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Riflessioni sull`inclusione Beatrice Beatrice è una bella bambina di

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Riflessioni sull`inclusione Beatrice Beatrice è una bella bambina di
Riflessioni sull'inclusione
Beatrice
Beatrice è una bella bambina di circa nove anni. Forte, sana, profumata. Beatrice sorride, esprime
gioia e ama particolarmente Gabriele. Lo aspetta ogni mattina e lo abbraccia fortissimamente. Lui ci
sta e ricambia,nonostante la stazza “moscerina”. Beatrice ama ballare: adora “ Ba, Ba, Ba ...” dei
Beach Boys e tutti i twist. Beatrice è una grande coreografa. Salta, si agita a ritmo, taglia l'aria con
i movimenti delle mani. Beatrice è una persona seria. Quando tutti ci apprestiamo sul quaderno o
sul libro, anche lei siede e lavora.
Beatrice partecipa a tutte le attività ed apprende. Ad ogni persona che entri in classe, Beatrice
riassume le tappe del viaggio indicando ogni poster, ogni lavoro di gruppo in cui si riconosce.
Beatrice pensa, ascolta con tutta se stessa, ed elabora. Adora venire a scuola e quando ci sono le
vacanze obbliga la mamma a salire in macchina e a passare davanti alle finestre dell'aula.
Beatrice non parla, anche se i suoi occhi vispi e neri parlano per lei. Ma Beatrice conosce Raffaello
e Burri. Il cretto nero e quello rosso li ha riprodotti con grande attenzione stropicciando ogni tipo di
carta. Anche gli squarci di Fontana la emozionano ora che ha imparato a tenere fra le dita le
forbicine. Per lei, se le si chiede all'improvviso dove sia il “bau, bau” della dama, non ci sono dubbi.
Osserva l'immagine che ha incollato sul quaderno e con il dito punta dritto il liocorno, tra la
sorpresa degli adulti di passaggio. Noi tutti, docenti di classe e compagni, non ci meravigliamo.
Sappiamo quanto sia abile in storia dell'arte! Ogni volta che studiamo e ci divertiamo con una
nuova immagine, Beatrice chiede di appenderne una copia fuori la porta dell'aula. Ormai è l'addetta
ufficiale della nostra pinacoteca. Così ogni mattina, prima di entrare ,e subito dopo aver strizzato
Gabriele, con il dito indica tutta quella bella gente: Cecilia Gallerani e Vincent dai capelli rossi, il
Musico e il liocorno dall'aria viziatissima. Senza questo incipit, che le fa sfoderare il primo dei suoi
radiosi sorrisi, Beatrice non inizierebbe mai la sua energica giornata. E così, mentre fuori il mondo
cade a pezzi, sembra volerci ricordare come un'immagine e lo sguardo di una bambina , per una
strana alchimia, siano il “sale della Terra”.
Educazione al patrimonio culturale e bambini con handicap
Handicap ed educazione al patrimonio culturale? E' possibile l'alfabetizzazione culturale dei
bambini con gravi handicap cognitivi? E poi, tutto sommato, sarà mai utile?
Certo che sì. Questa breve riflessione sottolinea alcuni punti di forza, per altro, sperimentati sul
campo.
Beatrice è certamente un “unicum”, in quanto è particolarmente serena e volenterosa, fino a
spingersi ai confini della gioia pura dell'apprendimento, ma sono insiti nell'educazione al
patrimonio alcuni tratti fortemente coinvolgenti e motivanti. Cerchiamo di riassumerli per comodità
di intesa.
1)Uno speciale lessico
L'educazione al patrimonio è un lessico
L'educazione al patrimonio è un lessico per immagini
L'immagine è di per sé coinvolgente e rimanda ad un mondo di significati sottesi. Spesso
l'immagine è sintesi.
Fermiamoci qui. Non si tratta, ovviamente anche per il resto dei bambini della primaria, di
decodificare significati iconografici ed iconologici, ma di avvicinare il bambino a cogliere in un
immagine tratti di facile fruizione ( espressioni, atteggiamenti, posizioni corporee, sguardi, vestiti,
corredi). Questa decodifica si opera senza alcuna soggezione rispetto ad immagini studiate per
l'infanzia ( si pensi all'editoria 0- 3 anni), nella fascia di età in cui il bambino sta acquisendo il
linguaggio ma ancora non è convertito al leggere e allo scrivere. L'immagine è dunque il ponte,
attraversato il quale, la veduta d'insieme del paesaggio risulta più semplice e nitida.
Vi assicuriamo che se al posto delle immagini di conigli parlanti ed oche starnazzanti, sostituiamo
con i dovuti modi, ludici e laboratoriali, quelle dei grandi artisti, l'operazione concettuale non
cambia, se non per arricchirsi di elementi pregnanti.
L'esempio del liocorno -”bau- bau” è fortemente significativa. Nella mente di Beatrice l'immagine
della dama è indelebile tanto quanto lo sia per gli altri bambini che pure usano strumenti diversi di
comprensione e rielaborazione.
La memoria della bimba supera la propria fragilità grazie all'immagine. A distanza di tempo,
Beatrice continua a riconoscere e distinguere un immagine dall'altra.
Ed ecco la seconda caratteristica:il lessico delle immagini è fondato sulla molteplicità e sulla
differenziazione di elementi. Così il liocorno caratterizza la dama di Raffaello, mentre l'ermellino o
la collana di perle nere connota Cecilia Gallerani.
La ricchezza dei particolari costituisce un lessico polisemico, assolutamente meno rigido e
maggiormente fervido di spunti e,dunque, di stimoli.
Quindi: immagini come codici polisemici. Ovvero più possibilità di decodifica e memoria.
2)Le buone pratiche
Non si può educare al patrimonio culturale se non attraverso delle pratiche. Che cosa significa
questa affermazione? Semplice... si fa per dire! Significa che l'apprendimento del patrimonio si
fonda sul saper fare, sullo sperimentare, sul trattare con i materiali, sul misurare gli spazi, sul
considerare le forme, mescolare i colori, contare i passi che intercorrono tra una colonna e
l'altra...L'educazione al patrimonio è per sua intrinseca natura didattica per competenze. E'
apprendimento “situato”, si avvale di aule decentrate molto, ma molto più coinvolgenti di quella
scolastica, seppur riscaldata dai tanti affiches. Musei, gallerie, pinacoteche, lì i bambini si
immergono in un “bosco narrativo” fitto di forme, colori, segni i cui significati possono essere
appresi in loco e rielaborati più tardi a scuola.
Non si può certo ignorare che nei processi apprendimentali in cui si registrano ritardi e /o
caratteristiche speciali, il fare è la chiave giusta per acquisire in tempi e modi del tutto personali una
visione del mondo. La stretta dialettica tra educazione al patrimonio e rielaborazione fattiva
costituisce dunque un campo d'interesse particolarmente stimolante per i bambini con handicap.
3) Il metodo e l'inclusione
L'attività laboratoriale, durante la quale l'apprendimento concettuale sposa il saper fare, avviene
grazie al lavoro di gruppo. La metodologia del “fare cooperando” è particolarmente appropriata
all'educazione al patrimonio, perchè permette ai bambini di lavorare in sinergia, di socializzare le
competenze, di supplire uno alle difficoltà dell'altro, di socializzare e condividere obiettivi. Si potrà
obiettare che ciò può valere per ogni disciplina. E' più motivante e “facile” scrivere un testo a più
mani o risolvere un problema insieme, cantare in coro che esibirsi da soli. Ma per l'educazione al
patrimonio questo vale due volte. La prima volta rimanda alla natura sociale del fare scuola, la
seconda è legata all'identità storica, e dunque collettiva, che fa del patrimonio storico artistico uno
degli elementi “religanti” più forti di una comunità. Al di là della firma “autografa”, il patrimonio
culturale si propone immediatamente come “insieme” significante. Ed “insieme” va affrontato. Ora
poiché si parla di inclusione nella comunità a pieno titolo dei bambini con handicap, quale metodo
più adatto se non quello del lavoro di gruppo? E' nel piccolo gruppo che il bambino con handicap si
lascia aiutare e guidare dai suoi coetanei in un mix di emozioni ed esperienze condivise. E' lì che
stempera i propri limiti, sceglie le relazioni significative, raggiunge il proprio obiettivo che
differisce nel grado, ma non nell'importanza che ogni meta costituisce nel processo di
apprendimento e di crescita umana.
4) Questione di diritto
I Diritti dei bambini, le Indicazioni di Lisbona, il dettame della nostra Costituzione puntano dritto al
cuore del problema. Ogni bambino ha diritto ad avere pari opportunità di crescita culturale. Ogni
bambino è un cittadino attivo. Bene, è un diritto dei bambini frequentare e conoscere i “luoghi”
della cultura e i diritti funzionano per “estensione” e non per sottrazione. La nuova sensibilità è
leggibile nei tanti laboratori dei Musei che offrono servizi educativi spesso “mirati”: si pensi ai
percorsi per non vedenti che costituiscono materia di riflessione e approfondimento di grande
interesse. In tempi recenti, la sezione didattica dei Musei Vaticani, coordinata dalla dott.ssa Maria
Serlupi, ha messo a punto percorsi per non vedenti estremamente interessanti, se si pensi alle
collezioni e alle opere del luogo.
I bambini con handicap ( va superata la ridicola etichetta di “diversamente” abile così come indicato
dall'Europa)) possono e devono poter frequentare la cultura insieme a tutti gli altri, elaborando, di
volta in volta, un diario di bordo ricco di specialissime, personalissime annotazioni.
P.s Si accetti la provocazione. Prendi Beatrice che frequenta i temi dell'educazione al patrimonio e
un bambino “normale” che non ha accesso a nessun fenomeno storico artistico. Chi fra i due sarà
più “limitato”?
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