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F.M. Dostoevskij, Io non ho ucciso che un pidocchio…
on line volume A 1 la parabola del Realismo SEZIONE III - IL ROMANZO Fëdor Michajlovič Dostoevskij la storia Io non ho ucciso che un pidocchio... i personaggi il tempo lo spazio il narratore e la focalizzazione le tecniche espressive la lingua e lo stile L’OPERA Il protagonista di Delitto e castigo è un giovane di provincia, Rodion Raskòl’nikov, che vive in una povera soffitta a Pietroburgo e ha abbandonato gli studi universitari di legge per mancanza di mezzi, nonostante i sacrifici della sorella Dùnja, che lavora come istitutrice presso la famiglia Svidrigàjlov e della madre. Per uscire dalla miseria e aiutare la famiglia, ma anche per mettere in atto le proprie teorie secondo le quali vi sono uomini superiori che hanno il diritto di disobbedire alle leggi della morale comune, arrivando fino al delitto pur di raggiungere i loro scopi, uccide per rapinarla una vecchia usuraia e la sorella di lei che lo ha sorpreso. A questo punto, tormentato dal ricordo ossessivo del delitto commesso e dal timore di venire scoperto, cade in uno stato di eccitazione febbrile fino al delirio, invano assistito dall’ignaro amico Razumìchin e per provare la propria superiorità giunge a sfidare la polizia, ingaggiando lunghe discussioni con il giudice che conduce l’inchiesta, Porfirij Petrovič che, pur sospettando la sua colpevolezza, indugia ad arrestarlo, sicuro che sarà lui stesso a consegnarsi nelle sue mani. Raskòl’nikov nei suoi vagabondaggi per la città conosce l’impiegato ubriacone Marmelàdov, la cui moglie per miseria ha spinto la figliastra Sonja alla prostituzione e si lega a questa di un tenero affetto; vengono a Pietroburgo anche la madre dello studente e Dùnja, insidiata da Svidrigàjlov, la quale per aiutare il fratello si mostra disposta a sposare il ricco e disgustoso Luzin. La dolcezza, la saldezza morale, la fede di Sonja inducono il protagonista a confessarle la propria colpa; venutone a conoscenza, Svidrigàjlov tenta di ricattare Dùnja, ma, respinto, si uccide. Raskòl’nikov, convinto da Sonja, si costituisce e viene inviato in Siberia; lì, con accanto la ragazza che l’ha seguito, si libera del suo peso, conquistando la serenità e avviandosi sulla strada di una possibile redenzione. genere romanzo realista psicologico tratto da Delitto e castigo anno 1866 luogo Russia IL BRANO Raskòl’nikov, dopo aver commesso il delitto per risolvere i suoi problemi economici e soprattutto nella convinzione che agli uomini “superiori” sia lecito superare i limiti della morale comune, sente vacillare la sua sicurezza e, attratto dalla bontà e dalla religiosità di Sonja, si confida con lei. Nella confessione, riportata in questo brano, il protagonista oscilla tra tentativi di autogiustificazione e rimorso, esaltazione e constatazione della propria debolezza. L’incrollabile fede della ragazza e la sua chiarezza morale lo inducono ad una presa di coscienza che sarà l’inizio della sua redenzione. 1. né Tolone ... Monte Bianco: allusione a varie tappe dell’impresa napoleonica: il bombardamento della città di Tolone in cui Napoleone dimostrò giovanissimo le sue doti militari, liberando la città degli Inglesi, la campagna di Egitto, la seconda campagna in Italia avvenuta attraversando le Alpi (ma al Gran San Bernardo e non al Monte Bianco). i tratta di questo: una volta mi ero proposto un quesito: se, per esempio, al mio posto si fosse trovato Napoleone e non avesse avuto, per cominciare la sua carriera, né Tolone, né l’Egitto, né il passaggio del Monte Bianco,1 ma, invece di tutte queste belle e monumentali imprese, gli si fosse trovata dinanzi nient’altro che una spregevole vecchierella, vedova di un impiegato del registro, che per giunta si dovesse uccidere per rubarle i denari nel baule (per far carriera, capisci?), ebbene si sarebbe egli deciso a farlo, non S – 5 V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 CAPITOLO DUE 10 15 20 25 30 35 40 45 50 il romanzo realista 2 on line Fëdor Michajlovič Dostoevskij nacque a Mosca avendo altra via di uscita? Non si nel 1821 da una famiglia aristocratica decaduta. sarebbe inalberato al pensiero di Frequentò per volere paterno la Scuola superiore un’azione così poco monumentale di ingegneria militare a Pietroburgo, ma non mostrò interesse per gli studi tecnici, terminati i quali e... e delittuosa? Ebbene, io ti dico preferì dedicarsi alla letteratura. Dopo anni vissuti che con un simile «quesito» mi in difficili condizioni economiche, nel 1846 pubblicò con successo di pubblico la prima opera, torturai per lunghissimo tempo, che già rivelava il suo interesse per gli umili, Potanto che mi prese una gran vergovera gente, e nello stesso anno Il sosia, storia di uno sdoppiamento di personalità che porta il progna quando alla fine intuii (d’un tagonista alla follia, che non ottenne invece il favore né del pubblico né tratto) che non soltanto egli non si della critica. Nonostante l’insuccesso, continuò a scrivere romanzi psicolosarebbe inalberato, ma non gli sagici: La padrona e Le notti bianche del 1848. Iniziò a frequentare un circolo politico segreto che fu scoperto nel 1849: fu arrestato e mandato ai lavori rebbe neppur venuta in mente forzati in Siberia, esperienza che lo segnò profondamente. Quando grazie a l’idea che la cosa non fosse monuun’amnistia poté finalmente tornare a Pietroburgo, si dedicò a un’intensa attività di scrittore e giornalista: collaborò alla rivista “Il tempo”, fondata mentale... e anzi non avrebbe cada suo fratello Michail, ben presto proibita dalle autorità, quindi ne fondò pito affatto che motivo ci fosse lì di nel 1864 un’altra, “Epoca”. Tra difficoltà economiche, vizio del gioco e lutti familiari (la morte della moglie e del fratello nel 1864) pubblicò varie opere: inalberarsi. E purché non avesse Memorie da una casa di morti (1861), dove descriveva la sua esperienza di avuto altra strada, l’avrebbe soffodeportato, Umiliati e offesi (1862), una vicenda in cui si analizzavano le pocata senza lasciarle dire né ahi né tenzialità dell’animo umano, e Memorie dal sottosuolo (1865), un lungo monologo in cui il protagonista esplorava il “sottosuolo” della propria psibai e senza pensarci più che tanto! che malata. Avendo firmato un contratto-capestro con un editore, produsse Ebbene anch’io sono uscito dalle in pochi anni romanzi a ritmo sostenuto, a partire da Delitto e castigo (1866), che analizzava le torbide motivazioni di un delitto e il processo di mie meditazioni... e l’ho soffoespiazione del protagonista. Nel 1867 si risposò con la sua stenografa, cata... seguendo l’autorevole esemAnna Grigorjevna Snitkina, e scrisse il romanzo Il giocatore. Perseguitato dai creditori, andò all’estero trascorrendo cinque anni tra vari paesi (Gerpio... Ed è stato così punto per mania, Francia, Svizzera, Italia) e continuando a comporre: L’idiota (1868punto! Ti vien da ridere? Ma qui, 1869), storia di un “uomo assolutamente buono”, sconfitto in un mondo la cosa più buffa è che forse è stato dominato dal male, e I demoni (1871), in cui si condannava la rivoluzione ispirata da principi atei. Tornato in Russia nel 1873, riprese l’attività giorproprio così... nalistica e narrativa: diresse la rivista “Il cittadino”, dove pubblicò una serie Sonja non aveva nessuna voglia di di articoli poi raccolti sotto il titolo di Diario di uno scrittore, e compose i romanzi L’adolescente (1875), storia di un giovane e dei suoi complicati rapridere. porti col mondo e I fratelli Karamazov (1879-1880), indagine sull’uccisione – Parlatemi piuttosto chiaramendi un padre da parte di uno dei figli e del groviglio di odi sorti all’interno di una famiglia. Morì di tisi, a Mosca, poco dopo la pubblicazione di quest’ulte... senza esempi, – ella pregò antimo romanzo (1881). cora più timida e con voce appena udibile. Egli si voltò verso di lei, la guardò con tristezza e la prese per le mani. – Hai di nuovo ragione tu, Sonja. Tutte queste sono scempiaggini, è quasi una vuota cicalata!2 Vedi: tu sai pure che mia madre non possiede quasi nulla. Mia sorella ha ricevuto per caso un’educazione ed è condannata ad andare di qua e di là come istitutrice. Tutte le loro speranze non erano riposte che in me. Io ho studiato, ma non potevo mantenermi all’università e sono stato costretto a lasciarla per un certo tempo. Ma anche se si fosse andati avanti a quel modo, tra una diecina, una quindicina d’anni (sempre che le cose si fossero messe bene), avrei potuto sperare di diventare insegnante o impiegato, con mille rubli di stipendio... – Pareva che dicesse cose imparate a memoria. – E intanto mia madre si sarebbe rinsecchita dai crucci e dagli affanni, senza che tuttavia mi riuscisse di darle la tranquillità e mia sorella... be’, a mia sorella sarebbe potuto capitare anche di peggio!... E che gusto, per la vita in2. cicalata: chiacchiere tera, passare dinanzi a tutto e rinunciare a tutto, dimenticarsi della madre e senza senso. 3 sopportare umilmente, per esempio, la vergogna di una sorella! E perché? 3. vergogna: disonore. V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume A on line volume A 3 la parabola del Realismo 55 60 65 70 75 80 85 90 4. spossato: privo di energia. 5. abietto: spregevole. 6. Razumichin: il semplice e onesto amico di Raskol’nikov, che cerca di aiutarlo procurandogli delle lezioni. 7. canile: stanza miserabile. 8. Nastasja: la persona di servizio della padrona di casa di Raskòl’nikov. 95 SEZIONE III - IL ROMANZO Forse soltanto per metter su, dopo averle sotterrate, una nuova famiglia, moglie e figli e lasciar poi anche loro senza un soldo e senza un boccon di pane? Ebbene... ebbene, ecco io decisi che, dopo essermi impadronito dei denari della vecchia, li avrei impiegati, nei primi anni, per mantenermi all’università, senza tormentare mia madre e per i primi passi da fare dopo l’università; e avrei fatto tutto questo con larghezza, radicalmente, in modo da prepararmi tutta una nuova carriera e mettermi su di una strada nuova, indipendente... Ebbene, ebbene, ecco tutto. Già, si capisce, quanto a uccidere la vecchia, in questo ho fatto male... e adesso basta! Come spossato4 si trascinò sino alla fine del racconto e chinò il capo. – Oh, non è quello, non è quello... – esclamò Sonja angosciata, – e forse che si può così... no, non è così, non è così! – Lo vedi anche tu che non è così... Eppure ti ho fatto un racconto sincero; è la verità! – Ma che verità è mai questa! O Signore! – Io non ho ucciso che un pidocchio, Sonja, inutile, schifoso, nocivo. – Ma è una creatura umana quel pidocchio! – Ma sì, lo so anch’io che non è un pidocchio, – egli rispose guardandola stranamente. – Però io dico degli spropositi, Sonja, – aggiunse, – è già un pezzo che ne dico... Tutto questo è un’altra cosa; tu dici giusto. Qui ci sono altre cause, ben diverse!... Era già tanto che non parlavo con nessuno, Sonja... Adesso ho un gran mal di capo. I suoi occhi ardevano di un fuoco febbrile. Cominciava quasi a delirare; un sorriso inquieto errava sulle sue labbra. Attraverso l’eccitazione del suo spirito faceva capolino una tremenda spossatezza. Sonja capì quanto egli si straziasse. Anche a lei cominciava a girar la testa. Egli parlava in un modo così strano: le pareva di capire qualcosa, ma... «ma come mai! Come mai! O Signore!» Ed ella si torceva le mani disperata. – No, Sonja, non è quello! – egli rispose, sollevando d’un tratto il capo, come se un improvviso nuovo giro di pensieri lo avesse colpito e di nuovo eccitato, – non è quello! Ma piuttosto... supponi (sì! così infatti è meglio!) supponi che io sia egoista, invidioso, malvagio, abietto,5 vendicativo e... magari anche incline alla pazzia. (Tutto questo insieme! Della pazzia si parlava già prima, me n’ero accorto!) Dunque ti ho detto poc’anzi che non potevo mantenermi all’università. Ma sai tu che forse lo potevo anche? Mia madre mi avrebbe mandato di che pagare quel che occorreva e, quanto alle scarpe, ai vestiti e al pane, avrei provveduto col mio lavoro, di sicuro! Lezioni se ne presentavano; mi si offriva mezzo rublo per ciascuna. Lavora pure Razumichin!6 Ma io m’incattivii e non volli. Per l’appunto mi incattivii (ecco una bella parola!) Allora, come un ragno, mi ficcai nel mio cantuccio. Tu sei stata nel mio canile,7 hai veduto... E sai, Sonja, che i soffitti bassi e le camere strette opprimono l’anima e l’intelligenza? Oh, quanto odiavo quel canile! E tuttavia non ne volevo uscire. Apposta non lo volevo! Per interi giorni non ne uscivo e non volevo lavorare e non volevo neppur mangiare, stavo sempre disteso. Se Nastasja8 me ne portava, mangiavo; se non me ne portava, la giornata pasV. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 CAPITOLO DUE 100 105 110 115 il romanzo realista 4 on line sava così; apposta, per rabbia, non ne chiedevo! Di notte non avevo lume, stavo coricato al buio, non volevo lavorare per comprarmi delle candele! Bisognava studiare e io avevo venduto tutti i libri; e sulla mia tavola, sugli appunti e sui quaderni, c’è anche adesso un dito di polvere. Preferivo stare sdraiato e pensare. E pensavo sempre. E facevo sempre certi sogni, una quantità di sogni strani, non è il caso di dir quali! Solo che allora cominciò anche a sembrarmi che... No, non è così! Di nuovo non racconto bene! Vedi, allora mi domandavo sempre: perché son così stupido da non voler essere più intelligente degli altri, se quelli sono sciocchi e se io so con certezza che lo sono? Poi ho capito, Sonja, che, a voler attendere che tutti fossero diventati intelligenti, sarebbe stato troppo lungo... Poi ho capito ancora che questo non sarebbe stato mai, che gli uomini non cambieranno e che nessuno li può trasformare e che non val la pena di sprecar fatica! Sì, è così! È la loro legge... Una legge, Sonja! È così!.. E ora io so, Sonja, che chi è vigoroso e forte di mente e di spirito, quello è il loro dominatore! Chi molto oserà, avrà ragione di loro. Chi è capace di disprezzare più cose, quello è il legislatore e chi più di tutti è capace di osare, quello ha più ragione di tutti! Così è andato finora e così sarà sempre! Soltanto un cieco non lo vedrebbe! Théodore Géricault (1791-1824), La ghigliottina, 1820 ca., particolare. V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume A on line volume A 5 la parabola del Realismo 120 125 130 135 140 145 150 155 9. catechismo: insieme di convinzioni. 10. uccidere ... casistiche: uccidere senza tanti ragionamenti e motivazioni. 160 SEZIONE III - IL ROMANZO Raskòl’nikov, dicendo questo, benché guardasse Sonja, non si preoccupava più s’ella capisse o no. Una febbre l’aveva preso. Egli era in preda a una specie di cupo entusiasmo. (Era veramente troppo tempo che non parlava con nessuno!) Sonja capì che quel tetro catechismo9 era diventato la sua fede e la sua legge. – Io indovinai allora, Sonja, – egli seguitò con fervore, – che la potenza si dà solo a chi osa chinarsi a prenderla. Qui non ci vuole che una cosa, una sola: basta osare! Mi venne allora, per la prima volta in vita mia, un pensiero che nessuno mai aveva avuto prima di me! Nessuno! D’un tratto mi si presentò chiaro come il sole questo pensiero: come mai neppur uno finora aveva osato né osava, passando dinanzi a tutta questa assurdità, prendere il tutto puramente e semplicemente per la coda e scaraventarlo al diavolo! Io... io ho voluto osare e ho ucciso... ho voluto soltanto osare, Sonja, ecco l’unica causa! – Oh, tacete, tacete! – gridò Sonja, giungendo le mani. – Vi siete allontanato da Dio e Dio vi ha colpito, vi ha abbandonato al demonio!... – A proposito, Sonja, quando io stavo coricato al buio e mi venivano tutti quei pensieri, era il demonio che mi tentava? Eh? – Tacete! Non ridete, bestemmiatore, nulla, nulla voi comprendete. O Signore! Nulla, nulla egli comprenderà! – Taci, Sonja, io non rido affatto; lo so anch’io che era il diavolo a trascinarmi. Taci, Sonja, taci! – ripeté con cupa insistenza. – Io so tutto. Tutto questo me lo sono già ruminato e ripetuto da me, quando stavo disteso nell’oscurità... Tutto questo l’ho vagliato con me stesso, sino all’ultima minuzia e so tutto, tutto! E tutte queste ciance mi avevano allora tanto, tanto annoiato! Volevo dimenticar tutto e cominciare daccapo, Sonja e smetterla di cianciare. E tu pensi forse che io ci sia andato come uno scemo, a rotta di collo? Ci sono andato da persona di senno ed è stato questo a perdermi. E tu pensi forse che io non sapessi, per esempio, almeno questo, che, avendo cominciato a interrogarmi e a domandarmi: ho io il diritto di possedere la potenza? ciò voleva dire che io non avevo il diritto di possederla? Oppure che, se mi ponevo il quesito: è un pidocchio quella persona? ciò voleva dire che quella persona non era già un pidocchio per me, ma era un pidocchio per quello a cui questo pensiero non fosse nemmeno venuto in mente e che fosse andato difilato, senza domandarsi nulla... Se per tanti giorni mi son tormentato a pensare se Napoleone ci sarebbe andato o no, è che sentivo già chiaramente di non essere un Napoleone... Tutta, tutta la tortura di quelle lunghe ciance io sopportai, Sonja e mi venne il desiderio di sbarazzarmene di colpo: io volli, Sonja, uccidere senza tante casistiche,10 uccidere per me, per me solo! Non volevo mentire a quel riguardo neppure a me stesso! Non per aiutare mia madre ho ucciso, sciocchezze! Non ho ucciso per farmi, acquistata ricchezza e potenza, il benefattore dell’umanità. Sciocchezze! Ho ucciso semplicemente; per me stesso ho ucciso, per me solo e che poi avrei beneficato qualcuno, o per la vita intera, come un ragno, avrei acchiappato tutti quanti nella mia ragnatela e a tutti avrei succhiato il sangue, questo a me, in quel momento, doveva essere indifferente!... E non il denaro, soprattutto, mi ocV. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 CAPITOLO DUE 165 170 175 180 185 190 195 200 il romanzo realista 6 on line correva, Sonja, quando ho ucciso; non tanto il denaro quanto un’altra cosa... Tutto questo ora lo so... Comprendimi: forse, pur andando per quella medesima strada, non avrei mai più commesso un assassinio. Altro avevo bisogno di sapere, altro mi spingeva: avevo allora bisogno di sapere e di sapere al più presto, se io fossi un pidocchio, come tutti, o un uomo. Avrei potuto passar oltre o non avrei potuto? Avrei osato chinarmi e prendere, o no? Ero una creatura tremante o avevo il diritto... – Di uccidere? Se avete il diritto di uccidere? – e Sonja giunse le mani. – E-eh, Sonja! – egli gridò irritato e voleva già replicare, ma tacque sprezzantemente. – Non interrompermi, Sonja! Volevo soltanto dimostrarti una cosa: che allora fu il diavolo a trascinarmi, ma poi mi spiegò che io non avevo il diritto di andar là,11 perché anch’io ero un pidocchio così come tutti! Si fece beffe di me ed ecco che ora son venuto qui! Accogli il tuo ospite! Se non fossi un pidocchio, sarei venuto da te? Ascolta: quando andai dalla vecchia, vi andai soltanto per provare... Sappilo dunque! – E avete ucciso! Avete ucciso! – Ma come ho ucciso? Forse è così che si uccide? Forse è così che si va ad uccidere, come ci sono andato io?... Ti racconterò un giorno o l’altro come ci sono andato... Ho forse ucciso la vecchia? Me stesso ho ucciso e non la vecchia! Mi sono bravamente accoppato da me, per sempre!... E quella vecchietta l’ha uccisa il diavolo e non io... Basta, basta, Sonja, basta! Lasciami, – esclamò a un tratto, in una spasmodica angoscia, – lasciami! Egli appoggiò i gomiti sui ginocchi e si strinse il capo tra le palme come in una tenaglia. – Che tormento! – sfuggì a Sonja in un grido di dolore. – Suvvia, che fare adesso, parla! – domandò egli levando a un tratto il capo e guardandola con un viso sfigurato dalla disperazione. – Che fare! – ella esclamò, balzando su dal suo posto e i suoi occhi, fino allora pieni di lacrime, subitamente lampeggiarono. – Alzati! – Lo afferrò per una spalla; egli si sollevò guardandola quasi stupefatto. – Va’ subito, all’istante, a metterti sul crocicchio,12 chinati, bacia dapprima la terra che hai profanata13 e poi inchinati a tutto il mondo, rivolto ai quattro punti cardinali e di’ a tutti, a voce alta: «Ho ucciso!» Allora Iddio ti manderà di nuovo la vita. Ci andrai? Ci andrai? – domandava tremando tutta, come in un accesso, dopo avergli afferrato le due mani, serrandole forte nelle proprie e fissandolo con uno sguardo di fuoco. Egli rimase stupito e anzi costernato14 dall’improvvisa esaltazione di lei. – È ai lavori forzati che alludi, Sonja, eh? Bisogna dunque che mi denunci? – domandò cupamente. – Accettare la sofferenza e con essa riscattarsi, ecco quel che bisogna fare. da Delitto e castigo, Einaudi, Torino 1993 11. andar là: andare a casa della vecchia per ucciderla. 12. crocicchio: incrocio. 13. profanata: oltraggiata. 14. costernato: scoraggiato, sconcertato. V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume A on line volume A 7 la parabola del Realismo SEZIONE III - IL ROMANZO STRUMENTI DI LETTURA La storia I personaggi Apparentemente l’opera si inserisce nel filone del romanzo poliziesco, perché racconta la storia di un duplice omicidio con le successive indagini della polizia fino alla confessione del colpevole, alla sua punizione e al suo ravvedimento. In realtà essa è molto più complessa. L’autore affermò di voler scrivere «il resoconto psicologico di un delitto» e quindi la prospettiva da cui racconta gli eventi non è quella esterna della ricostruzione investigativa, ma quella interna alla psicologia del colpevole di cui cerca di portare alla luce motivazioni e contraddizioni. Il tempo Il ritmo stesso con cui procede la narrazione ci dà la misura di quanta distanza intercorra tra l’opera e il genere poliziesco: infatti i lunghi monologhi del protagonista (come nella confessione che abbiamo riportato) rallentano il ritmo della storia e il tempo stesso subisce una dilatazione in rapporto all’andirivieni che ha luogo nella mente del protagonista. Le tecniche espressive La storia è narrata da un narratore esterno. Nel brano letto assistiamo al dialogo tra il protagonista e Sonija. Leggendo il testo con attenzione ci accorgiamo, tuttavia, che non si tratta di un vero e proprio dialogo perché gli interventi di Sonija hanno solo la funzione di stimolare il protagonista a proseguire nella sua confessione, che peraltro egli ha iniziato volontariamente, spinto dal desiderio di liberarsi dal senso di colpa. La forma espressiva del dialogo sembra derivare da altre necessità, dettate più da motivazioni di ordine contenutistico che da motivazioni di ordine espressivo. Cerchiamo di approfondirle analizzando il percorso che ha portato il protagonista alla decisione di uccidere. Il protagonista, nelle sue lunghe riflessioni che hanno preceduto l’omicidio, è giunto a legittimare il delitto (l’uccisione della vecchia) in quanto ha elaborato una concezione morale secondo la quale l’omicidio in sé non è sempre da condannare, può essere addirittura giustificato se chi lo commette è un individuo eccezionale. Secondo questa concezione l’azione non viene giudicata in se stessa, ma in relazione a chi la esegue: il che significa relativizzare i concetti di bene e male, affermando che una stessa azione può essere buona se compiuta da una persona, cattiva se compiuta da un’altra. Come ci racconta lo stesso Raskòl’nikov nella sua lunga confessione, il percorso personale che lo ha portato a queste conclusioni è stato caratterizzato da un progressivo allontana- mento dal mondo e dal consesso umano «Per interi giorni non ne uscivo e non volevo lavorare, e non volevo neppur mangiare» (righi 97-98). In questo stato di totale isolamento egli è giunto a teorizzare la legittimità del delitto: pertanto la decisione di uccidere, considerando l’omicidio un atto lecito, è maturata nella mente di un uomo che si era volontariamente sottratto alla dinamica dei rapporti con i propri simili. Questo è il dato da cui partire per chiarire il senso del dialogo con Sonja. Attraverso la vicenda del protagonista, Dostoevskij ci porta a concludere che qualsiasi valutazione di un’azione in termini morali (cioè di scelta tra bene e male) è impossibile al di fuori dei rapporti umani, prescindendo dalle conseguenze reali che l’azione ha sul consesso umano. Ecco perché è essenziale che la confes- sione di Raskòl’nikov avvenga all’interno del dialogo con Sonja: infatti è solo grazie al rapporto con lei che il protagonista esce dal suo isolamento e recupera quella dimensione relazionale dell’agire che gli restituisce il senso del bene e del male. Egli ritrova la propria umanità che aveva cercato di negare (isolandosi dal mondo) attraverso il rapporto reale con un altro essere umano (Sonja), che gli consente di riconoscersi come uomo. V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 8 il romanzo realista LABORATORIO Ripercorriamo il testo Raskòl’nikov, sollecitato da Sonja, ripercorrendo i motivi che lo hanno indotto a uccidere la vecchia, adduce delle giustificazioni legate alle sue condizioni familiari. Di fronte alla sua conclusione di non aver ucciso che un essere insignificante viene indotto da Sonja a riflettere sul fatto che anche un essere insignificante è una creatura umana. Questo lo stimola a trovare un’altra spiegazione delle sue azioni e a ripercorrere i motivi che lo hanno spinto ad agire. In una disamina allucinata della sua condotta, giunge alla conclusione di aver ucciso in realtà se stesso. di ffi co ltà Sonja che ha dolorosamente assistito a tutta quell’angosciata confessione, lo induce a denunciarsi per potersi redimere. Comprensione 1 In che cosa consiste l’autorevole esempio di Napoleone per Raskòl’nikov e perché ha capito di non essere un Napoleone? 2 Perché, dopo il primo discorso di Raskòl’nikov, Sonja non ha nessuna voglia di ridere? 3 Qual è la prima giustificazione che egli adduce per il delitto? 4 Questa spiegazione convince Sonja? 5 Perché il giovane dice di non aver ucciso che un pidocchio? 6 Perché la nuova spiegazione fornita dal rigo 83 al 131 nega la precedente? 7 Quale ragione adduce Raskòl’nikov del suo atto nei righi 157-167? 8 Che cosa voleva provare a se stesso uccidendo la vecchia? Comprensione globale di ffi co ltà 9 Che cosa dovrebbe fare Raskòl’nikov secondo Sonja? 10 Quali diverse giustificazioni del delitto fornisce Raskòl’nikov nel corso della sua confessione? di ffi co ltà Laboratorio CAPITOLO DUE on line Analisi I personaggi Vedi a p. 24 11 In questo brano emergono in modo chiaro gli elementi che definiscono i due protagonisti. 1. Che tipo di caratterizzazione ricevono i due personaggi del brano (fisica, psicologica, sociale, culturale, ideologica, altro)? V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011 volume A on line SEZIONE III - IL ROMANZO la parabola del Realismo 2. I due personaggi si caratterizzano: mediante una propria autovalutazione indirettamente per le loro azioni e parole attraverso i commenti del narratore 12 I due caratteri di Raskòl’nikov e Sonja appaiono nettamente contrapposti. 1. Specifica per ciascuno dei due personaggi se si tratta di tipi o caratteri. 2. Quale dei due personaggi ti appare coerente negli atteggiamenti e quale contraddittorio e instabile? Argomenta la risposta con precisi riferimenti al testo. Il tempo e lo spazio Vedi a p. 46 e 66 13 Segna con una croce le modalità della durata presenti nel testo: ellissi analisi scena Quale prevale nettamente? 14 Come definiresti il ritmo della narrazione? Lento Accelerato Testo e contesto di ffi co ltà 15 Gli autori del Realismo normalmente dedicano grande attenzione alla descrizione dello spazio in cui si muovono i personaggi. In questo brano compare solo una breve notazione spaziale ai righi 94-104. Come mai sono dedicate così poche righe all’ambientazione, secondo te? Di che tipo di spazio si tratta? L’intellettuale nella società del secondo Ottocento Nel corso dell’Ottocento il ruolo dell’intellettuale e dell’artista ha subito una crescente emarginazione sociale. Dalle parole del protagonista emerge la sfiducia nelle possibilità di affermazione personale che l’istruzione è in grado di offrire a chi non possiede nulla di proprio su cui contare. 16 Sottolinea i passaggi del testo in cui emerge questa sfiducia. Produzione di ffi co ltà 9 Laboratorio volume A 17 Trasforma il discorso diretto Vedi a p. 110 di Raskòl’nikov dal rigo 140 al rigo 170 in discorso indiretto Vedi a p. 117 . 18 Prescindendo dall’andamento reale della confessione, così come viene descritta nel testo (che riproduce gli andirivieni della mente di Raskòl’nikov) riassumi Vedi a p. 156 i motivi che hanno indotto il protagonista all’omicidio. Inizia il tuo lavoro con una breve presentazione di Raskòl’nikov e concludilo fornendo la tua spiegazione dell’affermazione ai righi 182-183 «Me stesso ho ucciso e non la vecchia!». V. JACOMUZZI, M.R. MILIANI, A. NOVAJRA, F.R. SAURO, Trame e temi © SEI 2011