Prevenzione incendi e gestione emergenze nella scuola
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Prevenzione incendi e gestione emergenze nella scuola
PREVENZIONE INCENDI E GESTIONE DELLE EMERGENZE NELLA SCUOLA G. S imonetta - 2008 Presentazione realizzata con TERMINI E DEFINIZIONI DM 30/11/1983 © G. Simonetta 2008 CRITERI GENERALI DI PI MISURE DI SICUREZZA INCOLUMITA’ DELLE PERSONE – RIDUZIONE DELLE PERDITE MATERIALI PREVENZIONE INCENDI PROTEZIONE CONTRO L’INCENDIO Evitare l’insorgere dell’incendio Limitare le conseguenze dell’incendio ‐Limitazione del carico d’incendio ‐Corretta realizzazione delle aree a rischio specifico ‐Esecuzione degli impianti a regola d’arte ‐Corretta destinazione d’uso dei locali ‐Manutenzione degli impianti tecnologici ‐Idonei sistemi di aerazione ‐Istruzione del personale ‐Rispetto dei divieti e delle condizioni di esercizio -Ecc. © G. Simonetta 2008 PROTEZIONE PASSIVA ‐Resistenza al fuoco ‐Compartimentazioni ‐Reazione al fuoco ‐Sistemi di vie di uscita ‐Distanze di sicurezza ‐Corretta ubicazione dell’attività ‐Idonea ventilazione dei locali ‐Ecc. MISURE DI ESERCIZIO PROTEZIONE ATTIVA ‐Estintori ‐Idranti e naspi ‐Impianti automatici di spegnimento ‐Impianti di rivelazione ed allarme incendi ‐Evacuatori di fumo e calore ‐Impianti di illuminazione di sicurezza ‐Squadra di vigilanza aziendale ‐Ecc. CRITERI GENERALI DI PI Elementi progettuali Comportamento al fuoco di strutture e materiali. Carico di incendio. Capacità di deflusso o di sfollamento Distanze di sicurezza Sistema di vie di uscita Scale di sicurezza e a prova di fumo Elementi di compartimentazione Impianti Sistemi di rivelazione e spegnimento © G. Simonetta 2008 COMPORTAMENTO AL FUOCO Insieme di trasformazioni chimiche e fisiche di un materiale o di un elemento da costruzione sottoposto all'azione del fuoco All'interno di questa "generica" definizione, la normativa italiana attualmente in vigore introduce e distingue due fondamentali concetti: reazione al fuoco; resistenza al fuoco. La reazione al fuoco indica il grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto. In relazione a ciò i materiali sono assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4, 5 con l'aumentare della loro partecipazione alla combustione; quelli di classe 0 non sono combustibili, quelli di classe 1 sono difficilmente combustibili, ecc.. La resistenza al fuoco è l'attitudine di un elemento costruttivo - sia esso componente o struttura - a conservare, secondo un programma termico prestabilito e per un certo periodo di tempo, la stabilità (indicata con il simbolo R), la tenuta (indicata con il simbolo E) e l'isolamento termico (indicato con il simbolo I)." © G. Simonetta 2008 COMPORTAMENTO AL FUOCO COMPORTAMENTO AL FUOCO DEI MATERIALI RESISTENZA AL FUOCO REAZIONE AL FUOCO Grado di partecipazione alla combustione di un materiale esposto al fuoco COMBUSTIBILI NON COMBUSTIBILI Classe 0 MATERIALI DA COSTRUZIONE Classificati da 1 a 5 in funzione crescente della loro combustibilità MOBILI IMBOTTITI Classificati da 1IM a 3IM in funzione della maggior combustibilità Capacità di un elemento da costruzione di mantenere per un determinato periodo di tempo, misurato in minuti, le sue caratteristiche di fronte a un incendio “R”: Mantenimento stabilità L’elemento conserva la sua resistenza meccanica (capacità portante sotto i carichi di progetto) anche sotto l’azione del fuoco “RE”: Mantenimento stabilità più tenuta L’elemento, oltre a conservare la resistenza meccanica, non consente il passaggio dal lato esposto all’incendio di fiamme e fumi “REI” : Mantenimento stabilità, tenuta, isolamento termico L’elemento, oltre a conservare stabilità e tenuta, riduce la trasmissione di calore verso la faccia non esposta Le suddette classificazioni sono espresse in minuti nel modo seguente: © G. Simonetta 2008 REI 15, REI 30, REI 45, REI 60, REI 90, REI 120, REI 180. COMPORTAMENTO AL FUOCO D.M. 26/8/92 - SCUOLE R 60 REI 60 < 24 m SCUOLA Gli edifici con altezza antincendi < 24 m: strutture portanti strutture separanti © G. Simonetta 2008 R 60 REI 60 COMPORTAMENTO AL FUOCO R 90 REI 90 > 24 m SCUOLA Gli edifici con altezza antincendi > 24 m: strutture portanti R 90 strutture separanti REI 90 © G. Simonetta 2008 COMPARTIMENTAZIONE COMPARTIMENTO ANTINCENDIO Parte di edificio delimitata, verticalmente ed orizzontalmente, da elementi costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata e organizzato per rispondere alle esigenze della prevenzione incendi. Nelle strutture resistenti al fuoco non dovrebbero essere praticate aperture di sorta. Eventuali necessità si possono presentare per i motivi di seguito elencati: passaggio di canalizzazione dell'aria condizionata; passaggio di tubazioni; impossibilità di interrompere una linea di lavorazione; necessità di prevedere delle uscite dal compartimento. © G. Simonetta 2008 COMPARTIMENTAZIONE Barriere passive: sistemi di tamponamento di vani aperti nei muri e nei solai con requisiti REI per il passaggio di impianti © G. Simonetta 2008 COMPARTIMENTAZIONE D.M. 26/8/92 – SCUOLE A ltezza a ntinc endi < S up. m a x (m q) 12 m 6.000 > 12 m fino a 24 m 6.000 > 24 m fino a 32 m 4.000 > 32 m fino a 54 m 2.000 a nc he più pia ni © G. Simonetta 2008 REAZIONE AL FUOCO Il requisito della REAZIONE AL FUOCO è richiesto per i materiali di rivestimento e di arredo; sono possibili quattro modalità di installazione: Pavimento; Parete; Soffitto; Tendaggi. Per i mobili imbottiti (poltrone, materassi, cuscini) le classi sono 1IM, 2IM e 3IM con l’aumentare della loro partecipazione alla combustione. I materiali di rivestimento ed arredo installati nelle attività soggette al controllo dei VV.F. devono essere omologati. © G. Simonetta 2008 REAZIONE AL FUOCO a atrii, corridoi, rampe, scale, disimpegni, passaggi materiali CLASSE 1 almeno 50 % superficie CLASSE 0 rimanente pavimento CLASSE 2 pavimento e loro rivestimento CLASSE 1 Tende ed altri rivestimenti può diventare se presente impianto spegnimento automatico (escluso le tende) b altri ambienti D.M. 26/8/92 SCUOLE materiali CLASSE 2 c Vie di esodo e laboratori con rivestimenti lignei Prodotti vernicianti omologati in CLASSE 1 Materiali di rivestimento combustibili posti in aderenza C LAS S E 0 © G. Simonetta 2008 LUOGO SICURO STATICO Spazio a cielo libero (scoperto) Punti di raccolta del Piano di Emergenza Compartimento interno all’edificio separato dagli altri tramite filtro che contiene un predeterminato numero di persone impossibilitate nel muoversi e/o di portarsi all’esterno © G. Simonetta 2008 LUOGO SICURO DINAMICO Luoghi di transito che consentono in modo ordinato l’ allontanamento verso l’ esterno (solamente le scale esterne di emergenza e quelle a prova di fumo interne ed esterne, tunnel, gallerie) delle persone. N.B. E' abbastanza condivisa l'idea che le scale protette non siano da considerare luoghi sicuri dinamici © G. Simonetta 2008 VIE D'USCITA Per “sistema di vie di uscita” si intende un percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro. © G. Simonetta 2008 VIE D'USCITA Mod 1 CAPACITA’ DI DEFLUSSO N°/Mod x a m N° one pers N° MASSIMO DI PERSONE CHE SI ASSUME POSSANO DEFLUIRE ATTRAVERSO UNA UNITA’ DI 1 MODULO 0,60 m 0,60 m © G. Simonetta 2008 VIE D'USCITA METODO DELLA CAPACITA’ D.M. 9/4/94 (alberghi) D.M. 26/8/92 (scuole) D.M. 1/2/86 (autorimesse) ecc. Esempio: alberghi 50 per locali piano terra 37,5 per locali piano interrato 1 per locali in edifici a più di tre piani © G. Simonetta 2008 VIE D'USCITA USCITE DI SICUREZZA VIE DI ESODO > 1,20 m MINIMO 2 MODULI > 2,00 m 0,60 X 2 = 1,20 m © G. Simonetta 2008 O MULTIPLO DI 0,60 m VIE D'USCITA 1 m2 DENSITA’ DI AFFOLLAMENTO [N°/m2] N° MAX DI PERSONE PER UNITA’ DI SUPERFICIE LORDA DI PAVIMENTO Esempio: Autorimessa 0,01 persone/m2 ; Parcheggi 0,10 persone/m2 Grandi magazzini, supermercati alimentari © G. Simonetta 2008 0,4 persone/m2 piano terra 0,2 persone/m2 piani superiori 0,1 persone/m2 piani interrati DISTANZE DI SICUREZZA DISTANZA DI SICUREZZA ESTERNA: Valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di una attività e il perimetro del più vicino fabbricato esterno all’attività stessa o di altre opere pubbliche o private oppure rispetto ai confini di aree edificabili DISTANZA DI SICUREZZA INTERNA: Valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra i rispettivi perimetri in pianta dei vari elementi pericolosi di una attività DISTANZA DI PROTEZIONE: Valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di una attività e la recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dell’area su cui sorge l’attività stessa © G. Simonetta 2008 DISTANZE DI SICUREZZA De : Distanza di sicurezza esterna Di : Distanza di sicurezza interna Dp : Distanza di protezione © G. Simonetta 2008 VENTILAZIONE Le norme fissano spesso un rapporto tra la superficie in pianta del locale e superficie di aerazione da rispettare (autorimesse, centrali termiche, alberghi, ecc.). La necessità della ventilazione scaturisce, tra l'altro, dal fatto che è essenziale in caso di incendio poter smaltire il più possibile fumo e calore. Il fumo è l'insieme dei gas caldi, tossici e/o corrosivi, liberatesi nella combustione ed è il maggior responsabile della perdita di vite umane, oltre che il maggior ceicolo per la propagazione degli incendi. © G. Simonetta 2008 VENTILAZIONE DIAGRAMMA DELLA TEMPERATURA NEL CORSO DI UN INCENDIO TEMPERATURA c d b a TEMPO © G. Simonetta 2008 FASE A-B SVILUPPO FASE B-C FLASH-OVER FASE C-D REGRESSIONE VENTILAZIONE Potendo smaltire all'esterno i fumi caldi e quindi gran parte del calore prodotto, si ottiene un ritardo nell'innalzamento della temperatura e quindi un ritardo del flash over. 400 C° 500 C° IL CALORE DEI FUMI E’ IL 75% DI QUELLO PRODOTTO DALLA COMBUSTIONE 1000 C° ARIA FRESCA - I VVF POSSONO AVVICINARSI PIU’ FACILMENTE © G. Simonetta 2008 VENTILAZIONE SFOGHI DI FUMO E DI CALORE Apertura comandata da fusibile © G. Simonetta 2008 SCALE DI SICUREZZA Esistono diverse tipologie costruttive di scale, con gradi di sicurezza diversi: scale protette scale a prova di fumo scale a prova di fumo interne scale esterne © G. Simonetta 2008 SCALE DI SICUREZZA CARATTERISTICHE GENERALI struttura incombustibile e resistente al fuoco; rampe rettilinee, di larghezza non inferiore a m 1,20 con non meno di 3 e non più di 15 gradini per rampa; La larghezza dei pianerottoli e della rampa deve essere la stessa; gradini a pianta rettangolare, con pedata non inferiore a 30 cm ed alzata non superiore a 18 cm ; sono ammessi gradini a pianta trapezoidale, purché la pedata sia di almeno 30 cm misurata a 40 cm dal montante centrale o dal parapetto interno; pareti senza nessuna sporgenza per un altezza di almeno 2 metri dal piano di calpestio; ringhiere o balaustre alte almeno 1 m, atte a sopportare le sollecitazioni derivanti da un rapido deflusso delle persone in situazioni di emergenza o di panico; corrimano sporgente non oltre 8 cm dal muro, con le estremità raccordate al muro stesso o verso il basso; le porte che immettono nelle scale devono essere dotate di congegno di autochiusura e devono aprirsi nel verso dell'esodo ; © G. Simonetta 2008 SCALE DI SICUREZZA CARATTERISTICHE GENERALI I vani delle scale interne devono essere provvisti in alto di aperture di aerazione, con superficie non inferiore a 1 mq; i vani devono essere sempre aperti, o con infissi ad apertura automatica in caso di incendio. le scale interne devono essere dotate di impianto di illuminazione di sicurezza, e devono immettere direttamente su spazio scoperto o in luogo sicuro nel vano scale è vietata la presenza di impianti od installazioni pericolose (quali contatori, tubazioni di gas, linee elettriche, etc.), nonché‚ la presenza di materiali comunque combustibili. © G. Simonetta 2008 SCALE DI SICUREZZA SCALA PROTETTA INTERNA Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura SCALA DI SICUREZZA ESTERNA Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre caratteristiche stabilite dalla norma © G. Simonetta 2008 SCALE SCALA A PROVA DI FUMO Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano – mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di autochiusura – da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno. SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo. © G. Simonetta 2008 SPAZIO CALMO Luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito; tale spazio non deve costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo e deve avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa di soccorsi; © G. Simonetta 2008 SPAZIO SCOPERTO Spazio a cielo libero o superiormente grigliato avente, anche se delimitato su tutti i lati superficie limite in pianta non inferiore a quella calcolata moltiplicando per 3 l’altezza in metri della parete più bassa che lo delimita. La distanza fra le strutture verticali che delimitano lo spazio scoperto deve essere non inferiore a 3,50 metri © G. Simonetta 2008 FILTRO A PROVA DI FUMO Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata e comunque non inferiore a 60’, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con stessa resistenza al fuoco del vano, con camino di ventilazione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 m sfociante al di sopra della copertura dell'edificio Oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco aerato direttamente verso l’esterno con aperture libere di superficie non inferiore ad 1 m2 con esclusione dei condotti. © G. Simonetta 2008 RIFERIMENTI NORMATIVI © G. Simonetta 2008 RIFERIMENTI NORMATIVI D.P.R. 29 Luglio 1982 n. 577 DM 26 Agosto 1992 D.Lgs 9 aprile 2008 n. 81 D.M. 10 Marzo 1998 D. Lgs. 2 Febbraio 2002 n. 25 Decreto 15 Luglio 2003 n. 388 © G. Simonetta 2008 D.P.R. 29 Luglio 1982 n. 577 Il decreto approva il regolamento concernente l’espletamento dei Servizi Antincendio che è compito istituzionale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il decreto definisce la PREVENZIONE INCENDI come materia di rilevanza interdisciplinare, nel cui ambito vengono promossi, studiati, predisposti e sperimentati misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare, secondo le norme emanate dagli organi competenti, l'insorgenza di un incendio e a limitare le conseguenze. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica Art. 1 Generalità 1.0 – Scopo Le presenti norme hanno per oggetto i criteri di sicurezza antincendi da applicare negli edifici e nei locali adibiti a scuole, di qualsiasi tipo, ordine e grado, allo scopo di tutelare l'incolumità delle persone e salvaguardare i beni contro il rischio di incendio. 1.1 – Campo di applicazione Le presenti norme si applicano agli edifici ed ai locali di cui al punto 1.0 di nuova costruzione o agli edifici esistenti in caso di ristrutturazioni che comportino modifiche sostanziali (almeno il 50% di rifacimento dei solai o il rifacimento strutturale delle scale o l'aumento di altezza)...omissis... © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica Art. 5 – Misure per l'evacuazione in caso di emergenza 5.0. Affollamento Il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in: - aule: 26 persone/aula. Qualora le persone effettivamente presenti siano numericamente diverse dal valore desunto dal calcolo effettuato sulla base della densità di affollamento, l'indicazione del numero di persone deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell'attività; - aree destinate a servizi: persone effettivamente presenti + 20%; - refettori e palestre: densità di affollamento pari a 0,4 persone/ m2 5.1. Capacità di deflusso La capacità di deflusso per gli edifici scolastici deve essere non superiore a 60 per ogni piano © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 5.2. Sistema di via di uscita Ogni scuola deve essere provvista di un sistema organizzato di vie di uscita dimensionato in base al massimo affollamento ipotizzabile in funzione della capacità di deflusso ed essere dotata di almeno 2 uscite verso luogo sicuro. Gli spazi frequentati dagli alunni o dal personale docente e non docente, qualora distribuiti su più piani, devono essere dotati, oltre che della scala che serve al normale deflusso, almeno di una scala di sicurezza esterna o di una scala a prova di fumo o a prova di fumo interna. 5.3. Larghezza delle vie di uscita La larghezza delle vie di uscita deve essere multipla del modulo di uscita e non inferiore a due modulo ( 1,20 m).La misurazione della larghezza delle singole uscite va eseguita nel punto più stretto della luce. Anche le porte dei locali frequentati dagli studenti devono avere, singolarmente, larghezza non inferiore a 1,20 m. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 5.4. Lunghezza delle vie di uscita La lunghezza delle vie di uscita deve essere non superiore a 60 metri e deve essere misurata dal luogo sicuro alla porta più vicina allo stesso di ogni locale frequentato dagli studenti o del personale docente e non docente. 5.5. Larghezza totale delle uscite di ogni piano La larghezza totale delle uscite di ogni piano è determinata dal rapporto fra il massimo affollamento ipotizzabile e la capacità di deflusso. Per le scuole che occupano più di tre piani fuori terra, la larghezza totale delle vie di uscita che immettono all'aperto, viene calcolata sommando il massimo affollamento ipotizzabile di due piani consecutivi, con riferimento a quelli aventi maggiore affollamento. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 5.6. Numero delle uscite Il numero delle uscite dai singoli piani dell'edificio non deve essere inferiore a due. Esse vanno poste in punti ragionevolmente contrapposti. Per ogni tipo di scuola i locali destinati ad uso collettivo (spazi per esercitazioni, spazi per l'informazione ed attività parascolastiche, mense, dormitori) devono essere dotati, oltre che della normale porta di accesso, anche di almeno una uscita di larghezza non inferiore a due moduli, apribile nel senso del deflusso, con sistema a semplice spinta, che adduca in luogo sicuro. Le aule didattiche devono essere servite da una porta ogni 50 persone presenti; le porte devono avere larghezza almeno di 1,20 m ed aprirsi nel senso dell'esodo quando il numero massimo di persone presenti nell'aula sia superiore a 25 e per le aule per esercitazione dove si depositano e/o si manipolano sostanze infiammabili o esplosive quando il numero di persone presenti sia superiore a 5. Le porte che si aprono verso corridoi interni di deflusso devono essere realizzate in modo da non ridurre la larghezza utile dei corridoi stessi © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 6.1. Spazi per esercitazioni Vengono definiti spazi per esercitazioni tutti quei locali ove si svolgano prove, esercitazioni, sperimentazioni, lavori, ecc. connessi con l'attività scolastica. Gli spazi per le esercitazioni ed i locali per depositi annessi devono essere ubicati ai piani fuori terra o al 1° interrato, fatta eccezione per i locali ove vengono utilizzati gas combustibili con densità superiore a 0,8 che devono essere ubicati ai piani fuori terra senza comunicazioni con i piani interrati. ...omissis.. Gli spazi per le esercitazioni dove vengono manipolate sostanze esplosive e/o infiammabili devono essere provvisti di aperture di aerazione, permanente, ricavate su pareti attestate all'esterno di superficie pari ad 1/20 della superficie in pianta del locale. ...omissis... Le apparecchiature di laboratorio alimentate a combustibile gassoso devono avere ciascun bruciatore dotato di dispositivo automatico di sicurezza totale che intercetti il flusso dei gas in mancanza di fiamma © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 6.4. Spazi per l'informazione e le attività parascolastiche Vengono definiti "spazi destinati all'informazione ed alle attività parascolastiche", i seguenti locali: - auditori; - aule magne; - sale per rappresentazioni. Detti spazi devono essere ubicati in locali fuori terra o al 1° interrato fino alla quota massima di - 7,50 m; se la capienza supera le cento persone e vengono adibiti a manifestazioni non scolastiche, si applicano le norme di sicurezza per i locali di pubblico spettacolo. Qualora, per esigenze di carattere funzionale, non fosse possibile rispettare le disposizioni sull'isolamento previste dalle suddette norme, le manifestazioni in argomento potranno essere svolte a condizione che non si verifichi contemporaneità con l'attività scolastica; potranno essere ammesse comunicazioni unicamente nel rispetto delle disposizioni di cui al punto 2.4. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 7.0. Generalità Gli impianti elettrici del complesso scolastico devono essere realizzati in conformità ai disposti di cui alla legge 1° marzo 1968, n. 186. Ogni scuola deve essere munita di interruttore generale, posto in posizione segnalata, che permetta di togliere tensione all'impianto elettrico dell'attività; tale interruttore deve essere munito di comando di sgancio a distanza, posto nelle vicinanze dell'ingresso o in posizione presidiata 7.1. Impianto elettrico di sicurezza Le scuole devono essere dotate di un impianto di sicurezza alimentato da apposita sorgente, distinta da quella ordinaria. L'impianto elettrico di sicurezza, deve alimentare le seguenti utilizzazioni, strettamente connesse con la sicurezza delle persone: a) illuminazione di sicurezza, compresa quella indicante i passaggi, le uscite ed i percorsi delle vie di esodo che garantisca un livello di illuminazione non inferiore a 5 lux; b) impianto di diffusione sonora e/o impianto di allarme. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 9. Mezzi ed impianti fissi di protezione ed estinzione degli incendi. 9.0. Generalità. Ogni tipo di scuola deve essere dotato di idonei mezzi antincendio come di seguito precisato. 9.1. Rete idranti. Le scuole di tipo 1-2-3-4-5, devono essere dotate di una rete idranti costituita da una rete di tubazioni realizzata preferibilmente ad anello ed almeno una colonna montante in ciascun vano scala dell'edificio; da essa deve essere derivato ad ogni piano, sia fuori terra che interrato, almeno un idrante con attacco UNI 45 a disposizione per eventuale collegamento di tubazione flessibile o attacco per naspo. La tubazione flessibile deve essere costituita da un tratto di tubo, di tipo approvato, con caratteristiche di lunghezza tali da consentire di raggiungere col getto ogni punto dell'area protetta ...omissis... Nelle scuole di tipo 4 e 5, i gruppi di pompaggio della rete antincendio devono essere costituiti da due pompe, una di riserva all'altra, alimentate da fonti di energia indipendenti (ad esempio elettropompa e motopompa o due elettropompe). L'avviamento dei gruppi di pompaggio deve essere automatico. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 9.2. Estintori. Devono essere installati estintori portatili di capacità estinguente non inferiore 13 A, 89 B, C di tipo approvato dal Ministero dell'interno in ragione di almeno un estintore per ogni 200 m2 di pavimento o frazione di detta superficie, con un minimo di due estintori per piano. 9.3. Impianti fissi di rilevazione e/o di estinzione degli incendi. Limitatamente agli ambienti o locali il cui carico d'incendio superi i 30 kg/m2, deve essere installato un impianto di rivelazione automatica d'incendio, se fuori terra, o un impianto di estinzione ad attivazione automatica, se interrato. ...omissis... 12. Norme di esercizio. A cura del titolare dell'attività dovrà essere predisposto un registro dei controlli periodici ove sono annotati tutti gli interventi ed i controlli relativi all'efficienza degli impianti elettrici, dell'illuminazione di sicurezza, dei presidi antincendio, dei dispositivi di sicurezza e di controllo, delle aree a rischio specifico e dell'osservanza della limitazione dei carichi d'incendio nei vari ambienti dell'attività. Tale registro deve essere mantenuto costantemente aggiornato e disponibile per i controlli da parte dell'autorità competente. © G. Simonetta 2008 DM 26 Agosto 1992 Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica 12.0. Deve essere predisposto un piano di emergenza e devono essere fatte prove di evacuazione, almeno due volte nel corso dell'anno scolastico. 12.1. Le vie di uscita devono essere tenute costantemente sgombre da qualsiasi materiale. 12.2. E' fatto divieto di compromettere la agevole apertura e funzionalità dei serramenti delle uscite di sicurezza, durante i periodi di attività della scuola, verificandone l'efficienza prima dell'inizio delle lezioni. 12.3. Le attrezzature e gli impianti di sicurezza devono essere controllati periodicamente in modo da assicurarne la costante efficienza. 12.4. Nei locali ove vengono depositate o utilizzate sostanze infiammabili o facilmente combustibili è fatto divieto di fumare o fare uso di fiamme libere. 12.5. I travasi di liquidi infiammabili non possono essere effettuati se non in locali appositi e con recipienti e/o apparecchiature di tipo autorizzato. 12.6. Nei locali della scuola, non appositamente all'uopo destinati, non possono essere depositati e/o utilizzati recipienti contenenti gas compressi e/o liquefatti. I liquidi infiammabili o facilmente combustibili e/o le sostanze che possono comunque emettere vapori o gas infiammabili, possono essere tenuti in quantità strettamente necessarie per esigenze igienico-sanitarie e per l'attività didattica e di ricerca in corso come previsto al punto 6.2 © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 Art. 15 – Misure generali di tutela Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: ...omissis... u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso,di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato; v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti,con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 ART. 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: © G. Simonetta 2008 ...omissis... b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza c) nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; d) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti D.LGS n. 81/08 Art. 36 Informazione e formazione Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: ...omissis... b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro; Art. 37 Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: ...omissis... a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; ...omissis... © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 Art. 37. co.9 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e,comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994,n. 626. © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 SEZIONE VI- GESTIONE DELLE EMERGENZE Art. 43. Disposizioni generali Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera t), il datore di lavoro: a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza; b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b); ...omissis... 2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei rischi specifici dell'azienda o della unita' produttiva secondo i criteri previsti nei decreti di cui all'articolo 46. 3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unità produttiva. © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 Art. 46 – Prevenzione incendi 1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente. 2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori. ..omissis... i Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti: a) i criteri diretti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi; 2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze; b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione. © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 Art. 46 – Prevenzione incendi 4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998. 5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una specifica attività di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della attività di assistenza. © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 Sezione VII -CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEGLI RLS Art. 50 – Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza 1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: ...omissis... c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente; © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 Titolo III - USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DPI Capo III Impianti e apparecchiature elettriche Art. 80 – Obblighi del DL 1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e manutenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti da: ...omissis.. c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni; d) innesco di esplosioni; © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 TITOLO VIII -AGENTI FISICI Capo IV - Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici Art. 209 – Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi 4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi: ...omissis.. d) qualsiasi effetto indiretto quale: ...omissis... 4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche; © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/08 TITOLO IX – SOSTANZE PERICOLOSE Capo I – Protezione da agenti chimici Art. 225 – Misure specifiche di protezione e di prevenzione ...omissis... il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l'applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorità: ...omissis... 5. Laddove la natura dell'attività lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in particolare: a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili; b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili. © G. Simonetta 2008 D.LGS n. 81/2008 ART. 45 Pronto soccorso 1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attività e delle dimensioni dell'azienda o della unità produttiva, sentito il medico competente ove nominato, PRENDE I PROVVEDIMENTI NECESSARI in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati. 2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento...omissis... © G. Simonetta 2008 DM 15 Luglio 2003 n. 388 Fornisce il regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale in attuazione dell’art.15,co. 3 del D.Lgs 19 settembre 1994 n. 626 e successive modificazioni. Art. 1. Classificazione delle aziende Le aziende ovvero le unità produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in 3 gruppi. Gruppo A: I) Aziende o unita' produttive con attività industriali, ...omissis..., aziende estrattive ed altre attività minerarie definite dal D.Lgs 25 novembre 1996, n. 624, lavori in sotterraneo di cui al DPR 20 marzo 1956, n. 320, aziende per la fabbricazione di esplosivi, polveri e munizioni; II) Aziende o unita' produttive con oltre 5 lavoratori appartenenti o riconducibili ai gruppi tariffari INAIL con indice infortunistico di inabilità permanente superiore a 4, ...omissis...; III) Aziende o unita' produttive con oltre 5 lavoratori a tempo indeterminato del comparto dell'agricoltura. Gruppo B: aziende o unità produttive con 3 o più lavoratori che non rientrano nel gruppo A. Gruppo C: aziende o unità produttive con meno di 3 lavoratori che non rientrano nel gruppo A. © G. Simonetta 2008 DM 15 Luglio 2003 n. 388 Art. 2. Organizzazione di pronto soccorso 1. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di gruppo B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature: a) cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 1, ...omissis...; 2. Nelle aziende o unita' produttive di gruppo C, il DL deve garantire le seguenti attrezzature: a) pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 2, ...omissis...; ...omissis... 5. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unita' produttiva, il datore di lavoro e' tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui all'allegato 2, ...omissis... © G. Simonetta 2008 DM 15 Luglio 2003 n. 388 Allegato 1- CONTENUTO MINIMO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO Guanti sterili monouso (5 paia). Visiera paraschizzi Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1). Flaconi di soluzione fisiologica ( sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3). Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10). Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2). Teli sterili monouso (2). Pinzette da medicazione sterili monouso (2). Confezione di rete elastica di misura media (1). Confezione di cotone idrofilo (1). Confezioni di cerotti di varie misure pronti all'uso (2). Rotoli di cerotto alto cm. 2,5 (2). Un paio di forbici. Lacci emostatici (3). Ghiaccio pronto uso (due confezioni). Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2). Termometro. Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa. © G. Simonetta 2008 DM 15 Luglio 2003 n. 388 Allegato 2 - CONTENUTO MINIMO DEL PACCHETTO DI MEDICAZIONE Guanti sterili monouso (2 paia). Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125 ml (1). Flacone di soluzione fisiologica (sodio cloruro 0,9%) da 250 ml (1). Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (1). Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (3). Pinzette da medicazione sterili monouso (1). Confezione di cotone idrofilo (1). Confezione di cerotti di varie misure pronti all'uso (1). Rotolo di cerotto alto cm 2,5 (1). Rotolo di benda orlata alta cm 10 (1). Un paio di forbici (1). Un laccio emostatico (1). Confezione di ghiaccio pronto uso (1). Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (1). Istruzioni sul modo di usare i presidi suddetti e di prestare i primi soccorsi in attesa del servizio di emergenza. © G. Simonetta 2008 DM 15 Luglio 2003 n. 388 Art. 3. Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso 1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione teorica e pratica per l'attuazione delle misure di primo intervento interno e per l'attivazione degli interventi di pronto soccorso. 2. La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato. 3. Per le aziende o unita' produttive di gruppo A i contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 3, che fa parte del presente decreto e devono prevedere anche la trattazione dei rischi specifici dell'attività svolta. 4. Per le aziende o unità produttive di gruppo B e di gruppo C i contenuti ed i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 4, che fa parte del presente decreto. 5. ...omissis... La formazione dei lavoratori designati andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacita' di intervento pratico. © G. Simonetta 2008 D.M. 10 Marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro Art. 1 – Oggetto - Campo di applicazione 1. Il presente decreto stabilisce, in attuazione al disposto dell'art. 13, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro ed indica le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l'insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi. ...omissis... © G. Simonetta 2008 Gli Allegati del D.M. 10 Marzo 1998 All.I Linee guida per la valutazione dei rischi da incendio All. II Misure intese a ridurre la probabilità di insorgenza degli incendi All. III Misure relative alle vie di fuga All. IV Misure per la rivelazione e allarme in caso d’incendio All. V Attrezzature ed impianti di estinzione All. VI Controlli e manutenzione dei sistemi All. VII Informazione e formazione All. VIII Procedure da attuare in caso d’incendio . Piano di emergenza All. IX Contenuti minimi dei corsi di formazione All. X Luoghi di lavoro per i quali gli addetti devono conseguire una specifica © G. Simonetta 2008 OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO livello di rischio elevato ART. 2 e ALL. I D.M. 10/03/98 livello di rischio medio VALUTAZIONE DEL RISCHIO D'INCENDIO livello di rischio basso ART. 3 D.M. 10/03/98 ART. 4 D.M. 10/03/98 METTERE IN ATTO MISURE PREVENTIVE, PROTETTIVE E PRECAUZIONALI DI ESERCIZIO CONTROLLO E MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI FINALIZZATE ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio - All. II realizzare le vie e le uscite di emergenza art. 13 D.P.R. 547/55 - All. ART. 5 ALL V D.M. 10/03/98 GESTIONE EMERGENZA III realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incendio- All. IV assicurare l’estinzione dell’incendio - All. V garantire l’efficacia dei sistemi di protezione antincendio - All. VI fornire ai lavoratori un’adeguata informazione e formazione - All. VII © G. Simonetta 2008 ART. 6, 7 ALL IX E X D.M. 10/03/98 DESIGNAZIONE E FORMAZIONE ADDETTI DESIGNAZIONE E FORMAZIONE ASA ART.6 1. All'esito della valutazione dei rischi d'incendio e sulla base del piano di emergenza, qualora previsto, il DL designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, ...omissis... 2. I lavoratori designati devono frequentare il corso di formazione di cui al successivo art. 7. 3. I lavoratori designati ai sensi del comma 1, nei luoghi di lavoro ove si svolgono le attività riportate nell'allegato X, devono conseguire l'attestato di idoneità tecnica di cui all'art. 3 della legge 28 novembre 1996, n. 609. ...omissis... ART.7 1. I datori di lavoro assicurano la formazione dei lavoratori addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione dell'emergenza secondo quanto previsto nell'allegato IX. © G. Simonetta 2008 ALLEGATO IX CONTENUTI MINIMI DEI CORSI DI FORMAZIONE I contenuti minimi dei corsi di formazione per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze in caso di incendio, devono essere correlati alla tipologia delle attività ed al livello di rischio di incendio delle stesse, nonché agli specifici compiti affidati ai lavoratori. ...omissis... © G. Simonetta 2008 ALLEGATO IX Esempi attività a rischio di incendio elevato a) industrie e depositi di cui agli articoli 4 e 6 del D.P.R. n. 175/1988 e successive modifiche ed integrazioni; b) fabbriche e depositi di esplosivi; c) centrali termoelettriche; d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili; e) impianti e laboratori nucleari; f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 mq; g) attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 mq; h) scali aeroportuali, infrastrutture ferroviarie e metropolitane; i) alberghi con oltre 200 posti letto; l) ospedali, case di cura e case di ricovero per anziani; m) scuole di ogni ordine e grado con oltre 1000 persone presenti; n) uffici con oltre 1000 dipendenti; o) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 m; p) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi. I corsi di formazione per gli addetti nelle sopra riportate attività devono essere basati sui contenuti e durate riportate nel corso C. © G. Simonetta 2008 ALLEGATO IX Esempi attività a rischio di incendio medio A titolo esemplificativo e non esaustivo rientrano in tale categoria di attività: a) i luoghi di lavoro compresi nell'allegato al D.M. 16 febbraio 1982 e nelle tabelle A e B annesse al D.P.R. n. 689 del 1959, con esclusione delle attività considerate a rischio elevato; b) i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all'aperto. La formazione dei lavoratori addetti in tali attività deve essere basata sui contenuti del corso B. © G. Simonetta 2008 ALLEGATO IX Esempi attività a rischio di incendio basso Rientrano in tale categoria di attività quelle non classificabili a medio ed elevato rischio e dove, in generale, sono presenti sostanze scarsamente infiammabili, dove le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di sviluppo di focolai e ove non sussistono probabilità di propagazione delle fiamme. La formazione dei lavoratori addetti in tali attività deve essere basata sui contenuti del corso A. © G. Simonetta 2008 GESTIONE DELL’EMERGENZA All'esito della valutazione dei rischi Il datore di lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio riportandole in un PIANO DI EMERGENZA - Allegato VIII Per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, tranne quelle soggette al controllo da parte dei Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del PIANO DI EMERGENZA © G. Simonetta 2008 GESTIONE DELL’EMERGENZA L'elaborazione del piano di evacuazione e di emergenza è preceduta dalla valutazione del rischio d'incendio. La sua redazione è generalmente affidata al Coordinatore preposto all’attuazione del piano. Il piano deve essere elaborato in conformità all'allegato VIII del DM 10 Marzo 1998. Il piano non è obbligatorio per i luoghi di lavori ove sono occupati meno di 10 dipendenti, ferma restando l'adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio © G. Simonetta 2008 L'INCENDIO, LE CAUSE E LE SOSTANZE ESTINGUENTI © G. Simonetta 2008 PRINCIPI DELLA COMBUSTIONE La combustione è una reazione chimica rapida di una sostanza combustibile (sostanza ossidabile) con un comburente (sostanza ossidante) che dà luogo allo sviluppo di energia (reazione esotermica) sotto forma di calore, con fiamma, fumo e generalmente luce. La combustione può avvenire senza fiamma. Il triangolo del fuoco è il termine usato per rappresentare visivamente il processo chimico fisico della combustione. Perché si verifichi un incendio è necessaria la presenza di un combustibile, di un comburente (l'ossigeno) e di una sorgente di innesco © G. Simonetta 2008 EFFETTI DELL'INCENDIO © G. Simonetta 2008 © G. Simonetta 2008 DINAMICA DELL'INCENDIO FLASH OVER Transizione da un incendio localizzato a uno generalizzato, coinvolgente tutto il combustibile INCENDIO GENERALIZZATO ESTINZIONE E RAFFREDDAMENTO INIZIO Dipende da: - infiammabilità combustibile; - possibilità propagazione fiamma; - grado di partecipazione al fuoco del combustibile; - geometria e volume degli ambienti; - ventilazione - caratteristiche superficiali e volumetriche combustibile © G. Simonetta 2008 PROPAGAZIONE Caratterizzata da:: -produzione di gas tossici e nocivi;; - riduzione visibilità; - aumento partecipazione alla combustione; - aumento energia irraggiamentoi; Caratterizzata da:: - incremento ulteriore temperatura -crescita velocità combustione; - aumento emissione gas e particelle incandescenti; - autoaccensione combustibili vicini e riscaldamento di quelli più lontani; DINAMICA DELL'INCENDIO L’evacuazione deve iniziare e completarsi entro la prima fase quanto meno per l'ambiente direttamente (e quelli prossimi) interessato dall'incendio perché dopo, anche volendo, le condizioni non lo consentirebbero E' importante ricordare che La consistenza strutturale (resistenza delle strutture) - facilita l'accumulo dei fumi, del calore e la propagazione delle fiamme all'interno del compartimento - ritarda la propagazione delle fiamme ad altri ambienti © G. Simonetta 2008 MISURE ANTINCENDIO La ISO 834 è universalmente utilizzata per gli incendi negli edifici civili (scuole, uffici, ospedali, alberghi, ecc.) Tutti gli standard internazionali utilizzano questo programma termico oppure curve molto simili (come ad esempio in Italia dove si utilizza la curva prevista dalla circolare 91 del 14 settembre 1961). E’ opinione comune che la ISO 834 sia poco rappresentativa di un reale incendio, che ha un andamento completamente diverso, ma il suo utilizzo può dare indicazioni accettabili circa il comportamento dei materiali in situazione successive al flash over. © G. Simonetta 2008 MISURE ANTINCENDIO Possono essere individuati tre tipi di approccio, utilizzabili insieme o separatamente: Approccio Strutturale: si ricorre alla compartimentazione con elementi (muri e solai) aventi caratteristiche di resistenza al fuoco. In questo approccio è ammesso che le condizioni di flashover possano verificarsi prima che inizi l'intervento per lo spegnimento. 1 2 Approccio basato sul monitoraggio: è basato su sistemi di rivelazione di fumi e/o calore. L'obiettivo di questo approccio è fare in modo che le operazioni di spegnimento dell'incendio abbiano successo prima che si verifichi il flashover. Tale approccio è utile soprattutto quando non sono realizzate adeguate compartimentazioni e nei casi di ridotti carichi di incendio e di disponibilità sicura di squadre di pronto intervento. 3 Approccio basato sull'estinzione: © G. Simonetta 2008 è basato su sistemi di spegnimento automatico; è sempre collegato ad un sistema automatico di allarme. Anche questo approccio deve essere progettato per evitare che si verifichino le condizioni di flashover. Esso viene usato in casi in cui il carico di incendio è elevato. I PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE FIAMME CALORE Bianco- splendente 1400 °C Giallo-Bianco 1300 °C Giallo-Arancio 1200 °C Rosso-Arancio 1100 °C Rosso-vivo 1000 °C Rosso nascente 525 °C (visibile di giorno) Rosso-nascente 500 °C (visibile all'oscuro) Conduzione Convezione Irraggiamento Particelle solide (sostanze incombuste che si formano quando la combustione avviene in carenza di O) Particelle liquide (vapore d'acqua sotto i 100 °C) FUMI GAS DI COMBUSTIONE Ossido di carbonio (CO) Acido cianidrico (HCN) Anidride carbonica (CO2) Acido cloridrico (HCl) e atri Ammoniaca (NH3) Ossido e perossido di azoto Anidride solforosa (SO2) © G. Simonetta 2008 LE SOSTANZE COMBUSTIBILI Solidi Liquidi, vapori e gas Natura Temperatura di infiammabilità Condizioni di ventilazione Peso specifico Pezzatura Tensione di vapore Grado di umidità Densità del vapore rispetto all’aria PERICOLO INCENDIO Temperatura flashover Miscibilità in acqua Velocità combustione Velocità combustione Potere calorifico Potere calorifico Polveri © G. Simonetta 2008 Natura Distribuzione Concentrazione Turbolenze Granulometria Umidità PRINCIPALI CAUSE D'INCENDIO Deposito di sostanze infiammabili o combustibili in aree non idonee o loro manipolazione senza cautele; Accumulo di rifiuti costituiti da materiale combustibile; Negligenza nell'uso di fiamme libere o di apparecchi generatori di calore; Apparecchiature elettriche sotto tensione anche quando non sono utilizzate; Riparazioni e/o modifiche degli impianti elettrici effettuate da personale non qualificato; Utilizzo improprio di impianti/apparecchi di riscaldamento portatili; Presenza di fiamme libere in aree dove sono proibite; Negligenza appaltatori o degli addetti alla manutenzione Inadeguata formazione del personale © G. Simonetta 2008 MISURE DI PREVENZZIONE Realizzazione di impianti elettrici a regola d'arte; Collegamento elettrico a terra di impianti ed apparecchiature; Installazione di impianti di protezione contro i fulmini; Dispositivi di sicurezza degli impianti di distribuzione e di utilizzazione delle sostanze infiammabili; Ventilazione dei locali; Utilizzo di materiali incombustibili; Adozione di pavimenti ed attrezzi antiscintilla; Segnaletica di sicurezza © G. Simonetta 2008 SOSTANZE ESTINGUENTI Si ottiene mediante impiego di ripari o barriere non infiammabili, con mezzi meccanici o con forti getti d’acqua, polvere o sabbia. Eliminazione del contatto fra combustibile e comburente. Si ottiene con l’uso di acqua frazionata, schiuma, anidride carbonica, polvere, sabbia. Riduzione della temperatura del combustibile al disotto del valore di accensione. Si ottiene con l’uso di acqua, schiuma, anidride carbonica. Arresto delle reazioni a catena che si verificano nella combustione. © G. Simonetta 2008 CLASSE DEI FUOCHI (EN2-EN3) Classe A: fuochi da materiali solidi, generalmente di natura organica, la cui combustione avviene con formazione di braci. Classe B: fuochi da liquidi o da solidi liquefattibili. Classe C: fuochi da GAS. Classe D : fuochi da metalli. © G. Simonetta 2008 Classe E : fuochi di natura elettrica (non contemplata dalla norme) EFFETTO DELLE SOSTANZE ESTINGUENTI SULLE CLASSI DI FUOCO © G. Simonetta 2008 MONOSSIDO DI CARBONIO Si sviluppa in incendi covanti in ambienti chiusi ed in carenza di ossigeno. Caratteristiche Incolore Inodore Non irritante La pericolosità del CO è dovuta alla sua affinità con l'emoglobina. Ciò ostacola l'ossigenazione dei tessuti, dei muscoli e del cervello, con conseguenti effetti acuti (affaticamento, mal di testa, ecc.) o cronici (cardiopatie, disturbi circolatori, ecc.) (da J.H.Meidl, Explosive and Toxic Hazardous Materials, Glencoe Press, 1970, Table 28 pag. 293) Concentrazione di CO (ppm) SINTOMI 100 Nessun effetto anche dopo un'esposizione di 6-8 ore 200 Possibile leggero mal di testa dopo 2-3 ore 400 Mal di testa e nausea dopo 1-2 ore 800 Mal di testa, nausea e vertigini dopo 45 minuti; collasso e possibile svenimento dopo 2 ore 1000 Perdita di conoscenza dopo 1 ora 1600 Mal di testa, nausea e vertigini dopo 20 minuti 3200 Mal di testa, nausea e vertigini dopo 5-10 minuti; perdita di conoscenza dopo 30 minuti 6400 Mal di testa e vertigini dopo 1-2 minuti; perdita di conoscenza e pericolo di morte dopo 10-15 minuti 12800 Effetti fisiologici immediati; perdita di conoscenza e pericolo di morte dopo 1-3 minuti © G. Simonetta 2008 I PRINCIPI DELLA COMBUSTIONE + GLI ELEMENTI Comburente } Combustibile O2 + = Innesco + Fuoco CO2 H2O (vapore) ecc. Prodotti di combustione (dipendono dalla natura del combustibile e dalle condizioni di reazione) PARAMETRI DELLA COMBUSTIONE Temperatura di infiammabilità Si definisce esclusivamente per i liquidi combustibili/infiammabili ed è la temperatura minima alla quale i suddetti liquidi emettono vapori in quantità tali da incendiarsi in caso di innesco (benzina -20 °C) © G. Simonetta 2008 % É la quantità di calore prodotta dalla combustione completa dell’unità di massa o di volume di una determinata sostanza combustibile Temperatura Limiti di infiammabilità di accensione Potere calorifico Individuano il campo di infiammabilità (espresso in %, concentrazione in volume di vapore della miscela ) all’interno del quale si ha, in caso d’innesco, l’accensione e la propagazione della fiamma nella miscela É la temperatura minima alla quale la miscela combustibile-comburente inizia a bruciare spontaneamente in modo continuo senza ulteriore apporto di calore o di energia dall’esterno (legno e benzina 250 °C) VALUTAZIONE ANALITICA DEGLI EFFETTI SULL'UOMO 1 kg di legna che brucia produce 6 m3 di fumi /kg In una stanza ammobiliata 5 x 4 m che contiene mediamente da da 100 a 150 kg di legna standard, nell'ipotesi che in 60 s bruciano 10 kg di legna il volume di fumi prodotti sarà 60 m3. La stanza, ipotizzando un'altezza di 3 m, sarà satura di fumi in 1'. Nel caso della tromba delle scale di un edificio di 5 piani fuori terra ( 15 m) che abbia una superficie di 20 m2 si ha VOLUME = 20x15= 300 m3 La scala sarà completamente satura di fumi in t=300/60= 5 min Poiché bastano 120 g di legna in un locale di 60 m3. per avere una concentrazione di CO pari a 0,016%, dopo la combustione di 10 Kg di legna nello stesso locale si avrà una concentrazione di CO pari a 1,38 % una concentrazione di CO pari a 1,38 % corrispondente a 13.800 PPM. Questa concentrazione è MORTALE! © G. Simonetta 2008 LA GESTIONE DELL'EMERGENZA CHE COS'E' L'EMERGENZA Spesso è la conseguenza di eventi improvvisi, talvolta difficilmente prevedibili e tali da mettere in condizioni di potenziale o reale beni materiali e persone. È fondamentale l'analisi dei rischi che possono portare a situazioni di EMERGENZA © G. Simonetta 2008 SCENARI POSSIBILI EMERGENZE SANITARIE (malori, infortuni) SISMA INCENDIO ESPLOSIONI BLACK OUT RISCHIO RAPINA (tipicamente ambiente bancario) CADUTA DI AEREI TELEFONATA TERRORISTICA O MINACCIA BOMBA ALLAGAMENTO, INONDAZIONI E DANNI DA ACQUA IN GENERE PERDITA E SPILLAMENTO DI SOSTANZE CHIMICHE AGGRESIONI …continua © G. Simonetta 2008 OBIETTIVI NELLA PIANIFICAZIONE DELLE EMERGENZE salvaguardare le vite umane mettere sotto controllo l’evento incidentale proteggere i beni ripristinare le normali condizioni d’esercizio © G. Simonetta 2008 GESTIONE DELLE EMERGENZE 1 STABILIRE PROCEDURE 5 2 CORREZIONE ADDESTRAMENTO SPP 4 REVISIONE E CRITICA © G. Simonetta 2008 3 APPLICAZIONE PROCEDURE Cosa? Chi? Come? © G. Simonetta 2008 INDIVIDUAZIONE DEI COMPITI FINALIZZATI AL RIPRISTINO DELLE CONDIZIONI DI SICUREZZA Coinvolge le squadre di emergenza e il relativo coordinatore nonché tutti gli utenti della struttura a qualsiasi titolo presenti CON LA PREPARAZIONE DELLA STRUTTURA E DELLE PERSONE PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE Il peggior piano di emergenza è non avere alcun piano Il secondo peggior piano è averne due © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE Il PEE ha lo scopo di dare a tutti i lavoratori ( e i presenti all'interno dell'edificio) l'informazione necessaria con le azioni e i comportamenti utili a garantire la “GESTIONE DELL'EMERGENZA” in caso di pericolo grave e immediato, definendo: le azioni che è necessario mettere in atto; le procedure per l'evacuazione dei locali; le disposizione per la richiesta di intervento degli Enti di soccorso e per fornire loro le necessarie informazioni; le misure specifiche per assistere i lavoratori, gli ospiti e i disabili © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE OBIETTIVI DEL PE Gli obiettivi del PEE sono: affrontare l'emergenza fin dal primo insorgere per limitare gli effetti e riportare rapidamente la situazione alla normalità; pianificare le azioni necessarie per proteggere le persone sia all'interno che all'esterno; prevedere o limitare i danni all'ambiente o alla proprietà; coordinare i servizi di emergenza © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE PREVENZIONE PREVISTA DAL PEE La Prevenzione prevista dal PEE è la seguente: Il metodo migliore per combattere un incendio è non farlo sviluppare; ordine e pulizia; divieto assoluto di fumare; Verifica che le vie d'uscita siano sgombre e che le porte siano sbloccate; Sorvegliare e verificare periodicamente, tramite personale interno, o ditte esterne specializzate, i mezzi di primo intervento (estintori, idranti, naspi, ecc.) © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE COSA DEVE FORNIRE IL PEE Il PEE deve fornire: I doveri del personale incaricato a svolgere specifiche mansioni; I doveri del personale a cui sono attribuite specifiche responsabilità; Provvedimenti necessari per assicurare che tutto il personale sia informato e formato sulle procedure da attuare; Le specifiche misure da porre in atto per i lavoratori esposti a rischi particolari; Le procedure per chiamare il pubblico soccorso, per informare i soccorritori e fornire loro assistenza durante l'intervento; © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE IN TUTTI I LUOGHI DI LAVORO DEVE ESSERE ESPOSTA UNA PLANIMETRIA NELLA QUALE SONO RIPORTATE ED EVIDENZIATE: Le caratteristiche distributive del luogo e delle vie di esodo; Il tipo, il numero e l'ubicazione dei mezzi ed impianti di estinzione; L'ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo; L'ubicazione dell'interruttore generale elettrico, delle valvole di intercettazione del gas e di eventuali altre forniture energetiche; © G. Simonetta 2008 TIPI DI EMERGENZA 1 © G. Simonetta 2008 EMERGENZE INTERNE (incendio, scoppio, allagamento, crollo) 2 EMERGENZE ESTERNE (dovuti a fenomeni meteorologici o naturali: tromba d'aria, terremoto, onda di piena, ecc.) 3 EMERGENZE DI ORIGINE DOLOSA (interne o esterne) ORGANIZZAZIONE DELL' EMERGENZA CORDINATORE GESTIONE EMERGENZA 1 PREDISPOSIZIONE SCHEMA ORGANIZZATIVO PER EVITARE CONFUSIONE DEI RUOLI VICE CORDINATORE GESTIONE EMERGENZA INCARICATI DI PRIMO SOCCORSO 2 INDIVIDUAZIONE DELLE PERSONE DIRETTAMENTE INTERESSATE ALLA GESTIONE DELLE EMERGENZE © G. Simonetta 2008 INCARICATI ANTINCENDIO ED EVACUAZIONE LE FIGURE DELL'EMERGENZA n° 1 Coordinatore dell’emergenza ( e un vice coordinatore) n° 2 addetti alla diffusione dell’ordine di evacuazione n° 2 addetti per piano al controllo delle operazioni di evacuazione n° 2 addetti all’effettuazione delle chiamate di soccorso n° 2 addetti all’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica, del gas e dell’alimentazione della centrale termica n° 5 addetti all’uso e al controllo periodico dell’efficienza di estintori e idranti n° 5 addetti al controllo quotidiano della praticabilità delle uscite di sicurezza e dei percorsi per raggiungerle n° 4 addetti ai portatori di handicap © G. Simonetta 2008 IL COORDINATORE DELL'EMERGENZA Il Dirigente Scolastico o il suo Vicario così come coloro che secondo un ordine definito li possono sostituire in quest’incarico viene identificato come coordinatore dell’emergenza. Il coordinatore dell’emergenza accentra su di sé l’organizzazione per il controllo e la risoluzione dell’emergenza e abbandona l’edificio per ultimo o quando necessario per la sua incolumità. © G. Simonetta 2008 EMERGENZA SANITARIA TRAUMI; MALORI,INCIDENTI CHE COINVOLGONO I DIPENDENTI 1 2 3 4 TRAUMI; MALORI,INCIDENTI CHE COINVOLGONO I VISITATORI E IN GENERALE PERSONE ESTRANEE ALLA SCUOLA Informare l'RSPP oppure informare l'addetto al pronto soccorso Sul posto si recherà l'addetto al pronto soccorso con la cassetta di PS. In alternativa, prelevare la più vicina cassetta di PS e somministrare il minimo aiuto necessario, ma solo se ci si sente capaci. Valutare il tipo di aiuto supplementare necessario (ad es. ambulanza) Qualora non si riesca a contattare l'RSPP o un addetto CHIAMARE il 118. Fatta eccezione per i casi di imminente pericolo di vita, non cercare di aiutare la vittima non spostarla e non darle nulla da bere. Conversare il meno possibile con la vittima, per non accrescere lo stress. Limitarsi ad esprimere parole ed atteggiamenti di calma e rassicurazione Se la vittima dichiara di sentirsi bene e chiede di allontanarsi, fate comunque sempre firmare una dichiarazione di scarico responsabilità. © G. Simonetta 2008 1 SISMA Restare calmi 2 Prepararsi all'eventualità di fronteggiare ulteriori scosse 3 4 5 6 Rifugiarsi sotto un tavolo cercando di stare vicini alle pareti perimetrali, per evitare lo sprofondamento del solaio. Ci si può riparare nel vano di una parte che si apre in un muro maestro Allontanarsi da finestre, vetrine, lampadari, scaffali di libri, apparecchi elettrici. Prestare attenzione alla caduta di oggetti. Spostarsi lungo i muri, anche scendendo le scale. Le scale devono essere percorse all'indietro per non trasferire il peso sul gradino. Controllare la presenza di crepe. Le crepe orizzontali sono più pericolose di quelle verticali, perché indicano una sollecitazione dei muri verso l'esterno 7 Non usare l'ascensore 8 Non usare fiammiferi o accendini, perché le scosse potrebbero aver fratturato i tubi del gas 9Non usare il telefono se non nei casi di estrema urgenza © G. Simonetta 2008 ESPLOSIONI 1 Restare calmi 2 Prepararsi all'eventualità di fronteggiare ulteriori esplosioni 3 4 5 6 Rifugiarsi sotto un tavolo cercando di stare vicini alle pareti perimetrali, per evitare lo sprofondamento del solaio. Ci si può riparare nel vano di una porta che si apre in un muro maestro Aprire le porte con prudenza e muoversi saggiando il pavimento prima di avanzare. Allontanarsi da finestre, vetrine, lampadari, scaffali, apparecchi elettrici. Prestare attenzione alla caduta di oggetti. Spostarsi lungo i muri, anche scendendo le scale. Le scale devono essere percorse all'indietro per non trasferire il peso sul gradino. Controllare la presenza di crepe. Le crepe orizzontali sono più pericolose di quelle verticali, perché indicano una sollecitazione dei muri verso l'esterno 7 © G. Simonetta 2008 Non usare l'ascensore 8 Non usare fiammiferi o accendini 9 Non usare il telefono se non in caso di estrema urgenza TELEFONATA TERRORISTICA O MINACCIA DI BOMBA 1 2 3 4 Ascoltare con calma senza interrompere il chiamante. Cercare di acquisire il maggior numero di informazioni, tenendo il più possibile il chiamante in linea Rchiamare l'attenzione di un collega o di un superiore mentre il chiamante è ancora in linea Al termine della telefonata, informare l'RSPP o un addetto. Per evitare di diffondere panico incontrollato è bene NON INFORMARE NESSUN ALTRO Appuntarsi le caratteristiche di identificazione del chiamante: sesso, accento, inflessione dialettale, tono di voce, età stimata, rumori di fondo ecc. © G. Simonetta 2008 TEMPI DI EVACUAZIONE TEMPO DI EVACUAZIONE E' inteso come tempo necessario allo sgombero da un luogo in situazione di pericolo TEMPO DI PERCEZIONE Tempo dall'inizio dell'ignizione, per il caso dell'incendio, fino alla percezione di quanto sta accadendo Il tempo di evacuazione massimo dovrà coincidere (per ragioni di sicurezza occorre che ci sia un margine) con il tempo di evacuazione disponibile Td , che risulta dall'intervallo di tempo che intercorre fra la percezione dell'incendio al momento in cui le condizioni diventano critiche per la persona © G. Simonetta 2008 Tev=Tp+Tr+Ta TEMPO DI AZIONE Tempo dalla risposta al raggiungimento del luogo sicuro TEMPO DI RICOGNIZIONE Tempo dalla percezione all'inizio della risposta TEMPI DI EVACUAZIONE Il margine di sicurezza fra Tev e Td può ottenersi in due modi: - diminuendo Tev (ad esempio mediante impianti di rivelazione) - aumentando Td (contrasto degli effetti dell'incendio mediante misure di protezione sia attiva che passiva) Il problema della percorribilità delle vie d'uscita in cui figurano parametri come la larghezza, la lunghezza, la pendenza, l'ubicazione stessa, ecc., vista la complessità, almeno nelle attività classificate a rischio medio elevato (scuole, alberghi, ospedali, ecc.) è stato risolto a monte emanando normative specifiche che prescrivono la lunghezza massima, la larghezza, la dimensione delle porte, ecc. © G. Simonetta 2008 TEMPI DI EVACUAZIONE Dalla segnalazione dell'allarme il tempo di evacuazione si valuta: da 30 a 90 s per raggiungere per raggiungere un luogo sicuro dinamico da 3 a 5 min per raggiungere un luogo sicuro statico in discesa da 1 a 2 min per raggiungere un luogo sicuro statico in salita © G. Simonetta 2008 MODELLI DI EVACUAZIONE L'esodo delle presone verso un luogo sicuro dipende da: tipo di evento; tipo di edificio comportamento delle persone coinvolte numero e distribuzione delle persone presenti numero delle vie e uscite di emergenza tipo di attività ostacoli presenti tempestività della segnalazione caratteristiche dei percorsi (lunghezza, larghezza, ecc.) protezione vie di esodo © G. Simonetta 2008 MOVIMENTO DELLA FOLLA Il Tev dipende dal tipo di movimento 1 2 3 © G. Simonetta 2008 NORMALE È il movimento di una folla che sgombera un locale dopo aver assistito uno spettacolo DI EMERGENZA È il deflusso della folla che si trasferisce in un luogo sicuro a seguito di un incidente per sottrarsi al relativo rischio CAOTICO È il movimento della folla che in modo non razionale cerca comunque di sfuggire ai pericoli derivanti dall'evento incidentale È probabile un aumento della densità di affollamento nella direzione individuata come via di salvezza. E' normale il contatto fisico crescente che può portare ad una reazione di PANICO TIPI DI ESODO 1 2 AMBIENTI FREQUENTATI DAL PUBBLICO ( centri commerciali, impianti sportivi, ecc.) AMBIENTI DI LAVORO © G. Simonetta 2008 Il presupposto rimane la tutela di persone non particolarmente preparate ad affrontare una situazione di emergenza in ambiente solo in parte conosciuto, con tutti i presupposti del possibile scatenamento di panico PROBLEMATICHE DI EVACUAZIONE Il movimento delle persone si svolge secondo parametri da valutare attentamente per ottimizzare l'esito. Una persona adulta, vestita normalmente, in movimento, occupa uno spazio valutabile come un'ellisse con l'asse maggiore di 0,6 m (un modulo!) e l'asse minore di 0,45 m per un ingombro pari ad un' area di 0,27 m2 AREA OCCUPATA DA UNA PERSONA 0,27 m2 3,7 persone/m2 © G. Simonetta 2008 PROBLEMATICHE DI EVACUAZIONE CORRIDOIO DI ESODO: SEMPRE NON INFERIORE A 1,20m ED AUMENTABILE SECONDO MULTIPLI DI 60. Misure intermedie invoglierebbero a disporsi in numero maggiore alle reali possibilità creando condizionamenti di contatto ed addensamento che possono produrre condizioni di panico e movimenti impediti. © G. Simonetta 2008 PROBLEMATICHE DI EVACUAZIONE © G. Simonetta 2008 PANICO Spesso è frutto di mancanza di informazione ALCUNE PROBLEMATICHE Chi è dietro non reagisce come chi è davanti (chi si pone davanti deve cercare tenendo le mani in alto ed agitandole di attirare l'attenzione di chi sta dietro) L'apatia Spesso è frutto della scarsa credulità del messaggio e/o del messaggero La diffidenza Timori per i propri beni (sciacallaggio) Le persone, in genere, sono più portate a credere nella realtà dell'emergenza se l'ordine di evacuazione è ripetuto più volte e se viene impartito da una fonte credibile. Una voce impersonale è solitamente non tenuta in gran conto. © G. Simonetta 2008 FOLLA PSICOLOGICA Trasformazione di una folla costituita da individui, ciascuno con propria e indipendente personalità e proprio autonomo pensiero, in una “massa” che, se anche costituita da elementi eterogenei, è suscettibile di essere influenzata da forze esterne (eventi). Svanisce l'auto controllo I sentimenti e le idee di tutte le unità si orientano nella medesima direzione Cresce il sentimento di potenza (l’unione fa la forza) Si propende per soluzioni estreme (ci salviamo tutti o nessuno) Subentra la credulità (faccio io perché credo in te per contagio mentale) Subentra la suggestionabilità ed emulazione (faccio io perché lo fai tu) Subentra l’abulia e l’agressofobia (ritrosia a reagire all’evento scatenante, ovvero paura di attivare iniziative per porsi in salvo dalle vie di esodo) come altre psicosi più note (claustrofobia, agorafobia, paura dell’alto, ecc.) © G. Simonetta 2008 PANICO INSIEME DI INDIVIDUI FOLLA PSICOLOGICA PANICO Quanto maggiore è l’omogeneità mentale degli individui, tanto maggiore è la possibilità di formazione di una folla psicologica”.Quando i legami che si sono venuti a creare tra gli individui che compongono la “folla psicologica” si spezzano e quest’ultima si disgrega, si verifica il fenomeno di PANICO” Il panico ha due spontanee manifestazioni che, se incontrollate, costituiscono di per se elemento di turbativa e di pericolo: istinto di coinvolgere gli altri nell'ansia generale, con invocazioni di aiuto, grida e atti di disperazione; istinto alla fuga, in cui predomina l' autodifesa, con tentativo di esclusione, anche violenta, degli altri con spinte, corse in avanti verso la via di salvezza. © G. Simonetta 2008 PANICO CONCEZIONE INIZI '900 Si riteneva che le persone in situazioni di emergenza perdessero la loro umanità e si trasformassero in animali in preda alla paura CONCEZIONE 1950 Quarantelli ha proposto la concettualizzazione di panico come un comportamento asociale: le persone non si trasformano in animali, bensì cercano di soddisfare i propri bisogni, non prestando interesse a quelli delle altre persone. © G. Simonetta 2008 PANICO CONCEZIONE ATTUALE Secondo Mileti e Peek (2005) dell’università del Colorado, affinché si produca il fenomeno di panico è necessario che si verifichino tutte queste condizioni: Le persone devono trovarsi in uno spazio confinato, come una sala cinematografica; devono avere la convinzione che se non fuggono in un tempo breve, moriranno; questo spazio confinato deve essere dotato di una o più vie di fuga (ad es., in un sottomarino intrappolato sul fondo di un oceano, le persone possono provare angoscia e paura ma non panico); deve essere chiaro il fatto che non ci sia abbastanza tempo per tutti di scappare. © G. Simonetta 2008 PANICO ALTRUISMO E COOPERAZIONE Gli individui coinvolti in situazioni di emergenza di qualsiasi tipo, possono essere protagonisti efficaci, possono diventare cooperativi e mostrare capacità di leadership spontanea e si possono attivare sentimenti di solidarietà sociale ed azioni di mutua assistenza come esito di un processo intenzionale di altruismo ad altre persone. Gli studi hanno poi mostrato che la maggioranza delle persone tenderanno ad uscire dalla porta in cui sono entrati. Questo è vero anche quando le uscite di emergenza sono ben segnalate. In una situazione di emergenza, le persone che sono in un edificio non vogliono usare un’uscita che non conoscono e hanno dubbi su dove li porterà l’attaccamento ad un ambiente familiare causa ritardo nell’allontanamento ed una maggiore mortalità © G. Simonetta 2008 IL COMPORTAMENTO UMANO DURANTE GLI INCENDI Le persone dopo un allarme occupano una parte del tempo (circa i 2/3 del tempo che si impiega per uscire) in attività non rivolte all’evacuazione . Prima di uscire aspettano altri indicatori ambientali – ad esempio, l’odore del fumo, le urla di una persona ferita, un collega che gli dice di uscire – o cercano informazioni su cosa sta accadendo. In media ci vogliono tre minuti prima che le persone comincino ad abbandonare i locali di un edificio residenziale. Anche se a prima vista sembra modesto, sappiamo che il fuoco si evolve molto rapidamente e in un incendio reale tre minuti potrebbero essere una questione di vita o di morte. © G. Simonetta 2008 IL CASO DEL WTC Secondo gli studi del NIST (national institute of standards and technology) che ha ricostruito il comportamento di evacuazione delle 15.000 persone nelle Twin Towers l’11 settembre 2001, è stato stimato che il 70% delle persone nel WTC (world trade center) che sopravvissero a quel disastro, prima di fuggire, parlarono fra loro sul da farsi e sul cosa stesse succedendo. I resoconti di 324 persone sulla loro evacuazione dai grattacieli hanno evidenziato quanto segue: l’83% ha giudicato la situazione molto grave nei primi minuti dopo lo schianto; tuttavia anche dopo aver visto le fiamme, il fumo e le carte che volavano, solo il 55% dei superstiti è evacuato immediatamente, il 13% si è fermato per recuperare i propri beni personali e il 20% ha messo in sicurezza i suoi dati personali e poi ha girato per il piano prima di evacuare, l’8% aveva inizialmente deciso di restare ma dopo ha cambiato idea. © G. Simonetta 2008 LA FUGA IN CASO DI EMERGENZA Le persone possono avere comportamenti gregari o individualistici nella ricerca di un’uscita. USCITA CINEMA O TEATRO In situazioni di normalità il deflusso risulta notevolmente influenzato dalle differenze nei comportamenti individuali e dalle modalità di interazione tra le persone. Durante un’evacuazione di emergenza con lo stress emotivo, l’ansia e la preoccupazione per la sopravvivenza personale, le persone si muovono o tentano di muoversi più velocemente del normale, iniziano a spingersi e l’interazione diventa solo fisica, in tal modo il passaggio attraverso le uscite diventa scoordinato. In tali casi si può verificare un effetto paradossale chiamato “faster is slower”: più le persone si dirigono velocemente verso l’uscita, più procedono lentamente perché si accalcano, si spingono, a volte perfino si calpestano. CASO TIPICO in cui vi è una tendenza a comportamenti gregari e a fare ciò che fanno gli altri: in tal modo le uscite alternative possono essere trascurate o non usate in modo efficiente. © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE SCOPO Pianificare mediante “procedure” situazioni non ordinarie che rappresentano un pericolo potenziale o in atto; Ricondurre nella sfera della razionalità i comportamenti delle persone in situazioni di emergenza Verificare e ottimizzare, se del caso, le vie di esodo in funzione del massimo affollamento ipotizzabile ovvero: Educare all’autocontrollo nei momenti di pericolo Prevenire l'assuefazione dell’individuo al pericolo stesso Conoscenza dei rischi che si possono presentare Preparazione mentale individuale e collettiva ai processi di “autotutela” rimuovendo la propensione alla “confusione”, “disordine”, “sopraffazione”, “aggressività”, “emulazione”, ecc. Conoscenza delle vie e dei percorsi di esodo e/o dei luoghi sicuri per impedire l’insorgenza della “agressofobia” (tramite segnaletica, sistemi luminosi, sistemi fonici). PIANI DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE = SENSO DI SICUREZZA © G. Simonetta 2008 LE RESPONSABILITA' Le responsabilità in ordine all’attuazione delle istruzioni di emergenza sono articolate secondo il seguente schema: Il Responsabile dell'attività ha il compito di decidere l' eventuale ordine di evacuazione, seguire l'evoluzione delle relative operazioni, e tenere i rapporti con l'esterno e in particolare con il personale esterno addetto al soccorso; Gli addetti del gruppo antincendio/evacuazione (in numero di 8, dei quali uno con funzioni di Coordinatore del Gruppo); Eventuali altri addetti con compiti specifici: ad esempio, un addetto per ognuna delle due zone della struttura che in caso di evacuazione assista eventuali soggetti in difficoltà. © G. Simonetta 2008 ADDESTRAMENTO DEL PERSONALE Ai sensi dell’Allegato IX al D.M. 10 marzo 1998 è assicurato un addestramento-formazione iniziale, da ripetere periodicamente, in merito alle azioni teoriche e pratiche da mettere in atto per la corretta esecuzione del presente piano. In particolare essendo l’attività a rischio di incendio Medio, il programma di formazione ha previsto i seguenti argomenti: L'incendio e la prevenzione incendi (2 ore). Protezione antincendio e procedure da adattare in caso di incendio (3 ore). Esercitazioni pratiche (3 ore) © G. Simonetta 2008 AZIONI ADDETTI In estrema sintesi le azioni che gli addetti dovranno compiere in caso di attivazione di uno stato di emergenza sono: Utilizzo dei mezzi di estinzione antincendio; Rapida ispezione dei locali, in caso di evacuazione, per accertarsi che nessuno sia rimasto sul posto; Assistenza, durante l’evacuazione, a persone in difficoltà; Intercettazione di valvole critiche (elettricità, acqua) e manovre per mettere in sicurezza le apparecchiature presenti; Guida degli altri dipendenti e del pubblico verso le vie di fuga e il punto di raccolta; © G. Simonetta 2008 SIMULAZIONI Le simulazioni saranno condotte con livelli di coinvolgimento crescenti, verificando in un primo tempo solo la reperibilità ed i tempi potenziali di intervento dei vari soggetti e degli organismi di soccorso esterni. In seguito si potrà passare ad esercitazioni che prevedono la mobilità reale del personale, tenendo conto che se già non funzionano le simulazioni di livello iniziale è inutile passare a quelle con maggior livello di coinvolgimento. © G. Simonetta 2008 COMPORTAMENTI DI PREVENZIONE INCENDI E' vietato fumare in tutte le aree della scuola Le operazioni che prevedono l’uso di fiamme libere oppure le operazioni che possono comportare la produzione di scintille, al di fuori delle normali attività lavorative, devono essere autorizzate per iscritto dal RSPP I posti di lavoro devono essere mantenuti in ordine e puliti; E' vietato appoggiare qualunque tipo di oggetto, indumento o altro sopra i mezzi di estinzione; Occorre individuare, dal proprio posto di lavoro, il mezzo di estinzione più vicino verificandone costantemente l’accessibilità e pretendendo che questa sia sempre mantenuta; E' vietato ostruire anche solo parzialmente le vie di esodo e le uscite di emergenza; Verificare continuamente e con attenzione l’integrità dell'isolamento dei cavi elettrici, i quali non devono essere posizionati vicino a materiali combustibili e/o infiammabili Verificare la segnaletica di evacuazione. © G. Simonetta 2008 ALCUNI DATI LUOGHI OVE SCOPPIANO GLI INCENDI 16% aree raccolta rifiuti 13% laboratori 12% aree lavaggio 11% aree non occupate da dipendenti 9% locali per macchinari 8% aree di ricerca, magazzini, gabinetti 7% spacci e rivendite 6% aree occupate da dipendenti, altre aree 2% aree presidiate © G. Simonetta 2008 PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE In caso di emergenza l'intera struttura organizzativa deve essere in grado di reagire rapidamente e nel modo più uniforme possibile per fronteggiare il pericolo. I criteri da seguire per predisporre un PEE si articolano in tre momenti: la strategia. la tattica. la logistica © G. Simonetta 2008 LA STRATEGIA Nella formulazione di un Piano è necessario: Predisporre le planimetrie dei vari piani con indicazione delle vie d'uscita, scale, ascensori, aree sicure. Valutare i rischi per area funzionale. . Individuare un area esterna come punto di raccolta delle persone evacuate Individuare un'area di stazionamento ambulanze. Predisporre la segnaletica di sicurezza Individuare e segnalare eventuali linee telefoniche dedicate all'emergenza. Predisporre le procedure per ogni reparto od area funzionale. Predisporre un sistema giornaliero per conoscere il numero aggiornato dei dipendenti e dei visitatori Censire tutto il materiale necessario da utilizzare durante le prime fasi dell’emergenza © G. Simonetta 2008 LA TATTICA Identificare il centro di controllo e coordinamento Controllo e verifica sulla sequenza di allarme. Sopralluogo per verificare l'entità del danno e del rischio evolutivo. Quantificazione dei dipendenti rimasti coinvolti o feriti nell'evento che impone l'evacuazione. Procedura per il blocco degli accessi ad esterni e “mass media” ” Allertamento della direzione di comando e istituzione dell'unità di crisi con il richiamo in servizio del personale necessario alla gestione dell'evento. . Modalità di preparazione all'evacuazione del personale Circuito di evacuazione interno. Allestimento di un area protetta di attesa. Circuito di evacuazione esterna. Centro di coordinamento all'esterno Centro di informazione per parenti e stampa. © G. Simonetta 2008 LA LOGISTICA Insieme delle risorse materiali ed umane che consentono di mettere in atto il Piano. Fra esse ricordiamo: Materiale protettivo; Radio ricetrasmittenti per le per le comunicazioni; Sistemi di trasporto per per i “diversamente abili ”(barelle, teli, carrozzelle); Sistemi di illuminazione autonomi e trasportabili. © G. Simonetta 2008 COSA FARE IN CASO DI INCENDIO START Incendio modesto ? Nel caso di incendi di liquidi infiammabili o su parti in tensione NON USARE ACQUA NO NON USARE GLI ASCENSORI SI E' disponibile un estintore ? SI ATTIVARE LA PROCEDURA DI EMERGENZA 1- attivare il pulsante manuale di allarme 2- Avvisare mediante il telefono/citofono il Coordinatore dell'emergenza spiegando quanto accaduto e attenendosi alle disposizioni impartite NO UTILIZZARE COPERTE BAGNATE O ACQUA © G. Simonetta 2008 ESTINGUEREL'ESTITORE L'INCENDIO UTILIZZARE CON UNLE ESTINTORE SECONDO ISTRUZIONI SEGUENDO LE ISTRUZIONI RICEVUTE TEMPI DI EVACUAZIONE ESEMPIO Per un edificio con due piani fuori terra dotato di una scala aperta ed una scala protetta di piano con locali di lavoro nella posizione più sfavorevole distanti 60 metri dalle uscite esterne (misura dalle porte dei locali alle uscite esterne incluso la lunghezza delle scale) e con aree di raccolta distanti 20 m dall’edificio Spazio da percorrere Spazio da percorrere 60 + 20 =80 m Velocità di deflusso ordinato 35 m/ min Tempo teorico di evacuazione t = 80/35 =2,3 min. pari a 2 minuti e 18 secondi © G. Simonetta 2008 DESIGNAZIONI ED INCARICHI ASSEGNAZIONE INCARICHI ALUNNI A cura degli insegnanti, in ogni classe devono essere individuati gli alunni aventi le seguenti mansioni: 2 alunni apri-fila, con il compito di aprire le porte e di guidare i compagni verso la zona di raccolta; 2 alunni serra-fila, con il compito di assistere eventuali compagni in difficoltà e chiudere la porta dell’aula dopo essersi assicurati che nessuno sia rimasto indietro; gli stessi faranno da tramite tra l’insegnante e il Coordinatore delle operazioni per la trasmissione del modulo di evacuazione (allegato 4) 2 alunni con il compito di aiutare i disabili ad abbandonare l’aula ed a raggiungere il luogo sicuro di piano © G. Simonetta 2008 Domande