspetto di crisi economica, che tocca molte famiglie, che sembra togliere prospettive ai giovani. Tutti quanti, tutti insieme in uno spirito di unità rispettandoci dentro la società plurale, ma confrontandoci incessantemente. Cerchiamo la strada di una Milano dal volto umano, nella metropoli del futuro, e sta già iniziando a pronunciare i primi balbettii. E chiediamo all’aiuto della Vergine Santissima e del suo figliolo benedetto che questo cammino possa far ricadere, il prima possibile, frutti benefici su ciascuno degli abitanti di questa terra ambrosiana. Amen. *Trascrizione della registrazione dell’omelia non rivista dall’autore NIGUARDA CANCER CENTER Meglio la chemioterapia per il tumore al polmone Tra gli autori della ricerca anche l’Anatomia Patologica del nostro Ospedale U no studio italiano e con un contributo significativo del Niguarda è stato pubblicato su The Lancet Oncology. La ricerca dimostra che per il trattamento dei tumori al polmone non a piccole cellule (un particolare istotipo), la chemioterapia standard è più efficace, nel 90% dei casi, rispetto al trattamento con i più costosi farmaci a bersaglio molecolare. Il lavoro dimostra in particolare che i pazienti trattati con la chemioterapia hanno una sopravvivenza decisamente superiore rispetto a quelli trattati con erlotinib, uno dei farmaci di ultima generazione. Lo studio, lanciato dal team dell’Oncologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, è stato realizzato in collaborazione con i Dipartimenti di Anatomia patologica dello stesso Fatebenefratelli, dell’Ospedale Niguarda, e con l’Istituto Mario Negri di Milano. La ricerca ha dimostrato che il farmaco a bersaglio molecolare erlotinib non è per tutti. “Non tutti i tumori del polmone sono legati al fumo- spiega Marcello Gambacorta, Direttore dell’Anatomia Istologica Patologica e Citogenetica a Niguarda-. I pazienti che non hanno mai fumato spesso presentano una mutazione di un particolare gene, EGFR, che rende su di loro particolarmente efficaci alcuni farmaci molecolari come erlotinib e gefitinib, e ora anche afatinib. Viceversa, nei pazienti fumatori o ex fumatori queste mutazioni sono estremamente rare”. A distanza di 5-6 anni dall’immissione in commercio dei farmaci a target molecolare non era ancora chiaro se questa tipologia di pazienti beneficiasse veramente di erlotinib. Grazie a questo studio si è visto che nei pazienti senza le mutazioni di EGFR, la parte numericamente più consistente, la chemioterapia tradizionale ha un maggiore beneficio. Si tratta di uno dei primi studi al mondo sul tumore del polmone che ha analizzato il DNA di oltre 700 persone. “L’analisi del profilo genetico di tutti i pazienti, che hanno preso parte allo studio, è stata portata a termine nel nostro laboratorio- ci spiega Silvio Veronese, Responsabile della Patologia Molecolare a Niguarda- grazie all’impiego dei più avanzati test di biologia molecolare”. Il lavoro conferma ancora una volta l’importanza dell’analisi genetica per poter arrivare a individuare potenzialmente il miglior farmaco per ogni singolo paziente. Maria Frigerio Direttore Dipartimento Cardiotoracovascolare “Ho cominciato a frequentare le corsie degli ospedali nel 1939 e mi sono laureato nel 1943, l’anno dei bombardamenti su Milano. Negli stessi anni Angelo De Gasperis, assistente in Clinica Chirurgica, decise, dopo una permanenza all’estero, di dare inizio alla chirurgia toracica e cardiaca. Dopo qualche anno ottenni la nomina di assistente chirurgo e, nel 1955, di aiuto cardiologo. Nel luglio 1962, dopo la morte di De Gasperis, fu istituito e a lui dedicato il Centro che tuttora porta il suo nome, allora composto dalla divisione di chirurgia toracica e cardiovascolare e dalla divisione di cardiologia.” Negli anni successivi si è assistito a un grande sviluppo della cardiologia e della cardiochirurgia, quest’ultima diretta da Renato Donatelli e, dal 1969, da Alessandro Pellegrini. Il Centro De Gasperis guidato dal Prof. Rovelli ha segnato alcune tappe storiche, tra cui va ricordato almeno lo studio GISSI che, oltre a portare un miglioramento significativo alla prognosi dell’infarto acuto, ha rappresentato un modello di ricerca clinica indipendente e diffusa sul territorio, di valore riconosciuto a livello internazionale. Già dal 1968, come attesta una sua pagina di appunti, il Prof. Rovelli aveva prefigurato il Dipartimento Cardiologico come organizzazione dinamica e multidisciplinare, incardinato nell’ospedale ma aperto all’esterno, in relazione con enti di ricerca, il volontariato, e l’industria, dotato di strumenti informatici oltre che della tecnologia finalizzata all’attività clinica e chirurgica, che si andava sviluppando in senso superspecialistico, e orientato non solo alla diagnosi e alla cura, ma anche alla formazione e alla ricerca. La realizzazione del Dipartimento si è poi svolta per tappe, come Rovelli aveva immaginato, arrivando a compimento in forma simile all’attuale nella seconda metà degli anni ‘80, e rappresentando all’interno di Niguarda e dell’ospedalità italiana una sorta di prototipo di organizzazione dipartimentale. Se dice che alle parole dovrebbero seguire i fatti, ma si deve dare atto al Prof. Rovelli di aver anticipato nei fatti alcune delle parole utilizzate (e forse talora abusate) per descrivere la visione della cura della salute nel corso degli ultimi decenni: l’universalità, la multidisciplinarietà, la sussidiarietà, l’innovazione, la ricerca come strumento per migliorare la qualità delle cure, l’organizzazione dipartimentale, la medicina centrata sul paziente... Che cosa, oltre alla sua intelligenza del futuro, alla sua determinazione e alla sua leadership, ha reso possibile questa avventura straordinaria? Ricorriamo alle parole del Professore: “L’assistenza, le cure, ma anche il modo di dedicarsi ai malati sono ora del tutto diversi e si sono ottenuti risultati che un tempo non si sarebbero potuti immaginare. Questo sviluppo della medicina è avvenuto singole persone. Se vogliamo per il progresso scientifico e portare avanti l’insegnamento tecnologico, ma anche altri di Rovelli e degli altri maestri fattori sono stati determinanti e che abbiamo avuto la fortuna di fra questi la ripresa economica, conoscere, possiamo ripartire l’evoluzione dello stato sociale e ancora dalle sue parole: “Questa la consapevolezza acquisita del professione io la rispetto e l’ho diritto alle cure.” In occasione Il Professor sempre rispettata per quello che dell’intervista che Rovelli ha Fausto Rovelli rappresenta sul piano umano accordato a una giovane collega pochi giorni fa, nella sessione speciale e sul piano sociale, ed è per questo che “Incontro con i Maestri” all’interno del 47° ritengo debba essere considerata e definita convegno di Cardiologia del Centro De come servizio. Servizio al prossimo. Servizio Gasperis (anch’esso continuazione di un’idea alla società. E non può essere che così, dato del Professore), egli ha fatto intendere che, quello che la gente si aspetta dalla medicina, ai suoi esordi, ad una condizione di minori dato quello che la medicina chiede allo Stato, risorse, minori conoscenze, e minori in organizzazione e in costi economici”. La strumenti di diagnosi e cura, corrispondeva medicina. Noi. Responsabili non solo verso una condizione di maggiore libertà e di gli altri, ma anche verso noi stessi: in ospedale maggiore ascolto da parte delle direzioni esperienze, successi, e fallimenti non sono ospedaliere nei confronti delle proposte dei mai individuali ma sempre di gruppo, o medici. Una situazione palesemente diversa della squadra - anche se vissuti da ciascuno dall’attuale alla quale sarebbe sbagliato, oltre a suo modo. Dipendiamo gli uni dagli altri, che inutile, guardare con nostalgia -se non e non c’è gerarchia che tenga. A tutti i livelli altro perché non vorrebbero tornare indietro i come minimo ci vuole l’impegno al lavoro nostri pazienti. Guardiamo dunque alla storia fatto bene (“la parte del nostro dovere”, per costruire il presente e progettare il futuro: avrebbe detto mia nonna - però in dialetto la realizzazione del dipartimento (con i suoi milanese). A livello professionale, e ancora limiti, i suoi squilibri, i suoi errori che tocca di più nei ruoli dirigenziali, si aggiunge la a noi, ora e domani, superare compensare e responsabilità delle scelte organizzative, correggere) non è stata una “fusione fredda” prima e oltre che puramente economiche o di componenti tra loro slegate o addirittura di spesa. Questo il nostro compito (uno dei contrapposte, ma l’esplicitazione di nostri compiti), se crediamo che il “governo un’esperienza quotidiana di lavoro comune, clinico” (altra espressione di moda che deve di un confronto (talora anche aspro) tra essere riempita di contenuti) sia la migliore individualità o gruppi, con la convinzione garanzia per raggiungere il punto d’equilibrio di tutti -o almeno di molti- della necessità e tra individuo e società. Equilibrio sui cui si della validità di condividere gli obiettivi, a fonda, anche al di fuori del campo sanitario, partire dalle persone ma anche al di là delle quello che siamo soliti chiamare civiltà. Al via un nuovo modello per un’assistenza efficiente Un “super-reparto” dedicato alla riabilitazione trasversale, che conterà sulle risorse messe in condivisione da queste 4 aziende e il paziente sarà indirizzato nel centro che risponde meglio alle sue necessità. Si parla di coordinamento tra le aziende ospedaliere ma sarà importante anche quello con le ASL? Davide Croce, Professore dell’Università Liuc di Castellanza I n un periodo in cui si sente spesso parlare di ridefinizione delle reti di assistenza, un primo significativo passo è stato compiuto. Si tratta del Dipartimento Interaziendale di Riabilitazione (DIR), un progetto sperimentale che da poco ha preso il via in Lombardia e che vedrà cooperare le diverse aziende ospedaliere (provincia per provincia)- insieme alle ASL- per rispondere meglio alle esigenze dei cittadini in materia di riabilitazione. Abbiamo incontrato Davide Croce, docente e direttore del CREMS (Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale) all’Università Liuc (Libera Università Carlo Cattaneo) di Castellanza, uno dei 12 saggi della commissione chiamata dal governatore Maroni a valutare il sistema socio-sanitario. Ci siamo fatti spiegare le caratteristiche di questo nuovo modello che affonda le sue radici in uno studio condotto dal professore sul funzionamento della riabilitazione in Lombardia. Riabilitazione non vuol dire solo ospedali, ma anche una componente socio-sanitaria significativa. E in quest’ottica le ASL sono gli snodi più indicati per la lettura della situazione sul territorio. Per questa condivisione, così come per quella che coinvolge le aziende sanitarie, lo sviluppo di un sistema informatico integrato sarà la base necessaria per permettere l’attuazione di questo modello. Questo ripensamento deriva anche dalla razionalizzazione dei costi? No, questo sarà un risultato dell’attuazione di questo nuovo modello, ma non è la motivazione stringente che sta alla base di questo nuovo assetto. La questione va vista nell’ottica del miglioramento delle prestazioni. Ormai la riabilitazione, in Lombardia, raggiunge il 21% del totale delle giornate di degenza (dati riferiti al 2011), assorbendo il 13,35% della spesa sociosanitaria complessiva. E’ un ambito che è diventato sempre più richiesto anche a fronte di una popolazione che vede innalzarsi anno dopo anno l’età media. Per cui è necessario un ripensamento di questo settore per assicurare ai cittadini prestazioni di livello. sulla base di questo che i pazienti vengono indirizzati. Ad esempio se il caso richiede un percorso di riabilitazione ortopedica e parallelamente anche una sorveglianza infettivologica, perché il paziente è anche affetto da HIV, allora si opterà per un centro che possa fornire assistenza da entrambi i punti di vista. Insomma è una mossa necessaria per fare fronte ad una “fame di riabilitazione” che cresce e che deve essere sempre più multispecialistica? Sì e per farlo è necessario che il paziente sia valutato nella sua dimissione da un esperto della riabilitazione. In altre parole è necessario raccordare in maniera più efficiente l’acuto con il post-acuto. Facciamo un esempio: un paziente ricoverato in ortopedia per un impianto di una protesi all’anca. Dopo 3-4 giorni deve essere spostato in una struttura per la riabilitazione. Fino ad oggi la scelta è stata operata dal direttore dell’ortopedia che invia il paziente in centri che offrano in quel momento la disponibilità e che ritiene validi sulla base della propria esperienza. Con il DIR a regime la scelta dovrà essere fatta da un professionista della riabilitazione, un fisiatra molto probabilmente, che sappia valutare le richieste specifiche del caso e che in base a queste scelga la struttura più consona. Come viene valutato il paziente? Sulla base di 4 parametri. L’evento indice, la Per farlo occorre un sistema di diagnosi principale, la comorbidità con altre coordinamento e valutazione del patologie e la fragilità. Quest’ultimo è un Cosa prevede questo nuovo paziente… indicatore che tiene conto di diverse variabili modello? Sono due elementi fondamentali per lo come la presenza a casa di qualcuno che Facendo riferimento alla provincia di Milano, entreranno a far parte di questo DIR 4 aziende ospedaliere, nello specifico il Niguarda, l’Istituto Gaetano Pini, l’ospedale Sacco e gli Istituti Clinici di Perfezionamento. Quello che si andrà a creare è un unico reparto sviluppo del DIR, che deve saper leggere le esigenze del paziente per poterlo trattare nella maniera più adeguata, condividendo questa valutazione. In sostanza il modello si fonda sulla capacità di riconoscimento delle specializzazioni di ciascun centro ed è SEGUE DALLA PRIMA può prendersene cura oppure le condizioni socio-economiche. Quindi la scelta deve tenere conto non solo di esigenze sanitarie ma anche personali. Fino ad oggi non è stato così e si devono iniziare a gettare le basi perché diventi la pratica comune. Come cambia la riabilitazione a Niguarda Abbiamo fatto qualche domanda a Giovanna Beretta, Direttore della Medicina Riabilitativa e Neuroriabilitazione che mediamente ogni anno si prende cura di 400 pazienti. Prende il via il Dipartimento Interaziendale di Riabilitazione (DIR): questa unione cosa favorisce? E’ necessaria per aumentare la disponibilità e per favorire i percorsi di riabilitazione per i pazienti, potendo contare sulle diverse specializzazioni di ogni singolo ospedale che fa parte del Dipartimento Interaziendale. Quali saranno gli obiettivi? La priorità è quella di migliorare il collegamento per il paziente tra la fase acuta e il percorso di riabilitazione che ne consegue. Per farlo bisogna considerare il nostro intervento non solo come una risposta alla malattia, ma alla persona con quella “ malattia” . Quindi sapere se il paziente abita al terzo piano, in una casa senza ascensore, da solo o con qualcuno che lo può assistere, per noi, professionisti della riabilitazione, diventano dati imprescindibili per organizzare al meglio il percorso riabilitativo. Niguarda è il centro di coordinamento del DIR… Niguarda coordina l’attività del Dipartimento che può contare sulla collaborazione tra la nostra riabilitazione e quelledell’OspedaleGaetanoPini,delSacco e degli Istituti Clinici di Perfezionamento. Questa condivisione è possibile grazie ad un passaggio d’informazioni che riguardano la gestione dei pazienti e che in futuro favoriranno anche un interscambio di formazione del personale. In un momento di razionalizzazione dei costi per la sanità, ci sembra un’ottima risposta per mantenere un’assistenza di livello, mettendo insieme, risorse, competenze e conoscenze qualificate. tre Sanità Riflessioni sul contributo del Prof. Fausto Rovelli all’Ospedale di Niguarda e alla Cardiologia Biologico o meccanico? Trapianto o cuore artificiale al “Meet me tonight” L a scienza è scesa in piazza e ha incontrato il grande pubblico ed è stata un’occasione unica per ritrovarsi faccia a faccia con la ricerca, vedere i suoi passi in avanti e confrontarsi con chi tutti i giorni ne sostiene il cammino. E’ stato il “Meet me tonight”: un appuntamento, promosso in oltre 300 città europee e interamente dedicato alla divulgazione scientifica. A Milano, a fare parte dell’evento - voluto dalla Commissione Europea e promosso dai più importanti atenei lombardi, tra cui il Politecnico, l’Università degli Studi e Bicocca- c’è stato, da protagonista, anche il Dipartimento Cardiotoracovascolare. La “missione”? Informare su una patologia molto diffusa ma non molto conosciuta come lo scompenso cardiaco .“Questa condizione- spiega Maria Frigerio, Direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolareè la via ultima comune di diverse patologie come l’ipertensione, l’ischemia, le malattie primitive del muscolo cardiaco, danno da antiblastici e altre ancora. Colpisce in larga misura gli anziani -ma non solo-, ed è la prima causa medica di ricovero in altri paesi come nel nostro, dove sono circa 200.000 i ricoveri all’anno. Eppure la percezione sociale del problema è decisamente bassa in rapporto al suo peso”. Le storie dei pazienti: guarda il video “Trapianto cardiaco e assistenza meccanica” sul canale OspedaleNiguardaTV “Biologico o meccanico?”, sono, infatti, due le strade possibili percorribili per trattare i casi più gravi: il trapianto e il cuore artificiale, due soluzioni valide che negli ultimi anni hanno visto una convergenza di risultati. A ricordarcelo ci sono stati i dati divulgati dai medici, chirurghi, ricercatori, infermieri e tecnici, a dargli un volto ci sono state le storie dei pazienti, che hanno raccontato la loro esperienza durante l’evento. “A quasi 30 anni dal primo intervento- ricorda Frigerio-, il trapianto in Italia offre ottimi risultati: sopravvivenza a 1 e 5 anni dell’84% e 75%. Ma per la scarsa disponibilità di donatori si rivolge a un numero limitato di soggetti, una quota dei quali si deteriora e muore durante l’attesa”. Per fortuna la tecnologia non è stata a guardare e ha messo a disposizione dei dispositivi che aiutano il paziente nell’attesa del trapianto o che possono diventare la soluzione definitiva. “Oggi per questi casi- continua la cardiologa- e anche per una parte di quelli non idonei al trapianto per età o comorbilità, sono disponibili sistemi meccanici affidabili almeno nel medio periodo. Spesso indicati tutti con il termine di “cuore artificiale”, ma che consistono per lo più in dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (in inglese LVAD: left ventricular assist device)”. cinque L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni ne ha migliorato la performance e i passi in avanti sono stati straordinari. “La sopravvivenza a un anno è passata dal 50% nel primo trial pubblicato nel 2001 all’80-90% ed oltre negli studi più recenti. Non si ricorda altro settore della medicina o della chirurgia nel quale vi sia stato un tale miglioramento degli esiti in solo poco più di 10 anni. Presso il nostro Centro, la sopravvivenza a 2 anni supera il 70%; alcuni vivono con il proprio LVAD da oltre 3 anni; un paziente, operato nel 2007 in condizioni di dipendenza da inotropi endovena, ha sostituito il dispositivo dopo circa 4 anni e si avvicina ormai ai 7 anni complessivi di terapia- conclude Frigerio-”. 50 anni fa iniziava l’era della chirurgia valvolare Q uest’anno a Niguarda biglia oscillante. La notizia fu ricorre un anniversario divulgata solo il 4 ottobre, dopo importante per la storia la dimissione della paziente dalla della cardiochirurgia italiana. terapia intensiva. Una settimana Di cosa si tratta? Ci spiega dopo il primo intervento, il prof. tutto il cardiochirurgo Claudio Donatelli operò con successo Russo. un’altra giovane donna Il 25 settembre del 1963, bresciana, sostituendo anche in presso la Cardiochirurgia questo caso la valvola mitralica dell’Ospedale Niguarda, veniva con una protesi artificiale. eseguito con successo dalla Era cominciata in Italia l’era equipe diretta dal prof. Renato della chirurgia valvolare: da Donatelli il primo impianto in quel momento, grazie ai nostri Italia (il secondo in Europa) di Maestri, i viaggi della speranza Renato Donatelli una protesi valvolare mitralica. all’estero non avevano più in una foto dell’epoca La paziente di 43 anni era ragione di esistere. Questi stata ricoverata qualche giorno prima nella “pionieri” aprirono quella via che ci ha permesso Cardiologia, diretta dal prof. Fausto Rovelli, di raggiungere traguardi un tempo neppure in condizione di scompenso cardiaco a causa immaginabili come i trapianti di cuore, i cuori di una malattia mitralica di origine reumatica, artificiali ed il trattamento delle cardiopatie con nonostante fosse stata già sottoposta alcuni anni approcci sempre meno invasivi. prima ad un trattamento di commissurolisi a cuore Come eredi di quella Scuola, con orgoglio, chiuso, in altra sede. L’operazione cominciò rivolgiamo un doveroso omaggio ed un sincero alle ore 8.30. Durante l’intervento, durato circa ringraziamento verso tutti coloro che ci hanno 10 ore, il prof. Donatelli, vista l’impossibilità di preceduto e che con il loro impegno ci hanno procedere ad ulteriore riparazione della valvola permesso di curare quotidianamente le malattie nativa, impiantò una protesi modello Starr, a cardiache con risultati in continuo miglioramento. Ieri e oggi 50 anni fa a Niguarda in un contesto pioneristico si gettavano le basi per la moderna cardiochirurgia. Oggi la sostituzione valvolare è ormai una realtà consolidata nel trattamento delle valvulopatie e sono stati molti i passi in avanti fatti da quel settembre del ‘63. “Negli ultimi 5 anni- ci spiega Luigi Martinelli, Direttore della Cardiochirurgia- abbiamo sviluppato un intenso programma di trattamento delle valvulopatie, utilizzando le tecniche miniinvasive e l’applicazione delle protesi più avanzate tecnologicamente”. Attualmente Niguarda è uno dei centri più importanti sia per la chirurgia della valvola mitrale, sia per l’aortica. “Per entrambe siamo in grado di intervenire, sia per la plastica sia per la sostituzione, attraverso dei mini-accessi percutaneicontinua Martinelli-; si tratta di piccoli incisioni sul petto che dopo poche settimane non sono più visibili. A questo si affianca la collaborazione con la cardiologia interventistica per l’impianto delle valvole trans-catetere. In questo settore siamo stati i primi ad ideare una procedura innovativa, che utilizza un catetere inserito attraverso una piccola incisione sul torace, qualora il classico accesso dall’arteria non sia praticabile”. Cardiologi a convegno all’insegna della multidisciplinarietà Convegno di Cardiologia, la 47a edizione 4 7 anni fa ci fu la prima edizione, oggi quella che ormai è diventata una tradizione continua: anche quest’anno il Dipartimento Cardio-toracovascolare dell’Ospedale Niguarda ha organizzato il Convegno di Cardiologia 2013, tenutosi dal 23 al 27 settembre al Centro Congressi del Milan Marriott Hotel. L’obiettivo è sempre quello: offrire ai colleghi provenienti da tutta Italia - più di 850 partecipanti ed un panel di 270 relatori - una settimana di aggiornamento e di confronto su temi di stretta attualità e di sicuro interesse scientifico, in materia di cardiologia e cardiochirurgia. Il filo conduttore di questa edizione è stata la multidisciplinarietà nell’approccio ai problemi cardiovascolari, così nelle stesse sessioni si sono visti avvicendarsi il cardiochirurgo ed il cardiologo interventista, l’elettrofisiologo e lo specialista nello scompenso, ma anche il cardiologo dell’unità coronarica e il rianimatore, il clinico e l’esperto di imaging; il tutto con ampi focus dedicati alle terapie ed alle metodiche diagnostiche più innovative. La formula scelta è stata quella degli ultimi anni: sessioni plenarie su argomenti di interesse generalecome ad esempio la cardiopatia ischemica cronica, l’approccio al paziente adulto con cardiopatia congenita e i nuovi anticoagulanti orali nella fibrillazione atriale- seguite da Mini Corsi incentrati su temi più specifici, tra cui (solo per citarne alcuni) l’ipertensione arteriosa polmonare, il dolore toracico in pronto soccorso e la chirurgia non cardiaca nel cardiopatico. Un’importante novità dell’edizione 2013 è stata la sessione dedicata alle Interviste ai Maestri (Dalla storia al futuro), dove i giovani colleghi del Dipartimento hanno potuto incontrare e intervistare eminenti figure scientifiche del campo cardiovascolare. Il corso per gli infermieri Nelle giornate del 26 e 27 settembre 2013 si è svolto, come di consueto, in concomitanza con il Convegno, il “Corso per Infermieri in Cardiologia” organizzato dal Dipartimento Cardiotoracovascolare e la Direzione Infermieristica. EGC avanzato, ventilazione non invasiva e role playing sulle dinamiche relazionali, sono solo alcuni dei temi affrontati durante il corso, che è stato inoltre l’occasione per dare spazio ad argomenti di rilevante attualità per la professione infermieristica come: le opportunità professionali in ambito extra ospedaliero, la riflessione critica sulle segnalazioni ricevute dagli utenti e la responsabilità nei riguardi dell’utilizzo dei Social Network. Centri Specialistici NIGUARDA CARDIO CENTER sei Allergologia e Anestesiologia Allergici all’anestesia Reazioni rare da non sottovalutare S Malattie dalla A alla Z e chiediamo al paziente cosa è successo, è impossibile che ci dia risposta: sedato, immobilizzato, addormentato per effetto dell’anestesia, il diretto interessato non può ricordarsi di nulla, ma l’anestesista, insieme ai suoi collaboratori, ha visto tutto, è intervenuto e al risveglio segnala la necessità di ulteriori indagini da svolgersi nei successivi mesi per approfondire. A grandi linee è questo ciò che succede in caso di una risposta allergica all’anestesia generale, una reazione molto rara che può insorgere in camera operatoria. “La frequenza è di 1 caso ogni 3500 anestesie per gli eventi lievi- indica Andrea De Gasperi, Direttore dell’Anestesia e Rianimazione 2-; mentre se si restringe il cerchio agli eventi più gravi, siamo nell’ordine dell’1 ogni 10/20.000 interventi”. Si tratta di un’eventualità remota ma da non trascurare, visto che molto spesso si palesa in maniera inaspettata al tavolo operatorio. “Può essere causata da un’ipersensibilità ai farmaci usati per indurre l’anestesia, e si presenta con diverse manifestazioni. Nelle forme più gravi compaiono difficoltà respiratorie, broncospasmo, oppure ci possono essere degli improvvisi cali della pressione arteriosa- continua l’anestesista-. Talvolta la reazione può comparire sotto forma di rash cutanei e in casi rarissimi può verificarsi Senza lattice Da quasi 15 anni Niguarda è un ospedale con numerosiservizi“latexfree”,cioèincuilamaggior parte dei materiali utilizzati per visite e interventi chirurgici sono privi di lattice, un forte allergene a cui sono ormai sensibili in Italia l’1% della popolazione adulta e il 2% di quella pediatrica. Merito di un programma di sostituzione di quei dispositivi e di quelle attrezzature contenenti lattice, dai guanti, alla mascherina per la respirazione assistita, ai cateteri vescicali, di uso comune nella pratica interventistica. Breve storia dell’anestesia Già nel 3000 a.C. in Mesopotamia si “narcotizzava” il paziente comprimendo le uno shock anafilattico. E’ fondamentale l’intervento tempestivo dell’anestesista, che in sala operatoria è nelle condizioni migliori per monitorare i parametri vitali del paziente predisponendo le misure necessarie, anche quelle rianimatorie”. Altrettando scrupoloso deve essere l’iter diagnostico nella fase post-operatoria. Infatti per risalire a cosa ha scatenato la reazione occorre la più precisa ricostruzione dei fatti, basata su una documentazione clinica dettagliata che riporti tutti i farmaci utilizzati nell’approccio all’intervento: anestetici e non solo. Infatti, a ridosso dell’operazione, quasi sempre, vengono somministrati anche degli antibiotici per carotidi per fargli perdere coscienza, ma per parlare di anestesiologia moderna si deve aspettare il XVIII secolo. È infatti nell’ultimo decennio del Settecento che Joseph Priestly e Sir Humpry Davy sperimentano il protossido d’azoto (il cosiddetto “gas esilarante”). Dopo circa vent’anni Faraday conduce esperimenti sull’etere dietilico. Nonostante tutto, solo nel 1842 il dottor Crawford Williamson Long iniziò a usare con successo l’etere nelle operazioni chirurgiche. Tuttavia il più famoso medico, nel campo dell’anestesiologia, è il dottor William T. G. Morton, dentista di Boston del XIX secolo, che lavorava al Massachusetts General Hospital e che pubblicò innumerevoli articoli sulla narcosi. Gastroenterologia Il morbo di Crohn E’ una infiammazione che colpisce l’intestino I l morbo di Crohn è un’infiammazione cronica che può interessare tutto il canale alimentare, dalla bocca all’ano, ma che si localizza più frequentemente nell’ultima parte dell’intestino tenue e nel colon. I tratti colpiti si presentano infiammati, ulcerati con perdita di tessuto e tipicamente le lesioni interessano la parete intestinale in tutto il suo spessore. La causa di queste alterazioni è riconducibile ad un’inappropriata e continua aggressione del sistema immunitario contro le cellule dell’intestino in soggetti geneticamente predisposti. L’incidenza del morbo di Chron è in incremento nel mondo occidentale ed in Italia attualmente si osservano circa 10 nuovi casi ogni 100.000 individui. La malattia colpisce prevalentemente gli adolescenti e i giovani adulti (15-35 anni) ed ha una preferenza per il sesso femminile. Quali sono i sintomi? “I sintomi all’esordio sono in genere aspecificispiega Luca Belli, Direttore dell’Epatologia e Gastroenterologia-; tra questi sono frequenti il dolore addominale associato ad irregolarità dell’alvo- alternanza di stipsi e diarrea- talora accompagnato da febbre”. In circa un terzo dei casi possono essere presenti manifestazioni extraintestinali per interessamento dell’occhio (uveite ed episclerite), delle articolazioni (artrite), della cute (eritema nodoso) e del fegato (alterazioni degli indici di colestasi). Diagnosi La diagnosi del morbo di Chron può non essere facile a causa dei sintomi spesso poco specifici. Per questo gli esami strumentali a disposizione giocano un ruolo importante. E’ fondamentale l’esame endoscopico, in particolare la colonscopia estesa all’ultima ansa ileale, che consente di studiare tutto il grosso intestino (colon) e l’ultimo tratto dell’ileo, che frequentemente è coinvolto nella malattia. “Per un inquadramento completo dell’estensione della patologia spesso è indicata la Risonanza Magnetica Nucleare che permette di esaminare a fondo tutto il piccolo intestino. Un esame molto utile, prima di procedere alle indagini radiologiche ed endoscopiche più complesse, è l’ecografia delle anse intestinali - continua Belli- che, se condotto da mani esperte, è in grado di orientare la diagnosi”. La terapia Nella fase acuta è certamente utile il cortisone utilizzato anche a dosi elevate e protratto per diverse settimane. “Per limitare gli effetti collaterali di una terapia cortisonica prolungata, come il diabete, l’ipertensione, l’obesità e l’osteoporosi, è opportuno associare altri farmaci immunosoppressori quali l’azatioprina o la 6- mercaptopurina che consentono nella maggior parte dei casi di sospendere il cortisone e di mantenere la malattia in una situazione di remissione clinica- spiega Belli-”. Esiste una possibilità chirurgica? “Sì ed è riservata per i casi più gravi, quando la malattia evolve verso complicanze di tipo stenotico, ovvero ostruzioni intestinali di tipo fibrotico, o di tipo fistoloso, laddove si venga a creare una comunicazione diretta dell’intestino con altri visceri o direttamente con la cute. Da ricordare, infine, che una delle più importanti prescrizioni è smettere di fumareconclude il gastroenterologo-”. la profilassi e, nel 6% dei casi, possono essere questi a scatenare l’allergia. Nel 14% dei casi può capitare che la reazione sia provocata dal lattice, per questo da diversi anni negli ospedali (e anche a Niguarda è così) sono stati predisposti dei percorsi latex-free appositamente pensati per i soggetti allergici. Per identificare con precisione la causa del disturbo è bene procedere con i test diagnostici il prima possibile nella finestra temporale compresa tra 1 e 6 mesi dall’evento. “Più si aspetta più è difficile circoscrivere con precisione la causa- commenta l’allergologo Corrado Mirone-”; vanno eseguiti una visita allergologica e, se è il caso, esami di laboratorio e cutireazioni. L’allergologia di Niguarda è centro di riferimento regionale per questo tipo di indagini e nel corso degli anni ha sviluppato un’ampia casistica. “Dall’analisi di questa emerge che c’è una maggiore frequenza di reazioni gravi tra le donne con un’età compresa tra 15 e 50 anni. Tra i farmaci anestetici quelli per cui si registra la maggiore percentuale di positività al test sono i curari, farmaci miorilassanti, necessari per bloccare la muscolatura volontaria durante l’intervento. Assolutamente da smentire che la presenza di asma, atopia o di allergia ad altri farmaci comporti una predisposizione a queste reazioniconclude Mirone-”. Farmaci biologici Già da diversi anni sono disponibili due nuovi farmaci antinfiammatori, Infliximab e Adalimumab (in “fascia H”, quindi disponibili solo a livello ospedaliero). Si tratta di anticorpi monoclonali anti-TNF (il mediatore dell’infiammazione), la cui azione è diretta a bloccare il processo infiammatorio della malattia di Crohn. Perché si chiama così? La malattia fu descritta in modo accurato per la prima volta nel 1932 in un articolo pubblicato sulla rivista JAMA (Journal of the American Medical Association) da tre medici di specialità diverse che operavano al Mount Sinai Hospital a New York: Burrill B. Crohn, Leon Ginzburg e Gordon Oppenheimer. Il nome Crohn fu usato per la prima volta l’anno successivo da Brian Brook in un Editoriale sulla rivista Lancet. Da allora è rimasto per identificare la malattia. Dona il sangue Salva una vita I l sangue è una risorsa preziosa e insostituibile perché non riproducibile artificialmente. I progressi della medicina ed il continuo ricorso a terapie trasfusionali necessarie per il trattamento di malattie ematologiche, neoplastiche, cardiochirurgiche e per i trapianti, hanno portato ad un consistente aumento dell’uso del sangue. L’unico modo per far fronte a tutte queste necessità e garantire il diritto alla vita all’ammalato è la donazione volontaria. In questo modo avrai l’occasione non solo di dare il tuo contributo per superare la carenza di sangue, ma anche di ricevere un prezioso aiuto per la tua salute, con una visita medica preventiva ed una serie di esami personalizzati. Come diventare donatori Per diventare donatore è possibile rivolgersi al nostro Centro Trasfusionale attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 12.00 presso il primo piano del padiglione 3. Per saperne di più guarda la video-intervista su You Tube a Silvano Rossini, Direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, e sfoglia l’opuscolo nella sezione “Consensi, Moduli Esami, Opuscoli e Video Informativi” su www.ospedaleniguarda.it. Segui la videointervista sul canale OspedaleNiguardaTV sette Niguarda Centro di Riferimento per le Malattie Rare Se il colesterolo è alle stelle e la colpa è dei geni Per la rarissima ipercolesterolemia omozigote nuovi farmaci a disposizione Quel recettore difettoso L’ipercolesterolemia si annovera tra le patologie metaboliche più frequenti: circa il 20% degli italiani ha il colesterolo oltre i 240 mg, un valore a rischio. “Esiste però un numero esiguo di persone che presenta forme di ipercolesterolemia genetica, correlata ad anomalie del recettore Ldl delle lipoproteine- spiega Cesare Sirtori, Direttore del Centro Dislipidemie-”. Di norma, il colesterolo viene, infatti, captato dalle cellule tramite un sistema recettoriale che ne riduce la sintesi. In Italia circa 20.0000 persone presentano però un difetto genetico, localizzato su uno dei due cromosomi 11, che codificano il recettore. Eterozigote e omozigote Come conseguenza di questo, il colesterolo supera quota 400 mg. Un numero molto esiguo di persone (circa 50-100 in Italia) presenta un difetto ancor più raro e grave che coinvolge entrambi i cromosomi 11; in queste persone il colesterolo supera i 500 mg, arrivando anche fino a quota 1000. I primi pazienti (mutazione su un solo cromosoma 11) sono i cosiddetti “eterozigoti”, i secondi (mutazione su entrambi i cromosomi 11) sono gli “omozigoti”. Se questi ultimi non vengono trattati, il colesterolo si accumula nelle arterie, causando la morte per malattia coronarica prima dei trent’anni. “Purtroppo non sono mancati i casi eclatanti- continua Sirtori- come quello di qualche anno fa cha ha coinvolto un bambino in cura all’ospedale Bambin Gesù di Roma, che alla nascita presentava un valore di colesterolo superiore ai 500 mg. Ha avuto problemi coronarici fin dai primi anni di vita ed è deceduto per infarto a cinque anni”. Diagnosi e trattamento “La diagnosi di ipercolesterolemia familiare- afferma Giuliana Mombelli, specialista del Centro Dislipidemie- può essere fatta clinicamente, sulla base dell’anamnesi personale e familiare del soggetto ed in presenza di alcuni segni clinici che sono indicativi della patologia. Un sintomo tipico è la comparsa di xantomi, accumuli di grasso, che si possono formare a livello dei tendini, della cute, dei gomiti e delle ginocchia”. Fino ad oggi la strategia terapeutica disponibile includeva le statine, che però sono poco efficaci, e la Ldl- aferesi (o plasmaferesi), una tecnica simile alla dialisi che ha la funzione di ripulire le arterie dall’eccesso di colesterolo. Un nuovo farmaco La novità è costituita dall’introduzione di nuovi prodotti, che possono risultare efficaci nel trattamento dell’ipercolesterolemia omozigote. Tra i più promettenti c’è la Lomitapide che è stata sperimentata in Italia su 7 pazienti, tra cui 2 seguiti nel Centro di Niguarda. “I risultati sono stati molto buoni- dice Sirtori-. In alcuni casi è stato addirittura possibile interrompere l’aferesi. La molecola non agisce direttamente sul colesterolo, ma sul sistema di impacchettamento chiamato Mtp (Microsomal transfer protein), presente sia nel fegato che nell’intestino, facendo in modo che i lipidi non vadano in circolo”. Tra gli effetti collaterali del farmaco, ci sono steatosi (accumulo di grassi nel fegato), che può essere prevenuta attenendosi a una dieta rigorosa, e disturbi di tipo gastroenterico. “Per questi pazienti- ci spiega la dietista del centro Dislipidemie, Raffaella Bosisio- è importante seguire una dieta personalizzata e a bassissimo tenore di grassi, sia per mettere il farmaco in condizioni ottimali per essere efficace sia per ridurre gli effetti indesiderati sul fegato”. Intervista Valentina ha 21 anni, quasi 22. La scoperta della malattia avviene quando lei è piccolissima, da allora inizia la battaglia contro quel numero, la colesterolemia, che senza trattamenti è destinato a schizzare alle stelle. Si attesta sugli 800 mg, quando la diagnosi le conferma che lei è uno dei rarissimi casi di ipercolesterolemia omozigote. Si prova di tutto: farmaci, plasmaferesi e una vita sempre a dieta. I tanti momenti passati in ospedale, attaccata ad una macchina che le purifica il sangue, sembrano, però, averle lasciato dentro un segno su cui costruire le sue aspirazioni e forse non è un caso che oggi studia per diventare infermiera. Intanto può dire grazie alla ricerca: i nuovi farmaci funzionano molto bene e quel numero non sembra essere più una minaccia così grande. Quando ti è stata diagnosticata la malattia? All’età di 1 anno e mezzo mi sono comparsi degli strani “bozzi” sulla pelle: dietro le cosce, sulle ginocchia e sui gomiti. Sono stata portata dal pediatra, dal dermatologo, ma nessuno sapeva dare una spiegazione. Poi in un grande ospedale di Milano, chi mi ha visitato ha iniziato a sospettare la malattia chiedendo informazioni sul colesterolo in famiglia. Sono stati fatti degli accertamenti ed è emerso che entrambi i miei genitori erano affetti da ipercolesterolemia eterozigote; per me la malattia era nella forma più rara: quella omozigote. Inizia il trattamento con i farmaci e, attorno ai 4 anni, anche i tuoi viaggi a Roma… Sì, perché lì c’era l’unico centro che all’epoca trattava i bambini, così ho iniziato a fare la plasmaferesi. E’ una sorta di dialisi e sei attaccata ad una macchina che ti ripulisce il sangue. Andavo ogni 15 giorni. Essendo molto piccola, c’erano dei problemi con le mie vene, per cui la procedura durava anche 8 ore, più del doppio del normale. Avanti e indietro da Milano a Roma per 11 anni, poi inizi ad essere seguita al Niguarda… Sì, a Roma mi sono sottoposta ad un piccolo intervento: la fistola arterovenosa, una procedura che facilitava l’accesso per la plasmaferesi. Questo mi ha permesso di continuare con la procedura per ripulire il sangue anche a Niguarda, inoltre grazie alla fistola le sedute duravano meno, 2 ore e mezzo- 3 ore. In tutto questo la dieta non ti ha mai abbandonato? Sì, sono sempre stata controllata, praticamente da quando sono nata. Devo evitare tutto quello che può essere fonte di grassi: per cui niente fritto, solo carni magre come pollo e tacchino. Assolutamente niente burro e olio molto limitato. Pochissimi dolci. Qualcuno ogni tanto, ma è proprio un’eccezione. Tra l’altro a farmi rispettare la dieta, ci pensa mia mamma che, avendo anche lei il colesterolo alto, cerca di portare a tavola solo cibi sani. Poi la sperimentazione… Dopo un anno, a Niguarda. Mi si è chiusa la fistola, perché comunque non è permanente. Questo, insieme ai problemi delle mie vene, non mi ha permesso di continuare con la plasmaferesi. Per cui l’unica cura possibile erano i farmaci. Quando sono diventata maggiorenne c’è stata la possibilità di accedere alla sperimentazione con una nuova molecola: la Lomitapide. Ho iniziato con 20 mg e tuttora la prendo, 60 mg al giorno. Ha funzionato? Sì e per capire quanto ti dò “i miei numeri”. Quando ero molto piccola e mi hanno diagnosticato l’ipercolesterolemia omozigote, prima di iniziare la plasmaferesi, i miei esami del sangue indicavano un colesterolo di 800 mg. Nel periodo in cui mi sottoponevo alla procedura di purificazione, il valore oscillava tra i 100 mg, appena terminata la procedura, e i 400 mg, appena prima di una nuova sessione dopo due settimane. Oggi con il farmaco riesco a tenere il colesterolo anche sotto i 150. LE ALTRE STORIE Niguarda è uno dei 34 Presidi della Rete regionale dedicata alle malattie rare ed è in grado di garantire la diagnosi, la terapia e l’assistenza per più di 120 differenti patologie. Leggi le storie degli altri pazienti nella sezione dedicata sul sito: www.ospedaleniguarda.it Malattie Rare I l colesterolo, lo sappiamo ormai da diversi anni, è un importante fattore di rischio da tenere controllato per evitare gravi malattie cardio-vascolari. Un po’ più di attenzione all’alimentazione e una sana attività fisica possono essere decisivi per mettere all’angolo questo nemico silenzioso delle nostre arterie. Ma ci sono persone per cui le raccomandazioni possono essere altrettanto valide, ma non sufficienti. Questo succede quando la genetica “ci mette lo zampino”, come nel caso dell’ipercolesterolemia omozigote, una malattia rara, anzi rarissima che colpisce 1 persona su 1 milione. otto NIGUARDA CANCER CENTER PSA e tumore alla prostata: quando preoccuparsi Segui la videointervista sul canale OspedaleNiguardaTV La tecnica robotica per risultati migliori I Gli Specialisti Rispondono l PSA - acronimo di Prostate Specific Antigen - è una proteina sintetizzata dalle cellule della prostata. Piccole concentrazioni di antigene prostatico sono normalmente presenti nel siero di tutti gli uomini e si possono valutare tramite un semplice esame del sangue. Alti livelli di PSA possono essere messi in relazione con varie malattie, come il tumore alla prostata, l’ipertrofia prostatica benigna e varie forme di prostatite. E’ un indicatore facile da dosare, molto utile per orientare una diagnosi precoce del tumore, ma è bene ricordare che non sempre alti livelli indicano una neoplasia. Ne abbiamo parlato con Aldo Bocciardi, Direttore dell’Urologia e ideatore della prostatectomia robotica che ha rivoluzionato l’approccio a questo tipo di interventi. Che cos’è il PSA e come va “letto” il suo valore? Il PSA corrisponde ad un campanello di allarme, una spia che si accende quando ci possono essere dei problemi alla prostata, fra i quali il carcinoma che può colpire questa ghiandola. Il valore del PSA di per sé è poco significativo, quello che conta è la sua stabilità o variazione nel tempo. Ovvero il PSA patologico è quello che ha una crescita molto rapida: più è rapida più è probabile che dietro questo incremento ci sia un tumore della prostata. Ci può fare un esempio? Tra le varie cause di rialzo del PSA, la più frequente, oltre il carcinoma prostatico, è un’infezione. Spesso in questi casi a fronte di un valore che cresce in maniera acuta si associano sintomi minzionali. Perciò è indicato procedere con una terapia antibiotica per poi ripetere l’esame del PSA. Se il valore si è abbassato, viene confermata la causa infettiva, se invece il PSA continua a salire c’è qualcosa di più serio che va accertato con una biopsia prostatica eco-guidata. Per questo è un indicatore molto dibattuto? Sì, perché non è specifico, ovvero un PSA elevato non sempre è indicativo di un tumore alla prostata. Viceversa tutti i tumori della prostata che operiamo hanno valori fuori soglia. Inoltre questo marker è un indicatore per tutte le forme di tumore ma senza discernere tra le forme poco aggressive, asintomatiche e stabili nel tempo, e quelle più aggressive che andranno in progressione. Da quando il PSA è da tenere sotto controllo? Dai 45 anni in avanti. L’età in cui si diagnostica il tumore alla prostata sta scendendo e questo grazie anche alla diffusione del PSA come esame di facile impiego. Il tumore alla prostata colpisce ogni anno in Italia 25.000 uomini. Qual è la casistica operatoria del vostro centro? Sono circa 200 i pazienti operati ogni anno per prostatectomia dalla nostra équipe. Al di là dei numeri il vero problema su cui concentrarsi è quello della qualità della vita. Per la rimozione chirurgica della prostata, una volta, l’alternativa era solo un intervento demolitivo, molto invasivo con gravi conseguenze sull’erezione e sulla continenza. Mentre oggi con la chirurgia robotica e il nuovo approccio che adottiamo nel nostro centro, l’operazione è mininvasiva e molto più conservativa. In cosa si differenzia dall’intervento “classico” e con quali vantaggi? La differenza sta nell’approccio chirurgico a cui abbiamo pensato per primi e che ora si sta diffondendo in molti altri centri - siamo stati invitati ad operare in altre strutture milanesi, a Roma, Firenze, Pechino, Stoccolma- visti gli ottimi risultati. In pratica per operare questi casi utilizziamo il robot e un accesso nuovo, quello retro-vescicale. Così il paziente può essere dimesso già all’indomani dell’operazione oppure dopo 2 o 3 giorni, al massimo, di degenza; il 90% esce dalla sala operatoria senza catetere e la continenza totale a 3 mesi dall’intervento è per il 98% dei casi operati. Infine il 40% dei pazienti in attività sessuale riesce ad avere rapporti già a un mese dall’intervento. Aldo Bocciardi Con il robot E’ simile ad un “ragno” con quattro braccia ed è manovrato a distanza mediante una consolle di comando: è il robot Da Vinci ed esegue i movimenti che il chirurgo gli impartisce grazie ad appositi joystick di comando. L’area di intervento appare su uno speciale visore tridimensionale grazie alla ripresa di una mini-telecamera 3D introdotta insieme agli strumenti nell’addome del paziente per via laparoscopica. Per info e prenotazioni Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00) ospedaleniguarda.it areaprivata.ospedaleniguarda.it PEDIATRIA In arrivo il vaccino contro il meningococco B Una possibilità in più contro questa pericolosa infezione D opo il via libera da parte della Commissione Europea lo scorso gennaio, è arrivata anche l’autorizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per l’immissione in commercio del primo vaccino contro il meningococco B. E’ un passo importante nella lotta contro la temuta infezione che può essere letale o che può lasciare strascichi gravissimi. Ne abbiamo discusso con Costantino De Giacomo, Direttore del Dipartimento Materno Infantile. Con questo vaccino la lotta alla meningite si rafforza… Sì, viene ad essere colmata una lacuna importante. La meningite può essere causata sia da virus sia da batteri. Per questi ultimi esisteva già una copertura vaccinale disponibile per i meningococchi dei ceppi A, C, Y, W135, per l’ Haemophilus gr. B e per i 13 ceppi di Pneumococco. Quando parliamo di meningite di cosa parliamo? Di un’infezione che colpisce le membrane che rivestono il cervello. E’ una malattia grave. La morta- lità, nonostante ci sia a disposizione un trattamento antibiotico, è intorno al 10% dei casi e quando non è letale, può avere degli esiti altrettanto devastanti, come sordità, idrocefalo e ritardo mentale. Quali sono i numeri di questa patologia? Nella forma meningococcica colpisce nel mondo circa 500.000 persone l’anno e sono soprattutto i bambini quelli che più spesso ne pagano le conseguenze. Nel nostro Paese sono registrati una media di 200 casi di meningite meningococcica ogni anno. Tra questi i ceppi più frequentemente isolati, soprattutto nell’età pediatrica, sono il B e il C. Per quest’ultimo era disponibile già da diversi anni il vaccino ed è anche per questo motivo che più del 60% dei casi, stando ai dati del 2011, era dovuto al ceppo B. Solo di recente l’Italia ha adottato un Piano Nazionale Vaccinazioni che detta una politica centralizzata e uguale per tutte le regioni? Sì, è dalla fine del 2011 che c’è una situazione uniformata per tutte le aree d’Italia. Prima ogni regione aveva una sua politica: decideva autonomamente quali coperture fornire gratuitamente e quali no ai suoi cit- La Pediatria e Niguarda Vuoi ricevere il Giornale di Niguarda? B Segui la videointervista sul canale OspedaleNiguardaTV E’ concepito come un reparto multi-specialistico dove, accanto alle patologie generali vengono trattati anche problemi complessi di tipo chirurgico, cardiologico e neuropsichiatrico. Un’area importante è dedicata alle malattie infettive che necessitano di isolamento e di cure sotto stretto controllo medico. Il reparto, inoltre, è tra i primi due centri italiani ad aver acquisito la certificazione di “Ospedale all’altezza di bambino”, rilasciato da Fondazione ABIO Italia per il bambino in ospedale e da SIP (Società Italiana di Pediatria). asta mandarci una mail e specificare il tuo nome, cognome e l’indirizzo a cui recapitare il giornale. Sarai inserito nella lista degli abbonati e riceverai gratuitamente a casa il nostro periodico. niguardanews@ ospedaleniguarda.it tadini. Ed è un bene che oggi ci sia uniformità: infatti, non era giusto che ci fossero disparità nel livello di attenzione per il paziente. Inoltre la mancanza di una linea comune, rischiava di vanificare l’efficacia della profilassi visto che viviamo in una società caratterizzata dai frequenti spostamenti dei singoli individui. Quando si parla di vaccini, il tema è piuttosto controverso: c’è chi li reputa non abbastanza sicuri, è così? Innanzitutto quando si parla di vaccini si parla di prodotti dell’industria farmaceutica che, sebbene molto raramente, possono indurre effetti collaterali e nella letteratura scientifica non mancano i casi documentati. Inoltre è difficile parlare di vaccini generalizzando, bisognerebbe sempre entrare nello specifico del caso, del paziente e del rapporto rischi/benefici nella popolazione di riferimento. A fronte di questo e se dobbiamo dare un giudizio complessivo, è acclarato che i vaccini sono stati un importante passo in avanti nella medicina, perché hanno contribuito a debellare alcune malattie che solo fino a qualche decennio fa erano molto temute, pensiamo solo al vaiolo o alla polio. Per info e prenotazioni Costantino De Giacomo Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00) ospedaleniguarda.it - areaprivata.ospedaleniguarda.it nove Chirurgia Plastica e Centro Grandi Ustionati Scottature e primo soccorso Quali sono le mosse giuste da fare Raffreddare la zona interessata è la prima mossa da fare: vero o falso? Vero. La scottatura, dovuta al contatto con una fonte di calore più o meno intensa, provoca un innalzamento della temperatura della pelle e, di conseguenza, una lesione che varia anche in base al tempo di contatto e alla zona di cute interessata. Ecco perché la prima cosa da fare consiste nel raffreddare la pelle, in modo da ridurre il dolore locale e rimuovere l’eventuale sostanza medicare la lesione una volta al giorno o a giorni alterni. Se il dolore è intenso e la zona appare arrossata, dietro consiglio del medico si può assumere un farmaco a base di chetoprofene, ibuprofene o paracetamolo, il tutto per un paio di giorni. Bisogna proteggere la zona lesionata: vero o falso? Vero. Ma con attenzione, le ustioni più profonde, infatti, vanno protette dall’eventuale contatto con microrganismi e polvere, ma al tempo stesso la pelle deve respirare in modo che i tessuti possano rigenerarsi. E’ quindi opportuno realizzare una medicazione costituita da un quadrato di garza medicata, avvolto da garza sterile e ricoperto da una benda. L’ustione di grado profondo deve essere sempre valutata da un medico sia per la possibilità d’infezione sia per la necessità di eseguire una medicazione adeguata, così da evitare complicanze, come la comparsa di cicatrici evidenti. Dalla parte del paziente Antonella Citterio Per chi soccorre e per le ustioni più gravi Se la zona ustionata è piuttosto ampia, indipendentemente dalla profondità, è opportuno rivolgersi al Pronto soccorso o al 118. Mentre si attendono i soccorsi, far sdraiare la persona ustionata in un luogo fresco, cercando di raffreddare la pelle lesa con acqua. Infine va ricordato che per le ustioni estese, che interessano il volto, le mani, le articolazioni o i genitali e tutte le ustioni di grado profondo vanno trattate nei reparti ospedalieri specializzati. Per informazioni ospedaleniguarda.it Dalla Carta Regionale a quella Nazionale Consulta e prenota i tuoi esami on-line D a oggi è più facile poter vedere i risultati dei tuoi esami su pc o tablet. Per farlo occorre richiedere una password che permette la visualizzazione on-line. Con questa modalità di accesso puoi consultare il fascicolo sanitario elettronico con i tuoi esami utilizzando una password ed un codice “usa e getta” che riceverai, su richiesta, sul tuo telefono cellulare. Grazie alla password potrai anche prenotare on-line le tue visite e i tuoi esami presso la struttura ospedaliera che preferisci. PER INFO E PER ACCEDERE AI SERVIZI ONLINE www.crs.regione.lombardia.it DOVE RICHIEDERE LA PASSWORD Riconoscimenti Filomena Marino vince... E’ un’amica per la vita F ilomena Marino, infermiera capo-sala della Dialisi e Trapianti, ha ricevuto recentemente l’importante premio nazionale “Amici per la Vita”; premio promosso annualmente dal Ministero della Salute in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti. Il riconoscimento “Amici per la Vita” (che è stato conferito nella cornice del Festival di Spoleto dal direttore del Centro Nazionale Trapianti, Nanni Costa) premia “le personalità che si sono maggiormente distinte per impegno, dedizione e professionalità, nei campi dell’informazione sul tema e del sistema trapianti”. Periodico d’informazione dell’A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda Direttore Responsabile: Monica Cremonesi In redazione: Giovanni Mauri, Andrea Vicentini, Maria Grazia Parrillo Direzione e redazione: Piazza Ospedale Maggiore 3 20162 - Milano tel. 02 6444.2562 niguardanews@ ospedaleniguarda.it Foto: Archivio Niguarda copyright Stampa: Roto 2000 S.p.A. via L. Da Vinci 18/20 20080 Cesarile (MI) Tel. 02-900133.1 Tiratura: 25.000 copie Reg. Tribunale Milano: n. 326 del 17 maggio 2006 Pubblicità: Eurocompany s.r.l. via Canova 19 - 20145 Milano tel. 02.315532 Fax 02.33609213 www.eurocompany.mi.it [email protected] Il giornale di Niguarda • accettazione del Blocco Sud (lun-ven: 6.45-19.30/sab: 8.30-13.00); • sportelli del Pad.2 (lun-ven: 7.30-18.30); • sportelli del Pad.16 (lun-ven: 7.00-19.30); • Centro Prelievi, Pad. 9 (lun-ven: 7.30-15.00); • front office del Triage (Blocco Dea, aperto tutti i giorni, h24). R egione Lombardia ha deciso di uniformare la Carta Regionale dei Servizi (CRS) alla Tessera Sanitaria Nazionale, perciò dalla fine di settembre ha avviato il progetto di convergenza. La decisione è stata presa dopo aver verificato la piena compatibilità tra i due strumenti. Le CRS attualmente in circolazione hanno una durata di 6 anni e resteranno valide sino alla loro naturale scadenza. La sostituzione avverrà progressivamente e gradualmente: infatti, riguarderà solo i nuovi iscritti e gli eventuali duplicati. Pubblicato online sul sito: www.ospedaleniguarda.it ggia feste e a noi ività m insie nni di att a ’ trent subema.com ti ari e uc oni s mozi ili pro o ettan ti asp rdib impe ta amb eb onna o, d om ure u alzat lant ino, p odot tri pr l a i t n Sede centrale: Via G. Pergolesi, 8 20124 Milano Tel. 02 667 152 07 www.comunicarte.eu www. Ortopedia Subema - Rho Via Stoppani, 9 20017 Rho (MI) Tel. 02 931 821 80 Ortofarma Subema P.zza dell’Ospedale Maggiore, 3 20162 Milano Tel. 02 661 119 09 Multimedica Sesto S. G Via Milanese, 300 20099 Sesto S. Giovanni (MI) Tel. 02 242 090 84 Gli Specialisti Rispondono I responsabile dell’ustione. Il semplice raffreddamento è spesso sufficiente per trattare le lesioni meno serie. Le ustioni di secondo grado più profonde e quelle di terzo di dimensioni limitate vanno invece sciacquate a lungo, per almeno tre minuti, con acqua corrente. E’ indicato applicare del burro o dell’olio sulla zona ustionata: vero o falso? Falso. Semmai quando la cute è arrossata o sono presenti vescicole, ma la zona interessata è piccola e non coinvolge il volto o la regione genitale, è possibile applicare una pomata di automedicazione o una garza antiaderente a base di sostanza anestetica, acido ialuronico Nel caso si tratti di bambini, è meglio comunque chiedere il parere del pediatra. La pomata va spalmata con le mani pulite, andando a creare un velo uniforme, ripetendo l’applicazione nel corso della giornata, per uno-tre giorni; se viene applicata della garza, è meglio l fornello incandescente, il forno che tradisce o l’acqua bollente che non perdona: le scottature sono tra gli incidenti domestici più frequenti. Ma cosa fare in questi casi? Raffreddare subito con dell’acqua? E’ meglio applicare sulla bruciatura l’olio o una pomata? Abbiamo sottoposto al nostro “vero o falso” Antonella Citterio, medico del Centro Grandi Ustionati, per essere pronti ad ogni evenienza. dieci Visite gratuite - 20 ottobre gli ospedali italiani che fanno parte del Network Bollini Rosa e che, in questa occasione, forniranno servizi gratuiti di prevenzione rivolti alle donne, tra cui visite ed esami specialistici. La Reumatologia del Niguarda anche quest’anno aderirà all’iniziativa offrendo la possibilità di eseguire visite e esami MOC (Mineralometria Ossea Opendayosteoporosi I l 20 ottobre, in occasione della Giornata mondiale sull’osteoporosi, si terrà la quarta edizione dell’iniziativa “Ospedali a Porte Aperte”, promossa da O.N.Da (Osservatorio Nazionale sulla salute della donna). Alla giornata aderiscono Computerizzata), che saranno condotte presso l’ambulatorio della Reumatologia (Area ingresso-Padiglione 3). L’osteoporosi definisce una condizione per cui lo scheletro, a seguito di una significativa perdita di massa ossea, è più fragile e poroso e quindi più soggetto al rischio di fratture. L’osteoporosi è difficile da riconoscere in quanto è generalmente priva di sintomi. Viene infatti definita “ladro silenzioso” perché ruba massa ossea per anni senza farsi scoprire. Prenotazioni Le prestazioni sono prenotabili, a partire dal 7 ottobre (fino ad esaurimento posti), chiamando il numero verde regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00). La parola allo Specialista La celiachia Gli Specialisti Rispondono In Italia una persona su 100-150 è intollerante al glutine L a celiachia è una malattia nota da molti anni, anzi da secoli, già nell’antica Grecia si parlava dei koiliakos, per indicare “coloro che soffrivano negli intestini”, ma solo in tempi recenti è stata riconosciuta come un problema piuttosto diffuso. Secondo alcune stime in Europa, la celiachia sarebbe la più comune malattia di origine genetica. Per l’Associazione italiana celiachia (AIC) l’incidenza di questa intolleranza in Italia è di un caso ogni 100-150 persone (fonte: www.epicentro. iss.it). Ma da cosa e scatenata? Come si scopre e come ci si convive? Ci spiega tutto Paola Onida, specialista della Dietetica e Nutrizione Clinica. Cos’è E’ una malattia autoimmune, di cui non si conoscono con precisione le cause, scatenata, dall’ingestione del glutine, presente nel grano e in altri cereali. Negli individui geneticamente predisposti l’assunzione di cibi contenenti questa sostanza provoca alterazioni caratteristiche della mucosa dell’intestino tenue, causando malassorbimento. Sintomi I sintomi tipici della celiachia sono la perdita di peso, la diarrea, il dolore addominale e il malessere generale. In alcuni casi queste avvisaglie possono essere lievi o del tutto assenti e prevalere manifestazioni dovute ai deficit nutritivi conseguenti al malassorbimento come anemia da carenza di ferro, crampi e debolezza muscolare, dolori ossei e predisposizione alle fratture, accumulo di liquidi nelle gambe e nei piedi. I bambini possono subire rallentamenti nella crescita per il mancato assorbimento di calcio e vitamina D. La malattia può inoltre provocare disturbi riguardanti organi diversi dall’intestino (cute, fegato, sistema nervoso e riproduttivo) o accompagnarsi ad altre malattie autoimmuni, come il diabete giovanile o la tiroidite. Diagnosi La diagnosi di celiachia si effettua mediante esami del sangue per la ricerca di anticorpi specifici: AGA (anticorpi antigliadina), EMA (anticorpi antiendomisio) ed TGA (anticorpi antitransglutaminasi). Per la diagnosi definitiva è però necessaria una biopsia dell’intestino tenue, che permette di evidenziare l’atrofia dei villi intestinali e altre alterazioni istologiche tipiche. La diagnosi è confermata poi dalla risposta all’eliminazione del glutine dall’alimentazione. Sono anche disponibili kit rapidi per la diagnosi di celiachia (presenza di TGA), acquistabili in farmaci senza ricetta medica. I risultati di questi test sono affidabili, ma vanno sempre affiancati da esami tradizionali. Cure L’unico trattamento esistente per la celiachia consiste nell’eliminare completamente il glutine dall’alimentazione. Ciò porta a un miglioramento dei sintomi entro alcune settimane: l’intestino guarisce completamente, ma l’intolleranza è permanente e la malattia ricompare se il glutine viene reintrodotto. Talvolta può essere indicata l’assunzione di integratori vitaminici o di minerali per aiutare a correggere le carenze nutrizionali. Sono, inoltre, consigliabili periodici controlli specialistici dopo che la presenza della celiachia è stata riconosciuta e la cura è stata impostata. Alimentazione Un’alimentazione equilibrata, in cui sia garantito il corretto apporto di nutrienti, può essere seguita utilizzando fonti di carboidrati naturalmente privi di glutine, come il riso e le patate, e i prodotti dietetici destinati ai celiaci, certificati come privi di glutine, reperibili in farmacia, nella grande distribuzione e nei negozi specializzati. Il Servizio Sanitario Nazionale assicura una fornitura mensile di questi prodotti per i soggetti con diagnosi confermata di malattia celiaca. Il nutrizionista e il dietista possono fornire tutte le informazioni relative agli alimenti privi di glutine e anche ai metodi per cucinarli. undici NIGUARDA CANCER CENTER NIGUARDA CANCER CENTER Tumore colon-retto: una nuova sperimentazione Osteoporosi e tumore mammario N iguarda è uno dei centri mondiali più importanti per la terapia del tumore al colon retto con metastasi. Recentemente è partita una nuova sperimentazione. Ce ne parla Salvatore Siena, Direttore dell’Oncologia di Niguarda e del Niguarda Cancer Center. Negli ultimi anni sono stati numerosi i contributi del centro da lei diretto nel trattamento del tumore al colon-retto? Sì, grazie alla collaborazione tra l’Oncologia e l’Anatomia Patologica di Niguarda e l’Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo e alle le sperimentazioni cliniche qui condotte, negli anni scorsi, siamo riusciti a fare entrare nell’uso clinico farmaci come cetuximab, panitumumab e più recentemente regorafenib. Si tratta di farmaci a bersaglio molecolare che rappresentano un significativo passo in avanti per la terapia di questo tipo di tumore. In alcuni casi però il trattamento con questi “farmaci intelligenti” non sembra andare a buon fine a causa di resistenze: voi avete analizzato questa evidenza e ne avete scoperto le cause, riscontrando che dipende dal profilo genetico delle cellule tumorali… Abbiamo pubblicato diversi studi in merito, su tutti quello apparso su Nature nel 2012. Questa ricerca, condotta, insieme ai colleghi di Candiolo, ha fatto luce sui meccanismi di resistenza e abbiamo potuto stabilire che la mancata risposta ai farmaci molecolari è ascrivibile a particolari mutazioni nei geni KRAS, NRAS e BRAF. Proprio per i pazienti il cui tumore presenta questo profilo genetico (mutazione BRAF) è attiva nel nostro Ospedale una sperimentazione clinica molto importante. Di cosa si tratta? E’ un trial che ha preso il via nei mesi precedenti. Si tratta di una terapia sperimentale, che combina diversi farmaci per “aggirare” la resistenza. E’ un trattamento sul quale contiamo per un’efficacia sulla base di dati iniziali che già abbiamo. Quindi chi sono i pazienti candidabili e cosa bisogna fare per prendere parte alla sperimentazione? Possono prenderne parte i pazienti con carcinoma del colonretto, con metastasi, nei quali il tumore stesso o le metastasi abbiamo la mutazione BRAF e che non hanno avuto vantaggio definitivo dalle terapie convenzionali precedenti. Per accedere alla sperimentazione consiglio di andare sul sito di Niguarda www.ospedaleniguarda.it e seguire le istruzioni per prendere un appuntamento per “prima visita di oncologia”. Segui la videointervista sul canale OspedaleNiguardaTV Tumore del colon-retto e terapie personalizzate In Italia si ammalano di questo tumore 35.000 persone ogni anno, 17.000 delle quali raggiungono la fase metastatica. Negli ultimi anni molti di questi pazienti sono stati sottoposti al test messo a punto nel 2009 dal Cancer Center di Niguarda e dal Centro di Candiolo in modo da poter essere indirizzati verso una terapia personalizzata con ridotti effetti collaterali. Per info e prenotazioni Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00) Salvatore Siena ospedaleniguarda.it - areaprivata.ospedaleniguarda.it ARRESTO CARDIACO E PRIMO SOCCORSO - 19 OTTOBRE D a circa tre anni la Reumatologia e l’Oncologia di Niguarda hanno messo insieme le loro capacità diagnostiche ed assistenziali per offrire un percorso di prevenzione e cura dell’osteoporosi alle donne che, guarite dal tumore mammario, sviluppano un depauperamento dell’apparato scheletrico a causa della menopausa precoce (spesso connessa con le cure oncologiche). Oggi la cura dell’osteoporosi è più efficace ma complessa e si avvale anche di anticorpi monoclonali a bersaglio molecolare come il denosumab anti-RANKL. I risultati di queste cure, che richiedono un approccio multidisciplinare, saranno l’oggetto del seminario del 19 novembre “Risultati dell’attività multidisciplinare OncologiaReumatologia per la cura dell’osteoporosi associata a tumore mammario”. La partecipazione, aperta a personale medico e infermieristico, è gratuita. Il seminario fa parte del ciclo di incontri promossi dall’Oncologia Falck nell’ambito del Gruppo di Miglioramento in Oncologia (“Seminari del martedì: Discussione Collegiale di Casi Clinici e Problematiche Cliniche Inerenti la Pratica dell’Oncologia Medica”) con accreditamento ECM. Dove e quando 19 novembre Martedì 19 novembre ore 14.00-15.00 Area Sud, Blocco Sud, 3° piano Ponti Est Aula Anna Palange Posti limitati NEWS In piazza con gli esperti dell’emergenza Donare il cordone ombelicale L’uso del defibrillatore e il massaggio cardiaco L e mosse giuste da fare in attesa dell’ambulanza: spesso è questo a fare la differenza tra la vita e la morte in caso di arresto cardiaco. Lo sanno bene i professionisti del 118 di Milano che insieme ad AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza), hanno dato appuntamento ai cittadini, per il 19 ottobre in piazza del Duomo, per un corso-base sulle manovre di primo soccorso. L’evento rientra nell’ambito del progetto “Viva! 2013 - settimana europea dedicata alla rianimazione cardiopolmonare” (dal 14 al 20 ottobre), voluta dal Parlamento Europeo, e vedrà protagonisti 250 istruttori, pronti a scendere in piazza, all’ombra della Madonnina, per insegnare tutto sul massaggio cardiaco e le altre manovre salva-vita. A fare pratica con i manichini, a disposizione per la simulazione, ci saranno anche i ragazzi di diverse scuole di Milano che hanno risposto all’appello. Nel nostro Paese le morti cardiache improvvise, in cui il decesso avviene entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi, colpiscono ogni anno tra i 45.000 e i 60.000 italiani. Questi numeri potrebbero essere drasticamente ridotti se molti più cittadini sapessero utilizzare un Defibrillatore Semiautomatico Esterno (DAE), per cui il corso rilascerà il certificato di utilizzo. “Un DAE è una macchina di piccole dimensioni- spiega Giovanni Sesana, Direttore del 118 Milano- che contiene al suo interno due piastre adesive in grado di rilevare le alterazioni dell’attività elettrica del cuore ed erogare una scarica elettrica quando necessario”. Sono sempre di più i luoghi molto frequentati (come stazioni, aeroporti, centri commerciali) che si sono dotati di defibrillatore, utile per queste evenienze. “I DAE sono semplici da utilizzare in quanto è la macchina stessa che, attraverso una voce elettronica, guida passo per passo l’operatore- continua Sesana-. Il DAE stabilisce se è necessario erogare la scarica elettrica e suggerisce con messaggi vocali le successive modalità di intervento sulla vittima. È sempre importante ricordare come la sola defibrillazione possa avere un’efficacia limitata: è importante che venga associata anche ad un corretto massaggio cardiaco”. I l suo taglio è spesso l’ultimo passo che conclude il “rito” della nascita: è il cordone ombelicale, da tagliare, ma soprattutto da donare, perché ricco di cellule staminali, nuova frontiera di cura per un numero sempre maggiore di patologie. A Niguarda si è appena concluso l’accreditamento che ha coinvolto l’équipe dell’Ostetricia e Ginecologia e che oggi consente a tutte le neomamme di donare il cordone del loro piccolo. Perché è importante incentivare la donazione? “Il sangue del cordone ombelicale- ci spiega il ginecologo Maurizio Bini- viene normalmente scartato assieme alla placenta, è però ricco di cellule staminali in grado di generare globuli rossi, bianchi e piastrine ed è dunque una risorsa preziosa, utilizzabile per il trapianto di midollo in pazienti con malattie del sangue e del sistema immunitario”. Il servizio è disponibile 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno. Occorre, però, dare il proprio assenso alla donazione almeno un mese prima della nascita. “Questo intervallo di tempo è necessario per poter raccogliere i dati dell’anamnesi e per poter procede con i controlli che valutino lo stato di salute della madre; il tutto per scongiurare il rischio di malattie genetiche e infettive, che potrebbero essere trasmesse al ricevente. La donazione- ricorda Bini- non comporta nessun costo e nessun rischio per la mamma”. Editoriale Marco Trivelli Commissario Straordinario Niguarda www.adisco.it SEGUE DALLA PRIMA L’Arcivescovo di Milano, nell’omelia pronunciata durante la commovente visita al nostro ospedale per l’ingresso della nuova cappellania, ha detto che la cura è un’arte, perchè come è proprio di ogni atto artistico, il soggetto che cura e quello che riceve la cura non si nascondono. Queste parole sono non solo una constatazione, ma un invito a non nascondersi, a tirare fuori, insieme, ciascuno il proprio talento. Mi permetto di segnalare in questa direzione il riconoscimento internazionale dei progressi nella cura del tumore al colon, maturati a Niguarda, nella collaborazione con l’istituto Candiolo di Torino, che segnano e consolidano un punto di non ritorno non solo nell’ambito specifico, ma più generale nel metodo di perseguire l’efficacia delle cure oncologiche (vedi articolo in questa pagina) e i riconoscimenti europei ai nostri giovani ricercatori in ambito cardiologico e dei trapianti addominali (a pagina 15). Marco Trivelli Commissario Straordinario Niguarda Gli Specialisti Rispondono Per i pazienti con mutazione BRAF che non rispondono alle terapie convenzionali I risultati dell’approccio multidisciplinare dodici NIGUARDA CANCER CENTER Mammografia in 3D e biopsie con il microrobot Due alleati in più contro il tumore al seno C Daniela Abbati Gli Specialisti Rispondono La Radiologia E’ una disciplina medico chirurgica che si occupa della diagnosi e della terapia delle malattie con l’impiego di attrezzature radiologiche in cui vengono utilizzate energie di vario tipo (raggi X, ultrasuoni, campi magnetici). Il reparto a Niguarda esegue circa 150.000 prestazioni l’anno in ambito diagnostico. Per info e prenotazioni Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00) ospedaleniguarda.it areaprivata.ospedaleniguarda.it ontro il tumore al seno giocare d’anticipo è fondamentale. Per farlo Niguarda può contare sull’utilizzo di due alleati per la diagnosi precoce: la tomosintesi, ovvero una mammografia in 3D che in molti casi permette di vedere meglio le lesioni sospette, ed il mammotome, un micro-robot che entra in azione per biopsie mininvasive, un tempo eseguibili solo attraverso un intervento chirurgico. Abbiamo incontrato chi usa queste tecnologie tutti giorni Daniela Abbati, specialista in radiologia dedicata alla senologia, per saperne di più. Niguarda è stato uno dei primi centri in Italia a disporre della tomosintesi. Di cosa si tratta? E’ una tecnica digitale tridimensionale, che rappresenta un’evoluzione della classica mammografia. Le immagini del seno sono acquisite da diverse angolature e vengono stratificate e ricostruite in 3D diversamente dai sistemi tradizionali in cui le immagini sono proiettate in 2 dimensioni. Si tratta sempre di una radiografia, come lo è la mammografia, solo che l’acquisizione delle immagini assomiglia a quella di una Tac… Sì, è uno strumento diagnostico che permette di studiare la mammella “a strati”: tante immagini che poi, sovrapposte, ricostruiscono la figura della mammella nella sua completezza. Tutto questo si traduce in un grande vantaggio per i seni più difficili da leggere, come ad esempio quelli in cui predomina la componente ghiandolare. Un aiuto arriva anche dal micro-robot. Che cos’è? E’ uno strumento diagnostico alternativo all’intervento chirurgico che viene utilizzato per effettuare biopsie di lesioni non palpabili della mammella, evidenziate precedentemente attraverso esami radiologici ed ecografici. Il tutto con più mininvasività e precisione… Sì, un computer guida l’inserimento dell’ago e controlla la sua corretta posizione; la sonda, una volta inserita, preleva più campioni di tessuto mammario. Il punto in cui incidere e la profondità alla quale effettuare il prelievo vengono determinati in automatico dalla macchina. In pratica, grazie a questa procedura si evita alla paziente di sottoporsi all’intervento chirurgico che prima era l’unica opzione a disposizione per prelevare ed analizzare le lesioni sospette? Se ci si pensa, con questa tecnica si evita un intervento in anestesia generale a tutte le donne con formazioni di natura benigna. Da non trascurare, poi, che dopo il prelievo bioptico frequentemente si rilascia una piccola clip metallica di titanio nella sede della lesione per rendere possibile nei successivi controlli il riconoscimento dell’esatta sede del prelievo e la constatazione di eventuali modificazioni nel tempo; inoltre, con questa metodica, viene contraddistinta precisamente l’area su cui eventualmente si troverà ad intervenire il chirurgo, in caso di lesioni risultate positive. Come si realizza il prelievo? La paziente viene posizionata prona su un tavolo con la mammella collocata in un’apposita apertura dove viene immobilizzata come per una normale mammografia. La procedura si realizza in anestesia locale e grazie ad una piccola incisione della cute, circa 3mm che non richiede sutura. E’ un esame che complessivamente dura dai 20 ai 40 minuti, condotto ambulatorialmente, che non necessita di alcuna preparazione particolare da parte della paziente se non quella di sospendere eventuali farmaci che ostacolano la coagulazione. Disturbi d’ansia La paura di avere paura Le strategie per superare gli attacchi di panico e lo Spazio Giovani L ’attacco di panico, chi l’ha vissuto difficilmente se lo dimentica. In un attimo la respirazione diventa difficoltosa, il cuore che accelera, la sudorazione improvvisa: il nostro corpo entra in una situazione di allerta che non è giustificata da nessun pericolo reale ma la paura comunque dilaga e diventa panico. L’attacco è transitorio, ma nel tempo il timore che ritoni diventa il peggior nemico di chi l’ha provato e la “paura della paura” può finire per condizionare la vita di chi ne soffre. Colpisce anche i giovanissimi, ma le strategie per superarlo non mancano. Abbiamo incontrato lo Psichiatra Piero Rossi, responsabile dell’ambulatorio dedicato agli adolescenti “Spazio Giovani”. Che cos’è l’attacco di panico e quanto è diffuso? Difficile quantificare, perché non ci sono ricerche specifiche in Italia. Molto spesso si tratta di un disagio che rientra in un quadro più ampio: il disturbo d’ansia, che può interessare il 30-40% dei giovani, nella fascia tra 15-25 anni. E’ vero che risponde ad una anomalia del nostro sistema di difesa? Sì, è come se nel cervello scattassero i meccanismi che ci predispongono ad una reazione veloce a causa di una situazione che noi percepiamo essere di pericolo. Una reazione fisiologica, ma che diventa patologica quando l’elemento che instilla in noi la paura non c’è realmente. In queste persone è come se questo meccanismo girasse a vuoto. Terapie: cosa fare per tenere a bada gli attacchi? Si seguono due strade: da un lato ci sono i farmaci, i sintomatici come le benzodiazepine che spengono l’ansia nella fase acuta. Inoltre nel corso del trattamento possono essere utilizzati anche una particolare classe di antidepressivi: quelli che inibiscono il riassorbimento della serotonina. Dall’altro ci sono le terapie di supporto psicologico, necessarie per inquadrare le cause degli attacchi e per agire su queste incisivamente. Quindi è importante capire cosa genera ansia… Sì ed quello che facciamo nell’ambulatorio “Spazio Giovani” per i pazienti dai 16 ai 23 anni, dedicato non solo ai disturbi d’ansia, ma anche a quelli depressivi, della personalità e del comportamento. In particolare per chi ha vissuto degli attacchi di panico, può essere molto utile imparare delle strategie di gestione dell’ansia, da mettere in atto soprattutto durante l’attacco. Anche delle tecniche di rilassamento del corpo possono essere un aiuto su cui contare e possono dare beneficio al paziente. Quando parlarne, magari anche al proprio medico? Quando l’attacco si ripete e se porta a fobie specifiche come quella che impedisce di uscire di casa, l’agorafobia, che finisce per Piero Rossi Spazio Giovani E’ un ambulatorio rivolto ai giovani che presentano problemi o sofferenze di tipo psicologico. Possono accedere al servizio i ragazzi e le ragazze dai 16 ai 23 anni residenti a Milano o nei comuni limitrofi (bacino d’utenza ASL-Milano). Come si accede? E’ necessario fissare un appuntamento chiamando il numero 02.6444.5196 (lun-ven 08.30-13.00 e 14.00-15.30). limitare la vita sociale. Da sottolineare che anche l’uso di sostanze che sembrano tranquillizzare l’attacco di panico, alla lunga, lo peggiorano considerevolmente, mi riferisco alla cannabis. Anche l’alcol preso a dosi più alte può scatenare l’attacco. AISM: un aiuto contro la sclerosi multipla Nella neurologia uno sportello per pazienti e familiari I l motto è di quelli da aprire le finestre per gridarlo a squarciagola: “Per un mondo libero da SM”, dove quelle due lettere finali stanno per sclerosi multipla. Difficile non condividerlo, non essere d’accordo con la vision scelta da AISM, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, che da 40 anni è un punto di riferimento per molti pazienti e le loro famiglie, promuovendo il diritto all’autodeterminazione per una buona qualità di vita e una piena integrazione. Per farlo l’associazione cerca di battere più strade possibili, una di queste è la presenza nelle strutture sanitarie: è troppo importante essere lì, in prima linea, in quei luoghi in cui “quelle due lettere possono essere L’associazione Oggi AISM è il punto di riferimento per circa 68.000 persone con sclerosi multipla e per i loro familiari. L’associazione è attiva sul territorio nazionale con oltre 7.000 volontari impegnati a diffondere una corretta informazione sulla malattia, sostenere la ricerca scientifica, sensibilizzare l’opinione pubblica, promuovere ed erogare servizi socio sanitari adeguati. La sclerosi multipla Nel mondo, si contano circa 2,5-3 milioni di persone con SM, di cui 600.000 in Europa e circa 68.000 in Italia. La SM può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni; in particolare le donne risultano maggiormente colpite, con un rapporto di 3:1 rispetto agli uomini. diagnosticate” per la prima volta oppure dove si lavora giorno dopo giorno per alleggerirne il peso. Così è a Niguarda, dove l’AISM è presente con una sede aperta ormai da diversi anni nel reparto di Neurologia. “All’interno del nostro spazio i pazienti e i loro cari possono trovare una risposta alle loro esigenze informative sulla patologia- ci dice l’assistente sociale Emanuele Pagin, referente AISM- . Ma non solo, siamo in grado di seguirli per una consulenza sociale completa con una particolare attenzione ai loro diritti e doveri in ambito lavorativo e previdenziale; fino ad arrivare a una vera e propria presa in carico che comprende l’accompagnamento della persona ai servizi del territorio”. Sono più di 1.000 i pazienti seguiti nel Centro di Niguarda, che incentra la sua attività sulla più allargata multidisciplinarietà: così il paziente oltre al supporto dei neurologi e degli infermieri riceve assistenza anche da parte degli psicologi, dei medici specialisti in ginecologia e ostetricia, dei neuro-urologi, dei fisioterapisti e dei genetisti. “Il personale del Centro, con cui si è instaurato un rapporto di stretta collaborazione, rappresenta un importante punto di riferimento per i pazienti- sottolinea Pagin- e questo permette di intercettare quelle domande la cui risposta esce dall’ambito esclusivamente clinico e sanitario e per cui l’AISM può essere un aiuto in più”. Sono sempre più giovani le persone che scoprono di avere la sclerosi multipla. “La finestra d’esordio tipica è tra i 20 e i 40 anni, ma capita anche di fissare colloqui per pazienti in età adolescenziale- dice Pagin-”. Se in prima battuta il dato può essere sconfortante, va detto, che l’abbassamento 12 e 13 ottobre: le mele scendono in piazza tredici Sabato 12 e domenica 13 ottobre vai in una delle 3.000 piazze italiane e scegli le mele dell’AISM. Aiuterai la ricerca scientifica contro la sclerosi multipla e darai una mano a potenziare i servizi per le persone colpite da questa malattia. Clicca su www.aism.it per conoscere le piazze più vicine. dell’età è anche la diretta conseguenza delle nuove tecniche diagnostiche che consentono di scoprire la patologia sempre prima. La diagnosi precoce è importante per poter intervenire tempestivamente con le terapie oggi disponibili che rallentano il decorso della malattia. E in attesa che la ricerca compia i passi decisivi per liberare il mondo dalla sclerosi multipla, la porta dell’AISM a Niguarda rimane aperta. Per informazioni www.aism.it/milano [email protected] 02.6444.4495 (mar e gio 10.00-14.00; ven 14.30-17.00) Associazioni Fai respirare la vita con A.M.O.R. Da 30 anni al fianco dei pazienti in ossigeno-terapia Q uest’anno A.M.O.R., Associazioni Malati in Ossigeno- ventiloterapia e Riabilitazione, festeggerà i suoi primi 30 anni. Oggi in sede c’è A., 64 anni, ha un polmone trapiantato (l’unico rimastogli) che lavora al 70%, un’infezione, infatti, ne ha minato la funzionalità. Con lui, appoggiato su un trolley a rotelle, per il trasporto, c’è l’immancabile stroller, il contenitore portatile di ossigeno liquido. “Ho bisogno dell’ossigeno soprattutto sotto sforzo. A riposo posso farne a anche a meno- ci dice-. Vado in giro con il trolley e il contenitore… E’una schiavitù”. Durante il suo ricovero a Niguarda, 4 anni fa, ha saputo dell’esistenza di A.M.O.R. e ha deciso di bussare alla porta dell’associazione per avere informazioni e un aiuto in più nella gestione della novità che ha cambiato la sua vita e quella della sua famiglia. A. non è il solo, sono in tanti in Italia a trovarsi nella sua stessa situazione. “Sono oltre 70.000 le persone in ossigeno- ventiloterapia a lungo termine- afferma Clemente Caminaghi, Presidente A.M.O.R.-; la nostra attività, che si focalizza prevalentemente sull’area di Milano e provincia, cerca di essere un valido riferimento per loro”. Tutto cambia quando si dipende da un dispositivo che ha un’autonomia limitata. Il contenitore portatile eroga, infatti, ossigeno per un tempo massimo che va dalla 3 alle 6 ore e va ricaricato da una bombola-madre (un erogatore molto più capiente) che il paziente ha nella propria abitazione. Questo finisce inevitabilmente per abbattersi sulla sua mobilità, creando disagi nei piccoli spostamenti, per non parlare dei viaggi che possono finire per diventare dei veri e propri tabù. “L’ossigeno liquido è vietato su tutti i mezzi di trasporto. Sui pullman e sui treni le bombole sono tollerate- continua Caminaghi-, sugli aerei è proibito, per via della sicurezza in volo e in questi casi l’iter è lungo, complicato e molto costoso, sebbene non impossibile”. Oggi un aiuto in più arriva da dei nuovi dispositivi: i concentratori portatili, che separano l’ossigeno direttamente dall’aria atmosferica. “Sono più dei filtri che non dei serbatoi come le bombole. Noi ne abbiamo a disposizione una decina e li forniamo ai pazienti che li richiedono magari per i loro viaggi e per le loro vacanze- ci dice Alfonsa Pollastri, segretaria dell’associazione-. L’unica attenzione è la durata delle batterie; purtroppo però non sono ancora totalmente idonei per soddisfare le esigenze di tutti i pazienti”. Far respirare la vita: è questo quello su Associazione Volontari Ospedalieri I corsi a Niguarda L ’AVO a Milano opera in 11 ospedali con circa 1.000 volontari, ma sono ancora pochi! L’Associazione è aperta a tutti coloro che intendono offrire gratuitamente un po’ del proprio tempo a favore dei degenti in ospedale. Gli aspiranti volontari, dopo un colloquio informativo e una prima selezione attitudinale, vengono ammessi al corso di formazione base (durata circa un mese e mezzo). Al corso seguono sei mesi di tirocinio in ospedale. cui punta l’associazione. E per realizzarlo non mancano le iniziative di prevenzione, di ascolto ma anche le gite e i soggiorni al mare o in montagna nei periodi di vacanza. “Sono fondamentali momenti di aggregazione, utili per scongiurare l’isolamento in cui possono sprofondare i pazienti- sottolinea Alfonsa Pollastri-. Grazie alla presenza di infermieri e fisioterapisti, i soggiorni educazionali, riabilitativi assistiti, sono spesso l’occasione per i ripassare gli esercizi di riabilitazione utili per mantenere la funzione respiratoria in allenamento”. Un’occasione per tutti sono invece gli esami della saturimetria che i volontari mettono a disposizione dei cittadini nei punti A.M.O.R. in collaborazione con i Lions, allestiti nei centri commerciali, alle manifestazioni di piazza o agli ingressi degli ospedali. In pochi istanti e con un semplice clip al dito è possibile avere un’indicazione importante sullo stato della nostra efficienza respiratoria. “Negli ultimi 3 anni abbiamo eseguito oltre 10.000 screening, da cui emerge che il 4% delle persone sottoposte al test ha dei valori al di sotto della norma. E’ un datoconclude Caminaghi-, che fa riflettere sull’emergenza costituita dalle malattie respiratorie, le cui cause principali sono il fumo e l’inquinamento atmosferico”. Partecipa al corso base che si terrà a Niguarda Sabato 12-26 ottobre e 9-16-23 novembre dalle 9.30 alle 12.30 Per informazioni www.avomilano.org - avo. [email protected] Segreteria A.V.O. via Dezza 26 Milano 02 48024215 (orario ufficio) Per entrare in contatto con A.M.O.R. A Niguarda, presso il padiglione 10 (ala C), la segreteria è aperta il lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00. Telefono e Fax 02 66104061 (attivi negli stessi orari di apertura) [email protected] www.associamor.com Musica per stare meglio Al via la seconda stagione I l 5 ottobre la “sala da concerto” dell’Ospedale di Niguarda riapre le sue porte per accogliere tutti gli amanti della musica che vorranno venire ad ascoltarla. Il programma di quest’anno, curato dal Maestro di chitarra Christian Elkouri e dal Maestro di violino Jamiang Santi, comprende brani di musica classica (dal barocco ai grandi romantici), musica dalle Americhe, colonne sonore e pezzi prediletti dal pubblico di tutto il mondo. “Musica per stare meglio” è un progetto promosso dalla “Fondazione per le neuroscienze Massimo Collice Onlus”, in collaborazione con il Niguarda per portare la musica dentro l’ospedale. www.massimocolliceonlus.org CALENDARIO I concerti si terranno nella sala d’attesa degli ambulatori del Blocco Sud alle ore 16 dei giorni: 5, 19 ottobre, 2 ,16, 30 novembre, 14, 21 dicembre. Volontariato Associazioni di volontariato quattordici Arte La Città dell’Arte N ella nostra rassegna dedicata all’arte è venuto il momento di affrontare un salto temporale. Esaurite le presentazioni sui grandi maestri che hanno “battezzato” con le loro opere la nascita dell’Ospedale negli anni trenta, veniamo ora a quello che è uno degli altri grandi “giacimenti artistici” del Niguarda, il MAPP. Il Museo d’Arte Paolo Pini è un museo d’arte contemporanea situato nell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano, ideato da Teresa Melorio e Enza Baccei. Il progetto è portato avanti con la collaborazione del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Niguarda, sotto la direzione artistica di Marco Meneguzzo e l’adesione di alcune note gallerie d’arte milanesi. Cambiano le opere, non cambia la nostra guida: il Primario Emerito Enrico Magliano, un medico con la “malattia dell’arte”. MAPP - Museo d’Arte Paolo Pini è in via Ippocrate 45 a Milano. Il Museo è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 16.00; il parco è aperto tutti i giorni dalle 8.00 alle 19.00. Emilio Tadini: uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive N el nostro MAPP siamo orgogliosi di avere anche un’opera di Emilio Tadini di eccezionale originalità, si tratta di un grande “disegno murale” creato nel 1995 come decorazione di una parete con camino: la “Città”. In quest’opera di grande formato, si affollano corpi brancolanti, oggetti, maschere, collocati con un disordine dinamico con quel costante circuito Arte e Storia N tra comico e tragico, tra fiabesco e realista che erano le caratteristiche principali del Maestro. Ben si adatta a quest’opera la sintesi che Umberto Eco fece su Tadini: “Uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive”. Il quadro di Tadini si legge una riga dopo l’altra in un movimento instabile della città che viene recepito intensamente. Appuntamenti 16-17/11 Teatro Verdi Poetry in motion Emilio Tadini - Biografia asce a Milano nel 1927, laureato in lettere ha iniziato la sua attività culturale fin dal 1948 quando Eugenio Montale gli assegnò il premio Renato Serra per un poemetto che Vittorini successivamente pubblicò su “Politecnico”. Tadini è riconosciuto autore di importanti saggi, romanzi e raccolte di poesie. E’ stato Presidente dell’Accademia delle belle Arti di Brera dal 1997 al 2000 e apprezzato critico d’arte e di letteratura per il Corriere della Sera. Nel 1965 partecipò con Adami, Baj, Del Pezzo e Schifano a Milano ad una “storica collettiva” che inaugurava lo “Studio Giorgio Marconi”. Con lo stesso Marconi nacque un sodalizio che durò 40 anni. Ricordo con piacere l’amico Marconi (che ha voluto collaborare anche con il MAPP) nel suo riuscito impegno di rendere la Milano artistica famosa nel mondo, di cui anche Tadini ne è stato un interprete. Nel 1997 Tadini ha realizzato il “drappellone” del Palio di Siena (raffigurata come una città metafisica imbandierata con un grande angelo rosso nel cielo) aggiungendosi alla schiera di altri famosi “pittori del Palio” (Guttuso, Sassu, Schifano, Adami ecc.) Emilio Tadini si spegne a Milano il 25 settembre 2002. La sua città gli dedicherà un’ampia retrospettiva celebrandolo per le sue doti di poeta, romanziere, critico d’arte e pittore, cioè come uno dei più versatili artisti italiani del dopoguerra. Enrico Magliano L a Bottega di Teatro del MAPP torna al Teatro Verdi di Milano il 16 - 17 -18 novembre 2013 con un nuovo allestimento di “Poetry in Motion. Dialoghi tra versi e note”, un’opera teatrale ideata e realizzata da un gruppo di lavoro costituito da artisti professionisti, utenti delle Botteghe d’Arte del MAPP, operatori e volontari. Muovendo dalle parole dei pazienti dell’ormai ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, tratte dalla Raccolta Folle Amore (edita da ARCA Onlus nel 1996), l’opera teatrale si propone di accompagnare lo spettatore attraverso le sensazioni, i ricordi e le emozioni di chi ha vissuto nella struttura manicomiale, tra gli anni ’80 e ’90, per più di vent’anni come dentro a una parentesi. Per info e prenotazioni Teatro Verdi - via Pastrengo 16, Milano www.teatrodelburatto.it/teatroverdi.html Emilio Tadini, “Città”, disegno a matita su muro. Collezione pemanente- MAPP MAPP - Ex O.P. Paolo Pini, pad. 7 via Ippocrate 45, Milano Tel. 02 6444 5392/5326 [email protected] www.mapp-arca.it Un dettaglio dell’opera Storia di Niguarda La nascita della medicina di laboratorio, microbiologia e… L ’importanza delle tecniche di laboratorio come supporto alla diagnostica clinica, già rilevante nei primi decenni del Novecento, era “esplosa” logaritmicamente a partire dal secondo dopoguerra. Sin dalla fondazione dell’Ospedale erano state previste tre distinte unità laboratoristiche: Biochimica, Microbiologia e Anatomia patologica. A impiantare e dirigere il laboratorio di Biochimica venne chiamato nel 1941 Giulio Vanzetti, assistente presso la Clinica medica dell’università di Milano e allievo del professor Cesa Bianchi. L’attività del laboratorio di Biochimica e Fisiopatologia (tale era allora la denominazione ufficiale) prese avvio nel settembre di quello stesso anno. Si trattava del primo laboratorio ospedaliero italiano dedicato in modo particolare alla biochimica clinica (anche se per qualche anno si eseguirono anche indagini sul metabolismo basale ed elettrocardiogrammi) e tale caratteristica costituì un motivo di originalità e di interesse non solo sul piano delle applicazioni cliniche, ma anche su quello della ricerca. Le statistiche testimoniano che nel primo anno di attività vennero eseguite ben 5200 analisi. Nel 1976 iniziarono anche le ricerche delle droghe nelle urine e il laboratorio fu il primo nel mondo a descrivere un metodo per la ricerca di oppiacei e cocaina nei capelli. A differenza dell’analisi delle urine, dove l’eliminazione delle droghe è osservabile solo nello spazio di pochi giorni, l’analisi del capello permette un monitoraggio dell’utilizzo di queste sostanze d’abuso per vari mesi, a seconda della lunghezza dei capelli. Anche il laboratorio di Microbiologia, realizzato nel 1940 sotto la guida di Livio Attili, rappresentava una novità, essendo la prima struttura ospedaliera di microbiologia clinica in Italia. Esami morfologicotintoriali, ricerche colturali di batteri e miceti, oltre che diagnosi parassitologiche e saggi, seppur preliminari, di ricerca anticorpale costituivano il lavoro del laboratorio. Il 1943 fu l’anno del servizio di Anatomia e Istologia patologica che iniziò a operare, sotto la direzione di Federico Parini (che lo diresse sino al 1973, anno in cui gli succedette Guido Sfondrini). Lo sviluppo della radiologia, insieme agli esami di laboratorio, contribuì a rivoluzionare tra fine Ottocento e inizio Novecento la diagnostica medica. E un nuovo “avveniristico” ospedale come quello di Niguarda non poteva non disporre, in questo ambito, di un adeguato servizio, che nasceva però in anni difficili, per il concomitante evento bellico che aveva richiamato alle armi numerosi degli allora ancora “rari” radiologi. Così sotto la guida di Piero Sessa, gli anni dal 1940 al 1955 furono un periodo in cui, nonostante la limitatezza dei mezzi e le difficoltà amministrative, il servizio radiologico dell’Ospedale rispose alle esigenze della vita civile e a quelle dello stato di guerra con grande dignità. Nel 1955 l’Amministrazione ospedaliera avviò un’integrale ristrutturazione dei servizi di radiodiagnostica e di radioterapia, rinnovando i locali dell’Istituto centrale di Radiologia e dei Servizi periferici di Roentgendiagnostica e dotandoli di nuove apparecchiature. Oltre all’autonomia raggiunta dalle singole specialità mediche e chirurgiche, il periodo a cavallo tra gli anni sessanta e gli anni settanta fu caratterizzato da una forte evoluzione delle tecniche diagnostiche. Ciò portò alla costruzione ex novo nel 1969 di un reparto di medicina nucleare e alla realizzazione nel 1976 di due nuove strutture dedicate alla radiodiagnostica. Testo a cura di Vittorio Alessandro Sironi, tratto dal libro “Niguarda un ospedale per l’uomo nel nuovo millennio” quindici Testimonianze Il nostro servizio civile a Niguarda S i è appena conclusa l’avventura dei ragazzi del Servizio Civile a Niguarda. Le realtà che, dopo un periodo di formazione necessaria, li hanno ospitati sono state l’Unità Spinale (coordinatrice per il progetto: Laura Valsecchi) e il MAPP- Museo, d’Arte, Paolo Pini, le cui attività di arte-terapia sono parte integrante del percorso dei pazienti seguiti presso la Psichiatria 4 del Niguarda (coordinatrice per il progetto: Teresa Melorio). Dall’Unità Spinale - Francesca, neo-laureata in psicologia e Serena, giovanissima assistente sociale. Di cosa vi siete occupate? S: Qui ci sono tante attività di laboratorio e noi ne abbiamo preso parte: laboratorio di arte, di musica, di cucina, di pet-therapy, di informatica, di sportterapia. Ci hanno insegnato come seguire i pazienti dell’unità spinale in queste attività e noi li abbiamo affiancati. Tante attività… qual è l’opinione che vi siete fatte in merito? F: Sono tutte molto interessanti e sono un valore aggiunto per i pazienti. Tutte accomunate da un filo conduttore. Infatti, abbiamo notato come il motore che fa girare tutto è la relazione. Più noi stavamo con i ragazzi, più si sviluppava un rapporto sincero e più si “creava gruppo” e le attività funzionavano. Inoltre non sono mancanti i momenti ricreativi come feste e merende, ma anche le uscite, che con l’aiuto dei terapeuti si trasformano in un momento fondamentale per insegnare a superare le difficoltà negli spostamenti. Cosa vi porterete dentro di questa esperienza, vi è piaciuta? S: Assolutamente sì, ci porteremo con noi tutte le persone incontrate. Con molti si è instaurato un legame forte e penso che si possa dire che noi abbiamo cercato di essere utili a loro, ma soprattutto loro hanno dato una mano a noi: ci hanno aiutato a crescere e a scoprire una realtà nuova che molto spesso non si conosce. Da qui la voglia di ritornare una volta la settimana, come volontarie al di fuori del progetto che è terminato, per rimanere in contatto sia con pazienti sia con gli operatori. Riconoscimenti Nuovo Niguarda Il 9 dicembre la conclusione dei lavori, in corso i collaudi N ei cantieri del Blocco Nord è iniziato il conto alla rovescia: per il 9 dicembre, infatti, è prevista la conclusione dei lavori che porterà alla consegna della nuova struttura all’Ospedale, in agenda per il 18 dicembre. Intanto nel Blocco Nord sono attualmente in corso ben 98 collaudi diversi; si tratta dei test tecnicofunzionali. Ben 61 riguardano gli impianti elettrici e speciali, 7 gli impianti gas medicali e 30 gli impianti meccanici. Dal MAPP - Erika, anche lei prosegue come volontaria dopo l’anno di servizio civile. Raccontaci la tua esperienza… Io sono una storica dell’arte e mi occupo della comunicazione di eventi artistici a vari livelli. Per cui il MAPP è stato un contesto in cui mi sono trovata molto a mio agio. Mi sono occupata insieme ad una collega di ricontattare gli artisti, che hanno donato le loro opere a favore della collezione permanente per cercare di ricostruire lo storico del museo. Hai preso parte anche ai laboratori delle “Botteghe d’Arte”? Sì, in particolare avendo una preparazione nel campo dell’arteterapia in ambito teatrale ho preso parte ad un’attività di questo tipo anche nel MAPP. Questo mi ha coinvolta in prima persona, insieme ai pazienti, agli artisti professionisti e agli operatori, per la realizzazione di uno spettacolo, da preparare sia in scena, ma anche fuori dal palco, a livello organizzativo e logistico. C’è stato spazio anche per altre attività come la musico-terapia e l’arte-terapia tradizionale. Cosa ti è piaciuto di più? Scoprire che potevo utilizzare le mie competenze in maniera totalmente nuova. E poi l’arricchimento a livello umano che questo tipo di esperienza porta con sé. Vince col cuore I l cardiologo Enrico Ammirati ha vinto la competizione per il miglior caso clinico presentato da un giovane cardiologo al congresso 2013 dell’European Society Of Cardiology. Il lavoro – che riportava il caso di un paziente di 31 anni trattato con successo per una miocardite a cellule giganti- è stato selezionato tra gli oltre 400 pervenuti. S Young Investigator Award tefano Di Sandro, medico specializzando presso la Chirurgia Generale e dei Trapianti, ha vinto lo “Young Investigator Award”. Il riconoscimento è stato ritirato a Vienna in occasione del 16° Congresso della Società Europea per il Trapianto d’Organi (ESOT), il meeting più importante in materia a livello continentale. Il giovane medico è stato premiato per un lavoro sul prelievo di rene con tecnica robotica, un’innovazione su cui da diversi anni si punta a Niguarda. Formazione Corsi e convegni di ottobre, novembre e dicembre 9-10 ottobre Corso teorico pratico di endoscopia toracica interventistica Il corso avanzato è dedicato a soli 15 medici (Pneumologi, Anestesisti Rianimatori, Chirurghi Toracici) con l’intento di implementare la preparazione tecnica dello specialista perché possa autonomamente e in assoluta sicurezza affrontare le problematiche in questo campo ultraspecialistico. Il corso, infatti, integrato da prove pratiche su manichino, ha il preciso intento di sviluppare l’apprendimento e l’applicazione clinica delle procedure endoscopiche interventistiche ed il controllo e la risoluzione delle possibili emergenze ad esse correlate. E lide Pastorello, Direttore dell’Allergologia e Immunologia, è stata eletta Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica dell’Università degli Studi di Milano. M ario Meroni, Direttore dell’Ostetricia e Ginecologia, è il nuovo presidente della Società Lombarda di Ostetricia e Ginecologia (SLOG). C (VI ed) - Dal 2 al 6 dicembre (VII ed) Training on the job: formazione sul campo in ecografia 2013 L’ecocardiografia ha assunto un ruolo sempre più rilevante nella diagnostica cardiologica ed è diventata uno strumento diagnostico indispensabile nella pratica clinica. Sempre maggiore è il numero di cardiologi, internisti ed anestesisti che si avvicinano alla metodica con lo scopo di acquisire le conoscenze necessarie alla corretta esecuzione ed interpretazione dell’esame ecocardiografico. Sede: Area Sud- Blocco Sud- Laboratorio di Ecocardiografia PER INFO www.ospedaleniguarda.it Quarant’anni a Niguarda laudio Betto, Direttore della Neurorianimazione è andato in pensione. Entrato nel nostro Ospedale nel 1970 come studente, tre anni dopo come medico, dopo quarant’anni ci lascia. A lui va un sentito ringraziamento e un caloroso saluto. Roberto Fumagalli assume l’incarico di Direttore ad interim della Neurorianimazione. Sede: Area Sud- Blocco Sud- Aula A, III piano Dal 14 al 18 ottobre (V ed) - Dal 18 al 22 novembre Nuove nomine CRAL Ciak! Si gira Come eravamo Mercatini di Natale a Monaco e Norimberga Q uest’anno la consueta gita ai mercatini di Natale parla tedesco. Monaco e Norimberga le mete, con in più una suggestiva visita al castello di Neuschwanstein, simbolo della Baviera. 6-7-8 dicembre, per tutti i soci CRAL e non solo. C.R.A.L. Area Centro-Padiglione 10 tel. 02.6444.3236 da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle 16.00 www.cralniguarda.it D opo il set del film “L’intrepido” (con Antonio Albanese e la regia di Gianni Amelio) il nostro Ospedale ha ospitato le riprese di alcune scene del film “Antonia” (con la regia di Ferdinando Cito Filomarino e prodotto dal noto regista Luca Guadagnino). Alcune scene del film, ambientate in un ospedale degli anni 30, sono state girate nel Guardaroba del nostro Ospedale. Lì è stato ricostruito, con straordinaria precisione una grande camera di degenza di 80 anni fa! News dall’Ospedale Alcuni giovani ci raccontano il loro anno alla Ca’ Granda