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Il Re Della California

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Il Re Della California
URIJAH FABER
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URIJAH FABER
Da California Kid a
RE
della
CALIFORNIA
L’orgoglio di Sacramento si rilassa dall’alto
del suo impero MMA.
di Danny Acosta / Foto di Landry Major
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URIJAH FABER
Urijah si allena al sacco nella
sua palestra Ultimate Fitness,
a Sacramento, California.
FOTO DI LANDRY MAJOR
Urijah Faber è nato per combattere.
L’ex campione pesi piuma WEC si rilassa al sole seduto su uno
sgabello di legno davanti all’epicentro del suo impero, la palestra
Ultimate Fitness, situata su una strada verdeggiante del centro di Sa­
cramento. Mentre si gode una pausa prima della prossima sessione
di allenamento, ogni tanto il suo entourage gli si avvicina per ricor­
dargli qualcosa. Negli ultimi tre anni, gli assistenti del cinque volte
campione gli hanno reso la vita molto più facile, permettendogli di
essere la stella del WEC e di non preoccuparsi d’altro. Sul serio. Da
quando è sbarcato in milioni di case sul canale Versus, Faber non
paga più le bollette di persona.
La fossetta da supereroe, il sorriso pronto, e l’atteggiamen­
to rilassato, pongono Faber sempre al centro dell’attenzione.
Tuttavia, ciò non significa che non sia un tipo indaffarato. Faber
guida la squadra di MMA Team Alpha Male a tempo pieno. Le sue
responsabilità includono rilasciare interviste e gestire una seconda
palestra e un’azienda di abbigliamento chiamata come la squadra.
Come i combattenti della sua squadra, anche Faber si allena duro,
ma il suo compito è più difficile perché le attese su di lui sono
maggiori.
“In tutta onestà, sono convinto al 100% di essere nato per
combattere”, dice il combattente definito come il peso piuma più
temibile di tutti i tempi.
Faber fa una pausa per salutare il neonato del compagno di squa­
dra Kyacey Uscola. “Fammi vedere il bimbo!” esclama rivolto verso
la madre. Senza smettere mai di parlare o di ammirare il bimbo, Fa­
ber saluta gli anziani, i combattenti pro e i ragazzini che gli passano
accanto per entrare in palestra.
Se non fosse una giornata sorprendentemente soleggiata di una
settimana prevalentemente tetra, Faber avrebbe già percorso in
macchina il breve tragitto verso casa. Invece, “The California Kid”
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I combattenti si preparano per
un allenamento massacrante.
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È NATA UNA STELLA
Due fan illustri hanno contribuito a far brillare la stella di
The California Kid. Anthony Kiedis, il leggendario rocker
e cantante dei Red Hot Chili Peppers, si complimentò
con Faber per la sua bravura come combattente 18 anni
dopo il primo bacio di Faber alla musica di Un­
der th
the Bridge. Il secondo? Facendo la sua im­
pressione
migliore di Don Frye, Faber rivela
pres
di
d essersi sentito una superstar quando il
combattente gli disse “è un onore com­
battere contro The California Kid” a un
incontro King of the Cage del 2006.
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“Un campione
è un campione
grazie a quello
che ha dentro,
punto”.
dimostra perché è un re da queste parti.
Un maschio alfa è un uomo a tutto
tondo, spiega Faber, che ha cominciato
a stampare la scritta Alpha Male sul suo
abbigliamento sportivo nel 2004. Faber
è bello, intraprendente, tosto, e sì, un po’
pieno di sé. Che si occupi di questioni
personali o dell’attività a tempo pieno di
salutare la gente, questo combattente na­
tivo di Isla Vista fa di tutto per promuo­
versi al meglio.
Basta vedere come si comporta con
i tre 18-35enni che si sono appena
materializzati sul marciapiede davanti
a Ultimate Fitness. Urlano richieste di
autografi a 5 metri di distanza così da
non interrompere l’eroe locale.
“Avvicinatevi ragazzi”, dice Faber. Si
presenta come se non sapessero che è il
re della giungla. “Urijah”, dice con un
cenno di saluto del capo.
Uno dei fan non riesce a controllare
l’entusiasmo altrettanto bene dei suoi
amici. Ripete incredulo, “Il numero
uno di Sacramento! Abbiamo davanti il
numero uno di Sacramento!”
Faber raduna il trio, “Facciamo una
foto tutti insieme così la metto su
Twitter”. Il fan troppo zelante rivela al
suo idolo di essere stato buttato fuori
dall’Arco Arena per aver cominciato una
rissa nelle tribune poco prima che “The
California Kid” eseguisse uno strango­
lamento da dietro nel terzo round sul
rivale in classifica Raphael Assuncao.
“Che sfortuna!” lo compatisce Faber.
I fan se ne vanno, assicurandogli che
il 24 aprile, quando Faber affronterà il
neo-campione Jose Aldo all’Arco Arena
per il titolo pesi piuma, la cintura sarà
di nuovo sua.
Faber, che ha vinto 13 incontri in tre
anni diventando una delle stelle più
brillanti delle MMA, è convinto che i
titoli e le statistiche siano fuorvianti.
“Un campione è un campione grazie
a quello che ha dentro, punto”, dice.
“Io combatto e mi diverto. Ho una vita
da sogno. Sono circondato dai miei
amici tutto il giorno. Abito in Califor­
nia. Sono sempre in viaggio e posso
assistere agli incontri gratuitamente,
mentre prima dovevo pagare”.
Con i suoi 165 cm e un bel volto
pulito, l’unico motivo per cui combat­
tere non è l’occupazione perfetta per
questo 30enne è che non ha l’aspetto
di un leone. Tuttavia, è proprio questa
la sua carta vincente: indossa l’abito
dell’agnello per poi trasformarsi in lupo
nella gabbia.
Il segreto di Faber è sembrare una
stella e combattere come tale, mante­
nendo la propria personalità rilassata
quando incontra gli ammiratori. Solo
pochi campioni hanno il dono di resta­
re se stessi dopo il successo, di rimanere
con i piedi per terra quando sono in
cima al mondo.
L’aspetto più assurdo è che un guerrie­
ro dalla personalità vincente come Faber
sembrava destinato a passare inosser­
vato. Ha passato tre anni a sbatacchiare
combattenti nelle gabbie locali come se
lo disgustassero e a sferrare pugni come
Continua a pag. 42
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© Foto Olympian’s Modello Marco Pesciolini professionista WNBF
Leggere attentamente le avvertenze e le modalità d’uso riportate in etichetta.
Troppo dolore
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se lo pagassero a colpo. E l’ha fatto con stile. Nonostante una carriera
in ascesa e il boom delle MMA dopo l’incontro Bonnar-Griffin epo­
cale del 2005, i combattenti delle categorie inferiori a quella dei pesi
leggeri non erano ritenuti commerciabili.
Verso la fine del 2006 la Zuffa, la società che controlla l’UFC,
acquistò il contratto WFA di Faber. Faber era il campione pesi piu­
ma da quando sconfisse Cole Escovedo al WEC 19 e, a partire dal
gennaio 2007, cominciò a farsi un nome sempre più riconosciuto
dal grande pubblico.
Faber difese il titolo pesi piuma WEC per un record di cinque
volte, entrando a far parte di una cerchia prestigiosa d’icone UFC
composta da Matt Hughes, Tito Ortiz, e Anderson Silva. Nel giugno
del 2008, all’Arco Arena di Sacramento, Faber conservò il titolo ed
entusiasmò il pubblico da record dominando il primo campione pesi
leggeri UFC Jens Pulver per i 25 minuti dell’incontro.
Faber perse il titolo cinque mesi dopo in Florida contro il com­
battente dell’American Top Team Mike Thomas Brown. Un anno
dopo, all’Arco Arena, un altro pubblico da record sostenne Faber
nel suo tentativo di strappare il titolo pesi piuma a Brown.
“La mia mano destra è andata!” disse Faber all’allenatore di
Muay Thai Thonglor Armatsena, detto “Master Thong”, tra il
primo e il secondo round.
“Sta zitto! Sta zitto! Tu campione!” gli rispose Master Thong
urlando, colpendo il punto sul petto di Faber dove il cuore gli
batteva all’impazzata.
“Non volevo mollare, volevo solo dirtelo!” ricorda Faber ri­
dendo. La barriera linguistica – Master Thong parla poco inglese
– compromette di rado l’intesa fra i due. 12.682 fan scossero l’Arco
Arena per incoraggiare il loro beniamino.
“Al diavolo”, si decise Faber rituffandosi nel combattimento.
I fan furono ripagati con uno spettacolo coi fiocchi. Per i 20
minuti rimanenti dell’incontro, Faber si spinse oltre i limiti contro
l’inarrestabile Brown, rompendosi anche l’altra mano. Faber non
pensa durante un incontro. Crea situazioni e vi reagisce. Tuttavia,
con l’artiglieria difettosa, non avrebbe mai potuto assestare il colpo
decisivo, e Brown vinse per decisione unanime.
La prestazione ha reso Faber ancora più popolare fra i fan e i
critici, ricordando al pubblico che appartiene a quella stirpe rara
che mette a repentaglio la propria incolumità per incendiare un
incontro, cosa che ha fatto per tutta la carriera.
“Sono il tipo che si spinge oltre i limiti”, dice Faber, “perché ho
lavorato duro tutta la vita”.
Urijah si mette in guardia contro uno
dei pesi piuma più pericolosi del mondo:
l’ex campione WEC Mike Brown.
FOTO DI PAUL THATCHER
Un sovrano-operaio
Il fisico e le doti di combattente di Faber potrebbero essere immor­
talati su un poster motivazionale; tuttavia, per trarre ispirazione
dal campione, basta leggere le sue affermazioni.
“Se non vi piace la direzione del fiume, non tuffatevi dentro”,
dice Faber, dispensando saggezza come se stesse tenendo un semi­
nario. “Chi non sopporta le droghe sceglie la realtà. Ci sono solo
due cose che non potete controllare: la nascita e la morte. Ciò che
fate tra l’una e l’altra spetta interamente a voi”.
Per Urijah Faber, la giornata piena d’impegni di ieri è una giornata
tipica. Un amico gli ha chiesto se poteva parlare con la sua vecchia
squadra di lotta del liceo. A Faber non piace dire no. Qualcun altro
gli ha chiesto se poteva parlare con dei bambini a rischio. Certo, ri­
sponde, portali in palestra. “Non prendere impegni”, gli dicono i suoi
manager, perché potresti perderti una cena con gli sponsor. Come se
non bastasse, Faber deve vivere la vita di un atleta: seguire una dieta
salubre, allenarsi più volte il giorno, e riposarsi adeguatamente.
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“Sono un ottimista inguaribile e non
amo pianificare”, dice Faber, che è fidu­
cioso di riuscire a portare a termine tutti
i suoi impegni proprio come ha fatto ieri,
senza calpestare nessuno. Faber massi­
mizza il suo tempo, senza curarsi dello
stress di una giornata senza sosta, una
tattica che ha imparato
fin da piccolo.
Figlio di genitori divorziati, Faber ha imparato in tenera età a
gestire il tempo, che
divideva tra due case,
la scuola e gli allenamenti di atletica. Alle
elementari, grazie alla
madre che lavorava per
un agenzia di moda,
apparve in pubblicità di
abbigliamento per bambini. Al liceo, riuscì a
includere lavori saltuari e una vita sociale in
un’agenda già fitta d’impegni, ottenendo
al contempo lo status di cornerback all­
league. All’università, mollò il football
per diventare un lottatore Division I (re­
clutato senza borsa di studio dalla Uni­
versity of California-Davis), aiuto came­
riere, allenatore di lotta, studente, e uno
dei ragazzi più popolari del college.
“Non sopporterei di fare una cosa sola
tutto il tempo”, aggiunge Faber, che mira
a strappare il titolo di “uomo più indaffa­
rato delle MMA” a James Brown.
Non sorprende che i suoi insegnanti
lo ritenessero tutti un condottiero nato.
Tuttavia, è facile avere una visione posi­
tiva del mondo quando si possiede una
Mercedes E350 nera nuova fiammante.
“Viviamo in tempi difficili”, dice Fa­
ber, conscio dell’economia disastrata
della regione e della capitale.
“So cosa vuol dire non avere niente. So
cosa vuol dire essere sul punto di avere
qualcosa. Adesso, finanziariamente non
mi posso lamentare. Diciamo che ho
sperimentato condizioni di vita diverse
mantenendo sempre un atteggiamento
di felicità e gratitudine.
“Amo mantenere – anche
nelle sconfitte – un atteg­
giamento positivo. La vita
è bella. Finché c’è vita c’è
speranza. Godetevi la vita”.
Faber dice che potrebbe
rimuginare sul divorzio
dei genitori o sull’alcoli­
smo del padre o le liti domestiche fra la madre e il
nuovo compagno, ma non
è il suo stile. Faber è convinto che quei momenti
che cambiano la vita siano
altrettanto – se non meno
– importanti di quelli più
piccoli e insignificanti.
“Mio padre, che faceva il meccanico,
portava a casa l’auto da riparare e, in esta­
te, la parcheggiava vicino a uno stagno
cosicché io e mio fratello potevamo pe­
scare tutto il giorno mentre lui la ripara­
va”, ricorda Faber, il primo della famiglia
a laurearsi o a possedere una macchina
nuova. “Poi tornavamo a casa, lui puli­
va e cucinava il pesce e il giorno dopo ci
riportava da mia madre. Certo, non era
una vita perfetta ma è tutto relativo. Per
me era una vita fantastica”.
I genitori non venivano a vederlo gio­
care, ma a Faber non importava perché
stavano lavorando da matti. Si accon­
tentava del fatto che lo sostenessero.
Risultato? L’autostima di Faber è quasi
patologica.
La sua autostima non ha vacillato
neanche quando ha dovuto ripetere le
“Amo mantenere
– anche nelle
sconfitte – un
atteggiamento
positivo. La vita
è bella. Finché c’è
vita c’è speranza”.
Parola al campione:
i 5 incontri preferiti di Faber
12/11/2003, Gladiator Challenge 20
Vittoria per strangolamento a ghigliot­
tina su Jay Valencia
“Ero il tipico ragazzo pulito del college e
mi ritrovai ad affrontare un messicano
pieno di tatuaggi sulla pancia. I miei ami­
ci cercarono di dissuadermi dall’affrontar­
lo. Ricordo che il tizio mi fissava e pensa­
vo, “sei fottutamente fottuto amico”. Ero
l’unico a pensarla così. Mi si scagliò con­
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tro e io non avevo la minima intenzione
di lottare. Benché non avessi esperienza
di pugilato, lo sorpresi con un sinistro e
cominciai a colpirlo. Boom, boom! Lo
colpii tre volte... mi afferrò le gambe at­
terrandomi. Eseguii uno strangolamento,
mi alzai in piedi e non volevo avere niente
a che fare con la lotta. Stavo cercando di
sferrargli ginocchiate e pugni perché vo­
levo combattere. Finii per assestargli due
ginocchiate, lo sbatacchiai un po’, poi gli
sferrai alcune ginocchiate alla testa per­
ché a quei tempi era legale. Sfruttai la mia
elementari. Tirava pugni allo specchio
convinto di essere il piccoletto più to­
sto del pianeta. Quella convinzione non
l’ha mai abbandonato. Secondo il com­
battente, ogni giorno è la giornata di
Urijah Faber.
Di recente, dopo essersi fatto strada
a suon di botte nella vita, nei ranghi
locali e nel WEC, Faber è stato onorato
con l’Urijah Faber Day all’Arco Arena da
parte dei Sacramento Kings, la sua squa­
dra preferita. Da piccolo non poteva per­
mettersi di assistere alle partite. Ricorda
vagamente di avere assistito a una o due
partite. Faber non può fare a meno di
notare l’ironia del fatto che adesso riceve
biglietti gratis quando vuole ma non ha
tempo di assistere alle partite.
“Il mio è stato un percorso interes­
sante. Non ho mai pensato voglio essere
famoso o voglio fare questo o quello”,
dice, “ho seguito il flusso delle cose ed
ecco dove sono arrivato”.
La parola “flusso” potrebbe aiutare a
spiegare il successo di Faber. È il flusso
di energia positiva che il combatten­
te sprigiona nell’universo, un aspetto
essenziale per rimanere al picco nelle
MMA. Tuttavia, aspetti più tangibili
come il sangue, il sudore, e le lacrime,
sono egualmente importanti.
Faber è fiero dei sette anni di sacrifici
fisici e mentali (non ha mai messo pie­
de in un McDonald’s). Sebbene di solito
non si lasci influenzare dai commenti
negativi, a volte può capitare.
Una volta da un fornaio, un anziano
ha detto che Faber era un combattente
degno di rispetto per aver continuato a
combattere un incontro con due mani
rotte. Complimento accettato, peccato
poi che il fan abbia continuato ammet­
tendo che prima Faber non gli piaceva
per via della faccia “da fighetto”.
abilità nella lotta, sferrandogli ginocchiate sulla fronte ed eseguendo uno strango­
lamento con cui riportai la vittoria”.
03/06/2004, Gladiator Challenge 27
Vittoria per decisione unanime su
David Velasquez
“Fu la mia prima vittoria per decisione,
e fu una battaglia combattuta. Mi ricor­
do che imprecavo contro il suo angolo,
dicendo a Paul Buentello di “chiudere
quella fogna”. Paul Buentello diceva, “ha
paura di te, Dave, ha paura di combattere
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“Io mi guadagno da vivere combat­
tendo”, dice Faber. “Lo faccio da quando
non ci si guadagnava niente. Non ho mai
portato l’apparecchio. Non mi rado il fot­
tuto petto. Non mi depilo le sopracciglia.
Questo è il mio aspetto. Non sono un fi­
ghetto. Sono l’uomo più virile che ci sia...
È forse colpa mia se non sono brutto?”.
Se la vita è tutta una questione di
punti di vista, puntate su Faber, il ma­
schio alfa.
Un impero karmico
Ai tempi del liceo, Faber fu eletto “peg­
gior automobilista”.
Aveva anche la macchina più brutta.
La vendette a un compagno per 50$,
anche se era “piuttosto lussuosa per un
cesso”. Dopodiché acquistò una Datsun
degli anni ’80 che tremava se uno acce­
lerava troppo. Tuttavia, dopo qualche
combattimento e l’ingresso nel mondo
strano e veloce delle MMA, Faber non
esitò ad accelerare. E neppure la stan­
chezza riuscì a ostacolarlo. Lavorava 16
ore il giorno, pagava 220 $ d’affitto per
vivere con alcuni amici del college, e per
tirare avanti si recava continuamente a
Lake Tahoe per insegnare la lotta.
Una notte fatidica, Faber mise su un
CD raccomandatogli da un compagno
di squadra. Ascoltò Lucy Ford degli At­
mosphere e decise che Urijah Faber sa­
rebbe stato un combattente “più grande
delle armi, più grande delle sigarette”.
Ci sono molte cose che quasi non ac­
caddero. Faber quasi non s’iscrisse al col­
lege perché stava pensando di rimanere
nella cittadina di Lincoln, nella periferia
di Sacramento. In Indonesia, quasi non
riuscì a scampare vivo dalle bottiglie
rotte e i coltelli di 12 balinesi. Una volta
tornato negli Stati Uniti, e dopo aver fir­
mato il contratto per il suo debutto WEC
in piedi”. Improvvisamente ero sopra di
lui, gli urlai “fottiti” e poi boom [simula
una gomitata discendente]. All’epoca era
una mossa originale”.
10/08/2005, Gladiator Challenge 42
Sconfitto per KOT (pugni) da Tyson
Griffin
“Dovetti combattere contro l’avversità.
Il mio avversario era più grosso di me.
Dopo otto secondi mi ferii alla testa. Era
la prima volta che combattevo con un
infortunio, e stavo incassando tonnella­
con la Zuffa, Faber fu accidentalmente
ferito al mento da Nick Diaz durante l’al­
lenamento. La ferita richiese diversi pun­
ti e mise a repentaglio l’incontro. Faber
si fece crescere una specie di pizzo per
nasconderla. Funzionò.
Il resto è storia e, almeno fino a adesso, è
conservata negli archivi del canale Versus.
Tuttavia la stella di Faber brilla ab­
bastanza da assicurare che gli incontri
WEC saranno trasmessi sui canali pay­
per-view per la prima volta nei nove anni
di vita dell’organizzazione. Il combatten­
te cercherà di riprendersi il titolo quando
combatterà con il Combattente dell’An­
no 2009 di FIGHT! Magazine Jose Aldo
il 24 aprile.
Faber è consapevole che combattenti
come Aldo stanno migliorando, perden­
do più peso e combattendo a livelli più
alti. Ciò costringe Faber a combattere per
ritagliarsi la parte del leone. Mi confida
che la sua esperienza lo avvantaggia, e
ammette che gli è piaciuto combattere
quando non c’erano compensi.
“Se osservate le foto dell’incontro
[con David Velasquez]”, dice, citando
un incontro particolarmente cruento
della sua carriera, “vi accorgerete che mi
stavo divertendo un sacco”.
Come Faber, solo pochi giovani posso­
no vantare di avere iniziato a combattere
inginocchiati per terra, indossando scar­
pe per la lotta e senza regolamento. A sei
secondi dall’inizio del mitico combatti­
mento contro Tyson Griffin, Faber ebbe
bisogno di otto punti di sutura, ma si fece
valere per altri 10 minuti. Faber è pronto
a combattere contro Aldo. Per Faber, un
incontro è un incontro: non c’è differenza
fra sfidare i combattenti più tosti ma meno
noti e i nomi più illustri delle MMA.
“Indubbiamente, ho dovuto affronta­
re tipi tosti per arrivare dove sono. Per
te di cazzotti micidiali ma non mollavo.
L’infortunio mi motivava. Dopo quell’in­
contro, ho vinto la bellezza di 13 incontri
consecutivi”.
01/06/2008, WEC 34
Vittoria per decisione unanime su Jens
Pulver
“Fu la prima volta che combattei in una
grande arena. Avevo la sensazione che
fosse l’incontro più importante della mia
carriera. Il pubblico era in visibilio. Stavo
combattendo contro una leggenda. È sta­
me, le MMA sono uno degli sport più
crudi che esistano. “È uno scontro fra
due individui dove non è tanto l’abilità
tecnica quanto lo spirito del combatten­
te a garantire la vittoria”.
Con 27 incontri all’attivo di cui 14
per il titolo, Faber ascolta il proprio cuo­
re prima di salire sul ring. Per la terza
volta protagonista dell’incontro princi­
pale all’Arco Arena, Faber porterà per la
prima volta il mondo dei pesi piuma e
del WEC sui canali pay-per-view.
Che vinca o perda, Faber ha pianta­
no altri semi per far germogliare il suo
impero.
“Io non sono una cintura o quel­
lo che pensano gli altri”, dice Faber, il
cui tentativo di riconquistare la corona
coinciderà con il compleanno della ma­
dre. “Io sono il mio modo di vivere, il
mio impegno nel lavoro e coloro che mi
circondano”.
Urijah Faber non è sempre stato il mi­
gliore, ma ha sempre desiderato esserlo.
The California Kid ha costruito le fon­
damenta più solide per il suo impero:
sostenitori leali.
“Quando combatto, si crea empatia
con il pubblico: se vinco vincono an­
che loro e se perdo perdono anche loro.
I miei sostenitori stabiliscono un lega­
me emotivo con me ed è per questo che
adoro le relazioni pubbliche e incontra­
re i fan”, dice Faber.
Randy Couture, Chuck Liddell, e Wan­
derlei Silva, hanno stabilito lo stesso lega­
me con i fan, diventando superstelle delle
MMA. Come campione più importante
della storia del WEC, Faber ha un posto
assicurato nei libri di storia. Tuttavia, ciò
che rende Faber davvero unico è la grati­
tudine verso i fan – è uno scambio karmi­
co in cui combattente e sostenitore si sen­
tono entrambi in cima al mondo.
ta una sensazione incredibile”.
07/06/2009, WEC 41
Sconfitto per decisione unanime da
Mike Brown (incontro di rivincita)
“Mi ritrovai ad affrontare una situazione
completamente nuova e dovetti essere cre­
ativo. Anche se sapevo che non avrei vinto,
combattei per il puro piacere di farlo. Giu­
sto per poter dire “al diavolo”. Ricordo di
aver detto “al diavolo” nel secondo round.
Una volta superato il secondo round, mi
dissi, “ok, cerca di capire cosa fare”.
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