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L`UOMO CHE SAPEVA TROPPO (1956)

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L`UOMO CHE SAPEVA TROPPO (1956)
L’UOMO CHE SAPEVA TROPPO (1956)
Dei film hitchcockiani, questo è probabilmente il più “caldo”, appassionato: vi si parla del difficile equilibrio di una famiglia che rischia la dissoluzione: vengono messe in scena figure femminili sull’orlo di
una crisi di nervi, mentre – pur con l’eccezione del sicario, che è tuttavia figura in fin dei conti accessoria – sono assenti una volta di più personaggi-orco, ovvero malvagi a tutto tondo...
• Il viaggio, prima turistico, poi picaresco, è sistematicamente scandito da episodi avventurosi e umoristici: prende le mosse da Parigi – ma qui sono i personaggi stessi ad informarci di aver soggiornato
–, prosegue in Marocco e poi nella città di Marrakech, per concludersi a Londra. Ma il vero viaggio
rappresentato nel film è nell’interiorità, nella geografia psicologica ed emotiva dei personaggi
• Doppio: il confronto tra le due coppie (i McKenna e i Drayton) si risolve in un rispecchiamento esatto, fedele: i due uomini si rivelano entrambi velleitari, impacciati, sostanzialmente incapaci di portare a
compimento i loro piani, rivelandosi non all’altezza (Ben McKenna sarebbe anche alto, dominante, ma
l’altezza si dimostra paradossalmente un punto debole: improduttiva se non controproducente, lo rende impacciato – vedi sequenza del ristorante marocchino –, vulnerabile, e comunque facilmente individuabile, come nell’episodio della Ambrose Chapel dove la sua facile individuabilità lo obbliga a nascondersi dietro a una colonna). Le due donne – l’una madre; l’altra madre mancata, ma provvista di
un forte istinto materno (“Excuse me, sir, but something very unusal has happened” dice Drayton
all’ambasciatore, alludendo all’imprevista affezione di Mrs. Drayton nei confronti di Hank, il bambino
rapito) – sono alla fine i veri aghi della bilancia, nel momento in cui, uscendo da una subalternità passiva cui sono state a lungo costrette dalla ripartizione di ruoli tra maschio e femmina (v. la posizione
rigida, quasi obbligata – lui a destra, lei a sinistra – che abitualmente Ben e Jo McKenna assumono
nelle inquadrature che li vedono assieme), risolvono due delicate situazioni speculari che potrebbero
compromettere l’incolumità del piccolo Hank: alla Albert Hall e all’ambasciata. Entrambe le donne
emettono infatti un urlo disperato che si rivelerà provvidenziale e salvifico, nel senso che tramite esso
risolvono tutt’e due i dilemmi morali che sono state chiamate ad affrontare; per di più quel grido liberatorio sembra affermare la loro emancipazione dalle due figure maschili che le hanno fin lì tenute in
soggezione. All’ambasciata, mentre Ben sostiene il medesimo ruolo “accessorio” che aveva ricoperto
all’Albert Hall, indagando e perlustrando febbrilmente, Jo assume su di sé le funzioni, la parte
dell’orchestra, ovvero del vero “motore” dell’azione; il ruolo materno, invece, viene stavolta preso in
carico da Mrs. Drayton. In tutto quel che segue i due uomini – Ben e Mr. Drayton – dimostreranno una
volta di più, in diverso grado, le loro imperizia e inconcludenza. Nell’episodio dell’ambasciata, che
raddoppia quindi in altro luogo gli eventi della Albert Hall, il potenziale assassino provoca accidentalmente e direttamente la propria morte con un colpo di pistola, replicando così, simbolicamente, quanto già accaduto alla Albert Hall, dove lo sparo si era per così dire ritorto contro il sicario, complice e
doppio di Mr. Drayton, provocando la sua individuazione e la successiva caduta dal palco. Tanto la
morte di Drayton che quella del sicario sono quindi provocate o favorite da una caduta
• Scansione del tempo, fulmineo (2gg ?) rispetto al dispiegarsi generoso degli spazi (Francia, Marocco, Londra) e degli eventi che in essi hanno luogo
• Motivo dell’impotenza dinanzi alle circostanze: i McKenna sono presi in un ingranaggio nel quale
non sanno districarsi. Sono inermi, impreparati: vanno per errori, per tentativi
• Dialettica fatalismo > lotta: sottomettersi al destino, rassegnarsi ai giochi del caso, o reagire, uscire
dalla passività, cercare d’essere arbitri della propria stessa sorte? La canzone Que sera, sera sembra
un invito al fatalismo, all’accettazione rassegnata; e invece, nei fatti, il suo senso viene ribaltato da
una ritrovata determinazione dei McKenna a dare un diverso corso al proprio destino. Come il falso
sacerdote Drayton dice nella sua predica alla Ambrose Chapel, “le avversità ci rendono persone migliori”: è l’iniziativa, la ribellione alle circostanze che ci migliora, ci rende più forti
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• Diffidenza nella legge: i McKenna, soprattutto Ben, rifiutano dapprima l’aiuto della polizia, salvo poi
sollecitarne l’intervento, una volta entrati nel ‘vespaio’. Anche in questo caso, però, i momenti chiave
sono sempre risolti dai McKenna stessi, in veste di privati cittadini; la polizia si rivela sempre impotente a intervenire (chiesa sbarrata; immunità territoriale dell’ambasciata; Ben alla Albert Hall che sollecita l’intervento di poliziotti burocratizzati e sin troppo “prudenti”) o francamente ridicola (i poliziotti che
irrompono saltellando nella Albert Hall dopo l’attentato) e tocca a Jo, a Ben, e poi a Mrs. Drayton, risolvere i problemi che si parano loro dinnanzi per salvaguardare l’incolumità del primo ministro (espressione delle istituzioni, di valori collettivi, condivisi) e/o di Hank (espressione del microcosmo domestico, di valori privati e non meno condivisi): le due esigenze di incolumità, incompatibili (almeno a
prima vista), entrano quindi in forte conflitto
• Necessità della fiducia nel prossimo; ma il dar fiducia, l’affidarsi dei McKenna ad altri è del tutto relativo, e i due protagonisti (soprattutto Ben) tendono a risolvere da sé, individualmente, i problemi,
senza neppure (poter) coinvolgere appienoi il proprio coniuge; c’è anche il motivo della fiducia/tradimento nel rapporto tra i due McKenna e i due Drayton (=somministrazione “a tradimento” dei
tranquillanti; liberazione del piccolo Hank da parte di Mrs. Drayton, che disattende le istruzioni impartitele dal marito)
• Scissione dell’io (Ben/Jo: ovvero, mascolinità – sterile – e femminilità – risolutiva –; le forze del male: Mr. Drayton/sicario, l’uno bonario in apparenza; l’altro torvo, sinistro, sin nella fisionomia; Mrs. Drayton, poi, è figura doppia per eccellenza: divisa tra ideologia – il credo politico che la fa militare come
“terrorista” – e istinto materno, che prevarrà)
• Ritratto di donne (moglie e madre, l’una; moglie e madre mancata, l’altra) sotto pressione: analisi e
rappresentazione dei loro tracciati psico-emotivi, e del crollo nervoso cui potrebbero soccombere; a
prefigurare questa “messa a nudo” dei due personaggi femminili, Hitch inscena sul bus l’episodio dello
chador strappato involontariamente da Hank dal volto della donna araba. Jo si è “annullata” per amore, nella sua vita matrimoniale, rinunciando volontariamente a una carriera musicale di successo; entrata nell’ombra di Ben (alto, autoritario, ma non del tutto autorevole) dovrà uscirne, riprendendo le redini della sua autonomia (decisione dell’urlo) e ripristinando le sue capacità canore (Que sera sera)
per risolvere il problema a cui il marito non è stato fin lì in grado di dare soluzione
• Jo risolve le situazioni cui è posta dinanzi uscendo dalla sua passività di ruolo e sfruttando i cosiddetti “ferri del mestiere” (la sua voce, quindi): così come Jeffrey in La finestra… aveva usato i suoi
strumenti professionali (i flash fotografici) per uscire d’impaccio
• Il suono del decollo (all’aereoporto) moltiplica il senso di disagio e di tragedia prodotto dalla telefonata interrotta di Hank. Twist of fate: i McKenna decidono di agire come reazione a quella telefonata, e
ritrovano in quella circostanza la determinazioine e l’unità di intenti di una coppia coesa
• Dialettica apparenza >verità; maschera >volto: i Drayton sembrano figure amabili – lui un autentico brav’uomo; lei più ambigua, almeno inizialmente – poi si rivelano malvagi; infine Mrs. Drayton si
mostrerà madre mancata ma appassionata, piena d’affetto per il bambino. Mr. Drayton indossa abiti
ecclesiastici (“l’abito non fa il monaco”) per darsi una facciata rispettabile; il francese Louis Bernard
sembra amichevole, poi infido e minaccioso, infine si rivelerà figura positiva. Hitch come sempre reindirrizza o ribalta il nostro giudizio sui personaggi: su Ambrose Chappell, l’imbalsamatore, il cui laboratorio sembra dapprima un antro minaccioso, per poi rivelarsi solo il luogo di lavoro di un inconsapevole artigiano (e gli stessi animali imbalsamati ostentano una ferocia che è simulata, falsa); e lo stesso può dirsi anche per Louis Bernard, che nell’episodio del mercato compare con le apparenze di un
arabo e poi si rivela solo “truccato”; stessa cosa per l’ambasciatore, a tutta prima leale e bonario, e
invece infido e aggressivo. Hitch sembra infine giocare divertito, e ovviamente scettico, con l’idea che
vedere è possedere, avere in pugno: si veda l’episodio di Hank che strappa il velo alla donna musul-
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mana, infrangendo così, senza volere, la regola religiosa che impone alle donne un velo – appunto –
che le salvaguardi dalla vista degli uomini; senza il velo la donna è disonorata, posseduta...
• La ricerca del piccolo Hank è il McGuffin del film
• Luoghi d’ordine sconvolti dall’irruzione del caos: l’Ambrose Chapel, la Royal Albert Hall (luogo di
rappresentazione pubblica, teatro), l’ambasciata stessa.
• Luoghi affollati > luoghi deserti: un diverso tipo di tensione domina nel segmento ambientato in
Marocco – luoghi pubblici dove la confusione e il disordine regnano un po’ ovunque – rispetto a quello
londinese, dove le strade periferiche sono spesso deserte, metafisiche, e l’unica concentrazione di folla è quella nella Albert Hall e, poi, nell’ambasciata. Eppure il caos, il disordine e la morte sono in agguato sia in mezzo alla folla che entro spazi irrealmente deserti
• Galateo, contegno (maschera): INEFFICACI >> spontaneità, autenticità (volto): RISOLUTIVE.
Hitchcock sembra spezzare una lancia a favore dell’autencità, della schiettezza, anche affermando
che le buone maniere devono essere accantonate talvolta, così da poter vivere meglio, appieno, la
propria vita, o – in casi estremi – per salvaguardare l’altrui incolumità. La buona educazione, per il regista, è senz’altro un marchio di civiltà, d’ordine, ma trasmette un falso senso di sicurezza: è una cortina dietro la quale noi cerchiamo riparo e risposta alle circostanze, agli imbarazzi sociali ; e talvolta il
bon-ton si trasforma in rituale sociale insincero che ci paralizza, ci inibisce. Talvolta prendere le distanze dalle rigide norme dell’etichetta può rivelarsi assai più produttivo e salutare del rispetto acritico
di quelle stesse norme. Hitchcock ci ricorda, poi, che i peggiori individui si nascondono spesso dietro
modi ineccepibili, e in ambienti sociali altolocati ed eleganti: utilizzano tutto questo apparato come copertura per compiere i loro misfatti (Nodo alla gola, Sabotatori, Notorious, Intrigo internazionale, etc.).
E dunque al riparo da occhi indagatori le forze del male spesso mascherano le loro attività dietro una
facciata di rispettabilità: lo stesso delitto compiuto al termine della Storm Cloud Cantata ne è un caso
esemplare. Un rifiuto di regole per lui incomprensibili – che lo impacciano, lo rendono impotente e ridicolo – viene attuato da Ben quando, presso il ristorante marocchino, usa entrambe le mani per
mangiare, e da Jo, che col suo urlo interrompe il concerto all’Albert Hall, e subito dopo canta in modo
“sguaiato”, incompatibile con l’etichetta (v. sguardi imbarazzati dei presenti), quando si esibisce
all’ambasciata: vi sono insomma circostanze in cui un urlo può essere salvaguardia della civiltà e
dell’ordine più di una formalissima Cantata, o del silenzio rispettoso dell’etichetta. Ovviamente questa
dialettica rientra nel dualismo apparenza > realtà, di cui s’è detto
• Scontro di propositi e intenzioni, in Jo, mentre assiste all’esecuzione della Storm Cloud Cantata: il
vero libero arbitrio non consiste nel perseguire la sola cosa che si desidera, bensì nel conflitto doloroso di voleri differenti, di istanze antagoniste e incompatibili, che si confrontano entro un singolo individuo; è la frizione tra questi diversi stati d’animo, e relativi propositi, a creare in Jo, e poi in Mrs. Drayton, quella tensione che – per rifarci ai versi della Storm Cloud Cantata – trova sfogo e sollievo (“finding release”) nell’urlo che disturba l’esecuzione dell’attentato
• Motivo della separazione/unità della coppia: già dalle prime inquadrature Hank – sistemato tra i due
genitori sul sedile del bus – è elemento di separazione e al tempo stesso collante, anello di congiunzione, tra i coniugi; nel momento in cui diviene assente, la coppia vacilla, per poi ritrovarsi nuovamente unita all’aereoporto quando la sua voce al telefono li salda nuovamente l’uno all’altra (high angle
shot, e relativo twist of fate); nel finale Hank sarà tra i genitori di nuovo, ma stavolta saranno tutti e tre
reciprocamente abbracciati, stretti l’uno all’altro: ora Hank è solo collante, elemento di aggregazione,
e non più motivo di separazione. Nella scena d’apertura che vede Ben e Jo, separati/uniti da Hank,
sul pullman in Marocco, le loro due figure vanno idealmente a coincidere con quelle dei due piatti
(cymbals) sbattuti dal percussionista pochi fotogrammi prima, nei titoli di testa: come i piatti, anche
Ben e Jo, percossi, colpiti dallo shock del rapimento di Hank, risuoneranno in sintonia, solidali tra loro,
torneranno ad essere con-sonanti.
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• L’episodio del tassidermista Ambrose Chappell, oltre a creare un diversivo umoristico e a fornire un
momentaneo depistaggio (che la dice lunga anche sulla fallibilità del dottor McKenna), sembra alludere alla sostanziale inoffensività e incapacità di nuocere di Ben, “tigre di carta” come quegli animali exferoci, ora imbalsamati e innocui. L’episodio divagante del tassidermista fa da equivalente all’episodio,
altrettanto divagante, del dentista nel primo Man who knew… (1934)
• Musica: la partitura di Herrmann (la seconda di 8, per Hitch; la prima di natura tensiva, legata a un
intreccio di suspense) è giocata su interventi non-tematici, minacciosi, che sottolineano momentichiave narrativi; c’è poi la musica diegetica, nella forma delle canzoni Que sera, sera e We’ll love again (che sentiamo in lontananza quando Ben sale ai piani alti dell’ambasciata e libera Hank: la canzone sembra quindi anticipare l’armonia ristabilita dopo la crisi), e della Storm Clouds Cantata di Arthur Benjamin. Ennesimo capitolo, quindi, della dualità/opposizione tra forme colta e popolare, tra musica alta e musica “di consumo”: qui la Cantata classica è veicolo di una valenza sinistra, luttuosa,
quantunque senza averne “colpa” diretta; la forma-canzone, al contrario, si carica esplicitamente di un
segno positivo, risolutivo, portando al salvataggio del bambino e poi al ripristino dell’unità famigliare.
Nella Ambrose Chapel c’è un inno religioso piegato e utilizzato in forma di comunicazione “segreta”; lo
scampanìo che fa accorrere il vicinato, poi, non è una chiamata dei fedeli (ecco di nuovo il tema
dell’apparenza>verità), ma un indizio sensibile della fuga di Ben. Il punto musicale coincidente col
momento dello sparo viene proposto allo spettatore 3 volte (2 volte al sicario), contro la singola volta
della versione del 1934. Bernard Herrmann fa da alter ego di Hitchcock, assicurando una protrazione
e ricorrenza dell’innesto metadiegetico nella diegesi. Hitch era già apparso, di spalle, nella sequenza
del mercato all’aperto a Marrakech
• Hitchcock attibuisce e rivendica a Jo McKenna e alle sue doti canore (o vocali, tout court) il merito di
aver salvato 2 vite: quella del primo ministro e poi – con ben altro sfoggio del suo talento – quella del
figlio Hank; ed è interessante che proprio queste stesse doti canore fossero state sacrificate da Jo, su
sollecitazione del marito, in nome dell’unità della famiglia e del buon esito del matrimonio. Ben, il dottore – quello che “ha tutte le risposte”, come dice Jo – con tutta la sua concretezza è assai più inetto e
improduttivo della moglie, nella sua azione. Il ritrovamento e salvataggio finale di Hank, poi, sembra in
qualche modo una risposta al bisogno espresso da Jo a suo marito Ben nel mercato di Marrakesh:
“quando facciamo un altro figlio?”. Dunque il figlio è lo stesso, non ce n’è un altro, un secondo, ma è
come se agli occhi dei genitori quel primo figlio rinascesse, venisse nuovamente (e in fondo davvero
per la prima volta) alla vita. Di qui l’idea, in filigrana, di una meditazione sulla reversibilità e precarietà
di ciò che ognuno di noi possiede, di quel che fa parte – apparentemente in modo stabile e definitivo –
della vita di ciascuno: nulla è permanente per statuto, e ogni cosa che possediamo la dobbiamo riconquistare ogni giorno. Nulla è mai scontato. E di qui a un anno, ne Il ladro, Hitchcock ci dirà che
neanche la nostra identità è così salda.
Que Sera, Sera
When I was just a little girl, I asked my mother "What will I be? Will I be pretty? Will I be rich?" Here's
what she said to me: "Que sera, sera, Whatever will be, will be; The future's not ours to see. Que sera, sera, What will be, will be."
When I was just a child in school, I asked my teacher "What will I try? Should I paint pictures? Should
I sing songs?" This was her wise reply: "Que sera, sera, Whatever will be, will be; The future's not
ours to see. Que sera, sera, What will be, will be."
When I grew up and fell in love I asked my sweetheart "What lies ahead? Will we have rainbows, day
after day?" Here's what my sweetheart said: "Que sera, sera, Whatever will be, will be; The future's
not ours to see. Que sera, sera, What will be, will be."
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Now I have children of my own. They ask their mother "What will I be? Will I be handsome? Will I be
rich?" I tell them tenderly: "Que sera, sera, Whatever will be, will be; The future's not ours to see. Que
sera, sera, What will be, will be. Que Sera, Sera!”
The Storm Cloud Cantata
There came a whispered terror on the breeze and the dark forest shook And on the trembling trees
came the nameless fear and panic overtook... and panic overtook each flying creature of the wild And
when they all had fled, and when they all had fled, and when they all had fled, and when they all had
fled Yet stood the trees, yet stood the trees, yet stood the trees Around whose heads screaming the
night birds wheeled and shot away Yet stood the trees yet stood the trees yet stood the trees yet stood the trees yet stood the trees yet stood the trees... around whose heads screaming the night birds
wheeled and shot away Finding release from that which drove them onward like their prey Yet stood
the trees finding release from that which drove them onward like their prey Yet stood the trees finding
release finding release the storm clouds broke, the storm clouds broke... The storm clouds finding release from that which drove them onward like their prey... yet stood the trees finding release finding
release from that which drove them onward like their prey Yet stood the trees finding release finding
release the storm clouds broke... the storm clouds broke... the storm clouds broke and drowned the
dying moon The storm clouds broke and drowned the dying moon The storm clouds broke... the storm
clouds broke... the storm clouds broke Finding release The storm clouds broke finding release The
storm clouds broke finding release The storm clouds broke finding Release...
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