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Forme di razionalità limitata. Approcci socio
Marco Castellani FORME DI RAZIONALITÀ LIMITATA. APPROCCI SOCIO-COGNITIVI AL DECISION MAKING DSS PAPERS SOC 5-02 INDICE Premessa: piani di riferimento ............................................ Pag. 5 1. Richiami di critica simoniana ...................................................... 9 2. Forme e modelli di RL: verso una teoria della ricerca............ 17 3. Formalizzazioni procedurali ed euristiche adattive ................ 27 4. Estensione del modello di ricerca e prospettive per gli studi empirici ......................................................................................... 39 5. Conclusioni................................................................................... 47 Riferimenti Bibliografici............................................................. 50 Appendice: ASPIRATION ADAPTATION THEORY ............ 59 Premessa: piani di riferimento Questo paper si propone di offrire una rassegna sintetica di quelle formalizzazioni del criterio simoniano di razionalità limitata (da qui in avanti RL) che possano rappresentare un punto di raccordo fra le principali aree di studio interessate al decision making. L’obiettivo perseguito, attraverso un’esplorazione del quadro teorico prodotto in ambito sociocognitivo ed economico-sperimentale alla luce della recente modellistica, è quello di abbozzare una sorta di registro comune nella varietà delle applicazioni che pongono al centro della propria analisi questo concetto, considerato fondamentale tanto per le discipline economiche quanto per quelle socio-organizzative. Tale intento è mosso soprattutto dall’esigenza di voler delineare una traccia sulla quale innestare una riflessione ad ampio raggio intorno alle problematiche tipiche del processo decisionale, mantenendo come costante punto di riferimento la radice degli assunti originali di Simon nell’ambito delle decisioni individuali. Il primo paragrafo dell’elaborato sarà dedicato ad una rapida escursione sui fondamenti generali della RL, con accento sui caratteri distintivi della critica simoniana e sugli aspetti rilevanti ripresi dalla letteratura socio-cognitiva. La parte restante, invece, verterà su un esame più specifico del terreno formale rintracciabile nell’approccio “euristico” interdisciplinare ed in quello rivolto più alla teoria della ricerca. È un’impostazione volta ad attenuare il carattere asistematico di questo genere di studi, che sembra delinearsi come una sorta di percorso ‘a salti’ e non come un sentiero metodologico definito e modulato su fasi interrelate. Buona parte degli approcci alla RL, infatti, si rivelano inconsistent, ossia tra loro discordanti in termini di disegno Forme di razionalità limitata 5 complessivo e quindi formale (Sent, 1998, p.36). Ciò accade, in linea di massima, per l’interpretazione stessa che i singoli contributi offrono della prospettiva simoniana, sicché le rispettive formalizzazioni possono divergere ampiamente proprio su questioni discriminanti. Una ragione plausibile ed intuitiva di questo fenomeno risiede nelle fondamenta del complesso simoniano, i cui tratti essenziali non possono avvalersi, in termini di assunti e postulati, del repertorio che garantisce alle analisi standard di ascendenza neo-classica una cumulabilità di studi piuttosto omogenea. Come noto, la natura epistemologica della RL s’identifica nel passaggio da una logica deduttiva e prescrittiva ad una logica induttiva e descrittiva. Questo slittamento concentra l’attenzione di Simon sullo studio del comportamento dell’agente “reale” e lo conduce su terreni il cui dominio appartiene tipicamente ad altre scienze sociali. La terminologia, da non confondere con quella di stretta derivazione psicologica, che viene utilizzata in questo senso è per l’appunto “economia comportamentista” (Simon, 1987). L’esigenza di una formalizzazione efficace, da opporre in qualche modo all’apparato della razionalità assoluta, è stata da sempre al centro delle preoccupazioni di Simon, sin dai primi sviluppi rivolti al sistema delle preferenze (Casiccia, 2000, p.236). La traccia inaugurata dalla formulazione originaria della critica alla razionalità olimpica, ha poi esteso alle discipline attigue i propri punti cardine, contribuendo sostanzialmente a delineare due piani di ricerca, tra loro collegati ed entrambi riconducibili all’impronta cognitivista alla quale attinge l’avvio della rappresentazione simoniana. Il primo di questi piani innerva gran parte dell’individualismo metodologico e declina l’azione individuale e sociale su criteri di razionalità “soggettiva”, eterodossa rispetto al taglio “oggettivo” della rational choice. Tale impostazione sostiene la centralità degli elementi “basici” dell’azione, 6 Forme di razionalità limitata quali desideri, credenze, opportunità, poco considerati (o per nulla) nell’impianto a razionalità assoluta e in termini d’interdipendenza rispetto alla decisione degli agenti. Le riflessioni che scaturiscono da questa architettura, fondatamente ricollegabile alla produzione teorica della cosiddetta folk psychology (Semin e Gergen, 1990; Greco, 1995), confluiscono nella vasta opera di rielaborazione degli assunti razionali operata da Elster su una varietà di fenomeni ben noti all’interno delle scienze sociali, quali l’autoimpedimento, le controfinalità, il wishful thinking, le conseguenze non intenzionali, e via dicendo (Elster, 1979). La tradizione sociologica che s’innesta su questa direttrice ha il merito di portare al centro del dibattito il rapporto tra i sistemi di credenza individuali (belief system) e i quadri culturali-normativi degli agenti, tema spesso mal coniugato dal cognitivismo di prima generazione (Provasi, 1995). Sempre su questo primo piano, di sociologia dell’azione tipicamente individualista metodologica, il recupero dell’accezione simoniana di razionalità, si traduce nella diffusione di quella che può essere denominata, con maggiore proprietà, razionalità “cognitiva” (Boudon, 1992). Essa incorpora di fatto aspetti, descrittivi o normativi, che costituiscono la base della scelta individuale. L’espressione utilizzata per indicare queste motivazioni per l’agente, è quella di “buone ragioni”, concetto che Boudon stesso vede quale perno della sociologia della conoscenza e della sociologia in generale (Boudon, 1995, tr. it 1997, p.48) e come ruolo critico nell’offrire alla razionalità cognitiva una sorta di completamento rispetto alla classificazione della razionalità “assiologica” weberiana (Boudon, 1992, tr. it. 1996, p.48) Il secondo piano (paragrafi 3 e 4) è quello che, sulla scia stessa delle intuizioni di Simon, fa della RL una “rappresentazione” piuttosto che una teoria, constatata la ridotta capacità predittiva dei propri assunti (Simon, Forme di razionalità limitata 7 2000a). Tale piano, necessariamente interdisciplinare, mantiene il concetto di “ricerca euristica” quale punto di riferimento e criterio di governo per l’indagine di caratterizzazione esiti soddisfacenti riconducibile alla (Gigerenzer, dimensione 2001), con “procedurale” una della razionalità, che attiene più in dettaglio all’elaborazione informativa da parte dell’agente e al procedimento attraverso il quale il decisore giunge ad inferire un piano d’azione (Rizzello, 1997, p.112). In letteratura questa fase riproduce la pars costruens rispetto alla critica simoniana classica, inquadrabile invece come pars destruens nei confronti dell’impianto a razionalità assoluta. Su questa idea di RL come rappresentazione, la letteratura organizzativa estende l’ampiezza degli studi euristici al fenomeno di adattamento dinamico dei livelli di aspirazione (par. 4). 8 Forme di razionalità limitata 1. Richiami di critica simoniana La molteplicità di tematiche coinvolte dal concetto della RL risiede principalmente nella consapevolezza di un uso quanto mai esteso e residuale dell’oggetto teorico in questione. ‘Esteso’ in quanto esso investe un numero di discipline elevato, ‘residuale’ in quanto diventa il criterio che permea ogni contesto decisionale nel quale non si possa di fatto ricondurre il meccanismo di scelta a processi massimizzanti o di ‘migliore alternativa’ (Filippi, 1985). Simon prende le mosse dalla considerazione che l’agente neo-classico, nella trattazione micro di ispirazione ipotetico-deduttiva, si muova sostanzialmente su un orizzonte di preferenze assegnate, senza problemi di ricerca delle informazioni in termini di tempo e costo, in uno scenario del quale conosce gli stati del mondo. In queste condizioni egli conosce altresì le conseguenze delle singole alternative e sa calcolare perfettamente il meccanismo che lo conduce all’alternativa ottima. E’ stato adeguatamente evidenziato come questo combinato di ipotesi, oltre che assumere una veste a-prioristica, rappresenti un “paradigma” della scelta razionale piuttosto che un “modello” (Hogart e Reder, 1986). I due cardini sui quali poggia il paradigma della “razionalità economica” possono essere individuati nella perfetta conoscibilità del mondo (tramite accesso ai suoi stati) e nella illimitata capacità computazionale dei suoi agenti (Provasi, 1995). Il carattere oggettivo del quadro analitico a razionalità assoluta, resta dunque estraneo agli aspetti di strutturazione problematica e di generazione delle alternative che interpretano il significato procedurale del decision making rispetto al modello di realtà del decisore (Codara, 1998, p.24) e che inquadrano la decisione come un ‘processo’ di costruzione mentale (Viale, 1992). Il decisore massimizzante, più che agire, reagisce, senza svolgere Forme di razionalità limitata 9 alcuna attività di elaborazione delle informazioni, di “diagnosi” dell’ambito di scelta, o di richiamo degli eventi e di rappresentazione. Il ruolo di quella che, con una terminologia corrente, potremmo definire ‘architettura cognitiva’, appare marginale, se non assente, data la connotazione quasi comportamentista del registro dell’agente. A questo framework, che connota il cosiddetto homo œconomicus, si aggancia poi la letteratura sulle decisioni in condizioni di incertezza, che estende la forma ‘pura’ della razionalità assoluta (o “olimpica”, come ebbe a definirla polemicamente Simon), al concetto probabilistico di occorrenza dell’evento, cui l’agente assegna un’utilità attesa in modo da sfruttare il criterio di massimizzazione. Ciò avviene attraverso una sorta di “misura del grado di credenza” (Resnik, 1987, tr. it. 1990, p.77) grazia alla quale i decisori giungono ad una misurazione di ogni stato del mondo, ossia dei possibili esiti delle situazioni incerte, moltiplicandoli poi per l’utilità loro assegnata, e scegliendo l’opzione col valore più elevato. Per giungere a questa formulazione, vengono introdotti nuovi postulati sulle stime per le varie conseguenze o outcomes. In dettaglio essi sono la validità dell’usuale ordinamento di preferenza su qualsiasi prospetto (lotteria), la preferenza crescente rispetto alla probabilità, la continuità secondo l’indice di utilità di Von Neumann e Morgenstern, l’indipendenza forte e la validità dei principi di combinazione tra probabilità (Hargreaves Heap et. al., 1981, tr. it. 1996, pp.24-25). Il terreno sul quale si muove questa estensione del paradigma a razionalità assoluta resta quello “normativo” che, pur in condizioni di incertezza parametrica, rappresenta il comportamento di un decisore ideale (Rumiati, 1990, p.15). L’impianto simoniano parte proprio dal tentativo di offrire una formulazione più realistica dei processi decisionali e si affida da un lato ai 10 Forme di razionalità limitata contributi seminali di James, contenuti in The Principles of Psychology, dall’altro alle intuizioni di Barnard espresse in The Functions of The Executive. Si può evidenziare come dal primo di essi, Simon derivi l’idea d’incompletezza e frammentarietà dei processi conoscitivi umani soprattutto in relazione alla capacità di anticipazione degli esiti dei propri comportamenti, nonché il concetto di attività selettiva dell’attenzione (James, 1890). Tutti questi temi confluiranno poi nella traccia cognitiva che segnerà l’ambito di lavoro della RL lungo l’intera attività simoniana. Dalla seconda opera, un vero e proprio classico del settore, viene invece recuperato l’esame del rapporto tra fattore limitante e fattore strategico, modificato rispetto all’accezione originaria à la Commons. In particolare esso è centrato sulla necessità da parte del decisore di concentrarsi, all’interno di un processo di scelta, sull’azione critica (fattore strategico) capace di intervenire sul fattore limitante. Tale fattore rappresenta, nel quadro di un sistema di condizioni ad un determinato stato, quell’elemento che, se fosse modificato o mancante, consentirebbe il raggiungimento del fine in questione, fermo restando lo stato delle altre componenti (Barnard, 1938). Questi due aspetti, che confluiscono nella versione originaria della RL all’interno degli studi amministrativi (Simon, 1947), sono stati richiamati per evidenziare la visione “a forbice” del processo decisionale, che vede il comportamento razionale umano costretto tra due lame: le capacità cognitivo-computazionali dell’attore e la struttura dell’ambiente specifico, o task environment (Simon, 1990). Lungo tutto l’arco della produzione simoniana, si assiste ad una investigazione accurata di questa traccia pressoché trascurata dalla versione assoluta della razionalità strumentale, data la capacità degli agenti di contare su una visione panoramica delle alternative date. Ambito oggettivo di scelta e ambito Forme di razionalità limitata 11 soggettivo di elaborazione cognitiva delle informazioni costituiscono dunque la prospettiva inaugurata da Simon. Il succo della tesi originaria della RL, sulla scorta dei risultati ottenuti dalla psicologia sperimentale, è che l’agente reale abbia limitazioni nella fase di percezione (percezione selettiva), di memorizzazione, di rappresentazione delle alternative e di strutturazione problematica. In senso procedurale egli non può formulare tutte le alternative possibili e confrontarle, da un lato per le caratteristiche della propria architettura cognitiva, dall’altro perché l’ambito di scelta che fronteggia è contraddistinto da elementi di scarsità informativa e temporale. La razionalità dell’agente non può quindi essere assoluta, ma limitata (bounded). La mente del decisore non è più una sorta di black box, ma diviene contemporaneamente punto di partenza e punto di approdo dell’indagine sul comportamento degli agenti. La portata del concetto di RL sulla cognitive revolution è tuttora dibattuta, nel senso che alcune posizioni epistemologiche sostengono come in realtà sarebbe preferibile l’uso del termine intelligent rispetto a quello bounded, che invece presupporrebbe l’esistenza di una unbounded rationality sul modello di quella neo-classica, infatti: “By rationality we mean a mental process based on reason. By an ‘intelligent’ reasoning process we mean one that is feasible and effective given the nature and circumnstances of the type of reasoner who is to be supposed to do it.” (Marris, 1992, p.199). L’aspetto che si rivela centrale in questa fase e che poi accompagna gran parte della letteratura simoniana è proprio quello riguardante le capacità degli agenti rispetto alla “complessità” dell’ambiente. Se infatti da una lato l’introduzione della RL contribuisce a far luce sull’a-priorismo degli assunti e dei postulati della razionalità assoluta, tramite la constatata limitazione nell’attività computazionale, d’altro canto lo studio del comportamento umano si accompagna alla 12 Forme di razionalità limitata possibilità di esplorare l’ampiezza nel produrre nuove rappresentazioni simboliche della situazione (Egidi, 1997). In breve, ad una limitata capacità computazionale si accompagna una più estesa varietà di manipolazione simbolica. Se infatti nell’impianto a razionalità assoluta le alternative sono di fatto “date”, in quello a RL devono essere in qualche modo “inventate” dall’agente, in un processo generativo dei corsi d’azione possibili (Simon, 1956). Questo procedimento di costruzione, per ovviare ai condizionamenti temporali e computazionali, nonché alle complicazioni inferenziali, è di tipo euristico. L’attribuzione originale data da Simon al significato di ‘euristica’ è piuttosto estensiva ma adeguata, ossia una sorta di rule of thumb (regola del pollice), con la quale gli agenti procedono per passi successivi. Secondo l’approccio della Scuola euristica alla RL, la sua connotazione non è riconducibile all’uso che ne fa la psicologia cognitiva per spiegare le deviazioni da parte del giudizio umano dalla normatività statistica, come accade nel noto programma ‘heuristic and biases’ (Tversky e Kahneman, 1973). Essa consiste più semplicemente in un procedimento abbreviato, con determinati caratteri di rapidità e frugalità (Gigerenzer, 1997) coi quali gli agenti giungono alla presa di decisione. Vale la pena di ricordare come la natura stessa del significato di bias ed euristica in senso normativo sia tuttora dibattuta, stante la disputa tra bayesiani e frequentisti1. La forma originaria che Simon attribuisce a questo procedimento semplificato è quella ‘search and satisficing’, nella quale gli agenti passano in rassegna per via seriale le alternative che essi hanno generato, e si fermano quando tale ricerca (search) raggiunge un determinata o implicita soglia di soddisfazione (satisficing). Queste sono le due direttrici chiave del 1 Per una ricostruzione delle rispettive posizioni si veda, nell’ordine: Gigerenzer (1991, p.102 e segg.), Kahneman e Tversky (1996, pp.582-583) e Gigerenzer (1996, p.592). Forme di razionalità limitata 13 procedimento a RL: ricerca e soddisfazione (Simon, 1979, tr. it.1985, p.300). Se la ricerca dovesse attenersi ad una regola di arresto di impronta normativa, ad esempio in termini di utilità, l’agente dovrebbe essere in grado di calcolare il punto nel quale il guadagno marginale previsto, in conseguenza di un ulteriore determinato arco di tempo della ricerca, eguagli o il costo direttamente sostenuto per quell’arco di tempo ricerca o il suo costo opportunità (Stigler, 1961). La regola d’arresto pensata da Simon non collima con questa soluzione, verso la quale invece manifesta un esplicito atteggiamento critico (Simon, 1987a) e si concentra invece su quello che diventa il meccanismo principale di tutto il suo impianto, quello dei “livelli di aspirazione”. In breve, quando l’agente nella sua esplorazione seriale giunge all’esame di un’alternativa che appaga un certo livello di aspirazione, allora tale alternativa viene considerata soddisfacente e intrapresa quale corso d’azione. I livelli di aspirazione funzionano quindi da meccanismo di adattamento ad un comportamento soddisfacente. In una prospettiva di feedback del processo decisionale, ripresa anche dagli studi organizzativi, il meccanismo dei livelli di aspirazione funziona su due coordinate. La prima: quando l’elaborazione cognitiva delle informazioni, attraverso organizzazione-inferenza-rappresentazione dei corsi d’azione, eguaglia o supera il livello di aspirazione iniziale allora l’agente reputa soddisfacente l’alternativa corrispondente e la intraprende. In caso contrario vi sarà insoddisfazione e quindi un abbassamento del livello di aspirazione e la riconsiderazione di un’azione già rifiutata (Nozick, 1993, tr. it. 1995, p.35) o la prosecuzione nella ricerca. Lo studio di questa dimensione, o meglio, del rapporto fra queste due dimensioni appare decisivo anche nel contributo che esso può offrire all’analisi del fenomeno dell’innovazione e della teoria della ricerca, come il procedimento a RL può essere definito (March, 1994). La 14 Forme di razionalità limitata seconda: il livello di aspirazione funziona in modo adattivo, ossia, quando la rappresentazione cognitiva dello ‘spazio del problema’ risulta agevole, l’agente tende ad alzare i suoi livelli di aspirazione, viceversa tende ad abbassarli (Simon, 1987a), adeguando verso il basso la propria soglia di soddisfazione in un sentiero di aspettative adattive. L’agente simoniano, quindi, adotta procedure semplificate per far fronte a situazioni nelle quali non può adottare soluzioni ottimizzanti, infatti: “… la microeconomia normativa, mostrando l’impossibilità dell’ottimizzazione nel mondo reale, dimostra che l’uomo economico è in realtà un satisficer, una persona che accetta alternative «abbastanza buone» non perché si accontenta del poco, ma perché non ha altra scelta” (Simon, 1981, tr. it. 1985, p.346). In prima battuta, se l’esame delle alternative fosse effettivamente seriale e seguisse in via lineare la regola d’arresto del criterio search and satisficing, l’agente si potrebbe trovare nella condizione di non giungere mai ad un’alternativa soddisfacente capace di appagare i livelli di aspirazione o di giungervi scartando, di fatto, alternative “più soddisfacenti” che non vengono esaminate (March, 1994, tr. it. 1998, pp. 28-29). Questa osservazione è stata opportunamente evidenziata in tutte quelle formalizzazioni che traducono l’aspetto procedurale della RL, quali ad esempio quelle lessicografiche. In linea di massima, l’architettura simoniana può trovare adeguate specificazioni e modellizzazioni nel momento in cui essa sia studiata in contesti di scelta iterate o in contesti di ragionamento ipotetico. Nel primo caso i livelli di aspirazione, o il criterio utilizzato in genere, possono trovare un meccanismo di fissazione esplicito con cui confrontare il valore dell’esperienza (Selten, 2001). Nel secondo, diviene necessario un ancoraggio ad una forma implicita dei livelli di aspirazione, o in termini degli attributi considerati discriminanti, o sui presupposti “ecologici” che Forme di razionalità limitata 15 guidano sia la ricerca delle alternative sia la regola d’arresto, come accade ad esempio nelle euristiche adattive (Gigerenzer, 2001). Il primo ambito, nel quale gli agenti possono contare sulla valutazione degli esiti delle proprie scelte e adeguarvi il processo in termini di ricerca e regola d’arresto può essere inquadrato come razionalità ex-post, ed il secondo come razionalità ex-ante (Selten, 2001, p.28). Simon enuclea così questi due aspetti: “Se risulta molto facile trovare delle alternative che soddisfino i criteri, gli standard vengono gradualmente elevati. Se invece la ricerca continua per lunghi periodi senza generare alternative soddisfacenti, gli standard vengono gradualmente abbassati.” (Simon, 1987b, p.34). Intuitivamente, la riflessione sulla RL diviene cruciale proprio nella fase di individuazione delle dimensioni critiche sulle quali modellare le originarie intuizioni simoniane e affinarle all’interno delle dinamiche del processo decisionale. 16 Forme di razionalità limitata 2. Forme e modelli di RL: verso una teoria della ricerca Il passaggio del fuoco analitico dalla razionalità assoluta alla RL riveste precise forme nell’ambito delle applicazioni economiche sia in ambito macro (Sargent, 1973), sia in ambito micro, soprattutto in riferimento alla possibilità di ricondurre di fatto la RL nell’alveo della massimizzazione vincolata (Stigler, 1961). Questo aspetto di elaborazione della RL non sembra attenersi all’ispirazione originaria simoniana, dato il suo ricorso alla strumentazione tipica della razionalità assoluta. Per comprendere tale ottica, che indusse Simon a sostenere: “Stigler ha versato di nuovo la teoria della ricerca nella vecchia bottiglia della massimizzazione dell’utilità, con il costo di ricerca uguagliato al suo rendimento marginale” (Simon, 1979, tr. it. 1985, p.300) occorre analizzare un punto fondamentale. Nelle situazioni reali, il processo decisionale caratterizzato da RL, vede gli agenti “costretti” a cercarsi le alternative da esaminare, in un processo di costruzione mentale che chiama in causa il concetto di frame e di belief system. Una teoria della razionalità limitata, quindi, o più precisamente una sua “rappresentazione”, deve innanzitutto contemplare una teoria della ricerca (March, 1994). Alternative, conseguenze e preferenze degli agenti rivestono uno specifico e determinante ruolo sull’attenzione individuale nella ricerca delle informazioni e quindi nella rappresentazione dello ‘spazio del problema’. Semplificando, il fulcro intorno al quale si regge una qualunque teoria della ricerca che possa dirsi esplicativa del comportamento umano, riguarda il dilemma se prendere una decisione ad un determinato tempo t o se procurarsi ulteriori informazioni. Buona parte dell’economia dell’informazione, seguendo il già ricordato approccio di stampo rational choice, sostiene un’impostazione fondata sul calcolo costi/benefici Forme di razionalità limitata 17 marginali, come accade ad esempio in alcune scelte d’investimento (Grossman e Sanford, 1976). La plausibilità di questa soluzione appare falsificata da numerose ricerche sperimentali nelle quali si evidenzia come gli agenti sostanzialmente ancorino il processo di ricerca ad attributi considerati discriminanti rispetto al contesto decisionale. Più in generale, l’idea di ricorrere ad un criterio costi-benefici nel razionalizzare la ricerca, è in linea di principio, come criterio orientativo, corretta in senso formale. Il problema è piuttosto quello dell’accuratezza con la quale gli agenti effettuano la stima di tali costi-benefici che sono spesso “ambigui, sovrapponibili e mutevoli” (March, 1994, tr. it. 1998, p.37). Il richiamo è evidentemente rivolto ad eventuali dilemmi di “regresso” nella loro valutazione, (ossia il costo sostenuto per determinare un costo e così a seguire), in uno scenario in cui la ricerca di ulteriori informazioni può essere altrettanto ardua, se non più complessa, della scelta iniziale (Simon, 1987b, tr. it. 2000b, p.34). Per questi motivi, se un problema di ricerca viene ricondotto ad un’operazione di massimizzazione di profitto atteso depurato dal costo della ricerca stessa, allora l’individuazione della scelta migliore diviene un ostacolo relativamente semplice (Simon, 1972, tr. it. 1985, p.260) in quanto riduce ex-post l’indeterminatezza della situazione di scelta. Il punto critico del ricorso alla massimizzazione in questi casi è quello dei deliberation costs (tipicamente costi di attenzione ma anche computazionali, che insistono sulla determinazione dei costi stessi) intrinseci nel carattere “a cascata” del problema di regresso, e della loro esplicitazione o scomposizione da parte del decisore. Utilizzando la notazione di Conlisk, la struttura a cascata del problema di regresso è tale per cui, se P è il problema iniziale e l’operatore F(P) rappresenta l’introduzione dei deliberation costs nel problema stesso, allora il regresso sarà del tipo P, F(P), F2(p), …. Fn(P). 18 Forme di razionalità limitata Come fronteggiare questo dilemma di metadecisione? Se vi sono numerosi esempi del trattamento del problema di regresso fino a F(P), dove ad esempio la modellistica punta su un combinato di ottimizzazione e regole comportamentali adattive rispettivamente per P e F(P), diventa più complesso formalizzare le fasi successive (Conlisk, 1996). In tutte questi scenari sul ruolo e sul significato dei costi, Radner integra le osservazioni di Conlisk sostenendo come in realtà sia necessario sviluppare una tassonomia più circoscritta del termine “razionalità limitata”, per poter imbastire una qualsiasi formalizzazione. Va distinta una costly rationality, alla quale attengono ad esempio i costi di osservazione, computazione e comunicazione e una truly bounded rationality, la quale rappresenta l'incapacità di avere cognizione delle implicazioni della propria conoscenza. In ambito costly rationality si può rivelare utile un’estensione delle regole standard riconducibili agli studi seminali di Savage, nello specifico alle scale numeriche probabilistiche degli eventi e alle scale numeriche di utilità sugli outcomes. Seguendo la suddetta impostazione, sarebbe necessario considerare, oltre ai costi connessi all’attività di processamento delle informazioni, i cosiddetti costs of delay (costi di ritardo), ossia i costi legati al deterioramento temporale delle informazioni stesse. Se esse sono ottenute al periodo t sul periodo t-1, ad esempio, risulterebbero già depauperate dal fatto di riferirsi ad un periodo precedente a quello nel quale avviene la stima e soprattutto dall’arco di tempo impiegato per effettuarla. Questo tema vale specialmente per il concetto di processamento delle informazioni in quanto sinonimo di “analisi dei dati” (si pensi alle statistiche sulle vendite effettuate, ad esempio) e, in linea col problema di regresso sopra evidenziato, richiederebbe una sorta di “analisi dell’analisi”. In termini computazionali e cognitivi, questo fenomeno ha l’effetto di ricadere a sua Forme di razionalità limitata 19 volta su una decentralizzazione informativa con ulteriori costi di comunicazione e trasmissione. Nello scenario truly bounded rationality, detto “di indeterminatezza”, ci si riferisce invece a tutte quelle condizioni per le quali non sia di fatto percorribile, per l’agente o il gruppo di agenti, l’estensione del paradigma di Savage e delle sue intuizioni (Radner, 1996). Ciò entrerebbe in collisione col problema che gli agenti non devono soltanto fronteggiare i delay costs, o più banalmente i costi connessi alla ricerca delle informazioni (di osservazione, comunicazione, memoria, di tempo, accuratezza, regresso, e via dicendo), o ancora i costi connessi all’incertezza (parametrica) su eventi empirici ma si trovano a dover interpretare inferenze logiche, ossia “uncertainty about logical implications of what we know” (Radner, 1996, p.1372), nella misura in cui esse intervengano rispetto ai primi. Conviene fare un breve esempio al riguardo. Supponiamo che il decisore faccia dipendere la propria scelta da un’inferenza su più elementi, ad esempio due, ossia A (es: l’indicatore αz del rispettivo settore di mercato per un certo bene z tende ad un determinato valore ß) e B (es: gli investimenti in quel settore hanno un certo tasso di crescita) del semplice tipo: se A allora B. Il comportamento del decisore si conforma a questa inferenza su A e B, ad esempio decide anch’egli di investire sulla base di questa regola. Intuitivamente, supponiamo che l’agente abbia affrontato ed esplicitato alcuni costi connessi alla determinazione di A e B, ma per ragioni di tempo, accuratezza, limitazione dell’attenzione, non sia in grado di giungere a determinare uno dei due eventi, ad esempio B. Egli, ipotesi del tutto plausibile, cercherà sulla base dell’inferenza di giungere ad una ragione per la presa di decisione. Supponendo che l’indicatore αz non tenda al valore ß (non A), ma non si sappia nulla del livello degli investimenti in quel settore, che cosa farà in queste condizioni l’agente? Investirà o non 20 Forme di razionalità limitata investirà? Il dilemma è riconducibile a un ambito di studi amplissimo nella psicologia cognitiva, quello del modus ponens e del modus tollens, nonché di tutte quelle fattispecie che ad esso possono essere ricondotte, come accade per il “problema di Wason” (Wason e Evans, 1975; Johnson-Laird e Wason, 1970 e Cosmides, 1989). Potremmo definire i costi connessi a questo genere di dilemmi come procedural- logical costs. Per modellare un processo che tenga conto dell’impossibilità per gli agenti di ricorrere a criteri di ottimalità per far fronte ai propri limiti, alcune impostazioni si muovono nel solco delle intuizioni dello stesso Savage. Una di esse offre una prospettiva assiomatica nella quale la struttura delle preferenze degli agenti sia rappresentata in modo da stabilire una relazione tra il set delle informazioni e lo spazio delle possibilità che l’agente stesso edifica. In particolare, è possibile delineare le preferenze condizionali sulla base delle sole informazioni che siano “consistenti” col quadro cognitivo dell’agente, sicché le preferenze sui mondi non-possibili inclusi nella rappresentazione dell’agente medesimo non risultino discriminanti. In questo senso l’ambito “complesso” che deve affrontare l’agente è in pratica una rappresentazione soggettiva sotto forma di preferenze condizionali, laddove l’azione, seguendo per l’appunto l’impostazione di Savage, è una relazione tra stati del mondo e conseguenze. L’idea di base è che vi sia un frame effect che di fatto inneschi reazioni diverse alle informazioni, e che gli agenti organizzino rappresentazioni differenziate su “pezzi di informazione” in cui incorporano diversi costi computazionali per fronteggiare il task (Lipman, 1999). Un’estensione proposta dallo stesso Lipman del proprio framework, attiene alla possibilità di suddividere il set delle informazioni in due unità, una connessa agli eventi esterni e un’altra che governa le azioni possibili. Variando la prima, si può studiare come lo Forme di razionalità limitata 21 stato delle informazioni si modifichi per incorporare la nozione di costi di computazione. Al riguardo sembra ragionevole supporre che gli agenti elaborino maggiori informazioni per avere stati più definiti in corrispondenza di alti valori attribuiti alle medesime nella rappresentazione (Lipman, 1999). Se il punto critico evidenziato da questi approcci, come appare piuttosto chiaramente, riguarda la necessità da parte degli agenti di costruire spazi di elaborazione e modelli cognitivi “locali” dell’ambito di scelta, allora diviene fondamentale la nozione di incertezza dalla quale si sviluppa la trattazione rispetto a quella di ascendenza neo-classica. Alcuni studi di matrice post-keynesiana, sulla scia di Paul Davidson, hanno offerto al riguardo una distinzione tra contesti caratterizzati da Fundamental Uncertainty e contesti di Bounded Rationality, ricorrendo ad un concetto ripreso dalla letteratura economica ma mutuato da una terminologia di fisica, quello di processo ‘ergodico’ (ergodic) e ‘non- ergodico’ (non-ergodic). Nel primo caso il decisore, come l’agente simoniano, sarebbe in tendenza razionale ma limitato cognitivamente, in termini sia conoscitivi sia di capacità di calcolo. L’ambiente nel quale può aver luogo un processo decisionale a RL sarebbe “ergodico”, ossia in condizioni nelle quali un evento verificatosi nel passato consente di fare previsioni su stati del mondo futuri, secondo la nota metafora del “future embedded in the past”. L’ambiente ‘ergodico’, in tale accezione, avrebbe caratteri di immutabilità (Dunn, 2001) e consentirebbe comunque, nel lungo periodo, la governabilità dell’incertezza comportamentale. Ambienti ‘nonergodici’, viceversa, sarebbero caratterizzati da Fundamental Uncertainty, che, rispetto a quella ‘comportamentale’ ascrivibile all’impianto simoniano, non si accorderebbe con alcuna rappresentazione del futuro in termini di outcomes, e nemmeno con processi di apprendimento case-based o 22 Forme di razionalità limitata similarity-based. L’impressione è che in questa prospettiva il decisionmaking possa rifarsi ad un profilo case-based in contesti a RL, ‘ergodici’, mentre debba necessariamente ricorrere ad una nuova caratterizzazione in contesti ‘non-ergodici’, ove gli stati del mondo futuri non sono prevedibili in termini di corsi d’azione “… because they are yet to be created” (Dunn, 2001, p.21). Vengono così alla luce due piani distinti: incertezza comportamentale-RL da un lato, con un agente dotato di autonomia decisionale, ancorché limitata, nella determinazione degli eventi, e Fundamental Uncertainty-complessità dall’altro. E’ una visione della RL simoniana con tratti comportamentisti, in cui il ruolo della varietà sull’elaborazione informativa in termini cognitivi e di rappresentazione da parte degli agenti appare ridotto ad operazioni case-based. In questo senso sembra venir meno il collegamento con la radice concettuale della razionalità limitata: lo spazio dei processi cognitivi sul concetto di belief system. Il rilievo è che non sembra esservi spazio per un corso d’azione non routinario, strategico, in un processo di adattamento-decisione da parte dell’agente ad un ambiente complesso. In realtà, è proprio in questi contesti che la rappresentazione cognitiva degli agenti assume un ruolo decisivo nella definizione dello ‘spazio del problema’ e diventa oggetto dello studio sul processo di scelta soddisfacente, come accade per le rappresentazioni mappali in termini di antecedenti-conseguenti da parte dei decisori. Una caratterizzazione dell’ambiente declinata sul concetto di task environment è offerta dagli studi di policy attraverso un’immagine stilizzate ma efficace, quella dell’agente deliberatamente razionale, il cui processo decisionale può essere ricondotto a tre componenti principali: task environment, rappresentazione dello spazio problematico, limiti dell’architettura cognitiva del decisore (Jones, 1998). Per poter studiare lo stretto rapporto tra i quadri Forme di razionalità limitata 23 cognitivi degli agenti (i processi coi quali essi affrontano la complessità degli scenari tramite priorità fra obiettivi, combinazioni di strumenti utilizzabili, ragionamento adattivo e così via) e le opportunità/costrizioni imposte dall’ambito specifico, ossia il particolare task environment, è necessaria una preliminare discriminazione tra immediate task environment (possibilità di sviluppo delle strategie dalle circostanze contingenti), lifeline environment (opportunità di apprendimento di strategie durante l’intero arco dell’esistenza) e biological environment (processi evolutivi generativi). Al di là di questa tripartizione, anche se è soprattutto sul primo piano che si concentrano i riflessi del decision making in contesti di RL, occorre ricordare come un punto universale caratterizzante sia quello secondo il quale gli agenti, nell’interpretazione del task environment, non operano soltanto un adattamento ai dati, ma li elaborano in informazioni attraverso processi cognitivi per impostare strategie nei confronti degli obiettivi (Jones, 2001, pp. 8-9). Al di là degli aspetti metodologici complessivi evidenziati dall’approccio bounded rationality-fundamental rationality, e legati soprattutto alla definizione della condizione di incertezza e complessità (Dequech, 2001), è necessario rilevare come lo sviluppo delle varie formalizzazioni, abbia un versante rivolto allo studio delle limitazioni percettive e di attenzione (Broadbent, 1971) e un altro attento all’analisi della capacità degli agenti di “costruire” cognitivamente l’ambito di scelta, à la Weick, piuttosto che agire in via meramente responsiva. L’impronta stessa delle analisi manageriali o socio-organizzative tende a concentrarsi più sul rapporto fra ambiente e quadri cognitivi, in termini di elaborazione di alternative, di governo nel conflitto tra obiettivi, laddove gli studi psicologico-cognitivi mirano soprattutto ad approfondire i processi di 24 Forme di razionalità limitata ragionamento in situazioni “neutre” dal punto di vista ambientale, dette appunto context-free (Porac e Shapira, 2001). La letteratura sulla teoria comportamentista dell’impresa ha avuto il merito di porre al centro del proprio interesse il concetto di RL come processo di ricerca, ma la sua analisi resta in parte incompleta sul funzionamento e sui meccanismi che innervano tale processo. Parte degli studi su questo terreno hanno rivolto gli sforzi a casi sperimentali ed empirici per indagare le modalità con le quali gli agenti affrontano il processo decisionale. In gran parte delle ricerche di economia sperimentale sulle strategie soddisfacenti, lo spazio delle alternative possibili è comparato o con uno stato corrente o con un livello di aspirazione. Per comprendere adeguatamente l’esame dello spazio delle alternative da parte degli agenti, la strada sperimentale si affida, a seconda di quali siano gli obiettivi che essa si prefigge, sia a condizioni di ripetibilità della scelta, sia a scenari a “scelta secca”, nei quali si ha a che fare con l’abilità degli agenti di stimare i valori delle alternative (non date ma generate) in via cognitiva, in assenza della possibilità di testare le alternative medesime. In questo secondo caso “…possibilities are evaluated by thinking, by imagining possible futures should that alternative (spouse, production process, business model, car, etc.) be adopted” (Gavetti e Levinthal, 2001). Si avverte quindi la necessità di inquadrare il processo decisionale a RL in una prospettiva più ampia rispetto a quella, comunque minimale, che intende slegarsi dagli assiomi della rational choice. Due aspetti motivano tale esigenza: l’incapacità, mostrata dai metodi massimizzanti vincolati sulle fasi di esplicitazione dei costi, a eludere il regress problem (Gigerenzer e Selten, 2001) e l’obiettivo di rappresentare un quadro più realistico dell’ambito di scelta. In tema di RL è dunque ragionevole tenere in considerazione la struttura complessiva sulla quale Forme di razionalità limitata 25 viene modellata la stessa ricerca delle alternative ed il punto cruciale sopra esposto, ossia che gli agenti possano incorrere in inferenze scorrette. Per poter tenere sotto controllo in qualche modo questo aspetto diviene necessario considerare il modo col quale esse incidono sul processo stesso di ricerca. La sistematizzazione generale di un processo decisionale a RL, dovrebbe per questi motivi contemplare un’adeguata formalizzazione sia della conoscenza dell’agente2 sia, di riflesso, della sua (limitata) memoria (Rubinstein, 1998, p.63). Una strada seguita in questo senso è quella di formalizzare gli elementi procedurali ricorrenti nella sperimentazione sul decision making, l’altra si avvia ad un esame dei procedimenti sui quali la letteratura economica e cognitiva hanno fatto convergere i propri sforzi, quello delle cosiddette rules fo thumb (regole del pollice), procedure semplificate, ricorsive, adottate da parte degli agenti per ovviare ai dilemmi legati al regresso e più in generale alla costly rationality. Per questo motivo secondo alcuni autori tra i deliberation costs e gli errori di scelta viene a stabilirsi un trade-off (Gifford, 2001, p.11). Il ricorso alle rules of thumb richiama la necessità, avvertita dalla maggioranza degli studiosi sul decision making, di concentrare gli sforzi sull’idea che “…bounded rationality is not the study of optimization in relation to task environments” (Simon, 1991, p.35). Una direttrice di questa indicazione è senz’altro quella percorsa dalla cosiddetta Scuola euristica, l’altra è quella degli studi organizzativi sull’estensione del modello di ricerca, che tendono a elaborare, come sopra ricordato, in senso più esteso il processo decisionale a RL introducendo il concetto di “ricerca termostatica” (March, 1994, tr. it. 1998, p.39). 2 Per uno studio classico in questa direzione si veda Hintikka (1962). 26 Forme di razionalità limitata 3. Formalizzazioni procedurali ed euristiche adattive Un punto di partenza che possa in qualche modo chiarire il rapporto tra l’utilizzo delle informazioni e la valutazione delle alternative è offerto dagli studi sul problem solving. È utile ricordare brevemente alcune procedure esaminate in questo campo, prima di esporre le euristiche adattive. La Weighted Added Strategy (WADD) è caratterizzate da un’esplorazione complessiva delle informazioni, che si sviluppa attraverso l’assegnazione di un grado di significatività (statisticamente un peso) agli attributi delle singole opzioni. La strategia, di ampia valenza normativa in ambito di psicologia economica, si avvale di un processo compensatorio, ossia di un processo di valutazione che può portare al bilanciamento da parte di un peso più elevato rispetto ad uno più scarso, attraverso l’esplicitazione dei tradeoffs (Frisch e Clemen, 1994). Le procedure lessicografiche (LEX) viceversa, si avvicinano maggiormente al carattere adattivo delle euristiche satisficing. Il loro metodo di scelta àncora la valutazione dell’opzione ad un attributo specifico e preminente rispetto agli altri, sicché la scelta cade sull’opzione col livello più elevato solo di quell’attributo. Si passano in rassegna altri attributi solo a parità di valore sull’attributo principale, in una strategia definibile come Choice Heuristic (Payne e Bettman, 2001, p.127), che evita di fatto i conflitti fra attributi. Le strategie soddisfacenti (SAT) ricorrono ad un procedimento simile da un punto di vista concettuale, ma fanno dipendere la valutazione degli attributi da un livello assegnato o implicito. La ricerca si ferma al primo raggiungimento da parte di uno o di più determinati attributi del livello significativo, con un carattere selettivo, sequenziale e non-compensatorio. Da un’integrazione di questi due metodi d’indagine si può derivare poi la cosiddetta Elimination By Aspect (EBA), Forme di razionalità limitata 27 spesso analizzata per verificare comparazioni con altri processi a RL (Rieskamp e Hoffrage, 2000), la cui strategia di valutazione fra le alternative porta a trascurare le opzioni che non raggiungono un minimo valore selettivo sull’attributo predominante, sicché l’eliminazione prosegue per il secondo attributo considerato discriminante, fin quando non resta una singola opzione. La Scuola di ricerca definibile come “euristica”, laddove con tale termine non s’intende una stretta deviazione dalla norma statistica ma più in generale un procedimento semplificato di giudizio sulle alternative, si conforma alla nozione utilizzata da Simon quale “meccanismo” capace di condurre la scelta verso esiti soddisfacenti. Questo genere di ricerca, fondato sull’esplorazione seriale delle alternative (search) e su regole empiriche basate sulla conoscenza del dominio da parte dell’agente, ha come caratteristica principale la regola d’arresto sulla base della quale si giunge all’alternativa soddisfacente (satisficing) (Simon, 1992, tr. it. 2000b, p.93). La declinazione del processo euristico ha un quadro articolato su alcuni principi circostanziati, e si delinea come una sorta di framework, o di “programma”. Queste indicazioni sembrano centrali nell’evoluzione di una formalizzazione con sviluppi il più possibile coerenti con l’impianto simoniano, in particolare per quanto attiene all’aspetto “adattivo” e a quello di un’agevole procedura inferenziale con la quale gli agenti formulano i propri corsi d’azione. Sotto questa luce, il “programma”, traducibile con la nota metafora dell’Adaptive Toolbox, si propone come uno dei sentieri di formalizzazione della RL più proficui nell’ambito degli studi sperimentali ed empirici nelle scienze umane. I due perni su cui ruota l’impianto adattivo sono: 28 Forme di razionalità limitata - I criteri della RL non collimano con quelli generalmente ascrivibili a “ottimizzazioni” vincolate (Gigerenzer e Selten, 2001, p.4 e segg.), a meno che con tale terminologia non ci si intenda riferire, in via estensiva, ad una ottimizzazione del quadro cognitivo dell’agente in termini procedurali. Sinteticamente, un percorso di scelta dell’agente può essere “limitato” in senso cognitivo, ma rappresentare per l’agente una soluzione ottima nell’universo delle soluzioni da lui individuate, senza che tale percorso collimi necessariamente con quello “ottimo” nell’universo delle alternative dell’intero sistema. E’ in questo senso che la RL non ha a che fare con regole d’arresto in termini di ottimizzazione, della quale rischierebbe di riprodurre una forma “nascosta” (Gigerenzer e Selten, 2001). - La RL non ricalca i contorni dell’irrazionalità in termini di deviazione da norme di logica o probabilità, e dai correlati scostamenti dai canoni di giudizio umano con le cosiddette “fallacie”. Per questo essa non può essere richiamata solo per spiegare l’errore umano rispetto alla teoria probabilistica come accade in taluni studi di psicologia cognitiva e di economia sperimentale (Kahneman et. al., 1982; Thaler, 1991). Essa implica la necessità di ripensare la stessa rappresentazione delle informazioni, non adeguatamente considerata nell’ambito di studi ora ricordato, soprattutto a causa della scarsa attenzione rivolta alla struttura dell’ambito di scelta. Per le osservazioni espresse al primo punto, la RL può essere correttamente riprodotta con regole d’arresto fast and frugal, ossia rapide e frugali grazie al ricorso ad euristiche. In forza invece di quanto esposto al secondo punto, i tools, ossia gli strumenti utilizzati in questi studi, devono Forme di razionalità limitata 29 avere un carattere “adattivo” e possono quindi condurre ad un’estensione del criterio di RL alle nozioni sociali di “norma” e di “quadro culturale” dell’agente (Gigerenzer e Selten, 2001, p.1). La loro applicazione, inoltre, può essere utile allo sviluppo di architetture cognitive nella simulazione basata su agenti, laddove si voglia realizzare una manipolazione simbolica su elementi specifici dell’ambito di scelta con criteri di soddisfazione in luogo di quella “basica” tipica di questi impianti3. I punti focali riguardano l’ambito della ricerca (generazione, dal punto di vista cognitivo) delle alternative e l’individuazione di quella ritenuta idonea al corso d’azione da intraprendere attraverso la presa di decisione. Va identificata al riguardo una SIMPLE SEARCH RULE, ossia una regola sobria di ricerca ed una SIMPLE STOPPING RULE, ossia un’altrettanto agile regola d’arresto. Gli studi avviati da questo “programma” di ricerca, principalmente riconducibili al lavoro dell’ABC Research Group (Center for Adaptive Behavior and Cognition) del Max Planck Institute for Human Development, promuovono l’idea che le strategie cognitive degli agenti siano guidate, in termini adattivi, da una razionalità ecologica focalizzata su un’area determinata di applicazione, piuttosto che su un settore generale di riferimento. A differenza dei procedimenti basati sull’utilità soggettiva attesa (SEU), quelli adattivi sono domain specific. Ciò significa che questi meccanismi sono spesso pensati alla stregua di building blocks cognitivi combinabili per dar vita anche a più euristiche (Gigerenzer, 2001, p.38). I tre “attrezzi”, o building blocks, sono: -le regole di ricerca (SEARCH RULES); 3 Per il rapporto tra RL ed architetture degli agenti in ambito simulativo si veda Terna (2000). 30 Forme di razionalità limitata -le regole d’arresto (STOPPING RULES). -le regole strettamente decisionali (DECISION RULES). La fase di SEARCH, di ricerca, può essere spiegata in termini di SEARCH FOR ALTERNATIVES (ricerca delle alternative, set di scelta) e SEARCH FOR CUES (ricerca delle “indicazioni”, dei criteri per valutare le alternative stesse). Queste sono le due direttrici del processo di ricerca, una che esamina le alternative disponibili e disegna il set dei possibili corsi d’azione (search for alternatives) ed uno di individuazione del criterio (search for cues) col quale valutarle. Secondo questa prospettiva, il concetto simoniano di soddisfazione riguarderebbe solo la search for alternatives e non la search for cues, nel senso che l’utilizzo di un criterio per la valutazione delle alternative è insito nella concezione di livello di aspirazione: “Cues can be thought of as implicit in his concept of an aspiration level.” (Gigerenzer, 2001, p.44). Nella formulazione simoniana originaria, il criterio che governa la ricerca è quello dei livelli di aspirazione, che si alzano e si abbassano in via adattiva rispetto all’ambito di scelta. Tale adattamento non si traduce in una semplice operazione di adeguamento “automatico”, ma è filtrata dal quadro cognitivo dell’agente. Nella proposta originaria simoniana i criteri sono, per così dire, incorporati ed impliciti nel concetto di livello di aspirazione, che si propone quale meccanismo che consente all’agente di raggiungere una scelta soddisfacente. In questo modo essi governano tutti tre gli aspetti regolativi del processo decisionale a RL, ossia SEARCH RULES, STOPPING RULES e DECISION RULES. La direzione adattiva sulla quale insiste Simon e che si rivela di grande interesse per gli studi a matrice socio-organizzativa, è la seguente: il criterio, ossia il livello di aspirazione, si abbassa quando gli agenti non riescono a Forme di razionalità limitata 31 trovare alternative soddisfacenti. Gli studi che confortano questa intuizione sono quelli empirici sulla ricerca di primo impiego effettuata da Soelberg e quelli sperimentali classici sul problem solving. Ciò che può essere analiticamente scisso nella trattazione su questo genere di euristiche in termini di ricerca di alternative, ricerca del criterio, regola d’arresto, appare invece come un unico building block nell’impostazione simoniana, nella quale l’agente si ferma nel trattamento sequenziale delle alternative proprio perché il criterio utilizzato consente di raggiungere una determinata soglia di soddisfazione sulla quale l’agente prende la propria decisione. Le STOPPING RULES non sono altro che le regole d’arresto nella ricerca delle alternative. Anche in questo campo le formalizzazioni sviluppate dagli studiosi di RL sono numerose. L’impostazione ABC, in linea con l’ispirazione originaria simoniana, non contempla il ricorso a criteri di massimizzazione in termini di rapporto costi-benefici, ma apre il campo all’uso di euristiche “soddisfacenti” che, nonostante il carattere frugal, possono risultare molto precise rispetto alle forme canoniche della computazione lineare algoritmica.4 Tra queste modellizzazioni, viene qui presentata a titolo esemplificativo l’euristica TAKE THE BEST, proposta dallo stesso Gigerenzer, che modella un criterio soddisfacente, anche se il suo utilizzo ricorre soprattutto per scelte duali fra oggetti definiti (“a” o “b”). È importante fare riferimento a questo procedimento in quanto ad esso possono poi essere ricondotte le riflessioni sui livelli di aspirazione. L’architettura TAKE THE BEST (Gigerenzer, 1997) è piuttosto semplice e rappresentabile in una sorta di griglia (fig. 1) nella quale le colonne indicano gli oggetti (o alternative- alternatives) e le righe i criteri (o predicati-cues). 4 Si veda, al riguardo, uno studio comparativo riportato da Gigerenzer e Goldstein (1999) 32 Forme di razionalità limitata a b c d Recognition Cue 1 + + + - + ? ? Cue 2 ? + - ? Cue 3 - + ? ? Cue 4 ? - - ? Cue 5 ? ? - ? Fig.1 Il Take the Best Algorithm (fonte: Gigerenzer e Goldstein, 1996) Il funzionamento di questo procedimento è il seguente: le alternative (a, b, c…) sono esaminate a due a due, attraverso criteri ordinati sotto forma di predicati (cues) in via decrescente secondo la validità intrinseca che l’agente assegna ai medesimi. Il primo di questi predicati è di tipo esclusivamente soggettivo ed è quello basico, detto “di riconoscimento”, i successivi (da cue 1 a cue 5, nell’esempio) sono di carattere “ecologico”, attengono all’ambito specifico della scelta. Il loro valore può essere dicotomico, continuo, o anche diversamente elaborato. Nell’esempio essi possono assumere i valori positivo (+), negativo (-) o incerto (?). Il procedimento è piuttosto sobrio. Supponiamo che l’agente si trovi ad affrontare un semplice scenario del tipo: quale azienda tra “a” e “b” ha il maggior numero di occupati? Come già evidenziato, il primo predicato è soggettivo, di identificazione, e potrebbe essere del tipo “riconoscere l’oggetto/non riconoscere l’oggetto”. Esso, ovviamente, è l’unico predicato che può essere solo positivo o negativo, visto che l’agente o riconosce l’oggetto o non lo riconosce. Forme di razionalità limitata 33 Supponendo che l’agente sappia identificare entrambi gli elementi (avremo allora due + sulla prima riga, quella di identificazione) allora, non essendo il predicato di identificazione discriminante, passa a considerare il primo predicato “ecologico” (cue 1). Esso potrebbe essere, ad esempio, “l’azienda ha sottounità/non ha sottounità”, supponiamo che l’agente sappia che l’azienda “a” abbia sottounità e l’azienda “b” no (avremo un + e un – sulla riga corrispondente). Se questa fosse la condizione, non serve procedere oltre: l’azienda “a” ha più occupati dell’azienda “b”. In pratica solo 4 valori (l’area contornata ed evidenziata) su 12 sono considerati. Il procedimento è rapido (fast) e semplice (frugal), visto che è molto veloce e non richiede calcoli di alcun tipo. Supponiamo ora di dover ripetere il tutto per gli oggetti “b” e “c”. Entrambi superano l’identificazione (due + sulla prima riga), al primo predicato l’agente sa che l’azienda “b” non ha sottounità (-) ma non sa nulla sulle eventuali sottounità dell’azienda “c” (dunque avremo un ?). Bisogna allora procedere al secondo predicato, (ad esempio “l’azienda investe sulla riqualificazione del personale/non investe sulla riqualificazione del personale”). L’agente sa che l’azienda “b” soddisfa questo predicato (avremo un +) e l’azienda “c” no (avremo un -). A questo punto il criterio è discriminante, dunque ci si ferma. Lo spazio dei valori è di 6 (l’area contornata) su 12. Se ad esempio uno dei due oggetti non supera il predicato di riconoscimento (caso del confronto tra “c” e “d”) ci si ferma immediatamente in favore dell’oggetto riconosciuto. Va da sé, infatti, che l’agente non può operare su alcun predicato se non riconosce l’oggetto (infatti la colonna sotto l’oggetto “c” è formata da soli ?). In questo senso il riconoscimento o l’identificazione è una sorta di soglia d’entrata nella scala dei predicati ed è discriminante solo nel caso in cui l’agente non identifichi l’elemento in questione. Meno l’oggetto è specifico, maggiore è la 34 Forme di razionalità limitata possibilità di riconoscimento da parte dell’agente. La ricerca delle alternative si svolge attraverso un confronto a due a due e quella del criterio per via seriale sui predicati via via decrescenti. Per questo motivo il criterio che alla fine discrimina è THE BEST rispetto agli altri. Il procedimento di ricerca è, come appare del tutto evidente, limitato e soprattutto “non compensatorio”, nel senso che nessun valore dei predicati successivi a quello considerato migliore per identificare l’alternativa, può bilanciare il valore del predicato discriminante. Questa situazione è esemplificata dai due + per i cues 2 e 3 relativamente all’oggetto “c”. Questi due valori non possono in alcun modo influire sull’alternativa scelta poiché appartengono a predicati non considerati. Appare del tutto evidente la distanza tra questo approccio e quelli inferenziali basati su trasformazioni lineari nelle quali, di contro, vengono considerati tutti gli attributi (nel nostro caso i cues da 1 a 5) mediante pesi che rappresentano in percentuale, l’importanza data a quel valore sull’attributo. Forme di razionalità limitata 35 36 Forme di razionalità limitata START -- RECOGNITION +- ++ NO GUESS OTHER CUES KNOWN? CHOOSE THE ALTERNATIVES TO WHICH THE CUE POINTS YES CHOOSE THE BEST CUE NO +OR +? Fig. 2 Flow-chart del Take the Best Algorithm (fonte: Gigerenzer e Goldstein, 1996) Forme di razionalità limitata 37 La ricerca (si veda la fig. 2) è sequenziale, semplice, frugale, basa la propria regola d’arresto su un processo non compensatorio e per questo motivo viene definita ONE REASON DECISION MAKING. Essa, inoltre, viola il principio di utilizzo di tutte le informazioni disponibili, poiché utilizza solo quelle che soddisfano l’individuazione del criterio BEST, ottimale (“ottimale” rispetto al quadro cognitivo dell’agente). Questo meccanismo del processo decisionale è governato da un’euristica di identificazione che induce a rigettare un’alternativa sulla semplice base dell’assenza di un predicato di riconoscimento. La terminologia utilizzata in questi casi è IGNORANCE-BASED DECISION MAKING, che rappresenta, generalmente, la prima fase di tutti le decisioni di tipo ONE REASON. L’importanza di questa famiglia di euristiche, dunque, sembra risiedere proprio nell’aspetto di “razionalità ecologica” sotteso al loro procedimento. Ambiti diversi possono richiedere euristiche specifiche, senza che si corra il rischio di dover fronteggiare una quantità ingovernabile di procedimenti. Al riguardo l’analisi empirica ne ha testato la robustezza al cambiamento ambientale e la capacità di generalizzazione (Todd, 2001). Il punto cruciale del procedimento è proprio quello di identificazione dei predicati, ossia dei criteri sui quali valutare le alternative. Ad alcune intuizioni dei primi lavori della Scuola euristica, centrate sul valore dei predicati, secondo le quali “The predictors are ordered according to their (perceived) validity, with Predictor 1 at the top” (Gigerenzer, 1997), sono poi seguite altre specificazioni in termini di validità ecologica, ossia la frequenza con la quale i singoli cues predicono correttamente il criterio rispetto alla classe di riferimento, o di valori discriminanti (Gigerenzer e Goldstein, 1999, p.85). Il meccanismo che regola la scelta, dipende in ultima istanza dall’ordinamento dei predicati (a valori binari o continui) e quest’ultimo a sua volta è il frutto 38 Forme di razionalità limitata di un rapporto statistico riferito alla probabilità sul combinato a due a due rispetto ai casi considerati. La fase cruciale è in tutta evidenza quella “ecologica”, di assetto dei predicati, e da un punto di vista cognitivo assume un’importanza basilare, visto che l’agente sposta su di essa la regola d’arresto nella ricerca. Se i principi evidenziati dalla letteratura adattiva possono apparire fondati ai fini di un’analisi di accuratezza del giudizio umano in condizioni d’incertezza e di limitatezza di tempo e risorse, essi non sembrano gettare luce sull’aspetto dinamico della formulazione dei predicati, soprattutto in rapporto alle informazioni che gli agenti manipolano per giungere ad una rappresentazione efficace e coerente all’interno dell’ambito decisionale. Ad esempio, poiché la scelta dell’alternativa soddisfacente dipende dall’ordinamento dei predicati, sembra plausibile pensare che se l’ordinamento dei predicati non riflette un’efficace o adeguata rappresentazione dell’ambiente sulla scorta delle informazioni disponibili, allora l’agente potrebbe promuovere alternative soddisfacenti rispetto al criterio ma di fatto insufficienti rispetto ad altre. In ottica simoniana, va ricordato come in realtà non esista un metodo ottimale (in senso economico) per la STOPPING RULE, per fermare la ricerca, laddove essa sia sequenziale e non consenta di fare alcuna inferenza sulle alternative future. Nel TAKE THE BEST il meccanismo consente di agganciare la scelta fra alternative ai predicati, ma ciò è possibile in quanto le alternative stesse sono date. Il set delle alternative è di fatto disponibile, oppure risulta da un’operazione di individuazione dell’agente, ma si tratta pur sempre di un insieme “chiuso”. Forme di razionalità limitata 39 4. Estensione del modello di ricerca e prospettive per gli studi empirici La necessità di affrontare il tema della RL all’interno di una rappresentazione più estesa del decision making, nasce per concepire un processo di scelta centrato su aspetti che, nelle trattazione sul problem solving, rivestono un ruolo secondario. Gran parte di questi impianti, pur mutuando le intuizioni originarie sulla nozione di RL, sviluppano l’analisi dei processi di ragionamento in contesti spesso non significativi per l’analisi socio-organizzativa. Ciò avviene ricorrendo ad una “razionalità ecologica” dipendente in linea di massima da una fase di ordinamento dei criteri. Il rapporto di filiazione dal paradigma della rational choice fa sì che molti aspetti di questo prospetto della presa di decisione, in termini diagnostici, di acquisizione e di sfruttamento delle informazioni, di assunzione di rischio, non siano parte integrante dell’analisi stessa. Sin dai lavori seminali sulla teoria organizzativa dell’impresa di March e Simon, si è avvertita l’esigenza di far confluire questi aspetti all’interno di un modello semplificato, cognitivo, della situazione obiettiva (Simon, 1956). Quella che viene riconosciuta come “definizione della situazione”, non è dunque una mera sistematizzazione di dati, ma una fase procedurale nella quale l’agente fa leva sul proprio sistema di credenze e sulla propria assunzione di ruolo all’interno dell’organizzazione in cui opera. Lo sviluppo delle idee seminali espresse dai lavori organizzativi di Simon, ha seguito molteplici direzioni, da quelle volte a indagare l’influenza dell’incertezza strategica, a quelle del conflitto (individuale, organizzativo, interorganizzativo), a quello dei climi organizzativi, o ancora alla Governance (Grandori, 2000). Vi sono però alcuni elementi basici dai quali si sviluppa un filone rivolto più a una 40 Forme di razionalità limitata formalizzazione del criterio di RL in termini di adattamento delle aspirazioni come meccanismo della ricerca delle alternative. Due sono gli aspetti che è importante evidenziare rispetto alla via indicata da Simon con i livelli di aspirazione, ferma restando la loro funzione “termostatica” nel processo decisionale. Da un lato, come accade negli studi di psicologia economica, tale livello può essere formalizzato o indicizzato laddove gli agenti siano in grado di stabilire una soglia numerica delle variabili obiettivo in questione ed alzarla o abbassarla in relazione agli esiti (reali) raggiunti5. Dall’altro, il livello di aspirazione può essere trattato come una sorta di equivalente funzionale per il meccanismo del criterio di soddisfazione, soprattutto nelle situazioni di scelte non iterabili, nelle quali la letteratura ha dato prova del ricorso degli agenti a inferenze qualitative, infatti: “Quantitative information is used to argue that some influences are important and others unimportant, but only rarely are any arithmetic calculation made. I admit that this is an impression that has not yet been substantiated by systematic empirical research.” (Selten, 2001, p. 32). Questa prospettiva dei livelli di aspirazione consente di concentrare l’attenzione sui fattori organizzativi e istituzionali che intervengono nel loro aggiustamento dinamico rispetto ai quadri cognitivi degli agenti, in modo da analizzarne la natura endogena rispetto alla comparazione che nel tempo gli agenti effettuano con le prestazioni attuate (March, 1994, tr. it. 1998, p.41). L’elaborazione del modello mostra come la ricerca possa essere innescata in primis dai fallimenti, per cui se gli esiti sono al di sotto dell’aspirazione del decisore allora la ricerca si intensifica (principio termostatico), in questo senso la prestazione si adegua alle aspirazioni. Se viceversa gli esiti superano le aspirazioni la ricerca si 5 Nell’appendice sono riportati, a titolo di esempio, i tratti principali dell’ASPIRATION ADAPTATION THEORY. Forme di razionalità limitata 41 allenta a fronte della soddisfazione registrata, ed aumenta l’inerzia. La ricerca è dunque un fenomeno più complesso dell’immagine che esce dagli studi di ascendenza rational choice. Essa appare guidata sia dal successo sia dall’insuccesso in condizioni di scelta iterate, e questo sembra essere in linea con le indicazioni simoniane, tali per cui “Se l’esperienza supera il livello di aspirazione, si registra soddisfazione; se il livello di aspirazione è più alto si registra insoddisfazione” (Simon, 1981, tr. it. 1985, p.369). L’altro corno del dilemma, come appare intuitivamente da questa impostazione, è quello della modificazione dei livelli di aspirazione in relazione all’inerzia. Già nella stesura della Teoria dell’organizzazione Simon evidenziava questo punto sostenendo che se è vero che i successi portano alla soddisfazione e all’inerzia, essi dovrebbero alzare quello che egli chiama “valore atteso della ricompensa” e quindi i successivi livelli delle aspirazioni, innescando un meccanismo di adattamento che consente di ampliare la ricerca. Più banalmente: il decisore, di fronte agli insuccessi (iterazione della scelta) o alla difficoltà di rappresentazione della situazione (ragionamento ipotetico) o ad entrambe, reagisce abbassando i propri livelli di aspirazione e quindi si accontenta delle alternative soddisfacenti, oppure reagisce dando impulso alla ricerca? Questo aspetto critico si ricollega ad uno dei temi cardine dell’analisi socio-organizzative, quello dell’innovazione. In tal senso parte della letteratura ha evidenziato, rispetto agli studi classici, come la radice del processo innovativo consista essenzialmente in un’impresa cognitiva che combina sistemi d’azione e nuovi indirizzi nei repertori di conoscenza (Ciborra e Lanzara, 1999, p.5). Il meccanismo dei livelli di aspirazione e in generale della soddisfazione, è dunque più articolato rispetto alla formulazione originaria simoniana, che in linea di massima postulava un orizzonte di riferimento sul 42 Forme di razionalità limitata modello del tâtonnement, ossia che gli agenti proseguissero nella ricerca sino a che non fosse stata trovata un’alternativa soddisfacente, mentre in caso contrario essi adeguassero verso il basso i livelli di aspirazione (Simon, 1987a, tr. it. 2000b, p.34). L’introduzione di fattori quali l’inerzia e l’assunzione di rischio nell’affinamento del processo decisionale possono essere utili nella comprensione di questo delicato meccanismo e, soprattutto, chiarire quali siano i fattori che influenzano la direzione scelta dagli agenti a fronte di un mutamento negli esisti e nelle aspettative. È chiaro come il dilemma delle aspirazioni adattive, ovvero se di fronte all’insuccesso prevalga l’effetto di una loro riduzione o uno stimolo a rafforzare la ricerca, sia di grande interesse per le scienze sociali. Se infatti negli studi rational choice ‘puri’ non è primario il fenomeno del cambiamento delle preferenze, trattate come date ed immodificabili, nell’elaborazione estensiva esse possono adeguarsi agli esiti delle decisioni, sia intenzionali sia inintenzionali. I lavori di Elster sulle preferenze adattive e controadattive riflettono questa problematica. In via più diretta, come gli agenti adeguano le proprie preferenze rispetto alla soddisfazione che deriva da successi o insuccessi? Come si modifica la struttura delle preferenze in senso endogeno rispetto ai livelli di aspirazione oltre che alle opportunità e quindi, in ultima analisi rispetto ai corsi d’azione disponibili? È proprio grazie a Elster che la ricerca sulla razionalità ha saputo mettere in discussione l’indipendenza tra l’elemento soggettivo, ossia le preferenze, (che nello schema elsteriano sono rappresentate dai “desideri”) e quello oggettivo del vincolo di bilancio (le “opportunità”). Elster ribalta questo principio fondante l’impianto micro neo-classico, ritenendolo una semplificazione eccessiva ed argomentando come nella realtà empirica si possano determinare dinamiche individuali e sociali che distorcono tale Forme di razionalità limitata 43 supposta indipendenza. Se infatti le preferenze sono adattive, quindi risentono dell’influenza del contesto (Elster, 1983, tr. it. 1989, p.137 e segg.) l’agente, in presenza di opportunità che non corrispondono in qualche modo ai suoi desideri, ridimensiona quest’ultimi rispetto alle prime. In un contesto delle preferenze controadattive, viceversa, l’agente ritiene di non poter governare i propri desideri, per esempio a causa del noto meccanismo della debolezza della volontà, e restringe l’ampiezza delle proprie opzioni di scelta attraverso strategie di autoimpedimento (Elster, 1979, tr. it. 1983). Più in generale, lo schema elsteriano è volto a far luce su quegli aspetti di distorsione che collegano i desideri e le convinzioni attraverso un altro consueto meccanismo, quello del wishful thinking, ossia quel fenomeno per il quale gli individui sono portati da un lato a credere vero ciò che desiderano (wishful thinking diretto) e, dall’altro, a cercare un numero di prove sufficienti ad avvalorare una credenza che rispecchi i propri desideri (wishful thinking indiretto). L’aspetto della direzione presa dalla ricerca degli agenti in termini di aspirazioni adattabili non gode di un’area di studi empirica privilegiata che possa far luce sugli aspetti principali. Al riguardo, quella sperimentale sembra la via in grado di tenere sotto controllo il più possibile le variabili intervenienti e offrire alla ricerca sul campo ipotesi di lavoro già delineate, soprattutto in riferimento alla necessità degli agenti di far fronte ad alternative non predeterminate e a livelli di aspirazione non certi. La proposta avanzata da March, all’interno di un modello “esteso” della presa di decisione soddisfacente, è quella che vi siano due piani della ricerca. Il meccanismo principale resta nell’ottica simoniana: a fronte di prestazioni che si rivelino superiori alle aspirazioni (ossia agli obiettivi in senso operativo), la ricerca si allenta, viceversa essa si rafforza. Questo 44 Forme di razionalità limitata aggiustamento però, può non essere prevalente rispetto ad un altro fattore, quello della ricerca in condizioni di inerzia. L’inerzia, ossia il differenziale tra esiti effettivi ed esiti possibili, interpretabile anche come l’equivalente delle strategie non utilizzate dagli agenti, è un fattore che tende a crescere in condizioni di successo. Può funzionare, se accumulata in periodi fruttuosi, come camera di compensazione per situazioni avverse, ma l’altra faccia della medaglia è che essa altererebbe le aspettative se gli agenti adeguano al ribasso le prestazioni per non sopravanzare gli obiettivi. All’interno di un’organizzazione, l’inerzia facilita il perseguimento da parte dei singoli di obiettivi più a breve/medio raggio e sfasati rispetto a quelli organizzativi, soprattutto a causa dell’allentarsi, provocato dall’inerzia stessa, dei sistemi di coordinamento e regolativi. Ovviamente le due dimensioni della ricerca, quella “base” (che aumenta in situazioni di insuccesso e diminuisce in quelle di successo) e quella in condizioni d’inerzia (che ha l’andamento opposto) non sono facilmente confrontabili. Per poter avere una visione più complessiva del movimento della ricerca in condizioni di inerzia, fattore peraltro difficilmente stimabile, sarebbe opportuno individuare il rapporto tra quei caratteri che la teoria dell’inerzia organizzativa definisce “centrali” e “periferici” (Kelly e Amburgey, 1991), e quelli ricollegabili alla discrezionalità dell’agire nell’organizzazione stessa. Il punto critico dell’indagine resta quello per cui la ricerca “base” può essere indotta sia dai successi, sia dai fallimenti. Su quali siano i fattori che possano spiegare l’adattamento dei livelli di aspirazione in rapporto allo stimolo per la ricerca, March avanza l’ipotesi secondo la quale la ricerca spinta dal successo, a differenza di quella indotta dall’insuccesso, determini l’esplorazione di alternative con più elevato livello di rischio (March, 1994, Forme di razionalità limitata 45 tr. it. 1998, p.44). La soglia d’assunzione di rischio6 può alzarsi o abbassarsi a seconda della capacità di stima da parte degli agenti e della loro propensione. I fattori che interpretano la propensione al rischio sono molteplici e, al di là di quelli riconducibili alla psicologia personale7, essi possono trovare un’espressione adeguata rispetto all’obiettivo e quindi all’aspirazione. Su questa direttrice è possibile individuare un andamento quasi simmetrico della propensione al rischio rispetto al rapporto tra prestazioni e aspirazioni, in casi di correlazione positiva tra rischio e ritorno atteso. In breve, quando questo rapporto è inferiore all’unità (ossia le aspirazioni superano le prestazioni) la propensione al rischio tende ad essere moderata in condizioni stabili ed elevata in condizioni limite (forti insuccessi). Quando le condizioni limite assumono carattere di sopravvivenza la dinamica si fa più complessa e possono intervenire fattori d’immobilismo. In via speculare quando il rapporto è positivo (le prestazioni superano le aspirazioni) la propensione al rischio appare moderata in condizioni stabili ed elevata in condizioni di consistente successo, situazioni nelle quali intuitivamente l’agente può contare su una sorta di copertura. Anche sul meccanismo dell’assunzione di rischio va tenuto in considerazione il feedback per il quale saranno poi i successivi livelli di tale assunzione ad influenzare via via i risultati e quindi il conseguente rapporto con le aspirazioni. 6 March si rifà al concetto di rischio rispetto ad un’alternativa, come grandezza rappresentativa della variazione negli esiti possibili. In questo senso, come indicatore, si può ricorrere alla varianza della distribuzione probabilistica rispetto ai valori dell’esito. Tale misura sarà, al pari della media, ossia del valore atteso della medesima distribuzione, argomento della funzione che interpreta la decisione rispetto al rischio. 7 In riferimento alla leadership legata alla propensione al rischio individuale si veda uno studio sperimentale proposto da van Knippenberg e altri (2000). 46 Forme di razionalità limitata Al di là di questi aspetti, appare chiaro come un ruolo predominante sia svolto dalla regolazione effettuata dalla stessa organizzazione sull’assunzione di rischio, ossia entro quali margini e su quali organi decisionali il rischio sia tollerato o incentivato, sulla base della cultura organizzativa e manageriale. Tale prospettiva, da sempre al centro di numerosi filoni di studio teorici ed empirici sulle scelte strategiche, riporta sul terreno culturale-istituzionale della scelta il processo decisionale, in un’ottica di assunzione di rischio come “scelta” (March, 1994, tr. it. 1998, p.54). Forme di razionalità limitata 47 5 Conclusioni Il quadro teorico inaugurato dall’introduzione del criterio di RL offre allo studio del decision making alcuni caratteri procedurali. Seppur in tendenza razionali e guidati da un atteggiamento goal-oriented, gli agenti non sono in grado di giungere ad una soluzione ottima “assoluta” a fronte delle limitazioni imposte dall’ambiente e da quelle riconducibili alla cognizione individuale. La strutturazione problematica che conduce alla scelta è di tipo euristico ed adattivo in senso cognitivo. Ciò significa che gli agenti stessi adeguano le proprie strategie all’ambito specifico (organizzativo, istituzionale) attraverso una costruzione-rappresentazione dotata di senso. Il concetto mutuato dagli studi di psicologia che sorregge tale prospettiva è quello di belief system, ossia il sistema di credenze del decisore. Dai filoni brevemente esposti in questo paper, i quali si sono maggiormente occupati di dare una forma al concetto di RL restando nell’alveo delle intuizioni simoniane, possiamo trarre spunto per individuare una traccia possibile: -I lavori di March hanno ben evidenziato come un modello esteso del processo decisionale costituisca di fatto un sistema, nel quale sia poco significativo isolare singole variabili dal complesso. Per comprendere quello che è definibile come “aggiustamento” delle aspirazioni, appare necessario ricostruire la direzione e l’influenza esercitata dagli altri elementi basici nella specificità dell’ambito di scelta. Al riguardo, se gli studi di psicologia economica (quello di Selten ad esempio) offrono una rappresentazione progressiva ed asimmetrica delle aspirazioni, allora uno dei punti cruciali è 48 Forme di razionalità limitata quello di esplorare le condizioni del task environment che possono in qualche modo condizionare il diverso assetto verso l’alto e verso il basso del meccanismo simoniano, soprattutto rispetto ad eventuali asimmetrie di altre variabili. -La varietà e la variabilità dei costi (computazionali, di regresso, logici, di attenzione e così via) che intervengono nella presa di decisione, come dà conto la letteratura esaminata, sono difficilmente riconducibili alla sintetica misura di un indicatore o di un criterio generale di riferimento. Una via operativa percorribile sembra quella di ancorare il costo allo spazio d’azione possibile degli agenti. -L’indagine complessiva, sia sul concetto di adattamento delle aspirazioni rispetto alla fase di ricerca sia su quello di assunzione di rischio, non può essere disgiunta dallo studio della rappresentazione cognitiva del decisore, in modo da rendere esplicita l’attribuzione di significato sulla quale l’agente fa leva per elaborare le informazioni e passare in rassegna le alternative seguendo un percorso seriale. È il belief system del decisore, in ultima istanza, a rappresentare l’unità analitica di riferimento principale, poiché esso di fatto filtra la percezione di successo/insuccesso rispetto agli esiti raggiunti, e quindi governa sia l’assunzione di rischio sia la fase d’apprendimento. Il punto sul quale le discipline sociologiche tendono a concentrarsi è quello di individuazione di quegli aspetti organizzativoistituzionali che risultano discriminanti nell’agevolare o nell’ostacolare una determinata rappresentazione problematica da parte del decisore e quindi nel definire di fatto il rapporto tra quadri culturali e quadri cognitivi individuali. - Il punto cruciale di uno studio sulla ricerca di alternative, rispetto all’andamento del meccanismo aspirazione/soddisfazione, come evidenziò lo stesso Simon in uno dei suoi ultimi scritti (Simon, 2000a), è quello Forme di razionalità limitata 49 dell’origine dei corsi d’azione. Ogni analisi del processo decisionale a RL, quindi, deve avere come punto di riferimento privilegiato la fase di generazione delle alternative all’interno della rappresentazione dello spazio del problema. È questo processo, al quale l’agente ricorre per definire i propri “mondi possibili” all’interno dell’ambito di scelta, che orienta la presa di decisione e la sua successiva valutazione in senso adattivo rispetto a prestazione ed aspirazione. 50 Forme di razionalità limitata Riferimenti Bibliografici Barnard C.I. (1938) The Functions of the Executive, Harvard University Press, Cambridge, tr. it. (1948), Le funzioni del dirigente, UTET, Torino Boudon R. (1992) Traité de sociologie, Paris, Presses Universitaires de France, tr. it. Boudon R. (a cura di) (1996), Trattato di sociologia, il Mulino, Bologna Boudon R. (1995) Le juste et le vrai. Études sur l’objectivité des valeurs et de la connaissance, Paris, Fayard, tr. it. (1997), Il vero e il giusto, il Mulino, Bologna Broadbent D. (1971) Decision and Stress, London, Academic Press Casiccia A. (2000) L’azione in un’era di incertezza, Rosenberg&Sellier, Torino Ciborra C. e Lanzara G.F. (a cura di) (1999) Labirinti dell’innovazione. 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Matematicamente A= (x1…xs) è un vettore, mentre x’= A(x) una funzione che assegna un piano ad ogni valore di x. Le variabili obiettivo sono G1,…,Gm e tra esse non c’è comparabilità e possibilità di composizione tramite funzioni aggregate. L’ipotesi operativa è che le aspirazioni sulle variabili obiettivo si adattino in via discreta su una scala L (Aspiration Scale). Una “scala di aspirazione”, quindi, per una variabile obiettivo, esprime una sequenza graduale di “valori di aspirazione” per ogni valore della variabile obiettivo. Ad ogni variabile obiettivo è associabile una “scala di aspirazione” di quattro tipi (a valori finiti, aperta verso l’alto, aperta verso il basso, aperta verso l’alto e verso il basso). Se gli obiettivi dell’agente sono ad esempio “m”, avremo “m” variabili obiettivo G1,…,Gm ed “m” scale di aspirazione L1,…,Lm ad esse associate. A questo punto si può definire “livello di aspirazione” il vettore a= (a1,…,am) dei valori associati ad ogni scala di aspirazione, con aj che appartiene a Lj. Un generico valore aj del vettore dei livelli di aspirazione rappresenta un livello di 60 Forme di razionalità limitata aspirazione parziale per la variabile obiettivo Gj corrispondente e a seconda del tipo di scala (chiusa, aperta, e così via) esso potrà essere quello minimale o massimo possibile. Una raffigurazione generica semplificata di un processo di influenza qualitativo tra variabili, attraverso uno schema a doppia entrata può essere di questo tipo, supponendo un caso di 2 variabili obiettivo e 3 variabili strumentali: G1 G2 -----------------A1 0 - A2 + - A3 0 + ------------------ Da un punto di vista algebrico lo schema è una matrice i cui elementi rappresentano il segno dell’influenza tra le variabili strumentali A e le variabili obiettivo G. Il generico bi,j rappresenta quindi la direzione dell’influenza tra la variabile Ai e la variabile Gj (che può essere negativa, nulla, o positiva). Questa semplice raffigurazione di influenza tra variabili è quella che generalmente viene utilizzata per la mappatura dello spazio del problema da parte degli agenti, soprattutto in termini causali qualitativi. Un ulteriore strumento che serve a spiegare il meccanismo di adattamento dei livelli di aspirazione è quello di ordine d’urgenza (urgency order), si tratta di una funzione che assegna un grado di precedenza ad una variabile rispetto Forme di razionalità limitata 61 alle altre (con una permutazione). Essa, intuitivamente, dipende dai livelli di aspirazione. Se per esempio l’indicatore dei profitti è basso, allora la redditività (es. G1) otterrà la precedenza sulle quote di mercato (es. G2). Dunque il massimo livello di aspirazione per tutte le variabili potrebbe non essere quello ottimale date le condizioni della griglia di aspirazione. In più, verso il basso, abbiamo una variabile di rientro (retreat variable) che indica quale variabile obiettivo si assesta su un livello di aspirazione nonminimale, ossia un livello di aspirazione di una scala aperta verso il basso. Se infatti una scala di aspirazione è chiusa verso il basso, ha un valore minimale, non è necessario imporre alcun adeguamento verso il basso dato che quello è un valore sotto il quale non si può andare. Brevemente, il succo di questo meccanismo è il seguente. L’agente fissa una scala L di livelli di aspirazione rispetto alla variabile obiettivo G1 (ad es. redditività, intesa come profitto su quota capitale) in riferimento alle combinazioni delle singole azioni. Ad esempio, con r=redditività, avremo Lr = (K% / k>h), ossia tutte quelle percentuali K che superano un certo livello h, quindi la scala è aperta superiormente. Questo valore dovrà essere poi combinato con i valori delle scale delle altre variabili obiettivo. Se ad esempio le altre variabili obiettivo sono tali per cui i propri indicatori sono m per G2 (es. quote di mercato, ossia vendite sul totale del comparto delle vendite del comparto industriale) ed e per G3 (es. frazione di capitale posseduta, ossia capitale posseduto come frazione del capitale totale dell’azienda), potremmo avere anzitutto un diagramma di influenza del tipo (fonte: Selten, 1998): A1 Nessuna variazione di piano 0 su r, 0 su m, 0 su e A2 Diminuzione dei prezzi 62 - su r, + su m, 0 su e Forme di razionalità limitata A3 Aumento dei prezzi + su r, - su m, 0 su e A4 Riduzione dei costi + su r, 0 su m, - su e A5 Allargamento linea produttiva- su r, + su m, - su e A6 Ridimensionamento l.p. + su r, - su m, + su e Sulla base poi delle scale di aspirazione fissate (Lr, Lm, e Le), si potrebbe identificare, rispetto alle combinazioni dei livelli di aspirazione, rispettivamente quale sia l’ordine di urgenza fra le variabili obiettivo. Se ad esempio la combinazione dei livelli di aspirazione iniziale è (r=6%, m=15%, e=30%) ed il primo livello di aspirazione è r≤ 6%, m≤ 70%, e≤ 30%, allora l’urgency order sarà r, e, m con m quale retreat variable, che funziona un po’ come una sorta di campanello. Le regole di adattamento sono: una downward rule, secondo la quale laddove non vi sia un livello di aspirazione intermedio possibile, allora viene effettuato un passo d’aggiustamento verso il basso sul livello di aspirazione parziale della retreat variable (come avviene nell’esempio appena descritto); una upward rule, secondo la quale se un livello di aspirazione intermedio è possibile, allora viene preso il passo d’aggiustamento più urgente verso l’alto; una end rule, secondo la quale se c’è un livello di aspirazione intermedio possibile ma nessun passo d’aggiustamento possibile verso l’alto, allora quello viene tenuto come livello di aspirazione (Selten, 2001, p.19). Al di là dell’articolato impianto che muove i livelli di aspirazione, tutto il complesso appare guidato comunque dal dispositivo dell’urgency order, che regola il nuovo assetto dei livelli di aspirazione verso l’alto o verso il basso, a seconda della precedenza locale assegnata alle variabili dopo aver effettuato un confronto tra valori di alternative (variable values). Vi sono alcuni caratteri dell’Aspiration Adaptation Theory che devono essere Forme di razionalità limitata 63 richiamati. Anzitutto l’esame dei livelli di aspirazione procede attraverso preferenze locali su aggiustamenti progressivi, ma ciò avviene in via asimmetrica, nel senso che è più agevole adattare verso il basso i livelli di aspirazione e da qui proseguire, mentre è necessario ricorrere all’ordine di urgenza per una selezione tra livelli di aspirazione possibili verso l’alto. Gli altri punti che vanno in direzione dei caratteri della RL in senso classico sono l’incomparabilità fra obiettivi e il ricorso ad aspettative qualitative di influenza tra variabili. Un’estensione dei rilievi dell’Aspiration Adaptation Theory si ricollega poi agli studi sull’assunzione di rischio rispetto alle variabili obiettivo (risk-related goal variables). 64 Forme di razionalità limitata 36 Forme di razionalità limitata