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presenta La polvere di Morandi un documentario di MARIO CHEMELLO SCHEDA TECNICA genere: biografia/documentario d’arte anno di produzione: 2012 durata: 60’ standard: dvcpro100 HD lingua: italiano (sottotitoli inglesi) soggetto, sceneggiatura e regia: Mario Chemello fotografia: Tiziano Parise e Mario Chemello suono: Fabio Aquila montaggio: Paolo Smali, Mario Chemello musiche originali: Daniele Furlati con la partecipazione di: Laura Mattioli, Eugenio Riccòmini, Carlo Zucchini, Flavio Fergonzi, Francesco Veggetti consulenza artistica: Carlo Zucchini produzione: Imago Orbis - in collaborazione con Museo d’Arte Moderna di Bologna / Museo Morandi, con il contributo di Film Commission Emilia-Romagna e il patrocinio di Fondazione Magnani Rocca produttore: Serena Mignani delegato alla produzione per MAMbo: Alessia Masi www.lapolveredimorandi.com www.facebook.com/lapolveredimorandi SINOSSI La polvere di Morandi è una biografia del pittore Giorgio Morandi che percorre i luoghi della sua vita: lo studio di via Fondazza, Grizzana con i suoi paesaggi e la casa degli ultimi anni, i musei. L’attenzione è concentrata sulla quotidianità fatta di abitudini, il disinteresse per le ricadute economiche della sua fama, la concentrazione in una ricerca artistica che ha voluto seguire il suo corso pur nei grandi eventi che hanno costellato il secolo. Il film è un collage di aneddoti raccontati da alcuni critici che lo conoscevano e riflessioni del regista che mira a definirne la personalità. La macchina da prese vaga tra le sue bottiglie o fra gli oggetti della casa di Grizzana, ricerca i paesaggi e le immagini che hanno ispirato la sua opera, propone un’interpretazione visiva delle emozioni provate dai visitatori di un museo. I quadri si mescolano ai luoghi e i luoghi diventano quadri proponendo all’occhio dello spettatore la stessa vivida presenza che affascinava il pittore. Su tutto regna indisturbata la polvere. NOTE DI REGIA «Giorgio Morandi si può raccontare in molti modi: più di 400 testi scritti durante e dopo la sua vita hanno analizzato in tutte le possibili angolazioni critiche la sua arte. C’è che dice che era un provinciale perché per 74 anni di vita non si è mai mosso da casa, e chi ha detto che non ne aveva bisogno perché era il mondo che veniva a bussare alla sua porta. Io, partendo da quest’ultimo, unico dato di fatto incontrovertibile, ho pensato che il modo migliore di raccontare Morandi fosse proprio raccontare la sua casa. La sua casa sono tre case diverse. Le due case materiali: lo studio di via Fondazza, dove stava durante l’anno e la casa di Grizzana, dove ha trascorso quasi tutte le estati della sua vita. E la casa della sua poesia: i musei dove le sue opere abitano presentandosi al visitatore come un caleidoscopio in cui si frammentano e si ricompongono la vita, la personalità, il genio, le manie, gli amori... tutto quanto può sintetizzare un uomo. In questa casa che ha lasciato ai posteri perché possano esercitare il proprio spirito a dialogare col mondo apparentemente muto degli oggetti, vedo il visitatore perdersi tra i suoi quadri, nella reiterazione di un multiplo che non ha nulla a che vedere con i multipli di Warhol & c., ma che è una riflessione sulle infinite possibilità dell’essere. I quadri di Morandi vanno guardati in mucchio, bisogna trovarcisi in mezzo per capirne il senso. Il documentario parte dalla polvere sui suoi vasi perché è evidente, è la punta dell’iceberg nella sua concezione dell’oggetto come depositario di un essere proprio. Per altro, più prosaicamente, facendoli spolverare avrebbe rischiato che qualcosa si rompesse, o perdesse l’opacità diafana che gli interessava. In questo senso la polvere è soggetto e strumento, ma non è memoria, storia, nostalgia crepuscolare: tutt’altro. E’ testimonianza della possibilità dell’oggetto di diventare pura forma architettonica. La ricerca visuale che ho inteso sperimentare vuole evidenziare le sue intenzioni: nello studio di Grizzana un lungo ininterrotto guardare i suoi vasi con l’occhio curioso dello spettatore che si trova assediato da queste presenze e coglie le voci, le osservazioni di persone che lo conoscevano bene e ci riportano alla realtà quotidiana del nostro essere insieme persone “normali”, abitanti di un mondo molto più cinico e disincantato del suo, e spettatori di una continua epifania. Quindi luci morbide, colori pastello, nessun artificio tecnico o luminismo impressionistico: non era certo questo che Morandi cercava. Lui trovava negli oggetti l’essenza delle forme pure naturali, io cerco l’atmosfera del luogo perché là ci sono la sua ricerca e la sua vita -che sono poi la stessa cosa. Grizzana, gli esterni e Grizzana la casa. I paesaggi che ho cercato non sono, tranne in rari casi, quelli “veri” dei suoi scorci. Sono paesaggi in cui ho creduto di ritrovare “veteris vestigia flammae”, i resti dell’antica passione, le emozioni, le forme, i profumi o i contrasti che secondo me potevano generare il desiderio di dare forma a un’immagine piuttosto che a un’altra. Le immagini a volte molto flou, o addirittura sfuocate, l’uso intenso di retini e filtri diffusori, altre volte i graduati estremi e la compressione dei neri già in fase di ripresa mi servivano per restituire la densità di certi olii o l’estremo spappolamento di altri, o degli acquerelli, per proporre allo spettatore un modo di osservare le cose che cerca di andare oltre la geometrica e banale precisione dell’immagine elettronica. Anche perché la luce dei quadri di Morandi è luce meridiana, zenitale, odiosa alla ripresa fotografica ma prediletta dal pittore che evitava come il diavolo l’effettistica impermanente e impressionistica delle ore a cavallo: albe, tramonti, nuvole, passanti disturbavano la sua ricerca delle cose “in sé”, l’ontologia dell’immagine. E questo, nei limiti delle mie possibilità, ho cercato di raccontare. Per questo spesso non è il soggetto a interessarmi, ma i rapporti di linee, masse, colori, densità, perché questi mi parlano della ricerca di sintesi e di essenza che vedo ovunque nell’opera di Morandi. I quadri di Morandi non raccontano dei paesaggi, ma lo sguardo del pittore, il processo che ha permesso di distillare questi paesaggi in un’immagine. Questo, con la massima umiltà di cui sono capace, ho cercato. Uno sguardo dilatato che nella sua lentezza desidera farsi meditazione, e in questo accoglie anche le parole che qua e là fanno parte di queste immagini. La scelta a momenti della parola scritta, non detta, significa proprio questo, perché secondo me quelle parole e quelle immagini si affidano alla stessa astrazione percettiva e dal punto di vista sonoro si possono legare solo a un sentimento altrettanto astratto del luogo e del tempo. Musiche ripetitive, fatte di fraseggi radi e variazioni minimali (i quadri di Morandi), accordature come preparazione del soggetto, il gracchiare dolce della viola da gamba che somiglia tanto a quello del pennello sulla tela... Grizzana la casa: la cella del frate, il luogo dove si esprime al massimo il misticismo quasi Zen di Morandi. Il vuoto che aspetta di essere riempito. Così come nei paesaggi la luce del mezzogiorno, nella casa è il bianco dei muri a farla da padrone. E insieme al bianco la banalità delle suppellettili, degli arredi e dei materiali che non devono essere “belli” perché non interessano alla sua ricerca. Allora quegli stessi oggetti e suppellettili diventano fondamentali perché si fanno testimoni di questa ricerca. Per questo ho ritenuto che una abatjour, una tenda o una catenella penzolante sul muro fossero parte indispensabile di una biografia come e più del cavalletto, dei momenti celebri o delle foto di famiglia. La terza casa è il museo, lo straniamento del pubblico, l’impressione di trovarsi per un momento in un mondo “altro”, dove un pittore asceta esibisce le sue verità, e ce le mostra tutte insieme, provocando smarrimento, una sorta di confusione e rallentamento di sentimenti negli spettatori che percepiscono sostanzialmente due cose, agli antipodi tra loro: fastidio, solitudine e inutile ansia, negatività e isolamento, oppure il lento chiacchiericcio dei vasi accatastati e il grande amore che ha generato in loro un’anima servendosi non solo di passione ma anche di una impressionante padronanza tecnica». L’AUTORE Mario Chemello, regista e produttore, vive a Bologna, è laureato in Storia dell’Arte e ha frequentato un DEA in Etnologia Visuale all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. Esperto di arte africana, ha scritto due libri sull’argomento. Dalla fine degli anni ‘80 alla fine degli anni ’90 lavora come operatore e giornalista free lance, dal 1992 realizza e produce fiction e documentari. Nel 1996 fonda la casa di produzione Imago Orbis, struttura dedita a ideazione e realizzazione di progetti fiction e documentari d’arte, cultura e società, serie televisive e video industriali e didattici. Nel 1997 vince il premio Ilaria Alpi per l’approfondimento giornalistico, nel 2007 vince il premio “Franco Cristaldi” come miglior produttore italiano per il film Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, coprodotto da Imago Orbis e Aranciafilm. Fra i suoi documentari: La medicina degli antenati (1993), Sahara Occidentale – Un muro lungo vent’anni, e Ouassila, premio Ilaria Alpi per l’approfondimento giornalistico nel 1997; una lunga serie di documentari per il Soccorso Alpino italiano tra il 1999 e il 2003; I colori del mare – Conversazioni con Piero Guccione (2003), sul grande figurativo contemporaneo; I cercatori di miraggi (2009), che segue le speranze e le motivazioni di Europei e Africani in viaggio da un continente all’altro; Le città invisibili del Veneto (2009), docu-fiction che ripercorre le tracce delle culture tradizionali venete. Nel 2009 riceve dal Museo d’Arte Moderna di Bologna l’incarico di realizzare un contributo video per l’apertura ufficiale del museo “Casa Morandi”, dedicato al pittore bolognese Giorgio Morandi; il filmato costituisce il primissimo nucleo di un progetto più ampio sulla vita di Morandi, sviluppato nei due anni successivi fino a divenire il documentario La polvere di Morandi (2012). Sempre del 2009 è la produzione di Val Grande – Mappa per un viaggio impossibile, documentario di Nicola Piovesan. Nel 2010 ha presentato al Biografilm Festival di Bologna in anteprima assoluta il documentario di Emanuele Angiuli Traumfabrik: Via Clavature 20, incentrato su una casa occupata e divenuta una sorta di “factory” creativa per musicisti, cineasti e disegnatori bolognesi tra il 1977 e il 1983. Nel 2011 è terminata è la lavorazione di una docufiction su due grandi viaggiatori, Marco Polo e Xu Xiakè, una coproduzione internazionale fra 4 studios emiliano-romagnoli, la provincia di Venezia e la provincia di Jiangyin in Cina. FILMOGRAFIA 1992 1993 1996 1996 2000 2000 2003 2003 2004 2008 2009 2009 2009 2010 2010 2011 2012 Forme del ricordo // regia – documentario La medicina degli antenati // regia – documentario Sahara Occidentale: un muro lungo vent’anni // regia – documentario, 52’ – prodotto da Imago Orbis Ouassila // regia – documentario/reportage, 20’ – prodotto da Imago Orbis Plastination: l’innaturale verità dei corpi // regia – documentario, 26’ – prodotto da Imago Orbis Studenti italiani a Mostar // regia – documentario, 35’ Il soccorso in montagna: una storia semplice e concreta // regia – documentario – prodotto da Club Alpino Italiano, CNSAS e Imago Orbis I colori del mare – Conversazioni con Piero Guccione // regia – documentario, 32’ – prodotto da Imago Orbis Il vento fa il suo giro // produzione – lungometraggio, 110’ – regia di Giorgio Diritti, prodotto da Imago Orbis e Aranciafilm Allenamente // produzione e regia – serie collectable Home Video Fabbri Editori, 15 x 30’ Un Angelo tra le nuvole // distribuzione – documentario, 30’ – regia di Emanuele Angiuli, prodotto da Road Television I cercatori di miraggi // regia e sceneggiatura – documentario, 52’ Le città invisibili del Veneto // regia – docufiction, 46’ – prodotto da Imago Orbis e Fondazione Aida Val Grande: mappa per un viaggio impossibile // produzione – documentario, 50’ – regia di Nicola Piovesan, prodotto da Chaosmonger Studio e Imago Orbis Traumfabrik – Via Clavature 20 // produzione – documentario, 47’ – regia di Emanuele Angiuli, prodotto da Imago Orbis, Emanuele Angiuli e Fabio Bianchini Un milione di passi – I grandi viaggiatori Xu Xiake e Marco Polo // regia – docufiction, 45’ – prodotto da Imago Orbis, Mammut Film, La Dama Sognatrice Produzioni Audiovisive, Nicola Nannavecchia/DocFilm con Municipalità di Jiangjin (Cina) La polvere di Morandi // regia e sceneggiatura – documentario, 57’ – prodotto da Imago Orbis in collaborazione con MAMbo-Museo Morandi IMAGO ORBIS Imago Orbis dal 1996 si occupa di ideazione, sviluppo, realizzazione di singoli progetti fiction e documentari ma anche di format e serie televisive e, nel quotidiano, di video industriale, formativo e pubblicitario. Il punto di forza resta comunque il documentario: giornalistico e “di creazione” su temi geografico/naturalistici, sociali, etnologici, d'arte, storia. Siamo una struttura indipendente e crediamo nell'artigianalità di questo lavoro come condizione necessaria per mantenere sveglia la curiosità e attiva la fantasia. Amiamo la ricerca, produciamo e coproduciamo sia opere generate al nostro interno sia di autori esterni alla struttura, ci piace affrontare gli argomenti che trattiamo mescolando racconto e riflessione, vita e cultura, backgound universitario ed estetica dell’immagine. Lavoriamo indifferentemente sul cinema documentario e di fiction purché si tratti di raccontare vite e persone reali: in questa direzione abbiamo prodotto nel 2004 “Il vento fa il suo giro” di Giorgio Diritti, film lungometraggio (in coproduzione con Aranciafilm) premiato in più di 15 festivals internazionali (vincitore al Bergamo Film Meeting, Lisbon Village Film Festival, Annecy Cinèma Italien, New York Open Roads, e nominations al London Film Festival etc.) uscito nelle sale italiane nel 2007. Nel 2008 l’azienda cresce con l’acquisizione di nuovi soci e nuove potenzialità, cambia sede e ragione sociale configurandosi come s.a.s. con un capitale sociale adeguato ad iniziative di ampio respiro. Consociandosi all’agenzia di promozione e comunicazione Cervelli in Azione s.r.l., inizia ad affrontare sistematicamente anche il mercato della distribuzione. Per la produzione si focalizza sul processo di internazionalizzazione con la ricerca di partners internazionali e sviluppa e realizza progetti di coproduzioni estere per la diffusione internazionale. CONTATTI IMAGO ORBIS via Giovanni Francesco Barbieri 131 40129 Bologna, Italia tel +39 051 249844 fax +39 051 2800684 web www.imagoorbis.it / [email protected] social http://about.me/imagoorbis Chiara Borghesi (segreteria organizzativa) [email protected]