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I Guerra Mondiale. La Leggenda del Piave

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I Guerra Mondiale. La Leggenda del Piave
La Leggenda del Piave
La Leggenda del Piave fu scritta nel giugno 1918 (subito dopo la Battaglia del Solstizio) dal maestro Ermete
Giovanni Gaeta (autore di molte canzoni famose ai tempi dei vostri bisnonni, come Vipera, Profumi e balocchi…).
Prende spunto da un evento catastrofico: la piena del Piave che, nel giugno 1918, bloccò l’attacco sul fronte del
fiume delle truppe austro-ungariche che intendevano schiacciare l’esercito italiano dopo la sconfitta di Caporetto e destinò così al fallimento il preventivato attacco della Landwehr austriaca al Monte Montello e a Grave di
Papadopoli (località venete), consentendo la ripresa della resistenza delle forze armate italiane che, tra il 2 e il 6
luglio, occuparono le aree tra il Piave vecchio ed il Piave nuovo (Battaglia del Solstizio). Nell’ottobre il fronte
del Piave fu nuovamente teatro di scontri tra Italiani e Austriaci in occasione dell’offensiva finale italiana (Battaglia di Vittorio Veneto), in cui l’esercito italiano sfondò le linee nemiche.
Tipica espressione della propaganda di guerra (vedi specifico approfondimento), favorì il morale delle truppe al
fronte, tanto che il generale Diaz inviò a Gaeta questo telegramma: «La vostra leggenda del Piave al fronte è
più di un generale!». Pubblicata dall’autore con lo pseudonimo di E.A. Mario solo a guerra ultimata, nel primo
dopoguerra ebbe anche lo scopo di idealizzare la Grande Guerra e farne dimenticare atrocità e lutti. Questa operazione di rilettura storica (sia pure mistificatoria), fu talmente apprezzata per il suo amor patrio che tra il 1943
e l’ottobre 1946 venne adottata come inno nazionale della Repubblica Italiana, poi sostituito da Il Canto degli
Italiani di Goffredo Mameli, studiato lo scorso anno.
Le quattro strofe fanno riferimento a quattro diversi momenti:
1. La marcia dei soldati verso il fronte, presentata come una difesa delle frontiere italiane, mentre in realtà
fu un’aggressione contro l’impero austro-ungarico.
2. La ritirata di Caporetto: riporto la prima stesura della strofa, che contiene alcune significative differenze rispetto a quella pubblicata alla fine del conflitto. Nel primo verso si fa riferimento ad un tradimento:
inizialmente, infatti, il generale Cadorna, per occultare le sue responsabilità, accusò di tradimento la II
armata e specificamente alcuni reparti del IV corpo d’armata. Dopo che venne definitivamente appurato che quei reparti erano invece stati sterminati da un attacco con gas letali, il verso venne sostituito con
un generico Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento; ugualmente il quarto verso venne sostituito da un edulcorato poiché il nemico irruppe a Caporetto.
3. La difesa del fronte sulla linea del Piave.
4. L’attacco conclusivo e la vittoria finale.
[Bibliografia essenziale: B. CATALANO GAETA, E.A. Mario: leggenda e storia, Liguori, Napoli 2006].
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l’esercito marciava per raggiunger la frontiera
e far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S’udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l’onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: «Non passa lo straniero!»
E ritornò il nemico per l’orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l’onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: «Indietro va’, straniero!»
Ma in una notte triste si parlò di tradimento
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l’onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i tuoi ponti.
S’udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l’onde.
Come un singhiozzo in quell’autunno nero
il Piave mormorò: «Ritorna lo straniero!»
Indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento
e la Vittoria sciolse l’ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdàn, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l’italico valore
le forze e l’armi dell’impiccatore!
Sicure l’Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l’onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi né stranieri!
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