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UN SIMPATICO MAMMIFERO DEI NOSTRI BOSCHI: IL TASSO

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UN SIMPATICO MAMMIFERO DEI NOSTRI BOSCHI: IL TASSO
CARLO BIANCARDI E LAURA RINETTI
UN SIMPATICO MAMMIFERO
DEI NOSTRI BOSCHI: IL TASSO
Chi vive nei paesi sparsi qua e là della Valveddasca, della Valdumentina e della Valtravaglia conosce senz'altro il Tasso, mammifero inconfondibile per il suo aspetto tarchiato, gli arti brevi, la testa
allungata ed ornata ai lati da una caratteristica banda nera, la
pelliccia ruvida, di colore grigio.
Questo mustelide frequenta i boschi di latifoglie prediligendo i
terreni dove può scavare con relativa facilità la sua tana. È di abitudini crepuscolari e notturne, ma è possibile incontrarlo anche in
pieno giorno nei pressi della tana. Nonostante la stretta parentela
con Martora, Faina, Donnola ed Ermellino il Tasso non è un predatore; non possiede l'agilità e la velocità per inseguire e catturare
prede ed il suo incedere goffo e rumoroso, insieme alla sua colorazione molto evidente, non lo aiutano certo negli agguati. Le abitudini alimentari del Tasso sono state studiate da diversi naturalisti
mediante l'analisi delle feci. La sua dieta, molto varia, è costituita
da frutta (castagne, mele, ciliegie, susine, pere, fichi), da cereali
(mais), da bacche, da radici, da insetti, da resti di piccoli animali
trovati morti.
Un tempo ritenuto animale solitario, oggi sappiamo che vive in
"clan" cioè in gruppi famigliari composti da diversi individui che si
dividono sia l'abitazione che il territorio. La sua caratteristica di
carnivoro "sociale" ha portato alcuni studiosi a pensare che la sua
inconfondibile maschera facciale sia una sorta di "segnale di riconoscimento" per i suoi cospecifici. In realtà il Tasso non possiede
una buona vista ed è assai più probabile che il disegno a bande
bianco-nere sia una cosiddetta 'colorazione di avvertimento" rivolta a possibili predatori. Il tasso infatti è in grado di difendersi con
le unghie e con i denti in maniera molto efficace.
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Come tutti gli animali territoriali i tassi marcano la loro proprietà e lo fanno scavando delle buchette profonde una quindicina
di centimetri nelle quali depongono le feci ed una secrezione delle
ghiandole odorifere.
Quando l'economia delle nostre vallate si basava sull'allevamento e l'agricoltura, al tasso erano addebitati danni alle coltiva-zioni: mangiava le radici delle patate, abbatteva le piante di mais
e ne asportava le pannocchie; metteva a nudo le radici delle piante
di pomodoro alla caccia di insetti e scavava nelle letamale per trovare larve ed uova.
Nel Luinese venivano distinte due varietà di Tasso: il "Tass canin" di piccola taglia (8-10 Kg di peso) a pelo lungo ed il "Tass purscel" molto diffuso nella zona di Grantola, a pelo corto e di maggiori dimensioni (15-18 Kg di peso). Ovviamente si trattava di individui della stessa specie, ma appartenenti a fasce di età diverse (subadulti ed adulti). È interessante notare come distinzioni del genere siano diffuse anche in altre zone agricole frequentate dal tasso; ad esempio nel Lodigiano le due forme venivano chiamate
"Tass can" e "Tass gatt".
Per cacciare il Tasso, ora specie protetta, venivano utilizzati il
laccio, la tagliola e i cani. La caccia si svolgeva tra ottobre e novembre perché in questo periodo nelle tane si trovavano 2 o 3 maschi ed almeno una femmina. Quest'ultima di solito viene risparmiata per assicurare la discendenza. Il Tasso è un animale molto
sospettoso, tanto che, se disturbato, rimane nella sua tana più
giorni di fila. I cani usati per entrare nella tana erano di piccola
taglia: bassotti tedeschi (dachshund, che in tedesco significa "cane
da tasso") o fox terrier.
Spesso i cani non riuscivano a stanare la preda e riportavano
gravi ferite. Il Tasso messo alle strette, si difendeva strenuamente
usando i robusti unghioni; spesso nei cunicoli "si incantonava",
cioè si autoseppelliva sotto il terriccio raspato dalle pareti per non
essere preso dai suoi inseguitori. A volte i cani rimanevano bloccati nelle tane: "al Monte Clivio due cani erano rimasti bloccati in
una tana per 2 giorni...; da una tana detta "il Castel" un cane non
era più uscito..." In effetti i cunicoli scavati da questo mustelide
sono stretti e poteva capitare che un cane, nella foga dell'inseguimento, rimanesse incastrato con le spalle tra le pareti senza riuscire più a procedere né avanti né indietro.
Talvolta i cacciatori dovevano allargare con pale e picconi
l'apertura della tana, oppure utilizzavano il fumo. L'animale usciva e veniva ucciso con una fucilata o un colpo di falcetto alla nuca.
Comunque poteva essere catturato anche vivo e, se preso per la
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collottola, "rimaneva disorientato ed immobile con la testa tra le
zampe". Prima dello scoppio della II Guerra Mondiale a Garabiolo
venne catturato vivo un giovane esemplare che fu portato allo Zoo
di Milano. Domenico Pugni di Cadere catturò il suo primo Tasso a
16 anni nel 1927 e dalla vendita della pelle ad un commerciante di
legname di Intra ricavò ben 5 lire.
La pelle era usata anche per fare degli scendiletto e il grasso,
prezioso per ricavarne unguenti efficaci soprattutto contro i reumatismi, veniva venduto al mercato di Luino e portato alle farmacie.
Nelle nostre vallate un tempo il cibo non era molto abbondante
e, certamente, nulla andava sprecato. Perciò quando veniva ucciso
un Tasso non mancavano le "ricette" per poterlo cucinare. Per prima cosa era necessario togliere il grasso la cui consistenza in spessore variava da 1 cm sul ventre a 3-4 cm sul dorso. Era necessaria
molta abilità nell'operazione, altrimenti la carne sarebbe risultata
immangiabile.
Le tecniche erano diverse: una prima sgrassatura veniva fatta
con un coltello affilato, poi l'animale veniva legato a stecche di legno e posto sulla stufa accesa; il grasso in questo modo colava si
di un vassoio e poteva essere poi recuperato. Oppure veniva messo a rosolare per una decina di minuti a fuoco vivo, per poi svuotare la pentola dal grasso e lavarla; un terzo sistema consisteva
nel porre la carcassa in acqua bollente con alloro e aceto per alcuni minuti prima di essere cucinata. Si passava quindi alla cottura
delle carni. In Valveddasca (Cadero) la carne era divisa a pezzi e
messa in pentola con salvia, rosmarino, timo e un bicchiere di vino da fare evaporare, poi si cuoceva il tutto arrosto; oppure si cucinava in umido con salsa di pomodoro ed aromi, passando in padella anche le interiora.
A Bassano il Tasso era cotto arrosto con alloro, salvia e rosmarino e aglio con contorno di patate e verdura cotta. Si era tentato
di cucinarlo in "cazzuola" ma il risultato fu deludente. In Valdumentina la carne di Tasso veniva fatta rosolare in padella con alcuni cucchiai di grappa; poi veniva cambiata la pentola e le carni
erano cotte arrosto. Chi era di palato grossolano conservava il
grasso per cucinarvi le patate.
II Tasso è un tipico scavatore in grado di smuovere in poco tempo
un'enorme quantità di terriccio. Le tane sono i "segni" più evidenti
della sua presenza. Molto importante è il tipo di terreno dove avviene lo scavo. Se il terreno è morenico le apertura delle tane sono
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Esempio di tana su rilievo morenico (Valtravaglia). Si tratta di una tana principale;
si notano tre aperture con un evidente "terrazzino" formato dal materiale di scavo.
In questo complesso di tana le entrate sono in tutto una dozzina. (Foto C. Biancardi)
A tre mesi di età i piccoli tassi escono frequentemente dalla tana, ed iniziano ad
esplorare il mondo circostante. L'allevamento della prole è affidato alla madre che,
a fine inverno, partorisce in una camera della tana 3 - 4 piccoli. (Foto S. Morandi)
La tagliala, crudele strumento per la cattura degli
animali selvatici, un tempo
veniva posta lungo gli abituali tragitti che il tasso
percorreva, calata la sera,
alla ricerca del cibo. La
specie, in Italia, è protetta
dal 1978.
(Foto L. Rinetti)
Sotto: Valveddasca. Entrata di una tana posta fra due massi di micascisti. La sua
presenza è confermata da materiale di scavo più o meno fresco, da tracce lasciate dal
mustelide, da camminamenti e latrine.
(Foto C. Biancardi)
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numerose, circolari, anche se un poco schiacciate in altezza. Dove
il terreno invece è roccioso sono sfruttati gli anfratti fra le rocce e
gli interstizi tra roccia e terreno sono allargati per formare cunicoli. Queste tane non sono sempre facilmente individuabili. La
struttura è comunque complessa: cunicoli il cui diametro medio è
di circa 30 cm, camere di riposo, camera per il parto (l'ampiezza
delle camere è di circa 60 cm), molte aperture per l'aerazione, ad
una profondità che può raggiungere i 5-10 metri.
Le tane sono essenzialmente di due tipi. Le tane principali sono
il luogo scelto per dormire, allevare i piccoli e trascorrere l'inverno
insieme a tutti i membri del clan. Possiedono diverse entrate e sono occupate con una certa regolarità. Le tane principali hanno
una rete di gallerie che può svilupparsi anche per centinaia di metri con un'estensione pari a 0,75 ha e una dozzina di camere nido.
Vengono tramandate di generazione in generazione e sono abbandonate con molta riluttanza (in Valveddasca sono note tane di Tasso abitate regolarmente da almeno 150 anni!).
Le tane secondarie invece sono frequentate saltuariamente,
hanno dimensioni relativamente minori e spesso si riducono a
semplici cavità.
Bibliografia
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Ringraziamenti:
Ci fu d'aiuto Domenico Pugni di Cadere di cui conserviamo grata
memoria; ringraziamo per le utili informazioni: Fermo Badi delle
Motte di Luino, Elena e Giovanni Sartorio di Bassano, Filippo Bonariva di Castelveccana, la guardia ecologica volontaria della comunità montana Valli del Luinese, Eleuterio Coccoli di Sarigo, e
infine Biagio Zacchetti di Zelo Buon Persico.
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