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IL LINGUAGGIO SEGRETO DEL VOLTO

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IL LINGUAGGIO SEGRETO DEL VOLTO
IL LINGUAGGIO SEGRETO DEL VOLTO
“Quando desidero scoprire quanto sia saggia, stupida, buona o malvagia una persona, o cosa stia
pensando in un dato momento, atteggio il mio volto, con la maggiore accuratezza possibile, nella stessa
sua espressione, quindi aspetto di vedere quali pensieri o sentimenti sorgono nella mia mente o nel mio
cuore, complementari o corrispondenti all’espressione.”
(Edgar Allan Poe)
Quando un’emozione nasce, dentro di noi si attivano una serie di cambiamenti
fisiologici e comportamentali per gestire la situazione che l’ha prodotta, con l’unico
scopo di garantire il nostro benessere psicofisico. Le emozioni infatti si sono evolute
proprio per aiutarci a controllare con rapidità gli eventi più vitali per la nostra esistenza,
cioè tutte quelle situazioni in cui una valutazione razionale sarebbe lenta e quindi inutile
ai fini della sopravvivenza.
Ogni
emozione
genera
delle
sensazioni
fisiche
caratteristiche
ed
è
accompagnata da segnali specifici involontari nella voce e nel corpo. Per quanto una
persona possa essere poco espressiva, le emozioni non restano mai invisibili nè
silenziose: chi ci guarda e ci ascolta è in grado di dire come ci sentiamo, a meno che
non ci impegniamo consapevolmente a reprimere la nostra emotività. Ma anche in
questi casi qualche traccia di essa traspare ed è comunque individuabile. Far capire a
chi
ci
sta
intorno
cosa
stiamo
provando
è
un ulteriore
retaggio evolutivo:
presumibilmente la capacità dell’uomo di riconoscere gli stati d’animo altrui è stato
fondamentale per la sopravvivenza della specie.
L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si
attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire,
rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.
I segnali emozionali a sè stanti però non indicano mai la fonte dell’emozione: a
volte potresti configurarla dal contesto immediato, altre dovrai considerare le possibili
alternative evitando di saltare alle conclusioni.
1
LE ESPRESSIONI FACCIALI
Il volto, costituito da 22 muscoli mimici bilaterali, è la parte più espressiva del
corpo ed emette il maggior numero di segnali emozionali. Non a caso rivolgiamo
naturalmente lo sguardo verso di esso nelle interazioni con gli altri. Imparare a leggere i
segnali delle emozioni sul volto delle persone può aiutarti a riconoscerne gli stati
d’animo e quindi a gestirle.
Lo psicologo americano Paul Ekman è uno dei pionieri dello studio e della
catalogazione delle espressioni ed è considerato uno dei massimi esperti di mimica
facciale. Le sue ricerche, condotte tra popolazioni indigene culturalmente isolate, hanno
dimostrato che le espressioni del viso sono segnali involontari che rappresentano dei
veri e propri vocaboli di un linguaggio innato ed universale. A conferma delle teorie
darwiniane, è’ ormai un dato di fatto che non differiscono da cultura a cultura e non
sono frutto di un apprendimento.
Le espressioni facciali sono segnali involontari, innati e universali.
Paul Ekman e il suo collega Wally Friesen hanno individuato sette emozioni di
base universalmente diffuse (gioia, sorpresa, dolore, paura, disprezzo, disgusto e
rabbia) di cui hanno isolato le espressioni caratteristiche. Dopo sette anni di ricerche
hanno stilato un sistema di codifica delle espressioni facciali: il Facial Action Coding
System (FACS) che rappresenta il primo e unico atlante anatomico del volto, standard
di riferimento per tutti coloro che si occupano di mimica. Si tratta di un metodo
scientifico atto a misurare ciascun movimento facciale relativo ad una determinata
espressione, scomponendolo nelle sue componenti (Action Units) fondamentali.
I due pscicologi hanno inoltre dedicato molto tempo allo studio del rapporto
reciproco tra mimica ed emozioni. L’esito del loro lavoro conferma che se da una parte
le emozioni sono in grado di condizionare la mimica facciale è anche vero che le
espressioni del viso possono influenzare a loro volta lo stato d’animo. Dopo aver
passato giorni seduti l’uno di fronte all’altro a provare espressioni di collera e
sofferenza, infatti i due studiosi si sentivano effettivamente più pessimisti e di cattivo
umore alla fine della giornata. Come abbiamo già visto, la mente non è una strada a
senso unico: il modo di muoversi, il portamento e quindi anche le espressioni facciali
influenzano i pensieri e le emozioni allo stesso modo in cui questi agiscono sul corpo.
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Le emozioni condizionano la mimica facciale e viceversa le espressioni del
viso influenzano lo stato d’animo.
Le espressioni facciali delle emozioni non si esprimono sempre nella stessa
maniera ma variano per grandezza, intensità e velocità.
Le espressioni manifestate più frequentemente sono le MACROESPRESSIONI, che
durano da 0,5 a 4 secondi, coinvolgono l’intera faccia e usualmente sono coerenti con
gli altri segnali della CNV dato che l’interlocutore non cerca di nascondere nulla. Le
ESPRESSIONI SOTTILI invece sono quelle per così dire “incomplete”, cioè che
coinvolgono un solo distretto del volto (sopracciglia, occhi o bocca). Sono molto veloci e
possono
indicare
un’emozione
celata
o
di
bassa
intensità.
Infine
le
MICROESPRESSIONI sono espressioni velocissime che coinvolgono l’intera faccia ma
durano da 1/25 a 2/25 di secondo e sono molto difficili da cogliere ad occhio nudo. Le
microespressioni sono fughe di informazioni quando si tenta di reprimere un’emozione
sia inconsapevolmente che deliberatamente e sono usate come possibili rivelatori di
menzogna. Sul sito www.paulekman.com sono presenti due programmi interattivi che ti
aiutano a riconoscere i segnali sottili delle emozioni e le microespressioni sul volto delle
persone :il Subtle Expression Training Tool (SETT) e il Micro Expression Trainig Tool
(METT).
In base a grandezza, velocità e intensità le espressioni facciali si dividono in:
Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili.
Esiste comunque un'altra categoria di espressioni: le cosiddette ESPRESSIONI
FALSE, che servono a nascondere ciò che si prova veramente o a mostrare qualcosa
che non si sente, indossando volontariamente una “maschera”. Generalmente è più
facile fingere emozioni positive piuttosto che negative: per questo motivo usiamo
spesso un sorriso di circostanza per nascondere il nostro vero stato d’animo. Secondo
Ekman
la
falsa
mimica
facciale
viene
smascherata
principalmente
da
due
caratteristiche: la durata dell’espressione e la sua collocazione nel discorso.
L’espressione relativa a un’emozione che appare dopo averla manifestata verbalmente
e che dura più di 10 secondi probabilmente è falsa. Come regola generale vale
l'assunto che le espressioni non sincronizzate con i movimenti del corpo costituiscono
probabili indizi di menzogna.
3
Le espressioni false durano più di 10 secondi, si sviluppano dopo che
l’emozione è stata espressa verbalmente e non sono sincronizzate con il resto
della CNV.
Analizziamo quindi la mimica delle emozioni di base, considerando per ciascuna
il tema fondamentale (trigger) in grado di innescarla, la sua funzione e i segnali del volto
caratteristici.
LA TRISTEZZA
Il tema fondamentale che innesca la tristezza è la perdita sotto varie forme:
perdere un amico o un familiare, essere respinti da un innamorato, perdere l’autostima
a seguito di un fallimento sul lavoro, perdere la salute o perdere un oggetto tenuto in
gran conto.
Le
espressioni
facciali
della
tristezza
possiedono
la
funzione,
legata
all’evoluzione, di richiamare l’aiuto degli altri: hanno il compito di far si che chi le vede si
senta toccato e desideri offrire conforto, di chiedere aiuto, di imporre la propria
sofferenza agli occhi degli altri, in modo che qualcuno venga a sostenerci. Va detto però
che non tutti vogliono essere aiutati nella tristezza: alcuni individui desiderano ritirarsi,
stare da soli, non essere visti, soprattutto se le tradizioni culturali, l’educazione ricevuta
e il temperamento favoriscono questo atteggiamento nei confronti di tali sentimenti. La
tristezza però anche se repressa non lo è mai totalmente: se potessimo eliminarne
completamente i segni in modo da non lasciarne più traccia sul volto, nella voce o nel
corpo dovremmo considerarli inaffidabili quanto le parole che pronunciamo.
Nella tristezza i segnali più caratteristici sono riscontrabili nella voce e nel volto. La
voce diventa più flebile e bassa ma sono soprattutto le espressioni facciali a lanciare i
segnali più forti.

Sopracciglia: sono degli indicatori molto affidabili per la tristezza, poiché assumono
una posizione caratteristica che poche persone sanno produrre volontariamente: le
sole estremità interne delle sopracciglia si sollevano convergendo verso l’alto
(sopracciglio obliquo). Anche quando si cerca di nascondere tale emozione
l’attivazione di questo movimento non può essere inibita e la linea obliqua delle
sopracciglia lascia trasparire i veri sentimenti. Il movimento delle sopracciglia
imprime una forma a triangolo anche alle palpebre superiori: talvolta questo può
4
essere l’unico segno della tristezza. Bisogna stare però attenti che se le sopracciglia
sono
solo
convergenti,
senza
sollevarsi
nella
porzione
interna,
delineano
semplicemente perplessità o concentrazione.

Occhi: lo sguardo è rivolto verso il basso e le palpebre sono abbassate. Il
movimento verso il basso degli occhi ha molteplici significati ma diviene un
indicatore di tristezza solo se è accompagnato dal movimento delle sopracciglia. Le
lacrime invece non sono dei segnali strettamente indicativi dato che la loro
espressione può essere legata ad un fattore culturale e possono comparire anche
durante un’intensa gioia o negli eccessi di riso.

Bocca: gli angoli sono tirati verso il basso, il labbro inferiore è teso e spinto verso
l’alto e può tremare. La pelle fra il mento e il labbro inferiore viene corrugata e spinta
in l’alto dal muscolo mentoniero, che se agisce da solo produce il caratteristico
broncio. L’abbassamento degli angoli della bocca, da solo, non è sempre indice di
tristezza: se il movimento è lieve può esprimere un’ emozione leggera o un tentativo
di nasconderla ma se diviene marcato, e non è accompagnato da altri segnali,
potrebbe indicare semplicemente scetticismo o negazione. Quando ci si trattiene dal
piangere ad alta voce inoltre, le labbra possono restare serrate. Le sole labbra
comunque possono non essere indicative di tristezza.

Guance: le guance vengono sollevate e tirate verso l’alto e rappresentano un’altra
componente di una piena manifestazione di questa emozione. Questo movimento
contrasta quello delle labbra e crea una tensione tra le guance tirate verso l’alto e gli
angoli della bocca rivolti in basso, producendo dei solchi (naso-labiali) che dai lati
delle narici proseguono oltre gli angoli della bocca. I muscoli delle guance spingono
verso l’alto anche la pelle sotto gli occhi, che dunque si assottigliano.
5
LA RABBIA
Il trigger della rabbia è l’interferenza: ci arrabbiamo quando qualcuno o qualcosa
interferisce con ciò che siamo intenti a fare. Possiamo arrabbiarci quando qualcuno
cerca di farci del male fisicamente oppure quando ci insulta e denigra il nostro aspetto o
le nostre prestazioni. Inoltre possiamo inquietarci perché siamo stati delusi dalle azioni
di qualcuno (specialmente se è una persona a cui teniamo particolarmente) oppure con
chi rivendica azioni o convinzioni che ci offendono (anche se è un totale sconosciuto).
Le espressioni facciali della rabbia servono per comunicare il desiderio di far
allontanare la fonte della rabbia o addirittura di farle del male. A tal proposito alcuni
antropologi sostengono che l’espressione chiusa e corrugata della rabbia serva appunto
a proteggere il viso da eventuali attacchi. La rabbia è un emozione pericolosa perché
genera altra rabbia in un circolo vizioso che diventa spesso un’ escalation. Comunque
raramente da sola dura a lungo, ma perlopiù è associata ad altre emozioni come la
paura (di perdere il controllo o di nuocere all’altro), il disgusto (repulsione verso
l’obiettivo o verso se stessi) o la colpa e vergogna (per i sentimenti negativi provati).
I segnali facciali caratteristici della rabbia sono i seguenti:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono abbassate e convergenti (formando
delle rughe verticali caratteristiche sopra il naso), lo sguardo è fisso con le
palpebre superiori e inferiori tese. Queste due caratteristiche insieme definiscono
“l’occhiataccia” tipica di un soggetto arrabbiato. Se sono presenti solo le
sopracciglia
abbassate
probabilmente
si
tratta
di
perplessità, confusione,
concentrazione o determinazione.

Bocca: le labbra possono assumere due posizioni differenti: aperte, prendendo
una forma quadrata o rettangolare; oppure serrate, con il bordo rosato che si
assottiglia. Quest’ultima è un azione difficilissima da inibire che tradisce rabbia
anche quando non ve n’è altro segno. E’ anche uno dei segnali più precoci, già
evidente quando ancora non ci si è accorti di essere in collera. Un altro segno
comune è la mascella serrata e protesa.
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LA SORPRESA
La sorpresa è la più breve di tutte le emozioni ed è innescata solamente da un
evento improvviso e inaspettato. Dura al massimo pochi secondi, cioè l’attimo in cui ci
figuriamo cosa sta accadendo, dopodiché si mescola con la paura, la rabbia, il
divertimento, il sollievo a seconda di cosa ha prodotto la sorpresa; oppure può non
essere seguita da alcuna emozione. Per essere autentica deve apparire e scomparire
molto velocemente e durare pochi secondi, giusto il tempo di prendere coscienza
dell’accaduto.
L’espressione di sorpresa non è nè positiva, nè negativa. E' il riflesso dell'elaborazione
di un’informazione completamente nuova per il cervello che prende tempo per
interpretare la situazione e poi, se necessario, passare a un'altra emozione più
funzionale per quella determinata situazione.
Il viso manifesta sorpresa attraverso i seguenti movimenti:

Sopracciglia
e occhi: le sopracciglia sono sollevate contemporaneamente
formando delle rughe orizzontali caratteristiche sulla fronte. Gli occhi sono sgranati
con le palpebre superiori sollevate. Se le sopracciglia alzate sono l’unico segno
presente probabilmente si tratta di attenzione e interesse.

Bocca: nella sorpresa spesso la bocca è aperta con la cosiddetta “mascella che
cade”. Quando al movimento delle palpebre si associa quello della bocca,
quest’emozione si può manifestare anche senza l’intervento delle sopracciglia.
7
LA PAURA
Il tema della paura è il pericolo di un danno fisico o psicologico. Possiamo aver
paura di pericoli reali come qualcosa che attraversa lo spazio a tutta velocità, la perdita
improvvisa di un sostegno che ci fa cadere nel vuoto; oppure di pericoli immaginari
come ad esempio il buio. Possiamo inoltre aver paura davanti alle minacce di dolore
fisico, sebbene mentre lo si prova si possa non provare tale emozione, come ad
esempio dal dentista.
Le espressioni facciali della paura hanno la funzione di comunicare agli altri che
è in pericolo l’incolumità del gruppo e quindi di richiedere aiuto. L’evoluzione, durante
uno stato di profonda paura, favorisce due azioni molto diverse: fuggire o combattere.
Nel
momento
cruciale,
il
sangue
affluisce
ai
muscoli
larghi
delle
gambe,
predisponendoci a correre. Ciò non significa che correremo, ma solo che l’evoluzione ci
ha preparati a fare ciò che, nell’adattamento della specie, si è rivelato più favorevole
alla nostra preservazione. Se non fuggiamo, la reazione più probabile è arrabbiarci con
ciò che ci minaccia. Questa emozione farà fluire il sangue ai muscoli dell’addome e
delle braccia facendoli contrarre come una corazza e preparandoci al combattimento.
I segnali tipici della paura sono:

Sopracciglia e occhi: le sopracciglia sono alzate come nella sorpresa ma, a
differenza di essa, sono anche
convergenti. Gli occhi sono sgranati con la
palpebra superiore alzata (come nella sorpresa), mentre la palpebra inferiore è
tesa.
8

Bocca: le labbra sono tese e ritratte verso gli occhi. Quando al movimento delle
palpebre si associa quello della bocca, quest’emozione si può manifestare anche
senza l’intervento delle sopracciglia.
IL DISGUSTO
Il tema scatenante del disgusto è l’idea di incorporare oralmente qualcosa che è
considerato ripugnante e contaminante. Si può provare questa emozione anche verso
qualcosa che non è alimentare. Può essere un oggetto, un odore, un sapore o un
pensiero, a volte solo il ricordo di ciò per cui si é provato disgusto può far riprovare
questa sensazione. In tutte queste occasioni la prima reazione è quella di allontanarsi o
liberarsi da ciò che ci infastidisce.
L’espressione facciale del disgusto un tempo possedeva la funzione sociale di
comunicare che un determinato cibo non era commestibile. Al giorno d’oggi indica
anche che una persona, un’ idea o un discorso non sono “commestibili” per il cervello.
Ci sono casi però in cui possiamo sospendere il disgusto: ad esempio quando si
stabilisce un’intimità, segno di impegno personale, come avviene tra due amanti o tra
madre e figlio coinvolti in attività fisiche che per chiunque altro sarebbero disgustose.
I segnali tipici sono:

Sopracciglia e occhi:
la parte superiore del viso non partecipa attivamente
all’espressione del disgusto tranne quando l’emozione diventa molto forte e si
assiste ad un abbassamento delle sopracciglia simile a quello della rabbia. Ma se
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nella rabbia tipicamente le sopracciglia convergono e le palpebre superiori sono
soillevate, questo non avviene invece nel disgusto.
 Bocca: il labbro superiore è sollevato il più possibile e le guance si alzano
provocando l’innalzamento delle palpebre inferiori. La ruga che da sopra le narici
scende sotto l’angolo delle labbra è profonda e ha la forma di una U rovesciata. Le
narici sono dilatate.
IL DISPREZZO
Il disprezzo, a differenza del disgusto, è un’emozione rivolta esclusivamente
verso le persone. Non si prova disprezzo nei confronti di oggetti od odori ma piuttosto
verso situazioni ritenute immorali, che fanno provare superiorità rispetto a coloro che le
hanno compiute. Si può provare disprezzo quando si vede maltrattare una donna, un
bambino o anche un animale; quando il proprio consiglio o la propria opinione vengono
contraddette o non ascoltate da qualcuno che occupa un grado superiore ma è ritenuto
inferiore.
E’ difficile dire quale sia la funzione del disprezzo. Sicuramente rappresenta
un’affermazione di potere e di status con cui segnaliamo di essere superiori, e di non
aver dunque bisogno di scendere a compromessi nè di impegnarci in qualcosa.
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Tra le emozioni di base, il disprezzo è l’unica che si presenta in modo
asimmetrico, ovvero su un solo lato del volto. Compare solo nella parte inferiore del viso
dove un angolo la bocca si tende verso l’esterno e verso l’alto.
LA FELICITA’
Le emozioni piacevoli motivano la nostra vita: spingono a fare cose che in
generale ci fanno bene e a cimentarci in attività necessarie per la sopravvivenza della
specie, come le relazioni sessuali e la cura della prole. Esistono moltissime emozioni
positive e la felicità fa parte di esse. La felicità è l’emozione che tutti vogliono provare e
sentire il più spesso possibile. E’ l’emozione più piacevole perché quando si prova si sta
bene, tanto che si preferisce frequentare persone che ridono e sono felici piuttosto di
altre che non lo sono. Esistono moltissimi temi universali per la felicità: ad esempio
stare con le persone care, oppure la nascita di un figlio, o ancora i successi lavorativi e
sportivi.
Il sorriso è un segnale facciale spesso associato alla felicità (così come di tutte le
altre emozioni piacevoli), ma non è caratteristico di questa emozione dato che può
essere usato anche quando non si prova alcun piacere, ad esempio per educazione.
Esistono però delle discriminanti per distinguere un sorriso vero da un sorriso di
circostanza. Duchenne, il primo studioso del sorriso, ha scoperto che quando si sorride
in maniera sincera, si attiva sia il muscolo zigomatico che tira gli angoli della bocca, sia
il muscolo orbicularis oculi che crea delle leggere zampe di gallina attorno agli occhi e
abbassa leggermente le soparacciglia. L’obicularis oculi è un muscolo che difficilmente
obbedisce alla volontà e per questo è usato come fattore discriminante tra un sorriso
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vero e un sorriso finto. Infine se il sorriso è frutto di un’ emozione vera appare più
velocemente e impiega più tempo a scomparire, a differenza di quello di circostanza
che ha un’evoluzione più irregolare.
Non bisogna dimenticare però che, proprio per il suo forte significato emotivo, il sorriso
è anche la maschera maggiormente usata per dissimulare le vere emozioni. Esistono
infatti diversi tipi di sorriso di non piacere (di paura, di disprezzo, di tristezza, di
disgusto) che sono però facilmente riconoscibili poiché manifestandosi solo nella parte
inferiore del viso, lasciano trasparire segnali sottili del vero stato d’animo nella parte
superiore.
IL DOLORE
Il dolore non è un’ emozione e non fa parte
delle espressioni di base, ma è anch’esso innato e
universale. La mimica è caratteristica: il naso è
arricciato e tirato verso l’alto, le sopracciglia sono
convergenti, gli occhi si costringono fino alla chiusura
totale, il labbro superiore si alza, quello inferiore si
abbassa e a volte anche la mandibola si abbassa.
Come per il sorriso anche l’espressione del dolore può
essere reale o simulata. Ben Craig e collaboratori nel
1991 hanno messo a confronto le espressioni di dolore
vero con quelle di dolore falso. Nelle false il soggetto
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tende a esagerare i movimenti stirando la bocca verso le orecchie oppure tirandone
eccessivamente gli angoli verso l’alto, quasi a sembrare una sorta di caricatura.
IL COMPORTAMENTO EMOTIVO
Quando siamo in preda a un’emozione tutto l’organismo ne subisce l’effetto. Le
espressioni facciali sono i segnali universali più facilmente accessibili ma anche quelli
più facili da camuffare. Accanto ad essi riveste un ruolo fondamentale la voce: ogni
volta che insorge un’emozione c’è un impulso ad emettere un suono. La voce
raramente invia messaggi emozionali falsi poiché pochissime persone sanno simulare
in modo convincente un’emozione che non provano. La voce però rappresenta un
sistema di segnalazione disattivabile, cioè facile da reprimere. Così come Paul Ekman è
il riferimento per le espressioni facciali, Klaus Scherer lo è per i segnali vocali ed ha
dimostrato che anche questi, come le espressioni, sono universali, e potrebbero essere
specifici nel segnalare le singole emozioni. Nonostante l’importanza dell’argomento
però si sa ancora poco data la scarsità di ricerche a riguardo.
Quando un’emozione cresce avvengono anche dei mutamenti biologici interni
cioè dei cambiamenti del sistema nervoso autonomo che influenzano la respirazione,
l’attività cardiaca, la temperatura. Alcuni di essi rappresentano delle “azioni predefinite”
per le singole emozioni: ad esempio l’aumento della frequenza cardiaca nella rabbia e
nella paura, che predispongono la persona a muoversi; l’aumento del flusso sanguigno
alle mani nella rabbia, che predispone a colpire o a entrare in contatto con l’oggetto
della rabbia; il maggiore flusso sanguigno alle gambe nella paura che prepara alla fuga;
l’aumentata sudorazione nella rabbia e nella paura intense; l’aumento della respirazione
nella rabbia, nella paura e nel tormento.
Oltre ai mutamenti biologici interni le emozioni inducono anche dei cambiamenti
interiori nel modo di pensare e interpretare il mondo circostante, che non si possono
udire o vedere. Una ricerca ha dimostrato che vengono recuperati i ricordi collegati
all’emozione che stiamo provando e che valutiamo tutto ciò che sta accadendo in modo
coerente con l’emozione in corso, giustificando ed alimentando dunque l’emozione
stessa.
Tutto il resto di quanto facciamo quando siamo in preda ad un’emozione, come ci
muoviamo e quello che diciamo, sono azioni apprese e non innate e sono
probabilmente specifiche per ogni cultura o individuo. Una volta appresi però questi
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schemi d’azione operano automaticamente, proprio come se fossero innati, ma
possiamo sopprimerli o sostituirli con azioni differenti. Infatti abbiamo un controllo
volontario eccellente sui muscoli scheletrici e sulla parola, ma non sui muscoli facciali o
sulla regolazione del nostro apparato vocale. Proprio per questo è molto più facile
impedirci un’azione piuttosto che eliminare totalmente ogni segno dell’emozione dal
volto o dalla voce
PER RIASSUMERE…

L’emozione è una forma particolare di valutazione automatica con la quale si
attivano una serie di cambiamenti fisiologici e comportamentali atti a gestire,
rapidamente, una situazione importante per il nostro benessere psicofisico.

Le espressioni facciali sono segnali involontari, innati e universali.

Le emozioni condizionano la mimica facciale e viceversa le espressioni del viso
influenzano lo stato d’animo.

In base a grandezza,velocità e intensità le espressioni facciali si dividono in:
Macroespressioni, Microespressioni ed Espressioni sottili.

Le espressioni false durano più di 10 secondi, si sviluppano dopo che l’emozione
è stata espressa verbalmente e non sono sincronizzate con il resto della CNV.

Tristezza: angoli interni delle sopracciglia alzati, angoli interni delle palpebre
superiori alzati, angoli della bocca verso il basso.

Rabbia: sopracciglia abbassate e tendenti a riunirsi al centro, tensione delle
palpebre superiori e inferiori, labbra serrate.

Sorpresa: sopracciglia alzate e curvate verso l’alto, occhi spalancati, bocca
aperta.

Paura: sopracciglia alzate e tendenti a riunirsi al centro, palpebre superiori
alzate, palpebre inferiori tese, bocca aperta e labbra tese verso l’esterno.

Disgusto: naso arricciato e guance alzate, labbro superiore alzato.

Disprezzo: un solo angolo della bocca tirato verso l’alto o l’esterno.

Felicità: rughe attorno agli occhi, palpebre inferiori alzate e guance alte, angoli
della bocca tesi verso l’alto.
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
Dolore: naso arricciato e tirato verso l’alto, sopracciglia convergenti,
costringimento degli occhi, labbro superiore alzato, labbro inferiore abbassato e
mandibola abbassata
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