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Giorgia - pensieri sparsi di una coccinella felice
Devo ammettere che questa rubrica mi provoca sempre più piacere. Ultimamente scopro l'importanza e la bellezza della condivisione e della collaborazione, che ammettiamolo, nel mondo dei blogger diventano aspetti importanti e diffusi. Sono una fedele seguace dell'individualismo, ma come in tutte le sfere della vita, non mi piacciono gli estremismi. L'uomo per sé sarebbe un gran nulla se non avesse con chi condividere e costruire. Oggi sono felice di presentarvi il variegato mondo letterario di una Coccinella, e i suoi pensieri sparsi. Che alla Coccinella piaceva leggere l'avevo capito subito quando per prima volta approdai nel suo blog, e questo fu uno dei motivi per cui iniziai a seguire regolarmente le sue riflessioni e in particolare le sue recensioni. In questo momento Coccinella vive in Portogallo, e i simpatici aneddoti legati alla quotidianità portoghese, sono spesso il tema principale dei suoi tweet e degli stati su facebook. Vi lascio nella sua compagnia, sperando di aver svegliato la vostra curiosità per il mondo felice di Coccinella. Buona lettura! Ti ricordi il nome del primo libro che hai letto? Il primo libro che ricordo di aver preso in mano con la consapevolezza di "leggere un libro" è Zanna Bianca. Prima, anche se forse non può propriamente definirsi "leggere", c'erano i libri di Richard Scarry: scarabocchiati, ammirati, letti e riletti, mangiucchiati, distrutti, amati alla follia. E un libro che conservo ancora, uno di quei libri per bambini con le figure che aiutano a sognare. Si intitola “Il topo di campagna e il topo di città”… l’ho sfogliato talmente tante volte che potrei riprodurne i disegni a memoria. Se sapessi disegnare, ovvio. Hai un'ora da spendere in libreria. Da dove cominci? Da un anno a questa parte, cioè da quando vivo all’estero e non posso regalarmi la mia dose settimanale di libri, ho purtroppo un approccio da “supermercato”: durante l’anno accumulo titoli e suggerimenti, annotati in fila sull’agenda, e quando due volte l’anno torno in Italia comincio a spuntare metodicamente le voci, salvo poi lasciarmi distrarre dalle ultime novità, o da quel libro che sta sfogliando da almeno mezz’ora quel signore là in fondo. C’è sempre, in tutte le librerie (fateci caso, la prossima volta) un signore anziano, con la sciarpa e i pantaloni di velluto a coste, che se ne sta lì, in un angolo, in piedi. In genere la sciarpa è bordeaux e i pantaloni beige. Ha gli occhiali da lettura e un libro in mano. Lo sfoglia, ne legge alcune frasi, torna indietro, salta le pagine. Ecco, ci sarebbe da farne una collana: “i cento libri di cui il signore con la sciarpa non può fare a meno”. Comunque, se potessi fare a meno della lista della spesa, sarei come un cane lasciato libero a passeggiare in un parco. Annuso, mi soffermo un attimo per valutare, riparto, seguendo un’invisibile traccia di strane associazioni di idee, ricordi, intuizioni, immagini, libri lasciati (casualmente?) fuori posto. Di solito, in base a cosa scegli il libro da leggere? A rischio di sembrare banale: dipende. A volte basta il nome dell’autore. Altre volte bastano un paio di righe lette su un giornale, o su un blog. Altre ancora il suggerimento di un’amica o di quei pochi librai che ancora amano parlare di libri. Mi è capitato una volta di entrare in una libreria nella quale uno scaffale era dedicato ai “consigli della libreria”: una serie di libri scelti probabilmente a caso, accompagnati da un post-it con le impressioni scritte dalla commessa che l’aveva scelto. È così che ho scoperto “Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?”. E poi ci sono quelle volte che semplicemente mi piace la copertina, o il titolo, o entrambi, come nel caso di “Teoria e pratica di ogni cosa”. Cosa significa per te leggere? Quante ore al giorno dedichi alla lettura? Leggere è il modo più naturale che conosca di trascorrere il tempo libero, la prima cosa che mi viene in mente se devo pensare a cosa fare quando ho cinque minuti di “pausa”. È forse per questo motivo che il tempo dedicato alla lettura varia molto a seconda del periodo dell’anno: in estate leggo per ore, dimenticandomi di tutto, aspettando il tramonto in spiaggia o prolungando all’infinito i pomeriggi sul divano. In inverno, al contrario, il tempo dedicato alla lettura è ridotto al tragitto in treno tra casa e lavoro. Poco meno di un’ora al giorno, suppergiù. Una lettura perfetta è quando... Quando non ho nient’altro da fare che possa distrarmi o interrompermi. In genere amo leggere nei luoghi affollati, cullata dal mormorio della gente intorno. Nei bar, magari davanti ad una tazza di thè, nelle librerie, su una panchina, in spiaggia, sul treno. Niente musica, perché distrae, niente silenzio, per lo stesso motivo. Se fossi uno scrittore, sarei... Se fossi uno scrittore vorrei essere Pennac, o Baricco. Per il modo in cui giocano con le parole, mettendole in fila nell’unico modo possibile. Ma probabilmente sarei (e forse in un certo senso sono) uno scrittore nel senso letterale del termine: scriverei. Scriverei per il gusto di scrivere. Non importa cosa. Da piccola ricopiavo fino alla nausea l’elenco dei miei compagni di classe. Ecco. Potrei essere un monaco amanuense, per dire. Mi identifico con... Recentemente mi è capitato di leggere la trilogia di Katherine Pancol e di dirmi che io sarei potuta benissimo essere Josephine. Donna apparentemente insignificante, sotto tono, studiosa di storia medievale, senza fronzoli, apparentemente senza grandi passioni. Se potessi scegliere, vivrei… Nella maggior parte dei libri che ho letto, per i motivi più diversi. Ho sempre pensato che mi piacerebbe essere un personaggio secondario di un libro. Non il protagonista, ma, che so?, il fornaio del paese. O un passante. Un figurante qualunque, che ha la sua vita ma che allo stesso tempo ha la fortuna di vedere una storia, e non solo di leggerla. Ad esempio, vorrei vivere a Belleville, magari essere l’edicolante del signor Malaussène, e conoscere finalmente Il Piccolo e Clara. Oppure vorrei trasferirmi in Botswana e fare un colloquio per diventare segretaria di Precious Ramotswe. O aprire un caffè a Vigata e veder entrare, a metà mattina, Montalbano. Buongiorno, il solito. Cose così. Odio quando... Scopro che un libro che mi attrae e vorrei leggere è in realtà un libro di poesie. Perché proprio non riesco a leggere le frasi che vanno a capo senza motivo, o per il solo motivo che sono finite le sillabe. E mi arrabbio per questo mio limite, per questo irrazionale rifiuto. Ma fino ad ora non c'è stato modo di cambiarlo. Non faccio sport, e non leggo poesie. Nessuno è perfetto. In questo momento sul comodino ho... Finalmente, trovati dopo mesi di ricerca, i primi volumi di Tales of the City, di Armistead Maupin. Splendidi Ventenni: intervista a Giorgia Oggi vi presento una coccinella. Non di quelle fastidiose che mi invadono la casa in primavera. E' una sola, di quelle che sorridi quando le incontri, le prendi tra le mani e osservi il suo allegro gironzolare tra le dita, e improvvisamente con quella forma tonda che parrebbe tutt'altro che fatta per spiccare il volo... aprono le alette e leggiadre se ne vanno. Non si sa bene dove. Giorgia mi è sembrata così, una presenza piacevole, leggera ma significativa. Per me è stato un vero piacere incrociarla nel mio cammino grazie a Splendidi Ventenni. Scrivi qualche riga su chi sei, quanti anni hai, cosa fai e dove vivi. Mi chiamo Giorgia, ho 31 anni, sono emiliana e vivo in Portogallo. Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche e ora lavoro come assistente amministrativo in un’Agenzia dell’Unione Europea. Nel tempo lasciato libero dalle passeggiate in riva all’Oceano e dalle coccole a Rucola, amo leggere e scrivere sul mio blog. Quali sono secondo te le principali difficoltà che si riscontrano nel decennio 2030 anni? Premessa necessaria: io sono una persona fortunata. Ho lasciato casa a diciotto anni, per andare a studiare in un’altra città, ed entro i trent’anni sono riuscita a capire cosa voglio dalla vita, e in buona parte ad ottenerlo. O forse: sono riuscita a capire che quello che ho ottenuto è più o meno ciò che voglio dalla vita. E sembra che di questi tempi sia una rarità. Per quel che mi riguarda, la difficoltà maggiore che ho incontrato è stata rispettare la lista di “cose da fare entro i trent’anni”, che infatti ora è diventata la lista di “cose da fare entro i quarant’anni”. Tipo dimagrire, imparare altre due lingue straniere, trovare un corso di taglio e cucito, fare un figlio, cose così. Quando avevo vent’anni mi sembrava di avere un sacco di tempo, e invece. Quali sono invece le peculiarità positive di questo momento della vita? Credo che il vantaggio più grande di avere vent’anni rispetto ad averne trenta o quaranta sia la convinzione mentale di essere liberi di provare, sperimentare, sbagliare, aspettare, procrastinare. Si può sbagliare o cambiare anche a cent’anni, ma in qualche modo farlo a venti è “normale”, accettato e quindi con un più basso rischio di portarsi dietro infiniti sensi di colpa. Le figure che ti influenzavano e/o che ti stimolavano in quello che facevi, nelle decisioni che prendevi, quali erano? Sono cambiate? Come mai? Non credo che le cose siano cambiate di molto, dagli anni dell’università ad oggi. Gli amici veri sono sempre lì, la famiglia pure, anche se modificata, allargata, sparpagliata. E d’altra parte non ho mai avuto un “mito” da seguire, se non l’idea che avevo di me stessa – che per fortuna non è cambiata di molto. Quello che sei ora, corrisponde all'immagine che avevi di te quando eri in pieno "ventennio"? Fortunatamente, credo di sì. Con la differenza che mi sono sposata e ho imparato a cucinare. Ai tuoi figli cosa e come gli augureresti di vivere in questi anni della vita? Spero di arrivare ad augurargli di vivere questi anni della vita “lontano” da me. Sono una persona tendenzialmente ansiosa, e temo di poter diventare una mamma super apprensiva. Spero invece di avere la forza di diventare come i miei, che mi hanno permesso di vivere gli anni dell’università da sola, sempre a un colpo di telefono di distanza ma mai troppo invadenti. (pubblicato sul quotidiano “Libertà il 4 febbraio 2012)