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Simone Meriggi
Giangiacomo Della Chiesa
LA PRINCIPESCA CONTEA DI GORIZIA E GRADISCA TRA XIX E XX
SECOLO
1) Caratteristiche geografiche della Contea di Gorizia e Gradisca tra XIX e XX secolo
La posizione geografica è uno dei fattori determinanti nello sviluppo delle città e del
territorio loro circostante; la capacità o meno delle classi dirigenti di capire ciò e saperlo sfruttare
ha sempre determinato, nel corso della storia, le fortune o le sfortune delle realtà da loro
amministrate. Se la posizione geografica di una città, cioè le sue caratteristiche e opportunità,
sono per forza di cose invariabili, l’attività politica e diplomatica dell’uomo è in grado di
interferire nella geografia di un territorio, ad esempio ostacolando il libero accesso alle vie di
comunicazione tramite confini, impedendone lo sviluppo a prescindere dalla sua favorevole
ubicazione. Quindi le opportunità legate alla geografia di una città o di un territorio scompaiono
o ricompaiono di fatto da secolo a secolo rendendo così indispensabile, nello studio di un
territorio, verificare se queste ancora sussistono o meno. Questa considerazione vale in particolar
modo per le zone di confine e quindi anche per Gorizia e la sua Contea. 1
Posizione geografica, idrografia, orografia, il clima 2
1
Vengono presi in considerazione gli studi in AA.VV., di F. Bianco, “L’armonia sociale
nelle campagne”. Economia agricola e questione colonica nella Principesca Contea di
Gorizia e Gradisca tra ‘800 e ‘900, in Economia e Società nel Goriziano tra ‘800 e ‘900
, pp. 33-59, Monfalcone, 1991; A. Luchitta, Lo sviluppo industriale della Principesca
Contea nelle relazioni della Camera di Commercio di Gorizia, in Economia e … cit.; A.
Luchitta,
La Contea di Gorizia: contributo per una storia della manifattura e
dell’industria (secoli XVIII-XX), in Cultura tedesca nel Goriziano, atti del seminario,
pp. 257-288, Gorizia, 1995; A. Luchitta, Cronache ferroviarie e vita goriziana nel
primo decennio del secolo XX, in Transalpina un binario per tre popoli, pp. 128-146,
Monfalcone, 1996.
2
Tutti i dati sulla geografia della zona sono tratti da: C. von Czoernig, Il territorio di
Gorizia e Gradisca, vol. 1, edizione a cura della Cassa di Risparmio di Gorizia, Gorizia
1987. (Edizione originale Vienna, 1873), pp. 13-64.
La Contea di Gorizia segnava il confine tra l’Impero asburgico e il Regno d’Italia e il suo
territorio era il punto d’incontro tra la pianura friulana, la zona delle Prealpi, costituita dalle Valli
del Vipacco e dell’Isonzo, e il Carso. A sud era delimitata dal golfo di Monfalcone.
I diversi tipi di territorio che la costituivano determinavano una variazione altimetrica
(che variava dai 2500 metri al mare) e una varietà delle caratteristiche climatiche (al centro-sud
clima mite con scarse precipitazioni, a nord clima più rigido con maggiori precipitazioni) che
permetteva una svariata tipologia delle culture.
L’asse idrografico della contea era costituito dal fiume Isonzo e dai suoi affluenti.
Gorizia città 3
Per quanto riguarda più precisamente la città di Gorizia, invece, bisogna aggiungere che
questa si trova esattamente nel punto d’intersezione degli sbocchi delle valli dell’Isonzo e
Vipacco con il Collio e le ultime propaggini della pianura friulana.
La valle dell’Isonzo è a sua volta collegata con le aree montane del nord e quindi con la
Carinzia, quella del Vipacco con la pianura di Lubiana.
L’importanza di Gorizia è sempre stata quella di essere punto d’incontro delle genti
provenienti dalla pianura, dalla collina e dalla montagna, cioè rispettivamente italiani, sloveni,
tedeschi.
I periodi di sviluppo della città furono determinati dalla sua capacità di saper sfruttare
questo ruolo; viceversa quando questo le è stato impedito sono seguiti periodi di crisi e
decadenza.
Dalle popolazioni che vivevano nella valle dell’Isonzo, in quella del Vipacco e nella
pianura, Gorizia era vista di volta in volta come mercato agricolo dove vendere i prodotti coltivati
o acquistare quelli di cui si aveva bisogno, come occasione per gli individui che volevano
emanciparsi dal mondo agricolo di trovare delle opportunità di lavoro in città; per le aristocrazie
della città era un luogo comodo dove poter risiedere e amministrare le vaste proprietà che
avevano in pianura; l’Impero un possibile punto di partenza per estendere la loro area di influenza
3
Le considerazioni fatte in questo paragrafo si basano sugli studi di L. Fabi, Storia di
Gorizia, Padova, 1991, p. 9; A. Luchitta,
op. cit., Monfalcone, 1991, op. cit.,
Monfalcone, 1996, op. cit., Gorizia, 1995.
verso il Friuli e il Veneto o anche l’Adriatico; per Venezia, viceversa, una minaccia nel suo
predominio sul Friuli e potenzialmente sull’Adriatico. Con l’avvento della prima rivoluzione
industriale la posizione della città apparve favorevole per l’insediamento di industrie dalla
famiglia Ritter. 4 Questa si era anche impegnata nella modernizzazione delle vie di
comunicazione facenti capo alla città, riuscendo a far passare per Gorizia le ferrovie che
collegavano Trieste con il centro dell’Impero Asburgico.
Quindi tanti sono stati gli attori che hanno visto in Gorizia e nella sua Contea, grazie alla
sua posizione geografica, un punto di partenza per nuove espansioni.
Purtroppo il grande numero di questi attori e la loro importanza, ha fatto sì che Gorizia si
trovasse di frequente al centro delle loro lotte senza avere la forza di ritagliarsi un ruolo
autonomo che impedisse la creazione di confini in grado di interrompere quegli assi di
comunicazione che erano la linfa vitale della città.
2) La situazione economica nella Contea di Gorizia e Gradisca tra XIX e XX sec.
La descrizione della situazione economica della Contea fatta dallo Czoernig 5 nel 1876 è
utile in quanto l’autore fa delle previsioni di possibili sviluppi dell’economia della Contea.
Particolarmente profetici sono quelli che riguardano lo sviluppo della coltivazione della vite, del
commercio e delle vie di comunicazione (vedi la Transalpina).
L’agricoltura
La proprietà 6
Gorizia e la sua Contea erano caratterizzate, dal punto di vista morfologico, da tre tipi di
territorio: pianura, collina, montagna.
Tre diversi territori implicano tre modi diversi di coltivazione e modelli differenti di
proprietà.
4
5
6
L. Fabi, op. cit., pp. 21-24.
C. von Czoernig, op. cit., pp. 73-106.
C. von Czoernig, op. cit., p. 73.
“Nella zona montuosa la proprietà è molto spezzettata e l’agricoltore è di solito anche
proprietario del terreno, o, accanto al podere preso in affitto, possiede qualche piccolo
appezzamento. Nella parte mediana del territorio e nella bassa la proprietà terriera, riunita di
solito in vasti complessi, era fino a pochi decenni fa nelle mani della nobiltà locale. Dal principio
di questo secolo queste condizioni hanno subito un sensibile mutamento essendo state tolte le
limitazioni della facoltà di possedere ed essendo sorta la formazione di un ceto medio benestante”
(Czoernig). Quest’ultima affermazione valeva soprattutto per le zone della collina, della valle del
Vipacco e del Carso, ma non alla zona della pianura.
Particolare attenzione lo Czoernig lo dedica al tipo di contratto che veniva usualmente
instaurato tra i grandi proprietari terrieri ed i contadini della pianura loro sottoposti: il contratto
colonico. Questo era universalmente considerato un ostacolo allo sviluppo agricolo, in quanto
privilegiava un rapporto tra colono e proprietario di tipo patriarcale con un sistema di
coltivazione tradizionale legato all’autosussistenza del colono e del padrone senza alcuno stimolo
allo sviluppo di un’agricoltura d’esportazione. 7
Se questo tipo di contratto, in condizioni normali, era un ostacolo all’evoluzione
dell’agricoltura della Contea, in casi eccezionali diventava un handicap tale da minacciare il
futuro stesso del settore primario. Infatti nell’Ottocento si verificarono un’insieme di circostanze
che misero in ginocchio l’agricoltura della Contea mettendo in allarme più volte sia esponenti
locali, quali i Ritter, allora presidenti della Camera di Commercio di Gorizia, che le autorità di
Vienna. Le circostanze sopra menzionate furono l’arrivo delle malattie della vite, peronospora e
filossera, che falcidiarono la produzione di vino, e l’affermarsi dei cereali americani e russi sui
mercati mondiali che abbatterono i prezzi di questi rendendone non redditizia la produzione a
livello locale.
Per capire meglio come il contratto colonico fosse d’impedimento allo sviluppo agricolo
della Contea di Gorizia tra Ottocento e Novecento ne facciamo qui di seguito una breve
descrizione.
Esso prevedeva enormi vantaggi ai grandi possidenti che erano esonerati dalle spese per le
attrezzature agricole, i fertilizzanti, le riparazioni in caso di calamità naturali, i danni dovuti alle
malattie delle piante ecc.; tutti fattori che erano a carico del colono. In compenso la clausola dal
“rassicurante” nome “ a fuoco e fiamma” prevedeva che: “qualunque impensata disgrazia di
7
Le considerazioni di seguito esposte sono tratte da F. Bianco, op. cit..
brina, tempesta, fulmini, inondazioni, fallacia generale de’generi, siccità, mortalità di viti e
piante, incendi, male epidemico delle bestie, nonché qualunque altro fortuito caso preveduto e
impreveduto” non potevano dar motivo all’affittuale di “addimandar e pretendere verso li
nominati di lui padroni compenso alcuno o diminuzioni alcune di affitto, ma il tutto deve
rimanere a di lui malefizio, carico e danno senza alcuna riserva”. 8 Come se ciò non bastasse il
colono doveva essere disponibile a prestazioni gratuite per eventuali lavori di manutenzione della
casa padronale o altro (addirittura ci sono casi nell’Aquileiese dove ai coloni si chiede la
disponibilità per scavi archeologici).
La principale conseguenza di questo regime contrattuale era che il colono non aveva la
possibilità di organizzare il proprio lavoro né di coltivare i campi affidategli dal padrone con
quella efficienza indispensabile per un buon rendimento degli stessi. Inutile sottolineare che,
finché perdurava questo stato di cose, come i rendimenti erano al di sotto delle potenzialità, così
non si poteva prendere neanche in considerazione la possibilità di intervenire sui prodotti
coltivati, ad esempio la vite, per migliorarne la qualità.
Testimonianza di questo quadro a tinte fosche erano le varie quanto inutili relazioni della
Camera di Commercio di Gorizia fatte da Eugenio Ritter; in queste si denunciava la desolante
situazione delle campagne della Contea di Gorizia e Gradisca e come questa arretratezza delle
campagne ipotecasse qualunque tipo di sviluppo della stessa. Non per nulla l’unica tenuta
coltivata con criteri moderni nella zona di Aquileia era appunto quella dei Ritter a Monastero.
Specie di coltivazione e loro distribuzione 9
I campi arati occupavano soltanto una parte esigua del territorio, dove cioè o per
l’altitudine o per l’impaludamento della bassa non poteva aver luogo la viticoltura, quindi in
montagna e nelle paludi della pianura. Anche le colture a rotazione coprivano soltanto una
superficie trascurabile della Contea.
8
9
Ibidem.
C.von Czoernig, op. cit., p. 76.
Grande diffusione nella regione aveva la coltivazione di campi con viti, che consisteva nel
piantare lungo i campi viti rampicanti a festone da un albero all’altro; tali campi avevano grande
diffusione sulle colline e nella pianura.
Vigne vere e proprie si trovavano in collina e sul Carso ma non diffusamente.
Le olive venivano coltivate solo sul Carso.
Gli orti occupavano poco spazio se si considera la particolare idoneità delle colline alla
coltivazione della frutta e gli importanti raccolti della stessa ai quali però contribuivano
notevolmente gli alberi da frutto nei campi e nei vigneti.
I prati e i prati forestali erano diffusi in montagna e collina.
A questi andavano aggiunti gli alpeggi che occupavano un terzo del suolo.
Le paludi si limitavano alla zona costiera ma erano un elemento importante per la
produzione della paglia.
Le foreste erano il lato più debole delle colture di tutta la contea. Infatti i boschi di alto
fusto coprivano quasi un quinto del suolo dell’alta e media montagna, ma erano talmente spogli
ed esposti a devastazioni naturali e di altro genere che non rendevano quasi nulla.
Nella zona montana predominavano i pascoli e i boschi, inoltre la lavorazione del suolo
non era sufficiente ad alimentare la popolazione con l’effetto che una parte di questa era costretta
a cercarsi il pane e il sostentamento altrove. In compenso emergeva l’allevamento del bestiame
con la produzione di latticini e lo smercio di vitelli, pecore, ma soprattutto maiali; andava
aggiunta l’apicoltura.
I vegetali più diffusi erano le patate e il grano saraceno, prodotti coltivati per
l’autoconsumo.
Nella zona collinare la coltivazione più importante era la viticoltura, specialmente sul
Collio dove si produceva un ottimo vino bianco, la ribolla, e il così detto cividino.
Altra coltivazione della collina che poteva essere sviluppata era quella della frutta. Anche
la bachicoltura si sarebbe potuta diffondere anche se la malattia del baco non era ancora del tutto
sconfitta.
L’olivo prosperava nelle parti inferiori della zona collinare dove se ne trovano grandi
colture. Altri prodotti diffusi erano i legumi, il frumento e il granoturco.
In pianura prevalevano la viticoltura e la bachicoltura anche se queste due ultime
coltivazioni erano state messe a durissima prova dalle rispettive malattie. Per quanto riguarda il
vino era abbondante nella bassa e nella pianura e si estendeva da Mariano a Cormons.
L’esportazione del vino, sia quello di pianura che quello di collina, era , prima del flagello delle
malattie della vite, abbondante ed indirizzata soprattutto a Trieste.
L’industria, il commercio, le vie di comunicazione e la popolazione
Industria
L’industria, nell’economia della Contea di Gorizia e Gradisca, non aveva l’importanza
dell’agricoltura, ma le sue dinamiche tra il 1850 e il 1914 rispecchiarono bene l’andamento dello
sviluppo della città di Gorizia. Infatti dal 1875 al 1914 il panorama industriale descritto dallo
Czoernig mutò radicalmente. Quest’ultimo, pubblicando il suo libro nel 1876, descriveva una
situazione industriale nella quale la città di Gorizia era il motore.
Però proprio dal 1876 l’Impero asburgico attraversò una crisi finanziaria di vaste
proporzioni che mise in ginocchio tutto il settore secondario dell’Impero, compreso quindi quello
di Gorizia. 10 Questa crisi fu affrontata agganciando il sistema economico asburgico e la sua
ristrutturazione a quello del II Reich. Ora quest’ultimo si basava sulla grande concentrazione
finanziaria in poche grosse istituzioni bancarie che, con il coordinamento dello stato, decidevano
le politiche degli investimenti, pilotando di fatto lo sviluppo industriale del paese.
Questo sistema era il più funzionale all’economia tedesca, (rispetto a quello liberale
elaborato in Inghilterra) in quanto pur essendo dinamica e con un alto indice di sviluppo, doveva
recuperare il gap che aveva con quella inglese e tenere testa a quella americana. Inoltre va tenuto
presente che dalla seconda metà dell’Ottocento si esaurì il ciclo economico della I rivoluzione
industriale 11 (legato alla filiera tessile e metallurgica che si basava su tecnologie con alta intensità
di lavoro e bassi investimenti di capitale), e iniziò la II rivoluzione industriale che si caratterizzò
per la nascita di industrie (chimiche, lavorazione del petrolio, sviluppo dell’elettricità, ecc.) che
richiesero forti investimenti di capitale e una ricerca ad alto livello per lo sviluppo delle stesse,
che solo un coordinamento centralizzato degli investimenti poteva permettere.
10
A. Luchitta, op. cit., pp. 95-98 , Monfalcone, 1991.
Queste considerazioni sulle diverse caratteristiche della I e II rivoluzione industriale
si basano sul saggio di P. A. Toninelli, Nascita di una Nazione, lo sviluppo economico
degli Stati Uniti, Bologna, 1993, pp. 14-19.
11
Dal 1876 al 1914 l’economia asburgica cambiò radicalmente saldandosi a quella tedesca.
Gli effetti di questo mutamento sulla Contea di Gorizia e Gradisca furono la crisi delle industrie
dei Ritter a Gorizia, legate ad una gestione da I rivoluzione industriale, che entrarono a far parte
di una catena di filatoi controllata da capitale tedesco e che assorbì tutti quelli presenti nella
Contea, e la nascita, invece, delle industrie di Monfalcone. Questa diventò in pochi anni il polo
industriale di Trieste, sviluppando tutta una serie di industrie, come quelle cantieristiche, legate
alla necessità del principale porto dell’Impero. Ovviamente tutto ciò fece sì che il motore
industriale dell’area diventasse Monfalcone a scapito di Gorizia che non riuscì mai più a
recuperare le posizioni perdute. 12 Il quadro industriale della Contea dello Czoernig, essendo del
1876, non menziona l’industria di Monfalcone e considera quella di Gorizia la principale, in
compenso, la descrizione di quest’ultima, non essendoci sviluppo industriale dopo il 1876, è da
considerarsi valida fino al 1914.
In esso si afferma che la grande industria della Contea risaliva solo a metà ‘800, e in
complesso era concentrata nella città di Gorizia e nei suoi immediati dintorni. Faceva eccezione
l’industria della seta stimolata già ai tempi di Maria Teresa.
La grande industria comprendeva in prima linea l’industria della seta, del cotone, del
cuoio e dei mulini.
L’industria serica comprendeva 100 filande tra cui una filatura meccanica di fioretto di
proprietà di Guglielmo Ritter; i filatoi più importanti erano quelli di Farra e Cormons, i telai a
Gorizia.
L’industria cotoniera si serviva di due filature, quella di Aidussina e quella di Strazig per
un totale di 747 operai. Inoltre c’era una tessitura meccanica sempre a Strazig con 254 operai.
L’industria molitoria constava di due grandi mulini meccanici a Strazig e S. Giovanni del
Timavo, presso Duino, che esportavano i loro prodotti fino in America e avevano 127 operai.
Un’industria locale che vantava antiche tradizioni era quella del cuoio che occupa 118
operai.
Per la carta c’erano due impianti dei quali il maggiore era la nuova cartiera meccanica dei
Ritter a Podgora.
12
A. Luchitta, op. cit., Gorizia, 1995.
Per quanto riguarda la piccola industria, questa era distribuita secondo il fabbisogno
locale nelle diverse parti del territorio: a Mariano falegnami, a Sagrado scalpellini, a Ranziano,
S.Lorenzo e Mossa i muratori, a Merna i calzolai ecc..
Il commercio e vie di comunicazione
Particolare importanza, per l’argomento trattato nella tesi, assume il funzionamento del
commercio e delle vie di comunicazione nella Contea. Il testo dello Czoernig è profetico riguardo
al possibile sviluppo commerciale della Contea. Si afferma che il commercio era ancora limitato
al traffico locale, allo smercio dei prodotti delle maggiori industrie e all’acquisto di prodotti
grezzi da altre province e altri paesi per il fabbisogno locale. Ciò nonostante il movimento
marittimo e commerciale dei porti territoriali, specie nel traffico con Trieste, aveva la sua
importanza. I porti più importanti erano quelli di Monfalcone, Porto Buso, Grado. Monfalcone
faceva da porto per Gorizia, e Duino doveva il suo traffico al grande mulino meccanico di
S.Giovanni al Timavo che ritirava attraverso Duino il suo fabbisogno di grano e spediva i
macinati.
Non c’era nel territorio una vera e propria navigazione fluviale in quanto questa non era
che un prolungamento della navigazione per mare fino ai porti dell’entroterra.
Il primo posto tra le comunicazioni terrestri spettava alla ferrovia meridionale che
collegava l’Austria con l’Italia del Nord. Essa attraversava il territorio per un tratto di sette
miglia, con le stazioni di Nabresina (Sistiana) (nodo ferroviario fra Trieste, Vienna e l’Italia), di
Monfalcone, Sagrado, Gorizia, Cormons, oltre ad alcune stazioni secondarie. Il traffico su questa
linea era per lo più di transito, ma offriva al territorio il grande vantaggio di una comunicazione
celere e diretta con Trieste, Vienna e l’Italia.
“Il territorio sarà in condizioni di prevedere un aumento del commercio quando la
ferrovia del Predil lo metterà in comunicazione con le province settentrionali, la rete stradale
sarà sistemata e l’industria locale e l’agricoltura si saranno sollevate a un gradino superiore.
Il traffico celere con Vienna sarà sfruttato pienamente solo quando, inevitabilmente e
speriamo presto, il territorio rifornirà la capitale dell’Impero con uva precoce, con frutta e
legumi nella misura favorita dalla situazione. Nel modo più soddisfacente e più redditizio, in tutti
i sensi, per il territorio questo traffico ferroviario sarebbe completato se la ferrovia rudolfina,
partendo dalla Carinzia e superando il Predil, attraversasse la parte superiore del territorio e
fosse prolungata fino a Trieste, impresa per la quale si attende l’augusta concessione.” 13
Riguardo alle strade si sottolinea che erano molto trascurate ma recentemente si era fatto
parecchio per migliorarle e completarle.
Le considerazioni dello Czoernig che vedono nel potenziamento della rete ferroviaria e
degli investimenti nell’agricoltura le condizioni necessarie sufficienti per lo sviluppo della
Contea, oltre a cogliere l’essenza del problema “sviluppo” di questo territorio, sembrano
profetiche per la città di Gorizia, quando si pensa alla perdita del ruolo di polo industriale di
questa e alla sua esigenza di diventare almeno un polo commerciale. Infatti il commercio e lo
sviluppo delle vie di comunicazione, tramite la costruzione della ferrovia Transalpina, e
dell’agricoltura divennero, dal 1880 al 1914, gli assi portanti della crescita economica cittadina. 14
Popolazione 15
La popolazione nel 1869 nella Contea di Gorizia e Gradisca era stimata, secondo il
censimento di quell’anno, a 206.453 anime di cui 15.858 nella zona di montagna comprendente i
distretti di Plezzo e Tolmino; 33.324 nella zona di media montagna comprendente i distretti di
Tolmino, Circhina, Gorizia Dintorni, Aidussina e Canale; 86.798 nella zona collinare
comprendente i distretti di Gorizia città (16.659), Gorizia Dintorni, Cormons, Aidussina,
Gradisca, Canale; 37.668 nella zona di pianura comprendente i distretti di Cormons, Gradisca,
Monfalcone, Cervignano; 30.428 nella zona del Carso comprendente i distretti di Comeno,
Sesana, Gradisca, Monfalcone. Nello specifico il distretto di Gorizia Città aveva una popolazione
di 16.659 unità, quelli di Gorizia Dintorni, ripartiti tra la zona di media montagna e collina,
avevano una popolazione di 30.000 circa.
Per quanto riguarda la composizione etnica del territorio della Contea riportiamo la tabella che
riassume i dati del censimento 1857 quando la popolazione complessiva era stimata di 196.276
abitanti: 16
13
14
15
16
C. von Czoernig,
A. Luchitta, op.
C.von Czoernig,
C.von Czoernig,
op. cit., Gorizia, 1987.
cit., Monfalcone, 1996.
op. cit.,pp. 35-64.
op. cit., p. 62.
Sloveni
Italiani
Tedeschi
Friulani
Israeliti
Alta Montagna
14.406
---
---
---
---
Media
43.295
---
650
---
---
Collina
42.807
1.450
1.500
21.128
403
Pianura
---
13.414
---
26.713
---
30.240
270
---
---
---
130.748
15.134
2.150
47.841
403
Montagna
Carso
TOTALE
3) Le dinamiche economiche e sociali nella città di Gorizia tra ‘800 e ‘900
Volendo fare un quadro generale della situazione economica e sociale della città di
Gorizia alla luce di quanto detto in questo capitolo, si può giungere a queste conclusioni. La città
di Gorizia, avendo perso la possibilità di diventare il polo industriale a favore di Monfalcone,
puntò, sfruttando la posizione geografica nella quale si trova, a diventare un polo commerciale.
Per far questo, però, occorreva anche sviluppare un’agricoltura efficiente che puntasse
all’esportazione dei propri prodotti. A favore di questo progetto c’era il clima mite che
permetteva la coltivazione di prodotti che qui, più che in altre parti dell’Impero, potevano essere
sviluppati con profitto (vino, uva, frutta, olivo ecc.).
Purtroppo la situazione delle campagne nella Contea di Gorizia all’epoca di Czoernig non
era sicuramente delle migliori in quanto mancava, da parte dei grandi proprietari terrieri, la
volontà di adeguarsi alle regole del mercato che i nuovi tempi esigevano.
Se questo era vero ai tempi dello Czoernig, a maggior ragione lo è agli inizi del XX
secolo. Come però fa notare lo studioso austriaco, nelle zone della Alta e Media montagna, della
Collina e del Carso, da una decina d’anni prima che lo stesso scrivesse, non veniva più impedita
la possibilità ai contadini di comprare degli appezzamenti di terreno con il conseguente sviluppo
della piccola e media proprietà. Come incise questa novità sul panorama agricolo della Contea
agli inizi del XX secolo, cioè dopo quasi quaranta anni?
Si crearono delle disuguaglianze di produttività dei campi, di livello di vita dei contadini,
di possibilità di sviluppo tra la zona occidentale e quella orientale della Contea.
Nella zona occidentale della Contea, abitata in prevalenza da italiani, le proprietà dei
grandi latifondisti continuarono ad occupare tutto lo spazio coltivabile rendendo poco e venendo
gestite con metodi antiquati; inoltre nonostante le raccomandazioni dei Ritter, continuò a regnare
sovrano il contratto colonico. 17
Nella zona orientale, 18 abitata prevalentemente da sloveni, invece, si diffuse la piccola
proprietà che permise ai contadini di autogestirsi, poterono organizzare il proprio tempo in
maniera da avere degli spazi di libertà dal lavoro agricolo per potersi dedicare al piccolo
commercio o al piccolo artigianato; inoltre poterono decidere quali prodotti coltivare e come,
adeguandosi alla domanda del mercato.
Questa situazione di maggior benessere facilitò, nella componente slovena, la capacità di
organizzarsi per difendere i propri interessi e per trovare nuovi sbocchi ai propri prodotti
nell’area dell’Impero asburgico. Per far ciò però non bastava avere una situazione agricola
produttiva e dinamica, occorreva che venisse costituita una realtà finanziaria amica che facesse ai
contadini, e a coloro che dovranno commerciare i loro prodotti, prestiti al momento giusto e
all’interesse giusto. Insomma si doveva creare una struttura bancaria che ebbe come principale
conseguenza la creazione di una borghesia.
Il primo istituto di credito, la Goriska Ljudska Posojilnica, al servizio della nuova realtà
agricola e commerciale slovena venne aperto a Gorizia nel 1880; a questo nel corso degli anni si
affiancarono altri istituti di credito che rispondevano alle varie esigenze della sempre più forte e
dinamica borghesia slovena.
Per avere un’idea dell’influenza che la comunità slovena esercitò sulla città di Gorizia agli
inizi del XX secolo, molteplici sono gli esempi a nostra disposizione: la costruzione del Trgovski
Dom nel centralissimo corso Francesco Giuseppe, la costruzione di scuole slovene, l’acquisto di
prestigiosi edifici cittadini e di grandi alberghi, l’aumento considerevole di negozi tenuti da
sloveni che ebbero il coraggio di fissare le proprie insegne nella lingua madre, il successo del
boicottaggio delle merci italiane che mise in ginocchio il piccolo commercio italiano, la
diffusione della lingua slovena in città, lo sviluppo della borghesia commerciale slovena che
commerciava i prodotti dei contadini sloveni in tutto l’Impero, infine erano sloveni anche i vertici
della Cassa di Risparmio di Gorizia, allora il maggior istituto di credito della città.
17
F. Bianco, op.cit., p. 51-59.
Le considerazioni di seguito esposte sono tratte dallo studio di M. Waltritsch, Gli
istituti di credito sloveni nel Goriziano, Gorizia, 1982.
18
Tale quadro estremamente positivo creava un contrasto impressionante sia se confrontato
con lo stato dei contadini italiani che si dibattevano nella miseria più nera schiacciati dal contratto
colonico, sia con la situazione della borghesia italiana che, legata allo sviluppo industriale di
metà '800 che già negli anni’70 aveva esaurito tutte le sue potenzialità, non riusciva più a tenere
in mano l’economia della città.
Mihael Vosnjak, il padre delle casse di prestiti slovene in Carniola e che stimolò con la sua
azione anche l’apertura di quelle nella Contea di Gorizia, si trasferì per un certo periodo in Stiria
e in Carinzia per propagandare tra gli sloveni lì residenti le possibilità che le città di Gorizia e
Trieste offrivano sia per gli investimenti commerciali sia come luoghi dove, con la pratica, poter
acquisire una cultura commerciale, aziendale, amministrativa che né la Stiria nè la Carinzia, in
quanto dominate dalla borghesia tedesca, né la Carniola, perché troppo povera, potevano offrire.
Questa testimonianza è più che sufficiente per capire non solo quanto Gorizia fosse in pieno
sviluppo subito prima della I guerra Mondiale, ma anche quanto questo sviluppo fosse legato alle
fortune della borghesia slovena.
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