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MONOPOLIO

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MONOPOLIO
MONOPOLIO
Quando nel mercato c’è una sola impresa, difficilmente questa
accetta il prezzo di mercato come dato. Il monopolista può infatti
influire sul prezzo di mercato (price-maker) e quindi sceglie i
livelli di prezzo e di output che massimizzano il suo profitto.
Il monopolista non può scegliere il prezzo e la quantità
indipendentemente. Infatti, se fissa un prezzo la quantità che
riesce a vendere dipende dalla domanda di mercato, che quindi
rappresenta un vincolo alle scelte del monopolista.
Possiamo pensare che il monopolista scelga il prezzo, e lasci i
consumatori decidere la quantità; oppure che scelga la quantità,
lasciando i consumatori decidere a che prezzo acquistare. Il primo
modo è forse più intuitivo, il secondo consente un’analisi formale
più agevole. Entrambi comunque danno risultati equivalenti.
1. Massimizzazione del Profitto
Supponiamo che impresa monopolista scelga la quantità, che è
equivalente, ai nostri fini, alla scelta di prezzo, in quanto esiste
una corrispondenza biunivoca tra il prezzo e la quantità attraverso
la funzione di domanda:
Æ scelta del prezzo = scelta della quantità.
Sia p(y) la curva di domanda inversa di mercato, c(y) la funzione
di costo, e r(y) = p(y) y la funzione del ricavo del monopolista.
Problema per l’impresa è quello di massimizzare i profitti:
maxy π = r(y) – c(y).
Si avrà la massimizzazione dei profitti quando:
RICAVO MARGINALE = COSTO MARGINALE.
Se il ricavo marginale fosse inferiore al costo marginale,
all’impresa converrebbe ridurre la produzione in quanto la
riduzione di ricavo sarebbe più che compensata dal risparmio sui
costi marginali di produzione. Viceversa, se il ricavo marginale
fosse maggiore del costo marginale di produzione, converrebbe
aumentare la produzione visto che il ricavo aggiuntivo
compenserebbe i maggiori costi di produzione.
Æ Condizioni del primo ordine (assumiamo che quelle del
secondo ordine siano soddisfatte). Per massimizzare il profitto
devo calcolare la derivata prima e porla uguale a zero
π’(q) = 0
Æ r’(y) - c’(y)= 0
Æ r’(y) = c’ (y)
Æ MR=MC
Nel caso di concorrenza perfetta, il ricavo marginale è uguale al
prezzo e quindi per massimizzare il profitto un’impresa deve
produrre fino a che il prezzo è pari al costo marginale.
Nel caso del monopolio è leggermente più complicato: se decide
di aumentare la produzione di ∆y, l’effetto sul profitto è duplice.
Intanto, 1) vende una quantità maggiore di output, ed ottiene un
ricavo addizionale di p∆y. Inoltre, 2) si ridurrà anche il prezzo di
∆p, e tutta la produzione sarà venduta a quel prezzo. Nel
complesso, l’effetto sui ricavi derivante da una variazione ∆y
dell’output sarà pari a:
∆r = p∆y + y∆p,
2
e quindi il ricavo marginale, cioè il rapporto tra la variazione del
ricavo e la variazione dell’output, sarà:
∆r = p + ∆p y.
∆y
∆y
In maniera analoga, possiamo ricavare lo stesso risultato in
termini di derivata. Sappiamo infatti che r(y) = p(y)* y, e quindi,
usando la regola di derivazione del prodotto di funzioni:
MR = dp(y) y + dy p(y) = dp(y) y + p(y).
dy
dy
dy
Si raccolga p:
MR = p(y) [1 + y dp(y) ].
p(y) dy
Notare le seguenti implicazioni:
1. Nel monopolio, ne deriva la regola dell’elasticità: visto che
y dp(y) = 1 ,
p(y) dy
ε (y)
abbiamo che per massimizzare il profitto deve essere :
MR(y) = p(y) [1 + 1 ] = MC(y).
ε (y)
Visto che l’elasticità è negativa, possiamo riscrivere l’espressione
nel seguente modo:
MR(y) = p(y) [1 -
1 ] = MC(y).
ε (y)
3
2. Nella concorrenza perfetta, la curva di domanda è piatta (in
quanto la singola impresa non influisce sul prezzo). Ciò significa
che 1/ ε(y) = 1/¶ = 0 e quindi MR = p e la regola per
massimizzare il profitto di un’impresa concorrenziale si riduce a
“prezzo uguale costo marginale”.
3. Il monopolista, inoltre, non produrrà mai nei tratti in cui la
curva di domanda è inelastica. Infatti, se |ε(y)| < 1, allora 1/|ε(y)| >
1, e quindi il ricavo marginale è negativo e non potrebbe essere
uguale al costo marginale, che sappiamo essere positivo.
Intuitivamente: se la domanda è inelastica, ovvero se |ε(y)| < 1, la
riduzione dell’output fa aumentare i ricavi e riduce il costo totale
cosicché i profitti aumentano. Pertanto, qualsiasi punto in cui |ε(y)|
< 1 non può rappresentare un punto di massimo profitto. Allora, il
profitto è massimizzato solo nei punti nei quali |ε(y)| ≥ 1.
4. Nel monopolio, la regola dell’elasticità implica anche che
MR(y) = p(y) [1 -
1 ] < p(y), perché ε (y) > 0.
ε (y)
4
2. Curva di domanda lineare e monopolio
Se la curva di domanda è lineare,
p(y) = a – by,
la funzione di ricavo sarà pari a
r(y) = p(y) y = ay – by2
e la funzione di ricavo marginale sarà quindi pari a
MR(y) = a – 2by.
Si noti che la curva di ricavo marginale ha la stessa intercetta
verticale, a, ma ha il doppio della pendenza. Facile allora ricavare
il grafico: l’intercetta verticale è la stessa, mentre quella
orizzontale della curva di ricavo marginale è la metà di quella
della curva di ricavo totale.
La quantità ottima, y*, si ottiene quando la curva del ricavo
marginale interseca la curva del costo marginale. Il prezzo fissato
dal monopolista si determina sulla curva di domanda in
corrispondenza del livello produttivo y*.
Il ricavo totale sarà p(y*)y*, dal quale sottraendo il costo totale
c(y*)=AC(y*) y*, si ottiene il profitto, che corrisponde all’area del
rettangolo ombreggiato in figura 1.
5
p
MC
AC
a
Profitto
p*
Domanda (inclinazione = - b)
MR (inclinazione = - 2b)
y*
y
Figura 1.
3. Markup
Possiamo riscrivere l’espressione che rappresenta la
massimizzazione del profitto basata sull’elasticità nel modo
seguente:
p(y) =
MC(y ) .
[1 - 1/ ε (y) ]
*
Questa formula indica che il prezzo di mercato è un markup,
ovvero un ricarico sul costo marginale, la cui ampiezza dipende
dall’elasticità della domanda. Corrisponde anche a
1
.
[1 - 1/ ε (y) ]
6
Dato che il monopolista produce nei tratti nei quali la curva di
domanda è elastica, ovvero laddove ε (y) > 1, il markup sarà
sempre maggiore di 1.
Un monopolista, per massimizzare il profitto, dovrebbe
fissare un margine di profitto unitario (markup) tanto più
grande quanto più piccola è l’elasticità della domanda
rispetto al prezzo.
Figura: Elasticità della domanda e margine di profitto ottimale
p
p
pM
pM
MC
qM
Domanda inelastica
q
MC
qM
Domanda elastica
q
Esempio: Effetto di una tassa sul monopolista
Consideriamo impresa con costi marginali costanti. Come varia il
prezzo se introduciamo una tassa sulla quantità? I costi marginali
aumentano di un ammontare pari alla tassa, ma come varia il
prezzo di mercato?
Partiamo dal caso della domanda lineare. La curva del costo
marginale, MC, si sposta verso l’alto fino a MC+t, dove t
rappresenta l’ammontare della tassa, e l’intersezione tra la curva
del costo marginale e quella del ricavo marginale si sposta a
sinistra. Dato che la curva di domanda ha un’inclinazione pari alla
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metà di quella della curva del ricavo marginale, il prezzo aumenta
in misura pari alla metà dell’ammontare della tassa.
Algebricamente, vediamo la condizione di massimizzazione del
profitto:
a-2by = c+t,
che risolta per y porterà a:
y = a-c-t .
2b
Quindi la variazione dell’output è
∆y = - 1 .
∆t
2b
La curva di domanda è P(y)=a - by, e quindi il prezzo varierà in
misura pari a – b volte la variazione dell’output:
∆p = -b(- 1 ) = 1 .
∆t
2
2b
In questo caso compare ½ in quanto consideriamo una curva di
domanda lineare e costi marginali costanti. Questo implica che il
prezzo aumenta in misura inferiore alla tassa. Ma questo non è
vero in generale.
Infatti, una tassa può far aumentare il prezzo in misura superiore o
inferiore al suo ammontare. Per esempio, monopolista con curva
di domanda ad elasticità costante, che avrà:
p=
c+t ,
1 - 1/ ε (y)
e quindi
8
∆p =
1
,
∆t 1 - 1/ ε (y)
che sarà maggiore di 1. Ciò significa che in questo caso si ha un
aumento del prezzo superiore all’ammontare della tassa.
p’
p*
• Dopo la tassa
• Prima della tassa
MC + t
M
C
MR
y’
Domanda
y
y*
Cosa succede invece se si mette una tassa sui profitti? Il
monopolista deve versare una quota t (tau) del profitto ed il
problema di massimizzazione sarà quindi:
maxy (1-t) [p(y)y-c(y)].
9
Ma il valore di y che massimizza il profitto massimizzerà anche il
valore del prodotto tra il profitto e (1-t). Di conseguenza una tassa
sui profitti NON influisce in alcun modo sulla scelta ottima
dell’output per il monopolista.
4. Inefficienza del monopolio
Nel caso di un’industria concorrenziale si produce fino a quando il
prezzo è uguale al costo marginale. Invece, il prezzo di monopolio
è più alto del costo marginale e, di conseguenza, l’output di
monopolio è inferiore mentre il prezzo è più elevato rispetto alla
concorrenza perfetta. Quindi la soddisfazione, ovvero il benessere
economico, dei consumatori sarà inferiore ed un aumento
dell’output farebbe aumentare il benessere sociale, perché la
disponibilità a pagare è più grande del costo marginale
Æ opportunità di scambio Pareto-improving.
Per le stesse ragioni, in modo speculare, per l’impresa vale il
contrario. Ma se consideriamo congiuntamente i consumatori e le
imprese(a), quale situazione è migliore, la concorrenza od il
monopolio?
Vediamo figura 3. Supponiamo sia possibile costringere il
monopolista a comportarsi in maniera concorrenziale e a prendere
come dato il prezzo di mercato. Oppure, l’impresa può influire sul
prezzo e massimizza il suo profitto attraverso la scelta di (pm, ym).
Il livello di output prodotto in monopolio è Pareto-efficiente (=
non è possibile operare alcuna riallocazione a vantaggio di un
agente senza danneggiare qualcun altro)?
Sappiamo che la curva di domanda inversa, p(y), rappresenta il
prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per un’unità
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addizionale del bene. Visto che in monopolio p(y) > MC(y) per i
valori di produzione compresi tra ym e yc, esistono livelli di output
in corrispondenza dei quali i consumatori sono disposti ad
acquistare un’unità di output ad un prezzo superiore al suo costo
di produzione. Questa non può essere una situazione efficiente in
senso paretiano.
p
pm
MC
•
pc
•
MR
ym
Domanda
yc
y
Partiamo dal monopolio con produzione ym. Il prezzo sarà
p(ym)>MC(ym). Supponiamo che, dato che esiste un consumatore
disposto a pagare un’unità addizionale più di quanto costi, il
monopolista produca un’unità in più e la venda ad un prezzo p tale
che p(ym)>p>MC(ym). La soddisfazione, cioè il benessere
economico, del consumatore aumenterà, in quanto era disposto a
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pagare fino a p(ym) e invece paga p<p(ym). Per il monopolista,
d’altro canto, il prezzo ricevuto sarà maggiore del costo di
produzione, cioè p>MC(ym).
Tutte le altre unità sono vendute al prezzo precedente, cioè p(ym),
ma dalla vendita dell’unità addizionale entrambi i contraenti
ottengono un surplus addizionale, e quindi aumenta il surplus di
tutti senza che diminuisca la soddisfazione di alcuno. In altre
parole, la situazione iniziale del monopolio non era Paretoefficiente.
Il livello efficiente di output è quindi quello in corrispondenza del
quale la disponibilità a pagare per un’unità addizionale di output è
uguale al costo necessario per produrla. L’impresa concorrenziale
tiene conto di questa condizione. Il monopolista, invece, tiene
conto anche dell’effetto dell’aumento dell’output sui ricavi
derivanti dalle unità inframarginali, cioè quelle precedenti l’unità
addizionale o marginale, che non hanno nulla a che fare con
l’efficienza. Un monopolista sarebbe disposto a vendere un’unità
addizionale ad un prezzo inferiore, se non fosse che dovrebbe
vendere al prezzo inferiore anche tutte le altre unità
inframarginali.
5. Perdita netta di monopolio
Esiste un modo per calcolare in che misura un monopolio è
inefficiente? Il consumatore deve pagare pm invece di pc: basta
considerare la variazione del suo surplus. Analogamente,
l’aumento dei profitti per l’impresa che pratica un prezzo pm
invece di pc: basta considerare la variazione del surplus del
produttore.
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Trattiamo in maniera simmetrica l’impresa ed i consumatori del
bene. La variazione del profitto del produttore misura l’entità del
profitto cui i proprietari sono disposti a rinunciare per poter
praticare il più elevato prezzo di monopolio. La variazione del
surplus dei consumatori rappresenta invece quanto si deve dare ai
consumatori per compensarli del prezzo più elevato. La differenza
tra i due valori del surplus consente di calcolare il beneficio o
costo netto del monopolio.
p
MC
pm
A
pc
B
C
MR
ym
Domanda
yc
y
Passando da ym a yc, il surplus del monopolista diminuisce
dell’area A, poiché diminuisce il prezzo delle unità che già
vendeva, e aumenta dell’area C, a causa dei profitti provenienti
dalla vendita delle unità addizionali. Per il consumatore,
l’aumento è dell’area A, per le unità che, acquistate in precedenza,
sono acquisite ad un prezzo inferiore (pm > pc); e dell’area B, per il
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surplus ottenute per le unità addizionali ora messe in vendita
(infatti ym < yc).
L’area A è un semplice trasferimento di surplus dal monopolista al
consumatore: un lato del mercato aumenta di benessere, la
controparte lo diminuisce, ma il livello complessivo rimane
invariato. Invece, l’area B+C rappresenta un vero e proprio
aumento del surplus, e misura il valore che il consumatore ed il
produttore attribuiscono alla produzione addizionale.
L’area B+C è detta perdita netta di monopolio e misura quindi il
peggioramento della situazione quando si deve pagare un prezzo
di monopolio pm invece di pc. Come nel caso di una tassa, la
perdita netta di monopolio corrisponde al valore dell’output
perduto quando ciascuna unità dell’output non prodotto viene
valutata al prezzo al quale i consumatori sarebbero disposti ad
acquistarla.
Immaginiamo di produrre la quantità di monopolio. Se si produce
una unità in più, il suo valore è quello del prezzo di mercato,
mentre il suo costo di produzione è il costo marginale. Quindi il
“valore sociale” della produzione di quella unità addizionale
corrisponde alla differenza tra il prezzo ed il costo marginale.
Consideriamo ora la produzione di un’unità aggiuntiva: il valore
sociale, ancora, corrisponde alla differenza tra il prezzo ed il costo
marginale per quel livello di output. Proseguendo con le unità
addizionali di output, ci si sposta dal monopolio alla concorrenza,
e si possono “sommare” le distanze tra la curva di domanda e la
curva del costo marginale per determinare il valore della perdita
dell’output dovuta al monopolio. L’area così compresa tra le due
curve, che corrisponde ai livelli di output compresi tra quello di
monopolio e quello di concorrenza, rappresenta la perdita netta.
Esempio: Durata ottima di un brevetto
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6. Monopolio naturale
Efficienza paretiana si ha quando in un’industria la quantità di
output prodotta è tale per cui il prezzo è uguale al costo marginale.
Il monopolista produce fino a che il ricavo marginale è pari al
costo marginale, producendo una quantità inferiore a quella
efficiente. Possiamo regolamentare il monopolio stabilendo che il
prezzo debba essere uguale al costo marginale, lasciando che la
quantità prodotta sia quella cha massimizza il profitto? Potrebbe
esserci un livello di profitti negativi.
MC
p
AC
pac
pmc
Perdite
yac ymc
y
Il minimo della curva di costo medio si trova a destra della curva
di domanda, e l’intersezione della curva di domanda e di quella
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del costo marginale si trova al di sotto della curva del costo medio.
Allora, anche se efficiente, il livello yMC di produzione non
consente di ottenere profitti. Se questo livello fosse imposto al
monopolista, questi troverebbe più conveniente cessare l’attività.
È il caso tipico dei servizi pubblici, come gas, elettricità, linee
telefoniche, cioè quando ci sono reti ed infrastrutture con notevoli
costi fissi per installazione e manutenzione delle reti. Il costo
marginale può essere molto basso. Se i costi fissi sono notevoli, si
creano le condizioni per avere un monopolio naturale.
7. Come nascono i monopoli?
Date le informazioni sui costi e sulla domanda, quando è che
un’industria sarà concorrenziale oppure monopolistica? Si deve
fare riferimento alla relazione tra la curva del costo medio e la
curva di domanda. L’elemento rilevante è la dimensione della
scala minima efficiente (MES), ovvero il livello di output che
minimizza il costo medio relativamente alle dimensioni della
domanda.
Vedi figura, che mette in relazione la curva del costo medio e la
domanda di mercato per due diversi beni. Nel mercato di sinistra
c’è spazio per molte imprese, e ciascuna di esse pratica un prezzo
vicino a p*. Nel mercato a destra, invece, solamente un’impresa
può realizzare profitti positivi. È ragionevole pensare che il primo
funzioni come mercato concorrenziale, mentre nel secondo
emerga una struttura monopolistica.
Quindi la tecnologia, che influenza la forma della curva di costo
medio, ha una notevole importanza nel determinare la struttura di
un mercato, ovvero se un mercato si avvicina di più al monopolio
o alla concorrenza perfetta. Se la MES, la minima scala produttiva
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efficiente, ovvero la quantità di output che minimizza i costi medi,
è piccola relativamente alle dimensioni del mercato, ci si può
aspettare che prevalga la concorrenza.
Si tratta però di un’affermazione dal valore relativo, ovvero ciò
che è importante è la scala produttiva rispetto alle dimensioni del
mercato. La MES dipende dalla tecnologia e non si può
modificare più di tanto. La politica economica può però influire
sulle dimensioni del mercato. Se un paese sceglie una politica
protezionistica, così che le sue imprese sono protette dalla
concorrenza internazionale, sarà probabile che prevalga una
struttura di monopolio. Viceversa, se il paese si apre alla
concorrenza internazionale, le imprese di quel paese avranno una
modesta possibilità di influire sui prezzi.
p
AC
AC
p*
Domanda
MES
y
A
Domanda
MES
y
B
Se la MES è grande rispetto al mercato, l’industria finirà per
essere regolamentata. Anche la regolamentazione però costa: le
commissioni governative costano, così come costa alle imprese
attenersi alle loro direttive. Allora, da un punto di vista del
benessere economico complessivo, ci si deve chiedere se la perdita
netta di monopolio supera o meno i costi di regolamentazione.
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D’altro canto, si può creare un monopolio anche nel caso in cui le
varie imprese di un’industria decidano di colludere e di diminuire
la produzione per aumentare i prezzi e quindi i profitti. Tali
imprese formano cioè un cartello. Negli USA i cartelli sono
illegali, così come nell’UE ed in Italia.
Può anche darsi, però, che per una qualche ragione storica, in
un’industria vi sia una sola impresa dominante. Se impresa è stata
la prima ad entrare in un mercato potrebbe avere vantaggio in
termini di costo tale da scoraggiare l’entrata di altre imprese.
L’impresa dominante potrebbe anche dissuadere le altre imprese
dall’entrare minacciando una riduzione drastica dei prezzi in caso
di entrata.
8. Regolamentazione del monopolio
Quindi, il caso del monopolio naturale si ha quando la struttura
dei costi è minimizzata con una sola impresa. In questo caso è
necessaria la regolamentazione diretta del monopolista.
IPOTESI:
C = F + cy dove F sono i costi fissi e c il costo
marginale, costante
Se No regolamentazione: il monopolista fissa il prezzo a livello
di monopolio. Il profitto lordo sarà: π = ym (pm – c); mentre quello
netto π – F.
L’output ym è inferiore al livello ottimale Æ c’è una perdita di
benessere sociale perché inefficienza allocativa.
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Fig. 5.3: Monopolio regolamentato e non regolamentato
p
D
pm
pR = c
π
E
ym
yR
y
SOLUZIONI:
1. Costringere il monopolista a fissare un prezzo uguale al costo
marginale: pR(regolamentato) = c; in questo modo si raggiunge
la massima efficienza allocativa.
Ci sono però dei problemi: l’impresa potrebbe ottenere profitti
negativi; infatti, visto che i costi marginali sono costanti, il
profitto lordo sarebbe 0 e quello netto, - F.
Per risolvere questo problema, il regolatore potrebbe concedere un
sussidio = F, ma questo comporterebbe altri problemi: per ottenere
F, il regolatore dovrebbe aumentare le tasse in un altro settore
dell’economia; inoltre, la possibilità di effettuare trasferimenti da
parte del regolatore, implica discrezionalità nelle scelte e
porterebbe alla cosiddetta regulatory capture, ossia ad una
situazione nella quale le imprese investono nelle risorse per
influenzare la decisione del regolatore.
2. Average cost pricing. Il monopolista è forzato a fissare il
minor prezzo possibile coerentemente con il vincolo di non
avere profitti negativi.
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Fig. 5.4: Regolamentazione: il criterio del costo medio
p
pA
c
П=F
AC
E
qA
q
Con questo metodo (pR = AC), l’impresa non ha profitti < 0.
Es. RATE OF RETURN REGULATION: regolamentazione
del tasso di rendimento. Permette all’impresa di ottenere un
equo tasso di rendimento del capitale k investito (= al metodo
AC quando c’è un solo output e il capitale è l’unico input).
Problemi: ci sono pochi incentivi a ridurre i costi, infatti se
l’impresa riduce i costi, verrà ridotto anche il prezzo fissato dal
regolatore per mantenere lo stesso tasso di rendimento. Questo
è, quindi, un meccanismo a bassa potenza: il prezzo varia nella
stessa misura in cui varia il costo e questo minimizza gli
incentivi a ridurre i C.
In pratica, fra il momento in cui si riescono a ridurre i costi e
quello in cui il regolatore riduce il prezzo c’è un ritardo di
regolamentazione che consente al monopolista un guadagno
transitorio, ma questo rimane un meccanismo inadeguato per la
riduzione dei costi. Inoltre, chi e come stabilisce il livello dei
costi medi? Ci potrebbe essere un problema di asimmetria
informativa.
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Problema della qualità e degli investimenti per le aziende di
utilità pubblica locale (ex-municipalizzate): la legge prevede
che le tariffe tengano conto degli investimenti fatti per
migliorare la qualità del servizio. Un rendimento sicuro
(=tariffe aumentate per tener conto dei miglioramenti
qualitativi) per i gestori può portare ad un eccesso di
investimenti? Cosa serve un’acqua potabile, cristallina, ecc. se
devo usarla per fare la doccia, lavare la macchina, innaffiare il
prato?
3. Esattamente all’opposto c’è il metodo del price cap: il prezzo è
fissato in anticipo e non cambia mai, anche se cambia il costo.
Ovviamente, questo è un meccanismo ad alta potenza perché
una riduzione dei costi permette un aumento dei profitti.
pR = p + Inflazione – Technical Change
Anche questo metodo presenta, però, dei problemi:
- in un secondo momento potrebbe esserci incentivo di regolatore
ad abbassare prezzo (serve commitment del regolatore);
- non dà abbastanza incentivi per l’aumento della qualità;
- pone il problema della determinazione del prezzo: se troppo alto
provoca inefficienza, se troppo basso mette in pericolo
l’impresa.
Un meccanismo ad alta potenza implica un alto grado di rischio
per l’impresa.
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Riassunto
- monopolio è la situazione nella quale c’è una sola impresa;
- il monopolista produce in corrispondenza di un punto nel quale
il ricavo marginale è uguale al costo marginale. Stabilisce così
un prezzo superiore al costo marginale, e questa differenza o
markup, dipende dall’elasticità della domanda;
- visto che il prezzo è maggiore del costo marginale, la
produzione sarà ad un livello inefficiente. La perdita netta,
ovvero la somma della perdita di surplus del consumatore e del
produttore, misura l’entità di questa inefficienza;
- si ha monopolio naturale quando un’impresa non può produrre
una quantità efficiente di output senza subire perdite. Molti
servizi pubblici sono monopoli naturali di questo tipo, e sono
quindi regolamentati dallo stato;
- la tecnologia di un’industria determina la curva di costo medio.
Se la scala minima efficiente è elevata rispetto alla domanda, è
probabile che il mercato sia un monopolio. Invece, se la scala
minima efficiente è piccola rispetto alla domanda di mercato,
allora nell’industria possono coesistere molte imprese, e si può
quindi avere una struttura di mercato concorrenziale;
- per regolamentare i monopoli naturali ci sono alcuni
meccanismi, quali l’average cost pricing o il price-cap,
contraddistinti da potenza incentivante diversa per la riduzione
dei costi e per l’effettuazione di investimenti da parte delle
imprese regolate.
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