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Il porco: storia, religione e simbologia
Il porco: storia, religione e simbologia Il porco, dio per alcuni popoli, “bestia nera” per altri, ha una storia millenaria. Fatta più di disgusto che di venerazioni. Intendiamo qui di seguito ripercorrere questa storia, con particolare riferimento alla religione e alla simbologia, con incursioni nella letteratura e nelle scienze. *** Anzitutto alcune precisazioni terminologiche. Il maschio della specie suina è chiamato verro, dal latino ‘verrem’, connesso al maschio dotato di virtù generatrici: “quad grandes habeat vires”, nota Isidoro1. VERRO Non castrato Macellato PORCO Adibito a riproduzione Castrato MAIALE Non macellato Macellato PORCO Il porco è il verro destinato alla macellazione. Il verro castrato – si dice maiale – è presumibilmente macellato. Il verro non castrato è adibito alla riproduzione, accoppiandosi con la scrofa, ma non diventa cibo, non diventa porco, ancorché fosse particolarmente veemente con la sua troia2. I cuccioli sono detti lattonzoli o anche verretti se di sesso maschile e scrofette se femmine. Non tutti gli animali che diventano cibo cambiano nome. Il coniglio e l’agnello, per esempio, restano tali anche se serviti su un piatto. Forse perché di piccola taglia. Mentre bue, montone, vitello, cervo e maiale cambiano nome – anche in inglese, il pig diventa pork, di modo che si sappia: non di carne di maiale si nutre 1 Citazione riportata in R. Finzi, L’onesto porco. Storia di una diffamazione, Bompiani, Milano 2014, p. 94. Il termine ‘troia’, come sinonimo di scrofa, ha forse un nesso con il Cavallo di Troia, simbolo di inganno e astuzia? Probabile, dal momento che porcus trojanus indica un piatto, in uso presso i Romani, in cui la carne di porco veniva ripiena di altri tipi di carni, ingannando dunque il commensale. E la donna che appare menzognera e di facili costumi è, tuttora, per l’appunto, denominata troia. 2 l’uomo, ma di carne di porco. Il maiale diventa porco quando si decreta la sua condanna a morte: “è grasso, è grosso, è il momento!” Di solito dopo otto mesi, non più di dodici. Meglio se tra dicembre e gennaio, infatti il freddo clima impedisce la proliferazione batterica. Preferibilmente, in fase di luna vecchia o calante. Il macellaio delle tradizioni contadine lo sgozza e lo squarta; chi lo coadiuva esegue la lavorazione, attività che si protrae per tre quattro giorni, perché “del porco non si butta nulla”. Altri riti prevedono il conficcamento di un chiodo di sei otto centimetri nella fronte dell’animale. Un colpo secco e l’animale muore. L’art. 544-bis del codice penale non risulta molto chiaro: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni». Lo sgozzamento è senz’altro un’azione crudele, ed è quindi vietata. È evidente che il legislatore non vieta l’uccisione di animali. Ritiene che vi siano modi di uccidere compatibili con un senso di umanità, quelli cioè che non fanno soffrire l’animale. Eppure, se l’animale avvertisse – e il porco, pare, lo avverta benissimo – l’imminenza della morte, non soffrirebbe lo stesso a prescindere dal colpo secco di morte istantanea? *** Oggi, i porci – usiamo nel testo il termine porco in senso generico – hanno il pelo di un bel bianco rosato; ma un tempo non era così, lo avevano marrone, grigio, nero o pezzato3. Di certo i porci di cui parla Omero, la Bibbia, il Corano e Dante non potevano essere quegli animali pacifici e carnosi che conosciamo oggi. I porci dell’antichità e quelli del Medioevo erano pressoché simili agli attuali cinghiali. Lo testimoniano alcune pitture vascolari greche. Quelli dei secoli remoti erano veri e propri cinghiali, aggressivi e selvatici. È stata la domesticazione4 e soprattutto la selezione artificiale che ha modificato numerosi caratteri del cinghiale sino a trasformarlo in porco (aumentandone soprattutto il peso)5. Se si considera la storia del porco almeno fino al XIX secolo, occorre avere a mente più il cinghiale… che il porco; e più si va indietro nel tempo più è necessario far riferimento al cinghiale, con tutti i suoi tratti bradi e selvaggi6. Almeno fino al XVIII secolo i porci venivano tenuti in regime di semilibertà, ed erano 3 Esistono tuttora porci dal pelo nero, marrone o pezzato, pur non essendo cinghiali. Si suppone che l’addomesticazione dei suini sia avvenuta in Cina (e forse anche in Mesopotamia) 7.000 anni fa. Nel corso dei millenni si privilegiarono le linee di sangue meno aggressive e con maggiore tendenza a mettere massa sotto forma di carne, portando alla scomparsa quasi totale delle zanne e della copertura setolosa, gettando così le basi per quello che poi sarebbe diventato il comune maiale domestico. Quando sia avvenuto il processo di differenziazione è difficile stabilirlo, ma non è improbabile che sin dal III millennio a. C. fosse già presente, presso i popoli stanziali, l’uso di porci non propriamente cinghiali. 5 Un porco può arrivare a superare i 300 kg, quindi essere praticamente il doppio del peso di un normale cinghiale. 6 Sussistono differenze non da poco tra porco e cinghiale; membri della specie dei Suidi e perciò interfecondi, eppure piuttosto diversi da un punto di vista morfologico: il cinghiale possiede due piccole zanne ed è ricoperto da una peluria marrone; il porco ha poca peluria (sul roseo) e non ha le zanne (al loro posto due bei canini). Con riguardo alla 4 suscettibili di frequenti meticciamenti con cinghiali selvatici. L’avvio di una nuova concezione dell’allevamento intensivo in recinti rese possibile una selezione più accurata e sicura dei riproduttori, tesa all’aumento di dimensioni, alla diminuzione dell’aggressività e a una maggiore tendenza alla conservazione della carne (che nel cinghiale selvatico, così come nei maiali semiselvatici, va assai rapidamente in putrefazione): tale selezione portò all’ottenimento della prima razza vera e propria di maiale domestico nel 1805, in Inghilterra7. Verrebbe da chiedersi se il mantenimento dei tabù di natura religiosa possa avere ancora un senso, considerato che il porco di oggi e il porco di ieri (quando cioè sorsero quei tabù), non hanno molto in comune. Oggi un porco appare un essere pressoché docile e mansueto, al pari di un cane che non morde, di un cavallo, di una mucca, di una capra o di una pecora. Il cinghiale, invece, è sempre stato considerato uno degli animali più pericolosi. Basti rammentare una favola di Esopo: «Durante la stagione estiva, quando il caldo accende la sete, un leone e un cinghiale andarono a bere a una piccola sorgente e si misero a litigare su chi dovesse accostarsi all’acqua per primo. Da qui nacque tra loro un duello mortale, finché d’un tratto i due si voltarono per riprendere fiato e si accorsero che alcuni avvoltoi stavano aspettando che uno di loro cadesse per divorarlo. Perciò posero fine alle ostilità: “È meglio per noi diventare amici, piuttosto che essere il pasto di corvi e avvoltoi”»8. Ciò che conta qui non è tanto la morale secondo cui sarebbe bene dare un taglio alle discordie e alle rivalità, che portano in ogni caso a epiloghi dannosi, bensì il fatto che un leone è posto sullo stesso livello di un cinghiale9. carne, quella di porco ha un gusto più delicato, mentre quella di cinghiale ha un sapore più intenso. Invero, si è detto, il cinghiale è di origine selvatica ed è più antico. 7 Fonte: Wikipedia, alla voce “Sus scrofa”. 8 Esopo, Favole, a cura di C. Benedetti, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1996, p. 209. 9 Del cinghiale, oltre l’uomo, sono predatori vincenti i lupi, che attaccano in branco: alcuni lo distraggono mentre altri, da dietro, lo assalgono. Poi, le tigri, che si avventano sul collo del cinghiale dissanguandolo; alcuni tipi di iene striate; i coccodrilli, che però hanno margine di manovra limitato. Per quanto concerne la caccia al cinghiale, l’uomo è il più terribile. L’invenzione della freccia ne rese meno pericolosa la caccia, evitando un corpo a corpo assai rischioso, soprattutto quando vengono feriti. Si narra che lo dimostra il fatto che Carlo Magno qualche mese prima di essere incoronato imperatore da Papa leone III, uccise un cinghiale con una lancia. Durante tutto il Medioevo la caccia al cinghiale non venne mai meno, divenendo un’attività quotidiana. Evidente, poi, che lo sviluppo delle armi da fuoco rese la caccia al cinghiale poco più che un hobby: i nobili uccidevano senza sforzo centinaia di animali, costringendo la popolazione locale – gli era vietato uccidere gli animali – a servirsi di quella nobiliare, venduta a prezzi particolarmente esosi. Del cinghiale sussiste un’ampia e articolata simbologia. Nella cultura dell’antica Grecia, il cinghiale costituiva un simbolo di morte e del buio: la stagione di caccia a questi animali si apriva il 23 di settembre, che annuncia la fine dell’estate. La sua colorazione scura e le sue abitudini notturne facevano il resto. Tra le figure mitologiche del mondo greco spicca il cinghiale di Erimanto, ferocissimo animale che Eracle domò come terza delle sue dodici fatiche; altra figura era il cinghiale Calidonio, poderosa bestia inviata sulla terra da Ares come punizione per Adone, poi uccisa nella caccia calidonia, alla quale avevano partecipato pressoché tutti gli eroi greci. Nella mitologia celtica, il cinghiale era simbolo della divinità Arduina, e molte narrazioni (come quella di Fionn mac Cumhaill nella mitologia irlandese) sono incentrate proprio attorno alla sua caccia, sempre impervia. Nella mitologia norrena, il cinghiale è associato alla fertilità ed è fedele accompagnatore degli dei Freyr (il cui cinghiale si chiama Gullinbursti) e Freyja (il cui cinghiale si chiama Hildisvíni): si pensa che la figura di Freyr col suo cinghiale sia stata poi trasfigurata nella cristianità in quella di San Nicodemo da Cirò o di Sant’Antonio Abate. Nella Persia dell’impero sasanide i cinghiali erano considerati meritevoli di rispetto in quanto creature coraggiose e sprezzanti del pericolo, tanto che l’aggettivo Boraz o Goraz (cinghiale) veniva aggiunto al nome di una persona per sottolinearne il coraggio in battaglia. Nella mitologia indiana il cinghiale invece rappresenta Varaha, il terzo avatar di Vishnu. A proposito del porco, invece, leggiamo sul Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze10: «Poiché divora il suo cibo rumorosamente e si rotola nel fango, il porco incarna la voracità, l’ingordigia e la sporcizia. Esso illustra anche le tendenze più vili dell’uomo, la lordura del suo corpo come della sua anima. Nella battaglia spirituale che gli dei egizi ingaggiano fra loro, è sotto forma di un porco nero che Seth, lo spirito del Male, attacca la luna, rifugio dell’anima di Osiride, l’“Essere buono”. Lo stretto divieto di consumare carne di maiale, nelle tradizioni ebraica e musulmana, può anche essere inteso, sul piano simbolico, come paura della contaminazione da parte delle pulsioni inferiori, da cui la volontà di non assimilare le forze e le energie negative, addirittura demoniache, di cui il porco è l’emblema. D’altronde, sempre nell’ambito dei tabù alimentari, Frazer riferisce che tra gli Zulù le ragazze non mangiano carne di maiale per evitare di mettere al mondo bambini brutti e sgraziati11. […] In tutto il mondo, le credenze superstiziose fanno perciò del porco un animale di cattivo augurio. È pericoloso incrociare il suo cammino perché attira la sfortuna sulla persona che lo incontra. Tuttavia, il simbolismo fortemente negativo del porco appare più sfumato: nell’immagine della troia, simbolo di fecondità, da cui i numerosi sacrifici di troie alle dee egizie e greche, o anche le rappresentazioni delle divinità provviste di mammelle di troia; nel personaggio mitologiche cinese del “Maiale trascendente”, che aiuta il dio dell’Allevamento, vegliando sul bestiame; nell’immagine del maiale come la si trova nelle favole: i maialini esprimono la vulnerabilità del desiderio di fronte agli attacchi del lupo. Così, la rappresentazione del maiale, più dolce, più infantile, usata nelle favole o nei giochi, addolcisce sensibilmente i significati marcati di impurità e avidità attribuiti al porco. Tuttavia, il maiale, per quanto piccolo sia, resta una evocazione del desiderio bramoso. Nella sua analisi della favola I tre porcellini, Bettelheim stabilisce chiaramente la loro relazione simbolica con i differenti ordini pulsionali. I tre maiali illustrano, infatti, le tre istanze psichiche della seconda topica freudiana: l’Es, l’Io e il Superio-Io, vale a dire che essi mettono a confronto il principio di piacere (il primo maiale costruisce la sua casa in paglia per non lavorare troppo e potersi divertire) col principio di realtà e con le esigenze morali (il terzo maiale sceglie la via dello sforzo e della ragione e costruisce una casa in mattoni)». Come si può notare non si fa troppa differenza tra porco e cinghiale; l’affinità e la confusione tra i due animali ha prodotto non pochi equivoci, che sono andati tutti a nocumento del porco. E c’è poco da fare, il 10 Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze, C. Morel, tr. it. E. Crispino, Giunti editore, Milano 2006, pp. 677- 678. 11 Frazer si spinge ad affermare che «in effetti, si tratta di un animale molto brutto, la sua bocca è spaventosa, il grugno allungato» (riferimento citato nel Dizionario, cit.) porco paga un fio tremendo, per visioni monistiche ancestrali, che si protraggono e alimentano inarrestabilmente nel corso della storia. In epoca moderna, per esempio, scrive Buffon: «Di tutti i quadrupedi il porco appare come il più rozzo, e in esso le imperfezioni formali sembrano influire sull’indole: ogni sua abitudine è volgare e ogni gusto immondo, ogni sua sensazione si riconduce a una furiosa lussuria e a una brutale ingordigia, che lo induce indistintamente a divorare ogni cosa gli si pari innanzi, non esclusa la sua prole appena nata. Pare che tanta voracità sia dovuta al continuo bisogno di riempire la grande capienza del suo stomaco, dalla volgarità dei suoi appetiti e dall’ottundimento dei sensi del gusto e del tatto. La ruvidezza del pelo, la durezza della pelle, lo strato di grasso rendono il porco poco sensibile alle percosse: non è raro che un topo gli si ficchi sulla schiena e gli divori il lardo e la pelle senza che esso dia segno di avvedersene. Infatti i maiali hanno un senso del tatto alquanto intorpidito, e quello del gusto è altrettanto grossolano»12. *** Se si eccettuano i Greci, i Romani e i Galli, tutti gli altri popoli, e in particolare quelli del Vicino Oriente, lo considerano un animale impuro. Gli Egizi, che pure inizialmente lo allevano e ne utilizzano la carne, finiranno per disprezzarlo, attribuendolo a Seth, il dio demoniaco della mitologia egizia. Il consumo della carne di porco (e, ovviamente, di cinghiale) è vietato agli Israeliti (Levitico, 11, 7; Deuteronomio, 14,8). Lo è tuttora in tutto il territorio d’Israele. Peraltro, il tabù non lo riguarda solo da morto; anche da vivo non va toccato – e persino il suo nome non può essere proferito! Il Talmud, per non nominarlo, vi si riferisce con l’espressione ‘davar acher’, ‘l’altra cosa’. Perché questo tabù? Il porco è impuro perché si rotola nel fango e si nutre di immondizia, sosteneva Mosè Maimònide. Ma già San Paolo: «Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango» (Seconda lettera di Pietro, 2, 22)13. La parola ‘spurcitia’ non a caso viene da ‘porcus’, un termine che presso i Romani già indicava ‘persona sconcia e immorale’. Quando si voleva insultare qualcuno, sempre, a portata di mano, c’era il buon porco a soccorrerlo. Persino Dante ne utilizza la terminologia spregiativa: «brutti porci, più degni di galla che d’altro cibo in uman uso» (Purgatorio XIV, 43-44). A Epicuro, che non ha mai goduto di ottima fama, si affibbiò ben presto l’appellativo di porco, in quanto «che si rotolava nel fango dei piaceri carnali» (Agostino d’Ippona, Commento ai Salmi, 73, 25). Gli ebrei sefarditi (della Penisola Iberica) che si convertivano al cristianesimo venne dato l’appellativo di marrani, lemma dall’etimo incerto, ma probabilmente legato al termine arabo ‘maḥram’, che indica ‘la cosa proibita’, quindi il porco, da cui il termine idoneo a designare il 12 Citato in M. Pastoureau, Il maiale. Storia di un cugino poco amato, Ponte alle grazie, Milano 2014, p. 36. Né il filosofo né il santo potevano sapere che il maiale è sprovvisto di ghiandole sudoripare e ha difficoltà di respirazione; cerca frequentemente acqua e, non essendo dotato di una vista acuta, né di grosse capacità tattili, finisce spesso nella melma… Pare inoltre che il porco si getti nel fango anche per ripulirsi da parassiti che gli attaccano la pelle, protetta da una peluria tutt’altro che abbondante. 13 comportamento spregevole di gente infida e opportunista che si professa pubblicamente cattolica mentre in privato manteneva le sue tradizioni14. Una favola di Esopo fornisce un ritratto più indulgente almeno della scrofa, pur non smentendone la cattiva fama. «Una scrofa e una cagna si lanciavano reciprocamente terribili insulti e la scrofa andava giurando e spergiurando in nome di Afrodite che avrebbe fatto a pezzi l’altra con i denti. Al che la cagna replicò ironica: “Fai bene a giurare per Afrodite, perché è chiaro che tu sei amata in modo particolarissimo da questa dea, la quale non ammette in nessun caso nel suo tempio chi assaggia le tue carni impure”. E la scrofa: “Anzi, questa è una prova in più che Afrodite mi vuole bene: infatti la dea detesta con tutte e sue forze colui che mi uccide o mi sottopone a qualche altro maltrattamento. Tu, dal canto tuo, puzzi sia da viva che da morta”»15. Il Cristianesimo non fa sconti ai porci. «Giunto all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro [a Gesù e ai suoi discepoli]; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: “Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?” A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: “Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci”. Egli disse loro: “Andate!” Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio» (Matteo, 8, 28-34). Alla natura impura del porco allude anche la parabola del figliol prodigo (Luca, 15): dopo aver dilapidato il patrimonio, costui diventa guardiano di maiali – che poi significa ridursi al nulla… Il porcaio, d’altronde, godrà sempre di un esemplare disprezzo: durante il Medioevo si diffonde la leggenda che dormisse accanto ai porci, e viene considerato un selvaggio che intrattiene relazioni con il diavolo e le sue creature, l’orso e il lupo. Oltre che associato al diavolo, il porco incarna alcuni vizi: il sudiciume (sordes), l’ingordigia (gula), la lussuria (luxuria) e la collera (ira). Nell’epoca moderna, medici e dietologi aggiungono che la carne di porco sia difficile da digerire; nei paesi caldi, poi, diviene presto malsana. (Da notare che in Indocina e in numerose isole del Pacifico, ove il clima è molto caldo, l’alimentazione di carne suina è un’abitudine. Ovvio, però, che non può essere questo un argomento a sostegno della non validità della tesi climatica: è la percezione del problema ciò che induce a un certo comportamento e se si fa largo l’idea che il caldo nuoccia alla carne di porco, non la si mangerà poi tanto facilmente). Le ragioni simboliche del tabù hanno grande importanza: 1. alcuni studiosi hanno rilevato che tribù ebraiche primitive consideravano il porco un totem; per affrancarsi da tali mitologie, le sacre scritture ebraiche avrebbero sottolineato la proibizione del porco e la sua impurità. 14 15 Non è comunque da escludere che il termine ‘marrano’ risalga all’ebraico ‘marah’, che significa ‘ribellarsi’. Favole, cit., p. 345. 2. Altri studiosi hanno sottolineato che i popoli del deserto hanno sempre evitato di addomesticare il porco per la sua incapacità di transumare; si argomenta che gli Ebrei, originariamente nomadi, avrebbero assunto le abitudini, anche simboliche, di quei popoli. 3. Sulla base dell’assunto precedente, qualcuno ha rilevato che l’impurità presso alcuni popoli sia stata la risultante di scontri tra popoli dediti all’allevamento e popoli agricoli, o tra popoli nomadi e popoli sedentari (e come si è detto gli Ebrei, ma anche gli Arabi, erano popoli originariamente nomadi che, per potersi insediare in un territorio, si sono spesso dovuti imporre con la forza su tribù autoctone). 4. L’antropologia ha osservato che il porco non è affatto l’unico animale impuro indicato dal Levitico e dal Deuteronomio; il tabù che lo coinvolge deve pertanto valutarsi tenendo conto di tutte le altre specie animali proibite. E cosa emerge? Emerge che sono tutti animali “fuori categoria” che sfuggono alla facile classificazione. I maiali e i cinghiali, il corvo, l’avvoltoio e tutti i rapaci, l’aragosta, l’anguilla e il gamberetto costituiscono specie con caratteristiche morfologiche e comportamentali specifiche, non ricorrenti, che perciò divengono sospetti e pericolosi, inducendo alcuni popoli a privarsene del tutto. Vale per i musulmani lo stesso discorso fatto per gli ebrei. Già prima dell’Islam, le tribù arabe (nomadi) si astenevano dal mangiare carne di porco. Lo consideravano impuro. D’altronde, tutto ciò che atteneva alla carne era considerato lontano dalla santità mentre il vegetale possedeva virtù purificatrici. Il Corano si spinge anche al di là dei testi biblici: è vietato consumare la carne di qualunque animale che non sia stato sgozzato secondo un certo numero di prescrizioni rituali. L’animale dev’essere interamente dissanguato. E il porco, essendo privo di collo – è stato osservato da alcuni – non è idoneo a essere sgozzato come da rito. Inutilizzabile, quindi. Ad ogni modo, le prescrizioni coraniche riservano al porco alcune specifiche attenzioni, non sempre negative (si vedano le sure II, 168; V, 4; VI, 146; XVI, 16). Oggi, poi, si allevano maiali in Marocco e in Tunisia – tanto per fare un esempio – per rifornire di carne gli alberghi che ospitano turisti non musulmani. Rimane il fatto che in un’ottica di fede, per i musulmani è futile e va contro la volontà di Dio anche solo ricercare i motivi del tabù. Forse per prendere le distanze dall’ebraismo, il cristianesimo concede al porco alcune lievi riconsiderazioni. Si pensi al maiale di sant’Antonio Abate. Vissuto nel III secolo, Antonio era figlio di una nobile famiglia dell’Alto Egitto; di lui Atanasio riferisce che dopo aver perduto i genitori, vendette tutti i beni e si diede all’eremitaggio. Fu il padre del monachesimo. Soggetto alle stesse tentazioni che aveva subito Gesù nel deserto. Il diavolo assume diverse sembianze, ma stranamente non quella del maiale. Quella del cinghiale sì, tuttavia! E quando il cinghiale si trasforma iconograficamente in maiale, quando cioè dismette simbolicamente i tratti nefasti di una bestia selvaggia, Antonio lo accoglie, fino a farne un compagno protettivo. Molti dipinti lo raffigurano con accanto un porcellino, spesso dotato di un campanellino. Qual è la ragione di una tale metamorfosi? Probabilmente, ancora, per prendere le distanze dalla tradizione ebraico-musulmana?16 (Tutto ciò avvenne nel corso di almeno un millennio, ma in particolare grazie all’influenza dell’ordine ospedaliero degli Antoniani, che non disdegnarono allevarne a gran quantità). Ma al di fuori dell’agiografia antoniana, il porco ha conservato la sua cattiva reputazione. D’altronde, non guarda mai verso Dio… e incede trotterellando in senso solitamente rettilineo, con nasone perennemente a terra, in cerca di cibo, rifiuti e carogne. Il porco assume le connotazioni di una creatura infernale, al pari, solo, del serpente e degli altri esseri striscianti. *** Il Libro X dell’Odissea narra l’episodio dell’approdo all’isola di Circe, una maga che trasforma in porci la metà dei compagni di Ulisse, lasciando loro la sola facoltà mentale; l’eroe sfugge all’incantesimo con l’erba Moli, che Mercurio gli aveva fortunatamente dato. La donna, poi, reclama il suo amore; e Ulisse si concede, a patto che i suoi compagni riacquistino le sembianze umane. E così è stato, perché permanere nello stato di porco non 16 Cfr. L. Fenelli, Dall’eremo alla stalla. Storia di sant’Antonio Abate e del suo culto, Editori Laterza, Roma-Bari 2011. poteva essere una bella cosa per una ciurma che aveva combattuto a Troia. Il mito della trasmutazione è ripreso in un romanzo di Marie Darrieussecq, Troismi (1996), dove si racconta la storia di una giovane donna che diventa una scrofa, o troia – la quale sfugge alle oppressioni maschiliste, acquistando libertà e lucidità, condizioni che neppure si sognava quand’era umana. «Il porco è la più stupida delle bestie»17, sentenzia Plinio. Durante i secoli non si scrolla mai di dosso l’etichetta di animale rozzo, ignorante, “hebes” (ottuso), per dirla con Giordano Bruno, che non si esime dall’alimentare il mito negativo18. «Una notte dei ladri, racconta Eliano (Nat. Anim., VIII, 19), rubarono tutti i maiali di un porcile, quaranta maiali, li caricarono in barca e se ne andarono al largo. Quando il padrone se ne accorse, si mise a fischiare come soleva fare per chiamarli al porcile all’ora del pasto. I maiali, che hanno l’udito fine, anche se erano ormai a qualche chilometro, sentirono il fischio e lo riconobbero, così corsero tutti per sentir meglio sul lato della barca, che si rovesciò, i ladri annegarono, e i maiali tornarono a casa a nuoto»19. Persino il porcaio, abbiamo visto, gode di tutto disprezzo. Eppure, nel 1086, la sola contea di Rutland, al centro dell’Inghilterra, possiede ben 11.414 maiali e solo 3.167 bovini; solo le pecore sono più diffuse (quasi tre volte tanto). Inoltre, con la pelle del porco si son fatte calzari e selle, persino pennelli per dipingere20. Ovvio, però, che il possesso di un porco è funzionale alla produzione di carne. Non fanno uova, non fanno latte. Non forniscono pellicce. Non vengono adibiti a traino. Gli Egizi si servivano del porco per calpestare i campi appena seminati21. Nel complesso, il porco è un animale “inutile” nel mondo agricolo22. «Non è, come cavallo, bue, asino e via dicendo, un “motore” la cui energia possa essere sfruttata per la coltivazione dei campi o per altre attività»23. Una favola di Esopo fornisce la più disarmante delle constatazioni: «Un porcellino si era infiltrato in un gregge di pecore e andava con loro al pascolo. Ma una volta il pastore lo afferrò e quello si mise a gridare e a dibattersi. Le pecore lo rimproverarono per quegli strilli: “Ci prende in continuazione, e pure non gridiamo, noi!” osservarono. “Ma i motivi per cui il pastore cerca me non sono gli stessi per i quali cerca voi” replicò a queste accuse il porcellino, “perché se piglia voi lo fa per la lana o per il latte: da me, invece, viole la carne!”»24 17 Il maiale, cit., p. 16. In Cantus Circaeus, un libretto apparso nel 1582 a Parigi. 19 Il passo è riportato in E. Cavazzoni, Guida agli animali fantastici, Ugo Guanda, Parma 2011, p. 133. 20 Cfr. L’onesto porco, cit., pp. 64-65. 21 È Erodoto che lo sostiene, ancorché non si esimi dal ricordare che gli stessi Egizi lo consideravano (perlomeno in epoca tarda) un animale immondo – a tal punto che se uno veniva dal porco sfiorato, correva «subito a gettarsi nel fiume completamente vestito» (Storie, II, 47). 22 Da notare che il suo straordinario talento olfattivo ne farebbe un incredibile cercatore di tartufi. Pare sia in grado persino di sostituire un cane da caccia. 23 Cfr. L’onesto porco, cit., p. 81. 24 Favole, cit., p. 101. 18 Ebbene sì: il porco fornisce essenzialmente carne – secondo la FAO, il 40% della produzione mondiale di carne proviene dal porco. Poi, prosciutti, salami e mortadelle25, tutti cibi molto gustosi e apprezzati – sono per esempio diffusi in tutta Italia, specie nelle regioni del Nord26, utilizzati soprattutto come antipasti. Per non parlare delle ricette a base di carne suina (per esempio, pasta alla carbonara, un piatto caratteristico del Lazio, e tagliatelle alla bolognese)27. *** All’inizio del Medioevo il porco era allevato allo stato brado; e solo nel Basso Medioevo si cominciò a praticare l’allevamento in stalla. Dal XVI secolo in poi, sia l’espansione delle aree urbane sia il disboscamento a causa dell’utilizzo del legname soprattutto per la costruzione delle navi, provocano la diminuzione del numero di cinghiali e, parimenti, quello dei porci. La sua carne, oltretutto, cresce di prezzo, divenendo appannaggio dei soli ricchi. In tutte le città europee la corporazione dei macellai e dei salumieri era temuta e rispettata. Infine, con l’introduzione della patata nell’agricoltura, ma anche in virtù del proliferare dei rifiuti di una popolazione sempre più numerosa, nel XIX scolo, i suini tornano in auge; si sviluppa l’allevamento industriale e intensivo e si diffonde la pratica degli incroci, secondo le teorie del trasformismo biologico. In Inghilterra, si incrocia scrofa inglese e verri importati dall’Estremo Oriente, fino a selezionare una razza considerata pura, i Berkshire, i cui esemplari pesano quasi mezza tonnellata – avendone di carne da fornire ai più spietati carnivori europei! *** Dalla fine del XIX secolo, si assiste a una sorta di capovolgimento. A fare “porcate” non è più il cane, come si diceva durante il Medioevo (forse a causa del suo “osceno” comportamento sessuale), e non è neppure più il porco; è l’uomo! L’uomo che sopprime l’altro uomo, che non si fa scrupoli di nessun tipo, onnivoro, fangoso, schifoso. Una delle più grandi porcate dell’uomo sono i soldi, la più venerata delle divinità moderne; a tal punto che i maialini, ancora una volta, soccorrono le sue ingordigie dando corpo ai salvadanai, rossi, neri, rosa… ce 25 Dal latino ‘myrtatum’, o ‘murtatum’, vale a dire: condito con coccole di mirto (una pianta arbustiva tipica della macchia mediterranea). 26 La soppressata è invece un prodotto agroalimentare, simile alla salsiccia, tipico del Sud (tradizionale della Basilicata, ma diffuso anche in Puglia, Calabria, Abruzzo, Molise e Campania). 27 Per il primo si usa in genere guanciale, ma anche pancetta; per il secondo, per il condimento al ragù, l’Accademia Italiana della Cucina ha stabilito che gli ingredienti devono sono: 300 g di polpa di manzo (cartella o pancia o fesone di spalla o fusello) macinata grossa, 150 g di pancetta di maiale (oltreché 50 g di carota gialla, 50 g di costa di sedano, 50 g di cipolla, 300 g di passata di pomodoro o pelati, ½ bicchiere di vino bianco secco, ½ bicchiere di latte intero, poco brodo, olio d’oliva o burro, sale, pepe; ½ bicchiere di panna liquida da montare, facoltativa). (Fonte: http://www.accademiaitalianacucina.it/it/content/rag%C3%B9-alla-bolognese). n’è per tutti i gusti. Si sfrutta l’innocenza dei bambini, i soli che possono realmente riabilitare la figura del porco. I porci diventano I tre porcellini28, che devono difendersi dal lupo cattivo (come d’altronde Cappuccetto rosso), ciò che permetterà di trasferire al lupo le connotazioni di animale cattivo29; e non solo nelle favole. Nel venticinquesimo capitolo del suo The Book of the Naturalist del 1919, William Henri Hudson scrive: «Provo un sentimento di amicizia verso i maiali in generale, e le considero tra le bestie più intelligenti, non eccettuati l’elefante e la scimmia antropomorfa […] Il maiale ci osserva da una posizione totalmente diversa, una specie di punto di vista democratico, come se fossimo concittadini e fratelli; dà per scontato che capiamo il suo linguaggio, e, senza servilismo e insolenza, ci dimostra un cameratismo spontaneo o amabile, o un’aria cordiale»30. Gli uomini come maiali, ma anche i maiali come uomini: nella satira della società sovietica descritta da George Orwell in La fattoria degli animali, il porco è considerato la bestia più intelligente: istiga la rivoluzione e ne guida le fasi (rappresentano i capi, e in particolare, il Maiale Napoleone rappresenta Stalin, mentre le pecore rappresentano il popolo rimbecillito che subisce la rivoluzione). Poi, anche i porci si fanno ammansire dal potere e divengono dispotici, schiavizzando gli altri animali e alleandosi con i contadini, i quali potranno infine riprendersi il potere usurpato dagli animali. *** Un tempo, e soprattutto in epoca medievale, si credeva che il porco avesse la medesima anatomia interna dell’uomo. La medicina promuoveva la dissezione dei maiali per esigenze scientifiche, finché la Chiesa non l’ha proibita, inducendo l’utilizzo di corpi di criminali appena giustiziati. Nonostante ciò, la cuginanza tra uomo e animale continua a imperversare, al punto che si svolge tuttora sul corpo dei maiali un numero elevatissimo di esperimenti. Eppure è la scimmia che condivide il maggior numero di geni con l’uomo. Perché il porco? Semplice: perché le scimmie sono specie protette, mentre i porci non arrecano alcun problema di 28 Si tratta di una fiaba tradizionale europea pubblicata per la prima volta da James Orchard Halliwell-Phillipps intorno al 1843 nella raccolta Nursery Rhymes and Nursery Tales, che riprende fonti antecedenti di incerta provenienza. La storia narra dei tre porcellini inviati nel mondo dalla loro madre a costruirsi una casa (che significa, cominciare a vivere autonomamente). Il più giovane se la costruisce con la paglia, ma il lupo la distrugge con un soffio e si mangia il maialino. Il secondo se la costruisce con assi di legno, ma il risultato non cambia. Il terzo porcellino costruisce una solida casa di mattoni e il lupo non riesce né ad abbatterla né a ingannare il porcellino con i suoi trucchi. Alla fine il lupo decide di entrare dal camino, ma cade nella pentola d’acqua bollente preparata dal terzo maialino e muore. La versione cinematografica Disney del 1933 ricalca abbastanza fedelmente la trama originale. Il primo porcellino (Timmy) suona il flauto e il secondo (Tommy) suona il violino, mentre il terzo (Jimmy) sacrifica il proprio tempo libero per costruire la casa di mattoni dove poi trovano rifugio anche i primi due porcellini meno assennati. Il cortometraggio ha poi avuto 3 sequel: I tre porcellini e Cappuccetto Rosso (1934), I tre porcellini e i tre lupetti (1936) e Jimmy porcellino inventore (1939). [Fonte Wikipedia, alla voce I tre porcellini]. 29 Della favola, abbiamo già esaminato l’interpretazione psicoanalitica che ne dà Bettelheim. 30 Cfr. L’onesto porco, cit., pp. 106-107. ordine etico. «Nessun altro animale fornisce all’industria farmaceutica altrettante sostanze curative, alcune delle quali, come l’insulina, consumate su vastissima scala»31. Alcuni organi del porco, come il cuore e il fegato, possono essere trapiantati nell’uomo – almeno in linea teorica; invero, dal 1962 al 1992 sono state eseguite trenta xenoinnesti, ma è stato come gettare perle ai porci: trenta decessi! Un cyborg congrua porcis non è ancora pronto, si farà probabilmente attendere ancora a lungo. Intanto, possiamo goderci le peripezie di Peppa Pig e famiglia. Il porcellino parla la lingua umana, finalmente… sia pure nei cartoni animati. Ma si può ben sperare; d’altronde, la carne umana ha lo stesso sapore di quella del porco, evidentemente fatto a immagine e somiglianza di dio. 31 Il maiale, cit., p. 86.