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Bossi licenzia gli uomini fidati

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Bossi licenzia gli uomini fidati
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Sabato 4 Febbraio 2012
PRIMO PIANO
Obbedendo, anche se con riluttanza, ai diktat dell’ex ministro dell’interno Roberto Maroni
Bossi licenzia gli uomini fidati
Dimissionati Leonardo Boriani, Marco Reguzzoni e Rosy Mauro
ANTONIO CALITRI
commissario in Emilia e Liguria
adesso trema pure il trota. E non
per il gelido inverno. Quasi in simberto Bossi da leader
lenzio infatti, Maroni sta vincenindiscusso del movimendo su tutta la linea, ma almeno al
to padano, si sta trasformomento non lo dice in giro. E gimando in esecutore marano due teorie. La prima che sia
teriale degli ordini di Roberto
proprio Maroni a non volere pubMaroni. A sua insaputa e problicità per evitare intoppi e reababilmente a insaputa di gran
zioni al suo repulisti.
parte della stampa
L’altra invece vede
italiana che segue
la Lega Nord e che
gli amici di Bossi,
festeggiano ogni geSilvio Berlusconi
sto del senatùr come
in primis, a cercare
una vittoria, come la
di non farlo apparire
sua capacità d tenesoccombente.
Fatto sta che l’ulre tutti a bada, di
tima vittoria del ceraver elegantemente
chio magico risale al
ricucito lo strappo
12 gennaio quando
con il delfino che vocontro gli accordi
leva trasformarsi in
presi in via Bellerio,
squalo.
Bossi e i suoi ordiA guardare bene
Umberto
Bossi
narono ai deputati
però, da fine dicemleghisti di salvare
bre, di sangue ne sta
Nicola Cosentino. Da allora
scorrendo tanto. E tutto dalle parnulla è stato come prima. Il certi del cerchio magico, quelli che
chio magico tentò il colpo finale
sono stati i fedelissimi di Bossi
contro Maroni vietandogli di paradesso vengono tagliati a uno
lare ai comizi leghisti, ma dopo
a uno, per aver remato contro
la denuncia dell’ex ministro che
Maroni che solo qualche mese,
annunciava che a Varese sarebbe
il senatùr diceva che ci avrebbe
comunque andato, ben 400 circoli
messo «due minuti a mandarlo
contravvenendo aglio ordini l’avevia». E la lunga scia di sangue si
vano invitato a parlare. Una proavvicina proprio alla famiglia.
E dopo Rosy Mauro, fidatisva di forza che a costretto Bossi
sima della moglie di Bossi, Maal dietrofront e poi a inseguirlo
nuela Marrone, defenestrata da
sul palco; e poi di nuovo insieme
DI
U
a Milano per dimostrare che tutto
era stato risolto.
Di fatto, dietro quella facciata
stanno cadendo tante steste. A
partire dal nemico giurato Marco
Reguzzoni, che ha perso la poltrona di capogruppo alla Camera
in favore di Paolo Dozzo. Prima
era caduto il fedelissimo direttore della Padania, Leonardo Boriani, in sella dal 2006, quando
sostituì il maroniano Gianluigi
Paragone. L’ex direttore che ha
tradotto la linea del senatùr in
prime pagine d’effetto in questi
cinque anni è stato sostituito senza troppa pubblicità da Stefania
Piazzo. Questa settimana poi, è
stata fortemente ridimensionata
Rosy Mauro, la vicepresidente
del Senato e l’unica interlocutrice
della moglie di Bossi, era andata a commissariare il partito in
Emilia e Liguria proprio per epurare i maroniani. Ne ha fatti fuori
una cinquantina ma alla fine è
saltata lei. Un altro risultato quasi nascosto.
Soltanto il quotidiano Libero
ne aveva parlato ricevendo una
smentita da Roberto Calderoli che ha detto che «la fase di
incarico di legato federale è stata
ritenuta conclusa dal movimento
semplicemente perché sono terminate le condizioni che lo avevano determinato». Ma l’epurazione
non è finita e dovrà continuare
sempre per mano del senatùr.
Maroni adesso vuole la testa del
tesoriere Francesco Belsito,
colpevole di aver investito denari
della Lega in Tanzania e quella
del capogruppo al Senato Federico Bricolo. Ma senza fare troppo
rumore e nel segno della grande
forza di Bossi.
© Riproduzione riservata
LETTERE
Bisogna ormai tirare assegni circolari
Ci sarebbe da piangere, ma ormai lo sputtanamento dei
politici è tale che è più sano riderne. Anche perché, a questi,
non si può tirare monetine: bisogna tirare assegni circolari.
Barbara Colonnelli, Orvieto
Un paese di muffa eterna
Con riferimento alla vicenda ributtante che è stata molto
opportunamente raccontata da ItaliaOggi («L’antifascismo
prevenuto di chi non crede all’uomo», 2 febbraio, a pag. 5) mi
domando quando finirà questa rancorosa, acritica e generalizzata mitizzazione di gruppi e gruppuscoli in cui c’era (come
sempre avviene) di tutto: fede e ferocia, onestà e malaffare,
generosità e interesse. Quando mio padre era in campo di concentramento come aderente alla Repubblica di Salò, c’erano
dei sedicenti partigiani che cercavano di entrare nottetempo
nell’abitazione nel Varesotto dove mia madre si arrabattava
per nutrire, con mille acrobazie, cinque figli e quattro nipoti.
Sennonché, va anche detto che la sera venivano da noi dei
partigiani, dal campo in cui era recluso mio padre, a fare turni
di guardia a nostra difesa con le mie sorelle più grandi. Ma il
mito della resistenza (minuscolo volutamente) tutta buona e
degli altri tutti cattivi è «resistente», come la sopravvivenza
dell’Anpi, esattamente al pari della maggiorazione delle accise
della benzina per la guerra di Abissinia del 1936. Un Paese
di muffa eterna.
Monica Saccomandi, Milano
QUELLI TIPICI SAREBBERO AL CAPONE, ALBERTO SORDI, CESARE (E LUCREZIA) BORGIA, TRIMALCIONE E PULCINELLA
Un giornalista del Figaro gli ha dato dell’italiano atipico
DI
DIEGO GABUTTI
Un giornalista del Figaro gli ha
dato dell’«italiano atipico». Lui si è
schernito un po’, ma senza offendersi troppo, mentre ritirava il premio
d’Europeo dell’anno a Parigi. «Italiano tipico» (per i gazzettieri tipicamente parigini, e forse anche un po’
per lui) è Al Capone. È Maramaldo.
Alberto Sordi. Cesare (e Lucrezia)
Borgia. Trimalcione. Pulcinella. È il
Mostro di Firenze.
***
Se il Caro Leader, d’ora in poi anche Nonno Mario, oltre che bin Loden, giudica l’Italia dalle mail che
appaiono sul sito del governo, molte
delle quali sarebbero state giudicate eccessive persino dalle Guardie
Rosse del Presidente Mao se qualche entusiasta le avesse indirizzate
all’Imperatore socialista della Cina,
allora non c’è dubbio che «l’Italia»,
come dice lui, «ha accettato di fare
sacrifici». Ma se nemmeno i politici,
che pure sostengono a spada tratta il suo esecutivo, sono disposti a
sacrificare l’anima d’un centesimo,
figurarsi cos’è disposta a sacrificare «l’Italia», che ha votato loro ma
non lui.
***
Fitness, Playstation, Spettacoli,
Moto, Assicurazioni contro Incendio
e Furto, Lauree, Internet: sono alcune delle voci che il nuovo redditometro userà per distinguere i ricchi
dai poveri. E aggiungere, non so, la
voce Calzoni Stirati? E la voce Abbonamento a Topolino per Bambino
Già Così Plutocrate e dunque Futuro
Evasore? Oppure la voce Cravatta
Senza Macchie di Sugo?
***
Vedo che c’è già la voce Abbigliamento di Lusso. Ma perché non precisare meglio aggiungendo anche la
voce Loden?
***
«Poi subentra la sensazione di
battere la testa contro un muro,
d’apprendere per esperienza diretta
quella che Herbert Spencer chiamava la tragedia dell’assassinio d’una
Bellissima Teoria da parte d’una
Gang di Fatti Brutali» (Walter Lippmann, L’opinione pubblica, Donzelli
1995).
***
Già tesoriere della Margherita,
oggi senatore del partito democratico, Luigi Lusi ha confessato d’aver
sottratto 13 milioni di euro dalla
cassa del partito. Ma come avrà fatto? Bastava una sola firma, la sua, a
trasferire somme così ingenti? E gli
altri membri della tesoreria? Che ci
stanno a fare? Non sono lì per vigilare (ché fidarsi è bene ma non fidarsi
eccetera)?
***
E se un partito, diciamo il partito
della legalità e delle «tasse bellissime», avesse tentato degli investimenti azzardosi, magari non del
tutto trasparenti, forse anche leggermente illeciti, un po’ come hanno
fatto i Vip romani (taluni di sinistra
moralista estrema) seminando i loro
risparmi, zecchino dopo zecchino, nel
campo dei miracoli della finanza selvaggia e delle «casette piccoline in
Canadà»… ecco, non è che poi questo
partito sarebbe tentato di scaricare
il peso delle operazioni spericolate
sul tesoriere?
***
Ma perché un ex tesoriere dovrebbe sacrificarsi per la causa… anzi,
per la cassa del partito? Ci sarà da
fidarsi? Non è che prima o poi, fattosi
(a proposito di cassa) due conti, sarà
tentato di passare al lato oscuro: la
verità?
***
Casette piccoline in Canadà: ci
mette poco Bingo Bongo (parente
stretto di Bunga Bunga) a incendiarle per dispetto.
***
Avevano promesso un bel corteo
antigiudici, che doveva sfilare per le
strade di Milano recando striscioni
e strillando slogan contro le persecuzioni giudiziarie e a favore della
patonza, ma la Buonanima e i suoi
consiglieri, a cominciare da Denis
Verdini, che tra tutti sembrava il più
deciso a una prova di forza, ci hanno
ripensato e non se ne farà più niente. Peccato. Sarebbe stata una bella
rentrée per il Popolo delle libertà,
di cui s’è quasi persa la memoria.
Poteva essere una grande barzelletta
di popolo.
Ma ormai alla Buonanima non
viene più la voglia di «prendere le
armi contro un mare di affanni e,
contrastandoli, porre loro fine». È invecchiato. Come le Sorelle Carlucci.
Come Fídel Castro. Ed è un po’ come
se la Lega, con rispetto parlando,
non l’avesse più duro.
***
Secondo Barbara Spinelli, che non
dev’essere più una ragazzina, si parla troppo di giovani dimenticando
che, come spiegava Milan Kundera
descrivendo «la lirica totalitaria della giovinezza», già quegli antieuropeisti di «Stalin e Hitler inneggiavano ai giovani e alla panacea del
muscolo, dello sport».
E i vecchi? Ah, poveri vecchi! Nessuno li capisce! Ci stiamo abituando a «segregarli»: «la loro longevità
ci sbigottisce, assume le fattezze di
biblica piaga». Non è vero, naturalmente. È vero il contrario: essere
giovani non è più una festa. Ma che
bella retorica, però. Largo ai vegliardi! Largo al candido crine del Caro
Leader, anzi di Nonno Mario, che
veglia su tutti gl’infanti rispettosi
del regno!
***
«L’affermazione fatta per inciso da
Pierre-Joseph Proudhon, “La fecondità dell’imprevisto supera di gran
lunga la prudenza dell’uomo di stato”, è per fortuna ancora vera. Essa
supera in modo ancora più ovvio i calcoli degli esperti» (Hannah Arendt,
Sulla violenza, Guanda 2008).
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