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Il ricorso straordinario al Capo dello Stato e la sua progressiva

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Il ricorso straordinario al Capo dello Stato e la sua progressiva
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Il ricorso straordinario al Capo dello Stato e la sua progressiva giurisdizionalizzazione
A cura di BARBARA FENNI
INDICE: 1-Introduzione-2-Inquadramento storico e normativo dell’istituto-3-La costituzionalità
dell’istituto-4-La natura giuridica del ricorso-5-Gli elementi della giurisdizionalizzazione-6L’ambito di applicazione del ricorso-6.1-La sentenza n. 73/2014 della Corte Costituzionale-7-I
limiti alla giurisdizionalizzazione-8-Conclusioni.
§1- Introduzione
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica rappresenta, ancora oggi, il principale mezzo
di risoluzione delle controversie alternativo al rimedio giurisdizionale1.
A dispetto di quella parte della dottrina che ne prevedeva il progressivo tramonto2, in
corrispondenza dell’affermarsi di uno strutturato sistema di giustizia amministrativa, il ricorso
straordinario continua ad operare in tutta la sua attualità3.
Le ragioni di tale permanenza sono innanzitutto di carattere giuridico. Tale strumento è stato
oggetto nel corso degli anni di una serie di interventi normativi e giurisprudenziali che ne hanno
accentuato le analogie e le corrispondenze con il ricorso giurisdizionale4, in modo tale da “esaltarne
al massimo quella funzione giustiziale, con la quale, in piena concorrenza con quella
1
C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
“L’evoluzione storica ha dato ragione alla tesi da tempo diffusa che non vedeva nei ricorsi amministrativi una forma
adeguata di tutela. Se l’amministrazione, infatti, vuole correggere gli errori in cui è incorsa può farlo esercitando i
poteri di autotutela. Se invece sorge una lite con un privato od altro ente pubblico che si pone in veste di amministrato,
rispetto all’esercizio del potere da parte di altra amministrazione, non si giustifica una decisione che provenga da
quest’ultima, ma al contrario, anche considerazioni di ordine costituzionale (art. 113 cost.) fanno ritenere che devono
essere frapposti ostacoli alla domanda di tutela giurisdizionale”. Così afferma L. MIGLIORINI, Ricorsi
amministrativi, in Enc. Dir., vol. XL, 1989, Giuffrè, §1.
Sul ruolo secondario del ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale si veda M. IMMORDINO, Il ricorso
straordinario al Capo dello Stato, in F.G. SCOCA (a cura di) Giustizia amministrativa, 2003, Torino, Giappichelli, p.
526.
3
P.L. LODI, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (rassegna di giurisprudenza), in Cons. St., 2004,
II, p. 1865; G. CORSO, La giustizia amministrativa, 2002, Bologna, Il Mulino, p. 132.
4
L. VIOLA, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e codice del processo amministrativo: un rapporto
problematico, in www.federalismi.it.
2
1
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giurisdizionale viene oggi assicurata la giustizia nell’amministrazione. In direzione, pertanto, di un
reale recupero del rimedio in oggetto, quale strumento di giustizia potenzialmente idoneo a
garantire, nell’ambito della stessa amministrazione (con effetti anche di arretramento del
contenzioso giurisdizionale), una piena tutela del cittadino”5.
La stessa Corte costituzionale ha riconosciuto come “il ricorso straordinario costituisce, per la
Pubblica Amministrazione, un mezzo ulteriore di garanzia della legalità e dell’imparzialità della
propria azione-che, insieme al buon andamento, sono pur sempre i valori costituzionali supremi cui
deve ispirarsi l’attività amministrativa-e, per i cittadini (…) uno strumento aggiuntivo, rispetto a
quelli ordinari, di tutela dei propri diritti soggettivi e interessi legittimi, la cui adeguata protezione
rappresenta un valore altrettanto primario e, in un certo senso, speculare rispetto a quelli
precedentemente ricordati”6.
Le ragioni giuridiche si associano poi a quelle di carattere economico-sociale. Il ricorso
straordinario risulta più economico rispetto a quello giurisdizionale7, in quanto chi lo presenta non
necessita dell’assistenza di un legale ed il termine per la sua proposizione è più lungo di quello
ordinario, essendo di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza
dell’atto contestato8.
§2-Inquadramento storico e normativo dell’istituto
Ripercorrendo brevemente l’evoluzione storica del ricorso straordinario, si evidenzia come nella sua
accezione originaria esso si configura quale strumento di “giustizia ritenuta”, un sistema tipico
delle monarchie assolute in cui la decisione sull’eventuale illegittimità degli atti era rimessa, in
ultima istanza, al sovrano9.
Nel Regno di Sardegna tale strumento era disciplinato nelle Costituzioni Piemontesi del 1723 e del
1729, mentre con le Regie Patenti del 30 aprile 1749, successivamente alla proclamazione a Re di
5
M. IMMORDINO, Il ricorso straordinario al Capo dello Stato, cit., p. 526.
Corte Cost., n. 298 del 31 dicembre 1986, in Giur. cost., I, fasc. 12.
7
Va subito evidenziato il fatto che l’art. 37, comma 6, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98 ha esteso l’obbligo di pagamento del
contributo unificato al ricorso straordinario, scomputabile da quello eventualmente più elevato richiesto in caso di
trasposizione del giudizio davanti al Tar.
8
G. CORSO, La giustizia amministrativa, cit., p. 134.
9
Per una attenta e dettagliata ricostruzione storica dell’istituto si veda L. MARUOTTI, Il ricorso straordinario dalle
origini fino alle modifiche di cui al d.lgs. 2010, n. 104. La concorrenza con il giudizio civile, in Il Consiglio di Stato:
180 anni di storia, Zanichelli, 2011, p. 467.
6
2
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Vittorio Emanuele III, veniva istituito il Consiglio del Re, il cui parere doveva essere
obbligatoriamente acquisito dal sovrano prima della decisione del ricorso.
La natura obbligatoria di tale parere trovava ulteriore conferma nella legge 30 ottobre 1859 n. 3707
sul “Riordinamento del Consiglio di Stato”10, la cui entrata in vigore segnava anche il passaggio del
ricorso straordinario “nell’area della giustizia, non più ritenuta ma delegata”11.
Successivamente, la legge n. 2248 del 1865, all’allegato D, introduceva l’obbligo di acquisire il
parere del Consiglio dei Ministri, laddove la decisone da adottare fosse di contenuto difforme da
quanto ritenuto dal Consiglio di Stato in sede consultiva.
A partire da tale momento il ricorso straordinario comincia progressivamente ad assumere un ruolo
fondamentale nella cura e tutela degli interessi legittimi, in quanto solo “le cause per
contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile e politico”12
erano state assegnate, dalla legge di abolizione del contenzioso amministrativo, alla giurisdizione
ordinaria. Pertanto, per quelle situazioni astrattamente qualificabili come di interesse legittimo, lese
da provvedimenti definitivi, tale rimedio costituiva l’unica forma di tutela.
Ciò fino all’entrata in vigore della legge Crispi, la n. 5992 del 1889, con cui veniva istituita la
quarta sezione del Consiglio di Stato, chiamata a giudicare controversie aventi ad oggetto proprio
tali situazioni13.
Rispetto agli interessi legittimi si delineava così quel sistema di doppia tutela, basato sul sindacato
di legittimità dell’atto ed il suo eventuale annullamento, che trova, ancora oggi, raccordo nel
meccanismo dell’alternatività.
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, al pari degli altri ricorsi amministrativi, non
viene menzionato nella Carta Costituzionale14 ma trova fondamento negli articoli 8 e seguenti del d.
P.R. n. 1199 del 1971, come successivamente modificati.
10
G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, v. II, La giustizia amministrativa, VIII ed., Milano, Giuffrè, 1958, p.
32.
11
C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
12
Art. 2, allegato E, l. n. 2248 del 1865.
13
La l. n. 5992 del 1889 non si esprimeva in merito alla natura giurisdizionale della IV sezione del Consiglio di Stato,
sicché una parte della dottrina continuava a dubitare della sua natura. A tal riguardo si veda V. E. ORLANDO, Trattato
di diritto amministrativo, Milano, 1907, vol. III, La giustizia amministrativa, capo II, p. 123 e ss.
14
Il ricorso straordinario viene menzionato in una disposizione di rango costituzionale, quale lo Statuto della Regione
Sicilia, di cui al regio decreto legislativo n. 455 del 1946, che attribuisce il potere di decidere il ricorso al Presidente
della Giunta Regionale.
3
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Un primo intervento è ascrivibile al Giudice delle leggi che nella sentenza n. 148 del 1982 ne
dichiara incostituzionale l’art. 10, primo ed ultimo comma, laddove ai fini dell’esercizio del diritto
di domandare la trasposizione del ricorso straordinario davanti al giudice amministrativo non
equipara ai controinteressati l’ente pubblico, diverso dallo Stato, che abbia emanato l’atto
impugnato.
Ulteriori interventi sono riconducibili alla l. n. 205 del 2000 che, senza incidere sul testo del d. P.R.
n. 1199 del 1971, ha ammesso in sede di decisione del ricorso straordinario la possibilità di invocare
la tutela cautelare, per far fronte a danni gravi ed irreparabili connessi all’esecuzione dell’atto
impugnato. Sempre questa legge ha previsto all’art. 15 che “i pareri del Consiglio di Stato sono
pubblici e recano l’indicazione del presidente del collegio e dell’estensore”.
Altra recente modifica è quella introdotta dall’art. 69 della l. n. 69 del 2009, rubricata “Disposizioni
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo
civile”. La norma ha modificato alcune disposizioni del d. P.R. n. 1199 del 1971; in particolare ha
previsto all’art. 13, comma 1, la possibilità per la sezione consultiva del Consiglio di Stato,
chiamata ad esprimere il proprio parere in sede di ricorso straordinario, di sollevare questione di
legittimità costituzionale15 ed ha escluso la possibilità per il ministro di adottare una decisione
difforme da quella risultante dal suddetto parere.
Da ultimo, il codice del processo amministrativo ha introdotto singole disposizioni in materia di
ricorso straordinario tra le quali meritano menzione l’art. 7, comma 8, in tema di giurisdizione,
secondo cui “il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa”, e l’art. 112 , comma 2, lett. b) e d) da cui si ricava la possibilità di
attivare il giudizio di ottemperanza per ottenere l’esecuzione del decreto presidenziale che definisce
il ricorso straordinario16 .
15
In senso contrario si ricorda Corte Cost., 21 luglio 2004, n. 254, in Giur. cost., 2004, 4, p. 2614 con nota di A.
MASARACCHIA.
16
Il d.lgs. 104/2010 ha escluso all’art. 120 l’ammissibilità del ricorso straordinario avverso “gli atti delle procedure di
affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnicoamministrative ad esse connesse, relative a pubblici poteri, servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti
dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”. Lo stesso dicasi per il contenzioso
concernete le operazioni elettorali (art. 128 del c.p.a.).
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§3-La costituzionalità dell’istituto
Il dibattito sulla costituzionalità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ha animato
per anni gran parte della dottrina.
Secondo un Autore17, l’entrata in vigore della Carta costituzionale è incompatibile con la
permanenza del ricorso straordinario, in quanto è mutata la forma istituzionale dello Stato, l’art. 87
della Costituzione nulla dice circa il potere del Presidente della Repubblica di decidere i ricorsi
straordinari, mentre l’art. 113 afferma che “contro gli atti della Pubblica Amministrazione è
sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di
giurisdizione ordinaria o amministrativa”.
Alcune perplessità provenivano anche da Bachelet, secondo cui “data la configurazione ibrida,
appare ragionevole avanzare il dubbio che il ricorso straordinario, già in certo modo disarmonico
rispetto al nostro sistema di giustizia amministrativa, possa essere non compatibile con le norme e
soprattutto con il sistema della Costituzione vigente”18.
Altra parte della dottrina, viceversa, affermava con forza la sopravvivenza dell’istituto, rilevando
come la mancata menzione tra le funzioni del Capo dello Stato di decidere i ricorsi straordinari non
implicasse automaticamente la sua esclusione. “L’art. 87 della Costituzione, invero, non
comprende, fra le attribuzioni del Presidente, quella di decidere ricorsi straordinari, ma questo
non può significare l’abolizione dell’istituto in esame poiché l’art. 87 ha funzione di assicurare con
norma costituzionale soltanto talune delle attribuzioni presidenziali senza escluderne altre previste
dalla legislazione ordinaria”19.
Per quanto concerne la costituzionalità del principio di alternatività, di cui all’art. 34, commi 2 e 3,
del d. P.R. n. 1054 del 1924, una parte della dottrina metteva in dubbio la sua compatibilità
17
A. S. AGRO’, Osservazioni sull’ammissibilità attuale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, in Rassegna
Mensile dell’Avvocatura dello Stato, 1948, 10, 1.
18
V. BACHELET, Ricorso straordinario al Capo dello Stato e garanzia giurisdizionale, in Riv. trim. dir. pubb.,
Milano, Giuffrè, 1959, 795-796. Nello stesso senso si veda G. GUGLIELMI, L’obbligo dell’Amministrazione di
conformarsi al giudicato, in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato, 1953, p. 7 e ss; CIARDULLI, Il ricorso
straordinario al Capo dello Stato e la nuova Costituzione in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato, 1953, p. 30 e ss.
19
G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, v. II, La giustizia amministrativa, VIII ed., Milano, Giuffrè, 1958, p.
102. Nello stesso senso si veda A. M. SANDULLI, Sull’ammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica, in Scritti giuridici in onore di Antonio Scialoja, Bologna, 1953, p. 401.
5
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intrinseca con la disposizione di cui all’art. 113 della Costituzione, espressione del c.d. principio di
irrinunciabilità della tutela 20.
A tale osservazione si obiettava come l’esclusione della tutela giurisdizionale trovasse fondamento
nella stessa scelta dell’interessato che, promuovendo il ricorso straordinario, avrebbe rinunciato
implicitamente alla tutela davanti al giudice amministrativo21.
In questo modo, tuttavia, si attribuiva rilievo a una presunzione iuris et de iure di rinuncia, in
contrasto con la moderna teoria generale del diritto che considera inammissibile il negozio
assolutamente presunto22.
Pertanto l’esclusione della tutela giurisdizionale, alla luce dell’art. 113 Cost., può solo giustificarsi
ove sia sancita quale effetto (negoziale) di una vera e propria rinuncia. E’ inammissibile, invece,
che la preclusione discenda da un semplice comportamento obiettivo, da un fatto in senso stretto.
La preclusione dell’impugnativa giurisdizionale conseguente alla proposizione del ricorso
straordinario, prescindendo in maniera assoluta da una volontà di rinuncia (…) non può quindi
non cadere di fronte alla categorica norma dell’art. 113 della Cost.”23.
La dubbia costituzionalità dell’istituto troverebbe ulteriore fondamento nella circostanza che in base
alla regola dell’alternatività la decisone del ricorso non potrebbe essere oggetto di una
impugnazione destinata ad incidere sul suo contenuto.
Tuttavia, se è vero che la decisione del ricorso costituisce a tutti gli effetti un atto amministrativo,
questo non può sottrarsi all’applicazione dell’art. 113, comma 2, della Costituzione, ai sensi del
quale contro gli atti della pubblica amministrazione la tutela giurisdizionale non può essere limitata
o esclusa per certe categorie di atti o relativa solo a certi mezzi di impugnazione. Di conseguenza,
pur ammettendosi che la presentazione del ricorso straordinario implichi automaticamente la
rinuncia all’azione giurisdizionale, ciò non può comunque estendersi anche al gravame rispetto al
successivo decreto presidenziale.
Secondo altra dottrina il ricorso straordinario al Capo dello Stato deve essere considerato come uno
strumento extra iuris ordinem, con caratteristiche diverse rispetto a quelle tipiche del ricorso
20
M. CONTI, Ancora sull’inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Rassegna
dell’Avvocatura dello Stato, 1962, p. 10.
21
V. BACHELET, Ricorso straordinario., cit., n. 8.
22
F. SANTORO PAssARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1954, p. 124 e ss.
23
M. CONTI, Ancora sull’inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, op. cit., p. 10.
6
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giurisdizionale, da cui deriverebbe l’inapplicabilità dello stesso art. 113 della Costituzione. La
scelta di attivare il ricorso giurisdizionale equivarrebbe ad affidare la cura dei propri interessi alla
grazia del sovrano, senza alcuna garanzia di natura giurisdizionale. Pertanto, il ricorrente non
potrebbe far valere davanti al giudice nessun interesse giuridicamente rilevante, perché la stessa
scelta di attivare tale strumento comporta di per sé la degradazione dell’interesse legittimo in
interesse semplice24.
In altre parole, “il ricorso straordinario non può ritenersi in contrasto con l’art. 113, capov., della
Costituzione poiché, per la tutela giuridica degli interessi, chi si ritenga leso conserva in base alla
alternatività la libera scelta fra il ricorso straordinario e quello giurisdizionale”25.
Per quanto concerne la giurisprudenza, all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, il
Consiglio di Stato attribuiva al ricorso straordinario la natura di rimedio amministrativo, soggetto,
come tale, alle limitazioni sui ricorsi di cui all’art. 11 del r.d.l. n. 1928 del 5 dicembre 193826.
L’anno successivo lo stesso Consiglio di Stato, esaminando meglio la questione, affermava che “le
disposizioni legislative, che sottraggono a qualsiasi gravame determinati atti amministrativi, sono
abrogate dall’art. 113 della Costituzione; pertanto è ammissibile contro tali atti non soltanto il
ricorso giurisdizionale, ma anche il ricorso straordinario al Capo dello Stato”27.
Con tale parere veniva, dunque, affermata l’equiparazione tra i due ricorsi, “in considerazione del
disposto di cui all’art. 113 della Costituzione, per il quale nessun atto della Pubblica
amministrazione può essere escluso dalla tutela giurisdizionale”28.
Sotto altro profilo il ricorso straordinario al Capo dello Stato poneva problemi di costituzionalità
rispetto al principio di tassatività e tipicità degli organi giurisdizionali, come risulta dal Titolo IV
della Costituzione. Questo perché tale ricorso, definito dalla Corte costituzionale un “ircocervo”29,
si caratterizzava nel corso del suo svolgimento per il rilascio di un parere obbligatorio da parte del
24
A. M. SANDULLI, Sull’ammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, cit., p. 402. In senso
contrario si veda CIARDULLI, Il ricorso straordinario al Capo dello Stato e la nuova Costituzione., op. cit., p. 40 e ss.
L’Autore evidenzia come la ricostruzione del Sandulli non tenga conto dell’interesse dei controinteressati alla
conservazione dell’atto impugnato che non può certo definirsi nei loro confronti degradato ad interesse semplice.
25
G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, v. II, La giustizia amministrativa, VIII ed., Milano, Giuffrè, 1958, p.
102.
26
Ad. Gen., 26 agosto 1950, n. 290 in Relazione del Consiglio di Stato, 1947-50, III, p. 45.
27
Ad. Gen., 19 febbraio 1951, n. 94 in Cons. Stato, 1956, I, p. 822.
28
L. CARBONE, La revisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e la riaffermata natura
giurisdizionale del rimedio di tutela, in www.giustizia-amministrativa.it.
29
Corte Cost., n. 238, del 31 dicembre 1986.
7
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Consiglio di Stato, proveniente cioè da un organo consultivo, al quale era riconosciuta da unanime
dottrina e giurisprudenza natura “sostanzialmente” giurisdizionale.
Tali dubbi risultano oggi superati dalla recente giurisprudenza ordinaria che ha tenuto conto delle
recenti modifiche intervenute sull’istituto, in particolare quella introdotta dalla l. n. 69 del 2009
relativamente al parere non solo obbligatorio ma anche vincolante del Consiglio di Stato. A tal
riguardo, la Corte di Cassazione ha affermato che la decisione del ricorso straordinario, laddove
recepisce il contenuto del parere del Consiglio di Stato, rientra a pieno titolo nella previsione di cui
all’art. 103 della Costituzione che fa salvi, come giudici speciali, il Consiglio di Stato e altri organi
di giustizia amministrativa30.
§4-La natura giuridica del ricorso
Per quanto concerne la natura giuridica del ricorso straordinario, per molto tempo la dottrina lo ha
definito un rimedio amministrativo, in considerazione del ruolo e delle funzioni del ministro,
chiamato nella sostanza ad accogliere o respingere il ricorso, dato il coinvolgimento solo formale
del Capo dello Stato.
In particolare si affermava come “l’elemento decisivo che vale ad escludere, senza possibilità di
dubbi, la natura giurisdizionale del ricorso straordinario è la possibilità dell’intervento, nel
procedimento decisorio, di un organo politico come il Consiglio dei Ministri. La soluzione di un
conflitto giuridico (…) può essere oggetto (…) tanto di attività giurisdizionale, quanto di attività
puramente amministrativa. (…) L’elemento distintivo della giurisdizione può dirsi costituito dalla
posizione super partes dell’organo decidente, dalla sua assoluta indipendenza rispetto alle
parti(…).Orbene, nel nostro caso, è evidente che la possibilità che la decisione sia determinata nel
suo contenuto in funzione della tutela di quegli interessi sommi della pubblica Amministrazione la
cui cura spetta al Consiglio dei Ministri dimostra, nella maniera più chiara, che la decisione
medesima non si pone come fine a se stessa, come volta soltanto alla realizzazione del diritto nel
caso concreto, ma costituisce piuttosto il mezzo per il miglior perseguimento degli interessi
pubblici soggettivati nella pubblica Amministrazione”31.
30
Corte Cass, Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464; Sez. Un., 6 settembre 2013, n. 20569.
M. CONTI, Ancora sull’inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in Rassegna
dell’Avvocatura dello Stato, 1962, p. 6. Nello stesso senso si veda M. NIGRO, Le decisioni amministrative; Napoli,
1953, p. 27 e ss ed, in giurisprudenza, la sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 24 giugno 1958.
31
8
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In altre parole, nella decisione del ricorso straordinario l’amministrazione si porrebbe come una
parte portatrice di interessi ulteriori e diversi da quello alla giustizia e alla corretta applicazione
della legge32.
Anche la giurisprudenza civile ha condiviso tale interpretazione. Le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, nella sentenza n. 3141 del 1953, avevano cassato per difetto di giurisdizione la
decisione del Consiglio di Stato che aveva ammesso l’esperimento del giudizio di ottemperanza
rispetto a decreti di accoglimento di ricorsi straordinari rimesti ineseguiti, motivando la decisione
proprio in virtù della natura amministrativa del ricorso.
L’inammissibilità del giudizio di ottemperanza non significa, diceva la Corte, negare la sussistenza
di un obbligo dell’amministrazione di conformarsi al decreto, ma “puntualizzare ch’esso non è
assistito da un’actio iudicati, stante la palese assenza di un giudicato”33.
Tale giurisprudenza è rimasta sostanzialmente pietrificata per un cinquantennio, tanto che nella
sentenza n. 15978 del 2001 la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha nuovamente escluso
l’assimilabilità dei decreti presidenziali a decisioni giurisdizionali passate in giudicato, come tali
passibili di ottemperanza.
Le ragioni risiederebbero, da un lato, nel fatto che il ricorso straordinario sarebbe concluso da
un’autorità amministrativa non necessariamente vincolata al parere del Consiglio di Stato e,
dall’altro, al fatto che “il meccanismo dell’alternatività che regola il rapporto tra il ricorso
straordinario e il ricorso giurisdizionale, non comporta la natura giurisdizionale del primo rimedio
perché la portata del principio di alternatività è notevolmente attenuata dalla preferenza espressa
dal legislatore per il rimedio giurisdizionale, con la previsione che i controinteressati possono far
venir meno la procedibilità del ricorso straordinario notificando al ricorrente e all’autorità che ha
emanato l’atto impugnato la richiesta di trasporlo in sede giurisdizionale”34.
L’atteggiamento della giurisprudenza di legittimità ha trovato pure sostegno in una pronuncia della
32
M.S. GIANNINI, Accertamenti amministrativi e decisioni amministrative, in Foro it., 1952, IV, p. 177. In senso
contrario si veda Ad. plen., 24 maggio 1961, n. 12 in cui si afferma che la decisione sul ricorso straordinario sarebbe
adottata dall’amministrazione non come parte ma come autorità imparziale. Tale imparzialità sarebbe proprio garantita
dal parere parzialmente vincolante del Consiglio di Stato, salvo diverso intervento del Consiglio dei Ministri.
33
L. BERTONAZZI, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: persistente attualità e problemi irrisolti
del principale istituto di amministrazione giustiziale, Giuffrè, Milano, 2008, p. 72.
Nello stesso senso si è espresso Cons. St., sez. IV, 20 luglio 1998, n. 1098, in Cons. St., 1998, I, p. 1128; Cons. St., sez.
VI, 10 febbraio 1999, n. 146, in Cons. St., 1999, I, p. 254.
34
C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
9
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Corte Costituzionale, la n. 254 del 2004, in cui è stato negato al Consiglio di Stato, in sede
consultiva, la possibilità di sollevare questione di legittimità costituzionale nel corso della
trattazione di un ricorso straordinario, data l’asserita natura non giurisdizionale dell’organo
richiedente.
“Tale ratio decidendi non ha tenuto conto dei principi di giustizia fondanti l’istituto e della
equiparazione costantemente disposta tra le decisioni del Consiglio di Stato e quelle del Capo dello
Stato (…), principi che hanno sempre giustificato la non applicabilità dell’art. 113, primo comma,
della Costituzione e la conseguente non impugnabilità delle decisioni rese nel regime della
alternatività, in ragione della loro natura “non amministrativa”35.
Inoltre, nelle decisioni appena richiamate si ignora il diverso orientamento espresso in sede
comunitaria dalla sezione V della Corte di Giustizia che, in occasione della decisione sulle cause
riunite C-69/96 e 79/96, ha qualificato il Consiglio di Stato, che opera in sede consultiva
nell’ambito del procedimento per la decisione del ricorso straordinario, come un giudice nazionale,
“riconoscendo l’importanza decisiva del ruolo svolto dal parere reso dall’organo consultivogiurisdizionale nella procedura”36.
Il giudice comunitario, evidenziando una serie di caratteristiche comuni tra l’organo chiamato ad
intervenire nel procedimento sul ricorso straordinario e quello giurisdizionale, tra le quali le
condizioni di esperibilità, i motivi di censura ed il petitum, ha riconosciuto la funzione
giurisdizionale, ex art. 234 del Trattato CE, del Consiglio di Stato, legittimandolo a sollevare una
questione pregiudiziale di interpretazione davanti al giudice comunitario.
A dispetto di ciò, abbiamo già accennato, sia la Corte di Cassazione che quella Costituzionale
hanno costantemente continuato a respingere la tesi della natura “sostanzialmente decisoria” del
parere emesso dal Consiglio di Stato, ribadendo, al contrario, la natura amministrativa del
rimedio37.
Secondo i giudici nazionali l’individuazione degli organi giurisdizionali legittimati a sollevare
davanti alla Corte di Giustizia questioni inerenti l’interpretazione del Trattato deve trovare
35
L. CARBONE, La revisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e la riaffermata natura
giurisdizionale del rimedio di tutela, in www.giustizia-amministrativa.it.
36
L. VIOLA, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e codice del processo amministrativo: un rapporto
problematico?, in www.federalismi.it.
37
A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in www.giustamm.it.
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fondamento nella normativa comunitaria, che non sempre ha corrispondenza con quella nazionale.
Nel caso di specie, appunto, la legislazione interna attribuisce natura provvedimentale al decreto
presidenziale che conclude il ricorso straordinario.
“Il giudice comunitario, chiamato (…) a fornire la sua interpretazione di una disposizione
comunitaria che individua i soggetti che l’ex art. 177 del Trattato autorizza a rivolgersi ad esso a
detto fine, è stato costretto, nel ricondurre ad una categoria unitaria istituti giuridici di
provenienza diversa e nell’intento di assicurare la massima effettività possibile al diritto
comunitario sostanziale, a valorizzare elementi ad essi comuni, anche se scarsamente significativi,
nei rispettivi ordinamenti, della loro natura giuridica e della funzione svolta; di conseguenza ai
limitati fini di legittimare il proprio intervento chiarificatore nell’ambito di un processo solo
interpretativo, ben poteva assegnare natura giurisdizionale al parere emesso da un organo che,
(…), svolge nell’ambito del procedimento un ruolo strumentale e servente rispetto all’organo al
quale l’ordinamento nazionale riserva il potere di annullamento. Da ciò deriverebbe che la pretesa
di desumere dalla qualificazione data, a propri fini, dal giudice comunitario al parere del
Consiglio di Stato non può essere la riprova dell’avvenuto acquisto da parte dell’organo
consultivo, anche nell’ordinamento giuridico di appartenenza, di poteri decisori che non gli
competono e che l’ordinamento non gli ha mai attribuito”38.
A differenza della giurisprudenza, la dottrina ha nel corso degli anni evidenziato la duplice natura
del ricorso straordinario, che è “atto amministrativo in tutte le sue manifestazioni procedimentali
(…) ma “sostanzialmente” ha contenuto decisorio”39.
La decisione è infatti adottata da un organo che esercita talvolta funzioni consultive e talvolta
giurisdizionali, con indipendenza esterna proprio perché appartenente ad un ordinamento
giudiziario. A ben vedere, pertanto, il parere del Consiglio di Stato è assolutamente equiparabile per
forma e contenuto a quello di una sentenza, sicché non sarebbe insostenibile la sua natura
sostanzialmente giurisdizionale.
Ciò perfettamente in linea con i principi affermati dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo,
secondo cui per accertare la sussistenza del potere giurisdizionale non rileva la circostanza che
38
39
C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in www.giustamm.it.
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l’organo decidente appartenga “al potere amministrativo o giudiziario ma il regime giuridico della
decisione finale irrevocabile e l’impossibilità per altre autorità di incidere sui suoi effetti (…)”40.
Non sembrano, pertanto, residuare dubbi in merito alla natura giurisdizionale del decreto
presidenziale, “che (mutuando il contenuto e la natura giurisdizionale del conforme parere del
Consiglio di Stato) accoglie il ricorso straordinario quando opera la regola dell’alternatività”41.
D’altra parte, osserva la dottrina, già all’indomani dell’entrata in vigore della Carta costituzionale
era ammessa l’estensione sotto il profilo soggettivo dell’ambito di esercizio “di funzioni giudicanti
per l’obiettiva applicazione della legge, da parte di organi pur estranei alla giurisdizione ed
istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura”42.
Ciò era accaduto, in primis, per i procedimenti di volontaria giurisdizione, mentre con la sentenza
della Corte costituzionale n. 226 del 18 novembre 1976 è stata data una lettura estensiva dell’art. 23
della l. n. 87 del 1953 che fa riferimento al giudizio davanti ad un organo giurisdizionale,
ammettendosi la possibilità per la Corte dei conti, in sede di controllo, di sollevare questione di
legittimità costituzionale.
Era, dunque, prevedibile un’ulteriore estensione in via pretoria dell’ambito di applicazione del
suddetto art. 23 e ciò è avvenuto proprio grazie alla giurisprudenza amministrativa.
Nel parere n. 650/95 del 1999 il Consiglio di Stato ha previsto la possibilità di sollevare questione
di legittimità costituzionale nel corso del procedimento per la decisione del ricorso straordinario,
mentre intorno al 2000 una serie di decisioni assunte dal Consiglio di Stato sono state tutte
favorevoli ad ammettere il giudizio di ottemperanza avverso il decreto presidenziale43.
Dello stesso avviso anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che fin
dalla decisione n. 695 del 2005 ha riconosciuto l’ammissibilità dell’ottemperanza a fronte del
mancato adempimento delle decisioni del Presidente della Regione.
40
L. CARBONE, La revisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e la riaffermata natura
giurisdizionale del rimedio di tutela, in www.giustizia-amministrativa.it.
41
L. MARUOTTI, Il giudicato. La decisione del ricorso straordinario da parte del Presidente della Repubblica in
Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Diritto Amministrativo speciale, tomo V, Il processo
amministrativo, II ed., Milano, Giuffrè, 2004, p. 4452.
42
F. G. SCOCA, Osservazioni sulla natura del ricorso straordinario al Capo dello Stato (nota alla sent. Cons. di Stato,
Ad. Pl., 6 maggio 2013, n. 9), in Giur. it., 2013, p. 11.
43
Cons. St., sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6695; Cons. St., sez. IV, 20 dicembre 2000, n. 6843. Successivamente si
veda Cons. St., sez. V, 22 novembre 2001, n. 5934.
12
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Tali pronunce attribuiscono al decreto presidenziale natura sostanzialmente giurisdizionale, in linea
con quanto affermato dalla sentenza della Corte di Giustizia prima citata e con il richiamo da parte
dell’art. 15 del d. P.R. n. 1199 del 1971 all’art. 395 del c.p.c., tra cui il n. 5 che riguarda la
revocazione per conflitto di giudicati.
A proposito di tale istituto autorevole dottrina ha osservato come esso fosse “il rimedio tipico degli
atti giurisdizionali”44 e che la sua giustificazione risiede “in quelle stesse ragioni di opportunità
pratica che giustificano la cosa giudicata la quale, come è noto, non ha alcun carattere di
assolutezza e di necessità ma si spiega soltanto con la ragione dell’utilità sociale di porre un limite
alla discutibilità del deciso”45.
A ben vedere, dunque, già prima dell’entrata in vigore della l. n. 69 del 2009 si poteva rinvenire
nell’art. 15 del d. P.R. n. 1199 del 1971 un fondamento normativo alla natura giurisdizionale del
ricorso straordinario. “L’art. 15, lungi dal potersi considerare in eccesso di delega rispetto alla
legge delega del 1970, non era altro che l’applicazione coerente della tradizionale regola della
alternatività, sulla natura sostanzialmente giurisdizionale delle decisioni straordinarie (non
impugnabili presso alcuna autorità e definitorie della controversia)”46.
In questo modo il legislatore sembrava già da tempo aver superato i dubbi sulla formazione del
giudicato rispetto alla decisione assunta dal Capo dello Stato in sede di ricorso straordinario, anche
se bisognerà attendere la riforma del 2009 per poter parlare effettivamente di una vera
giurisdizionalizzazione di tale istituto.
§5-Gli elementi della giurisdizionalizzazione
L’art. 69 della l. n. 69 del 2009 ha introdotto alcune modificazioni ed abrogazioni che hanno posto
definitivamente termine alla questione tanto dibattuta della natura giuridica del ricorso
straordinario.
In particolare, è stato inserito nell’art. 13 del d. P.R. n. 1199 del 1971 la possibilità per il Consiglio
di Stato di sollevare questione di legittimità costituzionale. Secondo la norma il Consiglio di Stato
44
G. CHIOVENDA, Principi di diritto processuale civile, III ed., 1923, p. 292.
M. T. ZANZUCCHI, Diritto processuale civile, Milano, Giuffrè, 1962, II, Del processo di cognizione, p. 327.
46
L. CARBONE, La revisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e la riaffermata natura
giurisdizionale del rimedio di tutela, in www.giustizia-amministrativa.it.
45
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“se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una
questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende
l’espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria
l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli
articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonché la notifica del provvedimento ai
soggetti ivi indicati”.
Se è legittimo il dubbio che la riforma del 2009 abbia travalicato le sue competenze, specificando
con legge ordinaria la possibilità del Consiglio di Stato in sede consultiva di sollevare questione di
legittimità costituzionale, è altrettanto vero che questa affermazione esplicita ha il merito di chiarire
definitivamente la natura giurisdizionale del ricorso straordinario, “natura che neanche la corte
costituzionale potrebbe d’ora in avanti negare visto che ricorrono in modo nitido i seguenti
requisiti che la corte stessa ha posto sempre a fondamento della possibilità di un organo ad adirla:
stabilità, indipendenza e terzietà del giudice (…), garanzia del contraddittorio tra le parti (…),
obiettiva applicazione della legge da parte dell’organo decidente ed idoneità del provvedimento ad
assumere efficacia di giudicato (neo prevista immodificabilità del parere emanato dal Cons.
Stato)47.
Sempre l’art. 69 della l. 69 del 2009 ha abrogato il comma 1, seconda parte, dell’art. 13 del d. P.R.
n. 1199/71, secondo cui “qualora il Ministro competente per l’istruttoria del ricorso non intenda
proporre al Consiglio dei Ministri una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato, la
decisione del ricorso deve essere conforme al parere predetto”.
Mentre la normativa precedente consentiva la disapplicazione del parere del Consiglio di Stato con
delibera del Consiglio dei Ministri, in linea con una concezione giustiziale piuttosto che
giurisdizionale del ricorso straordinario, oggi il parere, di merito o cautelare che sia, è
assolutamente vincolante per il ministro competente, che non ha più alcuna possibilità di
47
G. MORANO, Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica, novità legislative e osservazioni
giurisprudenziali, in www.altalex.it.
La natura giurisdizionale del rimedio viene recentemente smentita da una sentenza del Tar Lazio, la n. 04104 del 2010,
secondo cui il riconoscimento della natura giurisdizionale del ricorso determinerebbe la violazione del principio del
doppio grado di giurisdizione, laddove il decreto che definisce il ricorso straordinario può essere impugnato in via
giurisdizionale solo per vizi di forma e di procedura ma non di merito.
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disattenderlo. In questo modo “ il parere che chiude il procedimento, non potrà certamente più
essere ricondotto nell’alveo degli atti sostanzialmente governativi”48.
Negli ultimi anni e, in particolare, a partire dal 2009 la giurisprudenza maggioritaria aderisce alla
tesi della natura sostanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario 49, anche se non mancano
pronunce di segno contrario che smentiscono tale ricostruzione, evidenziando come tale rimedio
difetta di alcuni elementi tipici del ricorso giurisdizionale, quali la pienezza del contraddittorio,
l’istruzione probatoria ed il doppio grado di giudizio.
In posizione intermedia tra questi opposti orientamenti si colloca l’Adunanza delle Sezioni Prima e
Seconda del Consiglio di Stato, del 21 marzo 2012, in cui si afferma che “il procedimento di
giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario conduce quindi a qualificare il rimedio come
tendenzialmente
giurisdizionale
nella
sostanza,
ma
formalmente
amministrativo.
Né
l’equiparazione alla giurisdizione può dirsi piena”.
Sulla natura giurisdizionale del ricorso straordinario è poi intervenuta l’Adunanza plenaria del
Consiglio di Stato, con la sentenza del 6 maggio 2013 n. 9, in cui si evidenzia, ancora una volta, la
difficoltà di attribuire una natura precisa a tale rimedio. La pronuncia è interessante perché richiama
alcuni recenti interventi normativi che avrebbero contribuito a rendere maggiormente effettivo il
processo di giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario.
La prima novità legislativa, di cui abbiamo già parlato e che ci limitiamo qui a richiamare, consiste
nella previsione del parere non più solo obbligatorio ma anche vincolante del Consiglio di Stato e
della possibilità per questo, in sede consultiva, di sollevare questione di legittimità costituzionale
davanti alla Corte.
Il secondo intervento normativo di rilievo è contenuto nel codice del processo amministrativo ed è
costituito dall’art. 7, comma 8, il quale limita il ricorso straordinario alle sole controversie devolute
alla giurisdizione amministrativa50. Tale disposizione, secondo la Plenaria, fa perdere al ricorso
straordinario la sua connotazione di provvedimento di carattere amministrativo, così che “possa
essere considerato una sorta di forma semplificata di giurisdizione. Il ricorso ottiene quindi la
48
G. MORANO, Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica, novità legislative e osservazioni
giurisprudenziali, in www.altalex.it.
49
Cons. St., sez. IV, n. 4638 del 29 agosto 2012.
50
In precedenza il ricorso straordinario era ammesso pure a tutela di posizioni giuridiche di diritto soggettivo (Ad. Gen.
n. 9 del 1999).
15
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dignità di decisione giurisdizionale, assumendo le vesti di una forma speciale di decisione
direttamente assimilabile alla giurisdizione amministrativa”51.
Questa novità influisce, poi, anche su un altro elemento tipico del ricorso straordinario che è
l’alternatività: se il ricorso straordinario è esercitabile solo per la risoluzione delle controversie
devolute alla giurisdizione amministrativa, esso è alternativo al solo ricorso al Tar.
Da ultimo la sentenza richiama un’ulteriore disposizione codicistica, ovvero l’art. 48, comma 1, del
c.p.a. secondo cui la facoltà di opposizione prevista all’art. 10 del d. P.R. n. 1199 del 1971 è stata
estesa a “qualunque parte nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario”. In questo
modo il legislatore garantisce il rispetto del principio del contraddittorio, dell’effettività della tutela
e del doppio grado di giudizio52.
Il comma 3 dell’art. 48 prevede poi una forma particolare di traslatio iudicii “che sembra (…) far
pensare al ricorso straordinario come la continuazione dello stesso giudizio già instaurato con il
ricorso al giudice amministrativo: mutamento del rito che non altera però la ormai riconosciuta
natura giurisdizionale”53.
Prima della riforma del 2009 la pretesa del ricorrente alla corretta esecuzione del decreto
presidenziale veniva tutelata attraverso l’attribuzione di un significato al comportamento omissivo
dell’amministrazione, a seguito di formale diffida e, in caso di perdurante inerzia, attraverso il
ricorso giurisdizionale ai sensi dell’art. 21-bis della l. 241/1990. Questo strumento, certamente
compatibile con l’allora riconosciuta natura giustiziale del rimedio, permetteva al ricorrente di
ottenere l’esecuzione del decreto da parte dell’amministrazione solo a seguito di un nuovo giudizio
sul silenzio rifiuto davanti al Tar, in totale contrasto con la speditezza tipica del ricorso
straordinario.
Inoltre, laddove si fosse trattato di controversie su diritti soggettivi non rientranti nelle materie di
giurisdizione esclusiva, all’epoca ancora tutelabili col ricorso straordinario, il giudizio sul silenzio
non sarebbe stato esperibile, non avendo il giudice amministrativo alcuna giurisdizione sulla
51
F. TUFFARELLI, La natura sostanzialmente della decisione emessa a seguito del ricorso straordinario al Capo
dello Stato, in www.amministrativamente.com.
52
Il rispetto di tale principio è garantito dal fatto che sono le stesse parti ad agire col ricorso straordinario in luogo di
quello giurisdizionale. In tal senso si veda Corte Cost., n. 108 del 2009.
53
F. TUFFARELLI, La natura sostanzialmente della decisione emessa a seguito del ricorso straordinario al Capo
dello Stato, in www.amministrativamente.com.
16
www.ildirittoamministrativo.it
situazione giuridica contestata.
Un primo segnale di cambiamento si ha con l’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici.
L’art. 245 del d.lgs. 163/2006 dispone, al comma 1, che “gli atti delle procedure di affidamento
nonché degli incarichi e dei concorsi di progettazione, relativi a lavori, servizi e forniture previsti
dal presente codice, nonché i provvedimenti dell’Autorità, sono impugnabili, alternativamente,
mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente o mediante ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica” ed, al comma 2, che “si applicano gli strumenti di
esecuzione di cui agli articoli 33 e 37 della l. n. 1034 del 1971”.
Come osserva la dottrina, “seguendo una lettura costituzionalmente orientata della norma, non
sembra però possibile che il giudizio di ottemperanza sia applicabile al ricorso straordinario solo
con riguardo alle categorie di atti elencati nel comma 1 dell’art. 245 del d.lgs. 163/2006”54.
Tuttavia, fino alla riforma del 2009 e all’entrata in vigore del d.lgs. 104/2010, l’ammissibilità del
giudizio di ottemperanza nei confronti dei decreti presidenziali decisori di un ricorso straordinario
era stata risolta negativamente dalla prevalente giurisprudenza. Nella sentenza n. 15978 del 2001 le
Sezioni Unite avevano affermato che la possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza avverso le
decisioni dei ricorsi straordinari, anche se “ispirata al lodevole proposito di rafforzare le garanzie
del cittadino di fronte all’azione della pubblica Amministrazione”, difettava di un fondamento
normativo, stante il carattere non giurisdizionale del decreto presidenziale.
Il primo revirement della Corte di Cassazione si ha con la sentenza n. 2065 del 201155, in cui si
riconosce come il nuovo impianto normativo, teso in modo evidente ad assimilare il ricorso
straordinario a quello giurisdizionale, deve assicurare una tutela pressoché analoga, “poiché, una
volta che si riconoscano poteri decisori, su determinate controversie, formalmente diversi, ma
analoghi, rispetto a quelli della giurisdizione, infrangerebbe la coerenza del sistema una
regolamentazione affatto inidonea alla tutela effettiva dei diritti e tale da condurre, in spregio al
dettato degli art. 2 e 3 della Cost., a creare una tutela debole”56.
La Corte di Cassazione ha, quindi, ritenuto che il decreto presidenziale conforme al parere
54
G. MORANO, Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica, novità legislative e osservazioni
giurisprudenziali, in www.altalex.it.
55
Per un commento alla sentenza si veda M. ANDREIS, Ricorso straordinario e azione di ottemperanza, in
Urbanistica e appalti, 2011, p. 146. Nello stesso senso si vedano Cass., Sez. Un., n. 9447 del 28 aprile 2011 e n. 5684
del 10 marzo 2011.
56
C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
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obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato possa essere assimilato alle fattispecie di cui alla
lettera b) del comma 2 dell’art. 112 del c.p.a. e, pertanto, costituire oggetto del giudizio di
ottemperanza davanti allo stesso Consiglio, quale giudice che ha emesso il provvedimento rimasto
ineseguito.
La scelta di concentrare in un unico grado il giudizio di ottemperanza è stata criticata da una parte
della dottrina secondo cui, in questo modo, non solo si sminuisce ancor di più il ruolo del decreto
presidenziale che chiude il ricorso straordinario57 ma si priva il ricorrente di un grado di giudizio,
che, “lungi dal costituire mera declaratoria di un obbligo di adempimento a carico
dell’amministrazione, costituisce spesso occasione di completamento e chiarificazione delle
statuizioni del giudizio di merito e, quindi, di ulteriore tutela giurisdizionale” 58.
Ora, a prescindere da tali osservazioni, il giudizio di ottemperanza, attivabile laddove si riscontri
una violazione, un’elusione o una totale inerzia rispetto al decreto presidenziale, diventa una sorta
di prosecuzione del giudizio instaurato col ricorso straordinario.
Lo stesso Consiglio di Stato ha confermato la tesi della Suprema Corte. Già da tempo, dice il
Consiglio,
sia
la
dottrina
che
la
giurisprudenza
hanno
evidenziato
la
progressiva
giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, a partire dal riconoscimento in sede comunitaria
del diritto di sollevare questioni pregiudiziali ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE fino alla riforma
del 2009 che ha introdotto all’art. 13 del d. P.R. n. 1199/1971 la possibilità di sollevare questione di
legittimità costituzionale davanti alla Corte.
Data l’equiparazione tra il petitum del ricorso straordinario e la domanda giudiziale, “costituirebbe
inammissibile antinomia, ed aporia in grado di mettere in crisi il disegno legislativo duale ed
alternativo sinora sommariamente descritto, un principio che negasse la possibilità di esperire il
rito dell’ottemperanza per ottenere che l’amministrazione si conformi a detto decisum(…)”59.
Un ulteriore aspetto meritevole di considerazione concerne l’applicabilità del rimedio
dell’ottemperanza avverso decreti decisori di ricorsi straordinari emanati prima della riforma del
57
S. MORELLI, Accesso agli atti e implementazione del contraddittorio nella fase istruttoria del ricorso straordinario
al Capo dello Stato, in Urbanistica e appalti, 2012, 10, p. 1051. Secondo l’Autore il potere del Capo dello Stato
integrerebbe un mero controllo sulla regolarità della procedura.
58
A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in www.giustamm.it.
59
Cons. St., sez. VI, n. 3513 del 10 giugno 2011, in Foro.it., 2011, 10, III, p. 530. Nello stesso senso si veda Ad. Pl., n.
18 del 5 giugno 2012.
18
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2009.
Si tratta, in altre parole, di capire se la l. 69/2009 sia una legge di interpretazione autentica, come
tale applicabile retroattivamente, o piuttosto presenti carattere innovativo e di modifica di
precedenti disposizioni, operativa, come tale, solo a partire dalla sua entrata in vigore.
La Corte Costituzionale ha da tempo chiarito quando ricorre l’ipotesi di una legge di
interpretazione autentica, identificandola con quella che, “fermo il tenore testuale della norma
interpretata, ne chiarisce il contenuto, ovvero privilegia una sola tra le varie interpretazioni
possibili, di guisa che il contenuto precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme”60.
Tale definizione mal si adatta alla l. 69 del 2009 che, da un lato, ha innovato il testo originario,
introducendo la possibilità per il Consiglio di Stato di sollevare questione di legittimità
costituzionale e, dall’altro, ha abrogato la precedente disposizione che consentiva una decisione
difforme dal parere rilasciato dal suddetto Consiglio.
“E’ evidente come il legislatore abbia recepito in senso innovativo le indicazioni della Corte
costituzionale, al fine di superare il profilo procedimentale, che ne determinava la natura
amministrativa; il legislatore palesando una volontà modificativa non fa che ammettere la
originaria natura amministrativa del procedimento, alla luce della originaria disciplina normativa.
In questa logica non può sostenersi che l’art. 69 della l. 69/2009 abbia una funzione meramente
“ricognitiva” della natura giurisdizionale pre-esistente e quindi una efficacia retroattiva, idonea
ad investire i procedimenti pendenti; l’efficacia di tale norma, vista la sua natura innovativa, non
può operare ex tunc”61.
Dello stesso avviso anche il Tar Lazio secondo cui “nell’art. 69 in rassegna non è dato rinvenire
alcun elemento di letterale ed esplicita volontà di interpretare autenticamente le disposizioni del
D.P.R. 1199/1971(…) ciò in quanto l’introdotta possibilità di proporre questione di legittimità
costituzionale nel corso del ricorso straordinario, così come il carattere di vincolatività del parere
rimesso al Consiglio di Stato, con ogni evidenza, erano affatto estranei alla pregressa formulazione
delle pertinenti disposizioni”62.
60
Corte Cost., n. 233 del 1988; n. 155 del 1990; n. 380 del 1990.
N. PIGNATELLI, Sulla natura del ricorso straordinario: l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 della l. 69/2009, in
www.forumcostituzionale.it.
62
Tar Lazio, sez. I., n. 04104 del 16 marzo 2010.
61
19
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Sempre a sostegno della giurisdizionalità del ricorso straordinario milita pure la sentenza n. 23464
del 2012 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui il decreto presidenziale che
definisce il ricorso straordinario, conforme al parere del Consiglio di Stato, ha natura
giurisdizionale in senso sostanziale, come tale ricorribile in Cassazione per motivi di giurisdizione.
In altre parole, dice la Corte, “se la decisione del ricorso straordinario è una decisione di giustizia
che presuppone la giurisdizione del giudice amministrativo, deve necessariamente esserci il
sindacato ultimo di queste Sezioni Unite, limitato ai motivi inerenti alla giurisdizione ex art. 111,
ottavo comma, Cost. in quanto riferibile in un unico grado, per il contenuto recato nella decisione
stessa, al Consiglio di Stato”63.
§6-L’ambito di applicazione del ricorso
Il Consiglio di Stato aveva progressivamente riconosciuto al ricorso straordinario la natura di
rimedio amministrativo a carattere generale, esperibile in tutti i casi non esclusi esplicitamente dalla
legge, compresi quelli relativi a materie di competenza del giudice ordinario, per i quali non fossero
previste competenze speciali e funzionali di quest’ultimo. Secondo l’Adunanza Generale del
Consiglio di Stato, ad esempio, per le controversie di lavoro del pubblico impiego privatizzato si
doveva escludere ogni profilo di specialità del giudice civile, con l’applicazione anche in tal caso
del principio della concorrenza tra giudice ordinario e ricorso straordinario 64.
Tale parere suscitava immediatamente forti reazioni da parte della dottrina e della stessa
magistratura ordinaria. Un Autore, in particolare, evidenziava come le affermazioni in esso
contenute avessero determinato uno “snaturamento del rimedio straordinario, atteso che in
relazione al pubblico impiego privatizzato, esso si rivolge avverso atti paritetici privatistici e non
provvedimenti amministrativi; esso implica una cognizione del rapporto e non dell’atto; diventa
consequenziale ammettere azioni di accertamento di pretese patrimoniale; diventa consequenziale
consentire l’azione entro il termine di prescrizione del diritto e non entro il termine di decadenza
prescritto per l’impugnazione di provvedimenti autoritativi”65.
63
Per un commento alla sentenza si veda, tra gli altri, P. QUINTO, Le Sezioni Unite certificano “la funzione
giurisdizionale” del ricorso straordinario, in www.giustizia-amministrativa.it.
64
Ad. Gen., 10 giugno 1999, n. 9. In precedenza si veda Ad. Gen., n. 72 del 29 maggio 1997; Corte Cost., n. 31 del
1975 e n. 298 del 1986.
65
F. CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, 2008, p. 1073.
20
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L’ammissibilità del ricorso straordinario nelle controversie in materie devolute alla giurisdizione
civile determinava quale conseguenza la possibilità per questo giudice di disapplicare il decreto
presidenziale, quale atto di natura amministrativa66. Sul punto la Cassazione ha sempre ammesso il
potere del giudice civile di decidere le controversie amministrative disapplicando, se del caso, le
eventuali decisioni assunte in sede di ricorso straordinario 67, precisando che “la proposizione del
ricorso straordinario al Capo dello Stato non vale a privare -neppure temporaneamente- il giudice
della sua giurisdizione, in quanto i ricorsi amministrativi si trovano, rispetto all’azione giudiziaria
ordinaria, in relazione di reciproca, piena indipendenza, sì che l’interessato può intraprendere
contemporaneamente o consecutivamente le due vie a tutela del suo diritto soggettivo, ben
affidabile anche, in sede di autodichia, all’autorità amministrativa, salvi i limiti della formazione
del giudicato e della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi da parte del giudice”68.
Le decisioni dei ricorsi straordinari erano così soggette ad un duplice regime: quelle praeter legem,
non idonee a definire le controversie, erano disapplicabili dal giudice civile, mentre quelle adottate
in regime di alternatività avrebbero avuto carattere cogente, analogamente alle decisioni del
Consiglio di Stato.
L’art. 7, comma 8, del c.p.a. ha posto rimedio a quel “guazzabuglio”69 generatosi all’indomani della
richiamata Adunanza Generale del Consiglio di Stato, la n. 9 del 2009.
La norma, salutata positivamente dalla dottrina70, ha ora previsto che “il ricorso straordinario è
ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa”, con la
conseguenza che il decreto presidenziale decisorio di un ricorso straordinario non è più
disapplicabile dal giudice civile ma solo ricorribile in Cassazione per motivi di giurisdizione71.
La mancanza di una disposizione transitoria, in grado di chiarire l’ambito applicativo della nuova
disciplina e, in particolare, il regime applicabile ai ricorsi straordinari presentati prima della riforma,
è stata colmata, ancora una volta, dalla giurisprudenza.
66
Cons. St., sez. III, 7 maggio 2002, n. 1164; Cons. St., sez. I, n. 2157 del 28 novembre 2001; Cons. St., sez. IV, n.
6052 del 7 dicembre 2000.
67
Cass. Sez. Un. n. 7506 del 15 dicembre 1986; 6764 del 10 dicembre 1982.
68
Cass. Sez. Un. n. 1464 del 1977.
69
L’espressione è utilizzata da A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in
www.giustamm.it.
70
R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo. Commento a tutte le novità del giudizio amministrativo (d.lgs. 2
luglio 2010, n. 104), Milano, Giuffrè, 2010, p. 84.
71
Cass. civ. Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464.
21
www.ildirittoamministrativo.it
Nella decisione n. 808 del 22 febbraio 2011 l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato ha
riconosciuto l’impossibilità di applicare l’art. 7, comma 8, del c.p.a. ai ricorsi straordinari istaurati
prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 104/2010. Tale conclusione si fonda principalmente sul
carattere innovativo e non di interpretazione autentica della norma in discorso. Il Consiglio di Stato
ha affermato che, sebbene la formulazione della disposizione, laddove riconosce che il ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica è ammesso solo per le controversie devolute alla
giurisdizione amministrativa, “possa far pensare ad un carattere interpretativo della norma, debba
invece ritenersi che la norma medesima abbia contenuto innovativo e non interpretativo, non
essendo formulata (e quindi non avendone le caratteristiche) come norma di interpretazione
autentica e che quindi ad essa non possa attribuirsi una valenza retroattiva”.
D’altra parte, in questa materia, manca la stessa ragione giustificatrice di una legge di
interpretazione autentica, ovvero la necessità di rimuovere alcune incertezze interpretative o
contrasti giurisprudenziali in essere. Anzi, “la nuova previsione sembra destinata ad incidere su un
“diritto vivente”, improntato ad opposti principi e sul conseguenziale affidamento dei cittadini in
una soluzione giurisprudenziale ormai del tutto stabilizzata”72.
Chiarita la natura innovativa dell’art. 7, comma 8, del c.p.a. la soluzione circa l’applicabilità della
disposizione ai ricorsi straordinari proposti prima della sua entrata in vigore si ricava dall’art. 5 del
c.p.c., secondo cui la giurisdizione si determina in base alla legge vigente al momento della
proposizione della domanda, e non dal principio del “tempus regit actum”, che regola la successione
delle leggi nel procedimento amministrativo.
Ciò appare giustificabile tendendo conto della natura particolare ed atipica del ricorso al Capo dello
Stato, non assimilabile agli altri ricorsi amministrativi, se non altro per la sua evidente natura
giustiziale, confermata dal fatto che “il provvedimento finale rappresenta solo l’atto conclusivo di
esternazione di un momento decisionale contenuto nel parere del Consiglio di Stato”73.
Inoltre, prosegue il Consiglio, “la diversa soluzione, nel senso dell’applicabilità della norma di cui
al comma 8 dell’art. 7 anche alle controversie pendenti in sede straordinaria alla data di entrata in
vigore del nuovo codice, porterebbe (infatti) alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi
72
L. VIOLA, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e codice del processo amministrativo: un rapporto
problematico, in www.federalismi.it.
Sostiene l’irretroattività dell’art. 7, comma 8, del c.p.a. anche F. F. TUCCARI, Il ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica alla luce del codice del processo, in Urbanistica e Appalti, 2012, 1, p. 82.
73
Cons. St., ad. Gen. 22 febbraio 2011, n. 808.
22
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proposti nel vigore del regime precedente, con conseguente frustrazione delle aspettative e
dell’affidamento degli interessati nello strumento di giustizia (ricorso straordinario) da essi stessi
volontariamente e alternativamente prescelto, rinunciando alla tutela in sede giurisdizionale. Ci si
troverebbe di fronte, in questo caso, ad una sostanziale violazione del principio di effettività della
tutela, di cui all’art. 24 Cost., che deve ritenersi invocabile anche in sede di ricorso straordinario”.
In conclusione, i ricorsi straordinari proposti in data successiva al 16 settembre 2010, relativi a
controversie escluse dalla giurisdizione amministrativa, sono inammissibili, anche se all’entrata in
vigore del d.lgs. 104/2010 il termine di centoventi giorni per la loro proposizione non sia ancora
scaduto74.
§6.1. La sentenza n. 73/ 2014 della Corte costituzionale
L’art. 7, comma 8, del c.p.a., come abbiamo appena visto, ha ridelineato l’ambito di applicabilità
del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, limitandolo alle controversie devolute alla
giurisdizione del giudice amministrativo e accentuando, in tal modo, il profilo dell’alternatività con
quello giurisdizionale.
Questa norma ha però suscitato alcuni dubbi in merito alla sua costituzionalità, in quanto possibile
oggetto di eccesso di delega. L’art. 44 della l. n. 69 del 2009, alla base del codice del processo
amministrativo, prevede al comma 1 la delega legislativa per il riassetto del processo
amministrativo e non dell’intero sistema della giustizia amministrativa, così pure il comma 2, in cui
si indicano i principi e criteri direttivi della delega, non contiene alcuna enunciazione che faccia
preludere, seppur implicitamente, ad una volontà del legislatore di riformare anche il ricorso
straordinario.
Secondo una parte della dottrina, appare “dubbia la sussistenza della delega per operare in tal
modo, tenuto conto che la delega attiene alla riforma del processo amministrativo e
l’interpretazione che ne è stata data ha condotto appunto all’adozione di un Codice del processo
amministrativo, rispetto al quale sembrano essere estranee le questioni attinenti al solo ricorso
straordinario se non per gli aspetti della trasposizione in sede giurisdizionale (…) e della
74
Cons. St., sez. II, 27 aprile 2012, n. 1371/11, in Foro amm.-Cds., 2012, p. 1031.
23
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possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza anche per le decisioni rese su ricorso
straordinario(…)”75.
Ciò potrebbe giustificare la rimessione della questione alla Corte Costituzionale, da parte di quella
sezione del Consiglio di Stato che si trovasse a dover pronunciare il proprio parere su un ricorso
straordinario, vertente su una situazione di diritto soggettivo, proposto dopo l’entrata in vigore del
d.lgs. 104/2010 e, quindi, in violazione dell’art. 7, comma 8, del c.p.a.
Così è accaduto. La prima sezione del Consiglio di Stato, chiamata a redigere un parere in sede di
ricorso straordinario avente ad oggetto la mobilità interna di pubblici dipendenti, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 13, comma 1, del d. P.R. 24 novembre 1971,
n. 1199, dell’art. 7, comma 8, del d.lgs. 104/2010, nonostante la materia, ovvero il pubblico
impiego privatizzato, fosse chiaramente estranea alla giurisdizione amministrativa.
Nell’ordinanza di rimessione del 20 maggio 2013 il Consiglio di Stato, ricordando come fino
all’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo il ricorso straordinario potesse essere
esperito anche per controversie inerenti diritti soggettivi, diversi da quelli rientranti nelle materie di
giurisdizione esclusiva, ha posto in dubbio la legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del
c.p.a., in riferimento agli articoli 76 e 77, comma 1, della Costituzione.
I dubbi troverebbero origine secondo il Consiglio di Stato nel fatto che tale modifica, destinata ad
innovare radicalmente l’ambito di applicazione dell’istituto, è stata introdotta con un decreto
legislativo, in mancanza di un alcun esplicito riferimento nella legge delega.
“(…)dall'insieme delle disposizioni dettate dall'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante
peraltro in modo esplicito delega al Governo soltanto per il riordino del processo amministrativo,
non è dato, come sopra rilevato, in modo alcuno ricavare una proposizione espressa o implicita
riferibile al ricorso straordinario”.
Inoltre, prosegue la Sezione, “che il rimedio giustiziale in discorso esuli dall'ambito della delega, è
provato dal fatto che il legislatore ordinario della legge n. 69 del 2009, se avesse voluto procedere
nel senso denunziato, avrebbe direttamente inserito la materia censurata, che è del tutto specifica,
nella sede propria dell'art 69, rubricato per l'appunto «Rimedi giustiziali contro la pubblica
75
R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo. Commento a tutte le novità del giudizio amministrativo (d.lgs. 2
luglio 2010, n. 104) cit., p. 84. In senso contrario si veda C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
24
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amministrazione».
Dunque, la questione di costituzionalità della norma di cui al ripetuto art. 7 comma 8 c.p.a. per
contrasto agli artt. 76 e 77 primo comma della Costituzione, risulta al di fuori della delega e,
quindi, non manifestamente infondata”.
In un ultimo passaggio, poi, il Consiglio di Stato sottolinea come la discussa disposizione, inserita
in accoglimento di un parere formulato dalle competenti commissioni parlamentari con l’obiettivo
di rendere più rapida la definizione del processo, risulti assolutamente contraddittoria con la
funzione deflattiva riconosciuta da sempre al ricorso straordinario.
Per converso, l’Avvocatura dello Stato, nel chiedere la dichiarazione di manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale, ha ricordato come in passato il ricorso straordinario al
Capo dello Stato fosse esperibile anche per la risoluzione di controversie soggette di per sé alla
giurisdizione ordinaria e come il giudice civile potesse ricorrere alla disapplicazione del decreto
presidenziale, in quanto atto amministrativo. Questa situazione però creava non pochi problemi di
tipo organizzativo ed incideva negativamente “sulla rapidità della definizione delle questioni
rientranti nelle competenze del Consiglio di Stato”, oltre ad escludere il possibile esercizio del
giudizio di ottemperanza rispetto al decreto presidenziale, disapplicabile dal giudice ordinario.
Questo impianto è stato radicalmente messo in discussione dalla l. 69 del 2009 che, eliminando la
possibilità per il Consiglio dei Ministri di superare il parere del Consiglio di Stato, ha, di fatto,
riconosciuto natura giurisdizionale a tale strumento.
Ciò premesso, dice l’Avvocatura dello Stato, l’art. 7, comma 8, del c.p.a. costituisce una
conseguenza naturale di tale riforma, volta ad evitare interferenze tra le due giurisdizioni, come tale
assolutamente legittima, “a prescindere dalla sussistenza di qualunque specifico criterio o principio
di delega”.
In risposta la Corte costituzionale ricorda, innanzitutto, come l’art. 69 della l. 69 del 2009 abbia
innovato l’art. 13, comma 1, del d. P.R. 1199 del 1971, introducendo la possibilità per il Consiglio
di Stato, chiamato esprimere il proprio parere sul ricorso straordinario, di sollevare questione di
legittimità costituzionale. Tale previsione, prosegue la Corte, appare perfettamente in linea con l’art.
1 della l. costituzionale 9 febbraio 1948, secondo cui la questione di legittimità costituzionale deve
essere rilevata o sollevata “nel corso di un giudizio” e deve essere ritenuta non manifestamente
25
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infondata da un giudice.
In particolare, con la recente riforma del 2009 che ha attribuito natura vincolante al parere del
Consiglio di Stato, il ricorso straordinario, a cui in precedenza lo stesso Giudice delle Leggi aveva
attribuito natura amministrativa, ha definitivamente acquisito “la qualità di rimedio giustiziale
amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del
processo amministrativo”.
L’art. 7, comma 8, del c. p.a. ha lo scopo di regolare i rapporti tra il ricorso al giudice
amministrativo ed un rimedio giustiziale che, sebbene non possegga tutte le caratteristiche del
primo, risulta, comunque, “attratto per alcuni profili nell’orbita delle giurisdizione amministrativa
medesima, in quanto metodo alternativo di risoluzione dei conflitti (…)”. Per tali ragioni la norma
non può ritenersi estranea all’oggetto della legge delega.
D’altra parte, evidenzia la Corte, continuare ad applicare il ricorso straordinario anche
a
controversie soggette alla giurisdizione ordinaria “avrebbe comportato una inammissibile
sovrapposizione fra un rimedio giurisdizionale ordinario e un rimedio giustiziale amministrativo, a
sua volta alternativo al rimedio giurisdizionale al TAR”76.
Proprio per evitare questa situazione, l’art. 7, comma 8, del d.lgs. 104/2010, superando una
“risalente tradizione interpretativa, consolidatasi, praeter legem, nel presupposto della natura
amministrativa del rimedio”, ha delimitato l’ambito di applicazione dell’istituto alle sole
controversie soggette alla giurisdizione amministrativa.
La nuova disciplina è, dunque, una logica conseguenza del passaggio del ricorso straordinario
dall’area dei rimedi amministrativi a quelli giustiziali, avvenuto con la l. 69 del 2009, sicché “sotto
tale profilo, la norma censurata risponde (…) ad una evidente finalità di ricomposizione
sistematica, compatibile con la qualificazione di delega di riordino o riassetto normativo propria
dell’art. 44 della legge n. 69 del 2009”.
In conclusione, dice la Corte, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del
c.p.a. per violazione del combinato disposto degli articoli 76 e 77, primo comma, della Costituzione
è infondata.
76
A. POZZI, Il ricorso straordinario salvato dalla Consulta (nota a C. cost. 2 aprile 2014, n. 73), in www.giustamm.it.
26
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§7-Limiti alla giurisdizionalizzazione
Nel corso di questa breve trattazione si è più volte fatto riferimento al progressivo passaggio del
ricorso straordinario da rimedio amministrativo a rimedio giustiziale; la stessa sentenza della Corte
Costituzionale n. 73 del 2014, appena citata, ne costituisce un esempio.
Ma davvero si può parlare di completa giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario? Davvero si
può affermare una piena fungibilità tra questo strumento ed il ricorso giurisdizionale?
La prima osservazione concerne l’art. 48 del c.p.a. che disciplina la facoltà di opposizione a favore
di qualunque “parte nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario”. Questo istituto,
prima limitato ai soli controinteressati, mal si concilia con la dichiarata fungibilità del ricorso
straordinario con quello al Tar. La possibilità che una parte processuale possa bloccare tale iter e
traslare il giudizio in sede giurisdizionale rivela un atteggiamento di favore riservato a quest’ultimo
dal legislatore e giustificato sovente col fine di evitare che la scelta del ricorrente straordinario
possa pregiudicare gli interessi delle altre parti processuali77.
In quanto modo, commenta la dottrina, il ricorrente vede vanificata la sua richiesta di giustizia in
conseguenza dell’esercizio di un diritto potestativo altrui e, al contempo, è chiamato a far fronte ad
una serie di oneri processuali e fiscali il cui inadempimento determina la definitiva perdita di ogni
possibilità di tutela, “non essendo ritenuta applicabile, in tali ipotesi, l’istituto della traslazione dal
Tar alle sezioni consultive del CdS, previsto dall’art. 10, comma 2, D.P.R. n. 1199/1971”78.
Altro elemento che si pone come ostacolo alla piena giurisdizionalizzazione del ricorso
straordinario è costituito dal novero delle materie escluse.
Oltre alle controversie devolute alla giurisdizione ordinaria, sottratte dall’art. 7, comma 8, del d.lgs.
104/2010 allo scopo di porre rimedio alla situazione complessa creatasi all’indomani del parere
dell’Adunanza Generale n. 9 del 1999, e a quelle elettorali la cui esclusione si giustifica con le
ragioni di particolare celerità che connotano tali controversie, non possono costituire oggetto di
ricorso straordinario anche quelle relative agli appalti il cui rito, che prevede la dimidiazione dei
77
A. TRAVI, Ricorso straordinario al Capo dello Stato, in www.leggiditalia.it.
A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in www.giustamm.it.
In giurisprudenza si veda Cons. St., sez. V, 29 marzo 2011, n. 1926; Tar Lazio, Roma,15 febbraio 2012, n. 1526.
78
27
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termini processuali, è comune ad altre materie tutelabili anche con ricorso straordinario.
Oltre ad essere escluso per particolari materie, il ricorso straordinario non è utilizzabile per
l’esercizio di una pluralità di azioni.
Il carattere impugnatorio, tradizionalmente riconosciuto a tale rimedio, ha portato da sempre la
giurisprudenza amministrativa a negare l’ammissibilità di azioni di accertamento, di azioni avverso
il silenzio-inadempimento79 o per l’accesso agli atti amministrativi e di azioni di condanna volte a
conseguire il risarcimento del danno. Ciò, contrariamente a quanto previsto per il giudizio davanti al
Tar che si fonda su una “panoplia di azioni di varia natura tutte tese a garantire la piena effettività
della giurisdizione”80.
Non è possibile, pertanto, esercitare azioni diverse da quella di annullamento, in quanto il ricorso
straordinario è un rimedio di carattere generale, alternativo alla sola azione costitutiva81.
Tali limitazioni non sembrano giustificabili. “Se la legge prevede, a tal proposito, uno specifico
procedimento, attivabile dinanzi al giudice amministrativo, secondo regole peculiari (Cons. St., sez.
II, 8 novembre 2006 n. 7964; sez. II, 25 gennaio 2006, n. 2435; sez. II, 12 maggio 2004, n. 293),
non si vede perché tale specialità del rito possa far venir meno la natura del ricorso straordinario
quale “generale strumento di tutela” alternativo al ricorso al TAR”82.
Oltre a questi limiti, concernenti l’applicabilità del ricorso solo a certe materie e solo rispetto a certi
petita, si deve aggiungere il fatto che il procedimento amministrativo appare ancora caratterizzato
da una serie di storture destinate a riflettersi negativamente sulla sua efficienza.
Per quanto concerne l’istruttoria questa è sempre condotta dall’amministrazione statale, anche
quando l’impugnazione ha ad oggetto atti di enti pubblici non statali o di enti statali diversi dallo
Stato. Ciò pone una serie di problemi di ordine pratico e temporale in quanto la relazione
ministeriale dovrà necessariamente tener conto di quella predisposta dall’amministrazione che ha
adottato il provvedimento impugnato.
Il ministro resta il vero perno del procedimento contenzioso attraverso il quale vengono veicolate le
79
In senso favorevole all’ammissibilità del ricorso straordinario avverso il silenzio dell’amministrazione si veda A.
POZZI, Ricorso straordinario ed effettività della tutela, in www.giustizia-amministrativa.it.
80
Cons. St., sez. I, 7 maggio 2012, n. 4648, in Foro amm.-C.d.S., 2012, 5, p. 1381.
81
Cons. St., sez. III, 15 ottobre 2010, n. 4609, in Foro amm.-C.d.S., 2010, 10, p. 2247.
82
A. POZZI, Riflessioni sulla c.d. giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, in www.giustamm.it.
28
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istanze istruttorie del Consiglio di Stato, i chiarimenti, il deposito di memorie, di motivi aggiunti.
L’art. 13, comma 1, primo periodo, del d. P.R. 1199 del 1971 afferma infatti che il ricorrente “se
riconosce che l’istruttoria è incompleta o che i fatti affermati nell’atto impugnato sono in
contraddizione con i documenti, può richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o
documenti ovvero ordinare al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, autorizzando le
parti ad assistervi ed a produrre nuovi documenti”.
Non è escluso, poi, che talvolta lo stesso ministro non solo identifica l’amministrazione referente
ma anche quella resistente, con la conseguenza che la conduzione dell’istruttoria viene affidata
completamente ad un soggetto portare di un interesse di per sé contrapposto a quello del ricorrente,
in spregio ad ogni principio processuale e ad ogni criterio logico.
Il procedimento per il ricorso straordinario è scritto e a contraddittorio imperfetto, in quanto la parte
non deposita direttamente il ricorso ma deve attendere che lo faccia l’amministrazione. Inoltre, salvi
casi sporadici, la parte o il suo difensore non può pretendere di essere sentito personalmente, né che
gli venga comunicata la data dall’adunanza alla quale non è, in ogni caso, ammesso a partecipare
perché l’adunanza, sia essa cautelare che decisoria, non è pubblica83.
A tali carenze legislative ha fatto fronte, almeno in parte, la giurisprudenza del Consiglio di Stato
che a partire dal 199884 ha riconosciuto come legittimo l’esercizio del diritto di accesso da parte del
ricorrente, allo scopo di conoscere la relazione ministeriale ed eventuali documenti utili alla
decisione del ricorso85. Tuttavia, è doveroso precisare, “l’accesso agli atti va concesso solo alla
parte che lo richieda, senza che il diritto assuma carattere officioso”86.
La piena giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario incontra ulteriori ostacoli nella mancata
applicazione di alcuni tipici istituti processuali quali, innanzitutto, il principio della liquidazione
delle spese in base alla soccombenza e quello sanzionatorio per temerarietà previsto all’art. 26 del
c.p.a
87
.
Se è vero che, in linea teorica, il ricorso straordinario non prevede l’obbligatoria partecipazione di
un legale è altrettanto vero che nella prassi quasi nessuno agisce senza un difensore, sicché appare
83
Principi quali l’oralità del dibattimento e la pubblicità delle udienze sono garanzie proprie dei rimedi giurisdizionali e
non del ricorso straordinario. In tal senso si veda Cons. St., sez. I, n. 4626 del 7 aprile 2004.
84
Cons. St., commissione speciale, 28 gennaio 1998.
85
Cons. St., sez. IV, n. 25 del 10 gennaio 2012.
86
C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
87
Cons. St., sez. III, n. 1482 del 11 maggio 1999.
29
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del tutto illogico che la parte vittoriosa non possa ottenere la refusione delle spese da lui anticipate;
tanto più che oggi, a partire dal T.U. sulle spese di giustizia n. 115 del 2002, anche per il ricorso
straordinario è previsto il pagamento del contributo unificato.
Neppure applicabile è l’istituto dell’interruzione per morte della parte, poiché “una volta istaurato,
non richiede alcuna attività di parte, né l’assistenza di un difensore, né specifici adempimenti
formali per far constare l’eventuale morte del ricorrente e la sua conoscenza legale”88, in
violazione del diritto di azione (o non azione) degli eredi.
Lo stesso dicasi per l’istituto della sospensione feriale dei termini per proporre il ricorso
straordinario89. La soluzione appare ancor più anomala se si considera che in caso di opposizione
alla trattazione del ricorso straordinario tale sospensione trova, al contrario, applicazione90.
§8-Conclusioni
La breve disamina delle origini storico-normative dell’istituto, dell’analisi dottrinaria e
giurisprudenziale ci consente di parlare del ricorso straordinario come di uno strumento ulteriore ed
alternativo al ricorso giurisdizionale per la tutela di situazioni soggette alla giurisdizione del giudice
amministrativo.
Tale strumento, profondamente innovato dalla riforma del 2009, attraverso la partecipazione del
Consiglio di Stato che rilascia un parere obbligatorio ed ora anche vincolante, assicura la “tutela
della giustizia nell’amministrazione”91.
Il nostro sistema di giustizia amministrativa risulta così avere carattere duale, in quanto si compone
di due strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, ed appare ispirato a principi di
effettività della tutela, del giusto processo e ragionevole durata previsti dalla Carta Costituzionale92.
88
Cons. St., sez. I, n. 3870 del 23 dicembre 2011.
Tar Puglia, Lecce, sez. III, 19 giungo 2013, n. 1432; Cons. St., sez. V, 29 marzo 2011, n. 1926.
90
Cons. St., sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4149.
91
L’espressione è tratta da C. VOLPE, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in www.giustiziaamministrativa.it.
92
In linea teorica il ricorso straordinario al Capo dello Stato si caratterizza per la rapidità del gravame sia perché si
svolge in unico grado sia per i tempi ristretti richiesti per la decisione finale. Tuttavia la durata ragionevole del
procedimento è costantemente messa in discussione a causa del ruolo centrale del Ministro nell’istruzione del ricorso e
nella sua trasmissione al Consiglio di Stato. La trasmissione della relazione e del relativo fascicolo avviene,
89
30
www.ildirittoamministrativo.it
Tuttavia non si può non evidenziare una certa differenza tra questi due istituti, per il diverso ambito
di applicazione, il novero delle azioni proponibili e per alcuni aspetti strettamente processuali, come
la non completezza del contraddittorio o l’istruttoria affidata all’autorità ministeriale che connotano
il ricorso al Capo dello Stato.
Si tratta, in ogni caso, di limiti al ricorso straordinario molto più attenuati rispetto al passato, grazie
all’incisivo intervento del legislatore del 2009 e alla stessa giurisprudenza amministrativa che
insieme ne hanno valorizzato il carattere giustiziale93.
Venuta meno la possibilità per il Consiglio dei Ministri di discostarsi dal parere del Consiglio di
Stato, risulta che “i nodi problematici più importanti dell’istituto (la quasi segretezza di
un’istruttoria condotta esclusivamente dall’autorità amministrativa e l’eccessiva macchinosità
dell’utilizzo, a questo proposito, del diritto di accesso; i limiti alle effettività del contraddittorio e
l’assenza di una discussione orale (…) possono oggi essere riportati ad una “logica rovesciata”
che, da limiti insuperabili all’affermazione del carattere giurisdizionale dell’istituto (…), li
trasformi in semplici aspetti di disciplina “correggibili” dal circuito virtuoso del Consiglio di
Stato(…). La riconosciuta possibilità, per il Consiglio di Stato in sede di formulazione del parere
sul ricorso straordinario, di sollevare la questione di costituzionalità potrebbe costituire il fulcro
per una riscrittura dell’istituto in termini maggiormente aderenti ad una strutturazione più vicina a
quella del processo e maggiormente efficaci nella logica di una più efficace tutela del cittadino”94.
Con il riconoscimento dell’ammissibilità della tutela cautelare e del giudizio di ottemperanza
avverso il decreto presidenziale è stata, poi, attribuita piena effettività al rimedio del ricorso
straordinario, consentendo al ricorrente e ai controinteressati di conseguire le stesse utilità
sostanziali tipiche del ricorso giurisdizionale.
D’altra parte, si conclude, una piena giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario non avrebbe
troppo senso, in quanto rischierebbe di renderlo un mero doppione di quello giurisdizionale.
generalmente, dopo diversi mesi se non anni dalla presentazione del ricorso a causa, sovente, dell’inerzia delle
amministrazioni non statali competenti e responsabili dell’emanazione dei provvedimenti impugnati con ricorso.
93
G. MARTINI, Il “ricorso straordinario” al Capo dello Stato dopo la riforma introdotta con la L. 69/2009, in
www.giustamm.it.
94
L. VIOLA, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e codice del processo amministrativo: un rapporto
problematico, in www.federalismi.it.
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