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Aldo Grasso Cecilia Penati
In libreria dal 14 aprile Aldo Grasso Cecilia Penati La nuova fabbrica dei sogni Miti e riti delle serie tv americane € 20,00 pp. 120 Aldo Grasso (1948) è il più importante critico televisivo italiano. Scrive sul Corriere della sera ed è autore di Che cos’è la televisione e Prima lezione sulla televisione. È professore ordinario di Storia della radio e della televisione all’Università Cattolica di Milano. Cecilia Penati insegna Linguaggi della radio e della televisione all’Università Cattolica di Milano e Teorie e tecniche della divulgazione artistica in tv allo Iulm. Ha scritto, con Anna Sfardini, La tv delle donne. Brand, programmi e pubblici. Da quindici anni Aldo Grasso ci ricorda una verità semplice eppure rivoluzionaria: le serie televisive americane sono i prodotti artistici che più hanno plasmato l’immaginario collettivo contemporaneo, grazie non solo alle nuove tecnologie di diffusione digitale, ma anche e soprattutto a una raffinatezza tecnica e stilistica sempre più nitida. Che mostrino gli abissi morali in cui può sprofondare un frustrato professore malato di cancro o la dolorosa impossibilità di un pubblicitario newyorkese di sfuggire alle menzogne patinate che confeziona ogni giorno; che raccontino le turbolente vicende sentimentali di una giovane dottoressa alle prime armi, o l’epopea, deflagrata in infinite dimensioni parallele, dei sopravvissuti a un disastro aereo, le serie tv hanno saputo dare forma ai desideri e agli incubi che popolano il reale. E ci hanno reso dipendenti. Nella Nuova fabbrica dei sogni, Aldo Grasso e Cecilia Penati accolgono la sfida a cartografare la galassia delle serie televisive – dai Soprano a The Wire, da House of Cards a The Walking Dead, dal Trono di spade a Breaking Bad – passando per personaggi iconici, colpi di scena plateali, e soprattutto per i nuovi demiurghi dell’immaginario, gli showrunner. Per affermare il loro nuovo ruolo sono saliti sulle spalle di giganti come Alfred Hitchcock, Rod Serling e David Lynch, che con serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e Twin Peaks hanno saputo creare straordinari universi finzionali, riversando la loro forte autorialità in un dispositivo di produzione schiettamente pop. La nuova fabbrica dei sogni – quella che ha ormai soppiantato Hollywood – non è solo una guida imprescindibile per chiunque voglia affacciarsi al mondo delle serie tv, ma una ricognizione profonda e attenta, in cui anche gli appassionati di lungo corso scopriranno nuova linfa per le loro «ossessioni seriali». In libreria dal 14 aprile Luigi Bernabò Brea La Sicilia prima dei Greci € 20,00 pp. 288 Luigi Bernabò Brea è nato a Genova nel 1910 e morto a Lipari nel 1999. È stato uno dei maggiori archeologi italiani del Novecento e ha retto, dal 1941, la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale. La Sicilia che conosciamo, ricca di teatri e giardini, templi e grandi piazze circondate dai portici, è il lascito eccezionale dei popoli che nei secoli l’hanno abitata e modellata, disseminando tracce indelebili delle loro culture, religioni e istituzioni. Soprattutto i Greci l’hanno resa una terra impareggiabile, un giacimento di tesori unico al mondo, dove i fasti della civiltà classica convivono con la quotidianità del presente e le antiche architetture ospitano le attività dell’uomo moderno, chiedendogli di rievocare continuamente la loro storia. Ma cosa trovarono i Greci quando approdarono sull’isola? Chi ne popolava le pianure e le montagne? La Sicilia prima dei Greci, che il Saggiatore ripubblica in una nuova edizione, offre un resoconto minuzioso e affascinante delle culture precedenti alla formazione della civiltà occidentale. Il loro passaggio sull’isola è attestato da pitture rupestri, sepolcreti, utensili riportati alla luce nel secolo scorso, che hanno dato l’abbrivio a indagini archeologiche sorprendenti, di cui Luigi Bernabò Brea, protagonista assoluto sul campo, si è fatto portavoce, mitografo e interprete. Il risultato è una narrazione millenaria che attraversa tutte le fasi della preistoria umana – dal Paleolitico all’Età del ferro –, interroga i simboli, gli stili e i costumi di un mondo primitivo ma industrioso, pragmatico ma profondamente spirituale, e dimostra come la Sicilia sia stata, ancora prima dell’avvento dei Greci, uno dei crocevia più importanti di sempre, e il punto di incontro di universi simbolici spesso molto diversi tra loro, dei quali Bernabò Brea è stato il primo a decifrare i linguaggi. In libreria dal 21 aprile Paolo Gallarati Verdi ritrovato Rigoletto, Il trovatore, La traviata € 32,00 pp. 576 Paolo Gallarati (Torino, 1949), musicologo, allievo di Massimo Mila, scrive sulla Stampa. Tra i suoi libri: La forza delle parole. Mozart drammaturgo e Trent’anni all’Opera. A dispetto della sua universale popolarità, perdura intorno all’opera di Verdi un’aura di mistero. Quale segreto è sepolto in quella che alcuni hanno definito «semplice musica d’organetto»? La domanda continua a essere attuale, a maggior ragione per la cosiddetta trilogia popolare – Rigoletto, Il trovatore e La traviata – la cui straordinaria fortuna e capacità di penetrare negli strati più profondi della società, dell’arte e della cultura sembrano difficili da spiegare in rapporto all’apparente semplicità dei mezzi e dello stile. Ma sono poi tanto semplici i progetti e i mezzi da cui nasce l’icastica immediatezza di questi capolavori? Qual è il «segreto» che ha permesso a Verdi di mantenere attuali le vicende dei personaggi della trilogia, e inalterata quella forza espressiva che sconvolse il pubblico ottocentesco per novità e originalità? Gallarati risponde a queste domande rileggendo le tre opere per metterne in evidenza l’eccezionalità sia rispetto alla produzione verdiana che al contesto del melodramma europeo nel suo complesso. Nella prima parte del volume l’autore ripercorre la storia della ricezione verdiana dall’800 a oggi, prendendo in considerazione lo stile che precede la trilogia; nella seconda parte, invece, si dedica alla lettura e all’interpretazione delle tre opere. Atto per atto, scena per scena, una eccezionale guida all’ascolto mette in luce le differenze che le caratterizzano sul piano letterario, drammaturgico e musicale. Molti giudizi di valore vengono ridiscussi e rovesciati, permettendo al lettore di comprendere fino in fondo la geniale rivoluzione operata da Giuseppe Verdi. In libreria dal 21 aprile John Maynard Keynes Moneta internazionale Un piano per la libertà del commercio e il disarmo finanziario € 17,00 pp. 176 John Maynard Keynes (1883-1946), padre della macroeconomia, è considerato uno dei più grandi economisti del xx secolo. Il nome di John Maynard Keynes evoca politiche di espansione fiscale, investimento pubblico, spesa in deficit, e più genericamente l’intervento dello stato a sostegno della piena occupazione e in risposta alle crisi economiche. Sebbene queste cure palliative si siano dimostrate in ultima analisi efficaci, il principio guida di Keynes era prevenire l’intrinseca instabilità del capitalismo, dovuta soprattutto al laissez-faire finanziario. In pochi sembrano disposti a riconoscerlo, e in pochi riconoscono che Keynes fu profeta inascoltato non solo dopo la Prima guerra mondiale, ma anche dopo la Seconda. Chiamato dal governo britannico a disegnare un nuovo ordine economico internazionale, all’inizio degli anni quaranta Keynes concepì un progetto audace, volto allo sviluppo di un commercio libero ed equilibrato fra i paesi del mondo, che avrebbe reso inutili i mercati valutari e finanziari. Alla conferenza di Bretton Woods del 1944, però, sulla proposta di Keynes s’impose quella statunitense, con la subdola adozione del dollaro come moneta internazionale – inizialmente ancorata all’oro – che a lungo andare ha portato all’esplosione degli squilibri globali, all’espansione ipertrofica dei mercati finanziari, al caos economico e all’inasprimento della conflittualità fra gli stati e al loro interno. I testi che il Saggiatore propone in questo libro, corredati da un’approfondita introduzione di Luca Fantacci, delineano l’utopia possibile che – affermando il principio, oggi negletto, per cui i paesi creditori non sono necessariamente i più virtuosi, e dunque devono farsi carico del riassorbimento degli squilibri tanto quanto i debitori – avrebbe potuto cambiare il mondo. E che, se solo i rapporti di forza lo permettessero, potrebbe ancora cambiarlo, ponendo fine allo strapotere della finanza internazionale. In libreria dal 28 aprile Klaus Mann La svolta € 26,00 pp. 464 Klaus Mann, figlio primogenito di Thomas, nacque a Monaco nel 1906 e morì suicida a Cannes nel 1949. Fu scrittore di narrativa, teatro e reportage di viaggio. La prima metà del Novecento fu per Klaus Mann – come per tanti artisti della sua generazione – un precipizio ineludibile, un gorgo di violenza, una scissione insanabile che lo condusse in poco tempo alla morte, da cui era ossessionato. Eppure la sua esistenza fu segnata da una vitalità incoercibile e da una vibrante tensione intellettuale, di cui La svolta offre una testimonianza di forza ineguagliata: lo sguardo angosciato e consapevole sul presente, dalla repubblica di Weimar all’ascesa di Hitler; i viaggi a Parigi, in Nordafrica, in Italia – spesso accompagnato dalla sorella Erika e da Annemarie Schwarzenbach –, la vita da esiliato prima in Europa e in seguito a New York, fino alla decisione di combattere il nazismo nell’unico modo ormai possibile: arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti. Ma quelli furono anche gli anni della formazione, un percorso che portò Klaus Mann ad amare scrittori come Whitman e Kafka, a stringere rapporti con André Gide, Stefan Zweig e Aldous Huxley, a un impegno umanistico che era acuto sentire, ma anche azione concreta. Saga familiare e libro di viaggio, tormentata riflessione politica e Bildungsroman, La svolta – che il Saggiatore ripropone nella storica traduzione di Barbara Allason – è l’autobiografia letteraria di un grande scrittore che per tutta la vita tentò di fuggire dal cono d’ombra di uno scrittore grandissimo: Thomas Mann, di cui viene offerto in questo libro il ritratto più memorabile, capace di unire l’affetto e l’ammirazione sconfinata alla lucidità nel mostrare insufficienze ed errori, e l’irriducibile attrito con un figlio non disponibile a compromessi nella politica, nell’arte, nella volontà di vivere apertamente la propria omosessualità e di confessare se stesso con una libertà che ancora travolge. In libreria dal 28 aprile Edgar Lee Masters Antologia di Spoon River € 24,00 pp. 648 Edgar Lee Masters (1869-1950) è stato un poeta, scrittore e avvocato statunitense. Antonio Porta (1935-1989) è stato poeta e traduttore tra i più importanti del Novecento. I suoi versi sono raccolti in Tutte le poesie (Garzanti, 2009). Pubblicata nella sua forma integrale nel 1916, l’Antologia di Spoon River si è subito imposta come un’opera centrale della poesia novecentesca, in grado di influenzare innumerevoli artisti, dalla letteratura al cinema, dal teatro alla musica. Il Saggiatore, nel centenario della prima uscita dell’Antologia, ne ripropone una nuova edizione, nella prestigiosa traduzione di Antonio Porta – storica voce italiana degli epitaffi parlanti di Spoon River –, con l’aggiunta di tre scritti inediti di Edgar Lee Masters, imprescindibili per una lettura completa e profonda dell’opera e presentati qui in esclusiva per i lettori italiani: la Spooniade, poema incompiuto attribuito dall’autore a uno dei personaggi del libro, il «poeta laureato» Jonathan Swift Somers; l’Epilogo, scrittura teatrale che svela gli angoli più reconditi del famoso cimitero; e la Genesi di «Spoon River», in cui Masters racconta i segreti della sua opera più celebre, la più grande e commovente enciclopedia poetica delle emozioni umane. Le voci degli abitanti di Spoon River si rincorrono tra le lapidi della collina che ne ospita le sepolture e raccontano le loro storie – a volte segrete e oscure, spesso disperate –, confessano i loro rimorsi, ricordano i momenti di gioia, si incolpano a vicenda delle disgrazie per cui sono trapassati. Il suonatore Jones, il sindaco A.D. Blood, il folle del paese Frank Drummer: i personaggi che popolano queste pagine mettono in scena, ora e per sempre, il grande teatro della vita e della morte, formando un diorama insuperabile di sentimenti, vizi e passioni. Cristallizzate in una posa sempiterna, in sospensione tra il desiderio di redenzione e la rassegnazione dei morti, le lapidi battezzate dalla penna di Masters non smettono di scompaginare la tranquillità dei vivi. Mentre con sogni irrequieti dormono, dormono sulla collina.