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Ferite, lesioni da decubito, ustioni

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Ferite, lesioni da decubito, ustioni
Ferite, piaghe, ustioni
Prof. Salvatore Gorgone
Cattedra di Chirurgia Generale
Università degli Studi di Messina
1
Dieresi
Consiste nella separazione dei
tessuti eseguita con strumenti
meccanici (bisturi, forbici, pinze,
spatole, batuffoli montati) o con le
dita (dissezione digitale o
digitoclasia) o con mezzi fisici
(calore = diatermia, corrente
elettrica = elettrobisturi, laser =
bisturi laser, ultrasuoni = bisturi ad
ultrasuoni; bisturi ad argon)
Incisione se la dieresi è effettuata
con strumenti che realizzano un
taglio lineare (bisturi a lama; bisturi
elettrico o a ultrasuoni; laser; harmonic
scalpel)
Dissezione se la dieresi in tutto o in
parte è condotta per via smussa
Sezione se la separazione dei
tessuti o delle strutture anatomiche
2
è completa
Senza perdita di sostanza
n
n
Lineari
A lembo
Con perdita di sostanza
n
n
Tangenziali
A tutto spessore
3
Linee di Langer
corrispondono a linee di minore tensione
meccanica della cute o a pieghe cutanee
fisiologiche; vengono seguite nelle incisioni
chirurgiche per ottenere un miglior esito
cicatriziale
4
5
6
Emostasi
Manovra che si impiega per prevenire
o arrestare l’emorragia
L’emostasi preventiva temporanea si attua:
n Compressione dei vasi arteriosi distrettuali per
2-3 ore con le mani, con un laccio emostatico,
con manicotti pneumatici o con fasciature
n Angolando o strozzando, dopo l’isolamento, il
vaso su fettucce, o con pinze vascolari
atraumatiche (angiostati)
L’emostasi preventiva definitiva si attua:
n Legatura di un vaso
n Applicazione di clip emostatiche sul vaso
n Elettrobisturi
L’emostasi terapeutica temporanea si attua:
n Tamponamento diretto con pressione esterna
o angolature dei vasi
n Occlusione endovasale con catetere a
palloncino di Fogarty
L’emostasi terapeutica definitiva si attua:
n Legatura semplice
n Legatura dopo transfissione del vaso
n Elettrocoagulazione
n Sutura della parete vasale
n Protesi vascolare
7
8
9
10
11
Emostasi biofisica
(FloSeal)
1. Si applica alla base
della lesione
2. I granuli si
espandono del 20%
entro 1 minuto e
riducono il flusso del
sangue
3. La trombina
trasforma il
fibrinogeno in
polimero di fibrina
che forma un
coagulo
4. I granuli non
incorporati nel
coagulo vengono
rimossi mediante
irrigazione
5. Viene riassorbito
entro 6/8 settimane
Sintesi
Ripristino totale o parziale dell’integrità
anatomica e funzionale dei tessuti incisi
o sezionati al fine di guidare i processi
di riparazione e cicatrizzazione
Sintesi per strati anatomici quando i
tessuti sezionati vengono suturati
separatamente rispettando i piani
anatomici
Sintesi in massa o a tutto spessore
quando non vengono rispettati i piani
anatomici
Le suture a punti staccati danno
maggiori garanzie di tenuta
Le suture continue hanno minori
garanzie di tenuta ma la riparazione è
più lineare, estetica e a maggiore
effetto emostatico
Nell’esecuzione di una sutura bisogna
evitare la formazione di spazi morti in
cui possono raccogliersi secrezioni ed
essudati con rischio di infezione
13
14
15
17
19
Materiali di sutura
Tutti i fili di sutura si comportano come
“corpo estraneo” inducendo una reazione
infiammatoria e costituisce uno stimolo
irritativo se permane dopo il tempo di
guarigione della ferita
Materiali riassorbibili: degradati in pochi
giorni con un processo enzimatico rapido
(catgut) o per idrolisi lenta in 3-6 mesi
(acido poliglicolico, acido poliglattico,
polidiossanone)
Materiali non riassorbibili o a lento
riassorbimento: per la sutura di strutture
sottoposte a trazione o di ferite
potenzialmente contaminate (seta, lino,
nylon, polipropilene monofilamento,
acciaio)
Sutura differita: ferite superficiali infette
non devono essere immediatamente
suturate, perché si potrebbe formare un
ascesso sottocutaneo, ma si lasciano
temporaneamente aperti i piani superficiali
e si medicano con antisettici, cessata
l’infezione (4-7 giorni) si procede alla sutura
20
Materiali di sutura
Caratteristiche
La scelta del materiale di sutura
deve essere correlata al tipo di
tessuto da suturare
Buona resistenza tensile
Diametro uniforme
Maneggevolezza e flessibilità
per una efficace esecuzione del
nodo
Buona scorrevolezza nei tessuti
Elevata tolleranza biologica
Sterilità
ØLa lunghezza dei fili, preparati in confezioni sterili
sigillate, è intorno ai 50 cm (da 30 a 90 cm). Il diametro
è variabile: il numero del filo equivale al suo valore in
decimi di millimetri e va da 0.1 a 8
ØOgni corpo estraneo introdotto nell’organismo
determina una risposta infiammatoria che nel caso dei fili
di sutura è legata alla natura, allo spessore ed al tipo di
lavorazione cui il filo è stato sottoposto, i fili ritorti o
intrecciati sono meno scorrevoli e presentano porosità in
cui entrano i liquidi biologici imbibendoli e rendendoli
terreno ideale per la proliferazione dei germi patogeni
22
23
Aghi
Gli aghi vengono suddivisi in base
alla forma (retti, mezzi curvi, curvi)
La punta degli aghi, scelta in
rapporto al tessuto da suturare, può
essere smussa, conica o piramidale
La sezione dell’ago può essere
rotonda, triangolare o poligonale
tagliente, in rapporto alla
vascolarizzazione e consistenza del
tessuto da suturare
Negli aghi atraumatici la
coda dell’ago si continua
con il filo, di uguale calibro
24
Suture con mezzi
meccanici, chimici
e biologici
Suturatrici cutanee permettono
buoni risultati estetici
Strisce o nastri adesivi (steri-strip)
con una lieve pressione digitale si
fanno combaciare i margini della
ferita, si sovrappongono le strisce
allo scopo di tenere bloccate per
più giorni le rime cutanee
favorendo in tal modo la
cicatrizzazione per prima
intenzione
Butilcianoacrilato è un adesivo
ben tollerato dai tessuti
25
26
Ferita
Soluzione di continuo della cute
Guarigione per prima intenzione: i
margini sono contrapposti.
Condizione ideale che si verifica
quando la ferita è suturata
chirurgicamente ed il decorso non è
complicato da infezioni, ematomi o
necrosi. Il tessuto cicatriziale è di
minima entità
Guarigione per seconda intenzione:
tra i margini si costituisce un
intervallo reale che sarà colmato
prima da tessuto di granulazione e
poi da una massa cicatriziale
È la quantità di tessuto di granulazione che
si forma (abbondante, modesto, virtuale) che
differenzia i vari quadri clinici
27
28
Processo
di
riparazione
Formazione del coagulo ematico
n
n
rete di fibrina nelle cui maglie sono
incluse emazie, piastrine, ecc.
l’avvicinamento dei margini della
ferita è iniziato dalla retrazione del
coagulo
Invasione dei fagociti
n
dapprima granulociti neutrofili poi
macrofagi che detergono la ferita
fagocitando la fibrina e i detriti
cellulari, essi riversano nella ferita
in sede extracellulare enzimi litici,
liberano fattori di crescita per le
cellule endoteliali ed i fibroblasti
29
Proliferazione dei tessuti
connettivali (2° - 3° giorno)
n
n
n
n
il tessuto di granulazione è un tessuto
connettivale scarsamente differenziato
e molto vascolarizzato costituito da
fibroblasti che penetrano nel coagulo
seguendo i filamenti di fibrina
La componente cellulare è
rappresentata da fibroblasti, sono
presenti macrofagi, leucociti, mastociti
e plasmacellule. Una parte dei
fibroblasti (miofibroblasti) ha
caratteristiche tipiche delle cellule
muscolari lisce e rappresentano il
fattore più importante per la
contrazione della ferita
proliferano gli abbozzi vascolari che
formeranno i capillari ematici e
successivamente quelli linfatici
i fibroblasti secernono anche il
procollageno che porterà alla
formazione di fibre collagene, l’acido
ialuronico e glucosaminoglicani che
sono il substrato della sostanza
fondamentale amorfa extracellulare 30
Riepitelizzazione
n
n
n
inizia precocemente (entro 24
ore i cheratinociti vanno verso il
centro della lesione e in 3°
giornata nell’epidermide dei
labbri della ferita vi è intensa
attività mitotica)
la riepitelizzazione si attua
quando il tessuto di granulazione
colma il dislivello tra il fondo e i
bordi della ferita
Fattori di crescita (Growth
Factors): peptidi secreti
localmente che modulano la
proliferazione e differenziazione
delle cellule bersaglio dei tessuti
in rigenerazione
31
32
Organizzazione della cicatrice
n
n
n
Le fibre collagene aumentano
di numero e spessore, i
fibroblasti diminuiscono e si
trasformano in fibrociti,
diminuiscono i capillari
Si forma la cicatrice: tessuto
connettivale definitivo, poco
irrorato, poco innervato,
anelastico, costituito da fibre
collagene dense, sclerotiche,
intrecciate con poche cellule in
riposo funzionale, rivestito da
cute fragile, traslucida, di
colorito alterato, inestensibile,
priva di annessi, spesso sede
di iper e parestesie
Le fibre collagene determinano
l’aumento della resistenza alla
trazione nella cicatrice
33
Cicatrice
n
n
nell’arco di 12 giorni dal
trauma avviene la contrazione
della ferita a causa dei
miofibroblasti
segue la retrazione della
cicatrice associata ad aumento
di spessore della stessa che si
prolunga per diversi mesi ed è
determinata dall’aggregazione
di fibrille di tropocollagene
Una cicatrice è solida dopo
due settimane. La sua
organizzazione si completa in
sei mesi; assume il suo
aspetto definitivo in circa due
anni
34
Semeiotica delle ferite
Sede
Morfologia
Orientamento
Profondità
Sanguinamento
Vitalità dei margini
Eziologia
Lesioni
viscerali,
vascolari
Rischio settico
35
Diversi tipi di ferite
Profondità
n
n
ferite superficiali: interessano la cute ed
il sottocutaneo (1)
ferite profonde: interessano anche la
fascia e le strutture sottofasciali (2 semplice,
2° trapassante)
n
ferite penetranti: arrivano fino ad una
cavità e si complicano spesso con
lesione di organi interni (3 semplice, 3° transfossa)
Margini
n
n
n
n
ferite lineari: bordi netti e continui senza
segni di sofferenza tessutale
ferite contuse: bordi ecchimotici con
sofferenza ischemica dei tessuti vicini. La
sutura deve essere preceduta dalla
escissione dei margini sofferenti
ferite da punta
ferite lacere: bordi variamente
conformati ed irregolari. La sutura deve
essere preceduta dalla regolarizzazione
dei bordi. Se i bordi sono contusi si
hanno le ferite lacero-contuse
36
Fattori inibenti la
guarigione delle ferite
Esogeni
n
n
n
n
n
Denutrizione
Infezioni
Corpi estranei
Compressione
Radiazioni
Endogeni
n
n
n
n
n
Turbe
circolatorie
Malattie
metaboliche
Malattie
cutanee
Malattie
infettive
Deficit
immunitari
Fattori che influiscono sulla
cicatrizzazione delle ferite
•Umidità
•Temperatura
•Ossigenazione
37
Patologia delle ferite
Cicatrizzazione ipoplasica: si
manifesta con deficiente
produzione di tessuto di
granulazione ed epitelizzazione
ritardata. Appare depressa,
traslucida, ipopigmentata,
marezzata in periferia per
presenza di telangectasie,
facilmente ulcerabile
Cicatrizzazione iperplastica:
indotta da trattamento inadeguato
e da predisposizione soggettiva.
Appare come un cordone rilevato,
eritematoso, dolente, epidermide
sottile e atrofica. Tende col tempo
alla regressione. Dopo 6 mesi
possibile la escissione del cordone
e la corretta sutura
38
Cicatrizzazione metaplastica: porta
alla formazione del cheloide
caratterizzato da capacità di
recidiva locale
n
n
n
n
Eziologia oscura: predisposizione
familiare e razziale, eccessiva tensione
dei margini della ferita, presenza di
materiale estraneo, lesioni guarite per
seconda intenzione
Appare come una tumefazione di
colorito rosso acceso, di forma e
dimensioni diverse da quella di
partenza, molto dolente
spontaneamente e alla pressione
Sedi: regione sternale, dorsale e
cervicale
Nelle forme recenti bendaggio elasticocompressivo, fogli di gel di silicone,
laserterapia. Nelle forme inveterate
solo asportazione chirurgica seguita
dalle misure precedenti
39
Cicatrizzazione neoplastica:
trasformazione cancerosa
(carcinoma spinocellulare) della
cicatrice (ulcera di Marjolin) avviene
nel 1,5% dei casi, dopo 10 - 30 anni
su cicatrici da ustione, arma da
fuoco, da vaccinazione, ecc. È un
tumore altamente invasivo
Cicatrice quale “patologia
secondaria”
n
n
n
la cicatrice tende ad ulcerarsi dopo
traumi
sede spesso di parestesie ed
iperestesie
la spontanea tendenza alla
retrazione provoca uno stiramento
dei tessuti circostanti
(dall’inestetismo alla deformità
conclamata fino a giungere nel
bambino all’impedimento del
normale sviluppo di intere regioni)
40
Debridamento
Rimozione meccanica di un tessuto necrotico o
infetto al fine di curare un’infezione o favorire
la guarigione di una ferita
Il debridamento superficiale è limitato solo
da strutture come arterie, tendini e nervi che
devono essere rispettati a meno che siano non
vitali
Il concetto base è quello di rimuovere quanto
più tessuto devitalizzato possibile ma
garantendo la copertura delle strutture più
importanti anche a costo di mantenere
parzialmente aree di tessuto devitalizzato
Un esempio di debridamento profondo in
chirurgia generale è rappresentato dalla
pancreatite acuta necrotico-emorragica in cui il
fattore limitante è rappresentato l’emorragia.
Tuttavia, tutto il tessuto necrotico deve essere
rimosso per debridamento e drenaggio
rispettando i tessuti vitali e sanguinanti
Il debridamento deve essere realizzato in
modo da
n
n
ridurre al minimo la perdita di tessuti vitali
avendo in mente un programma valido per il
tempo ricostruttivo
Medicazione
Ø Impedire l’essiccamento
dell’essudato o l’eccessiva
disidratazione degli strati superficiali,
mantenendo un gradiente ottimale
di umidità, senza peraltro
determinare un accumulo di liquidi
ed aumento del rischio di infezione
(semipermeabilità)
Ø La medicazione locale deve:
1. Essere permeabile all’ossigeno
ed ai vapori
2. Ridurre le perdite plasmatiche
3. Ostacolare la contaminazione
batterica
4. Attivare la formazione di
tessuto di granulazione
5. Favorire la epidermizzazione
6. Aumentare la forza tensile
• Medicazione compressiva con benda
elastica adesiva ad alta tenuta
42
43
Sorveglianza della ferita
operatoria
Sorvegliarla più volte durante la I
giornata per escludere
complicanze locali immediate
Controllare nel postoperatorio i
drenaggi (caduta o aspirazione)
Ispezione e palpazione
giornaliera della ferita
In V giornata medicazione della
ferita
In VII giornata rimozione parziale
dei punti di sutura, rimozione
completa dei punti in IX giornata
Successivamente il paziente può
lavarsi a livello della ferita
Nel volto, nel collo, in chirurgia
plastica i punti vengono tolti più
precocemente (III-V giornata)
44
Medicazione
Togliere delicatamente i cerotti, tirando verso
la ferita, con strappi brevi e rapidi
Rimuovere la medicazione sporca se è
aderente alla ferita, bagnarla con soluzione
fisiologica sterile (evita danni al tessuto di
granulazione)
Disinfettare la ferita muovendosi dalla
regione meno contaminata a quella più
contaminata
Ferita pulita: disinfettare partendo
dall’incisione verso l’esterno; cambiare le
garze ad ogni passaggio
Ferita sporca: disinfettare partendo
dall’esterno verso l’interno con movimenti
circolari
Posizionare la garza sterile a misura della
ferita e fissarla con cerotti, se è necessario
coprire ulteriormente con garze assorbenti
- drenaggi
- drenaggi
- drenaggi
- drenaggi
in garza
tubulari a caduta
con sistema aspirante
a valvola d'acqua
48
Si afferra con le pinze le estremità del filo,
quindi si taglia il filo in prossimità della
cute e, mantenendo la presa con le pinze,
lo si asporta; si evita così di trasportare in
profondità germi superficiali
49
50
51
52
Complicanze della ferita
operatoria
Infezione
n
n
n
n
Intervento pulito à 1-3%
Intervento pulito-contaminato à 5%
Intervento contaminato à 15-30%
Intervento sporco à 20-40%
Causata dalla contaminazione
batterica che avviene
intraoperatoriamente, più
raramente per contaminazione nel
periodo postoperatorio; nei
traumatizzati la ferita può essere
contaminata preoperatoriamente
53
Segni locali di infezione sono:
n
n
eritema, dolorabilità,
indurimento dei margini
pus che fuoriesce dalla ferita
Diviene clinicamente manifesta tra la V e la
VII giornata
Alcune infezioni ad insorgenza lenta giorni
dopo la rimozione dei punti si manifestano
con eritema cutaneo, deiscenza parziale
della ferita, fuoriuscita di essudato
Infezione della ferita tardiva per
contaminazione di materiale di sutura non
riassorbibile
Complicanze:
n
n
n
disseminazione dell’infezione locale (flemmone)
generale (setticemia)
deiscenza della ferita con possibile eviscerazione
Laparocele
La prognosi dell’infezione di ferita è di
regola favorevole se il trattamento è
adeguato; solo eccezionalmente si verifica
un’evoluzione infausta, per la comparsa di
complicanze successive (per es. deiscenza,
peritonite, shock settico)
54
Massimo drenaggio possibile
dell’essudato dalla ferita
(apertura della ferita, drenaggio
del pus, detersione meccanica
con soluzione fisiologica sterile)
Quindi se la soluzione di
continuo della ferita è piccola si
avvicinano i margini della ferita
con cerotti adesivi sterili
(guarigione per seconda
intenzione); se la soluzione di
continuo della ferita è estesa
dopo aver riscontrato tessuto di
granulazione nel fondo in attiva
proliferazione si può procede a
risutura della ferita con punti
cutanei staccati (guarigione per
terza intenzione)
55
Fattori di rischio nelle infezioni
della ferita chirurgica
56
Ematoma
Raccolta di sangue misto a coaguli
nel contesto della ferita
Per emostasi incompleta, terapia
anticoagulante
Fattori favorenti i traumi e
l’ipertensione arteriosa
Tumefazione dolente della ferita
ricoperta di cute bluastra e in quelli
voluminosi emorragia dalla ferita
Aumento del rischio di infezione
della ferita
Ematomi profondi del collo possono
comprimere la trachea (vanno
subito evacuati)
Ematomi sotto pressione procedere
alla revisione della ferita
Trattamento conservativo per gli
altri
57
Raccolta sierosa
(sieroma)
Raccolta di liquido sterile nella
ferita (siero, linfa, liquido
trasudato, tessuto adiposo in
necrosi, tracce di sangue)
Tende a formarsi dopo estese
dissezioni del sottocutaneo o del
tessuto adiposo o dopo
svuotamento linfoghiandolare
Raccolte piccole tendono a
riassorbirsi, le voluminose vanno
aspirate o drenate
chirurgicamente perché possono
determinare deiscenza della ferita
o ritardarne la guarigione
58
Deiscenza
Apertura spontanea della ferita per
cedimento parziale o totale della
sutura o della cicatrice recente
Può essere a carico dei piani
superficiali o interessare anche i
piani profondi
La deiscenza superficiale si
manifesta in seguito ad infezione o
ad ematoma sottocutaneo
Si manifesta verso il termine della
prima settimana (forza tensile
minima) con sanguinamento per
strappamento dei vasi neoformati e
apertura dei margini della ferita
Revisione e risutura della ferita
dopo risoluzione dell’eventuale
processo infettivo
59
La deiscenza completa della ferita
laparotomica può portare
all’eviscerazione, è complicanza
grave ma poco frequente dovuta ad
infezione profonda della ferita, a
ritardo di guarigione della ferita, a
difetto di tecnica chirurgica
(materiale inadeguato, punti fitti o
radi, spazi vuoti residui, mancato
affrontamento della fascia), ad
aumento notevole della pressione
endoaddominale (ascite, tosse,
occlusione intestinale)
Essa è gravata da aumento della
mortalità derivante dalla
complicanza in sé e dalla gravità
della malattia di base che
contribuisce al mancato
consolidamento della cicatrice
60
Laparocele
La fuoriuscita di visceri addominali
attraverso una breccia muscoloaponeurotica della parete in
corrispondenza di una precedente
incisione chirurgica
Si manifesta nel 2% delle
laparotomie; nel 50% di quelle
complicate da infezione
suppurativa
Dopo la guarigione dell’infezione
residua un’area di debolezza della
parete per il mancato
avvicinamento dei lembi muscoloaponeurotici, quindi il contenuto
addominale rivestito da peritoneo
(sacco) sotto l’impulso della
pressione endo-addominale si fa
strada nel tessuto sottocutaneo
61
Altri fattori predisponenti sono:
n
n
n
la broncopatia cronica e la tosse
le malattie dismetaboliche
un difetto di tecnica chirurgica
L’evoluzione è lenta e progressiva e
la tumefazione può raggiungere
dimensioni voluminose
Il sacco è spesso pluriconcamerato
Localizzazione frequenti alla linea
mediana (incisione ortogonale alle
linee di forza dell’attività contrattile
della muscolatura addominale), in
sede di colo o ileostomia; meno
frequente nelle incisioni sottocostali
o della parete posteriore
Nei laparoceli voluminosi vi è
insufficienza respiratoria cronica,
insufficienza vascolare venosa,
distensione dei visceri cavi,
alterazione della peristalsi, ipotrofia
della muscolatura addominale
62
Complicanze a carico dei visceri del
sacco per aderenze connettivali:
n
n
incarceramento del laparocele
strozzamento del laparocele
Laparoceli riducibili o mobili (i visceri
non aderiscono al sacco)
Laparoceli fissi o incarcerati (i visceri
aderenti al sacco non sono più
riducibili in addome)
La terapia chirurgica consiste nella
riduzione del contenuto, nella
escissione del sacco, nella chiusura
della porta. Escissione di parte della
cute esuberante
Nei laparoceli vasti con difficoltà di
sutura dei lembi muscoloaponeurotici si chiude la porta con
materiale protesico (rete di
polipropilene)
63
64
Contusioni
Lesioni traumatiche provocate con
meccanismo di compressione o
schiacciamento delle parti molli tra
un corpo contundente e un piano di
resistenza (scheletro), senza che si
verifichino soluzioni di continuo del
rivestimento epidermico
Il trauma determina lesioni di vasi
sanguigni e linfatici à soffusione di
sangue nei tessuti circostanti à
ecchimosi o soffusioni
La rottura di vasi di maggiore entità
porta alla formazione di raccolte
ematiche (ematomi)
65
Sintomatologia
n
n
n
tumefazione
ecchimosi o ematomi
dolore per contusione dei nervi
o per compressione sulle
terminazioni nervose da parte
dell’edema
Terapia
n
n
n
n
impacchi freddi
fasciatura compressiva in caso
di ematoma
in un secondo tempo impacchi
caldi
uso topico di pomate
epariniche
66
Ulcere
Perdita di sostanza interessante i
tessuti a varia profondità priva di
tendenza alla guarigione
spontanea; si realizza a causa di un
deficit circolatorio locale che può
essere
n
n
primitivo: arteriopatie, flebopatie,
linfopatie
secondario: a malattie infettive
(piodermiti, tubercolosi, sifilide, ulcera
molle, lebbra, leishmaniosi, herpes); a
malattie neoplastiche (epiteliomi,
melanomi, reticulosi, metastasi
cutanee); a malattie immunitarie
(malattie bollose; fenomeno di Arthus;
sclerodermia); a malattie metaboliche
(diabete); lesioni da raggi
67
Ulcere
68
69
Lesioni da pressione
o Piaghe da decubito
Lesione tessutale con evoluzione
necrotica, che interessa la cute, il
derma, e gli strati sottocutanei, fino a
raggiungere negli stadi più avanzati i
muscoli e le ossa
Si formano nei pazienti costretti a un
decubito obbligato.
Eziologia: compressione locale
superiore alla pressione media dei
capillari (20 - 30 mm Hg) per periodi
superiori a 2 ore, stiramento o frizione
dei tessuti; insufficiente spessore dei
tessuti molli sovrastanti sporgenze
ossee; ristagno di deiezioni; nei
medullolesi per inibizione del controllo
riflesso del sistema autonomo sulla
circolazione cutanea
Fattori sistemici: età anziana, ridotta
mobilità, malnutrizione
Sedi elettive: regioni ischiatiche,
regione sacrale, caviglie, regioni
pretrocanteriche, malleoli esterni,
regioni pretibiali, regioni iliache, regioni
precostali
70
71
VARIABILI
INDICATORI
4
3
2
1
Percezione
sensoriale
Non limitata
Leggermente
limitata
Molto limitata
Completamente
limitata
Umidità
Raramente
bagnato
Occasionalmente
bagnato
Spesso bagnato
Costantemente
bagnato
Attività
Cammina
spesso
Cammina
occasionalmente
In poltrona
Completamente
allettato
Mobilità
Limitazioni
assenti
Parzialmente
limitata
Molto limitata
Completamente
immobile
Eccellente
Adeguata
Probabilmente
inadeguata
Molto povera
Senza problemi
apparenti
Problemi
potenziali
Presenti
Nutrizione
Frizione e
scivolamento
N.B. Al paziente cateterizzato si attribuisce un punteggio di 4 all’indicatore umidità
SCALA di BRADEN
20-17: monitoraggio per individuazione precoce
16-13: prevenzione con presidi antidecubito
<13: necessità di presidi antidecubito
SCALA di NORTON
16-15: rischio assente
14-12: rischio lieve
<11: rischio elevato
INDICATORI
VARIABILI
4
3
2
1
Condizioni
generali
Buone
Mediocri
Scadenti
Pessime
Stato mentale
Lucido
Apatico
Confuso
Stuporoso
Normale
Cammina con
aiuto
Costretto su
una sedia
Costretto a letto
Autonoma
Leggermente
limitata
Molto limitata
Immobile
Assente
Occasionale
Abituale per le
urine
Deambulazione
Mobilità
Incontinenza
Per feci ed urine 72
Stadiazione
1. Eritema stabile della pelle (non lacerata)
non reversibile alla digitopressione; il
segnale preannuncia l'ulcerazione della
pelle
2. Ferita a spessore parziale che coinvolge
l'epidermide e/o il derma. L'ulcera è
superficiale e si preannuncia
clinicamente come un'abrasione, una
vescica o una leggera cavità
3. Ferita a tutto spessore che implica danno
o necrosi del tessuto sottocutaneo e che
si può estendere fino alla fascia
sottostante, ma senza attraversarla.
L'ulcera si presenta clinicamente come
una profonda cavità che può o non può
essere sottominata
4. Ferita a tutto spessore con estesa
distruzione dei tessuti, necrosi o danno a
muscoli, ossa o strutture di supporto (es.
tendini, capsula articolare, ecc.)
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Stadio II
Stadio I
Stadio III
Stadio IV
74
75
Profilassi: cura del trofismo generale e locale (pulizia,
attenuazione dello stimolo pressorio e dell’attrito
mediante frequenti cambi di posizione, bendaggi
soffici, appositi materassi), nutrizione
Terapia medica se l’ulcera interessa la cute e strati
sottocutanei (detersione del fondo, allontanamento
degli essudati (VAC), antibioticoterapia, controllo del
tessuto di granulazione e stimolazione del tessuto
epiteliale) con modalità chimico-enzimatiche
(dextranomero polisaccaride, cadexomero iodico
polisaccaride, idrogel, agenti enzimatici, adesivi
all’ossdo di zinco) o con modalità fisiche (debridement
con ultrasuoni, debridement con getto di soluzione
fisiologica)
Terapia fisica: Elettroagopuntura, Elettrostimolazione,
Campi magnetici pulsanti, Laser
Terapia chirurgica se l’ulcera oltrepassa la fascia
(escissione dell’ulcera e del tessuto circostante,
spianamento delle sporgenze ossee, riparazione
mediante innesto dermo-epidermico, lembo fasciocutaneo e mio-cutaneo)
76
Materassi
n
n
n
n
n
n
ad aria
ad acqua
con supporto di gel
in fibra cava
in gommapiuma
in poliuretano a densità diversificata
Letti
n
n
n
n
articolati
a cuscini d’aria
Fluidizzati
basculanti
Cuscini antidecubito
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Posizione “in culla”
78
Posizione “sul fianco”
79
Ustioni
Condizione patologica conseguente alla
esposizione dei tessuti ad eccessiva
temperatura
I fattori determinanti la gravità della
lesione sono:
n
n
n
la temperatura raggiunta dai tessuti
il tempo dell’esposizione
la natura dell’agente ustionante
Grazie ad alcuni mezzi omeostatici
(circolazione del sangue, strato corneo,
secrezione sebacea, contenuto
tessutale di acqua), i tessuti della cute
resistono a temperature inferiori ai
44°C anche per periodi abbastanza
lunghi; tra 44°C e 51°C inizia la
distruzione cellulare; al di sopra dei
51°C la velocità di distruzione è rapida
ed a temperature superiori ai 70°C la
necrosi cellulare si realizza anche per
brevi periodi di esposizione
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Classificazione
Le ustioni di I grado consistono in intensi e dolenti
arrossamenti cutanei (eritemi) legati ai fenomeni vasoattivi
scatenati dal trauma. Istologicamente si osservano alterazioni
epiteliali a carico degli elementi più superficiali dell’epidermide
quali eosinofilia citoplasmatica, picnosi nucleare e congestione
vascolare
Le ustioni di II grado assumono differenti aspetti in ragione
della loro profondità e possono essere distinte in superficiali e
profonde. Le prime sono caratterizzate da un colore roseo e
dalla presenza di flittene (bolle, di dimensioni variabili
contenenti un essudato ricco in proteine); la loro formazione è
dovuta al distacco dell’epidermide e del derma papillare
necrotici dai piani più profondi. Microscopicamente le fibre
collagene appaiono frammentate e rigonfie, il derma papillare
è necrotico mentre attorno ai vasi del derma reticolare
compaiono caratteristici infiltrati cellulari di natura
flogistica. Le ustioni di II grado profondo presentano una
superficie di colore biancastro-purpureo, solitamente priva di
flittene. L’epidermide appare omogeneizzata, il derma papillare
è distrutto così come gran parte di quello reticolare, minime
sono invece le reazioni flogistiche perivascolari
Le ustioni di III grado presentano un colore differente a
seconda del tipo di agente ustionante e della sua
temperatura. Sono caratterizzate dalla formazione dell’escara
che può assumere un aspetto di gangrena secca o umida. Da
un punto di vista istologico si ha la distruzione di tutta la
componente cutanea e nei casi più gravi anche dei tessuti
sottostanti. L’omogenizzazione epidermica e degli annessi
cutanei, la necrosi profonda e la trombosi dei vasi sanguigni
sono i principali aspetti istologici
Le ustioni di IV grado coinvolgono i tessuti profondi
In base alla natura dell’agente eziologico si distinguono ustioni
da liquidi, da vampata, da contatto, da vapore, da agenti
chimici, da radiazioni elettromagnetiche
81
82
Ustioni superiori al 20% della superficie corporea di un
adulto o al 10% in un bambino sono causa di alterazioni
fisiopatologiche che interessano tutto l’organismo e che nel
loro insieme configurano la malattia da ustione
L’imponente perdita di liquidi in parte all’esterno ed in parte
nello spazio interstiziale è causa di uno shock di tipo
ipovolemico con emoconcentrazione
A livello dell’apparato gastrointestinale possono formarsi
vere e proprie ulcere da stress (ulcere di Curling)
L’apparato respiratorio può essere infine coinvolto sia
direttamente, in seguito alla inalazione di vapori tossici o
aria calda, sia indirettamente con il cosiddetto quadro del
“polmone da shock” con grave insufficienza respiratoria
entro le prime 24-72 ore dal trauma legata ad un edema
dapprima interstiziale e successivamente intralveolare con
formazione di membrane ialine
L’infezione e l’intossicazione legata al riassorbimento di
sostanze tossiche costituiscono l’evoluzione della malattia
da ustione
L’infezione, costantemente presente, rappresenta la
principale causa di morte nel paziente ustionato
Alla fase infettiva segue quella dismetabolica, caratterizzata
da negativizzazione del bilancio azotato, da grave calo
ponderale ed ipotrofia muscolare
Per quanto riguarda la definizione della gravità della
lesione i principali fattori da considerare sono:
n
n
n
n
n
la profondità (superficiali I e II – profonde II III e IV)
l’estensione (calcolata con un valore percentuale rispetto alla
superficie corporea totale o con la cosiddetta “regola del 9”)
la sede anatomica della lesione (interessamento delle vie
respiratorie per le complicazioni bronco-pneumoniche, del
perineo per le complicazioni infettive, delle mani e del viso per
gli invalidanti ed inestetici esiti cicatriziali)
l’età (giovani e anziani hanno sintomatologia più grave e
mortalità maggiore)
malattie pregresse come etilismo, diabete, cardiopatie o
concomitanti come fratture, emorragie o traumi cranici
83
Clinica e Terapia
Le ustioni di I grado guariscono spontaneamente nel giro di 5-7 gg. senza
alcun esito cicatriziale
Le ustioni di II grado superficiale guariscono in 9-14 gg. grazie all’attività
proliferativa degli elementi epiteliali superstiti più profondi, quali gli
annessi pilosebacei e le ghiandole sudoripare
Le ustioni di II grado profondo possono guarire spontaneamente in 15-20
gg. se non subiscono una trasformazione in ustioni di III grado e
comunque con la formazione di esiti cicatriziali di gravità variabile e
dipendente, oltre che dalle caratteristiche genetiche personali, anche
dall’infezione locale e dalle tecniche di medicazione (cicatrici ipertrofiche,
cheloidee, retraenti
Le ustioni di III grado guariscono con la formazione di tessuto di
granulazione e riepitelizzazione dai margini
Trattamento della fase di shock
Trattamento della fase subacuta (infezioni)
Terapia topica: accurata detersione della superficie colpita e delle zone
circostanti
n
n
Il trattamento occlusivo consiste nel separare dall’ambiente esterno le
superfici ustionate mediante una medicazione
Il trattamento esposto consiste nella esposizione all’aria delle superfici
ustionate, allo scopo di essiccarle favorendo la formazione di una crosta o di
un’escara che separi la superficie dall’ambiente esterno
Terapia chirurgica: escarectomia (si asportano gli strati più superficiali del
derma o dei tessuti sottostanti non vitali fino ad incontrare un tessuto
sanguinante) seguita dalla copertura di prima scelta delle aree cruente
mediante cute autologa (innesti dermo-epidermici), generalmente a rete
(mesh graft) ossia sottoposti ad un ampliamento della loro superficie in
rapporto solitamente di 1:2; possono essere utilizzati anche diversi
sostituti cutanei, biologici o sintetici
84
85
Lesioni da freddo
Dipendono da temperatura, tempo di esposizione, condizioni
ambientali, vestiario, stato generale di salute
Geloni
n
provocati dal freddo, specialmente umido, in soggetti che
presentano un terreno costituzionale predisponente
(turbe circolatorie, disturbi endocrini); si localizzano di
preferenza alle dita delle mani e dei piedi, al naso, alle
orecchie; chiazze rosso-cianotiche che si trasformano in
vescicole provocando dolore, bruciore, intorpidimento.
Guariscono dopo alcune settimane; frequente la recidiva
stagionale
Assideramento
n
raffreddamento globale dell’organismo con abbassamento
della temperatura corporea, stanchezza, indifferenza,
intorpidimento, rallentamento del polso e del respiro
Piede da trincea, Piede o mano da immersione
n
conseguenti all’esposizione all’umidità e a temperature
comprese tra 1.6 – 10 C°
Congelamento
n
n
n
n
1° grado: intorpidimento, edema ed eritema
2° grado: edema, eritema e vescicole
3° grado: cute interessata a tutto spessore; cianosi ed
edema cui segue la formazione di vescicole e quindi
un’escara nera e dura
4° grado: oltre alla cute interessate le strutture
sottostanti. Il danno dà luogo a “mummificazione” di una
parte più o meno estesa dell’arto
Il freddo esercita la sua azione lesiva determinando
una intensa e prolungata vasocostrizione cui consegue
una grave ipossia tessutale e quindi la necrosi
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