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Il sonno e le sue alterazioni

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Il sonno e le sue alterazioni
www.medicalsystems.it
ISSN 0394 3291
Caleidoscopio
Italiano
Manolo Beelke, Paola Canovaro
Franco Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
167
... il futuro ha il cuore antico
MEDICAL SYSTEMS SpA
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
II
Il sonno e le sue alterazioni
Caleidoscopio
Caleidoscopio
Italiano
Manolo Beelke, Paola Canovaro
Franco Ferrillo
Cattedra di Neurofisiopatologia - Università degli Studi di Genova
Il sonno e le sue alterazioni
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
167
... il futuro ha il cuore antico
MEDICAL SYSTEMS SpA
ISTRUZIONI PER GLI AUTORI
INFORMAZIONI GENERALI. Caleidoscopio pubblica lavori di carattere monografico a scopo didattico su temi di Medicina.
La rivista segue i requisiti consigliati dall’International Committee of Medical Journal Editors. Gli Autori vengono invitati dal Direttore Responsabile. La rivista pubblica anche monografie libere, proposte direttamente dagli Autori, redatte secondo le regole della Collana.
TESTO. La monografia deve essere articolata in paragrafi snelli, di rapida consultazione, completi e chiari. I contenuti riportati devono essere stati sufficientemente confermati. E’ opportuno evitare di riportare proprie opinioni dando
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(compreso telefono, fax ed indirizzo di E-mail) responsabile della corrispondenza.
BIBLIOGRAFIA. Deve essere scritta su fogli a parte secondo ordine alfabetico seguendo le abbreviazioni per le Riviste
dell’Index Medicus e lo stile illustrato negli esempi:
1) Björklund B., Björklund V.: Proliferation marker concept with TPS as a model. A preliminary report. J. Nucl. Med.
Allied. Sci 1990 Oct-Dec, VOL: 34 (4 Suppl), P: 203.
2 Jeffcoate S.L. e Hutchinson J.S.M. (Eds): The Endocrine Hypothalamus. London. Academic Press, 1978.
Le citazioni bibliografiche vanno individuate nel testo, nelle tabelle e nelle legende con numeri arabi tra parentesi.
La Redazione è collegata on-line con le più importanti Banche Dati (Medline, Cancerlit, AIDS etc) e fornisce ogni eventuale assistenza agli Autori.
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Su fogli a parte devono essere riportate le legende per le figure e le tabelle.
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la valutazione espressa dal Direttore Responsabile, la decisione sulla eventuale accettazione del lavoro sarà tempestivamente comunicata all’Autore. Il Direttore responsabile deciderà sul tempo della pubblicazione e conserverà il diritto usuale di modificare lo stile del contributo; più importanti modifiche verranno eventualmente fatte in accordo con
l’Autore. I manoscritti e le fotografie se non pubblicati non si restituiscono.
L’Autore riceverà le bozze di stampa per la correzione e sarà Sua cura restituirle al Direttore Responsabile entro cinque giorni, dopo averne fatto fotocopia. Le spese di stampa, ristampa e distribuzione sono a totale carico della Medical
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presentare la monografia nella propria città o in altra sede nel corso di una serata speciale.
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capo III sez. I L. 22/4/1941 N. 633, alla Rivista Caleidoscopio rinunciando agli stessi diritti d’autore (ed acconsentendone il trasferimento ex art. 132 L. 633/41).
Tutta la corrispondenza deve essere indirizzata al Direttore Responsabile al seguente indirizzo:
R.A.H.P. sas
Via Pietro Nenni, 6
07100 Sassari
Caleidoscopio
Italiano
Editoriale
I
l sonno, e le sue alterazioni, è un tema sconosciuto a molti di noi, pur essendo oggetto di frequenti domande da parte dei nostri malati e l’insonnia un problema medico di rilevanza epidemiologica notevolissima. Questa conoscenza
superficiale del tema risulta evidente già nel prendere visione dell’indice di questa
monografia dove il generico tema dell’”insonnia” trova una articolazione ben più
rappresentativa della realtà che va dai disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia
(fase di sonno ritardata, anticipata, jet lag, sindrome del turnista) alle dissonnie
(insonnie primarie e secondarie, ipersonnie) alle parasonnie ed alle relazioni che esistono tra il sonno, i suoi disturbi, e le malattie neurologiche, psichiatriche ed internistiche.
Questa monografia può rappresentare un utile momento di aggiornamento su un
tema estremamente stimolante sia dal punto di vista medico scientifico che, in generale, culturale anche perché lo stile pragmatico e sintetico che la caratterizza, rende
la lettura piacevole e stimolante.
Gli Autori, come tradizione, costituiscono una delle Scuole principali a livello
non solo nazionale ma anche internazionale, sul tema del sonno e delle sue alterazioni.
Il dottor Manolo Ernesto Beelke dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, ha
seguito un periodo di formazione teorico-pratica al Centro di Medicina del Sonno
dell’Università degli Studi di Genova. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in
Medicina del Sonno presso la Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di
Bologna. Autore di numerose pubblicazioni è membro della European Sleep
Research So-ciety (ESRS), dell'Associazione Italiana di Medicina del Sonno
(AIMS), della Società italiana di Neurologia (SIN) e della Società italiana di
Neurofisiologia Clinica (SINC).
La dottoressa Paola Canovaro, dopo aver conseguito il diploma di laurea in
Medicina in Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano e quello di specializzazione in Neurofisiopatologia presso l’Università degli Studi di Genova ha lavorato in veste di consulente presso il Reparto di Neurologia dell’Ospedale San
Raffaele di Milano quindi come Professore a contratto presso la Scuola Regionale
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
per operatori sociali di Milano, quale docente di Neurologia.. La dott.ssa Canovaro
ha maturato una notevole esperienza presso l’ambulatorio di Medicina del Sonno,
nell’esecuzione e refertazione Polisonnografie e MSLT. La dottoressa Canovaro è,
inoltre, autrice di diversi articoli.
Il Prof. Franco Ferrillo, caposcuola di questo gruppo, dopo la laurea in Medicina
e Chirurgia ha conseguito la specializzazione in Criminologia Clinica presso l'Università degli Studi di Genova, quindi quella in Neurologia presso l'Università degli
Studi di Parma ed in Neurofisiopatologia presso l'Università degli Studi di Genova.
Ha ricoperto l'incarico di contrattista universitario presso l'Istituto di Neurochirurgia
dell’Università di Genova e Ricercatore confermato presso l’Istituto di Clinica Neurochirurgica dell’Università di Genova per assumere il ruolo di Professore Associato
di Neurofisiopatologia presso il Dipartimento di Scienze Motorie.
Attualmente è Responsabile del Centro di Fisiopatologia del Sonno presso il
Dipartimento di Scienze Motorie. Socio fondatore dell’Associazione Italiana Medicina del Sonno, si è interessato dell’analisi computerizzata del segnale EEG in diverse condizioni funzionali fisiologiche, patologiche e farmacologiche e dello sviluppo
di sistemi di analisi e comparazione, dello studio della struttura e della microstruttura dell'EEG del sonno umano con tecniche di analisi computerizzata, sviluppo di modelli matematici della struttura ipnica in condizioni fisiologiche, utilizzabili per studiare le modificazioni indotte da situazioni patologiche.
Ha studiato inoltre i rapporti tra sonno ed epilessia con particolare riguardo all’interazione fra elettrogenesi delle componenti del segnale EEG di sonno e le Attività
Intercritiche. Il Prof. Ferrillo è membro della European Sleep Research Society e partecipa regolarmente all’attività scientifica e congressuale del settore d’interesse con
contributi, relazioni e coordinando sessioni. E’, infine, autore di oltre 150 pubblicazioni nel settore in gran parte su riviste indicizzate, monografie e capitoli di trattati.
Sergio Rassu
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
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Il sonno normale
Il sonno è una funzione biologica elementare e un terzo della nostra vita
viene speso in sonno. Come l’alimentazione e la riproduzione è una funzione necessaria ed indispensabile per tutti gli esseri viventi ed è indubbio che
durante il sonno avvengano eventi importanti dal punto di vista biologico
quale il ristoro delle forze, delle energie fisiche e mentali. Numerose teorie
(tabella 1) identificano la funzione del sonno nel recupero fisico, nella facilitazione delle funzioni motorie, nel consolidamento dell’apprendimento
della memoria. E’ ormai noto che le infezioni sistemiche attivano numerose
citochine, molte delle quali hanno un effetto sul sonno [1, 2, 3]. La natura e
la funzione di questa relazione sonno/infezione/immunità non sono tuttavia ancora state chiarite. E’ stato inoltre dimostrato che i neuroni termosensibili dell'ipotalamo preottico/anteriore influenzano il sonno e la veglia,
mentre la deprivazione totale di sonno negli animali da esperimento porta a
gravi anomalie della termoregolazione [4, 5].
- Ristoro
- Conservazione dell’energia
- Ecologica
- Immunologica
- Termoregolatoria
- Protezione nei confronti dell’upregulation
- Integrità neuronale (delle sinapsi e delle reti)
Tabella 1. Possibili funzioni del sonno.
Gli animali da esperimento deprivati di sonno muoiono in poche settimane in seguito al sopraggiungere di un’incapacità di mantenere la regolazione
della temperatura corporea, dopo una perdita importante di peso, non compensata dall’aumentato apporto di cibo [6]. La privazione di sonno negli
umani provoca sonnolenza, senso di fatica, irritabilità progressivamente più
intensa, e grosse difficoltà nel mantenimento della concentrazione e nell’abilità manuale. Sono presenti inoltre disturbi percettivi, difficoltà d’orientamento, illusioni ed allucinazioni, soprattutto visive e tattili. Il recupero del
sonno avviene in tempi brevi, senza un rapporto temporale diretto con il
tempo di deprivazione totale del sonno [7]. Bisogna tuttavia ammettere che il
significato profondo della funzione sonno è tuttora largamente sconosciuto.
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Gli inizi della scienza del sonno
Già dai tempi remoti dell’umanità i misteri del sonno hanno affascinato
poeti, artisti, filosofi e mitologi di tutte le civiltà. Spesso il sonno veniva
interpretato come uno stato dell’essere più vicino alla morte che alla veglia.
Sonno e veglia, i due processi base della vita, sono come due mondi differenti, dotati di controlli e funzioni indipendenti. Il sonno è stato però sempre
solo inteso, fino alla metà del XX secolo, come uno stato passivo di assenza
della veglia; ancora nel 1830 Macnish [8] definiva il sonno come una sospensione delle facoltà sensoriali, nel quale le funzioni volontarie sono sospese,
mentre quelle involontarie, come la circolazione del sangue e la respirazione, rimangono immutate. Solo alla fine degli anni ’60 si comprese finalmente, che esistono due sistemi neurali ampiamente diffusi nell’encefalo, l’uno
che favorisce la veglia e l’altro che promuove il sonno: quest’ultimo sistema
può esplicare la propria attività solo quando lo stato di attivazione del primo
è fortemente diminuita [9, 10].
Il fenomeno del sonno non fu oggetto di osservazioni sistematiche per
tutto il XIX secolo, tuttavia importanti scoperte furono fatte già dal fisiologo
Kohlschütter, che aveva scoperto che il sonno era più profondo nelle ore iniziali e che tale profondità aveva delle oscillazioni cicliche con decadimento
esponenziale della massima profondità nel corso del tempo[11] (Figura 1).
tempo (ore)
Figura 1. Soglia di risveglio, misurata attraverso la caduta di pesi di
massa crescente e da altezze varie (unità di misura migliaia di centimetrigrammo).
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Il sonno e le sue alterazioni
Solo la scoperta dell’elettroencefalografia (EEG), nel 1875 [12], e quella
delle onde alfa da parte di Berger [13] permisero di confermare questi dati e
di costituire le basi per la ricerca moderna. Rapidamente si scoprirono che
differenti fasi del sonno provocavano modificazioni dell’EEG [14]. Tuttavia
solo nel 1953 [15], si comprese che il sonno consisteva in realtà di due stati
completamente diversi: il sonno senza movimenti rapidi oculari (NREM) ed
il sonno con movimenti rapidi oculari (REM, Rapid Eye Movements). Questa
scoperta ha rappresentato la svolta decisiva nello studio dei meccanismi
neurofisiologici di base del sonno e dei loro correlati clinici.
Meccanismi del sonno e sistemi di regolazione
Il sonno può essere definito come uno stato comportamentale. Esso infatti rispecchia mutamenti complessi degli equilibri intracorporei (i processi di
autoregolazione del sistema nervoso centrale) ed extracorporei (cambiamenti dei rapporti fra ambiente esterno ed interno al corpo e cervello) (Figura 2).
ambiente esterno
ambiente
interno
Figura 2. Rappresentazione schematica dell’equilibrio delicato tra sonno
e veglia. In entrambi i due stati, il cervello riceve continuamente segnali dal l’ambiente interno (corpo) ed esterno (ambiente), ai quali il cervello reagisce
rinforzando il sonno (protezione del sonno) o svegliandosi (protezione del l’individuo).
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Il sonno e le sue alterazioni
Il sonno inoltre non è uno stato funzionale stabile ed omogeneo al suo
interno, esso rappresenta momenti, variabili nel tempo, di equilibrio dinamico fra l’attività di diversi sistemi neurali connessi tra loro, in grado di
modificarsi a vicenda e di interagire con l’ambiente extraneurale. Variazioni
di questo equilibrio si riflettono in variazioni di parametri esplorabili e misurabili con metodi elettrofisiologici.
Gli Stadi del sonno
Le tecniche neurofisiologiche hanno permesso di identificare i sistemi
neurali che sottendono alle differenti condizioni funzionali che costituiscono
il continuum sonno-veglia e quelli attivi nella regolazione; l’applicazione
longitudinale di alcune di loro, ed in particolare dell’elettroencefalogramma
(EEG), ha consentito l’acquisizione di un quadro sufficientemente preciso
della loro attività nel corso del sonno. Sono stati definiti [16] cinque distinti
stadi del sonno, riconducibili a due meccanismi fisiologici di base che si
alternano. Lo stato di veglia rilassata a occhi chiusi si accompagna, all'EEG,
a onde di forma sinusoidale con frequenza da 8 a 12 Hz (ritmo alfa) mista a
un'attività rapida a basso voltaggio e di frequenza mista. Quando viene
avvertito un senso di sonnolenza e si instaura il primo stadio del sonno, gli
occhi possono muoversi lentamente da un lato all'altro (movimenti oculari
lenti all’elettro-oculogramma), i muscoli si rilassano e l'EEG assume un voltaggio progressivamente più basso, con frequenze miste e perdita dell'attività alfa (fase 1). Quando il sonno passa nella cosiddetta fase 2, appaiono
salve di onde la cui frequenza è compresa tra 12 e 16 Hz (fusi del sonno o
spindles) della durata di 0.5-2 secondi, associate a scariche EEGrafiche costituite da onde lente e ripide trifasiche (denominati complessi K). Le fasi 3 e 4,
caratteristiche del sonno profondo (sonno a onde lente), sono caratterizzate a
livello EEG da una proporzione crescente di onde delta (0.5-4 Hz) di grande
ampiezza (>75 _V). Dopo un periodo di sonno profondo si assiste ad un progressivo alleggerimento del sonno, che ritorna alla fase 2. Lo stadio successivo di sonno è associato ad una riduzione quasi completa del tono muscolare, eccetto che nella muscolatura oculare estrinseca in cui si osservano
salve di movimenti rapidi (Rapid Eye Movement, REM) visibili attraverso le
palpebre chiuse. Contemporaneamente l'EEG si desincronizza, vale a dire si
osserva attività di basso voltaggio e ad alta frequenza in cui sono presenti
rare salve di ritmo alfa rallentato. Le prime quattro fasi del sonno sono definite sonno senza movimenti oculari rapidi (NREM) oppure sonno sincronizzato;
l’ultima fase è variamente definita come sonno con movimenti oculari rapidi
(REM) o sonno desincronizzato (Figura 3).
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Figura 3. Pagine esemplificative della durata di 30 secondi per i 4 stadi
di sonno NREM, il sonno REM e la veglia. EOG, elettrooculogramma; C4O2 e C3-O2, derivazioni bipolari di segnale EEG delle regioni centrali
rispetto a quelle occipitali rispettivamente per destra e sinistra; EMG, elet tromiogramma del muscolo miloioideo (tono muscolare).
La struttura del sonno
Nella prima parte di una tipica notte di sonno in soggetti giovani e sani
le fasi 1, 2, 3 e 4 del sonno NREM si succedono ordinatamente (Figura 4).
Dopo circa 70-100 minuti, la gran parte dei quali è costituita da sonno in fase
3 e 4, si verifica il primo episodio di sonno REM, in genere annunciato da un
cambiamento della posizione del corpo e da un passaggio nella registrazione EEG dalla fase 4 alla fase 2. Questo ciclo NREM-REM si ripete, circa quattro-sei volte per notte (Figura 4), in rapporto alla durata complessiva del
sonno. I cicli successivi presentano una progressiva riduzione della componente in fase 4 (che nei cicli tardivi è addirittura assente). Nell'ultima parte
di un normale sonno notturno, il ciclo consiste essenzialmente nell'alternarsi di due fasi, il sonno REM e la fase 2 (con fusi e complessi K). La profondità del sonno notturno decade quindi in modo esponenziale e nelle prime
4 ore di sonno si consuma l’80% del fabbisogno di sonno (Figura 4).
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Veglia
1
2
3
4
0
1
2
3
4
5
Ore di sonno
6
7
8
Figura 4. Il susseguirsi dei diversi stadi del sonno nell’arco della notte.
Questa rappresentazione grafica viene chiamata: ipnogramma.
Il modello a due fattori e la macrostruttura del sonno
Secondo Achermann e Borbely [17] l’alternarsi periodico degli stati di
veglia e di sonno dipendono principalmente da due processi: il processo C
ed il processo S (Figura 5). Il ritmo circadiano di propensione al sonno (processo C) presenta una curva caratteristica che vede la crescita continua della
propensione al sonno dalle ore 22.00 o alle ore 3.00 del mattino, una propensione crescente verso la veglia attiva nel corso della mattinata, un picco
secondario di propensione al sonno nelle ore pomeridiane ed una zona di
scarsissima propensione al sonno (zona proibita) tra le ore 17.00 e 21.00
(Figura 6). La curva di propensione al sonno appare in stretta relazione con
l’andamento della temperatura interna, essendo la massima propensione al
sonno coincidente con i valori minimi di temperatura. Il ritmo circadiano di
propensione al sonno si armonizza normalmente con un secondo importante fattore di regolazione, quello omeostatico (processo S). L’entità del bisogno di dormire è correlata alla durata della veglia precedente. Viene ipotizzata l’esistenza di un fattore omeostatico (processo S) esponenzialmente crescente ed in grado di accumularsi nell’organismo durante la veglia, capace
di indurre un bisogno di sonno crescente. Nel corso del sonno avverrebbe lo
scarico progressivo ed esponenziale del processo S. L’intensità del sonno
sarebbe funzione della quantità di processo S accumulato nel corso della
veglia. Questa intensità avrebbe un correlato elettroencefalografico evidente
nel numero e nell’ampiezza delle onde lente, sincronizzate e registrabili
durante il sonno NREM (Figura 7) [17, 18, 19].
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veglia
veglia
7:00
sonno
sonno
23:00
7:00
Figura 5. Modello del rapporto tra processo S (omeostatico) e del proces so C (circadiano) nella modulazione del ciclo sonno-veglia. Durante la
veglia si accumula il “desiderio” di sonno, che viene “consumato” durante
il sonno stesso in un andamento oscillatorio che è rappresentato dal ritmo
ultradiano.
vigilanza
7.00
sonnolenza
9.00
11.00 13.00 15.00 17.00 19.00 21.00 23.00 1.00
3.00
5.00
7.00
ore della giornata
Figura 6. Curva della sonnolenza nelle 24 ore (linea continua) ed oscilla zioni del ritmo ultradiano di giorno e di notte. La curva della sonnolenza è
il risultato finale dell’azione di tutti e tre fattori modulanti: processo omeo statico, ritmo circadiano e ritmo ultradiano.
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Figura 7. Il profilo della banda delta nell’arco del sonno notturno rispet to alla profondità del sonno espressa in termini di stadi. La potenza della
banda delta oscilla con una ciclicità di circa 90-120 minuti (linea continua
fine rappresenta i valori originali, la linea continua spessa il suo andamen to idealizzato). I picchi di potenza della banda delta decadono però in modo
esponenziale, riducendosi del 70% dopo circa 5 ore di sonno (linea tratte giata fine).
Il ritmo ultradiano del sonno
Il ritmo ultradiano del sonno può essere registrato come attività elettroencefalografica del cervello e si presenta come un ciclico oscillare della
potenza dell’attività delta, segno del grado di sincronizzazione delle cellule
corticali [19]. In questo scenario, un’altra sostanza acquisisce un ruolo di
regolazione: l’adenosina. L’Adenosina, un nucleoside endogeno, riccamente
distribuito nel cervello tende ad accumularsi nello spazio extracellulare a
livello dell’ipotalamo durante la deprivazione di sonno, inibendo progressivamente l’attività dei neuroni colinergici. Nel momento in cui alla sonnolenza segue il sonno NREM (la cosidetta fase “consumatoria” del sonno), la
concentrazione di Adenosina si riduce rapidamente (“viene consumata”) in
proporzione alla quantità di onde lente prodotte dal sonno NREM [20]. Il
decrescere dell’attività sincronizzata nel corso del sonno avviene in maniera
progressiva ma non continua. Periodi progressivamente più lunghi di sonno
desincronizzato (sonno REM) modulano questo processo. Recentemente è
stato individuato un neuropeptide l’ipocretina o orexina, prodotto da una
ristretta popolazione di cellule ipotalamiche soggette a influenze circadiane
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Caleidoscopio
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ed ultradiane; esso regolerebbe l’equilibrio fra sistemi colinergici e adrenergici, governando così la propensione al sonno e l’alternanza di sonno NREM
e REM; una sua carenza sarebbe responsabile delle turbe del ritmo sonno
veglia e dell’equilibrio fra REM e NREM riscontrabile nella narcolessia [21,
22]. L’insorgenza periodica di sonno REM, secondo lo schema proposto da
McCarly e Hobson [23, 24, 25] sarebbe dovuta all’interazione fra i sistemi
REM-on e REM-off, legati fra loro da un rapporto reciproco di inibizione ed
eccitazione ed autoeccitazione ed autoinibizione in bilanciamento continuo
(Figura 8). La regolazione del ciclo sonno–veglia e la modulazione interna
del sonno tra REM e NREM sarebbero quindi interpretabili come la risultante dell’interazione tra tre ritmi: circadiano, omeostatico ed ultradiano. Il
ritmo circadiano determina le zone temporali di facile inizio e fine di sonno,
quello omeostatico l’intensità del sonno stesso e il ritmo ultradiano infine è in
grado di regolare l’alternarsi di cicli di sonno NREM-REM. L’interazione di
tutti e tre i fattori ha come conseguenza il fatto che le oscillazioni tra sonno
NREM e REM si presentano con un decremento progressivo nel corso della
notte dell’intensità dei fattori che inducono il sonno NREM rispetto alla crescita inversa di quelli che promuovono il sonno REM, comportando il progressivo aumento della durata di quest’ultimo. L’azione di questi meccanismi
di base si riflette nella struttura elettroencefalografica del sonno (Figura 7).
REM-Off
REM-On
Nucleo peduncolopontino
nucleo tegmantale laterodorsale
Rafe dorsale
serotonina
Formazione reticolare del tronco
Locus ceruleus
(noradrenalina)
Regione preottica
ventrolaterale dell’ipotalamo
Orexina
FLIP-FLOP
NREM
sonno
REM
veglia
Figura 8. Rappresentazione schematica del rapporto tra i centri che indu cono la comparsa di sonno REM (REM-on) e quelli che bloccandoli favori scono la comparsa di sonno NREM (REM-off). Questo sistema viene ulte riormente rogolato dal neuropeptide orexina creando un sistema oscillante
tra sonno REM e NREM ed un altro a scatto, senza passaggi intermedi tra
sonno e veglia (sistema FLIP-FLOP).
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Neurofisiologia del sonno
Non vi è una singola specifica area del sistema nervoso che controlla tutte
le manifestazioni dei tre stati, di veglia, sonno REM e sonno NREM. E’ inoltre errato pensare che certe parti del sistema nervoso siano attive in uno stato
e quiescenti negli altri due. Infatti, quasi tutte le parti del sistema nervoso
sono attive in tutti e tre gli stati, ma lo sono in modo diverso. Questo è possibile perché oltre alle varie connessioni fra le diverse strutture secondo rapporti di sinergismo o d’inibizione, esistono nella stessa struttura anatomica
gruppi neuronali attivi in veglia e altri nel sonno. Varie sostanze, inoltre,che
promuovono il sonno, agiscono su diverse reti neurali e possono essere
responsabili della generazione del sonno in diverse condizioni: la deprivazione di sonno, le infezioni sistemiche, ecc. In generale, i generatori della
veglia sono diffusamente localizzati nel tronco, soprattutto a livello del sistema reticolare attivatorio, quelli del sonno NREM nel bulbo e nel proencefalo basale e quelli del sonno REM nel ponte e nel proencefalo basale. La determinazione dello stato è il risultato delle intrerazioni tra molteplici reti neurali, neurotrasmettitori ed una varietà di diversi fattori che inducono il
sonno o la veglia.
Regolazione del ciclo sonno-veglia
Il ritmico alternarsi tra sonno e veglia viene regolato dall’azione del
nucleo sovrachiasmatico che riceve stimolazioni, in rapporto al ciclo lucebuio, attraverso la via retino-ipotalamica. La regolazione del ritmo circadiano del ciclo sonno-veglia richiede, inoltre, una sinergica azione da parte
della melatonina, che viene prodotta dalla ghiandola pineale con un picco
durante le prime ore di sonno. La sua sintesi è stimolata dalla produzione
della serotonina durante il giorno e modula all’interno del nucleo sovrachiasmatico l’attività di alcuni gruppi neuronali. Il ritmo è sincronizzato
sulle 24 ore in alternanza luce-buio, su 25 ore invece in condizione di assenza di stimoli luminosi esterni.
Regolazione della veglia
La veglia è controllata da un insieme complesso e ridondante di sistemi
in cui nessuno svolge un ruolo indipendente. La formazione reticolare, localizzata a livello del tronco enecefalico, costituisce un insieme a proiezione
diffusa che gioca un ruolo preponderante nell’attivazione corticale che caratterizza lo stato di veglia. Le proiezioni principalmente implicate nell’attivazione corticale sono costitute dalle connessioni con i nuclei non specifici del
talamo, con l’ipotalamo postero-laterale e da una terza via pontobasale-corticale (Figura 9). Dal punto di vista neurochimico il neuromediatore essenziale del sistema veglia è costituito dall’acetilcolina.
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
L’ipotalamo posteriore ventrolaterale interviene nella regolazione dello
stato di veglia attraverso un sistema istaminergico, invia proiezioni all’ipotalamo anteriore, alla corteccia cerebrale ed ai nuclei del rafe. L’ipotalamo
anteriore è attivo nell’addormentamento, mentre l’ipotalamo posteriore ventro-laterale, implicato nella veglia, è inibito.
Abbrevazioni:
VLPO, regione ipotalamica preottica
ventrolaterale;
TMN, nucleo tuberomammillare;
LC, locus coeruleus;
LDT, nuclei tegmentali laterodorsali;
PPT, nuclei tegmentali peduncolo
pontini;
PB, proencefalo basale;
CRT, corteccia.
Figura 9. Nella figura in alto sono rappresentati le proiezioni corticali
dei principali centri coinvolti nella regolazione dell’alternarsi tra sonno
NREM e REM e tra sonno e veglia. La figura centrale evidenzia le proiezio ni dalla regione ipotalamica preottica ventrolaterale (VLPO) che esercita
una funzione modulante sul sistema attivante asendente e sui centri REMon. La figura in basso schematizza i rapporti tra i neuroni che rilasciano
orexina nell’ipotalamo laterale, esercitando effetti modulatori sui centri
REM-on, REM-off e risveglianti.
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Regolazione del sonno NREM
Il sistema del Rafe dorsale, serotoninergico, gioca un ruolo complesso
nella regolazione dello stato di veglia e di sonno. Infatti i neuroni serotoninergici sono attivi durante la veglia ma, paradossalmente, la loro inattivazione determina insonnia. Si ritiene che la serotonina prepari il sonno, favorendo l’addormentamento attraverso la sintesi di sostanze ipnogene che a
loro volta inibirebbero, con un meccanismo a feedback, la produzione di
serotonina. L’intensità della luce è fondamentale nel modulare la sintesi di
serotonina. Durante il sonno ad onde lente l’attività neuronale serotoninergica si riduce ed è totalmente inibita in sonno REM.
Con l’addormentamento il rafe dorsale insieme al locus coeruleus (noradrenergico) diventano i principali centri coinvolti nel’avvio e nella modulazione del sonno NREM. Su queste strutture agiscono inoltre altri neuroni di
controllo ad azione GABAergica originanti dalla parte reticolare della sostanza nigra, dall’area grigia periaqueductale, dal nucleo dorsale paragingantocellulari, dal nucleo di Meynert. Queste afferenze inibirebbero i neuroni colinergici, principalmente quelli dell’ipotalamo posteriore. L’attivazione dei neuroni GABAergici faciliterebbe inoltre la comparsa dei fusi del sonno (spindles) e
l’attività lenta corticale. L’attività spindling è generata a livello dei nuclei reticolari talamici e risulta modulata dall’interazione fra i neuroni GABAergici del
nucleo di Meynert ed i neuroni talamo-corticali. L’attività delta è conseguente
all’iperpolarizzazione dei neuroni talamo-corticali ed all’inibizione delle
influenze colinergiche provenienti dal tronco cerebrale [26].
Regolazione del sonno REM
I principali meccanismi di regolazione del sonno REM sono relativamente ben conosciuti [23, 24]. Due strutture principali intervengono nella regolazione: neuroni REM-on, colinergici e colinocettivi, attivi durante la fase
REM e neuroni REM-off monoaminergici, la cui attività si riduce durante il
sonno REM. I neuroni REM-on sono situati nel nucleo magnicellulare, nel
tegmento peduncolare pontino, nel tegmento latero-dorsale pontino e nel
Locus Coeruleus. Il Locus Coeruleus, innerva la corteccia cerebrale attraverso proiezioni noradrenergiche ubiquitarie. E’ implicato nei sistemi di attivazione corticale e riceve afferenze dall’ipotalamo posteriore e dai sistemi
adrenergici bulbari. Le cellule REM-off, monoaminergiche, sono disposte
più diffusamente a livello del tronco encefalico e sono rappresentate principalmente dai neuroni noradrenergici del Locus Coeruleus e dai neuroni
serotoninergici del rafe (Figura 9).
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
La microstruttura del sonno
All’equilibrio dinamico fra processi sincronizzanti e desincronizzanti
partecipa in maniera evidente anche la microstruttura del sonno. All’interno
del sonno NREM è possibile identificare una condizione di sonno instabile
ed una condizione di sonno stabile. Al sonno instabile, che può essere presente in tutti gli stadi, si riconosce per la comparsa di ripetuti micro-risvegli
che corrispondono ad alleggerimenti transitori (10-15 secondi) del sonno.
Quando compaiono nel sonno NREM, i micro-risvegli tendono a raccogliersi in cluster ripetitivi ricorrendo con un periodismo di 20-40 secondi. La loro
comparsa sull’EEG costituisce un tracciato alternante ciclico o CAP (cyclic
alternating pattern) secondo un pattern bifasico composto da micro-risvegli
(fase A) interrotto periodicamente dal ripristino delle attività di fondo (fase
B). L’indice di CAP può essere considerata una misura della qualità del
sonno [27]
Il sonno nelle diverse età
L'osservazione del ciclo sonno-veglia nella specie umana evidenzia che
esso è legato all'età del soggetto (Figura 10). Le modificazioni correlate
all’età riguardano sia le caratteristiche del ciclo sonno/veglia, sia la distribuzione degli stadi del sonno. I neonati dormono dalle 16 alle 20 ore al giorno con un sonno distribuito irregolarmente nell’arco delle 24 ore e scandito
principalmente dalle esigenze di nutrimento. In seguito, dal sesto mese di
vita, si assiste a un graduale consolidamento del sonno in un lungo periodo
notturno, con brevi sonnellini al mattino ed al pomeriggio. All’età di 4 anni
vi è un singolo periodo di sonno notturno e un singolo sonnellino pomeridiano, per raggiungere un singolo periodo di sonno notturno (dalle 10 alle
12 ore) senza altri sonnellini all’età di 6 anni. Il periodo totale di sonno scende a 9-10 ore a 10 anni e a circa 7-7.5 ore durante l'adolescenza. Nell'età avanzata si osserva un'ulteriore riduzione a circa 6 ore e mezza.
Il fabbisogno del sonno negli adulti sani in realtà varia tra 4 e 10 ore e
sembra essere geneticamente determinato. Nello stesso modo gli orari del
principale periodo di sonno presentano una certa variazione geneticamente
determinata: alcuni individui vanno presto a dormire e si svegliano presto
(“allodole”) mentre altri vanno tardi a dormire e si svegliano tardi (“gufi”).
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Figura 10. Evoluzione del ritmo sonno-veglia dalla nascità (sonno poli fasico) verso l’età adulta (sonno monofasico).
Il neonato a termine passa circa il 50% del sonno in fase REM. Il ciclo del
sonno di un neonato dura circa 60 minuti, con l'età la durata del ciclo si
allunga fino a 90-100 minuti. Nel giovane adulto il periodo REM comprende
il 20-25% del periodo totale di sonno, mentre la fase 1 occupa dal 3 al 5%, la
fase 2 dal 50 al 60% e le fasi 3 e 4, complessivamente, il 10-20%. La quota di
sonno in fase 3 e 4 diminuisce con l'età. I soggetti d’età superiore a 70 anni
virtualmente non presentano sonno in fase 4 e il sonno lento si riduce ad una
percentuale minima di sonno in fase 3 [28]. Il ciclo di 90-100 minuti, conosciuto come ciclo di base attività-riposo [29], è un fenomeno abbastanza stabile in ogni persona e si suppone che continui ad essere presente anche
durante la veglia, seppur in modo meno percettibile, in relazione con i cicli
della motilità gastrica, della fame, del grado di attenzione e della capacità di
svolgere attività intellettuale.
Modificazioni fisiologiche nel sonno REM e
NREM
Sonno REM e NREM sono stati dinamici non solo nel loro alternarsi reciproco e per il possibile ritorno verso la veglia da entrambi gli stati del sonno,
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
ma anche per un numero elevato di cambiamenti fisiologici a livello del
sistema nervoso periferico ed ormonale. Vari fattori esterni ed interni possono influenzare l’equilibrio tra stati del sonno e la veglia (tabella 2).
- Ritmi omeostatici e circadiani
- Sonnotipi ( mattutino/serotino)
- Età
- Farmaci
- Malattie del SNC
- fattori disturbanti il mantenimento del sonno (ambiente interno/esterno)
Tabella 2. Fattori influenzanti veglia e sonno.
La soglia di risveglio cresce progressivamente dal sonno 1 al 4 del sonno
NREM per scendere nel sonno REM e progressivamente abbassarsi nel corso
della notte, di ciclo in ciclo in parallelo con la potenza delle onde delta. E’
noto da molto tempo che la temperatura corporea scende durante il sonno.
Durante il sonno, il calo della temperatura si registra prevalentemente nel
periodo di sonno NREM e lo stesso avviene per la frequenza cardiaca ed il
respiro, che in questo periodo divengono più lenti e regolari [30]. Il flusso
ematico cerebrale, il consumo d’ossigeno, il metabolismo del glucosio è notevolmente ridotto in tutto il cervello durante il sonno NREM; durante il
sonno REM, invece, il metabolismo è uguale a quello che si registra nello
stato di veglia [31, 32]. Nella fase REM tendono ad essere attivate le funzioni nervose vegetative. Il respiro è più irregolare; la pressione e la frequenza
cardiaca tendono a fluttuare e aumentano il flusso ematico cerebrale ed il
metabolismo basale. Circa ogni 90 minuti, solitamente nella fase REM, si
verifica un’erezione del pene o del clitoride. Il ciclo sonno-veglia è correlato
ad un certo numero di variazioni ormonali. La secrezione di cortisolo e in
particolare il rilascio d’ormone tireo-stimolante diminuiscono all’inizio del
sonno. Alte concentrazioni di cortisolo sono caratteristiche della fase di
risveglio. La melatonina, elaborata dall’epifisi, è prodotta di notte e cessa di
essere secreta quando la retina viene stimolata dalla luce. Durante le prime
due ore di sonno vi è aumento dell’increzione d’ormone della crescita, principalmente in relazione alle fasi 3 e 4 [33, 34, 35].
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Strumenti di indagine del sonno
Registrazione poligrafica del sonno (polisonnografia)
La polisonnografia (PSG) è la tecnica di riferimento per lo studio del
sonno e per la formulazione della diagnosi nei pazienti affetti da disturbi del
sonno [36]. Essa consente la registrazione dell’attività elettrica cerebrale
durante il sonno mediante elettrodi posti sulla volta cranica (elettroencefalografia, EEG) assieme a diversi altri parametri, necessari per la valutazione
dei fenomeni fisiologici e patologici che possono occorrere durante il sonno.
Il numero dei canali registranti per l’EEG sarà diminuito quando serviranno
esclusivamente per la valutazione della qualità e della struttura del sonno,
sarà invece aumentato quando, oltre a ciò, risulterà necessario effettuare la
valutazione della presenza di attività elettroencefalografica patologica
durante il sonno (per es. in caso di epilessia, nella diagnosi differenziale tra
sonnambulismo e epilessia frontale notturna). Uno dei fini della registrazione polisonnografica è la valutazione della struttura e qualità del sonno tramite un ipnogramma, rappresentazione grafica che individua i vari stadi del
sonno. A tale scopo si registrano durante il sonno accanto all’EEG anche i
movimenti oculari, mediante la registrazione di variazioni del potenziale
corneoretinico (elettro-oculografia, EOG), e le variazioni del tono muscolare
in muscoli antigravitari (attività elettromiografica dei muscoli mentoniero e
sottomentoniero, EMG).
Per la valutazione dei movimenti patologici prima dell’addormentamento o in corso di sonno (per es. Sindrome di gambe senza riposo, Mioclono
notturno, Mioclono propriospinale) sarà indispensabile monitorare almeno
l’attività motoria degli arti coinvolti (spesso quelli inferiori).
In caso di pazienti con disturbi respiratori durante il sonno (per es.
Sindrome delle apnee morfeiche, OSAS) risulta indispensabile registrare una
serie di parametri aggiuntivi: il flusso oro-nasale (termocoppie o cannula
oro-nasale), l’attività della muscolatura respiratoria attraverso valutazione
della circonferenza a livello toracico ed addominale (pletismografia ad
induttanza, magnetometri o estensimetri), le variazioni della frequenza cardiaca (elettrocardiogramma, ECG) ed i livelli di saturazione ematica di ossigeno (Pulsossimetria).
Inoltre, in pazienti con epilessia, sonnambulismo od altre patologie risulta importante la valutazione del tipo e del carattere dei movimenti corporei
in relazione ai correlati polisonnografici (registrazione Video-EEgrafica sincronizzata).
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Ogni registrazione polisonnografica viene assistita da un tecnico, per
garantire il mantenimento della qualità della registrazione durante l’arco
dell’intera notte (generalmente 8 ore) ed annotare la comparsa di eventuali
episodi motori complessi in sonno che potrebbero rappresentare un segno
specifico per alcune patologie (per es. Disturbo comportamentale in corso di
sonno REM o Epilessia frontale notturna).
Test di latenza multipla del sonno (MSLT)
Il test di latenza multipla del sonno è una misura standardizzata e adeguatamente validata della tendenza fisiologica ad addormentarsi durante le
normali ore di veglia. I parametri monitorati sono gli stessi della PSG basale, cioè generalmente due movimenti degli occhi EOG e due canali EEG (centrale ed occipitale), oltre all’ECG e all’EMG sottomentoniero. Il MSLT consiste di 4-5 opportunità di sonnellini di 20 minuti offerti ad intervalli di due
ore. E’ un test volto, in primo luogo, a quantificare la sonnolenza diurna
misurando con quale velocità l’individuo si addormenta in sonnellini
sequenziali durante il giorno e, secondo, ad identificare l’insorgenza anormale di sonno REM durante i sonnellini. Per ciascun sonnellino viene registrata la latenza tra l’ora di “spegnimento della luce” e l’inizio del sonno.
Sono stati accuratamente definiti i limiti patologici della latenza del sonno.
Pertanto, la latenza media di 5 minuti o meno dopo un sonno normale nella
notte precedente indica una grave tendenza ad assopirsi, tipica di soggetti
affetti di narcolessia (Figura 11). Inoltre, anche la presenza di sonno REM in
due o più sonnellini è altamente suggestiva di narcolessia, poiché raramente il sonno REM si manifesta durante sonnellini diurni in individui che non
presentano una deprivazione di sonno.
Registrazione poligrafica ambulatoriale
La PSG può essere effettuata tramite macchinari fissi oppure dinamici,
anche per più di 24 ore. Gli apparecchi dinamici hanno le stesse caratteristiche di quelli fissi, ma la registrazione viene eseguita in assenza di un tecnico.
Quando il sospetto di OSAS è clinicamente fondato, non risulta strettamente indispensabile l’esecuzione di una PSG completa. La diagnosi può
anche essere posta tramite l’utilizzo di una polisonnografia ridotta, che a differenza di quella completa, è priva di canali EEG e non permette di correlare gli eventi registrati al relativo stadio di sonno.
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Soggetti normali
14
12
10
8
6
4
2
Soggetti narcolettici
0
9.00 11.00 3.00 15.00 17.00
Figura 11. Differenze nelle latenze all’addormentamento al test delle
latenze multiple tra soggetti normali e soggetti affetti di narcolessia.
L’actigrafo da polso
Si tratta di uno strumento, avente la forma e dimensione di un normale
orologio da polso. Esso registra i movimenti corporei e li memorizza per lunghi periodi di registrazione (una settimana ed oltre). Oltre a questi dati è
possibile registrare la condizione di luce accesa o spenta o la temperatura
corporea periferica. A differenza della PSG permette esclusivamente di
distinguere periodi di presenza di movimento da periodi di assenza di
movimento. Valutando questi periodi nell’arco delle 24 ore l’actigrafo permette come la PSG di stabilire la durata del sonno ed i risvegli durante la
notte. Ovviamente non permette di distinguere tra sonno REM e sonno
NREM ed all’interno del sonno NREM, non permette la distinzione tra i
diversi stadi di sonno. Inoltre nei pazienti con disturbo comportamentale
durante il sonno REM, periodi di intensa attività motoria durante il sonno
REM potrebbero essere interpretati come periodi di veglia; viceversa il
sonno potrebbe essere sovrastimato se ad esempio il paziente percorre lunghi periodi della notte sveglio ma immobile (morbo di Parkinson). Viene
quindi principalmente impiegato per la valutazione di alterazioni dei ritmi
circadiani o come screening in pazienti con insonnia [37].
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
La classificazione dei disturbi del sonno
La classificazione moderna dei disturbi del sonno si basa sui risultati di
uno studio quinquennale multicentrico, avviato dall’American Sleep
Disorders Association, che ha dato origine nel 1990 alla prima versione dell’
International Classification of Sleep Disorders (ICSD). La stesura dell’ICSD è
avvenuta in associazione con l’Europaen Sleep Research Society, la Japanese
Society of Sleep Research e la Latin American Sleep Society, producendo
l’ICSD Diagnostic and Coding Manual [38]. In questa classificazione sono
descritti 84 disturbi del sonno, ciascuno dei quali è accompagnato da dettagli descrittivi e dai criteri diagnostici, nonché dai ragguagli sulla durata e la
gravità della malattia ed informazioni sulla codifica e scopo clinico e di ricerca. Tutti i disturbi del sonno descritti possono comunque essere classificati in
quattro categorie:
1. A) Disurbi del ritmo circadiano sonno-veglia;
2. B) Dissonnie (disturbi della qualità e della quantità del sonno che vengono distinti in insonnie ed ipersonnie);
3. C) Parasonnie (fenomeni che si manifestano durante il sonno, ma che
non comportano necessariamente una riduzione della qualità o quantità
del sonno);
4. D) Disturbi associati a patologie mediche o psichiatriche.
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Disturbi del ritmo circadiano sonnoveglia
Molte funzioni del nostro organismo obbediscono ad una regolazione
risultante da stimoli esterni agenti su un ritmo interno dettato da un “orologio biologico” il cui periodo è di circa 25 ore (Figura 12), quindi leggermente
più lento di quello della rotazione della terra sul suo asse (ciclo circadiano).
Figura 12. Esempio di ciclo sonno-veglia di un giovane adulto. In condi zioni normali l’orologio biologico viene continuamente sincronizzato dai
fattori ambientali per poter mantenere un ritmo di 24 ore. Se lo stesso sog getto viene posto in un ambiente privo di indizi temporali, tale sincroniz zazione e l’orologio segue il proprio ritmo interno di 25,3 ore.
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Caleidoscopio
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I centri nervosi che lo sottendono sono fortemente sensibili all’elemento
fondamentale della regolazione dei ritmi circadiani: la luce. Infatti una stimolazione luminosa molto intensa è in grado di modificare il sonno, ritardandolo se somministrata nella prima metà del periodo di buio per il soggetto, anticipandolo la sera dopo, se somministrata nella seconda metà di
tale periodo (Figura 13).
0:00
12:00
0:00
12:00
NORMALE
Ritardo di fase
Avanzamento di fase
Figura 13. I disturbi del ritmo circadiano sono espressione di difficoltà di
adattamento del proprio ritmo biologico ai ritmi richiesti dalla società.
Rispetto ai soggetti normali i pazienti con sindrome da ritardo di fase
hanno difficoltà ad addormentarsi e a svegliarsi agli orari convenzionali,
avvertendo quindi grave ipersonnia di mattino. Al contrario i pazienti con
sindrome da avanzamento della fase del sonno lamentano eccessiva sonno lenza nelle prime ore della sera e si risvegliano precocemente di mattina.
In tal modo è possibile sincronizzare l'orologio biologico (25 ore) con
quello solare di 24 ore. Per effetto della luce appunto il soggetto rimette
indietro il suo orologio interno al mattino poco prima del risveglio.
Un’eccessiva richiesta di regolazione dell'orologio biologico, rispetto alla sua
capacità di sincronizzarsi, è il meccanismo patogenetico fondamentale dei
disturbi del ritmo sonno-veglia (tabella 3).
Talora si tratta di disturbi transitori che tendono spontaneamente a risolversi una volta eliminate le condizioni di scompenso, tuttavia nella maggioranza dei casi sono tendenzialmente sindromi croniche, che spesso insorgono nell’adolescenza per continuare durante il resto della vita [39, 40, 41].
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Endogeni (primari)
- Sindrome da ritardo della fase del sonno
- Sindrome da avanzamento della fase del sonno
- Ciclo non di 24 ore (caotico, cecità ipernictoemerale)
Esogeni (secondari)
- Lavoro a turni
- Rapido cambiamento del fuso orario (jet-lag)
Tabella 3. Disturbi del ritmo circadiano.
Sindrome della fase di sonno ritardata
E’ caratterizzata da uno spostamento del periodo di sonno verso le ore
del mattino (Figura 13), comporta difficoltà o impossibilità di ottemperare
agli impegni sociali (scuola, lavoro ecc.) e se questi vengono forzatamente
mantenuti, ne deriva una diminuzione delle ore di sonno quotidiano con
conseguente sonnolenza diurna e successivo recupero del sonno nei giorni
festivi. Il paziente si lamenta di andare a letto presto senza riuscire a prendere sonno e/o di dormire a lungo al mattino e passa complessivamente a
letto un tempo più lungo di quello che riesce a dormire. Inizia più frequentemente nell'adolescenza e si associa di solito a sindromi psicopatologiche o
ad abuso d’alcol e/o sedativi, può presentarsi dopo un trauma cranico. La
dipendenza da queste sostanze è comunque spesso conseguenza dei tentativi di modificare il ritardo di inizio del sonno. Il diario del sonno dimostra un
quadro caratterizzato da un orario di inizio del sonno costante, incoercibilmente ritardato rispetto alle regole sociali, di solito intorno alle 2 del mattino. Coricarsi prima diventa inutile, ed il sonno, una volta iniziato, è abitualmente di buona qualità.
Trattamento
La cura specifica è la cronoterapia (Figura 14). Consiste nel ritardare progressivamente di 3 ore il momento di andare a letto e ugualmente l'orario del
risveglio al mattino, seguito da immediato abbandono del letto. Così procedendo, si raggiunge l'orario desiderato in rapporto agli impegni sociali del
paziente. Tale orario è raggiunto di solito in 5-7 giorni, ma ovviamente la
fase iniziale del trattamento deve essere rinforzata da un periodo più lungo
durante il quale il controllo dell'orario deve essere rigorosamente mantenuto. Non è consentito derogare nemmeno un giorno a rischio di ricadere nella
sindrome. Questo trattamento richiede che il paziente sia edotto sui concetti che sono alla base della terapia, che egli sia consenziente e sufficientemente motivato ad eseguirla. La collaborazione dei familiari o dei parenti è
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
fondamentale per un buon esito. L’esposizione del paziente alla luce nelle
ore del mattino (2500 lux dello spettro totale dalle 7 alle 9) contribuisce in
modo sensibile al buon risultato. Non vi è alcuna indicazione farmacologica
per i casi puri, se si eccettua l’impiego della melatonina, assunta due ore
prima dell’ora stabilita per coricarsi.
Sindrome della fase di sonno anticipata
Più rara della precedente, tendenzialmente cronica, è caratterizzata da un
anticipo del periodo di sonno nelle ore serali e da un risveglio precoce nelle
ore del mattino (Figura 13).
Figura 14. Schema di trattamento di una sindrome da ritardo di fase
mediante due fasi di trattamento: una prima fase prevede il progressivo
ritardo di 3 ore dell’inizio del periodo di sonno concesso (cronoterapia)
associato in una seconda fase (stabilizzazione) dalla precoce esposizione
mattutina alla luce (fototerapia).
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
Tale sindrome dai pochi casi descritti in letteratura risulta ricorrere maggiormente nelle persone anziane. Di solito questi pazienti vanno a letto tra le
18 e le 20 e si alzano tra le ore 1 e le 3 del mattino. Il meccanismo che determina questa sindrome sarebbe speculare rispetto a quello della fase di sonno
ritardata.
Trattamento
Sono stati riferiti risultati favorevoli programmando un avanzamento
coatto di 3 ore per giorno sino a raggiungere l’orario di sonno desiderato.
Sembra che anche un’esposizione pomeridiana verso le 17 a luce intensa
possa favorire il recupero dell’orario di sonno. La somministrazione di melatonina a rilascio ritardato sembra utile per stabilizzare l’orario di addormentamento raggiunto. L’assunzione avviene due ore prima di coricarsi.
Sindrome ipernictoemerale
Questa sindrome si verifica per l’impossibilità di riaggiustare il proprio
orologio biologico rispetto al ritmo circadiano planetario. E’ una sindrome
cronica caratterizzata da un quadro stabile di ritardo di 1-2 ore nell’insorgenza del sonno e del riveglio rispetto al giorno precedente. I pazienti con questa sindrome dormono secondo un ciclo di 25 o più ore, ogni 3-4 settimane il
periodo di sonno entra o esce di fase con gli orari sociali consueti. Questi
pazienti alternano periodi asintomatici a periodi con insonnia notturna e sonnolenza diurna. Proprio per questo difficilmente riescono a programmare la
loro attività in base al calendario. La sindrome è cronica, si riscontra frequentemente in individui ciechi dalla nascita o in soggetti con lesioni del tratto
retino-ipotalamico [42]. Si ritiene che la cecità come tale sia causa della sindrome indipendentemente dalla sua natura. Sono però escluse le cecità da
lesione post-chiasmatica. Ciò avvalora quanto sembra ormai accertato sull'importanza del tratto retino-ipotalamico, che si distacca dal chiasma, nel fornire informazioni sui periodi luce-buio al nucleo sovrachiasmatico dell'ipotalamo (centro fondamentale dell'orologio biologico) e da qui ad altre strutture
cerebrali. Tale lesione potrebbe spiegare da sola i casi nei quali la sindrome è
presente in assenza di cecità, ma si associa invece a difetto mentale. I soggetti con questa sindrome presentano cicli anarchici di secrezione di melatonina
e cortisolo. Per una diagnosi sicura occorre un diario prolungato dei periodi
di sonno e della sua qualità oppure una registrazione actigrafica prolungata.
L'elemento fondamentale di distinzione è rappresentato dal fatto che, mentre
i pazienti con la Sindrome della Fase di Sonno Ritardata mantengono o riacquistano il loro ritardo fisso d’inizio del sonno nei periodi di vacanza, quelli con
sindrome ipernictoemerale proseguono nel loro progressivo ritardo.
Trattamento
Nei pochi casi studiati sembra che i migliori successi si ottengano con un
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
programma di orario imposto e mantenuto per un tempo sufficientemente
lungo. L'esposizione mattutina del soggetto alla luce del sole è risultato un
buon coadiuvante dell'orario imposto. E’ riportata l'efficacia del trattamento
con Vitamina B12 [43] solo in pochi casi e dunque l'indicazione necessita di
ulteriori conferme. La somministrazione di melatonina è efficace nel riassetto del ritmo sonno-veglia.
Sindrome da salto di fusi orari (Jet lag syndrome)
E’ una sindrome che fa seguito a rapidi spostamenti (viaggi con jet) in
località con fuso orario differente dal luogo di partenza. E’ caratterizzata da
insonnia per minore durata del sonno, difficoltà ad iniziarlo e/o a mantenerlo, associata a difficoltà di concentrazione, affaticabilità, irritabilità, disordini viscero-vegetativi. Dopo un rapido spostamento transmeridiano il sistema circadiano endogeno rimane con gli orari stabiliti nell’usuale fuso orario.
La sintomatologia nelle 24 ore con tutta probabilità consegue:
I. a passaggi rapidi tra periodi di veglia alternati a periodi di bisogno di
dormire (dato che le fasi di sonno non sono ancora aggiustate nell’orario),
II. a risvegli frequenti durante il sonno per lo stesso motivo,
III. a malessere fisico (disordini vegetativi) per l’asincronia e disarmonia
tra orario di certe attività e quello del ritmo sonno-veglia. La sindrome interessa adulti predisposti dei due sessi; è più frequente sopra i 50 anni. Durata
ed entità dei sintomi sono proporzionali:
1. al numero di fusi che vengono saltati;
2. alla direzione del viaggio, verso est o viceversa,
3. agli orari di partenza e di arrivo.
Per aggiustare questi orari con quelli della nuova località occorrono tempi
discretamente lunghi. Si calcola che nei voli verso occidente con salti a fase
ritardata il recupero avvenga in ragione di 90 minuti al giorno, mentre in
quelli verso oriente si compie in ragione di 60 minuti. Nella maggioranza dei
casi la sindrome è di breve durata risolvendosi in 2-3 giorni dall’arrivo nella
nuova destinazione, ma se il salto di fusi è stato cospicuo (8-12 ore) può perdurare anche 7-10 giorni, specie se la direzione è stata verso est. Mentre un
salto di 6 ore verso ovest può dar luogo a sonnolenza diurna con scarso
disturbo del sonno notturno, un eguale salto di fusi orari verso est determina
sonnolenza diurna, insonnia notturna e disordini gastroenterici che durano
più a lungo. Può diventare una sindrome cronica nelle persone che per motivi di lavoro (personale di volo, diplomatici, uomini d’affari ecc.) compiono
frequenti spostamenti aerei in località con differente fuso orario. La sindrome
in questi casi diviene del tutto simile a quella dei lavoratori turnisti.
Trattamento
E’ consigliabile regolare i propri orari interni con quelli del nuovo fuso fin
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
dall’inizio. Conviene inoltre ricorrere ad una prevenzione alzandosi con
ritardo di una o due ore al mattino un giorno o due prima di partire per viaggi verso ovest o andando a dormire e svegliandosi con anticipo di 1-2 ore 13 giorni prima di un viaggio verso est. L’esposizione alla luce nei periodi
convenienti serve a facilitare gli aggiustamenti di orario. Per facilitare l’adattamento al nuovo orario è indicato l’assunzione di melatonina due ore
prima rispetto al nuovo orario di sonno. Qualora il soggetto dovesse subire
i sintomi fastidiosi dell’insonnia si può comunque ricorre all’impiego di
ipnotici non benzodiazinici o a benzodiazepine a brevissima emivita e
comunque a dosi basse (0,25 mg per 3-4 notti) onde evitare fenomeni di sonnolenza diurna.
Sindrome del turnista
La capacità dell’organismo di aggiustare il proprio orologio interno su
quello degli eventi ambientali risulta fondamentale per assicurare un buon
sonno. I limiti entro i quali tale operazione può essere eseguita senza creare
danni all’intero sistema circadiano sembra essere di un ora, al massimo 2 ore.
Tale capacità di adattamento dell’organismo alle condizioni ambientali viene
messa a dura prova nella società moderna industrializzata con l’ideale di
una società in cui la produzione ed il commercio vengano garantiti 24 ore su
24 e 7 giorni su 7 [44, 45, 46].
La sindrome del turnista è paragonabile ad una condizione di Jet Lag cronico, si caratterizza per disturbi della veglia, del sonno e delle funzioni viscero-vegetative [47]. In particolare durante la veglia la sintomatologia è costituita da sonnolenza, affaticamento ed irritabilità con conseguente minor efficienza e maggiore rischio di infortuni sul lavoro) [48, 49]. Il sonno notturno
invece è interrotto da frequenti risvegli ed in definitiva si realizza una condizione di privazione parziale di sonno nelle 24 ore. Nelle notti libere dal
lavoro il soggetto, che cerca di ritrovare la comune abitudine al sonno, soffre
invece di insonnia.
Sono colpiti in discreta quantità (percentuale 40%) lavoratori costretti ad
eseguire turni di lavoro ad orario diverso nella settimana, compresa la notte.
Assume molta importanza anche la rotazione dell’orario. Nei turni anterogradi, cioè quando si sposta nel senso del ritardo (mattino, pomeriggio,
notte), le variazioni sono meglio tollerate rispetto ai turni retrogradi [50]. La
tollerabilità del turno dipende inoltre dalla ciclicità degli intervalli giorni di
turno-giorni di riposo: pìu rapido è il cambio di turno in senso anterogrado
e più breve è l’intervallo tra giorni di lavoro e giorni di riposo, maggiore sarà
il benessere psico-fisico del turnista. Il lavoro a turni comporta però anche
modifiche dei ritmi di secrezione ormonale [47]. Sono state riportate anche
30
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
condizioni di iposideremia ed anemia sideropenica in caso di condizione
cronica del lavoro a turni [47], oltre ad aumentati rischi di infarto miocardio
ed ictus [51, 52]. Il continuo spostamento dei pasti e dell’abuso di caffè, alcol
e nicotina comportano spesso una associazione con disturbi gastrointestinali che possono sfociare in ulcera duodenale [53].
Inoltre il tipo di orario lavorativo e l’irritabilità che ne consegue determinano anche rapporti familiari difficili che a loro volta peggiorano le condizioni psico-fisiche del paziente [54, 55].
Trattamento
La soluzione migliore della sindrome è rappresentata dall’abbandono del
lavoro con turni invertiti o a rotazione retrograda. Se ciò non fosse possibile,
la seconda opzione consiste nello stabilire l’orario di sonno nel pomeriggio,
se il turno di notte è costante. Ciò comunque non rappresenta una soluzione
per le notti libere dal lavoro. In questi casi può essere utile organizzare il
sonno in una fase di 2-3 ore al pomeriggio e di 5-6 ore di notte. L’esposizione
programmata a luce intensa e l’assunzione di melatonina negli orari convenienti hanno mostrato di favorire la capacità di adattamento ai cambi di
turno [56].
L’impiego di un farmaco ipnotico prima del sonno diurno non è a lungo
efficace. Se si è costretti a far uso di un ipnotico è consigliabile l’uso di ipnotici non benzodiazepinici.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Dissonnie
Insonnie
L’insonnia è un sintomo, riferito soggettivamente da parte del paziente
come una difficoltà di addormentarsi, difficoltà di mantenere il sonno con
frequenti risvegli intrasonno oppure risvegli definitivi precoci. E’ importante sottolineare che l'insonnia non è definita dalla durata totale del sonno in
senso assoluto, ma dalla condizione di “sonno disturbato” e dalla conseguente impossibilità da parte del paziente di riconoscere il sonno come ristorativo e capace di dare la sensazione di sentirsi riposati il giorno successivo.
Il fabbisogno totale di sonno varia tra le 4 e le 10 ore. Pertanto una persona
che dorme 4 ore e si sveglia riposata non ha un’insonnia, ma è semplicemente un dormitore breve sano.
L'insonnia è il più comune di tutti i disturbi del sonno; spesso è un sintomo di patologie mediche, psichiatriche e neurologiche sottostanti. Può essere secondaria ad altri disturbi del sonno o essere indotta da farmaci.
Un'approfondita conoscenza della causa più probabile dell'insonnia in un
determinato paziente è essenziale prima di poter proporre un trattamento
razionale ed efficace (tabella 4). Nelle società industrializzate lamenta insonnia il 40% della popolazione ogni anno [57]. L’insonnia è considerata una
significativa causa di morbilità e di mortalità. I costi diretti e indiretti dell’insonnia sono stati stimati intorno ai 100 miliardi di $ per anno negli USA [58].
Nella valutazione di un soggetto che lamenta insonnia si dovrebbe anche
considerare l’impatto di fattori genetici che determinano per ciascun individuo il fabbisogno ottimale di sonno (dormitori brevi e lunghi) e l’orario di
addormentamento preferito (gufi e allodole). La percezione di aver dormito
è naturalmente una parte importante della valutazione delle lamentele d’insonnia. Le persone che presentano insonnia tendono a sovrastimare la latenza del sonno e a sottostimare il tempo totale trascorso dormendo. Studi sperimentali hanno accertato che in soggetti normali la sensazione soggettiva
d’essere sveglio può persistere anche cinque minuti dopo la comparsa dei
fusi [59], primi inequivocabili segni EEG di sonno avviato; si può quindi
facilmente capire perché una notte con molti anche se brevi risvegli, può
essere percepita come una notte insonne [60]. Si ritiene che le persone con
insonnia cronica possono soffrire di un disturbo più generale di iperarousal,
che può essere responsabile sia dei sintomi diurni sia del sonno notturno
poco soddisfacente [61]. La grande maggioranza dei pazienti che riferiscono
insonnia non richiede studi polisonnografici. Si devono sottoporre a valutazioni oggettive del sonno i soggetti che riferiscono grave ipersonnia diurna
32
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
non giustificata o in cui si sospetta una causa organica dell’insonnia riportata dal paziente, individuabile con le tecniche della polisonnografia (p.es
disturbo della respirazione correlato al sonno o Sindrome delle gambe senza
riposo).
Tipo
Eziologia
Terapia
Occasionali
• Da dolore occasionale,
fisico o psichico
• Analgesico o/e
ipnotico
Transitorie o di breve
durata (durata < 3
settimane)
• Associate a stati dolorosi,
stress, problemi sul lavoro o
nell’ambito familiare,
sospensione di farmaci.
• Terapia della malattia
di base (antidepressivi,
psicolettici, Sali di
litio)
• eventuali farmaci
ipnotici aggiuntivi
• Malattie psichiche
(depressione, disturbo
ossessivo-compulsivo)
• Malattie somatiche
(generali e neurologiche)
Secondarie • Farmaci e alcol
• Sindrome delle gambe
senza riposo
•Trattamento della
malattia di base
• Soppressione graduale dell’alcol
• Terapia farmacologia
• Sonno e gravidanza
Croniche
Primarie
•Distorta percezione dello
stato di sonno
•Igiene del sonno
•Insonnia idiopatica
•Terapie comportamentali
•Insonnia psicofisiologica
Uso di ipnotici per
periodi limitati
• Nei casi resistenti:
psicoterapia
Tabella 4. Classificazione delle insonnie in relazione alla durata. Le
insonnie croniche sono inoltre distinte in primarie o secondarie ad altre
patologie disturbanti l’avvio ed il mantenimento del sonno.
Caleidoscopio
33
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Insonnie primarie
Insonnia da errata percezione del sonno
In questo caso si tratta di una “pseudoinsonnia” [62]. Ovvero insonnia
senza apparenti reperti di alterazione oggettiva. In pratica i pazienti lamentano di dormire poco o addirittura di non dormire affatto sebbene vengano
spesso osservati dai partner di letto o dal personale ospedaliero regolarmente addormentati per tutta la notte. L’indagine polisonnografica mostra
inoltre un regolare profilo ipnico macro- e microstrutturale. Questi pazienti
non riferiscono eccessiva sonnolenza diurna. Per la diagnosi può essere sufficiente un confronto tra Epworth Sleepness Scale e diario del sonno. La polisonnografia pùo essere talvolta utile terapeuticamente per dimostrare al soggetto come abbia, in realtà, dormito.
Insonnia da adattamento o situazionale
Viene definito disturbo del sonno “da adattamento” una situazione d’insonnia di relativa breve durata (al massimo fino a qualche mese) che insorge successivamente e conseguentemente ad un evento stressante al quale è
eziopatogeneticamente legata. Le situazioni responsabili dell'insorgenza
della sindrome possono essere estremamente diverse ancorché banali, ma
hanno tutte in comune la potenzialità stressante. A volte il paziente stesso è
incapace di identificare l'evento responsabile. Il recupero della normalità si
ottiene di solito nel giro di breve tempo o per la cessazione dell'evento stressante o per una riorganizzazione adattativa del soggetto ad un miglior livello psicologico. Se il disturbo persiste per un tempo prolungato può subentrare il rischio di un’insonnia psicofisiologica cronica.
Insonnia psicofisiologica cronica
L'insonnia psicofisiologica (IP) è una forma d’insonnia dipendente da fattori stressanti generici che somatizzano in maniera selettiva alterando il
sonno notturno [61]. Il termine indica un’insonnia indotta da una generica
tensione emotiva in assenza di altri problemi psicopatologici o di ordine
mentale. Condizionamenti individuali negativi nei confronti del sonno costituiscono la causa di consolidamento di un’insonnia in origine situazionale e
reattiva la quale, con il passare del tempo, diviene del tutto indipendente
dall'occasione scatenante iniziale (Figura 15). Diventano insonni cronici quei
soggetti che reagiscono allo stress con una reazione di allarme esagerata e
che somatizzano la tensione emotiva. Spesso il ricordo preciso degli eventi
che hanno determinato l’inizio dei problemi sfugge alla percezione critica
del paziente e l'attenzione si polarizza unicamente sull'insonnia che diventa
essa stessa l’unico problema.
34
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Notte
Insonnia cronica
Insonnia acuta
fattori psicofisiologici,
di condizionamento
stress, ansia, iperarousal
fattori circadiani
fattori psichiatrici
Giorno
farmaci, alcool
disturbi medici
e neurologici
Figura 15. L’evoluzione dell’insonnia acuta in cronica.
Si instaura un circolo vizioso fra la qualità della vita e delle attività diurne e la preoccupazione che ne deriva; le aspettative negative legate al sonno
potenziano sia gli effetti negativi dell'insonnia durante le attività diurne, sia
il livello di tensione somatizzata che disturba oggettivamente il sonno. E’
tipica in questi pazienti la convinzione di poter vedere dissolvere ogni loro
problema solo se riuscissero di nuovo a dormire bene. Ma quanto più si sforzano di dormire, tanto più diventano agitati e il sonno diventa difficile.
Tipicamente questi pazienti si addormentano facilmente quando sono rilassati davanti alla TV e non quando sono a letto, e riescono a dormire meglio
in ambienti non abituali, come le camere d’albergo o il laboratorio del sonno,
piuttosto che in casa propria. I rilievi polisonnografici in questi pazienti
mostrano un tempo di addormentamento prolungato e una quantità esagerata di veglia notturna che riducono la quantità e l'efficienza del sonno, convenzionalmente definita come il rapporto tra tempo trascorso a letto e effettiva durata del sonno. Sono aumentati gli stati di sonno leggero (stadi I e 2)
a discapito del sonno profondo (stadi 3 e 4) che non può essere consolidato
per l'eccessiva instabilità del sonno. Il deficit microstrutturale è a volte ancora più pronunciato, i microrisvegli diventano numerosi e l’indice di presenza di tracciato instabile (CAP-rate) è drasticamente aumentato.
L’insonnia psicofisiologica è più frequente nelle donne, inizia normalmente dopo i 20-30 anni e peggiora progressivamente con l'età fino ad un livello di
Caleidoscopio
35
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
gravità stabile che corrisponde alla cronicizzazione definitiva del disturbo e
porta spesso ad un uso prolungato o eccessivo di ipnotici o di alcool. Per una
diagnosi corretta di IP occorre escludere altre cause di insonnia; in particolare
vanno esclusi con cura i disturbi affettivi e l'ansia generalizzata perché spesso
l'insonnia costituisce il sintomo d'esordio di una sindrome depressiva o il sintomo notturno più importante di un disturbo d’ansia.
Trattamento
Il trattamento dell'insonnia con tecniche di psicoterapia comportamentale può essere efficace ma comporta spesso un rilevante impegno temporale.
La restrizione del sonno, che consiste nella riduzione del tempo totale di
sonno a poche ore per ciascuna notte al fine di migliorare l'efficienza del
sonno, per poi aumentare gradualmente la quantità di tempo trascorso a
letto, si è dimostrata utile. La terapia del controllo degli stimoli scoraggia
l'associazione appresa tra la camera da letto e la veglia consigliando al
paziente che non riesce a addormentarsi di alzarsi e di andare in un'altra
stanza ad eseguire altre attività rilassanti fino a quando non sente nuovamente il desiderio di dormire. La terapia cognitiva tende a rassicurare il
paziente, fornendogli notizie e spiegazioni circa la possibilità di recuperare
sonno in termini d’intensità, correggendo giudizi negativi basati sul convincimento erroneo che il sonno debba essere valutato solo in termini di ore
dormite.
I farmaci utilizzati per curare l'insonnia possono invece essere loro stessi
responsabili della comparsa o dell'aggravamento di un quadro di insonnia,
attraverso meccanismi diversi. La registrazione polisonnografica a seguito
dell’uso prolungato di ipnotici evidenzia una riduzione dell’ampiezza delle
onde delta, a favore di un incremento di attività più rapide. L'uso eccessivo
e prolungato di un ipnotico conduce quasi costantemente ad una situazione
di tolleranza, con una caduta dell'efficacia e una tendenza all’incremento
della dose, deteriorando ulteriormente il sonno. L'evento opposto è costituito da un tentativo di riduzione o dalla sospensione totale del farmaco; in
entrambe i casi è facile che ricompaiano segni di insonnia e spesso l'entità di
questa insonnia “di ritorno” è maggiore (o è percepita comunque come più
accentuata) di quella che caratterizzava il quadro di partenza; l'evento successivo è costituito spesso dalla ripresa dell'assunzione dell’ipnotico. Gli
inconvenienti descritti vanno evitati ricorrendo ad un’accurata scelta del
farmaco e ad una stretta sorveglianza del suo uso, in termini di quantità e di
tempo ed impegnando il paziente a restare sotto controllo medico, evitando
l’autoprescrizione.
Insonnia idiopatica
Si intende con questo termine un’incapacità di ottenere un sonno soddisfacente sin dalla nascita e per tutta la vita a causa di un inadeguato con-
36
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
trollo neurologico del sistema sonno-veglia [63, 64]. Fino a che l’insonnia è
lieve o moderata, le funzioni psicologiche appaiono compensate, ma se l’insonnia è grave, il quadro psicologico può evolvere verso uno stato depressivo. A causa della persistente durata del disturbo, alcuni pazienti abusano di
farmaci ipnotici o di alcol nel tentativo di indurre il sonno. Più raro è l’abuso di caffè e altre sostanze stimolanti per combattere la sonnolenza diurna.
Lo studio polisonnografico evidenzia un marcato allungamento della latenza di addormentamento, forte riduzione dell’efficienza del sonno con incremento del numero e della durata dei risvegli notturni. L’estrema fragilità del
sonno viene espressa da un numero elevato di microrisvegli ed una conseguente esagerata frammentazione del profilo ipnico. L’eventuale substrato
organico può risiedere in uno squilibrio neurochimico nei molteplici sistemi
d regolazione del sonno (sistema reticolare attivatore ascendente, nuclei del
tronco cerebrale ecc.); sembrano principalmente coinvolte le vie metaboliche
serotoninergiche, specie nei casi con eccessiva sonnolenza diurna.
Trattamento
L’uso di tecniche di biofeedback mira a regolarizzare i ritmi cerebrali in
veglia con il presupposto di rafforzare i ritmi propri del sonno durante la
notte, rendendolo più profondo e più stabile.
Oltre ai comuni ipnotici, dosi ridotte di amitriptilina (10-50 mg alla sera)
spesso migliorano il sonno.
Insonnie secondarie
Dissonnia da sindrome delle gambe senza riposo
Nella classificazione internazionale dei disturbi del sonno (ICDS 90) la sindrome delle gambe senza riposo, Restless Legs Sindrome (RLS), viene posta tra le
dissonnie intrinseche. Essa è caratterizzata da una sensazione sgradevole,
riferita come interna e localizzata più tipicamente tra il ginocchio e la caviglia, che insorge a riposo nella tarda serata e specialmente nella fase di rilassamento muscolare che usualmente precede il sonno.
La sintomatologia viene alleviata solo dal movimento e a volte è talmente intensa da produrre la necessità di alzarsi, camminare, poggiare il piede
su di una superficie fredda. Ciò interferisce severamente con la possibilità di
dare inizio al sonno, causando un'insonnia particolarmente severa con
disturbi emozionali tali da portare alla depressione e, in rari casi, al suicidio.
La sintomatologia è in genere bilaterale ma può presentarsi prevalentemente da un lato; occasionalmente possono essere interessati anche gli arti superiori. La prevalenza nella popolazione generale è intorno al 5%. Incidenze
più alte si ritrovano nelle donne in gravidanza (11-27%) e nell'anemia sideropenica (24-42%) [ 65,66]. La severità dei sintomi varia ampiamente nel corso
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
della vita essendo non infrequenti periodi di remissione totale. L'età d’insorgenza è estremamente variabile. Spesso i pazienti si rivolgono al medico
molti anni dopo l'inizio della sintomatologia. La prevalenza è apparentemente più alta nel sesso femminile, in probabile rapporto con l'esacerbarsi dei sintomi che può verificarsi in gravidanza e in menopausa. In alcuni casi la sindrome è ereditaria con modalità di trasmissione autosomica dominante.
La RLS si presenta spesso associata con mielopatie e neuropatie croniche,
con l'anemia, il diabete, l'insufficienza respiratoria cronica, il cancro, l'insufficienza venosa e con l'assunzione d’alcuni farmaci (caffeina, ß-bloccanti,
fenotiazine) [67]. Nei casi idiopatici gli esami di laboratorio e l'elettromiografia sono negativi. Il quadro polisonnografico d'insieme mostra un sonno
fortemente disturbato caratterizzato da numerosi addormentamenti interrotti da risvegli, aumento della rappresentazione percentuale delle fasi di
sonno leggero 1 e 2, diminuzione delle fasi di sonno profondo 3 e 4, frequenti
cambiamenti di fase, tempo ed efficienza del sonno ridotti. La macrostruttura del sonno presenta un'irregolare distribuzione del sonno, con perdita
della regolare dinamica ciclica delle attività EEGrafiche lente; la microstruttura è caratterizzata da un aumento dei periodi d’instabilità.
Trattamento
Farmaci benzodiazepinici Alcune benzodiazepine, come l'alprazolam, il
nitrazepam, il temazepam, il triazolam e il clonazepam, che è il più diffusamente studiato, sono state impiegate con apparente successo; in realtà i risultati appaiono alquanto contraddittori, in quanto il risultato positivo consisterebbe in una più rapida induzione del sonno e in una diminuzione dei risvegli legati ai movimenti periodici delle gambe piuttosto, che in un effettivo
miglioramento della sintomatologia; inoltre, la permanenza dei benefici
appare limitata nel tempo. Effetti collaterali, consistenti in un'eccessiva sonnolenza diurna e nell'induzione o nell'aggravamento di una sindrome da
apnee morfeiche, sono stati segnalati specie nei pazienti più anziani.
Studi controllati hanno dimostrato che L-dopa, associata ad inibitori
della decarbossilasi periferica, è efficace nel ridurre stabilmente i movimenti della RLS. Tuttavia si può assistere ad un incremento della sintomatologia
diurna e ad un rebound dei PLMS nell'ultima parte della notte, qualora la Ldopa venga somministrata in una singola dose serale. L'uso di preparati a
rilascio controllato però può risolvere tali problemi. Risultati benefici vengono riferiti con l'uso di farmaci dopaminergici [68].
Dissonnia da movimenti periodici
La sindrome da movimenti periodici delle gambe durante il sonno
(PLMS), sinonimo mioclono notturno, è classificata tra le dissonnie intrinseche. Essa è caratterizzata da contrazioni muscolari stereotipate, periodiche,
in uno o in entrambi gli arti inferiori, che intervengono nel sonno, special38
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
mente in quello leggero (Figura 16). Le scosse miocloniche consistono in
movimenti d’estensione dell'alluce e dorsiflessione della caviglia, seguiti
talora dalla flessione del ginocchio e dell'anca, che durano generalmente da
0,5 a 5 secondi e si manifestano periodicamente ogni 20-40 secondi circa. Essi
tendono a raggrupparsi, in genere, in episodi che possono durare anche
alcune ore, iniziando generalmente durante gli stadi di sonno 1 e 2 e salvo
persistere durante il sonno lento e la fase REM. Durante il sonno REM sono
di solito meno intensi, più corti e meno ritmici; nello stadio 2 sono frequentemente accompagnati da un microrisveglio.
Figura 16. Esempio di tracciato polisonnografico della durata di 30
secondi in un soggetto con mioclono notturno. In questo esempio si eviden zia la periodicità tipica della scossa mioclonica di 20-40 secondi che non
deve necessariamente essere sempre simmetrica.
La sindrome da PLMS viene raramente diagnosticata negli individui giovani e la sua incidenza cresce con l'età al punto che può essere osservata in
circa il 44% dei soggetti di età superiore ai 65 anni [69]; pur rappresentando
un'entità nosologica distinta dalla sindrome delle gambe senza riposo [70] si
associa con essa in circa il 50% dei casi. La sindrome è presente in una vasta
gamma di patologie come la corea di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica, le mielopatie croniche, le neuropatie periferiche, l'uremia e nel 30%
circa dei pazienti con apnee morfeiche. Va inoltre ricordato che i movimenti
periodici possono essere indotti da farmaci antidepressivi triciclici o dalla
sospensione di farmaci anticonvulsivanti, benzodiazepine, barbiturici e altri
ipnotici. E' degno di nota il fatto che i PLMS sono stati incidentalmente
riscontrati in soggetti del tutto sani, nella misura dell'11% circa. Non è nota
una prevalenza legata al sesso.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
L'effettiva incidenza dei PLMS come causa di insonnia è ancora controversa; sembra però di poter concludere che i movimenti periodici delle
gambe da soli, pur potendo indurre una frammentazione del sonno, non
rappresentano mai un fattore decisivo nella patogenesi dell'insonnia stessa.
Alcune osservazioni suggeriscono che i PLMS e la RLS possono essere
considerate manifestazioni cliniche di una stessa disfunzione del sistema
nervoso centrale. Ad esempio, nei pazienti con RLS, durante l’esecuzione del
test d’immobilizzazione forzata delle gambe, i movimenti assumono una
componente periodica simile ai PLMS; inoltre, è facile osservare come i
movimenti tipici della RLS nel passaggio tra la veglia e il sonno assumono
gradualmente le caratteristiche dei PLMS, e infine, come quasi tutti i farmaci efficaci nel trattamento del RLS sopprimono anche i PLMS in quei pazienti affetti contemporaneamente dalle due sindromi.
Di particolare interesse appaiono i legami tra la periodicità dei PLMS
(20-40 secondi) e quella presentata da altri fenomeni durante il sonno, e in
particolare la pressione sanguigna, la respirazione e il tracciato alternante
ciclico. L'insieme di queste osservazioni suggerisce l'ipotesi di un comune
pace-maker per tali fenomeni, di un'origine sottocorticale dei PLMS e dì una
regolazione da parte di fluttuazioni ritmiche dell'eccitabilità della sostanza
reticolare del tronco encefalico.
Trattamento
Nessun trattamento è consigliabile per la sindrome da PLMS che non
comporti alterazioni della struttura e della continuità del sonno. Le benzodiazepine, specialmente il clonazepam, rappresentano il trattamento d’elezione nei casi meno gravi; la L-dopa e i dopaminoagonisti appaiono nettamente più efficaci e indicati quindi nei casi più gravi. L'uso degli oppioidi
dovrebbe essere limitato a quei pazienti con sintomatologia più severa e non
responsivi alle precedenti terapie.
Dissonnia da apnee ostruttive morfeiche
La Sindrome delle apnee ostruttive in sonno (OSAS) è caratterizzata da
ripetuti episodi di occlusione delle vie aeree superiori durante il sonno
(Figura 17). Il numero di questi eventi respiratori può oscillare, in relazione
alla gravità della sindrome, tra 10 a più di 100 eventi per ora. La prevalenza
è del 3,3% tra i maschi con un picco che si colloca intorno a 55 anni, nelle
femmine l’OSAS può essere frequente, specie dopo la menopausa. Un altro
picco di prevalenza si ritrova nei bambini di età inferiore di 6 anni (1,5-3,5%),
soprattutto in alcuni gruppi a rischio, quali i portatori di macroglossia,
dismorfismi cranio-facciali e ipertrofia adeno-tonsillare.
L’occlusione parziale o totale delle vie aeree superiori è correlata allo sviluppo di pressione subatmosferica intratoracica durante l’inspirazione.
40
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Figura 17. Due esempi di tracciato della durata di 30 secondi ciscuno in
un soggetto affetto dalla sindrome delle apnee ostruttive in sonno.
L’esempio in alto (A) mostra una condizione di comparsa subcontinua di
apnee di tipo ostruttive (l’ampiezza delle oscillazioni del flusso oro-nasale
si azzera mentre a livello delle cinture toraciche ed addominali si registra
solo una riduzione dell’ampiezza, ma non un appiattimento completo.
Nell’esempio in basso (B) la fase risolutiva degli eventi è inoltre associata
alla comparsa di una scossa mioclonica.
Questa pressione subatmosferica è trasmessa alla regione faringea, creando una sorta di “aspirazione” sui tessuti molli e sui muscoli dilatatori delle
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
vie aeree superiori che hanno il compito di mantenere pervie tali vie, contraendosi normalmente prima dell’inspirazione. Durante il sonno, in questi
muscoli, ed in particolar modo nei muscoli genioglosso e genioioideo, la
forza contrattile si riduce di molto, favorendo lo sviluppo di una resistenza
inspiratoria anomala nelle vie aeree superiori, che può dar luogo a occlusione parziale o totale. Le anomalie anatomiche o fisiologiche delle vie aeree
superiori riducono l’entità di pervietà oltre un livello critico o limitano l’attività dei relativi muscoli dilatatori, aumentando le resistenze delle vie aeree
superiori e causando un collasso più o meno pronunciato. La ripresa della
ventilazione dopo un’apnea si verifica solo attraverso un alleggerimento del
sonno o un risveglio vero e proprio. Ciò comporta una frammentazione del
sonno non solo a livello macrostrutturale (riduzione della percentuale delle
fasi di sonno NREM 3 e 4 e della fase REM) ma anche a livello microstrutturale (elevata instabilità del sonno ed aumento del rate di tracciato alternante
ciclico). Ciascuna apnea può inoltre accompagnarsi ad ipossia, talora particolarmente severa, con valori di SaO2 che possono raggiungere livelli intorno al 60 %. In questi pazienti, inoltre, si presenta un deficit di secrezione dell’ormone della crescita e di testosterone, correlato alla riduzione, talvolta
anche alla scomparsa delle fasi profonde del sonno NREM, in cui normalmente questo ormone viene prodotto. In 2/3 dei pazienti con OSAS, inoltre,
la secrezione del peptide natriuretico atriale è aumentata, e l’attività del
sistema renina-angiotensina-aldosterone è depressa, aumentando la natriuresi e la diuresi con conseguente insorgenza di edemi periferici e di emoconcentrazione, con aumento della viscosità del sangue. In concomitanza
alle apnee, ed in rapporto alla loro lunghezza, possono manifestarsi intense
oscillazioni acute dei valori di pressione arteriosa sistemica e polmonare e
frequenza cardiaca, per attivazione di riflessi neurovegetativi in risposta
all’ipossia, alle modificazioni della pressione negativa intratoracica, ai meccanismi di arousal e, naturalmente , anche allo stadio del sonno in cui si verificano le apnee (più intense e prolungate durante il sonno REM).
Gli eventi che si verificano acutamente in corso di apnea possono comportare conseguenze permanenti. A livello respiratorio si può sviluppare
una ipoventilazione permanente con ipercapnia diurna. La riduzione della
libido, riferita spesso dal paziente con OSAS, potrebbe essere messa in relazione alla riduzione del tasso plasmatico del testosterone libero e totale. Lo
sviluppo di ipertensione polmonare sembra legata ad un’alterata funzionalità polmonare con ipossiemia permanente; in questi casi si può manifestare
anche una insufficienza cardiaca destra. Queste alterazioni emodinamiche
sarebbero legate all’aumento di catecolamine circolanti e del tono simpatico
conseguenti ai fenomeni di desaturazione di ossigeno ed ai frequenti risvegli, e ad un fenomeno di down-regulation dei barocettori a causa delle intense oscillazioni della pressione arteriosa in rapporto alle apnee. L’azione di
42
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
tutti questi fattori implica uno squilibrio dell’omeostasi fisiologica a vari
livelli (sitema nervoso centrale e vegetativo, ormonale, vascolare etc.) ed
aumenta il rischio di ischemia cerebrale, principalmente per un aumentata
viscosità del sangue e la conseguente formazione di microtrombi [71].
Recentemente è stato inoltre dimostrato che nei soggetti con OSAS la presenza di uno shunt interatriale, da forame ovale pervio, sia più elevata
rispetto alla popolazione normale [72]. Questo tipo di shunt, quando presente, predispone il soggetto ad un elevato rischio di ictus, perché permetterebbe il passaggio dei microtrombi dal circolo venoso a quello arterioso. Si è
visto che durante le apnee questo shunt avviene ogni volta che la durata
delle apnee supera 17 secondi [73]. Generalmente, i pazienti si rivolgono al
medico per la presenza di due sintomi maggiori: il russamento e la sonnolenza diurna [74]. Nei pazienti con OSAS il russamento assume caratteristiche peculiari: è un forte russamento di tipo gutturale, presente da lungo
tempo, interrotto da pause respiratorie, seguite da una ripresa della ventilazione particolarmente rumorosa. Accanto ai segni maggiori il paziente riferisce segni minori, costituiti da risvegli frequenti per la necessità di urinare,
da improvvise sensazioni di soffocamento o per abbondante sudorazione. Il
risveglio mattutino è spesso caratterizzato da cefalea di breve durata e secchezza delle fauci. Si accompagnano disturbi cognitivi con difficoltà di concentrazione e di memorizzazione, problemi sessuali con riduzione della libido fino all’impotenza e talvolta modificazioni del carattere, generalmente
nel senso dell’irritabilità (soprattutto nei bambini, dove si osserva spesso
anche agitazione psicomotoria). I pazienti con OSAS sono frequentemente
obesi (70%); in particolare sembra di valore predittivo la presenza di valori
elevati della circonferenza del collo (>43 cm) e la distribuzione assiale del
tessuto adiposo. Principale causa, e/o concausa, responsabile dell’occlusione delle prime vie aeree può essere la presenza di anomalie cranio-facciali
(retrognazia e micrognazia, angolazione del basicranio), ostruzioni nasali,
ipertrofia tonsillare e/o adenoidea, palato ogivale, prolasso dell’ugola,
macroglossia, edema della laringe. L’ipertensione, inizialmente solo diastolica, è spesso presente. L’OSAS è frequentemente associata a broncopneumopatia cronica ostruttiva, in questo caso si parla di Overlap Syndrome. In questi casi è possibile che si instauri rapidamente un’ipoventilazione diurna,
con aspetti clinici tipo cuore polmonare cronico. E’ fondamentale distinguere il russamento tipico dell’OSAS da uno spasmo laringeo, possibile espressione di altre patologie neurologiche di tipo degenerativo (p.e. Atrofia
Multisistemica Progressiva, Sclerosi Laterale Amiotrofica). Per questo motivo è indispensabile sottoporre il paziente ad un esame neurologico completo.
Per una diagnosi corretta è necessario eseguire indagini strumentali,
quali la polisonnografia notturna (PSG) completa. Oltre ai canali EEG e poli-
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
grafici comuni è necessario registrare, per l’intera durata del sonno notturno, il flusso aereo oronasale, i movimenti respirartorii toraco-addominali,
l’elettromiogramma dei muscoli tibiali, l’elettrocardiogramma ed i livelli di
saturazione di ossigeno. Ciò consente una valutazione quantitativa e qualitativa della severità della sindrome, indicando il tipo di apnea (ostruttiva,
centrale o mista), permettendo di calcolare l’indice orario di apnea/ipopnea,
l’entità delle desaturazioni di O2, le variazioni della frequenza cardiaca, la
presenza di movimenti periodici durante il sonno e il sovvertimento dell’architettura ipnica. L’iter diagnostico, infine, andrebbe completato con le
prove di funzionalità respiratoria, la rinomanometria e la cefalometria. L’OSAS segue un’evoluzione naturale dallo stadio 0 con il solo russamento associato a lieve sonnolenza diurna fino allo stadio 3, in cui l’ipoventilazione
alveolare è presente anche durante la veglia e si evidenziano gravi disturbi
cardiocircolatori.
Trattamento
Non esistono trattamenti farmacologici risultati efficaci. In caso di OSAS
di grado lieve, generalmente di tipo posizionale ed in relazione spesso al
sovrappeso, sono sufficienti alcune raccomandazioni volte a promuovere la
perdita di peso e ad evitare l’assunzione di sostanze che possono deprimere
il sistema nervoso centrale come etanolo e sedativi. Se viene accertata una
relazione con la posizione assunta durante il sonno, è bene raccomandare al
paziente di evitare il decubito supino con opportuni accorgimenti (uso di
palla da tennis posizionata fra le scapole, cuscino cuneiforme, dispositivo
sonoro che viene attivato quando il paziente assume la posizione supina).
CPAP e BIPAP
Questi dispositivi a pressione positiva continua (CPAP), o a pressione
differenziata per inspirazione ed espirazione (BIPAP), rappresentano il trattamento più efficace nella terapia dell’OSAS. Essi comprimono l’aria
ambientale e la incanalano ad una data pressione in una maschera nasale o
naso-buccale in modo da garantire la pervietà delle vie aeree superiori.
L’entità della pressione deve essere stabilita individualmente per ciascun
paziente, tenendo conto del fatto che la pressione ottimale è quella minima
richiesta per eliminare completamente le apnee ostruttive, le ipopnee ed il
russamento. La BIPAP viene principalmente utilizzata per trattare pazienti
che richiedono valori pressori molto elevati, tali da rendere fastidiosa l’espirazione, oppure in caso di pazienti con Overlap Syndrome. Negli ultimi anni
si sono resi disponibili dispositivi CPAP autotaranti in grado di riconoscere
autonomamente gli eventi respiratori patologici e di erogare al soggetto
pressioni variabili in relazione alle sue necessità. Risultano particolarmente
utili in pazienti con OSAS di grado medio-elevato, in cui i valori di pressione terapeutica variano molto in rapporto alla posizione assunta dal sogget-
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
to ed al tipo di sonno (NREM-REM). Gli svantaggi della CPAP consistono
nella resistenza psicologica che il paziente oppone di notte nell’affidarsi ad
una macchina, nella comparsa di claustrofobia o sensazioni di soffocamento
in relazione all’apertura della bocca. La compliance (intorno al 60-80% dei
pazienti) è in relazione con la gravità della sonnolenza diurna e viene enormemente aumentata mediante una paziente opera di persuasione e con
intenso allenamento respiratorio.
Approcci Chirurgici
I pazienti più adatti per un approccio chirurgico sono generalmente quelli di grado medio-lieve, oppure quelli che, anche se di grado severo, presentano anormalità cranio-facciali o faringee di entità tale da rappresentare la
componente predominante tra le cause dell’OSAS. Al fine di risolvere l’ostruzione delle vie aeree superiori, l’intervento viene personalizzato sulla
base della valutazione globale dei tre livelli possibili di ostruzione potenziale: il naso (plastica del setto, polipectomia, o riduzione dei turbinati), il palato molle (resezione tramite uvolopalatofaringoplastica, uvolopalatoplastica,
uvoloflap), la base della lingua (avanzamento dello ioide e della lingua).
Spesso occorre intervenire su più livelli, in tempi diversi o contemporaneamente. Il russamento sottopone il faringe a continui sussulti vibratori, tali da
causare negli anni, insieme agli eventi respiratori ostruttivi, irritazione della
mucosa faringea ed edema del faringe. Per questo motivo tutti i pazienti
indirizzati verso l’intervento chirurgico devono comunque essere stati trattati per alcuni mesi con un dispositivo CPAP per ridurre l’entità dell’edema
faringeo. La tracheostomia ha rappresentato il primo trattamento chirurgico
per l’OSAS. Oggi questo tipo di intervento risulta necessario soltanto in casi
disperati e molto particolari. Anche se praticata di rado, la tracheostomia
consente un netto e immediato miglioramento ai soggetti con OSAS severa.
Applicazione dentarie
Questo tipo di terapia può essere applicata in pazienti con OSAS di
grado medio-lieve, quando le apnee sono principalmente dovute a retrognazia ed il paziente, in genere giovane, non riesce a sopportare (per motivi
psicologici o fisici) un trattamento con un dispositivo CPAP. Tuttavia, lo spazio guadagnato è molto più limitato che nei procedimenti chirurgici. Il vantaggio di questi metodi rispetto alla chirurgia è che essi non comportano
alcuna variazione anatomica permanente né alcun rischio chirurgico.
Disturbi dell’inizio del sonno “per associazione”
Sono quadri d’insonnia che s’instaurano in un bambino quando, nello
stato di veglia che precede l’addormentamento, vengono improvvisamente a
mancare oggetti, situazioni o cerimoniali che normalmente accompagnano
l’addormentamento stesso. Questi possono essere costituiti da attivi inter-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
venti di chi gestisce il bambino (cullarlo, tenerlo in braccio ecc) o dalla percezione passiva di aspetti ripetitivi (la presenza costante di una luce ecc).
Disturbo del sonno “per mancata identificazione del limite”
Si tratta di una forma di riduzione del tempo di sonno che usualmente
insorge nell’età in cui il bimbo recupera un’autonomia motoria che gli permette di allontanarsi volontariamente dal posto per dormire. Se si stabilisce
il disturbo, il bambino inventa una serie di sotterfugi che hanno l’intento di
prolungare il periodo di veglia e di permettergli di rimanere al di fuori del
limite (temporale, logistico): bisogno di bere, bisogno di andare al bagno ecc.
La perdita del sonno non è solo del momento di addormentarsi, ma può reinstaurarsi anche nel cuore della notte, successivamente ad un risveglio notturno. La mancanza di direttive precise può far sorgere nel bambino una
situazione di ansia, che a sua volta rinforza il meccanismo dell’insonnia e
amplifica il disturbo.
Trattamento
La scomparsa del disturbo è condizionata dalla capacità, da parte di chi
accudisce il bambino, di far recepire il messaggio che il momento di andare
a letto è definito da regole inderogabili.
Insonnia da inadeguata igiene del sonno
Si tratta di una forma di insonnia che può già iniziare in età anche precoce, quando prende origine da comportamenti inadeguati di chi ha la responsabilità di accudire i bambini (in genere i genitori). In questi casi non viene
organizzata la giornata del bambino in uno schema minimamente ordinato
e regolare. Quando persegue fino ad un età post-adolescenziale diventano
però importanti anche scelte e abitudini personali.
Può anche esordire solo in età adulta, e si caratterizza allora o per la
messa in atto di comportamenti che non facilitano l’addormentamento o per
la presenza, all’interno dell’ambiente in cui si deve dormire, di elementi o
situazioni capaci di ostacolare il sonno stesso.
Il disturbo riguarda tutta la giornata, nel senso che può consistere in una
difficoltà ad addormentarsi, in risvegli notturni ripetuti di varia durata, ma
anche in una disorganizzazione riguardante i momenti di riposo diurno che
possono interferire con la qualità del sonno notturno per una riduzione della
potenza del processo omeostatico che si “scarica” ogniqualvolta si dorme.
Trattamento
Consiste nel ristabilire regole di vita precise, basate sul buon senso, per
eliminare questo tipo di insonnia. In altri pazienti, un’anormale o errata loro
risposta ad occasionali episodi di insonnia può avere instaurato un circolo
vizioso (uso ed abuso di alcolici o di ipnotici, riposi diurni ecc.) per cui una
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
semplice correzione di tali comportamenti può rappresentare un fondamentale e definitivo aiuto.
I consigli da suggerire al paziente per abitudini favorenti un buon sonno
si possono schematizzare nel seguente modo:
1. favorire la regolarità del ritmo sonno-veglia, mantenendo costanti
sia l’ora di coricarsi che quella di sveglia, a prescindere alla qualità del
sonno nella notte precedente e/o dall’essere in un periodo di vacanza;
2. se trenta minuti dopo essersi coricati si è ancora svegli conviene
alzarsi e cercare di rilassarsi in un altro modo, e non insistere nel volersi
addormentare;
3. limitare l’uso della camera da letto esclusivamente al sonno, evitando di utilizzarla per mangiare,leggere, lavorare o guardare la televisione
ecc.;
4. evitare di fare esercizio fisico nelle ore immediatamente precedenti
l’addormentamento (dopo le 19), tende ad evitare il fisiologico abbassamento della temperatura corporea in concomitanza con le ore notturne;
5. evitare attività mentali troppo impegnative o letture o spettacoli
emotivamente disturbanti o intellettualmente esigenti prima di coricarsi;
6. non consumare alcol, caffè o bevande contenenti caffeina alla sera;
7. evitare di andare a letto a digiuno o dopo un pasto eccessivo;
8. evitare il fumo prima di coricarsi;
9. evitare di dormire durante il giorno o alla sera davanti al televisore;
10. far in modo che la camera da letto sia buia, fresca e silenziosa;
11. allontanare la sveglia da una visione diretta;
12. crearsi delle abitudini prima di andare a letto (sconsigliato però in
persone con disturbi di tipo ossessivo-compulsivo);
13. evitare di fare bagni caldi o docce bollenti immediatamente prima
di coricarsi (un bagno caldo fa rilassare la muscolatura, ma si oppone al
fisiologico abbassamento della temperatura corporea nelle ore notturne);
14. evitare di utilizzare farmaci che possono interferire con l’organizzazione e lo sviluppo del sonno.
Sindrome da “sonno insufficiente”
Si definiscono situazioni nelle quali un soggetto, in assenza di patologia
psichica o fisica, riduce senza una coscienza attuale del fenomeno, il suo
sonno quotidiano, avendone delle conseguenze sul piano sintomatologico e
comportamentale. Questa sindrome consiste in una riduzione quantitativa
del sonno che mantiene inalterati i suoi aspetti qualitativi; la comparsa di
disturbi durante lo stato di veglia, la possibilità immediata di un ritorno ad
una normale rappresentazione quantitativa del sonno quando si realizzi una
condizione a ciò favorevole.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Trattamento
Il provvedimento terapeutico efficace è costituito solo dalla presa di
coscienza e dalla identificazione corretta da parte del paziente della causa dei
suoi disturbi con una conseguente mutata organizzazione dell’attività e degli
orari quotidiani di sonno-veglia.
Insonnia da assunzione durante la notte di cibo/bevande
Si può manifestare sia in età infantile sia in età adulta. Nei primi mesi di
vita il lattante fisiologicamente si sveglia nella notte per chiedere cibo, ma
l’organizzazione dell’attività quotidiana e la crescita rendono sempre meno
efficaci i cosiddetti segnali notturni della fame, in modo tale che normalmente i risvegli durante il sonno di notte gradatamente si riducono fino a
scomparire. Nella sindrome dell’insonnia da assunzione notturna di cibo o
bevande, la fame è più di tipo “appreso” che reale, ossia non è causata da un
vero deficit nutrizionale ( semmai, la quantità di cibo assunta nelle 24 ore
risulta alla fine eccessiva).
Nell’adulto è nota come “night-eating sindrome” (NES), caratterizzata
clinicamente dalla triade iperfagia notturna, insonnia e anoressia mattutina.
Si tratta in genere di soggetti attorno ai 35 anni, sovrappeso , nella stragrande maggioranza dei casi, di sesso femminile. La NES è caratterizzata dal
assenza di patologia psichiatrica, anche se gli episodi patologici notturni
sono caratterizzati costantemente da una componente compulsiva di spiccata entità ed il soggetto non riesce a riaddormentarsi senza aver ingerito cibo
o bevande. Il risveglio notturno ha assolutamente caratteristiche di normalità. Gli episodi critici sembrano indipendenti rispetto alle specifiche fasi del
sonno.
Trattamento
Nel bambino l’intervento terapeutico è in questo caso di tipo comportamentale e mira da un lato a ridurre la quantità di cibo somministrato ogni
volta che il bimbo lo richieda per addormentarsi, dall’altra ad aumentare
gradatamente il tempo che intercorre dal momento del risveglio notturno a
quello della somministrazione del cibo.
Nell’adulto la night eating syndrome viene trattata con d-fenfluramina
che ha mostrato costantemente alti livelli di efficacia.
Sostanze che causano insonnia (uso ed abuso)
Sostanze ad azione stimolante sul sistema nervoso centrale
Le sostanze che, in misura tuttavia differente in termini quantitativi, possono rientrare in questo categoria sono l’amfetamina e le altre sostanze amfetamino-simili (amine simpaticomimetiche) come la cocaina, la nicotina, le
metilxantine (caffeina, teina e anche teofillina). Vengono utilizzate a livello
terapeutico per la presenza di effetti simpaticomimetici periferici, la riduzione del senso di fame o il controllo dell’eccitamento e dei disturbi dell’atten48
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
zione nell’età infantile. L’insonnia che queste sostanze possono indurre si
inserisce nell’effetto più generale della stimolazione del sistema nervoso. Si
assiste quindi ad un aumento generale di attività neuronale per incremento
dell’eccitabilità, dipendente o da un blocco di meccanismi inibitori o da sollecitazione di meccanismi eccitatori, stimolando sia a livello delle strutture
corticali che a livello dei distretti profondi sottocorticali. Genericamente queste sostanze riducono la quantità di sonno REM con allungamento anche
della sua latenza, riducono il sonno a onde lente ed aumentano globalmente il tempo di veglia.
Sostanze che deprimono il SNC
I farmaci ai quali si fa di solito riferimento in questo caso sono fondamentalmente i barbiturici e le benzodiazepine (anche se non solo questi). E’
singolare notare che proprio i farmaci utilizzati per curare l’insonnia possono invece essere loro stessi responsabili della comparsa o dell’aggravamento di un quadro di insonnia. Infatti il ripristino di un sonno comportamentale solo apparentemente normale potrebbe essere una specie di insonnia.
Questi farmaci riducono la latenza di sonno e diminuiscono i risvegli notturni ma alterano l’organizzazione ipnica riducendo d’altra parte la quantità
di sonno REM e delle fasi più lente del sonno a favore di una espansa fase II
di sonno più superficiale. L’uso di sedativi od ipnotici possono comunque
dare origine a problemi di insonnia vera e propria. Questo può succedere:
1. conseguentemente ad un uso eccessivo (e/o prolungato ) del farmaco;
2. all’atto della sua sospensione;
3. per meccanismi farmacocinetici intrinseci al farmaco stesso.
L’uso eccessivo e/o prolungato di un ipnotico, d’altra parte, conduce quasi costantemente ad una situazione di tolleranza con passi successivi obbligati, che sono costituiti da una caduta dell’efficacia e dal successivo incremento
della dose: tutti e due questi momenti alterano ulteriormente il sonno con
comparsa di segni reali di insonnia. Gli inconvenienti descritti sono molto difficili da eliminare una volta che si siano instaurati. Ogni sforzo deve essere
fatto perciò perché tali situazioni non si realizzino e ciò si ottiene con una
attenta, oculata prescrizione del farmaco e una stretta sorveglianza sul suo
uso, in termini di quantità e di tempo, impegnando il paziente a restare sotto
controllo medico e a farsi controllare frequentemente senza che periodi troppo lunghi di autosomministrazione siano trascorsi. Il tempo di assunzione di
queste sostanze non dovrebbe comunque superare le 6 settimane al massimo.
Alcool
E’ necessario distinguere tre condizioni di assunzione: acuta, cronica o di
brusca interruzione rispetto all’assunzione. Si passa da un iniziale aumento
delle fasi più profonde del sonno lento (fasi III e IV), ad una frammentazione del sonno REM e ad un incremento dei risvegli e dei cambiamenti di fase,
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
soprattutto nella seconda metà della notte quando il livello alcolemico diminuisce (assunzione acuta), per raggiungere in seguito ad assunzione prolungata di alcol, una condizione più chiara di insonnia con riduzione del sonno
REM e del sonno ad onde lente (fasi II e IV), associata ad alterata regolarità
del sonno nel suo complesso con numerosi risvegli più o meno lunghi ed numerosi microrisvegli (condizione di iperarousal). La tolleranza causa conseguentemente ridotta efficacia nell’induzione e nel mantenimento del sonno.
In seguito alla sospensione appare una situazione di insonnia talora ancora
più grave per intensità e disturbi associati, rispetto alla condizione di astinenza di partenza. Queste modificazioni, persistendo l’astinenza, tendono a
ridursi con un graduale progressivo ritorno alla normalità entro un anno.
Altre sostanze
Altre sostanze che si sono mostrate capaci di alterare la struttura ipnica,
soprattutto nel senso dell’insonnia, appartengono a classi di farmaci di
comune impiego nella pratica clinica. Sono da evidenziare in particolar
modo alcuni ipotensivi, alcuni antiaritmici, un miorilassante, la L-DOPA,
talora gli antiepilettici. Abbastanza spesso si tratta di sostanze liposolubili
attive sulla membrana cellulare o di sostanze in grado di intervenire a livello neurotrasmettitoriale. Questi prodotti possono alterare in varia misura e
in diversa direzione l’organizzazione ipnica, ma possono avere effetti anche
opposti a dosaggi diversi. In questo stesso gruppo possono essere poste
sostanze tossiche o metalli pesanti in grado di alterare il livello di coscienza
( e quindi il sonno) nel senso dell’eccitazione o in quello della sedazione, non
solo a dosaggio diverso (di solito, basse dosi: insonnia; alte dosi: sonnolenza
e sedazione) ma successivamente in tutti e due i sensi all’interno dello stesso episodio di intossicazione.
Ipersonnie
Con ipersonnia si intende una condizione di eccessiva sonnolenza diurna che può comportare frequenti assopimenti od addormentamenti anche di
breve durata. La più comune causa di eccessiva sonnolenza diurna, nella
nostra società, è la deprivazione cronica di sonno. Dormiamo il 20% meno
dei nostri antenati di un secolo fa. Circa il 20% dei lavoratori nelle società
industrializzate è addetto a turni di notte. E’ stato dimostrato che i lavoratori turnisti con turni notturni dormono in media 8 ore in meno alla settimana
dei lavoratori diurni, perdita pari a un'intera notte di sonno ogni settimana.
Si dovrebbe sottolineare che la quantità sufficiente di sonno non è misurabile in termini di ore assolute di sonno ottenuto, ma dalla capacità di dormire
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
in misura sufficiente per svegliarsi riposati e ristabiliti. La sonnolenza diurna eccessiva è la conseguenza inevitabile di un sonno notturno quantitativamente e/o qualitativamente insufficiente. L’eccessiva sonnolenza diurna
può essere legata a numerose cause: mediche, farmacologiche (farmaci neuropsicotropi ad azione depressiva sul SNC, antiistaminici, calcio-antagonisti
immunosopressori etc.). La privazione di sonno, volontaria o determinata da
fattori sociali, l’insonnia, i disturbi del sonno ed in particolare l’OSAS, il
“maladattamento” al lavoro notturno determinano costantemente sonnolenza diurna. L’impatto della sonnolenza ha serie conseguenze mediche e sociali; infatti, dati della letteratura mostrano come l’eccessiva sonnolenza può
aumentare il rischio di errori umani ed in particolare di infortuni sul lavoro
e di incidenti stradali [75].
In assenza di deprivazione di sonno, il disturbo riferito come eccessiva
sonnolenza diurna deve essere considerato molto seriamente. Una sonnolenza non spiegabile è quasi senza eccezione la conseguenza di un disturbo
del sonno identificabile e trattabile, più comunemente una sindrome da
apnee morfeiche, una narcolessia o una ipersonnia idiopatica.
Ipersonnie primarie
Narcolessia
La narcolessia venne inizialmente classificata come un disturbo psichiatrico primario e solo in un secondo tempo è stata infine riconosciuta come un
disturbo neurologico organico del sonno; è caratterizzata dalla possibile dissociazione fra sonno e veglia per cui componenti di uno stato (sonno REM o
NREM) appaiono in un altro (veglia).
Honda e Juiji [76] proposero i seguenti due criteri diagnostici: brevi episodi di sonno diurni ricorrenti e addormentamenti che si verificano quasi
ogni giorno per un periodo di almeno sei mesi, unitamente alla conferma clinica di cataplessia nell’anamnesi del paziente, in concomitanza alla storia di
brevi episodi di sonno.
La narcolessia è un disturbo relativamente raro, con una prevalenza dello
0,09%, paragonabile a quella della sclerosi multipla. Presenta una forte componente genetica legata alla presenza del gene dell'antigene linfocitario
umano (HLA)-DR2/DQBI*0602 e ad anomalie nella produzione e nell’utilizzo del neuropeptide hypocretina. La componente genetica non è di per sé
necessaria né sufficiente per causare questa malattia, anche se i fratelli dei
pazienti con narcolessia hanno una probabilità di 60 volte maggiore di sviluppare la malattia. In questi pazienti non sono state dimostrate anomalie
strutturali costanti dell'encefalo. La grande maggioranza dei casi è pertanto
idiopatica, ma sono stati descritti rari casi di narcolessia sintomatica in
pazienti con lesioni del diencefalo, dell'ipotalamo o del ponte.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Il disturbo dì solito esordisce nell’ adolescenza o nella prima età adulta,
con un'età di esordio che varia dall’infanzia alla senescenza (da 3 a 72 anni
di età). Il disturbo, dopo un periodo relativamente breve di progressione
immediatamente successivo all'insorgenza, tende a stabilizzarsi ma raramente regredisce del tutto.
La narcolessia può essere considerata come il risultato di un alterato controllo dei limiti fra gli stati di veglia, sonno NREM e sonno REM. Soggetti
narcolettici cui sia permesso di dormire ad libitum per un tempo lungo 32
ore non presentano quantità di sonno superiori ai soggetti di controllo.
Risulta alterata la distribuzione circadiana del sonno che si presenta in episodi più brevi e più frequenti con un ritmo intorno alle 4 ore [77]. Ciò sembra spiegabile con un’iperfunzione relativa dei meccanismi REM-ON
(Figura 18-19) [78] che rende ragione, almeno in parte, sia della frammentazione del sonno notturno, dell’esordio dello stesso con un episodio di sonno
REM e dell’intrusione di sonno REM, NREM o di loro componenti nella
veglia diurna. Normalmente tutti gli elementi del sonno REM (sogni, paralisi, movimenti oculari rapidi) appiano insieme e solo durante il sonno REM.
REM on
Sistema colinergico
Tegmento laterodorsale,
nuclei peduncolopontini
REM off
Sonno REM
Inibitori selettivi
del reuptake
serotinergico
Inibitori selettivi
del reuptake adrenergico
Antidepressivi triciclici
modulatori colinergici M2
Cataplessia
Sistema serotinergico
nuclei del rafe
REM off
Sistema adrenergico
locus coerulus
D2/D3 modulatori
autorecettoriali
Sistema dopaminergico
Sistema colinorecetivo
sostanza reticolare pontina, proencefalo basale
Ipoattività colinergica
Sonnolenza
Inibitori del uptake
dopaminergico e
maggior rilascio di
stimolanti amfitaminici
deficit di orexina
area tegmentale ventrale,
sostanza nigra
Ipoattività dopaminergica
Figura 18. Rappresentazione schematica dell’alterato rapporto tra centi
REM ON, centri REM OFF ed il neuropeptide orexina. Tale squilibrio da
frutto alla ricca sintomatologia clinica (manifestazioni di sonno REM in
veglia (Cataplessia, sogni lucidi, alucinazioni ipnogogiche, paralisi del
sonno), alterazioni del ritmo REM e l’eccessiva sonnolenza diurna).
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Figura 19. Nei soggetti affetti da narcolessia i ritmi di sonno REM e del
sonno lento (attività delta) sono rallentati rispetto ai soggetti normali: i
picchi di attività delta si raggiungono ogni 240 minuti (rispetto ai 120 minu ti nei normali) e l’attività REM ON raggiunge la sua massima espressione
ogni 120 minuti (rispetto ai 90 minuti nei normali).
Tuttavia nei pazienti narcolettici i sogni e la paralisi possono apparire
indipendentemente durante la veglia (Figura 18) [79]. La cataplessia e la
paralisi da sonno rappresentano l'inappropriata intrusione o persistenza di
atonia correlata al sonno REM nello stato di veglia; conseguenzialmente le
allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche rappresentano sogni correlati al
sonno REM che si manifestano durante la veglia.
La manifestazione clinica primaria della narcolessia è la presenza episodi di sonno incoercibile (tabella 5), non desiderati o non previsti che durano
da secondi a minuti e si manifestano in momenti inappropriati, soprattutto
durante periodi di ridotta stimolazione ambientale. Durante i periodi di
eccessiva sonnolenza, un breve sonnellino (10-30 minuti) è spesso sufficientemente ristoratore. Oltre all'eccessiva sonnolenza, molti dei soggetti con
narcolessia presentano un sonno notturno frammentato da risvegli di lunga
durata. I sintomi accessori della narcolessia comprendono: cataplessia, allucinazioni ipnagogiche e paralisi da sonno. La cataplessia, che si manifesta
nel 65-70% dei pazienti con narcolessia, è caratterizzata da improvvisa perdita del tono muscolare, tipicamente scatenata da emozioni come il riso, la
rabbia, l'eccitamento, la gioia o la sorpresa. La debolezza muscolare della
cataplessia può essere completa, con conseguenti cadute a terra o la necessità di sedersi; molto più comunemente, tuttavia, la debolezza è più lieve e
focale, assume la forma di ipostenia al viso, disturbi dell’eloquio, debolezza
localizzata ad un arto o semplicemente sensazione di cedimento delle ginoc-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
chia. In genere la mandibola si abbassa, il capo si piega in avanti, le braccia
cadono di lato e le ginocchia cedono. Abitualmente un episodio di cataplessia dura alcuni secondi, ma un attacco può durare anche minuti; gli episodi
più lunghi terminano solitamente in un franco episodio di sonno.
Narcolessia certa
Narcolessia sospetta
contemporanea presenza
dei due sintomi maggiori
• eccessiva sonnolenza o episodi
di debolezza muscolare
improvvisa
• almeno uno dei sintomi minori
• almeno due segni alla
Polisonnografia (PSG)
• assenza di comorbilità mediche
o psichiatriche capaci di spiegare
i sintomi
Sintomi maggiori
Sintomi minori
• Eccessiva sonnolenza diurna
con addormentamenti ricorrenti
• Allucinazioni ipnagogiche
• Cataplessia
• Paralisi del sonno
• Comportamenti automatici
• Frammentazione del sonno
PSG
Sonno notturno:
• Latenza all’addormentamento
< 10 minuti
oppure
• Latenza al sonno REM < 20
minuti
MSLT:
• latenza media all’addormenta
mento < 5 minuti
oppure
• 2 addormentamenti in sonno
REM (SOREMPs)
Tabella 5. Criteri diagnostici.
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Tali episodi ricorrenti di debolezza possono evocare attacchi ischemici
transitori, crisi comiziali o isteria, mentre i sogni avvertiti durante l'episodio
di cataplessia possono essere occasionalmente scambiati per allucinazioni e
interpretati erroneamente come manifestazioni di sintomi psichiatrici. La
cataplessia può manifestarsi prima dell'esordio della sonnolenza, oppure
comparire dopo decenni; nel 30% dei pazienti con narcolessia non si sviluppa mai. La paralisi al risveglio dopo un episodio di sonno REM è descritta in
circa il 60% dei pazienti. Consiste in una paralisi totale del corpo, con risparmio dei movimenti respiratori e degli occhi che dura secondi o minuti ed è
generalmente assai terrorizzante per il paziente. Le allucinazioni ipnagogiche (all'inizio del sonno) o ipnopompiche (al risveglio) insorgono nel 12-50%
dei casi. Queste allucinazioni sono sogni estremamente vividi, spesso terrorizzanti, che si manifestano durante la transizione tra veglia e sonno e, occasionalmente, si associano a paralisi totale del corpo e a sensazioni di oppressione e minaccia. Tali allucinazioni sono più spaventose dei sogni convenzionali perché le immagini del sogno sorgono dall'ambiente reale rendendo
difficile la distinzione tra realtà e sogno. Può essere presente anche paralisi
da sonno, con ulteriore aggravamento dell'ansia del paziente.
Il comportamento automatico si manifesta molto frequentemente e riflette l'insorgenza simultanea o rapidamente oscillante di veglia e sonno NREM,
durante la quale gli individui sembrano essere svegli, ma non hanno piena
coscienza. Tali episodi di comportamento automatico possono essere erroneamente diagnosticati come crisi parziali complesse o stati di fuga psicogena; si dovrebbe tuttavia mettere in rilievo che non vi è relazione tra la narcolessia e l'epilessia. Meno di metà dei pazienti narcolettici presentano tutti
i 4 sintomi, l’ipersonnia stessa può restare per molti anni l’unico sintomo
presente. Nei bambini, la sonnolenza spesso si manifesta come deficit dell'attenzione o iperattività. Molti pazienti che da adulti hanno sviluppato narcolessia sono stati erroneamente interpretati come affetti da un disturbo di
questo tipo nella fase iniziale del loro decorso. La diagnosi di narcolessia
può essere sospettata dall'anamnesi, ma è necessaria una diagnosi obiettiva
mediante studi nei laboratori del sonno. Gli esami di un paziente con possibile narcolessia devono comprendere una polisonnografia della durata di
una notte eseguita prima di un Test Multiplo di Latenza del Sonno. Nel test
multiplo i pazienti con narcolessia tipicamente si addormentano entro 5
minuti e di solito presentano un sonno REM in almeno due dei cinque sonnellini del test.
Trattamento
Il trattamento con stimolanti come l'anfetamina, la metanfetamina, metilfenidato, la pemolina o il mazindol è generalmente efficace nei pazienti narcolettici nella riduzione dell'ipersonnia, probabilmente attraverso un effetto
di attivazione dopaminergica di questi agenti sul sistema reticolare attivan-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
te. La maggior parte di questi farmaci è soggetta a restrizioni in Italia. Il
modafenil, uno stimolante alfa-1 adrenergico, solo recentemente disponibile
nel nostro paese, sembra essere promettente. La dose necessaria varia
ampiamente da caso a caso.
Gli stimolanti che riducono l'ipersonnia hanno poco effetto sulle altre
componenti della sindrome, cioè la cataplessia, le allucinazioni ipnagogiche
o la paralisi da sonno. Questi sintomi rispondono agli antidepressivi triciclici, agli inibitori delle monoaminossidasi, agli inibitori specifici del reuptake
della serotonina e ai farmaci anticolinergici.
La gestione non farmacologica della narcolessia comprende il suggerimento di sonnellini disposti strategicamente nell’arco della giornata e a tale
proposito è auspicabile una stretta cooperazione con il personale insegnante
e i datori di lavoro. Il lavoro a turni, che è poco tollerato dai soggetti con narcolessia, dovrebbe essere scoraggiato.
Ipersonnia idiopatica
L’ipersonnia idiopatica comprende numerose condizioni, che si manifestano tutte come sonnolenza eccessiva diurna inspiegata. Non vi è storia di
cataplessia, né presenza di antigene HLA. Vi può essere una storia positiva
familiare di ipersonnia. Sono necessari studi formali per documentare l'assenza di anomalie non sospettate correlate al sonno e per confermare le
lamentele soggettive di sonnolenza. Come per la narcolessia, le implicazioni
terapeutiche, cioè l'uso per lunghi periodi di farmaci stimolanti, richiedono
una diagnosi obiettiva.
Gli studi formali del sonno documentano un'ipersonnia obiettiva, senza
esordi in sonno REM al test multiplo di latenza del sonno in assenza di anomalie identificabili (come apnee morfeiche o deprivazione di sonno) nella
poligrafia eseguita durante la notte precedente. La diagnosi differenziale
comprende la narcolessia "monosintomatica" (ipersonnía senza sintomi
accessori) ovvero una forma di narcolessia in cui la cataplessia non sia ancora apparsa. La deprivazione cronica di sonno è probabilmente la causa più
comune di ipersonnia e deve essere esclusa prima di formulare la diagnosi
di ipersonnia idiopatica.
Trattamento
Il trattamento si basa sull'uso di stimolanti come nella narcolessia.
Sindrome di Kleine-Levin
La sindrome di Kleine-Levin è caratterizzata da ipersonnia periodica che
dura giorni o settimane e si manifesta a intervalli di giorni o anni con periodi di normale funzione sonno/veglia e vigilanza. La classica forma idiopatica si manifesta soprattutto in maschi adolescenti, ma entrambi i sessi e tutti
i gruppi di età possono essere colpiti. L'ipersonnia periodica può essere asso-
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
ciata a iperfagia e ipersessualità. E' probabile che il disturbo rappresenti una
disfunzione ipotalamica ricorrente. Sono stati riportati casi in cui questa sindrome è occorsa dopo un lieve trauma cranico [80].
Trattamento
Non sono disponibili studi terapeutici di sufficiente numerosità, per il
periodo sintomatico sono stati proposti farmaci stimolanti.
Stupor ricorrente idiopatico (SRI).
Questa singolare condizione [81] è caratterizzata da ricorrenti episodi di
stupor, generalmente con esordio nell'età adulta, che si manifestano ad intervalli variabili. La durata dello stupor varia da ore a pochi giorni. In tutti i casi
descritti era presente un quadro EEG molto caratteristico, con attività diffusa, non reattiva a 13-18 Hz. Le manifestazioni cliniche ed EEG sono rapidamente, ma per un breve periodo, bloccate dal flumanezil, un antagonista
delle benzodiazepine.
Trattamento
Non esiste un trattamento specifico.
Ipersonnie secondarie
Ipersonnia psicofisiologica
Si tratta di episodi transitori (della durata inferiore a tre settimane) di sonnolenza e di tendenza a rimanere a letto o a ritornarvi più volte durante il
giorno non accompagnati da un reale incremento del sonno, che fanno seguito ad un cambiamento dello stile di vita, ad un conflitto o ad una situazione
di perdita. Questo disturbo, non facilmente differenziabile da una reazione
depressiva minore, può talora evolvere in una condizione persistente di astenia e sonnolenza diurna.
Trattamento
La terapia dell’ipersonnia è in rapporto con la causa del disturbo.
Ipersonnia post-traumatica
L’ipersonnia postraumatica, o sonnolenza secondaria, è un disturbo
caratterizzato da eccessiva sonnolenza che può insorgere in seguito ad un
evento traumatico che coinvolge il sistema nervoso centrale. L’ipersonnia
può frequentemente svilupparsi nel periodo immediatamente successivo al
trauma stesso, associandosi a cefalea, affatticabilità, disturbi della memoria
(encefalopatia post-traumatica). I pazienti presentano numerosi episodi di
sonno diurno, caratterizzati da sonno NREM. I pazienti che accusano disturbi del sonno a distanza dal trauma, e in special modo ipersonnia, sono quelli che sul piano comportamentale, sociale ed in particolare lavorativo risen-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
tono in maniera più grave del trauma cranico: questi soggetti sviluppano
infatti ansia, depressione, sono spesso apatici e hanno difficoltà di comunicazione e di reinserimento nel mondo del lavoro.
Le sedi di lesione più spesso associate con questo disturbo sono: l’ipotalamo posteriore, la regione pineale, la fossa cranica posteriore.
Frequentemente i pazienti sonnolenti presentano lesioni diffuse nel tronco,
nella corteccia cerebrale e nel diencefalo.
Trattamento
Non è possibile altro tipo di trattamento che quello farmacologico sintomatico. In quest’ottica si è mostrato utile l’impiego di psicostimolanti (metilfenidato, pemolina).
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Parasonnie
Sono eventi disfunzionali legati al sonno che non comportano un’alterazione significativa della struttura del sonno, spesso interpretabili come attivazione del SNC, generalmente ad evoluzione benigna. Rappresentano un
gruppo eterogeneo di disturbi, accomunati da alcune caratteristiche: eziologia non chiarita, familiarità, correlazione con l’età, mancanza di problemi
medici, assenza di anomalie polisonnografiche, risoluzione spontanea. Le
parasonnie vengono classificate in primarie, se si tratta di distrubi degli stati
di sonno o della fase di transizione sonno-veglia, e secondarie, se legate a
disturbi di altri sistemi organici che si manifestano durante il sonno. Tra le
parasonnie primarie si distinguono quindi le parasonnie in sonno NREM, in
sonno REM e associate alla transizione sonno-veglia (Figura 20). Le parasonnie secondarie invece possono essere ulteriormente classificate a seconda
del sistema organico coinvolto.
Figura 20. Le manifestazioni delle parasonnie sono legate al concetto che
i centri responsabili per lo stato della veglia, del sonno REM e quello del
sonno NREM possono attivarsi simultaneamente od oscillare rapidamen te. Sonno e veglia sono quindi stati dinamici e non reciprocamente esclusi vi. Questo concetto è fondamentale per comprendere le parasonnie primarie
(disturbi legati al sonno e al passaggio con la veglia). Le parasonnie secon darie (p.es. crisi comiziali e disturbi psicogeni) sono disturbi di altri sistemi
organici che si manifestano durante il sonno e sono spesso da considerare
nella diagnosi differenziale.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Parasonnie in sonno NREM
Si tratta di disturbi dei meccanismi del risveglio, che avvengono più spesso nel primo terzo del sonno, generalmente al termine delle fasi NREM del
primo ciclo nel momento della transizione verso il sonno REM. Si verifica un
risveglio incompleto, che può determinare comportamenti diversi; i soggetti (che presentano un sonno profondo molto ben rappresentato e hanno difficoltà ad essere risvegliati) non hanno memoria dell’accaduto. Insorgono
tipicamente in età infantile riducendosi di frequenza con l’età e frequentemente riconoscono un pattern di familiarità. Si distinguono: a) immagini
ipnagogiche (spesso riferite come dicotomie tra REM-NREM e sogni-non
sogni, sovente fenomeni poco distinti); b) scosse ipniche (riferite come una
scossa improvvisa di tutto il corpo che occasionalmente risveglia il paziente); c) fenomeni visivi, uditivi o somestesici (allucinazioni); d) disturbi dell’arousal distinti in:
Risvegli confusionali
Consistono in episodi (durata da 30 secondi a 5 minuti) di parziale risveglio con confusione, disorientamento, pianto inconsolabile e reattività
incompleta a stimoli esterni, non accompagnati da deambulazione e espressioni di terrore. Generalmente insorgono prima dei 5 anni.
Pavor nocturnus (Terrori del sonno)
Gli episodi si verificano prevalentemente nel primo terzo della notte,
soprattutto durante i risvegli dal sonno NREM lento (stadi 3 e 4) [82, 83].
Quando vi sono molti episodi in una stessa notte, possono insorgere in qua lunque momento del sonno o anche durante i sonnellini pomeridiani.
Il soggetto si siede sul letto e produce un urlo drammatico, associato ad
espressioni di terrore sul volto; coesistono fenomeni autonomici quali
aumento della frequenza cardiaca, tachipnea, midriasi, marcata sudorazione. Inizia con un urlo raggelante associato a estremo panico, seguito da notevole attività motoria come battere contro il muro, correre nella stanza o al di
fuori di essa. Gli attacchi durano da 30 secondi a 5 minuti e svaniscono poi
da soli. Una caratteristica sempre presente è l’inconsolabilità, ed è altrettanto tipica un’amnesia completa o incompleta. Una volta sveglio, il soggetto si
ricorda di avere avuto difficoltà a respirare e di avere percepito un aumento
delle palpitazioni, ma solo molto raramente riferisce un dettagliata attività
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
mentale e nei rari casi in cui persiste un ricordo, viene descritto solo un
immagine ferma, mai un sogno. Quando insorgono nei bambini (prevalentemente tra i 5 e i 7 anni) questi attacchi prendono il nome di pavor, nell’adulto (più frequentemente dai 20 ai 30 anni) si usa invece il termine incubo.
Gli incubi non devono essere confusi con i sogni terrifici che colpiscono i
dormienti durante la fase REM. L’incidenza è piuttosto bassa, colpendo circa
il 3 % dei bambini e l’1% degli adulti. Gli attacchi di terrore raramente portano a psicopatologia nel bambino e scompaiono con l’età adolescenziale.
Negli adulti invece possono portare a psicopatologie. La diagnosi differenziale include condizioni di attacchi di panico in sonno, ansia notturna collegata all’apnea ostruttiva, ischemia cardiaca notturna, attacchi epilettici in
corso di sonno [84, 85].
Trattamento
Quando gli episodi sono rari, la terapia non è necessaria. I genitori dei
pazienti più giovani vanno semplicemente rassicurati. Quando gli episodi
sono frequenti si dovrebbero ponderare vantaggi e svantaggi della terapia
farmacologica che consiste nell’ assunzione, all’ora di andare a letto, di diazepam [ 86] o altre benzodiazepine, soprattutto clonazepam, oppure antidepressivi triciclici. La psicoterapia e/o le tecniche per ridurre lo stress a volte
si rivelano efficaci, soprattutto negli adulti.
Sonnambulismo
Durante il primo terzo della notte il soggetto presenta complessi automatismi comportamentali, tra i quali alzarsi dal letto e camminare, azioni
complesse come per esempio toccare e riassettare coperte o cuscino; i movimenti sono in generale più goffi del normale. I comportamenti automatici
possono essere complessi (cucinare, mangiare, suonare uno strumento musicale, pulire la casa, addirittura guidare un’automobile) e accompagnarsi a
vocalizzazioni o sonniloquio, ben diversi però dalle urla tipiche dei terrori
notturni. La reattività a stimoli esterni è ridotta. La durata degli episodi è in
genere di meno di 15 minuti, anche se sono stati descritti episodi di durata
di oltre 1 ora. L’esordio avviene più spesso tra i 4 e gli 8 anni, con picco a 12.
Spesso il disturbo è familiare. La diagnosi differenziale è da fare principalmente rispetto agli attacchi di epilessia frontale notturna.
Trattamento
L’approccio terapeutico dipende dalla frequenza degli episodi e dal
rischio di incidenti. In linea generale è bene adottare accorgimenti in casa per
garantire la sicurezza del soggetto, favorire un ritmo sonno-veglia regolare,
evitare la deprivazione di sonno, cercare di non svegliare il soggetto durante l’episodio critico. E’ possibile adottare tecniche di rilassamento, o com-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
portamentali (risvegli programmati circa 15 minuti prima dell’orario previsto), o eventualmente psicoterapia, laddove sia richiesta.
La farmacoterapia è consigliata solo in casi con sintomatologia importante e nei casi più resistenti, l’utilizzo di benzodiazepine e antidepressivi triciclici si basa sugli effetti di stabilizzazione del sonno (riduzione degli arousal), diminuzione del sonno a onde lente e soppressione del sonno REM,
anche se è frequente, soprattutto in età pediatrica, la comparsa di effetti collaterali (alterazioni del comportamento, memoria e attenzione, astenia, fenomeni allucinatori) legati all’uso di composti benzodiazepinici.
Un’alternativa terapeutica (in età evolutiva) è rappresentata dall’L-5-idrossitriptofano (50-100 mg all’addormentamento), in quanto precursore della
serotonina, un cui deficit è ipotizzato nella genesi di questi disturbi.
Parasonnie del sonno REM
Sogni terrifici
Sogni a contenuto terrifico che avvengono nella seconda metà della notte
e che possono determinare un risveglio del soggetto, che ricorda il contenuto del sogno e presenta sensorio integro. Raramente si associano a sintomi
vegetativi e ad attività motoria. Sono prevalenti in età evolutiva, e comunque
rappresentano un problema solo se i sogni terrifici sono molto frequenti.
Trattamento
L’approccio terapeutico dovrà tenere conto di questi fattori, specie in vista
di un trattamento psicoterapeutico. L’imipramina può essere utile in quanto
sopprime il sonno REM. Possono essere impiegati anche sedativi minori.
Disordine comportamentale in sonno REM
Viene così definito un disturbo del comportamento motorio in sonno
REM, determinato dall’assenza dell’atonia muscolare tipica di questa fase,
mentre sono mantenute le caratteristiche dell’EEG e dei movimenti oculari.
I meccanismi sovraspinali responsabili dell’atonia REM originano nell’area
intorno al locus coeruleus-nucleo alfa del ponte, che eccita neuroni del
nucleo reticolare magnocellulare del bulbo, che a sua volta presenta proiezioni inibitorie discendenti ai motoneuroni alfa. Ne derivano iperpolarizzazione e atonia muscolare. L’atonia REM pertanto rappresenta una paralisi
attiva che coinvolge specifici circuiti neuronali e non un semplice rilassamento passivo di muscoli somatici. Il soggetto presenta movimenti com62
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
plessi, apparentemente finalizzati, a volte anche violenti, che possono determinare lacerazioni, fratture e violenti comportamenti espressione della
messa in atto di sogni terrifici, pericolosi per sé e il compagno di letto. Se svegliato il soggetto spesso ricorda il contenuto del sogno e i movimenti appaiono coerenti con il contenuto del sogno stesso. Il disturbo può essere idiopatico o collegato a patologie neurologiche degenerative come la malattia di
Parkinson, le demenze, la paralisi sopranucleare progressiva e l’atrofia multisistemica di cui può rappresentare il sintomo più precoce precedendo la
comparsa dei disturbi diurni anche di 10 anni.
Trattamento
Il clonazepam (0,5-1 mg all’addormentamento) si è dimostrato molto efficace perché controlla sia le componenti comportamentali sia quelle dei sogni
disturbati. Il disturbo si ripresenta immediatamente quando il paziente non
assume clonazepam una data notte.
Parasonnie della transizione veglia sonno
Movimenti ritmici in sonno
Tipici dell’età compresa fra 0 e 2 anni, sono fenomeni caratterizzati da
movimenti ritmici, ripetitivi e stereotipati che interessano tutto il corpo
(body rocking) o solo la testa e il collo (head banging o iactatio capitis o head
rolling).Tali movimenti possono risultare talmente violenti da provocare
ematomi subdurali, emorragie retiniche, calli ossei frontali. Generalmente
sono riscontrabili nelle fasi di sonno leggero, sia in soggetti normali sia in
soggetti affetti da forme di ritardo mentale o da autismo.
Trattamento
Si è dimostrata efficace la terapia comportamentale e/o clonazepam (in
casi di difficile risoluzione).
Altre parasonnie primarie
Bruxismo
Consiste in contrazioni stereotipate e involontarie dei muscoli masseteri,
temporali e pterigoidei, che insorgono durante il sonno e generano un digri-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
gnamento dei denti con conseguente emissione di un rumore caratteristico e
spiacevole. Gli episodi, che possono durare 5-15 secondi, sono parossistici e
si ripetono più volte nel sonno; si verificano in tutte le fasi del sonno, con
prevalenza nella fase 2 del sonno NREM. Al mattino può residuare dolore
alle mascelle e, occasionalmente, cefalea. Il disturbo ha un’incidenza del 1522% nella popolazione generale e fino all’88% nei bambini Il bruxismo può
essere legato a condizioni quali malocclusioni, fattori psicologici (ansia),
disturbi del movimento (discinesie orofacciali, morbo di Parkinson); è frequente in soggetti con ritardo mentale e paralisi cerebrale infantile.
Trattamento
L’approccio terapeutico prevede interventi diversi tra loro: apparecchi
ortodontici e tecniche di rilassamento, nei casi più gravi si può fare ricorso
alla tossina botulinica e a stimolazioni elettriche locali.
Enuresi notturna
Consiste nella presenza di episodi isolati o ripetuti di minzione involontaria durante il sonno, in soggetti di età superiore a 5 anni, in assenza di diabete, epilessia o infezioni delle vie urinarie. Può comparire in qualunque fase
del sonno, e dipende dall’interazione di più fattori (immaturità dei sistemi
di continenza vescicale, riduzione del picco notturno di ADH, ridotta o mancata risposta agli stimoli risveglianti, cause psicologiche). Può associarsi
anche ad OSAS, malattie psichiatriche, parasonnie NREM. I fattori genetici
rivestono notevole importanza nel determinismo di questo disturbo.
L’enuresi può tuttavia essere la sola manifestazione di crisi comiziali notturne. Lo studio formale PSG con un montaggio completo per le crisi e un rilevatore per l’enuresi è indicato nei casi con storia clinica atipica o che non
rispondono alla terapia convenzionale.
Trattamento
Il trattamento può essere comportamentale (che va da norme igieniche
generali a esercizi di condizionamento sfinterico, fino a psicoterapia al
paziente e counseling alla famiglia) e/o farmacologico (desmopressina, per
normalizzare la secrezione endogena di ADH, 20-40 mcg alla sera, imipramina 25-50 mg).
Mioclonie ipniche
Clonie brevi, isolate o in sequenza, localizzate soprattutto agli arti inferiori, ma che possono estendersi a tutto il corpo, tipiche della transizione
dalla veglia al sonno 1. A volte sono scatenate da stress fisici o emotivi, o
anche da irregolarità del ritmo circadiano.
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Trattamento
Solitamente non richiedono trattamento, anche se possono essere talmente frequenti ed intense da determinare un disturbo cronico dell’addormentamento, e conseguentemente richiedere provvedimenti terapeutici.
Sonniloquio
Tale fenomeno è rappresentato da verbalizzazioni (più o meno) strutturate non correlate a un particolare stadio del sonno (anche se sono più frequenti negli stadi 1 e 2 di sonno NREM), frequentemente associate ad altre
parasonnie. Consiste nell’emissione di suoni inarticolati o di veri e propri
discorsi in corso di sonno, senza che il soggetto abbia coscienza dell’accaduto. Il disturbo sembra più comune nel sesso maschile, con una certa tendenza alla familiarità. Gli episodi si manifestano in corso di arousal dal sonno
profondo in pazienti affetti da sonnambulismo e in corso di sonno REM nei
pazienti con disordini comportamentali in questa fase. Il disturbo può essere precipitato da stress emotivi e malattie febbrili e associarsi a disturbi del
sonno, quali il pavor nocturnus, i risvegli confusionali, la sindrome della
apnee ostruttive e i disordini comportamentali in REM.
Trattamento
La terapia non è necessaria.
Paralisi del sonno
Questo fenomeno, detto anche paralisi familiare in sonno, consiste nell’impossibilità di compiere qualsiasi movimento volontario all’addormentamento o al risveglio. Tipico sintomo della tetrade narcolettica, può tuttavia
ritrovarsi come fenomeno isolato. La paralisi motoria è completa ad eccezione dei muscoli respiratori e oculomotori. Episodi isolati possono manifestarsi in corso di deprivazione da sonno; la paralisi da sonno e le allucinazioni
ipnagogiche possono manifestarsi in associazione nell’incubo secondo la
definizione originaria.
Il fenomeno è legato alla persistenza dell’atonia del sonno REM in veglia;
gli episodi, della durata di decine secondi e con risoluzione spontanea, compaiono tipicamente alla fine del sonno, e sono caratterizzati dall’impossibilità di compiere movimenti volontari, a coscienza mantenuta. La loro insorgenza è facilitata da deprivazione di sonno, stress e irregolarità del ritmo
sonno-veglia.
Trattamento
Nei casi più gravi può essere necessario un trattamento farmacologico
con imipramina.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
La dissociazione delle componenti del sonno REM può causare esperienze e comportamenti bizzarri. Questi sintomi, quando si manifestano isolatamente, sono talora interpretati in maniera errata come manifestazioni di
malattie psichiche dell’individuo afflitto.
Parasonnie secondarie
Svariati fenomeni possono manifestarsi durante il sonno come sintomatologia notturna di patologie presenti anche in veglia. Nella Tabella 6 sono
elencate alcune di queste tra le più frequenti.
Patologie del SNC
•
Crisi comiziali
•
Cefalee
•
Acufeni
Patologie Cardiopolmonari
•
Aritmie cardiache
•
Angina pectoris notturna
•
Asma notturna
•
Discinesie respiratorie
•
Singhiozzo del sonno
Patologie Gastrointestinali
•
Reflusso gastroesofageo
•
Spasmo esofageo diffuso
•
Deglutizione anormale
Patologie Psicogene
- Rapido cambiamento del fuso orario (jet-lag)
Tabella 6. Parasonnie secondarie.
66
Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
Sonno e malattie neurologiche
Poiché le manifestazioni del sonno, della veglia e della vigilanza sono
funzioni primarie dell'encefalo, ne consegue che praticamente qualunque
patologia encefalica può interferire con il sonno o la veglia, a seconda della
sede del danno parenchimale. Il tronco, il talamo e l'ipotalamo sembrano
essere fondamentali a questo proposito. Le lesioni occupanti spazio possono
provocare alterazioni del ritmo sonno/veglia sia direttamente a causa della
loro localizzazione, sia indirettamente a causa dello sviluppo di ipertensione endocranica e/o idrocefalo. Le lesioni focali del tronco come la siringobulbia, la malformazione di Arnold-Chiari, i tumori o le lesioni vascolari,
possono causare disturbi del respiro correlati al sonno. Vanno ricordati inoltre, quali responsabili di gravi disturbi del sonno, i craniofaringiomi, gli
infarti talamici paramediani e i tumori dell'ipotalamo. Esistono prove sempre più numerose che disturbi respiratori durante il sonno sono comuni
dopo un incidente cerebrovascolare e che reciprocamente tali disturbi possono in realtà costituire un fattore di rischio per le malattie cerebrovascolari.
La causa più importante d’istituzionalizzazione di pazienti con demenza
è rappresentata dal grado di anomalia del ritmo sonno/veglia piuttosto che
dal grado di decadimento mentale puro e semplice. Le cause di queste anomalie del ciclo sonno/veglia sono molteplici e includono, oltre alla disfunzione neurologica vera e propria, anche la mancanza di sufficiente esposizione alla luce per sincronizzare l'orologio biologico, i farmaci utilizzati e le
condizioni psicologiche coesistenti, soprattutto la depressione. Possono essere responsabili di una riduzione dell'efficienza del sonno la presenza di
movimenti periodici degli arti (PLMS), il comportamento motorio alterato in
sonno REM e le apnee morfeiche.
Insonnia familiare fatale
L'insonnia familiare fatale (IFF) rientra nel capitolo delle malattie da prioni, cioè disturbi dovuti alla produzione di una forma alterata della proteina
prionica (PrP) codificata da un gene sul braccio corto del cromosoma 20.
Tutte le forme (compresi la scrapie e l'encefalopatia spongiforme bovina
negli animali, il kuru, la malattia di Creutzfeldt-Jakob, la malattia di
Gerstmann-Straussler-Scheinker e la IFF negli esseri umani) sono caratteriz-
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
zate da un metabolismo aberrante della PrP. Questa modificazione può essere familiare, sporadica o infettiva. La funzione della PrP è sconosciuta ed è
presumibile che sia l'accumulo di PrP anormale sia la mancanza di PrP normale contribuiscano a determinare lo sviluppo della malattia. La IFF è clinicamente caratterizzata da esordio nell'età adulta, decorso protratto, insonnia
progressiva. Sono presenti disturbi autonomici (iperidrosi, ipertermia, tachicardia, ipertensione) dovuti a squilibrio dell'attivazione simpatica con preservazione del tono parasimpatico, anomalie neuroendocrine e disturbi
motori (atassia, mioclono, disfunzione delle vie piramidali [87,88]. Il quadro
polisonnografico è caratterizzato dalla precoce scomparsa dei fusi del sonno
e dalla rapida transizione dall’EEG di veglia a quello di sonno ad onde lente.
Nelle fasi terminali della malattia anche i rari frammenti di sonno tendono a
scomparire [89]. L’aspetto anatomopatologico prevalente consiste in un’
atrofia del talamo, soprattutto del nucleo ventrale anteriore e di quello
mediodorsale. Negli stadi terminali di questo disturbo si assiste ad una completa scomparsa di tutti i ritmi circadiani e della ritmicità neuroendocrina.
La presenza di mioclonie e comportamenti simili a sogni allucinatori diurni
richiama certi aspetti del comportamento motorio in sonno o dello stato dissociato. Prima dell’esordio clinico non si riscontrano comunque differenze a
livello dell’EEG di sonno rispetto ai soggetti normali [90].
Trattamento
Non sono conosciute terapie efficaci. A scopo sintomatico possono essere
usati il flumazenil, un antagonista delle benzodiazepine, che può transitoriamente indurre risveglio, e il gamma-idrossibutirrato che può aumentare il
sonno ad onde lente.
Malattie extrapiramidali
Malattia di Huntington
La malattia di Huntington è caratterizzata da una prolungata latenza del
sonno, da veglia irregolare, da ridotta efficienza del sonno e da riduzione del
sonno ad onde lente. In particolare sono ridotti i complessi K. I fusi del
sonno, contrariamente a ciò che avviene nel Parkinson, sono invece aumentati e di notevole ampiezza [91]. Il sonno REM può essere assente nei casi
gravi. I movimenti coreici scompaiono in genere all’addormentamento e si
presentano durante il sonno solo nei casi più gravi e comunque in coincidenza con microrisvegli e alleggerimenti del sonno. Le anomalie del sonno
nella MH sembrano correlarsi meglio all'atrofia del nucleo caudato che al
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
grado di atrofia cerebrale globale e indicano che il nucleo caudato può partecipare alla regolazione del sonno.
Sindrome di Tourette
Nella sindrome di Tourette si osservano un aumento del sonno ad onde
lente, un maggior numero di risvegli e una riduzione della percentuale di
sonno REM. I tic, anche quelli coprolalici, persistono durante tutti gli stadi
del sonno. I movimenti a scossa nel sonno REM sono aumentati.
Trattamento
La tetrabenazina, che ha effetti sia presinaptici di deplezione delle
monoamine sia di blocco postsinaptico, migliora il sonno.
Parkinsonismi
Sebbene la maggior parte delle alterazioni patologiche del SNC nel
morbo di Parkinson (MP) coinvolga la pars compacta della sostanza nera, il
coinvolgimento è molto più ampio e spesso comprende il locus coeruleus, il
nucleo dorsale del vago e il nucleo basale di Meynert, oltre a una diffusa
atrofia corticale. Le alterazioni neurologiche diffuse e il coinvolgimento di
più neurotrasmettitori e neuropeptidi probabilmente spiegano l'elevata prevalenza di disturbi del ciclo sonno/veglia nel MP. Frequenti sono anche i
disturbi respiratori dovuti probabilmente ad anormalità del tono muscolare
e all’ incordinazione motoria a carico della muscolatura delle vie aeree superiori. Nel sonno NREM il tremore è nettamente attenuato e manca dell'aspetto alternante. Durante il sonno REM il tremore è abolito. La registrazione poligrafica evidenzia una riduzione marcata delle fasi di sonno profondo
3 e 4 e del sonno REM. Caratteristica è la drastica riduzione dei fusi. Il tono
muscolare è più elevato che non di norma ed è spesso presente anche nelle
fasi di sonno REM (REM dissociato).
Molti pazienti con MP riferiscono rilevanti problemi legati al sonno
(insonnia, eccessiva sonnolenza diurna, sogni alterati, mioclono, vocalizzazioni notturne e movimenti in rapporto con i sogni) non correlati all'età e alla
durata della malattia, ma che aumentano con una maggiore durata di terapia con L-dopa. La bradicinesia notturna, che comporta una ridotta capacità
di girarsi nel letto, è una fonte significativa di disagio e frustrazione nei
pazienti con MP; la capacità della levodopa di alleviare questo sintomo costituisce un importante beneficio di questa terapia.
L'aumento di attività motoria notturna potrebbe essere correlato alla dose
giornaliera di L-dopa o dopamino-agonisti piuttosto che alla gravità della
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
malattia in sé. La depressione è la più frequente alterazione mentale nel MP
(è presente in almeno il 50 % dei casi). Questa questione è ulteriormente
complicata dal fatto che la degenerazione del sistema dopaminergico mesocorticolimbico nel MP può condurre a disfunzioni metaboliche della corteccia frontale inferiore e della testa del caudato e che pertanto la depressione
può essere una caratteristica biopsicologica del MP e una reazione ad esso.
E’ possibile che la depressione osservata nel MP sia correlata ad un deficit di
neurotrasmissione serotoninergica e a ridotti livelli corticali di dopamina e
noradrenalina.
Il Disordine comportamentale motorio in sonno REM può essere un sintomo
precoce o la sola manifestazione di esordio della malattia. Può essere precipitato (o esacerbato) dalla somministrazione di selegilina o di antidepressivi
prescritti per la depressione associata. La poligrafia dimostra una fase di
sonno REM senza atonia. La dissociazione di stato caratteristica del RBD
conferma l'ipotesi che le allucinazioni notate nel MP, sia trattate che non trattate, rappresentino in realtà nient'altro che un'altra anomalia REM associata,
cioè la comparsa di sogni nella veglia.
Trattamento
Il clonazepam è il trattamento abituale di solito molto efficace.
Atrofie multisistemiche (MSA)
Anche le cosiddette atrofie multisistemiche che comprendono la sindrome di Shy-Drager, l'atrofia olivopontocerebellare e la degenerazione nigrostriatale, possono essere associate ad apnee ostruttive, ipoventilazione e stridor laringeo. La morte improvvisa durante il sonno non è infrequente in
questi pazienti e viene messa in relazione alle difficoltà respiratorie. E’ stata
pertanto raccomandata una tracheostomia precoce in presenza di apnee
ostruttive anche se lievi ma con concomitante stridor laringeo [92]. Nella
MSA è stato anche descritto il comportamento motorio in corso di sonno
REM, che può rappresentarne il sintomo di esordio.
Malattie neuromuscolari
Le malattie neuromuscolari comprendono un vasto gruppo di affezioni
riguardanti primariamente i muscoli oppure la giunzione neuromuscolare
ad eziologia estremamente varia. Il sintomo più evidente è rappresentato
dalla debolezza muscolare che influisce sul senso di benessere del paziente
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Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
al risveglio. Quando vengono interessati i muscoli respiratori con conseguente ipoventilazione polmonare durante il sonno possono verificarsi frequenti risvegli notturni e conseguentemente eccessiva sonnolenza diurna. In
altre parole, la debolezza dei muscoli inspiratori limita l'espansione della
gabbia toracica determinando così una forma di malattia restrittiva polmonare. Il quadro paradigmatico è rappresentato dalla paralisi diaframmatica;
si tratta di una condizione patologica che può essere causata oltre che da
miopatie come, ad esempio, la distrofia miotonica e la distrofia muscolare,
anche da disturbi di circolo cerebrale e mielopatie. Il riconoscimento precoce di disturbi respiratori in sonno ed il loro trattamento con CPAP o BPAP
migliora la qualità della vita di questi pazienti, riduce la coomorbidità e
aumenta i tempi di sopravvivenza. I disturbi del sonno in questi soggetti
possono manifestarsi sotto forma di eccessiva sonnolenza diurna dovuta a
frammentazione del sonno; policitemia, ipertensione polmonare, insufficienza del cuore destro; cefalea correlata al sonno, dovuta a ipercapnia indotta
dall’ipoventilazione; crisi notturne, dovute a ipossiemia correlata al sonno.
Malattia del motoneurone (SLA)
I pazienti con SLA lamentano disturbi del sonno e aritmie respiratorie
correlate al sonno. In questa condizione, la causa principale dei disturbi
respiratori durante il sonno è costituita dalla perdita di forza dei muscoli
delle vie respiratorie superiori, del diaframma, e dei muscoli intercostali
dovuta all’interessamento dei nuclei dei nervi bulbari, frenici e intercostali.
Vi può essere inoltre una degenerazione dei neuroni respiratori centrali che
spiega sia l’apnea centrale che quella ostruttiva in questa condizione.
Importante è la diagnosi precoce in questi pazienti con trattamento dei
disturbi respiratori tramite C-PAP.
Sonno ed Epilessia
Il sonno e l'epilessia sono spesso collegati. I disturbi del sonno possono
simulare, causare o anche essere scatenati da fenomeni epilettici e viceversa.
In alcuni individui il sonno e/o la deprivazione di sonno potenziano le crisi
comiziali mentre, al contrario, i disturbi epilettici possono influenzare il ciclo
sonno/veglia. Nella maggior parte dei casi l'epilessia è altamente
stato-dipendente: il sonno NREM favorisce l’insorgenza delle crisi, mentre il
sonno REM solitamente le inibisce. Alcuni meccanismi neurali sincronizzan-
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Il sonno e le sue alterazioni
ti l’EEG, attivi nel sonno NREM facilitano le scariche epilettiche. Una relazione facilitante tra fusi del sonno e gli scoppi di punta-onda nelle epilessie
infantili sia generalizzate che focali è stata dimostrata. Nelle epilessie focali
dell’adulto il ruolo di facilitazione appare sostenuto dalle attività sincronizzate di banda delta [92], mentre nei bambini con una più intensa attivazione
dell attività epilettica intercritica da parte del sonno, l’attività epilettica sembra modulata dalla banda sigma [94-97] .
I disturbi del sonno possono esacerbare o complicare la sintomatologia
accessuale; le apnee, ad esempio, possono rendere più difficili da controllare le crisi a causa della frammentazione e della deprivazione di sonno correlate all'apnea e alla ipossiemia che può agire come elemento scatenante le
crisi stesse. L'enuresi, le mioclonie notturne, gli incubi ricorrenti possono
essere aspetti suggestivi di crisi notturne. I comportamenti motori associati
alle crisi in sonno sono spesso bizzarri, la raccolta di dati anamestici è spesso difficile, i racconti sono spesso confusi. I seguenti tipi di manifestazioni
accessuali sono spesso fonti di dubbio.
Epilessia frontale notturna
Le crisi con comportamento insolito (di solito di tipo frontale) possono presentare comportamenti notturni bizzarri come correre, vocalizzare a voce
alta, bestemmiare o presentare risvegli associati a movimenti come percuotere o ruotare le braccia. La natura di questi comportamenti e la loro tendenza a manifestarsi durante il sonno e a concentrarsi nel tempo favoriscono l'errore diagnostico, suggerendo un disturbo dell'arousal, un disturbo del
comportamento motorio in sonno REM o episodi psicogeni.
Il vagabondaggio episodico notturno [93] è indistinguibile da una storia di
sonnambulismo e pavor nocturnus, ma risponde agli anticonvulsivanti. I
pazienti descritti deambulavano, emettevano vocalizzi e presentavano un
comportamento violento durante il sonno. Non tutti manifestavano anomalie dell'EEG nella veglia. Molti di questi episodi rappresentano fenomeni
epilettici e sono in realtà automatismi deambulatori.
Stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES)
Lo stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES) è un reperto polisonnografico. Può essere individuato durante una PSG eseguita per altre ragioni.
Il SEES è caratterizzato da continua attività punta-onda durante il sonno
NREM [94]. Viene osservato nei bambini che di solito, ma non sempre,
hanno una storia di crisi o disfunzioni neurologiche. La prognosi è variabile
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Caleidoscopio
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perché il SEES può essere un reperto asintomatico o comportare alterazioni
nella maturazione dei processi cognitivi.
La distinzione tra eventi epilettici notturni e altri disturbi del sonno è difficile, se non impossibile, poiché i fenomeni primari o secondari del sonno
possono simulare perfettamente i fenomeni epilettici e viceversa. Sia fenomeni epilettici sia disturbi primari del sonno dovrebbero essere tenuti in
considerazione di fronte a tutti gli eventi correlati al sonno a carattere ricorrente e insolito. E’ possibile che né gli EEG in corso di veglia né quelli in
corso di sonno rivelino la diagnosi e può essere necessario eseguire una polisonnografia notturna usando un montaggio EEG completo per l'epilessia
(almeno 10-12 canali oltre a quelli dei normali montaggi per lo studio del
sonno), con appropriata velocità di scorrimento della carta (almeno 15
mm/sec) e video registrazione continua. Possono essere necessari più registrazioni per individuare l'evento. Sebbene le crisi esclusivamente notturne
siano rare, vengono in genere diagnosticate in modo errato e non dovrebbero mai essere trascurate nella diagnosi differenziale di qualsiasi comportamento correlato al sonno con caratteri di ricorrenza, stereotipia o bizzarria.
L'erronea diagnosi di fenomeni di origine psicogena è incoraggiata dalla
natura spesso bizzarra delle crisi e dalla frammentarietà ed inattendibilità
del racconto degli eventuali testimoni. Può essere utile incoraggiare i pazienti e i familiari a videoregistrare gli episodi motori notturni di natura incerta
anche con mezzi amatoriali.
Sonno ed Ictus
Sono stati osservati disturbi del sonno e frammentazione del sonno derivanti da aritmie respiratorie correlate al sonno in molti pazienti con ictus
emisferico cerebrale. L’apnea del sonno, il russamento e l’ictus sono profondamente correlati tra loro. L’apnea del sonno può predisporre all’ictus e viceversa. Quando si cerca di stabilire delle relazioni tra russamento, apnea del
sonno e ictus, occorre tener presente le variabili confondenti che sono fattori
comuni di rischio come l’ipertensione, le cardiopatie, l’età, l’indice di massa
corporea, il fumo e il consumo di sostanze alcoliche.
La frequenza di apnea del sonno è aumentata sia nell’ictus sottotentoriale che sopratentoriale. L’apnea del sonno può influenzare negativamente gli
esiti a breve termine dei pazienti con ictus, sia in termini di morbilità che di
mortalità. E’ importante diagnosticare l’apnea del sonno nei pazienti con
ictus, perché esiste un trattamento efficace per l’apnea del sonno che può
diminuire il rischio di un futuro ictus.
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Il sonno e le sue alterazioni
L’ictus emisferico cerebrale può provocare una diminuzione del sonno
REM e NREM che può essere correlato con gli esiti clinici.
L’ictus talamico può essere la causa della perdita ipsilaterale dei fusi del
sonno e gli infarti talamici bilaterali paramediani possono essere associati a
ipersonnia.
L’ictus può predisporre a diversi disordini del sonno: la sindrome di
Kleine-Levin può verificarsi dopo inferti cerebrali multipli. E’ stato evidenziato che la narcolessia-cataplessia può far seguito a ischemia ipossica cerebrale.
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Il sonno e le sue alterazioni
Sonno e malattie psichiatriche
La profonda correlazione tra psicopatologia e sonno è documentata dalla
presenza pressoché costante dei disturbi del sonno nella patologia psichiatrica e dalle ripercussioni della perdita di sonno sugli aspetti fenomenici ed
evolutivi di questa. L’insonnia nella patologia psichiatrica costituisce un sintomo ubiquitario, purtoppo spesso scarsamente considerato. L’insonnia
quindi viene trattata come semplice manifestazione epifenomenica della
condizione di base che troppo frettolosamente si cerca di cancellare con il
ricorso ad automatismi farmacoterapeutici. Anche l’ipersonnia (periodi di
eccessiva sonnolenza o di vero e proprio sonno durante il giorno) non riconducibile ad un’inadeguata quantità di sonno notturno né all’effetto sedativo
di un eventuale trattamento, non è infrequente nella patologia psichiatrica,
ma le conoscenze sia in termini fenomenici sia fisopatologici sono scarse.
Stati ansiosi e disturbi della personalità
L’ansia generalizzata o correlata a disturbi da attacco di panico o connessa a disturbi fobici e ossessivo-compulsivi ha una relazione complessa con il
sonno: lo stato di arousal psicologico e fisiologico proprio dell’ansia disturba
il sonno e ne condiziona la percezione negativa e il sonno disturbato accentua lo stato di ansia cosicché, una volta che l’insonnia è determinata, non è
agevole distinguere cause ed effetti.
L’insonnia indotta dall’ansia si manifesta prevalentemente con una difficoltà ad iniziare il sonno e/o mantenerlo; gli studi poligrafici non consentono una precisa definizione delle modificazioni ipniche correlate all’ansia, se
non un aumento della latenza, del numero dei risvegli e una riduzione dello
stadio 4 (considerato l’indice più sensibile e duraturo dello stress).
Gli attacchi di panico possono talora manifestarsi durante il sonno (6569%) generalmente due-tre ore dopo l’addormentamento. L’indagine poligrafica in questi casi ha evidenziato che il risveglio, preceduto da una breve
contrazione muscolare, produce una raffica di complessi K con alleggerimento del sonno, un grossolano movimento del corpo e tachicardia si determina nello stadio 2 o nella fase di passaggio tra stadio 2 e 3 e si accompagna
al tipico corteo sintomatologico di palpitazioni, senso di costrizione toracica,
dispnea, angoscia e paura.
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Il sonno e le sue alterazioni
Trattamento
Il trattamento dell’insonnia correlata all’ansia o ad un disturbo ansioso
specifico si avvale dell’impiego di benzodiazepine ipnotiche. Se per l’insonnia transitoria associata a fugaci stati ansiosi sono considerate più opportune
le benzodiazepine a breve emivita, per l’insonnia protratta è opportuno associare al trattamento di base (antidepressivi serotoninrgici) molecole ad emivita lunga, i cui effetti residui si rilevano utili sullo stato ansioso diurno.
Schizofrenia
Le alterazioni del sonno nella schizofrenia appaiono nel complesso modeste, aspecifiche e limitate ad una percentuale non rilevante di pazienti.
Disturbi del sonno in senso deficitario sono stati descritti soprattutto nelle
fasi d’invasione psicotica, nelle riacutizzazioni delle forme croniche e nelle
schizofrenie con concomitante stato di agitazione psicomotoria.
Dal punto di vista poligrafico le alterazioni più rilevanti sono rappresentate dalla riduzione di sonno delta in corso di sonno NREM sia nelle fasi di
esordio e di acuzie psicotiche che negli stadi cronici. Le tecniche di analisi
computerizzata hanno dimostrato che questa compromissione è riconducibile alla minor sincronizzazione dell’attività bioelettrica cerebrale.
Trattamento
Il trattamento dell’insonnia nella schizofrenia si avvale dell’impiego di
neurolettici sedativi (fenotiazine, in particolare cloropromazina) e incisivi
(aloperidolo), questi ultimi allorchè l’insonnia è correlata alla presenza di
deliri e allucinazioni.
Depressione e mania
Nella depressione il sonno è alterato nei suoi aspetti quantitativi (continuità e durata) e deprivato delle sue qualità di recupero e di riposo.
Nella maggioranza dei depressi il sonno è ridotto per l’alta incidenza dei
risvegli e la precocità del risveglio finale; la difficoltà di addormentamento
gioca un ruolo meno importante. La riduzione del tempo di sonno è maggiore nei depressi gravi, nelle depressioni primarie, nelle endogene e nelle
depressioni di età media e senile rispetto a quelle giovanili.
Dal punto di vista strutturale il sonno del depresso appare superficiale
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Il sonno e le sue alterazioni
(aumento degli stadi 1 e 2) e talora deprivato degli stadi di sonno più profondo ( riduzione degli stadi 3 e 4) e alterato nella sua ciclicità.
Per quanto concerne la latenza REM è sufficientemente documentata la
sua riduzione, che è stata assunta come “marker biologico” della depressione primaria. La compromissione di questo parametro è positivamente correlata con l’età e la gravità della sintomatologia, cosicchè latenze Rem estremamente brevi (inferiore a 20 minuti) connotano i quadri depressivi deliranti e dell’età evolutiva. A carico del sonno NREM la compromissione più
costante è rappresentata dalla riduzione in termini assoluti e percentuali del
sonno delta (soprattutto dello stadio 4). La risoluzione dello stato depressivo
non si associa ad una normalizzazione del pattern di sonno; nella maggior
parte dei pazienti il sonno continua ad essere significativamente diverso da
quello dei soggetti di controllo, con maggior difficoltà di addormentamento,
elevata quantità di stadio 1, riduzione di stadio 4, notevole variabilità dei
parametri ipnici da notte a notte). E’ stato riscontrato che i cambiamenti neurofisiologici circa l’architettura del sonno precedono l’evidenza clinica del
disturbo dell’umore e possono consentire di predire le ricadute e di pianificare l’intervento farmacologico.
Trattamento
L’insonnia depressiva risponde al trattamento con antidepressivi serotoninergici (sertralina, paroxetina, fluoxetina ecc) o con triciclici (amitriptilina
ecc). Nei casi ostinati si rende necessaria l’associazione di benzodiazepine
ipnotiche o di neurolettici fenotiazinici (promazina, levopromazina, clorpromazina).
Disturbi dell’Alimentazione
La maggior parte degli studi compiuti sui pazienti affetti da bulimia evidenzia dei piccoli cambiamenti nei parametri della fase REM rispetto ai soggetti normali. Chi è soggetto a una forma grave e non curata di anoressia nervosa evidenzia spesso una riduzione del tempo totale di sonno e della efficienza del sonno, un incremento dello stadio 1 del sonno NREM, una diminuzione del sonno profondo ed una riduzione della potenza del delta [95]. Il
sonno torna alla sua normalità dopo che il peso è stato riacquistato. Vi è inoltre una riduzione iniziale della latenza REM in coincidenza di una forte perdita di peso e questa torna normale quando il peso viene recuperato.
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Sonno e malattie internistiche
Quando un paziente si presenta per un problema di sonno, sia che si tratti d’ insonnia che d’ ipersonnia, il primo passo da compiere è quello di eseguire un’anamnesi dettagliata, seguita poi dall’esame obiettivo per scoprire
la causa del disturbo del sonno. Molte malattie di natura internistica si presentano spesso associate a disturbi del sonno e risulta indispensabile individuare tale associazione nel corso di una prima visita (tabella 7).
•
Malattie cardiovascolari: aritmie cardiache, insufficienza cardia ca congestizia, cardiopatia ischemica, angina notturna.
•
Disordini respiratori intrinseci: BPCO, asma (compresa l’asma
notturna), pneumopatia restrittiva.
•
Malattie gastrointestinali: ulcera peptica, esofagite da reflusso.
•
Malattie endocrine: ipertiroidismo, ipotiroidismo, diabete mellito, deficit od eccesso di ormone della crescita (GH).
•
Malattie renali: insufficienza renale cronica, disturbi del sonno
associati alla dialisi renale.
•
Disordini ematologici: emoglobinuria parossistica notturna,
l’anemia mediterranea, teleangectasia emorragica ereditaria.
•
Disordini reumatici compresa la fibromialgia
•
Malatie varie: AIDS, malattia di Lyme, patologie mediche o
chirurgiche associate alla degenza in unità di cura intensiva, sindrome della fatica cronica.
Tabella 7. Malattie internistiche che possono provocare disturbi del
sonno.
Allergie alimentari
Allergie alimentari possono in età infantile indurre una forma particolare
e grave di insonnia che insorge nel bambino piccolo in occasione delle prime
introduzioni del latte vaccino nell’alimentazione. Più raramente, altri bambi78
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Il sonno e le sue alterazioni
ni possono mostrare l’insorgenza di questo disturbo dopo introduzione nella
dieta di prodotti a base di soia. Il bambino può arrivare a dormire solo 5-6 ore
nell’arco delle 24 ore.
Malattie ormonali
E’ importante conoscere la profonda relazione esistente tra i disturbi della
tiroide , ormone della crescita, le difficoltà respiratorie e i disturbi del sonno.
I sintomi principali del mixedema sono la presenza, nelle persone anziane o di mezz’età, di affaticamento, aumento di peso, diminuzione delle capacità fisiche e delle facoltà mentali, secchezza e ruvidezza della pelle, edema
pretibiale, abbassamento della voce, particolare sensibilità al freddo, costipazione, bradicardia o tracce di cardiopatia ischemica all’elettrocardiogramma.
Nei pazienti con mixedema sono state riscontrate anche apnee ostruttive e
centrali, scomparse dopo terapia a base di tiroxina.
Un deficit dell’ormone della crescita corrisponde ad una diminuzione di
sonno 4 e ad un aumento di sonno 1 e 2 con un incremento complessivo del
tempo di sonno, regredito dopo una terapia di ormone della crescita per sei
mesi.
Sono state riscontrate apnee del sonno associate al rilascio dell’ormone
della crescita in pazienti con acromegalia, dovute all’ingrandimento della lingua e della parete della faringe, che provocano un restringimento delle vie
aeree superiori. La sandostatina, un farmaco simile alla somatostatina, ha
curato l’apnea centrale in questi pazienti e ne ha normalizzato la risposta
ipercapnica.
Malattie cardiache
E’ ben noto che disturbi del sonno possono verificarsi nelle malattie cardiovascolari e che interessano soprattutto i pazienti con cardiopatia ischemica, infarto del miocardio o insufficienza cardiaca congestizia.
Il dolore tipico della cardiopatia ischemica può svegliare il paziente e
quindi una diminuzione dell’efficacia del sonno. L’apnea ostruttiva è talvolta associata ad ipossiemia arteriosa e provoca ischemia cardiaca.
L’angina notturna si manifesta sia durante il sonno REM che NREM e una
polisonnografia eseguita in questi pazienti ha dimostrato una diminuzione
Caleidoscopio
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Il sonno e le sue alterazioni
dell’efficacia del sonno. I pazienti con malattia coronaria e OSAS presentano
un aumento del rischio di infarto, a causa dell’ischemia miocardia notturna
scatenata dalla desaturazione di ossigeno dovuta all’apnea.
Un’associazione frequente è apnea del sonno e ipertensione sistemica; la
prevalenza dell’ipertensione nei pazienti con apnea del sonno è pari a circa
50-90%. Gli studi hanno confermato che il trattamento dell’apnea del sonno
con la CPAP nasale riduce la pressione sanguigna e la letteratura conferma
che l’ipertensione essenziale è dovuta principalmente all’aumento della resistenza delle vie aeree superiori durante il sonno.
Malattie Polmonari
I cambiamenti fisiologici della respirazione che si verificano normalmente durante il sonno (vedi capitolo OSAS), a livello dei muscoli respiratori e
del centro di controllo respiratorio, hanno un effetto negativo sulla respirazione di soggetti affetti da Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO)
ed in quelli con pneumopatie restrittive. Due sono i meccanismi fondamentalmente coinvolti nel peggioramento dell’ipossiemia durante il sonno: l’ipoventilazione alveolare, che è più marcata durante il sonno REM, e lo squilibrio ventilazione/perfusione. La diminuita risposta ventilatoria all’ipossia
ed all’ipercapnia contribuisce in questi pazienti ad aumentare la desaturazione notturna di ossigeno. L’ipossiemia notturna da sola può provocare la
ripetuta interruzione e frammentazione dell’architettura del sonno. In alcuni
pazienti la BPCO può coesistere con una OSAS; si parla in questo caso di
“overlap syndrome”. La coesistenza di BPCO e OSAS porta ad un rischio
maggiore d’ ipertensione polmonare e d’ insufficienza cardiaca congestizia
rispetto ai pazienti con sola OSAS.
In soggetti affetti da asma bronchiale gli attacchi parossistici possono presentarsi in qualsiasi momento del giorno e della notte; quando si presentano
di notte, gli attacchi sono distribuiti a caso senza alcuna relazione con una
fase particolare del sonno. Infatti, la resistenza delle vie aeree mostra un
incremento circadiano correlato non agli stadi di sonno, ma alla durata del
sonno. Negli asmatici si riscontra di frequente un’esacerbazione notturna dei
sintomi, nonché un’evidente progressione della costrizione bronchiale e dell’ipossiemia. L’asma notturno è, potenzialmente, un problema molto serio,
dal momento che vi è tra gli asmatici adulti un’incidenza elevata di arresti
respiratori e di morti improvvise tra la mezzanotte e le 8.00 del mattino. In
questi soggetti è stato dimostrata un’alta incidenza di disturbi del sonno, presentandosi come una combinazione di insonnia ed ipersonnia. Così come l’a-
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pnea ostruttiva e la BPCO, anche l’asma notturno è associato a problemi
respiratori derivanti dal sonno ( di solito ipopnee più che apnee); si manifesta inoltre con risvegli frequenti soprattutto durante il sonno REM.
Malattie Renali
I disturbi del sonno sono relativamente comuni tra i pazienti con insufficienza renale cronica con o senza dialisi, soprattutto con malattia renale in
fase terminale. I disturbi del sonno di questi pazienti includono l’insonnia,
l’eccessiva sonnolenza diurna e l’inversione del ciclo sonno-veglia con una
diminuzione della qualità del sonno notturno e con un’elevata frammentazione del sonno. I disturbi più frequentemente coesistenti con insufficienza
renale cronica sono l’OSAS, il PLMD e la RLS. La prevalenza di RLS in
pazienti con insufficienza renale cronica varia dal 15 al 40%. La RLS è associata all’insufficienza renale, e non all’emodialisi di per sé.
La RLS di origine uremica non può essere distinta da quella idiopatica,
ma può essere trattata efficacemente dopo un trapianto di reni.
Malattie ematologiche
Le patologie ematologiche che si possono associare a patologie del sonno
sono l’emoglobinuria parossistica notturna, l’anemia mediterranea e la
teleangectasia emorragica ereditaria. I pazienti affetti da anemia mediterranea possono presentare una saturazione di ossiemoglobina più bassa durante il sonno, andando incontro ad una sindrome delle apnee ostruttive. Gli
studi sull’emoglobinuria parossistica notturna sono ancora incompleti, mentre una sonnolenza progressiva accompagnata da stato confusionale è stata
riscontrata in un paziente colpito da teleangectasia emorragica ereditaria
Disturbi reumatici: la sindrome fibromialgica
La fibromialgia è una malattia caratterizzata da dolori muscolari diffusi
non correlati a disfunzioni articolari, delle ossa o dei tessuti connettivi. I
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Il sonno e le sue alterazioni
disturbi del sonno sono molto comuni nella fibromialgia. La caratteristica più
rilevante è l’attività alfa intermittente durante il sonno NREM, che dà origine al caratteristico pattern alfa-delta o alfa NREM. Un’altra associazione
importante è la presenza di mioclono rilevata alla polisonnografia. Ciò che
lamenta chi è affetto da fibromialgia è soprattutto un sonno non ristoratore,
con un incremento dei risvegli e una diminuzione dell’efficacia del sonno. La
terapia di questa sindrome rimane poco soddisfacente, sono state suggerite
terapie con antidepressivi triciclici e una breve terapia a base di zolpidem e
un programma di esercizi riabilititativi.
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Il sonno e le sue alterazioni
Indice
Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
Il sonno normale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Gli inizi della scienza del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Meccanismi del sonno e sistemi di regolazione . . . . . . . . . . . . . . . . »
Gli Stadi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
La struttura del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Il modello a due fattori e la macrostruttura del sonno . . . . . . »
Il ritmo ultradiano del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Neurofisiologia del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
La microstruttura del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Il sonno nelle diverse età . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Modificazioni fisiologiche nel sonno REM e NREM . . . . . . . . . . . . »
Strumenti di indagine del Sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Registrazione poligrafica del sonno (polisonnografia) . . . . . . . . »
Test di latenza multipla del sonno (MSLT) . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Registrazione poligrafica ambulatoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
L’actigrafo da polso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
La Classificazione dei disturbi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sindrome della fase di sonno ritardata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sindrome della fase di sonno anticipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sindrome ipernictoemerale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sindrome da salto di fusi orari (Jet lag syndrome) . . . . . . . . . . . »
Sindrome del turnista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Dissonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Insonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Insonnie primarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Insonnia da errata percezione del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . .»
Insonnia psicofisiologica cronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .»
Insonnia idiopatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .»
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Il sonno e le sue alterazioni
Insonnie secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Dissonnia da sindrome delle gambe senza riposo . . . . . . . . . »
Dissonnia da movimenti periodici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .»
Dissonnia da apnee ostruttive morfeiche . . . . . . . . . . . . . . . . .»
Disturbi dell’inizio del sonno “per associazione” . . . . . . . . . .»
Disturbo del sonno “per mancata identificazione del limite” .»
Insonnia da inadeguata igiene del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . .»
Sindrome da “sonno insufficiente” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .»
Insonnia da assunzione durante la notte di cibo/bevande . . .»
Sostanze che causano insonnia (uso ed abuso) . . . . . . . . . . . .»
Ipersonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Ipersonnie primarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Ipersonnie secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Parasonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Parasonnie in sonno NREM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Risvegli confusionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Pavor nocturnus (Terrori del sonno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sonnambulismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Parasonnie del sonno REM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sogni terrifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Disordine comportamentale in sonno REM . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Parasonnie della transizione veglia sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Movimenti ritmici in sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Altre parasonnie primarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Bruxismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Enuresi notturna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Mioclonie ipniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sonniloquio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Paralisi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Parasonnie secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sonno e malattie neurologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Insonnia familiare fatale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie extrapiramidali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattia di Huntington . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sindrome di Tourette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
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Il sonno e le sue alterazioni
Parkinsonismi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Atrofie multisistemiche (MSA). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie neuromuscolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattia del motoneurone (SLA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sonno ed Epilessia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Epilessia frontale notturna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES) . . . . . . . . . . . . »
Sonno ed Ictus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sonno e Malattie psichiatriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Stati ansiosi e disturbi della personalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Schizofrenia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Depressione e mania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Disturbi dell’Alimentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Sonno e Malattie internistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Allergie alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie ormonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie cardiache . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie Polmonari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie Renali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Malattie ematologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Disturbi reumatici: la sindrome fibromialgica . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
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Italiano
1. Rassu S.: Principi generali di endocrinologia. Gennaio ’83
2. Rassu S.: L’ipotalamo endocrino. Giugno ’83
3. Rassu S.: L’ipofisi. Dicembre ’83
4. Alagna., Masala A.: La prolattina. Aprile ’84
5. Rassu S.: Il pancreas endocrino. Giugno ’84
6. Fiorini I., Nardini A.: Citomegalovirus, Herpes virus, Rubella virus (in gravidanza). Luglio ’84.
7. Rassu S.: L’obesita’. Settembre ’84
8. Franceschetti F., Ferraretti A.P, Bolelli G.F., Bulletti C.:Aspetti morfofunzionali dell’ovaio.
Novembre ’84.
9. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (1). Dicembre ’84.
10. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte prima. Gennaio’85.
11. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte seconda. Febbraio ’85.
12.Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte prima. Aprile ’85.
13. Nacamulli D, Girelli M.E, Zanatta G.P, Busnardo B.: Il TSH. Giugno ’85.
14. Facchinetti F. e Petraglia F.: La β-endorfina plasmatica e liquorale. Agosto ’85.
15. Baccini C.: Le droghe d’abuso (1). Ottobre ’85.
16. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte seconda. Dicembre ’85.
17. Nuti R.: Fisiologia della vitamina D: Trattamento dell’osteoporosi post-menopausale.
Febbraio ’86
18. Cavallaro E.: Ipnosi: una introduzione psicofisiologica. Marzo ’86.
19. Fanetti G.: AIDS: trasfusione di sangue emoderivati ed emocomponenti. Maggio ’86.
20. Fiorini I., Nardini A.: Toxoplasmosi, immunologia e clinica. Luglio ’86.
21. Limone P.: Il feocromocitoma. Settembre ’86.
22. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Flamigni C.: Il Testicolo. Aspetti morfo-funzionali e
clinici. Novembre ’86.
23. Bolcato A.: Allergia. Gennaio ’87.
24. Kubasik N.P.: Il dosaggio enzimoimmunologico e fluoroimmunologico. Febbraio ’87.
25. Carani C.: Patologie sessuali endocrino-metaboliche. Marzo ’87.
26. Sanna M., Carcassi R., Rassu S.: Le banche dati in medicina. Maggio ’87.
27. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Jasonni V.M., Flamigni C.: L’amenorrea. Giugno ’87.
28. Zilli A., Pagni E., Piazza M.: Il paziente terminale. Luglio ’87.
29. Pisani E., Montanari E., Patelli E., Trinchieri A., Mandressi A.: Patologie prostatiche.
Settembre ’87.
30. Cingolani M.: Manuale di ematologia e citologia ematologica. Novembre ’87.
31. Kubasik N.P.: Ibridomi ed anticorpi monoclonali. Gennaio ’88.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
32. Andreoli C., Costa A., Di Maggio C.: Diagnostica del carcinoma mammario. Febbraio ’88.
33. Jannini E.A., Moretti C., Fabbri A., Gnessi L., Isidori A.: Neuroendocrinologia dello stress.
Marzo ’88.
34. Guastella G., Cefalù E., Carmina M.: La fecondazione in vitro. Maggio ‘88.
35. Runello F., Garofalo M.R., Sicurella C., Filetti S., Vigneri R.: Il gozzo nodulare. Giugno ’88.
36. Baccini C.: Le droghe d’abuso (2). Luglio ’88.
37. Piantino P., Pecchio F.: Markers tumorali in gastroenterologia. Novembre ’88.
38. Biddau P.F., Fiori G.M., Murgia G.: Le leucemie acute infantili. Gennaio ’89.
39. Sommariva D., Branchi A.: Le dislipidemie. Febbraio ‘89.
40. Butturini U., Butturini A.: Aspetti medici delle radiazioni. Marzo ‘89.
41. Cafiero F., Gipponi M., Paganuzzi M.: Diagnostica delle neoplasie colo-rettali. Aprile ‘89.
42. Palleschi G.: Biosensori in Medicina. Maggio ‘89.
43. Franciotta D.M., Melzi D’Eril G.V. e Martino G.V.: HTLV-I. Giugno ‘89.
44. Fanetti G.: Emostasi: fisiopatologia e diagnostica. Luglio ‘89.
45. Contu L., Arras M..: Le popolazioni e le sottopopolazioni linfocitarie. Settembre ‘89.
46. Santini G.F., De Paoli P., Basaglia G.: Immunologia dell’occhio. Ottobre ‘89.
47. Gargani G., Signorini L.F., Mandler F., Genchi C., Rigoli E., Faggi E.: Infezioni opportu nistiche in corso di AIDS. Gennaio ‘90.
48. Banfi G., Casari E., Murone M., Bonini P.: La coriogonadotropina umana. Febbraio ‘90.
49. Pozzilli P., Buzzetti R., Procaccini E., Signore E.: L’immunologia del diabete mellito.
Marzo ‘90.
50. Cappi F.: La trasfusione di sangue: terapia a rischio. Aprile ‘90.
51. Tortoli E., Simonetti M.T.: I micobatteri. Maggio ‘90.
52. Montecucco C.M., Caporali R., De Gennaro F.: Anticorpi antinucleo. Giugno ‘90.
53. Manni C., Magalini S.I. e Proietti R.: Le macchine in terapia intensiva. Luglio ‘90.
54. Goracci E., Goracci G.: Gli allergo-acari. Agosto ‘90.
55. Rizzetto M.: L’epatite non A non B (tipo C). Settembre ‘90.
56. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Razzini E. e Gulminetti R.: Infezione da HIV-1: patoge nesi ed allestimento di modelli animali. Ottobre ‘90.
57. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (I). Gennaio ‘91.
58. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (II). Febbraio ‘91.
59. Santini G.F., De Paoli P., Mucignat G., e Basaglia G., Gennari D.: Le molecole dell’adesi vità nelle cellule immunocompetenti. Marzo ‘91.
60. Bedarida G., Lizioli A.: La neopterina nella pratica clinica. Aprile ‘91.
61. Romano L.: Valutazione dei kit immunochimici. Maggio ‘91.
62. Dondero F. e Lenzi A.: L’infertilità immunologica. Giugno ‘91.
63. Bologna M. Biordi L. Martinotti S.: Gli Oncogèni. Luglio ‘91.
64. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Gulminetti R., Razzini E., Zambelli A. e Scevola D.: In fezione-malattia da HIV in Africa. Agosto ‘91.
65. Signore A., Chianelli M., Fiore V., Pozzilli P., Andreani D.: L’immunoscintigrafia nella dia gnosi delle endocrinopatie autoimmuni. Settembre ‘91.
66. Gentilomi G.A.: Sonde genetiche in microbiologia. Ottobre ‘91.
67. Santini G.F., Fornasiero S., Mucignat G., Besaglia G., Tarabini-Castellani G. L., Pascoli
L.: Le sonde di DNAe la virulenza batterica. Gennaio ‘92.
68. Zilli A., Biondi T.: Il piede diabetico. Febbraio ‘92.
69. Rizzetto M.: L’epatite Delta. Marzo ‘92.
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Caleidoscopio
M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
70. Bracco G., Dotti G., Pagliardini S., Fiorucci G.C.: Gli screening neonatali. Aprile ‘92.
71. Tavani A., La Vecchia C.: Epidemiologia delle patologie cardio e cerebrovascolari. Luglio ‘92.
72. Cordido F., Peñalva A., De la Cruz L. F., Casanueva F. F., Dieguez C.: L’ormone della cre scita. Agosto ‘92.
73. Contu L., Arras M.: Molecole di membrana e funzione immunologica (I). Settembre ‘92.
74. Ferrara S.:Manuale di laboratorio I. Ottobre ‘92.
75. Gori S.: Diagnosi di laboratorio dei patogeni opportunisti. Novembre ‘92.
76. Ferrara S.: Manuale di laboratorio II. Gennaio ‘93.
77. Pinna G., Veglio F., Melchio R.: Ipertensione Arteriosa. Febbraio ‘93.
78. Alberti M., Fiori G.M., Biddau P.: I linfomi non Hodgkin. Marzo ‘93.
79. Arras M., Contu L.: Molecole di membrana e funzione immunologica (II). Aprile ‘93.
80. Amin R.M., Wells K.H., Poiesz B.J.: Terapia antiretrovirale. Maggio ‘93.
81. Rizzetto M.: L’epatite C. Settembre ‘93.
82. Andreoni S.: Diagnostica di laboratorio delle infezioni da lieviti. Ottobre ‘93.
83.Tarolo G.L., Bestetti A., Maioli C., Giovanella L.C., Castellani M.: Diagnostica con radio nuclidi del Morbo di Graves-Basedow. Novembre ‘93.
84. Pinzani P., Messeri G., Pazzagli M.: Chemiluminescenza. Dicembre ‘93.
85. Hernandez L.R., Osorio A.V.: Applicazioni degli esami immunologici. Gennaio 94.
86. Arras M., Contu L.: Molecole di Membrana e funzione immunologica. Parte terza: I lnfo citi B. Febbraio ‘94.
87. Rossetti R.: Gli streptoccocchi beta emolitici di gruppo B (SGB). Marzo ‘94.
88. Rosa F., Lanfranco E., Balleari E., Massa G., Ghio R.: Marcatori biochimici del rimodel lamento osseo. Aprile ‘94.
89. Fanetti G.: Il sistema ABO: dalla sierologia alla genetica molecolare. Settembre ‘94.
90. Buzzetti R., Cavallo M.G., Giovannini C.: Citochine ed ormoni: Interazioni tra sistema
endocrino e sistema immunitario. Ottobre ‘94.
91. Negrini R., Ghielmi S., Savio A., Vaira D., Miglioli M.: Helicobacter pylori. Novembre ‘94.
92. Parazzini F.: L’epidemiologia della patologia ostetrica. Febbraio ‘95.
93. Proietti A., Lanzafame P.: Il virus di Epstein-Barr. Marzo ‘95.
94. Mazzarella G., Calabrese C., Mezzogiorno A., Peluso G.F., Micheli P, Romano L.: Im munoflogosi nell’asma bronchiale. Maggio ‘95.
95. Manduchi I.: Steroidi. Giugno ‘95.
96. Magalini S.I., Macaluso S., Sandroni C., Addario C.: Sindromi tossiche sostenute da prin cipi di origine vegetale. Luglio ‘95.
97. Marin M.G., Bresciani S., Mazza C., Albertini A., Cariani E.: Le biotecnologie nella dia gnosi delle infezioni da retrovirus umani. Ottobre ‘95.
98.La Vecchia C., D’Avanzo B., Parazzini F., Valsecchi M.G.: Metodologia epidemiologica e
sperimentazione clinica. Dicembre ‘95.
99.Zilli A., Biondi T., Conte M.: Diabete mellito e disfunzioni conoscitive. Gennaio ‘96.
100.Zazzeroni F., Muzi P., Bologna M.: Il gene oncosoppressore p53: un guardiano del genoma.
Marzo ‘96.
101.Cogato I. Montanari E.: La Sclerosi Multipla. Aprile ‘96.
102.Carosi G., Li Vigni R., Bergamasco A., Caligaris S., Casari S., Matteelli A., Tebaldi A.:
Malattie a trasmissione sessuale. Maggio ‘96.
103.Fiori G. M., Alberti M., Murtas M. G., Casula L., Biddau P.: Il linfoma di Hodgkin. Giugno ‘96.
Caleidoscopio
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
104.Marcante R., Dalla Via L.: Il virus respiratorio sinciziale. Luglio ‘96.
105.Giovanella L., Ceriani L., Roncari G.: Immunodosaggio dell’antigene polipeptidico tis sutale specifico (TPS) in oncologia clinica: metodologie applicative. Ottobre ‘96.
106.Aiello V., Palazzi P., Calzolari E.: Tecniche per la visualizzazione degli scambi cromatici
(SCE): significato biologico e sperimentale. Novembre ‘96.
107.Morganti R.: Diagnostica molecolare rapida delle infezioni virali. Dicembre ‘96.
108.Andreoni S.: Patogenicità di Candida albicans e di altri lieviti. Gennaio ‘97.
109.Salemi A., Zoni R.: Il controllo di gestione nel laboratorio di analisi. Febbraio ‘97.
110.Meisner M.: Procalcitonina. Marzo ‘97.
111.Carosi A., Li Vigni R., Bergamasco A.: Malattie a trasmissione sessuale (2). Aprile ‘97.
112.Palleschi G. Moscone D., Compagnone D.: Biosensori elettrochimici in Biomedicina.
Maggio ‘97.
113.Valtriani C., Hurle C.: Citofluorimetria a flusso. Giugno ‘97.
114.Ruggenini Moiraghi A., Gerbi V., Ceccanti M., Barcucci P.: Alcol e problemi correlati.
Settembre ‘97.
115.Piccinelli M.: Depressione Maggiore Unipolare. Ottobre ‘97.
116.Pepe M., Di Gregorio A.: Le Tiroiditi. Novembre ‘97.
117.Cairo G.: La Ferritina. Dicembre ‘97.
118.Bartoli E.: Le glomerulonefriti acute. Gennaio ‘98.
119.Bufi C., Tracanna M.: Computerizzazione della gara di Laboratorio. Febbraio ‘98.
120.National Academy of Clinical Biochemistry: Il supporto del laboratorio per la diagnosi ed
il monitoraggio delle malattie della tiroide. Marzo ‘98.
121.Fava G., Rafanelli C., Savron G.: L’ansia. Aprile ‘98.
122.Cinco M.: La Borreliosi di Lyme. Maggio ‘98.
123.Giudice G.C.: Agopuntura Cinese. Giugno ‘98.
124.Baccini C.: Allucinogeni e nuove droghe (1). Luglio ‘98.
125.Rossi R.E., Monasterolo G.: Basofili. Settembre ‘98.
126. Arcari R., Grosso N., Lezo A., Boscolo D., Cavallo Perin P.: Eziopatogenesi del diabete
mellito di tipo 1. Novembre ‘98.
127.Baccini C.: Allucinogeni e nuove droghe (1I). Dicembre ‘98.
128.Muzi P., Bologna M.: Tecniche di immunoistochimica. Gennaio ‘99.
129.Morganti R., Pistello M., Vatteroni M.L.: Monitoraggio dell’efficacia dei farmaci antivira li. Febbraio ‘99.
130.Castello G., Silvestri I.:Il linfocita quale dosimetro biologico. Marzo ‘99.
131.AielloV., Caselli M., Chiamenti C.M.: Tumorigenesi gastrica Helicobacter pylori - correla ta. Aprile ‘99.
132.Messina B., Tirri G., Fraioli A., Grassi M., De Bernardi Di Valserra M.: Medicina Termale
e Malattie Reumatiche. Maggio ‘99.
133.Rossi R.E., Monasterolo G.: Eosinofili. Giugno ‘99.
134.Fusco A., Somma M.C.: NSE (Enolasi Neurono-Specifica). Luglio ‘99.
135.Chieffi O., Bonfirraro G., Fimiani R.: La menopausa. Settembre ‘99.
136.Giglio G., Aprea E., Romano A.: Il Sistema Qualità nel Laboratorio di Analisi. Ottobre ‘99.
137.Crotti D., Luzzi I., Piersimoni C.: Infezioni intestinali da Campylobacter e microrganismi
correlati. Novembre ‘99.
138.Giovanella L.: Tumori Neuroendocrini: Diagnosi e fisiopatologia clinica. Dicembre ‘99.
139.Paladino M., Cerizza Tosoni T.: Umanizzazione dei Servizi Sanitari: il Case Management.
Gennaio 2000.
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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo
Il sonno e le sue alterazioni
140.La Vecchia C.: Come evitare la malattia. Febbraio 2000.
141.Rossi R.E., Monasterolo G.: Cellule dendritiche. Marzo 2000.
142.Dammacco F.: Il trattamento integrato del Diabete tipo 1 nel bambino e adolescente (I).
Aprile 2000.
143.Dammacco F.: Il trattamento integrato del Diabete tipo 1 nel bambino e adolescente (II).
Maggio 2000.
144.Croce E., Olmi S.: Videolaparoscopia. Giugno 2000.
145.Martelli M., Ferraguti M.: AllergoGest. Settembre 2000.
146.Giannini G., De Luigi M.C., Bo A., Valbonesi M.: TTP e sindromi correlate: nuovi oriz zonti diagnostici e terapeutici. Gennaio 2001.
147.Rassu S., Manca M.G., Pintus S., Cigni A.: L’umanizzazione dei servizi sanitari. Febbraio
2001.
148. Giovanella L.: I tumori della tiroide. Marzo 2001.
149.Dessì-Fulgheri P., Rappelli A.: L’ipertensione arteriosa. Aprile 2001.
150. The National Academy of Clinical Biochemistry: Linee guida di laboratorio per lo scree ning, la diagnosi e il monitoraggio del danno epatico. Settembre 2001.
151.Dominici R.: Riflessioni su Scienza ed Etica. Ottobre 2001.
152.Lenziardi M., Fiorini I.: Linee guida per le malattie della tiroide. Novembre 2001.
153.Fazii P.: Dermatofiti e dermatofitosi. Gennaio 2002.
154.Suriani R., Zanella D., Orso Giacone G., Ceretta M., Caruso M.: Le malattie infiamma torie intestinali (IBD) Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica. Febbraio 2002.
155. Trombetta C.: Il Varicocele. Marzo 2002.
156. Bologna M., Colorizio V., Meccia A., Paponetti B.: Ambiente e polmone. Aprile 2002.
157. Correale M., Paradiso A., Quaranta M.: I Markers tumorali. Maggio 2002.
158. Loviselli A., Mariotti S.: La Sindrome da bassa T3. Giugno 2002.
159. Suriani R., Mazzucco D., Venturini I., Mazzarello G., Zanella D., Orso Giacone G.:
Helicobacter Pylori: stato dell’arte. Ottobre 2002.
160. Canini S.: Gli screening prenatali: marcatori biochimici, screening nel 1° e 2° trimestre
di gravidanza e test integrato. Novembre 2002.
161. Atzeni M.M., Masala A.: La β-talassemia omozigote. Dicembre 2002.
162. Di Serio F.: Sindromi coronariche acute. Gennaio 2003.
163. Muzi P., Bologna M.: Il rischio di contaminazione biologica nel laboratorio biosanitario.
Febbraio 2003.
164. Magni P., Ruscica M., Verna R., Corsi M.M.: Obesità: fisiopatologia e nuove prospettive
diagnostiche. Marzo 2003.
165. Magrì G.: Aspetti biochimici e legali nell’abuso alcolico. Aprile 2003.
166. Rapporto dello Hastings Center: Gli scopi della medicina: nuove priorità. Maggio 2003.
167. Beelke M., Canovaro P., Ferrillo F.: Il sonno e le sue alterazioni. Giugno 2003.
I volumi disponibili in formato .pdf su CD e su Internet
nel sito www.medicalsystems.it sono riportati in nero
mentre in grigio quelli non ancora disponibili su Internet.
Caleidoscopio
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Caleidoscopio
Rivista mensile di Medicina
anno 21, numero 167
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
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