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Ucciso sul marciapiede senza pietà

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Ucciso sul marciapiede senza pietà
{SRE-1-0803-3} Sun Mar 7 20:54:49 2004
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LA HALL DELL’ALBERGO, TEATRO DEL DELITTO
LA SCIENTIFICA HA TROVATO LE PROVE
8 marzo 2004, Lunedì ● 13
IL PADRE E IL FRATELLO DI FAZZINI
L’OMICIDIO DI VIA ROMA Ricostruito il delitto. Gli investigatori sorpresi dalla freddezza e dalla brutalità dell’esecuzione
Ucciso sul marciapiede senza pietà
L’assassino è sceso dall’auto e subito ha accoltellato il portiere d’albergo
L’omicida ha scavalcato il cofano della sua
Golf e con ferocia e brutalità ha infilato il
coltello nel fianco di Remo Fazzini, portiere di
notte dell’hotel Belvedere. Il quale era appena
uscito sulla strada per vedere i danni subiti
dalla sua Bmw. Oggi l’autopsia e forse già i
funerali in valle Armea
Sanremo. Ha ucciso senza
nemmeno pensarci un attimo.
Indrit Jakupi, l’albanese di 30
anni che ha confessato l’omicidio di Remo Fazzini, 44 anni,
portiere di notte dell’hotel Belvedere di via Roma, ha agito
freddamente, rapidamente.
Senza alcuno scrupolo e senza
pietà.
Due colpi in rapida successione, con l’arma - forse uno
stiletto - nascosta nella mano.
Un’azione da professionista.
Una brutalità che ha sorpreso
perfino gli stessi investigatori,
tanto che l’indagine ha avuto
qualche momento iniziale di
stallo: nemmeno i testimoni
che hanno assistito alla scena
erano riusciti a capire che Jakupi aveva ferito mortalmente il
portiere con un coltello, pensavano che lo avesse colpito con
dei pugni al corpo. Ormai la dinamica è certa. L’albanese ha
ucciso Remo Fazzini sul marciapiede di via Roma, senza
dare alla vittima nemmeno il
tempo di reagire, di provare a
scappare. Quando il dipendente del Belvedere è uscito per
vedere che cosa stava accadendo alla sua Bmw, colpita ripetutamente dalla Golf di Jakupi,
è stato assalito in un istante.
Per arrivare a sferrare i due
fendenti, il killer ha addirittura
saltato il cofano della Volkswagen. Incurante della presenza
di possibili testimoni, di quella
dell’amica ucraina, ma soprattutto di togliere la vita a un
uomo, per i cosiddetti futili
motivi. Remo Fazzini ha trovato una morte assurda, che ha
lasciato la città senza fiato. E i
familiari nella disperazione.
Oggi sul corpo del povero
portiere d’albergo verrà eseguita l’autopsia, esame che servirà
a capire come sia sopraggiunto
il decesso, quale sia stata la coltellata mortale. Probabilmente
quella sotto l’ascella, che potrebbe aver perforato un polmone, portando Fazzini a una
morte quasi istantanea, lasciandogli solo il tempo di cercare la salvezza dietro il bancone della reception. Sabato mattina, quando il corpo è stato
ritrovato da un cliente dell’albergo, non c’erano nemmeno
tracce di sangue. Delle ferite
non si sono accorti in un primo
tempo nemmeno i medici che
lo hanno immediatamente soccorso, tentando di rianimarlo,
credendo che avesse avuto un
infarto. Solo quando è stato
esaminato più attentamente
dal medico legale, è stato evidente che si trattava di una
morte violenta, quanto inspiegabile e assurda.
Probabilmente già nel pomeriggio, una volta terminato l’esame necroscopico all’Armea,
saranno celebrati i funerali di
Remo Fazzini. E sempre oggi
Jakupi potrebbe essere trasferito a Sanremo per la convalida
dell’arresto, davanti al gip. L’albanese dovrà rispondere di
omicidio volontario, con l’aggravante dei futili motivi.
P. I.
(foto Roby Pecoraro)
LA VITTIMA
EMO FAZZINI, celibe,
senza figli, aveva 44
R
anni e da tre lavorava
come portiere di notte all’hotel Belvedere, dove è
stato ucciso all’alba di sabato. I titolari dell’albergo lo
ricordano come una persona di grande professionalità
sul lavoro e capace di intuire e andare incontro alle
esigenze dei clienti.
Remo Fazzini lascia un fratello e due sorelle. Parlava
con proprietà inglese e
francese, una conoscenza
delle lingue che lo agevolava alla reception. Nella vita
privata, l’uomo ferito a morte dall’albanese era una
persona schiva e riservata.
Molto attaccato alla chiesa
e spesso attivo nel mondo
cattolico.
la doppia vita DEL KILLER
Sanremo. Indrit Jakupi abitava a Leinì, un piccolo comune
alle porte di Torino. Vi ha lasciato una moglie ventottenne e un
figlio di tre anni. La donna è italiana, conosciuta alcuni anni fa,
quando l’albanese si era trasferito in Piemonte da Brindisi. In
Puglia arrivò nel 1991, partito
da Durazzo, città dov’era nato
il 12 settembre 1974. Dopo due
anni trascorsi in Italia, gli fu
concesso il permesso di soggiorno. Avviò quindi le pratiche per
ottenere la cittadinanza italiana.
Un “regolare”, dunque, che
fino a sabato vantava solo qualche piccolo precedente di polizia. La sua vita coniugale era invece tutt’altro che regolare.
Jakupi era un amante delle belle
donne e della vita notturna, assiduo frequentatore di locali che
rimanevano aperti fino all’alba,
dove si incontrava con i suoi
connazionali. Nella città della
Mole la comunità albanese è
nutrita, Jakupi sembra frequentasse anche ambienti “poco puliti”. A Torino lavorava saltuariamente come barista in un locale in via Cibrario, ma la sua
notte non finiva dopo il lavoro.
Spesso tirava tardi girando da
un bar all’altro. O da un appartamento all’altro, ospite di
“amiche” che si facevano affascinare da quel trentenne massiccio, dai modi decisi.
Anche a Sanremo era venuto
per visitare un’amica, una
ucraina, Tatiana. La stessa che
non ha esitato a picchiare selvaggiamente e minacciare perché non rivelasse a nessuno il
suo nome o altri indizi che potessero farlo identificare. La colpa di Tatiana è stata quella di
trovarsi con lui quando ha colpito a morte Remo Fazzini, sabato mattina.
E il suo ultimo rifugio, prima
A Torino lavoro, moglie e figlio
night e belle donne a Sanremo
IL KILLER. Indrit Jakupi, l’albanese di 30 anni che ha ucciso il portiere di notte del Belvedere
dell’arresto, è stata l’abitazione
di due giovani marocchine, di
nuovo a Torino. La polizia lo ha
fermato subito dopo aver lasciato l’alloggio, situato in via Orbassano, davanti alla sua
Volkswagen Golf nera. L’auto,
del 1995, era stata accessoriata
con un impianto stereo molto
potente, gli altoparlanti incassa-
ti nel pianale posteriore. Un altro particolare che ha consentito ai poliziotti di individuare
senza ombra di dubbio la vettura, parcheggiata poco distante
dall’abitazione delle due immigrate, insieme con quel faro anteriore rotto dai ripetuti urti con
la Bmw del portiere che Jakupi
ha assassinato senza pensarci
un attimo, solo perché aveva
protestato, o forse chiesto semplicemente una spiegazione. Di
Indrit Jakupi si dice che abbia
la mano svelta, con il coltello.
Un esperto, un uomo che sa
dove e come sferrare un colpo,
nascondendo l’arma nella
mano. La teneva in tasca, pronto ad estrarla se lo riteneva ne-
cessario, o se glielo dettava la
furia. Forse uno stiletto, comunque un coltello dalla lama sottile
e non troppo lunga, capace di
penetrare mortalmente senza
squarciare la carne. Un’arma da
killer.
Ma sabato sera, quando i poliziotti hanno circondato la sua
Golf dai potenti altoparlanti,
non si è mosso. Forse sorpreso,
forse consapevole che, se quegli
uomini si trovavano lì, ad urlare
il suo nome, le pistole in pugno,
era davvero finita. I poliziotti temevano di dover usare la forza,
lui non ha fatto un solo gesto.
Si è lasciato ammanettare e
portare via.
A Sanremo, oltre a Tatiana,
Jakupi aveva altre conoscenze.
Non era un cliente assiduo del
Piper, il locale attaccato all’hotel
Belvedere, ma le sue visite in Riviera sarebbero state frequenti.
Nella città dei fiori vivono molti
albanesi, il loro numero è di
poco inferiore a quello degli immigrati dal nordafrica. Lavorano per lo più nell’edilizia, muratori e manovali, o nell’agricoltura, come braccianti. Altri
in ristoranti e bar. Vivono per
lo più nel centro storico, o nelle
zone popolari, tra via Pietro
Agosti, via Martiri e via Galilei.
Gente onesta, che ha lasciato
l’Albania sperando in un futuro
migliore, ma che non ha ancora
trovato un’integrazione degna
di questo nome, isolati un po’
per la loro cultura, molto per la
diffidenza degli italiani.
Paolo Isaia
LA POLIZIA Il capo del commissariato, Sanna: «Il successo? Investigatori di primissimo livello al lavoro in équipe dopo l’omicidio»
«Indagine difficile risolta in 18 ore»
LA SQUADRA
Il questore: fiero di aver annunciato l’arresto ai parenti della vittima
Sanremo. «La nostra soddisfazione
è offuscata dal pensiero del dolore dei
familiari, ai quali va la nostra solidarietà. Sono estremamente fiero di
aver potuto dire loro che avevamo arrestato l’assassino». Il questore di Imperia Giuseppe Padulano descrive l’operazione che ha portato a individuare e poi fermare Indrit Jacupi come
«una risposta pronta ed efficace, la
migliore che potevamo dare. L’arresto del responsabile di questo delitto
contribuisce ad aumentare la percezione di sicurezza nei cittadini». Nel
corso della conferenza stampa di ieri
mattina, al secondo piano del commissariato di Sanremo, Padulano elogia il lavoro dei poliziotti che, dalle
5 di sabato mattina, non si sono fermati un attimo per raggiungere l’obiettivo. «In 18 ore è stato catturato
il killer di Remo Fazzini, che ha poi
confessato. E’ stata un’indagine molto
difficile, partita da un fatto inspiegabile per la dinamica che lo ha caratterizzato, e ricco di elementi che avrebbero potuto farci imboccare diverse
strade. Ringrazio pubblicamente tutti
gli uomini che hanno lavorato, così
come coloro che sono stati impegnati
per tutta la settimana del Festival, nel
La polizia al lavoro
corso della quale abbiamo dislocato
a Sanremo 300 persone».
Il primo dirigente del commissariato della città dei fiori, Angelo Sanna,
spiega che grande merito dell’arresto
va attribuito all’eccellente lavoro di
squadra. «In casi come questo non c’è
una sola arma vincente, ma diverse.
Determinante è stata la formazione,
nei primi minuti dopo l’omicidio, di
un gruppo di lavoro composto da investigatori di primissimo livello, ai
quali si è unito il prezioso contributo
della sezione di polizia scientifica e
della squadra mobile di Imperia. Fin
dalle 5 di sabato mattina hanno tutti
lavorato a 100 all’ora, senza tralasciare alcun particolare». Il dirigente della
mobile di Imperia, Raffaele Mascia,
ringrazia anche il sostituto procuratore Giovanni Maddaleni, che ha coordinato le indagini. «Ha accettato
ogni nostra proposta investigativa,
permettendoci di muoverci in maniera rapida ed efficace».
Per il commissariato di Sanremo
l’arresto dell’omicida di Remo Fazzini
si aggiunge ad una lunga serie di delitti risolti negli ultimi anni. Due, in
particolare, videro all’opera gli stessi
uomini che hanno indagato sul delitto di sabato. Il primo è l’assassinio di
Riccardino Gandolfi, pensionato di 67
anni ucciso a calci e pugni il 20 giugno dello scorso anno, per il quale finirono in carcere due sanremesi, Mirko Mirenda, 23 anni, e Vincenzo Rapone, 24, fermati 5 giorni dopo il
delitto. Nel 2001 occorsero invece
circa 10 giorni per individuare la persona che aveva strangolato una novantunenne, Lisette Schaefer. Era stata la sua ex governante, Maria Gemma Benetello, 50enne.
P.I.
Gli autori del blitz a Torino
omini che non lavorano seguenU
do l’orario d’ufficio, le cui armi
sono intuito, decisione e coraggio.
Sono i componenti della squadra di
polizia giudiziaria del commissariato
di Sanremo, guidata da Giovanni
Santoro. Pur diversi nelle loro “specializzazioni” (spaccio, prostituzione, e
così via), quando c’è da lavorare su
un delitto diventano un unico team,
rapido ed efficace, come ha dimostrato l’arresto lampo di Jakupi.
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