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Il caso Marlane sul Corriere della Calabria
CRONACA I VELENI DELLA MARLANE Per chi suona la campana Cinquanta le morti registrate tra gli operai che lavoravano nella fabbrica tessile Rischio prescrizione per il processo in corso a Paola Roberto De Santo | PRAIA A MARE «M e l’hanno ammazzato. Era un uomo pieno di vita e me l’hanno ammazzato». Veste ancora di nero Caterina Laprovitera. Nonostante siano passati 23 anni da quando a 56 anni un tumore al polmone ha stroncato la vita di suo marito, Vincen- zo Marsiglia. Uno dei tanti, troppi, operai della Marlane di Praia a Mare morti per cancro. Nomi che si susseguono uno dopo l’altro. E che ricordano i rintocchi della campana che suona a morto. «Nell’ultimo periodo - racconta Caterina – tornava a casa sempre con dolori, ma il nostro dottore ci diceva che era per via del lavoro. Troppe ore in fabbrica. Ma io lo vedevo sempre peggiorare». Così il primo accertamento all’ospedale “Annunziata” di Cosenza. Poi il viaggio della speranza a Roma. «Non c’è stato nulla da fare. Se n’è andato in sei mesi». Una storia che ricorda tristemente quella dei compagni di lavoro di Vincenzo. Tutti uccisi dal tumore contratto alla Marlane, almeno per il pubblico ministero Antonella Lauri che, prima di trasferirsi in un’altra Procura, ha istruito il processo contro i vertici della Marzotto e contro quanti, prima della società di Valdagno, gestivano lo stabilimento a due passi dal litorale della cittadina tirrenica cosentina. Nei terreni della Marlane il consulente tecnico della Procura di Paola, Rosanna De Rose, ha riscontrato altissime concentra- I PARENTI DELLE VITTIME TESTIMONIANO CONDIZIONI DI LAVORO CHE METTEVANO IN GRAVE SITUAZIONE DI PERICOLO GLI ADDETTI DELLO STABILIMENTO 42 | 7 luglio 2011 | CORRIERE della CALABRIA zioni di sostanze cancerogene. Prima tra tutte il cromo esavalente. Un metallo pesante conosciuto per gli effetti devastanti sull’organismo e presente, soprattutto, nei coloranti come quelli utilizzati per la produzione di tessuti della Marlane. In un campione prelevato nello spazio antistante lo stabilimento è stato rinvenuto, inoltre, nel sottosuolo un colorante azoico in una percentuale che il perito tecnico definisce «impressionante»: 646 grammi su un chilogrammo di terreno analizzato. «Sostanze chimiche – scrive nella sua relazione la De Rose – che derivano da processi di lavorazione compatibili con quelli dei processi di tintoria». Ma non solo. L’elenco dei contaminanti rinvenuti anche nelle falde acquifere della zona è lungo: arsenico, cromo totale, rame, zinco vanadio. Solo per citare quelli con le percentuali più alte. Anche queste ritenute compatibili con l’attività svolta all’interno della Marlane. Da qui, per l’accusa, i tumori e le morti tra quanti dal 1969 al 2004 hanno lavorato nella fabbrica praiese. Nel fascicolo processuale se ne contano cinquanta. Ma è una conta per difetto. Nel corso del procedimento penale questa terribile lista si è allungata. C’è chi parla già di 80 decessi. Mentre molti altri operai sono ammalati gravemente di cancro. Circa una sessantina per la pubblica accusa. Uomini e donne che, secondo la Procura di Paola, avrebbero contratto varie forme tumorali a causa delle drammatiche condizioni in cui erano costretti a lavorare. Lo stabilimento Marlane di Praia a Mare. Accanto, l’elenco degli operai dell’azienda morti per tumore. Nella pagina successiva, un momento del processo in corso al tribunale di Paola e uno striscione di protesta contro i ritardi accumulati dalla giustizia Una tesi che sembrerebbe essere confermata dagli stessi operai. «L’aria era irrespirabile. Non c’erano finestre e i condizionatori d’aria non funzionavano mai» – ricorda Francesco Lista, addetto al reparto di filatura della Marlane dal 1969 al 1988. «Soprattutto durante il turno di notte – dice ancora Lista – le condizioni peggioravano perché gli aeratori venivano spenti ed era veramente difficile respirare». E poi c’erano i lavori di manutenzione straordinari programmati nel periodo di ferie di agosto «che si effettuavano senza alcuna protezione e utilizzando per la pulizia anche l’ammoniaca». Per lui la diagnosi è IL PERITO DELLA PROCURA: TUMORI COMPATIBILI CON LE SOSTANZE USATE NELL’AZIENDA. PERCENTUALI IMPRESSIONANTI DI MATERIALE CANCEROGENO CRONACA n. Nome 1 Anna 2 Giuseppe 3 Pietro 4 Franco Augusto 5 Francesca 6 Vincenzo 7 Giuseppe 8 Angelo 9 Pietro 10 Rodolfo 11 Aurelio 12 Nicola 13 Giovanni 14 Giuseppe 15 Luigi 16 Angelo arrivata nel 2004: tumore maligno della prostata. «Ho subito diversi interventi tra cui l’ultimo al “Cristo Re” di Roma nel corso del quale mi hanno asportato interamente la prostata. E ora vado costantemente a controllo». Stessa patologia ma destino diverso per Mario Perrone, addetto per 27 anni al reparto mistatura della fabbrica tessile di Praia a Mare. «Mio marito è morto nel 2007», racconta la moglie Maria Teresa. Il nome di Mario, però, non compare nella lista dei deceduti, stilata dalla Procura di Paola. La sua morte è sopraggiunta per tumore alla prostata, dopo la chiusura delle indagini. «Quando tornava a casa – dice Maria Teresa – i suoi vestiti erano impregnati di sostanze chimiche che emanavano sempre un puzzo terribile. Lui mi spiegava che si lavorava così. Respirando costantemente queste sostanze». Nel palazzo dove viveva Perrone, erano in sei a lavorare alla Marlane. «Sono tutti morti per tumore». E il rosario continua, accomunando nel dolore intere famiglie. «Mia moglie lavorava insieme a me alla Marlane – racconta Mario Meceri - Lei è morta nel 2006 dopo aver combattuto per anni con un tumore al seno». Anche la moglie di Mario, Iolanda Volpe, non risulta tra i decessi registrati dalla Procura. Anche per lei la morte è sopraggiunta al termine 17 Biagio 18 Felice 19 Vincenzo 20 Giovanni 21 Ulbaldo 22 Diego 23 Raimondo 24 Francesco 25 Francesco 26 Alberto 27 Rosario 28 Vincenzo Cognome Ambrosio Albanese Aurelio Morte Causa 14/06/01 Tumore al seno 25/04/75 Tumore ai reni 31/03/92 Linfonoma non Hodgkin Ambrosio 22/11/05 Linfosarconoma e reticolosarconoma Bocchino 02/06/96 Tumore alla gola Crusco 06/04/94 Tumore al fegato Colaiacovo 02/06/96 Tumore alla gola Cernicchiaro 07/01/97 Neoplasia pol mone destro De Paola 16/03/81 Tumore polmone Bruscia 30/07/93 Tumore polmone Greco 01/02/83 Carcinoma polmonare Sangunetti 30/07/91 Carcinoma faringeo Valente 18/11/85 Carcinoma all’intestino Salvadori 04/02/89 Carcinoma al pancreas Raffo 28/06/89 Tumore a trachea e polmoni Petrone 20/03/92 Carcinoma al cardias Possidente 16/06/90 Carcinoma polmonare Laino 30/01/87 Tumore al fegato Marisiglia 21/09/88 Tumore polmone Lemmo 10/07/87 Tumore alla gola Manzi 08/01/85 Tumore ai polmoni Tocci 29/04/83 Carcinoma faringeo/laringeo Greco 06/10/82 Tumore alla gola Laino 23/08/94 Leucemia Morano 11/09/95 Tumore al cervello Di Giorgio 09/02/96 Tumore al cervello Presta 07/11/96 Carcinoma polmonare destro Magurno 15/06/98 Tumore pancreas e fegato della fase istruttoria. «Io – ricostruisce Meceri – mi occupavo del finissaggio dei tessuti in condizioni assurde. Accanto al luogo in cui lavoravamo c’era il carbonizzo, l’impianto che bruciava i fili di stoffa. La polvere che derivava da questo processo si MEDICINA DEMOCRATICA DENUNCIA: LA VICENDA MARLANE TRA I CASI PIÙ DRAMMATICI CHE SI SIANO SVOLTI IN UN’AZIENDA ITALIANA n. Nome Cognome 29 Rito 30 Maria Martilotta Rodilosso Morte Causa 14/05/98 Tumore al fegato 14/09/98 Carcinoma mammario 31 Biagio Fiorenzano 26/06/99 Adenocarcinoma polmonare 32 Tonino Maffeo 14/02/99 Tumore al fegato 33 Nelide Scarpino 16/01/99 Tumore stomaco 34 Teresa Maimone 05/07/00 Tumore all’utero 35 Carmine Ielpo 05/10/00 Tumore al cervello 36 Vincenzo De Presbiteris 06/12/00 Tumore ai polmoni 37 Aldo Martoglio 03/07/01 Adenocarcinoma polmonare 38 Pasqualina Licordari 24/06/02 Carcinoma del colon con metastasi epatica 39 Ignazio Ferraro 20/11/04 Tumore ai polmoni 40 Rosina Manzi 13/03/05 Tumore mammario 41 Angelo La Neve 13/03/04 Carcinoma gastrico con metastasi epatiche 42 Domenica Felice 12/06/03 Carcinoma midollare alla mammella 43 Cesare Malvarosa 15/07/02 Neoplasia lobo sup. polmone destro 44 Nicolino Sica 04/02/07 Esteso carcinoma del sigma retto 45 Giuseppe Limongi 09/08/03 Carcinoma al polmone destro 46 Antonio Fondaro 27/09/01 Leucemia linfoide cronica 47 Gennaro Spatuzzi 26/01/79 Tumore maligno trachea bronchi e polmoni 48 Carlo Angelo Villa 2000 Tumore maligno del colon 49 Raffaele Greco 06/05/04 Tumore maligno alla vescica 50 Maria Iannotti 05/11/88 Tumore maligno del colon spargeva dappertutto e ti entrava nei polmoni e noi operavamo senza alcuna protezione. Neppure una mascherina». Condizioni insopportabili per l’uomo di Tortora tanto da farlo desistere dal continuare a rimanere alla Marlane. «Ho visto due miei amici che lavoravano accanto a me morire di tumore. Io non ce l’ho fatta più e ho lasciato dopo due anni di attività. E credo di essermi salvato per questa decisione. A differenza di mia moglie». Di Tortora è anche un altro ex operaio della Marlane, Giulio De Francesco, idraulico nell’azienda dal 1963 al 2001. Lui può considerarsi un “fortunato”. La diagnosi per l’uomo di 63 anni che ha chiesto di essere… CORRIERE della CALABRIA | 7 luglio 2011 | 43 CRONACA L’ITER Il tribunale decide un nuovo rinvio …parte civile al processo contro i vertici della Marlane, non è tumorale. L’intossicazione da cloro, infatti, gli ha “solo” compromesso le vie respiratorie e l’olfatto. «Avevo quattordici anni – ricorda Giulio – quando sono entrato in fabbrica. Ho lavorato con turni pesantissimi di 12, 13 ore al giorno prima nel reparto di filatura per poi passare in officina. La nostra attività consisteva nella manutenzione di varie componenti della struttura tra cui le pompe di acido solforico». «Io – afferma questo signore dalla dignità d’altri tempi - ora non riesco a percepire più alcun odore e respiro a fatica». Racconti drammatici che si sommano e dimostrerebbero la scarsa attenzione di chi aveva il compito di vigilare sulla sicurezza nell’ambiente di lavoro. Nelle diciannovemila pagine del fascicolo processuale del caso Marlane emerge che «all’interno dello stabilimento non c’era alcuna separazione tra i vari reparti». Una condizione che avrebbe facilitato il disperdersi nell’area, ad esempio, di coloranti, per lo più derivati di ammine aromatiche, utilizzate nel reparto di tintoria almeno fino al 1995. Una situazione che, secondo l’accusa, sarebbe tra le principali cause dell’elevato numero di tumori registrato nella fabbrica tessile di Praia. «Nello stabilimento Marlane – si legge nella relazione tecnica effettuata dal consulente tecnico della Procura di Paola, Giacomino Brancati – in relazione alla tipologia delle sostanze chimiche utilizzate, alle modalità di impiego delle stesse sostanze nei processi lavorativi, alla conformazione degli ambienti di lavoro e alle cautele per la sicurezza dei lavoratori adottate, vi è stata un’esposizione eccessiva dei dipendenti a sostanze nocive potenzialmente cancerogene». Per il tecnico che ha passato in rassegna alcuni 44 | 7 luglio 2011 | CORRIERE della CALABRIA casi sospetti di cancro contratto dagli operai della fabbrica di tessuti, «sulla base dell’analisi epidemiologica effettuata, è evidente un nesso di causalità tra le sindromi tumorali sofferte dai dipendenti e i processi lavorativi utilizzati nel ciclo produttivo in corso all’interno dello stabilimento Marlane». Una denuncia forte partita già nel 1999 da un gruppo di lavoratori iscritti allo Slai Cobas che a quelle condizioni disumane non voleva piegarsi e che ha dato il via al processo ora in corso al Tribunale di Paola. Un processo su cui incombe pesantemente il rischio di prescrizione. Contro la quale si oppongono con forza tutte le parti civili. «È urgente svolgere in fretta questo processo – afferma Corrado Delle Donne, coordinatore nazionale dello Slai Cobas – per evitare che a tredici anni dalle nostre denunce i responsabili di queste nefandezze possano farla franca». «Non è possibile assistere impotenti – gli fa eco Fulvio Aurora, vicepresidente nazionale di Medicina democratica, in prima linea nei processi Thyssenkrupp ed Eternit – alla lentezza dimostrata dalla giustizia in quella che considero tra le vicende più drammatiche che si siano svolte in un’azienda in Italia». [email protected] © riproduzione vietata «Il problema vero è che non si vuole celebrare questo processo. È troppo scomodo per molti». Sbotta l’avvocato Lucio Conte, del foro di Paola, difensore di gran parte degli ex operai ammalatisi di tumore e dei familiari dei lavoratori della Marlane morti per cancro, dopo l’ennesimo rinvio del procedimento contro tredici imputati del processo che vede alla sbarra amministratori e vertici dell’azienda. L’udienza del 24 giugno scorso è servita solo a decretare che si tornerà in aula il 7 ottobre prossimo. Quattro ore trascorse a valutare le eccezioni dei difensori dei vertici dello stabilimento di Praia a Mare, chiuso ormai da anni, e per la costituzione di nuove parti civili. E sono state proprio queste ultime a causare il rinvio, richiedendo la citazione in giudizio di chi dovrà risarcire il danno subìto e, dunque, causando il rinvio da parte del presidente del Tribunale di Paola, Domenico Introcaso. Già il 19 aprile scorso il processo aveva subìto uno stop e sempre per motivi procedurali. Così il rischio di prescrizione per alcuni reati diventa, ormai, probabile. «Già ad agosto – denuncia Conte – alcuni miei assistiti non potranno avere giustizia visto che il reato per il quale si erano costituiti si sarà prescritto». Una vicenda giudiziaria lunga e complessa quella che interessa la Marlane di Praia a Mare e che dura, tra fase istruttoria e processuale, ormai da ben 11 anni. Cioè da quando nel 1999 la Procura di Paola aprì le prime indagini su casi di sospette “morti bianche” nello stabilimento. Poi altri due procedimenti ripartiti rispettivamente nel 2006 e nel 2007 con la decisione del procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, di far confluire in un unico fascicolo l’intera indagine. Dunque, il rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e disastro ambientale e l’avvio del processo. CRONACA LA STORIA Quando il tessile era di casa a Praia L’azienda nasce negli anni 50 grazie ai contributi della Cassa per il Mezzogiorno. Dopo una lunga crisi lo stabilimento tirrenico chiude i battenti nel 2004 C orreva l’anno 1957 quando il conte Stefano Rivetti, già proprietario dello stabilimento Rivetti 1 (R1) di Maratea, decise di varcare il confine della Basilicata e realizzare a Praia Mare il suo secondo sito industriale. A quel tempo questa azienda divenuta poi, per alcuni, “la fabbrica della morte” portava ancora il nome dell’industriale venuto da Biella: Rivetti 2 (R2). Per costruire entrambe le strutture che costituivano il polo industriale della “Lanificio di Maratea spa” e che occupavano circa 500 dipendenti, il conte ottenne un finanziamento cospicuo da parte della Cassa per il Mezzogiorno: oltre sei miliardi di lire. Per dieci anni nei due stabilimenti verranno prodotti filati pregiati destinati a raggiungere varie parti d’Italia. D’altronde il conte in questo sito industriale aveva trasferito tutte le attività tessili che prima erano patrimonio del padre Oreste, titolare della blasonata “Lanificio Rivetti spa”, tra le aziende leader in Italia del settore negli anni 50. Poi inizia il tramonto della gestione Rivetti. Nel 1969 lo stabilimento di Praia a Mare passa di mano. Prima assorbito dall’Istituto mobiliare italiano (Imi) che li cede all’Eni che, nel frattempo, aveva rilevato la Lanerossi già proprietaria delle strutture. Ed è in questo periodo che l’azienda prende il nome di “Marlane spa”. Con l’avvio della privatizzazione di alcuni rami produttivi dell’Eni, tra cui, appunto, la Lanerossi, nel 1984 arriva la prima vera ristrutturazione dell’azienda tessile. In quel periodo vengono collocati in cassintegrazione o inviati al prepensionamento circa 200 dipendenti. Una ristrutturazione capillare che precede il passaggio di consegna dell’azienda alla “Marzotto spa”. La società di Valdagno sborsa 173 miliardi di lire nel 1987 per comprare la “Lanerossi” e con essa, appunto, la Marlane. Tra il 1994 e il 1996 ar- Sopra, un cartello di protesta contro la chiusura dello stabilimento di Praia a Mare. In alto, un’operaia alle prese con i telai ai tempi in cui la Marlane era in attività SOTTO LA GESTIONE DELL’IMPRENDITORE BIELLESE RIVETTI LA MARLANE SI CHIAMA R2. POI NEL 1987 LA PROPRIETÀ PASSA ALLA MARZOTTO riva l’altra ristrutturazione dell’azienda e con essa il taglio di altri 100 operai circa. Nello stesso tempo a Praia a Mare si sperimenta, grazie a un’iniziativa finanziata dalla 488, un nuovo progetto: cessa di esistere la divisione filatura pettinata e inizia la filatura acrilica per maglieria. Un ulteriore finanziamento arriva poi nel 2000 che permette alla Marlane di effettuare nuove assunzioni. Ma è l’inizio della fine. Nei primi anni 2000 l’azienda mette in cassa integrazione a rotazione i suoi dipendenti fino a quando nel 2004 la Marlane chiude i battenti: l’attività viene delocalizzata nella Repubblica Ceca e i suoi ultimi 191 dipendenti tornano a casa. R. D. S. © riproduzione vietata CORRIERE della CALABRIA | 7 luglio 2011 | 45