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Il destino della strega del XV secolo

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Il destino della strega del XV secolo
Testo concorso Società Dante Alighieri ‘Il mondo in italiano’
Hasaramaj Jona 2°B lst Corni Modena
Il destino di una strega del XV secolo
Nel grigio del cielo, fra le nuvole nascoste dietro il temporale, i suoi pensieri si aggiravano soli,
illusi e vulnerabili. Il suo sguardo era sfuggente, c’era qualcosa che le turbava l’anima, ma non
esisteva nulla che potesse salvarla: ormai era una donna persa. Aveva un’età fresca, giovane, quasi
spensierata, ma rovinata dall’ostilità dei pregiudizi. Radicata in un sistema ottuso e spietato, si era
spenta di vitalità, ormai sembrava portarsi dietro la vecchiaia del tempo, che trascorso sul suo viso
malinconico e scoraggiato, le aveva marcato rughe infossate. Era una strega, per tutti doveva
morire. Viveva a Modena, in una casa modesta, presso Piazza Roma, e di mestiere vendeva fiori e
piante guaritrici. Era una delle sue passioni. Aveva appreso l’essenza delle cose, sapeva di
medicina, le nozioni di studio della natura dell’uomo; sapeva di matematica e astronomia, scienza
oltre la stelle ma rasente l’universo dei numeri infiniti, leggeva molti libri: storie di uomini che
vissero epoche prima di Cristo, culti singolari, ai limiti dell’immaginazione, musiche senza riti
religiosi, erboristeria o scienza della terra, e non smetteva di leggerli, poiché non esisteva altro
rimedio alla solitudine. Era una donna sola, lasciata al suo destino, ma convinta che la conoscenza
fosse l’unica ad aprirle gli occhi, liberarle l’impulso di curiosità che le si sprigionava dentro,
davanti alle evidenze del mondo, davanti alla natura. Era bello ascoltare le parole forti, sicure e
precise, rimbombarle in testa, nella memoria e ingannare il tempo risentendole vive ad alta voce e
interpretandole soggettivamente una alla volta. Era bello conoscere l’universo, l’uomo e Dio. Aveva
un’affermata convinzione che Dio esistesse, era sempre stata disposta a credere nella Chiesa, fin da
bambina: per lei esisteva un unico padre comune al cielo a alla terra, in grado di salvare le anime
dai loro peccati. Ma ora, perché proprio la Chiesa le voleva togliere l’unica forza che avesse nei
confronti del mondo, la vita? Perché, lei, che era una leale credente, veniva bollata da morbosi
pregiudizi, dalla gente, dal potente, dal sacerdote e da suo padre stesso. Quel giorno non avrebbe
mai dovuto lasciare entrare in casa quella vecchia, avrebbe dovuto prevedere e difendere se stessa
da qualsiasi intruso. Eppure quella vecchia appariva davvero bisognosa, sembrava sincera e fragile,
copia del suo medesimo essere. “Tutti quei libri, quelle carte scarabocchiate agli angoli della stanza,
aveva persino delle piante con pozioni strane, racchiuse in boccette trasparenti. E’ una strega, vi
dico, è una strega.”. Questo il vociare, le menzogne che non c’era modo di scrollarsele di dosso,
parassite della perversione e della diffidenza. La vecchia aveva macchiato la sua esistenza di una
parola anch’essa forte, precisa ma insopportabile e tremendamente ossessiva: fine. Con tutti gli
scritti giuridici, politici e religiosi per la condanna alle eresie e alla magia, pubblicati già secoli
precedenti, le streghe1 erano considerate la serve dei demoni, le loro veneratrici, quelle donne tanto
deboli da non avere coscienza, erano viste come le ‘tentazioni’ e andavano torturate e uccise, dietro
processo e condanna a morte. Ma chi poteva dimostrare che le streghe esistessero? Il popolo, la
massa, la gente che aveva bisogno di liberare il mondo dai pericoli e dal male, quella che voleva
farsi giustizia da sola, ingrata e indifferente alle donne, alle persone sole e abbandonate. Ed il
tribunale della sua città, Modena, quel tribunale tanto presente e ricorrente nei suoi incubi, quello
stesso che durante il processo le rovesciò addosso letture su letture dai capi di imputazione, era un
edificio spaventoso, a fianco della chiesa di San Matteo e vicino al castello degli Estensi. Ma le
sentenze erano state tante, otto, o forse di più e il tribunale, quasi ironicamente le aveva permesso di
rispondere, non ammettendo, tuttavia, in alcun modo la sua innocenza. Sarebbe stata giustiziata in
piazza Grande, davanti al popolo, presso le istituzioni politiche e religiose, come il protocollo
richiedeva: le accuse contro di lei erano chiare ed inconfutabili.
1. Il fenomeno delle streghe, viste come donne vulnerabili e devote ai demoni, andò diffondendosi intorno al XII-XIII
secolo, per concretizzarsi in via ufficiale nel 1298. Nacque in questo periodo la ‘caccia alle streghe’.
Il suo fragile destino era segnato: questa la decisione del tribunale, della chiesa (rappresentata dai
domenicani) e del podestà. Secondo il Malleus Maleficarum2 si poteva testimoniare l’esistenza delle
streghe, d’altronde, come si sarebbero potute effettuare le esecuzioni pubbliche senza prove
tangibili sull’esistenza del fenomeno? Ancora ripensandoci, le venivano i brividi. Sapersi immersa
in questo sistema di inquisizioni e di condanne, vedere la propria giovane vita destinata alla morte,
per volere della chiesa e del resto del mondo, era esasperante. Provava angoscia, terrore, disprezzo
per tutto, ora avrebbe voluto bruciare la cultura, gli interi anni passati a rincorrere nozioni
dell’universo e della natura con il desiderio di diventare una persona migliore, adesso avrebbe
voluto tornare indietro e cancellare qualsiasi cosa. Se solo avesse saputo. E molte come lei la
pensavano così, poiché già nel 1258 si assistette all’ufficializzazione della condanna da parte del
potere temporale, di coloro che praticavano stregonerie; l’avvicinamento completo e il definitivo
contatto dei concetti eresia-stregoneria, si ha nel corso del XIV secolo nel corso del quale la
stregoneria diviene l’eresia per eccellenza. Tuttavia è nel XV secolo che si verificò un’ulteriore
separazione di coloro che erano potenzialmente imputabili, e fu sempre in questo periodo che la
chiesa (cattolica) stabilì che le donne, soggetti più deboli, erano quelle più facilmente dominabili
dal demonio.3 Ebbe quindi inizio la “caccia alle streghe”, il clamoroso genocidio che nel giro di tre
secoli trascinò al rogo circa centomila donne. Quante anime innocenti erano morte ingiustamente?
Ma chi se n’era mai preoccupato?! Giusto i familiari e talvolta nemmeno. E proprio lei non aveva il
supporto della famiglia, poiché perfino dai suoi parenti fu rinnegata. La paura non ha segni di
razionalità, eppure agisce sempre in modo impeccabile e sicuro, contagiando ogni meandro
dell’anima di chi la manifesta e devastando il fragile apparato sentimentale stravolto dai pregiudizi
e dalla insofferenza. E la società in cui era nata, tanto avanzata da iniziare la sorte di una nuova
epoca, era ancora emblema di bugie, coercizione e paura del diverso, dello sconosciuto e
dell’inusuale. Ma adesso, guardando quel muro giallo, sporco di umidità, in quella piazza4 e
volgendo lo sguardo al cielo, in cerca forse di sicurezza o di ultimi segnali; lei, la nuova strega di
turno, contava piangendo gli ultimi secondi della sua vita, aveva paura, si incendiava la rabbia
ovunque: non era una strega, nemmeno una maga né tantomeno una serva del demonio; non aveva
mai partecipato ad una sabba e non aveva mai sacrificato nulla e nessuno. Voleva urlare contro
quella gente che era accorsa per vederla morire, voleva gridare di disprezzarla tutta, di odiare la
chiesa e forse il signore, per testimoniare cosa le avevano fatto, quanto le avevano sconvolto
l’esistenza. Ma l’ora era giunta, il boia era pronto, sembrava provenire dalle viscere del male del
mondo e accresceva il suo stato di inquietudine e sofferenza. All’ultimo minuto un sacerdote,
seguito dal suo bello schieramento di domenicani, lesse ad alta voce e forte, da liberare un
improvviso urlo assordante dal popolo:
«Stringono un patto con la morte e con l’inferno, fanno sacrifici ai diavoli, li adorano,
fabbricano e fanno fabbricare immagini, anelli o specchi o ampolle e qualsiasi altra
cosa per legare magicamente a sé i diavoli, ad essi chiedono responsi. O quanto
dolore! Un tale morbo pestifero si diffonde per il mondo più ampiamente, contagia
sempre più gravemente il gregge di Cristo»5
Erano in tre, dovevano tutte essere impiccate per eresia e stregoneria, ma fra loro, l’evidente stato di
malessere si percepiva dall’unica donna, forse più innocente delle altre, che stava nel mezzo.
2. Il Malleus Maleficarum, pubblicato nel 1486, e testimonia la posizione di totale condanna alla stregoneria: viene
espressa l’esistenza delle streghe e le motivazioni secondo la quali dovessero essere uccise.
3. La concezione della donna nell’Alto Medioevo prevedeva che essa fosse la serva del demonio, a causa del suo corpo
i cui organi, opposti a quelli dell’uomo, rivolti verso l’interno, era definita la tentazione e la seduzione dei sensi e della
carne. Con il passare del tempo, verso la fine del Basso Medioevo il ruolo della donna subisce trasformazioni radicali,
secondo le quali si crea lo stereotipo di donna angelicata e di amor cortese.
4. Si tratta di piazza Grande, a Modena.
5. Tale scritto è tratto dal ‘Super illius specula’, del 1326 di papa Giovanni XXII.
Con le urla, i richiami della gente e le gocce di pioggia, che scivolavano più leggere delle lacrime,
sul volto sconcertato, veloce si avvicinava la morte. Ora, quell’indesiderata protagonista le stava
piombando addosso con distanza calibrata ed impeccabile. Ed ecco che i pensieri peggiori, i ricordi
più insopportabili ed il terrore estremo, come la rabbia si affievolirono per scomparire in qualche
angolo di un’anima sola, che saliva al cielo.
Bibliografia:
libro ‘L’eredità antica e medievale (2)’ di Eva Cantarella e Giulio Guidorizzi
(p.292, 291 e 337);
libro ‘Benvenuta e l’Inquisizione: un destino di donna nella Modena del ‘300’ di
Grazia Biondi;
siti: www.atuttascuola.it/donna/medioevo.htm ;
www.mondimedievali.net/medioevoereticale/streghe.htm .
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