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V Giornata di Studio
9 Aprile 2014
Che classe difficile!
Il ruolo dell’insegnante e degli alunni alla Scuola Primaria
Dott.ssa Ilaria Rota
Centro per l’Età Evolutiva
.....gli insegnanti prendono ogni
giorno circa cinquecento decisioni di
conduzione della realtà di classe, che
rende il loro lavoro secondo come
complessità e stress a quello dei
controllori di volo del
traffico
aereo…..
(Positive Classroom Discipline
Jones, 1987)
La gestione della classe
CHE COSA NON É
ƒ Mantenere la disciplina:
ƒ riprendere il singolo allievo;
ƒ ammonire il comportamento
maleducato;
ƒ rimproverare chi chiacchera;
ƒ richiamare chi si muove senza
permesso;
ƒ criticare gli atteggiamenti
inopportuni;
ƒ minacciare gli alunni con
conseguenze negative.
CHE COSA É
ƒ Ciò che l’insegnante mette in
atto per:
ƒ stabilire un produttivo
ambiente di lavoro;
ƒ promuovere l’interesse degli
allievi nei confronti delle
attività;
ƒ incoraggiare la
partecipazione dei propri
alunni nelle attività di classe.
Ripensare al proprio ruolo
Le strategie del p rima
per prevenire le situazioni che generano stress e creare
un clima positivo
Principi riguardo alle regole
ƒ Poche;
ƒ Proposizioni e non divieti;
ƒ Chiare e semplici;
ƒ Operative e specifiche.
Alcuni esempi…
ƒ Proposizioni e non divieti
Non si corre nei corridoi Æ nei corridoi cammino lentamente
ƒ Chiare e semplici
Aspettare il proprio turno per intervenire Æ prima di parlare alzo la
mano e aspetto che l’insegnante mi chiami
ƒ Operative e specifiche
Stare attenti durante la spiegazione Æ stare in silenzio e ascoltare
l’insegnante durante la spiegazione
L’ambiente aula
ƒTutti noi poniamo molta cura nel rendere accoglienti le nostre
case, non solo in base ai gusti personali, ma anche in funzione
di ciò che faremo nei diversi ambienti;
ƒRaramente rivolgiamo le medesime attenzioni per l’aula in cui
si svolgeranno le attività didattiche per tutto l’anno;
ƒDa tempo è riconosciuta l’importanza di una predisposizione
accurata dell’ambiente per l’apprendimento;
ƒIl modo in cui organizziamo l’aula determina largamente
l’esperienza che i ragazzi e gli insegnanti vivono al suo interno.
A cosa porre attenzione
ƒ al tipo di arredo (cattedra, banchi, armadi);
ƒ all’ampiezza dello spazio a disposizione (se è un’aula piccola
o grande rispetto al numero degli alunni, se è luminosa, se
permette lo spostamento agevole nei banchi..);
ƒ allo stile di insegnamento (tradizionale o impostato sul
dialogo; basato sulla cooperazione o sul lavoro individuale..)
ƒ agli strumenti presenti (lavagna, computer, proiettore, LIM);
ƒ a come si desidera muoversi all’interno della classe (si
preferisce fare lezione camminando tra i banchi o seduti
dietro la cattedra?).
… disposizione dei banchi a righe
orizzontali tipica della lezione frontale
… disposizione a tavoli raggruppati che facilita
la relazione e il lavoro cooperativo
… l’organizzazione ideale dell’ambiente
secondo Jones (2000)
I tempi di lavoro
ƒ Una delle cose che più ostacolano una buona organizzazione è
sbagliare le valutazioni relative ai tempi di svolgimento di
un’attività;
ƒ Sottostimare i tempi di esecuzione di un’attività conduce a:
ƒ un maggior numero di errori da parte degli alunni nello svolgimento
dell’attività;
ƒ compiti incompleti, che necessitano di essere terminati in altri
momenti (es. a casa).
ƒ Sovrastimare i tempi di esecuzione di un’attività conduce a:
ƒ creare dei tempi morti, difficili da gestire;
ƒ un senso di monotonia da parte degli alunni;
ƒ maggiore distrazione da parte degli allievi (tanto c’è tempo…).
A cosa porre attenzione
ƒ
Stimare sempre i tempi necessari per lo svolgimento delle
attività in classe;
ƒ
Alternare tra attività lunghe e brevi;
ƒ
Pensare delle attività per gestire i momenti in cui i bambini
terminano l’attività in tempi diversi; instaurare delle
routine (es. leggere un libro, disegnare …).
ƒ
Comunicare ai bambini le attività previste con i relativi
tempi (es. all’inizio dell’ora);
La comunicazione
ƒ Le regole della comunicazione:
ƒ è impossibile non comunicare: atteggiamenti, comportamenti,
silenzi trasmettono messaggi che vengono recepiti e interpretati
dagli altri;
ƒ ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di
relazione: ogni informazione che vogliamo trasmettere viene
definita non solo dai dati nella loro sostanza ma dal modo in cui
vengono espressi;
ƒ la comunicazione è verbale e non verbale, con prevalenza alterna
a seconda delle situazioni.
La comunicazione didattica
ƒ Una buona gestione della classe si fonda sull’abilità nel
comunicare in modo chiaro e preciso;
ƒ Occorre dare consegne in modo che gli allievi possano
metterle in pratica senza equivoci:
ƒ talvolta ciò non accade e la responsabilità viene scaricata sugli
allievi: “sono maleducati, non vogliono impegnarsi, non stanno
attenti …
ƒ La prima cosa che dobbiamo fare è dunque chiederci come è
la consegna che abbiamo dato.
ƒ Più le comunicazioni lasciano libertà interpretativa meno
sono efficaci, perché i ragazzi vi trovano margini di libertà e
di disimpegno.
La voce
ƒ È lo strumento più usato in ogni contesto educativo;
ƒ Permette di gestire la classe in modo ottimale;
ƒ Ci accorgiamo della sua importanza quando ascoltiamo i
colleghi che parlano durante le riunioni, oppure durante
i corsi di aggiornamenti professionali.
Come parlare in classe
ƒ Queste le caratteristiche che deve assumere la voce ai fini
educativi:
ƒ parlare con toni sicuri: la voce deve comunicare con chiarezza i
desideri del docente, i suoi comandi, le sue aspettative senza
esitazioni;
ƒ parlare con voce alta senza urlare:tutti ascoltano meglio un tono
di voce forte, chiaro; in ogni angolo dell’aula la parola del
docente deve arrivare con limpidezza sollecitando l’attenzione;
ƒ parlare rispettando gli altri: parlare a voce alta non significa non
rispettare o prevaricare le idee degli alunni. Questi aspetti
scaturiscono dal sarcasmo, dall’ironia, dalla canzonatura;
Come parlare in classe
ƒ parlare uno per volta: mentre parla l’insegnante pretende che i
ragazzi lo ascoltino in silenzio, a sua volta deve fare silenzio
quando un allievo esprime la propria opinione;
ƒ parlare con tono di voce fermo, ma non aggressivo, quando si
rimproverano comportamenti negativi.
La maggior parte dei docenti associa la necessità di usare un tono di
voce alto quando riprende comportamenti indisciplinati.
Al contrario, avere un tono di voce pacato è essenziale nel gestire i
momenti difficili sul piano comportamentale.
Il ruolo dei messaggi “Io”
ƒ È più facile individuare nella relazione insegnanti-allievi
messaggi che contengono il “tu”, per esempio:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
(Tu) finiscila!
(Tu) faresti meglio a calmarti!
(Tu) fai come ti ho detto!
(Tu) non ti comporti in modo maturo!
ƒ Sono invece da preferire le comunicazioni in prima persona,
che permettono di rispettare l’allievo e di non provocare in
lui sentimenti di inadeguatezza:
ƒ (Io) sono infastidita da tutto questo rumore!
ƒ (Io) sono proprio stanca di dover alzare la voce per mantenere
l’ordine in questa classe!
ƒ (Io) non posso lavorare se continuate a parlare tra di voi!
La comunicazione non verbale
ƒ Il ruolo della comunicazione non verbale nella gestione
della classe è indispensabile;
ƒ Gli insegnanti più capaci sono coloro che usano il corpo, in
quanto rappresenta un ottimo mezzo per risolvere i
problemi che possono sorgere in classe;
ƒ La comunicazione non verbale si basa su:
ƒ stare in piedi e camminare;
ƒ le espressioni facciali;
ƒ il contatto oculare.
Stare in piedi e camminare
ƒ Lavorare in piedi fra i banchi, serve ad accorgersi subito se
un allievo ha difficoltà a svolgere un compito, se ha bisogno
di ulteriori indicazioni:
ƒ la velocità dell’intervento aiuta a creare un clima di classe
positivo.
ƒ I comportamenti inadeguati dal punto di vista disciplinare
sono messi in atto per lo più, lontano dall’insegnante:
ƒ la sola presenza del docente, spesso, è sufficiente a prevenire
comportamenti indisciplinati.
ƒ lo stare in piedi permette al docente di governare la situazione
sia sul piano comportamentale che didattico.
Il controllo prossimale
ƒ Il controllo prossimale ha luogo quando intenzionalmente ci si
avvicina fisicamente all’allievo che sta disturbando l’attività in
classe;
ƒ Possono essere usate diverse modalità di controllo prossimale:
ƒ orientare il proprio corpo verso l’allievo;
ƒ camminare verso di lui;
ƒ mettergli una mano sul banco;
ƒ toccare o rimuovere l’oggetto che ha causato distrazione;
ƒ poggiare con gentilezza la mano sulle spalle o sul braccio.
“… l’essenza del controllo prossimale è di offrire all’insegnante un supporto efficace per
controllare la classe senza che si debba mettere in gioco la comunicazione verbale …”
Long Morse-Fagen-1996
Le espressioni facciali
ƒ L’espressività del viso permette di comunicare
contemporaneamente a più persone messaggi diversi;
ƒ Si possono usare le espressioni facciali per:
ƒ manifestare sconcerto per un comportamento negativo,
bloccandolo sul nascere;
ƒ mostrare rammarico per un atteggiamento scorretto;
ƒ manifestare approvazione, elogiando con la sola espressione
del viso;
ƒ entrare in sintonia;
ƒ mostrare complicità.
Il contatto oculare
Il contatto oculare è un mezzo molto efficace per comunicare
agli allievi la correttezza o meno dei loro comportamenti.
ƒ Spalancare gli occhi
per confermare.
ƒ Socchiudere gli occhi
per bloccare.
ƒ Fissare lo sguardo
per ammonire.
La componente affettiva dell’apprendimento
ƒ La componente affettiva dell’apprendimento e i sentimenti
che un insegnante suscita negli alunni possono influenzare il
modo in cui i bambini si comportano in classe;
ƒ Se gli studenti stimano e rispettano il loro insegnante, e se
questo riesce a creare un clima cordiale e positivo in classe, è
più probabile che rispondano positivamente alle sue proposte.
Il clima positivo
IL RISPETTO PER L’ALLIEVO
Condizione sine qua non per favorire un clima ottimale
all’apprendimento. Occorre rispettare l’allievo anche quando
commette azioni inappropriate o quando fallisce nelle prove
valutative.
AVERE PER GLI ALLIEVI ATTENZIONI PERSONALI
Offrire a tutti le medesime attenzioni. Ciò che può inficiare un
clima di classe positivo sono le gelosie che nascono quando gli
allievi non si sentono trattati con equità.
Il clima positivo
LE ATTENZIONI COMUNICATIVE
ƒ Sorridere per promuovere un rapporto positivo, sollecitare il
dialogo, favorire l’accoglienza;
ƒ Evitare il sarcasmo: è controproducente, quando un alunno si
sente deriso finisce per percepirsi come un “corpo estraneo”;
ƒ Ricordare i compleanni: gli auguri, se possibile, assumono una
grande valenza e l’allievo capisce di essere importante;
ƒ Usare parole di cortesia: quando si fa una richiesta esprimersi
sempre con per favore; se viene eseguita, ringraziare sempre.
Le strategie del d opo
per i ntervenire di fronte a situazioni difficili
Il caso
È il momento dell’intervallo. Tutti i bambini di quarta elementare
stanno giocando a nascondino in cortile. Ad un certo punto, Mirko,
che sta cercando i propri compagni nascosti, urla il nome di uno di
loro: “Marco, ti ho visto!”. Marco, immediatamente esce dal suo
nascondiglio e correndo verso Mirko urla: “É impossibile che tu mi
abbia visto! Sei un bugiardo! Questa partita non vale, è da
annullare subito!” Mirko allora ribatte: “Bugiardo sarai tu! Adesso
lo dico alla maestra …” e così dicendo si allontana correndo verso la
sua maestra.
Alcune premesse
ƒ Ognuno di noi ha uno specifico bottone interiore che, se premuto
dai bambini che litigano, tende a fargli perdere il controllo;
ƒ Questi bottoni interiori sono strutture interne, legate ai nostri
vissuti che, senza che ne siamo del tutto consapevoli, si
riattivano in situazioni particolari, come può essere l’assistere ad
un episodio di conflittualità infantile.
ƒ I bottoni interiori fanno emergere un’altra caratteristica dei
conflitti:
ƒ la sostenibilità personale: ognuno di noi è portatore di una
propria soglia percettiva ed emotiva che fa sì, per es. che ciò che
un insegnante considera un conflitto agli occhi di un altro
insegnante può essere percepito in maniera diversa, addirittura
come una situazione di normalità.
Alcune premesse
ƒ L’esperienza del litigo è naturalmente collegata all’infanzia;
ƒ La convinzione che le buone relazioni siano esenti da
conflittualità fa leggere i conflitti tra bambini come comportamenti
impropri e negativi;
ƒ spinge l’adulto ad intervenire per “correggere” il conflitto, per
aiutare i bambini a non litigare più o a farlo in maniera diversa.
ƒ Il litigio per i bambini è l’occasione per strutturare l’area
dell’affermazione del sé e quella della regolazione reciproca,
entrambe fondamentali per garantirsi una “posizione” nel mondo;
ƒ Litigare non è solo nella natura infantile, ma è qualcosa che i
bambini riescono a gestire da soli in modo efficace.
La strategia
NON CERCATE IL COLPEVOLE
Evitate di farvi coinvolgere direttamente nel litigio. Non decidete chi ha
torto o chi ha ragione, non trasformatevi in giudici, non stabilite una
gerarchia delle colpe. Non pensate al litigio in termini di giustizia ma
trasformatelo in occasione di apprendimento: cosa possono imparare i
bambini da quella situazione?
NON FORNITE LA SOLUZIONE AL LITIGIO
Ci sono tanti modi, più o meno originali, per intromettersi nei litigi tra
bambini, ma il risultato è sempre lo stesso: i bambini non imparano a fare
da soli e perdono fiducia nelle proprie capacità.
La strategia
FATELI PARLARE TRA LORO DEL LITIGIO
Lasciate che siano i bambini a confrontarsi e a dire quello che pensano e
provano. Se non ci riescono fate attenzione, di nuovo, a non sovrapporvi
con vostre interpretazioni. Cercate piuttosto, con domande e
riformulando le loro frasi, di aiutarli ad esprimersi. Siete dei mediatori e
dei facilitatori dello scambio. Questo comporta che non prendiate le parti
di nessuno ma che vi concentriate per aiutarli a parlare tra loro.
FAVORITE IL RAGGIUNGIMENTO DI UN ACCORDO TRA LORO
Sostenete i bambini nella capacità di trovare un accordo da soli. La
capacità dei bambini di trovare accordi di varia natura per risolvere le loro
dispute è veramente straordinaria e naturale.
Il caso
Roberto è un bambino molto irrequieto. Nella sua classe terza della
scuola primaria difficilmente riesce a controllare il suo bisogno di
movimento e anche quando sta seduto le sue gambe sono in
continua agitazione. L’attenzione ne risente e Roberto segue con
difficoltà le proposte. Quando riesce a concentrarsi sul compito per
un periodo sufficiente i risultati non sono quasi mai significativi,
perché non segue le procedure che consentono la risoluzione del
compito. I compagni iniziano a protestare perché spesso l’agitazione
di Roberto provoca confusione in classe.
La strategia
ƒ Assegnare all’allievo un posto in aula che gli consenta una
certa libertà di movimento;
ƒ Fare chiarezza rispetto alle regole e alle conseguenze legate
alla violazione delle norme;
ƒ Usare il controllo prossimale;
ƒ Dare all’allievo la possibilità di calmare il suo bisogno di
movimento con:
ƒ attività non disturbanti per il resto della classe;
ƒ attività alternative come per es. uscire brevemente dalla classe,
assegnare un incarico ecc …
La strategia
ƒ Presentare all’inizio della lezione le attività in programma;
ƒ Non dare troppe informazioni insieme, ma poche e chiare.
ƒ Chiedere all’allievo di ripetere a voce alta le istruzioni date;
ƒ Usare presentazioni visive piuttosto che orali;
ƒ Invitarlo a lavorare rispettando tempi precisi, da ricordare
non solo a voce, ma anche con alcuni strumenti come le
schede con i tempi di lavoro evidenziati;
ƒ Offrire frequenti feedback;
ƒ Supportare l’allievo nei momenti di sconforto dovuti alle sue
esperienze scolastiche negative.
Il caso
Luigi è seduto dietro il suo banco e ascolta due compagni che, alla
cattedra, rispondono alle domande dell’insegnante. Dietro Luigi,
due suoi compagni parlano di calcio, in un modo che lui non
condivide. Il bambino si arrabbia, si gira e con voce ferma dice: “Tu
non capisci niente di calcio!”. Il compagno risponde: “Taci tu, che
domenica non hai giocato titolare! Panchinaro!”. Ad un certo
punto, Luigi, ormai accecato dalla collera, si alza e tira una penna
contro il suo compagno.
Sentiamo o sappiamo le emozioni?
ƒ I bambini provano emozioni in modo pieno e intenso;
ƒ La presenza di emozioni intense non costituisce di per sé un
problema;
ƒ Gli adulti spesso “non lasciano spazio” alle emozioni, le
controllano troppo, le trasformano e traducono in un
linguaggio razionale o le agiscono con i comportamenti;
Sentiamo o sappiamo le emozioni?
ƒ A differenza del mondo scientifico che considera tutte le
emozioni reazioni fisiologiche indispensabili, il senso comune
compie una distinzione tra emozioni positive e negative;
ƒ La cultura, quindi, influenza inevitabilmente l’educazione e lo
stile educativo:
ƒ Non arrabbiarti perchè non serve a niente!
ƒ Non devi avere paura!
ƒ Sei grande ormai, non puoi più piangere per queste cose!
ƒ In queste frasi sono presenti CHIARI messaggi della cultura:
ƒ La rabbia non è ben accetta;
ƒ La paura è inutile;
ƒ La tristezza è una cosa da deboli.
Sentiamo o sappiamo le emozioni?
ƒ Sentiamo le emozioni ma non lo sappiamo;
ƒ La poca conoscenza delle emozioni e delle loro funzioni ci
permette però di sapere che esistono emozioni buone ed emozioni
cattive, ben accette o censurabili;
ƒ Ciò che dovremmo invece sapere è che le emozioni sono reazioni
fisiologiche, tutte hanno la stessa importanza e lo stesso diritto di
essere sentite , poiché comunicano come funzioniamo. Come le spie
sul cruscotto di un’ automobile.
La strategia
ƒPerché nell’interazione tra due persone ciascuno riesca a
“sentirsi sentito” , le persone coinvolte devono essere in grado
di entrare in sintonia con le emozioni dell’altro;
ƒQuando le emozioni di due persone sono in sintonia, si
stabilisce una risonanza emotiva che genera un senso di unione;
ƒQueste esperienze di unione aiutano i bambini a sviluppare un
più forte senso di sé e aumentano le loro capacità di
comprendere se stessi e gli altri.
La strategia
1. Far sentire il bambino compreso e solo quando le sue
emozioni si sono placate ragionare con lui sull’accaduto (se
un bambino sta annegando, il bagnino prima lo riporta a riva e solo dopo
gli parla),
2. Instaurare con lui dialoghi riflessivi cioè conversazioni
centrate su quello che succede dentro di lui;
3. Attraverso i dialoghi riflessivi aiutare il bambino a
sviluppare la capacità di leggere la propria mente e quella
degli altri.
“… ogni tentativo è valido. Alle volte si può sbagliare, (chi
non lo fa?), ma per un bambino che cresce, lottando per imparare,
è molto più importante vedere che il proprio insegnante desidera
trovare una strada, e si getta a capofitto nella difficile sfida, di
qualsiasi altro ausilio.”
(Una scuola inclusiva di E. Rialti)
Bibliografia
ƒ Litigare fa bene, D. Novara, Bur Rizzoli (2013);
ƒ Come fare per gestire la classe, L. d’Alonzo, Giunti Scuola (2012);
ƒ 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino,
D. J. Siegel e T. Payne Bryson, ed. Cortina (2011)
ƒ Errori da non ripetere: come la conoscenza della propria storia aiuta ad
essere genitori, D. J. Siegel e M. Hartzell, ed. Cortina (2003)
Ilaria Rota
[email protected]
GRAZIE
DELL’ ATTENZIONE!
Centro per l’Età Evolutiva
Via Verdi 1/M
24121 Bergamo
Telefono 035 233974
www.centroetaevolutiva.it
[email protected]
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