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Mara Durante
Cagliari, 24 Febbraio – Seminario di letteratura per l’infanzia A cura di Mara Durante, Docente a contratto di Letteratura per l’Infanzia presso la Facoltà di Scienze della formazione, Università degli studi di Cagliari. Ha scritto Virginia Woolf nel suo saggio “ Come si legge un libro” … leggere è come guardare, la sera, da fuori, le finestre delle case illuminate. La curiosità ci spinge ad aprire persiane che ci mostrano ad ogni piano, diversi momenti della vita umana nel loro dispiegarsi, nel loro svolgersi. Vorremmo entrare per saperne di più di quella ragazza che si veste per andare a una festa… dei desideri, dei sogni, dei pensieri di quelle persone raccolte intorno alla tavola… e, aggiungo io, vorremmo entrare per saperne di più di quella bambina tutta raggomitolata nel suo letto… perché come scopriremmo di lì a poco – visto che l’incantesimo della curiosità ha preso l’avvio –ha la pancia tutta spettinata… insomma in disordine. La curiosità è un’emozione della mente, si alimenta di illusioni, di storie, lei stessa ne produce pur di andare sempre incontro a figure, situazioni, esperienze nuove imprevedibili, altre rispetto a quelle date, pur di non smettere di provare stupore… lo stupore che è proprio di quel popolo a parte che sono i bambini… tutto questo a partire dai dettagli più piccoli, dagli scarti minimi, dalle tracce che lo sguardo più serio e indaffarato degli adulti non noterebbe… In questo senso le storie sono vascelli per varcare confini, attraverso le quali introdurre cambiamenti di prospettiva rispetto a ciò che si sta vivendo... esperendo... perché le storie partono sempre da un dubbio... da quel “...e se invece...?”, e da quel “che cosa succederebbe se...?”, cioè hanno a che fare con la dimensione della possibilità, e questa è una dimensione sempre potenzialmente spiazzante, sempre per definizione aperta... proprio perché le storie mettono in scena l’inatteso, l’incredibile... tessono con le loro trame un mondo di infiniti possibili... L’incipit di questo delizioso libro, è un invito irresistibile ad aprire quelle persiane delle quali parla la Woolf, aggancia immediatamente il lettore, perché fin dalle prime righe, si accorge che la piccola Juanita che lamenta un terribile mal di pancia al punto da non poter e voler andare a scuola, è l’interprete di un vissuto emozionale che i bambini conoscono molto bene… un disagio che si chiama mal di scuola… (fin dalle prime battute l’invito all'ascolto dei sentimenti, questi sconosciuti, come segnalano allarmati gli addetti ai lavori dell'anima…). È riconoscersi pertanto, vedersi attraverso gli occhi della piccola Juanita con intenso coinvolgimento, sfogliando pensieri ed emozioni e scoprendo un nuovo punto di vista che permette di ritornare alla realtà ri-pensandola, reinventandola in un gioco di rimandi continui. Non è un caso, infatti che la voce narrante si rivolga sapientemente al lettore, facendolo sprofondare nella vicenda, ancor prima che essa si dipani… … Delle storie importanti normalmente si dice «Iniziò in tal giorno…» oppure «Fu così che la storia incominciò». Normalmente nelle storie importanti, fin dall’inizio, accadono cose importanti. Questa storia comincia con un mal di pancia. «Si tratta soltanto di un semplice mal di pancia?» domanderete dunque voi. Eh sì, proprio un mal di pancia, non banale però, dal momento che è uno di quei mal di pancia a orario fisso che stranamente vengono ad alcuni bambini e bambine solo al mattino, proprio quando è il momento di prepararsi per andare a scuola. È mai capitato anche a voi? In questo senso la produzione editoriale di gusto rappresenta uno specchio dell’identità in cui i bambini e le bambine si riflettono: leggendo e ascoltando storie come questa, avviene una sorta di validazione dell’esperienza, ovvero, i bimbi si sentono meno soli… un’empatia resa possibile dal fatto che intorno alla storia ci si trova a “risuonare insieme in quel momento lì della lettura ma anche da sempre e per sempre...” come a dirci: “...sì, è proprio vero. Accade proprio così. Queste emozioni mi appartengono… anche io ho sentito questo mal di pancia… e quindi sono emozioni comunicabili, legittime, da riconoscere… non sono roba da piccoli…”. Quando i bambini si trovano di fronte a scritti di qualità – una letteratura “a misura di bambino” – non solo si “divertono”, ma anche pensano, si mettono in discussione, riflettono, in sostanza crescono nel profondo… Ogni storia è allora ascoltata per irrorare di nuova linfa la propria storia individuale... le storie moltiplicano la vita... è nella narrazione che la vita viene scomposta e ricomposta... Le storie simbolicamente la rappresentano riallacciandone i fili e dandole un senso... sono attrezzi di comprensione della vita... sono spiragli aperti, anche se per un attimo, su un mondo parallelo… Leggere, raccontare storie ai bambini, significa aiutarli a crescere, aiutarli ad imparare a vivere. Vivere, crescere, diceva il maestro Pontremoli, non sopravvivere; non trascinarsi; non adeguarsi all’esserci consentendo comunque. Vivere e crescere e cambiare, quindi. Magari guardando e prendendo in mano il Qui (… anche quando ci spaventa…) per progettare un altrove che non si trovi da un’altra parte ma sia il Qui, la nostra realtà… trasformata. Effettivamente negli scritti di qualità, i personaggi, proprio perché hanno spessore psicologico e sono ben costruiti letterariamente, permettono un’identificazione significativa a livello di crescita e di sviluppo della propria identità. Essi, infatti, essendo complessi nella loro molteplicità interiore, permettono a ogni bambino lettore di trovare “tante parti” del sé reale e del sé ideale. Un libro deve aiutare i bambini a riflettere su problemi che li arrovellano aprendo scenari maggiori in cui spaziare, un mondo degli infiniti possibili dove la dimensione magica, fantastica, immaginifica aiuta a rendere più sopportabile il reale, dove, come in questa storia, può essere plausibile anche l’intervento provvidenziale di un fantasma buono un po’ poeta… capace di sentire gli odori dei sentimenti come la generosità che profuma di mandorlo in fiore, o l’amicizia di gelsomino… La ragione di tanto malessere è per Juanita-Giovanella e i suoi compagni di disavventura, la maestra Abbassa gli occhi e scrivi, ribattezzata così per il suo manifesto disprezzo, finanche odio, nei confronti di quei mostriciattoli di alunni dei quali non tollera incontrare lo sguardo. Juan che, da grande, vorrebbe studiare il mondo delle parole, è convinto infatti che esista un legame tra la parola o-d-i-o e la parola A-b-b-a-s-s-a… hanno lo stesso numero di vocali e iniziano e terminano tutte e due per vocale… ( bella anche questa riflessione sulla lingua, tipica dei bambini che l’autrice ha voluto inserire…). Lo sguardo di Abbassa - come dice Pedro - è uno sguardo pungente, umiliante che restituisce il disprezzo di chi manifesta paura dell’anima dei bambini e della ricchezza che la abita, ma una maestra che ha paura dell’anima dei suoi alunni, non ha proprio niente da insegnare… I bambini e le bambine, ricorda Pedro, devono essere guardati con rispetto… A questo imprevisto, ovvero, il ritrovarsi una strega per maestra, votata a interrompere qualsiasi contatto con la fantasia creativa dei bambini, come prescrive il manuale di stregoneria, Juanita e i suoi amici devono saper reagire ed elaborare la situazione, in modo da poter superare il problema con le loro forze e risorse. Il discorso è infatti sempre appartato, avviene a distanza dei genitori che si cerca di proteggere (minacciati anch’essi dalla perfida maestra), voci di bambini che danno nomi e figure alle proprie paure, senza cedere un solo istante al ricatto della sfiducia. La sfida è sempre presente nello svolgersi della storia ed è sempre qualcosa di difficile ma positivo, che richiama a uno sforzo di collaborazione, di condivisione di piani d’azione e di sentimenti, che arricchisce la conoscenza reciproca dei bambini non restituendo mai la sensazione di qualcosa che possa schiacciarli. Juanita scopre che la paura è uno stato d’animo, dipende da pensieri che si nutrono di cose che non si conoscono. Pensieri che si possono affrontare e curare con l’esperienza. La fragilità iniziale allora cambia di segno. Diventa riflessione su di sé, pensiero e, quindi, forza… quella forza e quella fatica che comporta crescere. È una storia, questa, che si mette dalla parte del bambino, nel senso che riflette il suo modo di pensare, di guardare al mondo e alla realtà circostante. Innalza lo sguardo al suo angolo di prospettiva... La scrittrice, oltre a dimostrare una profonda conoscenza dell’universo infantile, propria di chi ne ha assidua e curiosa frequentazione, penso di poter dire, recupera dentro di sé frammenti e sentimenti della propria infanzia… Lasciarsi portare dallo stupore dei bambini non è cosa facile: presuppone infatti la freschezza di uno sguardo che sappia meravigliarsi delle cose come se le vedesse per la prima volta… Le ricerche dimostrano, ma basterebbe solo fermarsi ad ascoltare i bambini, che il loro è un pensiero complesso, spregiudicato (scevro da pre-giudizi e come tale capace di affrontare il cimento senza temere l’azzardo), sono tutti un po’ filosofi, si interrogano sulla vita, riflettono e cercano di capire il mondo e il senso dell’esistenza. Essi desiderano inoltre poter trovare lo spazio per vivere il loro tempo, il loro presente bambino, fatto di pensieri, di giochi, di desideri, di soste apparentemente senza senso. È questa la leggerezza pensosa che corre tra le righe del libro… I personaggi sono infatti sbozzati a tutto tondo. Per cui sono rappresentati nella loro autenticità esistenziale in quanto possiedono un’interiorità ricca e complessa. … fascino del contenuto, pertanto, ma anche qualità estetica in questo bel libro. I bambini sono fortemente attratti dalla qualità delle parole sebbene non sappiano ancora mettere a fuoco queste loro preferenze né esprimerle con le parole giuste. Basta ascoltarli però senza rivolgere loro domande chiuse e pilotate per scoprire che il fascino della scrittura gioca un ruolo forte e incisivo nel creare lettori, lo sanno bene gli scrittori di libri rivolti ai bambini… I bambini sono molto imbarazzati dagli adulti infantili, e annoiati a dismisura da chi simula il loro linguaggio e i loro comportamenti. È dallo stile che dipende la capacità di incantare il lettore, di farlo immergere in una storia grazie all’uso di un linguaggio personale complesso e semplice (non povero) nello stesso tempo. Su questa scelta di qualità, concordano molti autori affermati, quali David Grossman o Daniel Pennac. È proprio Pennac a sostenere di offrire una scrittura strutturalmente più semplice ma ricercata, che richiede un intenso lavoro linguistico, proprio perché i fruitori sono i bambini. Si tratta di veri e propri artigiani della parola che lavorano sulle parole per far assumere loro inedite configurazioni e inaspettate possibilità semantiche, che sanno coniugare la qualità con la leggerezza, l’originalità con la vivacità e il ritmo… Rientra in questa scelta, la ricerca dell’autrice Mariella Marras per l’incipit coinvolgente e originale, l’uso accorto della prima e della terza persona per adottare il punto di vista del protagonista, la scelta del monologo per descrivere i paesaggi interiori del protagonista, la cura nella costruzione dei dialoghi dalle più diverse sfumature e tonalità… (efficace al fine di vivacizzare il senso della narrazione). Ancora, il ricorso a una pluralità di punti di vista (si pensi alle varie ipotesi dei personaggi all’interno dell’intreccio narrativo del libro) che permette al lettore di immedesimarsi in diversi ruoli… Non mancano le descrizioni che, come uno zoom, passano rapidamente da una scena all’altra, da un avvenimento all’altro, proprio come l’occhio di una cinepresa. Dinamismo, ritmo narrativo veloce che fa “volare” il lettore sulle pagine, restituendo la sensazione che qualcosa sta per accadere, che certi eventi si sono messi in moto. Pregevoli anche le illustrazioni di Daniele Serra, capace di una narrazione visiva che va oltre la semplice funzione esornativa, arricchendo la lettura di suggestioni e nuove informazioni. Illustrazioni di questo tipo sono garanzia di stimolo verso l’ulteriorità simbolica, sono capaci di complessificare il processo di compressione: aggiungono, infatti, una infinità di elementi alla narrazione, moltiplicano e valorizzano la complessità del processo inferenziale. Hanno la capacità di narrare ciò che il libro non dice, suggerendo allo sguardo di muoversi in qualsiasi direzione, circolare, verticale, orizzontale... Abbassa gli occhi e scrivi è un libro ispirato e come tale contiene in sé non un solo messaggio, ma tanti messaggi, non un solo valore ma tanti valori: l’amicizia, la solidarietà, la valorizzazione dell’altro, la speranza, il piacere per la conoscenza (Almeria e i suoi paesaggi andalusi…). Credo tuttavia, che il messaggio più significativo, sia quello che la scrittrice affida all’ultima pagina del libro, quando il fantasma Aben Hud chiede ai suoi giovani amici di far leggere ad almeno un adulto il suo scritto… … l’entusiasmo, la sincerità, le paure e le emozioni profonde avvincono i bambini sia dentro il gioco che dentro le cose serie, senza riserva alcuna. Questa magia, che si compie fino ai dieci anni, non si potrà mai ripetere. Nell’attesa spasmodica di diventare grandi, i bambini non risparmiano energie e nuotano nel presente senza maschera e senza difese. Anche quando fanno finta di… credono nell’impossibile. Sinceri. E che dire del rifiuto dell’ingiustizia, autentico nei bambini, totale? Ecco perché, chi fa male anche a un solo bambino è un bandito e va bandito. Con sentimento Aben Hud el fantasma… Mara Durante, docente di Letteratura per l’infanzia presso la Facoltà di Scienze della formazione, Università degli studi di Cagliari.