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Le “buone pratiche” nella formazione continua

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Le “buone pratiche” nella formazione continua
Formazione, Animazione, Ricerca, per la costituzione di un Osservatorio sulla Formazione Continua
Progetto F.A.R.O.LAB. Formazione, Animazione, Ricerca, per la costituzione di un Osservatorio sulla Formazione Continua Le “buone pratiche” nella formazione continua Associazione Nuovi Lavori Work in progress ‐ Gennaio 2011 Progetto approvato dalla Regione Marche con Decreto del Dirigente del Servizio Istruzione, Formazione e Lavoro n. 7/S06 del 03/02/10. Codice C.I.G.
0352315388
LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Indice Premessa Sezione prima – Il Piano Operativo Pag.
5 6 1.1 Individuazione delle pratiche di interesse e predisposizione degli strumenti e del modello concettuale di buona pratica 1.2 Raccolta e analisi delle buone pratiche con modalità desk ed approfondimenti field 1.3 Stesura del report di analisi e ipotesi di modello di intervento Sezione seconda – Origini, definizione e metodologie 2.1 Origine e definizione generale di “buona pratica” 2.2 Le buone pratiche nella formazione continua: percorso logico/metodologico Sezione terza – La matrice per la definizione delle Buone Pratiche e il piano della ricerca 3.1 La matrice per la definizione delle dimensioni e degli indicatori per l’individuazione delle Buone Pratiche 3.2 Il piano di analisi e gli strumenti di rilevazione Sezione quarta – Le interviste ai testimoni qualificati 4.1 Premessa 4.1.1 Amarildo Arzuffi – Responsabile Area Formazione (Fondimpresa) 4.1.2 Mauro Terzoni – Dirigente Servizio Istruzione Formazione e Lavoro (Regione Marche) 4.1.3 Nicola Catalano e Silvia Vaccaro – Referenti Isfol per la Formazione Continua 4.1.4 Federico Baldelli e Flavia Pace – Resp. CESOS per l’Osservatorio della Formazione Continua della Provincia di Roma Sezione quinta – Le esperienze rilevanti nel campo della formazione continua 5.1 Buone Esperienze di integrazione fondi interprofessionali – FSE 5.1.1 Scheda Regione Emilia Romagna 5.1.2 Scheda Regione Veneto 5.1.3 Scheda Regione Liguria 5.1.4 Scheda Regione Lombardia 5.1.5 Scheda Regione Umbria 5.1.6 Scheda Regione Toscana 5.1.7 Scheda Regione Campania 2 6 6 7 8 8 10 13 13 18 19 19 20 26 29 38 42 44 49 51 55 57 60 62 65 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.2 Buone Pratiche di progettazione negoziata 5.2.1 Patto Territoriale del Sangro Aventino 5.2.2 Bollenti Spiriti 5.2.3 Patto territoriale del Matese 5.2.4 Patto Formativo Locale per il Sistema Culturale ‐ Turistico della Basilicata 5.3 Buone Pratiche di sviluppo delle competenze delle parti sociali sulla F.C. 5.3.1 AWARDS 5.3.2 Leonardo GO.C.E.T 5.3.3 QUADASS 5.3.4 Sviluppo competenze nel sistema produttivo Lucano 5.3.5 S.I.SI.NE. Sistema Integrato di simulazione per la negoziazione 5.4 Buone Pratiche per l’adozione di particolari strumenti e metodologie 5.4.1 Filiera Valore 5.4.2 La nautica vuole competere 5.4.3 ASTER – Rete Alta Tecnologia 5.4.4 SPINNER 2013 5.4.5 Osservatorio della Formazione Continua nella provincia di Roma 5.4.6 ARTI 5.5 Buone pratiche FSE a livello internazionale 5.5.1 Progetto TIPS 5.5.2 Progetto PARMENIDE 5.5.3 Progetto T2 Teaching Tutoring Bibliografia Appendice Scheda di valutazione Traccia di intervista a testimoni qualificati Questionario Tavola sinottica degli indicatori di riferimento per l’individuazione delle B.P. 3 69 72 75 79 83 86 88 91 94 97 100 103 105 109 113 116 119 122 126 128 132 136 139 140 140 143 147 152 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Informazioni redazionali Rapporto di ricerca – Associazione Nuovi Lavori (Roma) Hanno effettuato la ricerca della documentazione desk e curato la redazione e revisione dei testi, delle tabelle e dei grafici, alla somministrazione delle interviste, al controllo finale della stampa e all’editing: Dott. Stefano Barbarini Dott.ssa Daniela Migliari Dott. Vittorio Martone Si desidera ringraziare il dott. Amarildo Arzuffi, il dott. Federico Baldelli, il dott. Nicola Catalano, la dott.ssa Flavia Pace, il dott. Mauro Terzoni e la dott.ssa Silvia Vaccaro per il contributo fornito alla redazione di questo rapporto acconsentendo alla somministrazione di interviste semistrutturate con traccia. 4 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” PREMESSA Il presente approfondimento qualitativo si inquadra nell’ambito della linea di azione volta alla realizzazione di specifiche indagini sulle caratteristiche della domanda e dell’offerta di formazione continua della Regione Marche, sviluppata in seno al progetto F.A.R.O.LAB. (Osservatorio della Formazione Continua), sublinea 2.b. Con riferimento alle risultanze emerse dall’analisi di scenario e dall’indagine svolta sull’offerta di formazione continua nel territorio regionale, completa degli approfondimenti quantitativi svolti, il presente lavoro ha l’obiettivo di individuare le “questioni aperte” sulla base delle quali saranno investigate le esperienze che possiedano caratteristiche tali da costituire potenziali buone pratiche. L’oggetto del presente documento è la presentazione di un percorso logico e metodologico per la costruzione di uno strumento globale finalizzato alla definizione, raccolta, descrizione e comparazione di “buone pratiche” nel campo della formazione continua. Si tratta dunque innanzitutto di definire concetti chiave, dimensioni, indicatori e fonti di analisi sul tema, per stabilire una tool box capace di guidare la ricerca empirica che è in fase di realizzazione. Il documento si sviluppa in cinque sezioni. Nella prima si ripropone il Piano Operativo dell’intervento, per chiarire i differenti step che ne sono alla base e per meglio posizionare lo sforzo definitorio presentato in questo documento: esso, si ribadisce, si pone necessariamente ‘a monte’ della successiva analisi empirica. Nella seconda sezione, dopo un breve cenno alle origini storiche del concetto di buona pratica e di diffusione, si passano in rassegna gli studi e la letteratura metodologica in tema di “buone pratiche”, dalla quale non si poteva prescindere per la definizione di una nostra scheda di rilevazione. Nella terza sezione si illustra dunque la tool box che guida la ricerca empirica, specificando le dimensioni principali e i requisiti che determinano la qualità di una “pratica” considerabile “buona”, un set di indicatori qualitativi che facilitano l’individuazione, la raccolta, la descrizione e la comparazione tra i diversi progetti/modelli e le indicazioni operative per la ricerca empirica di tipo desk e di tipo field. Nella quarta sezione, si riportano i primi risultati dell’indagine field, che consiste nella campagna di interviste a testimoni qualificati, attraverso la quale è stata condivisa, rafforzata e circostanziata la metodologia adottata e, a un tempo, sono state individuate le prime pratiche da analizzare, le principali fonti di raccolta e altri importanti elementi dello scenario della formazione continua in Europa e in Italia. Infine, nella quinta Sezione, si riportano le schede analitiche per la comparazione tra le esperienze rilevanti nel campo della formazione continua, suddivise a seconda della tematica di riferimento in 5 sezioni: a) Buone Esperienze di integrazione fondi interprofessionali; b) Buone Pratiche di progettazione negoziata; c) Buone Pratiche di sviluppo delle competenze delle parti sociali sulla F.C.; d) Buone Pratiche per strumenti e metodologie; e) Buone pratiche FSE a livello internazionale. 5 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” SEZIONE PRIMA ‐ Il Piano Operativo Premessa In generale, l’azione di ricerca e analisi si compone, per grandi linee, in tre fasi articolate in modo che l’output di ciascuna fornisca input per la successiva. Molto sinteticamente si presenta di seguito l’articolazione delle tre fasi. 1.1) INDIVIDUAZIONE DELLE PRATICHE DI INTERESSE E PREDISPOSIZIONE DEGLI STRUMENTI E DEL MODELLO CONCETTUALE DI BUONA PRATICA Il percorso di rilevazione si articola in una preventiva fase di mappatura, attraverso la consueta analisi della letteratura sul tema e una serie di interviste a testimoni qualificati (ISFOL, Italia Lavoro, Ministero del Lavoro, Fondimpresa ecc.), per la determinazione di concetti ed elementi strutturanti le “buone pratiche”, ma anche per l’individuazione di casi di eccellenza da sottoporre ad approfondimento e, nei diversi livelli territoriali, dei referenti in grado di orientare la ricerca verso le promettenti pratiche. Questa fase permetterà di raccogliere altresì contatti e nominativi dei referenti dei progetti per gli approfondimenti previsti dalla fase successiva. Inoltre, in questa fase saranno oggetto di analisi i progetti realizzati, anche nell’ambito della Regione Marche, a finanziamento pubblico totale o parziale, finalizzati alla gestione di interventi formativi innovativi per contenuti e per modalità realizzative. L’output previsto in questa fase è l’elaborazione di una metodologia di definizione, raccolta, analisi e comparazione tra pratiche di eccellenza/promettenti nonché l’elaborazione e la costruzione di una serie di strumenti di rilevazione e analisi: a. scheda di valutazione (set di indicatori qualitativi), che servirà alla raccolta con modalità desk (on line) delle informazioni relative alle diverse esperienze al fine di definire una prima analisi comparativa quali‐quantitativa; b. traccia di intervista face‐to‐face (per i testimoni qualificati) c. questionario face‐to‐face o CAWI (per gli altri operatori – vedi seconda fase 1.2). d. analisi delle prime rilevanze empiriche: le interviste ai testimoni qualificati. Ð 1.2) RACCOLTA E ANALISI DELLE BUONE PRATICHE CON MODALITA’ DESK (25 CASI) E APPROFONDIMENTI FIELD Sulla base dei criteri sopra menzionati saranno identificate, selezionate e descritte una platea di pratiche di interesse di ambito nazionale ed internazionale (si stimano circa 25 piani e/o percorsi formativi innovativi per metodologie, risultati, e loro valutazione e certificazione), cui si accompagnerà una prima analisi comparata per pervenire a una scrematura qualitativa dell’esistente. In questo quadro, le esperienze che risulteranno di maggiore interesse saranno oggetto di approfondimento attraverso strumenti di rilevazione tipo questionari e/o interviste (face to face o 6 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” CAWI). In fase di intervista o somministrazione dei questionari si procederà, ove possibile e ove strettamente opportuno, al reperimento diretto presso gli interlocutori, di materiali progettuali a supporto della comprensione delle dinamiche e del valore delle singole pratiche. Con riferimento alle caratteristiche di trasferibilità e di riproducibilità delle pratiche, l’individuazione dei casi di eccellenza e delle buone pratiche oggetto di studio terrà conto della situazione regionale e delle stato dell’arte dei progetti svolti e delle esperienze maturate dal Servizio Istituzione Formazione e Lavoro in ambito nazionale ed europeo. Pertanto, al fine di garantire un approccio coerente e una possibile integrazione tra la promettente prassi e il bagaglio di conoscenze/esperienze patrimonio dell’Ente regionale, in tale fase di analisi sarà dedicata un’azione specifica alla ricognizione interna tra i progetti/iniziative promossi/partecipati dal Servizio negli ultimi 2 anni. L’individuazione della casistica di potenziali buone pratiche sarà compiuta favorendo in sede di selezione le esperienze sviluppate nell’ambito di azioni di sistema strettamente connesse alla sfera della programmazione delle politiche in materia di formazione continua. Tale analisi approfondita dei casi di eccellenza sarà volta all’individuazione di buone pratiche rispondenti al modello concettuale precedentemente definito. In questa fase sarà individuata un’esperienza che potrebbe essere oggetto di realizzazione di uno o più casi di studio in ambito nazionale ed uno in ambito internazionale/europeo, individuate a seguito di confronto con il Committente. L’output previsto in questa fase è una prima rilevanza empirica dell’attività di ricerca sui seguenti oggetti: a. schede e analisi di circa 25 piani e/o percorsi formativi innovativi per metodologie, risultati, e loro valutazione e certificazione; b. risultati dell’indagine field su alcune esperienze che risulteranno di maggiore interesse e su almeno 2 casi emblematici, di cui uno italiano e uno europeo. Ð 1.3) STESURA DEL REPORT DI ANALISI E IPOTESI MODELLO/I DI INTERVENTO Le buone pratiche individuate saranno presentate attraverso schede di identificazione e sarà inoltre fornita una griglia di confronto per aree tematiche/ambiti di analisi, prevedendo l’utilizzo di appositi set di indicatori. Un particolare accento sarà posto su alcuni aspetti trasversali, quali il ruolo della formazione continua nell’ambito delle politiche attive del lavoro e degli ammortizzatori sociali, ovvero su quali strategie formative puntare per rispondere alle sfide emergenti e quali possibili ricadute positive per combattere l’attuale situazione di crisi. In tale fase saranno inoltre realizzate alcune interviste semistrutturate con traccia a imprese/datori di lavoro che, sul territorio marchigiano, hanno fruito di interventi di FC, nell’ambito dei diversi canali di finanziamento considerati, per i propri addetti, al fine di approfondire alcuni aspetti/informazioni emerse dalla rilevazione di campo. L’output previsto in questa fase è la stesura di un report sulle buone pratiche, che confluirà nel rapporto previsto per l’Osservatorio regionale della formazione continua. 7 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” SEZIONE SECONDA ‐ Origine, definizione e metodologie 2.1) ORIGINE E DEFINIZIONE GENERALE DI BUONA PRATICA Il ricco e fecondo filone di analisi e trasferimento delle buone pratiche1, in seno all’Unione Europea, affonda le proprie radici in alcuni studi sulla diffusione dell’innovazione. Il problema della diffusione dell’innovazione è stato affrontato, infatti, in forma scientifica per la prima volta negli anni ‘60 nelle Università americane; in particolare la prima pubblicazione che, costituisce una pietra miliare, è dovuta al Professor Everett M. Rogers dell’Università di Stanford che nel 1962 pubblicò una ricerca dal titolo appunto “Diffusion of Innovations”. Nel campo dell’educazione e della formazione, dove le conoscenze diventano obsolete sempre più rapidamente, e nel quale lo sviluppo delle tecnologie dell’insegnamento e dell’apprendimento sono divenute sempre più importanti, la necessità di diffusione dell’innovazione è ancora più urgente. Come noto, le definizioni di “buona pratica formativa” ha ricevuto diverse sistematizzazioni nel campo delle riflessioni Isfol: “per buona pratica si assume una costruzione empirica delle modalità di sviluppo delle esperienze che per l’efficacia dei risultati, per le caratteristiche di qualità interna e per il contributo offerto alla soluzione di problemi particolari soddisfa il complesso sistema d’aspettative della formazione professionale”, e ancora: “una buona pratica ha sia carattere bottom up, in quanto è costruita sulla base di esperienze esemplari e positive che si presuppongono trasferibili in contesti più ampi, sia un carattere top down, in quanto richiede la prefigurazione di un insieme sistematizzato di ipotesi da verificare su base empirica”2. In questo quadro, la buona pratica si collega imprescindibilmente a un processo di modellizzazione, che identifica le soluzioni soddisfacenti sperimentate in un determinato contesto formativo, ma viene anche accennata una declinazione di buona pratica nelle sue caratteristiche definitorie, che ove meglio specificate possono essere definite come criteri ed indicatori di buona pratica. In altre parole “una buona pratica è ritenuta efficace solo se è capace di individuare modelli per l’azione convenzionalmente ritenuti ‘adatti’ dagli addetti ai lavori, agendo quindi sul piano del ‘dover essere’ apprezzato per utilità e fattibilità funzionale”3. 1
Il concetto di “buona prassi” è derivato dall’inglese “best practice”, letteralmente “miglior pratica”. Nasce all’inizio del XX secolo (Frederick Taylor (1911), The Principles of Scientific Management, Harper & Brothers Publishers, New York): è un'idea manageriale che asserisce l’esistenza di una tecnica, un metodo, un processo o un’attività, che sono più efficaci nel raggiungere un particolare risultato, di qualunque altra tecnica, metodo, processo, ecc. Si afferma che con i processi adeguati, i giusti controlli e le corrette analisi, il risultato voluto può essere ottenuto evitando problemi e complicazioni impreviste. L’espressione contiene di per sé un giudizio, anche se non è sempre evidente come viene formulato. In ambito industriale, spesso, si tratta di un giudizio comparativo definito tramite la metodologia del “benchmarking”, cioè un confronto fra le esperienze considerate più significative nell’ambito considerato; con particolare enfasi, oggi, si guarda all’ambito specialistico della “qualità”: norme e standard internazionali UNI EN ISO, ecc. 2
Isfol, Ipotesi di buone pratiche nella formazione dei formatori, Quaderni di formazione Isfol, 2001. 3
Ibidem. 8 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Giungendo a una definizione di carattere generale, che può guidare il nostro successivo percorso di analisi, “Una pratica è una costruzione empirica delle modalità di sviluppo di esperienze che per l’efficacia dei risultati, per le caratteristiche di qualità interna e per il contributo offerto alle soluzioni di particolari problemi soddisfa il complesso sistema di aspettative della formazione”4. Su un altro fronte, il dibattito su ciò che identifica una pratica come “buona” non può prescindere dalla considerazione delle finalità della pratica stessa; in altre parola occorre chiedersi “a cosa serve” e “da cosa è contraddistinta”, attingendo a tal scopo anche alle riflessioni svolte nel contesto delle organizzazioni sovranazionali ed internazionali, governative e non5. È infatti evidente come il concetto di buona pratica abbia un’applicazione saliente in tutte le attività di progettazione sociale, volte, ad esempio, allo sviluppo locale, al rafforzamento dell’occupabilità e adattabilità, ma anche alle pari opportunità e ai principi dell’educazione permanente. In tutti questi ambiti, l’Unesco, e più in generale le Nazioni Unite, indicano quali buone pratiche gli interventi che: • sono innovativi, ovvero hanno sviluppato soluzioni nuove e creative al problema che affrontano; • hanno un impatto tangibile e dimostrabile nel migliorare la qualità della vita dei beneficiari; • sono il risultato di partenariati effettivi tra pubblico, privato e settori della società civile; • sono sostenibili da punto di vista sociale, culturale, economico ed ambientale; • sono potenzialmente riproducibili in altri contesti6. Nella stessa cornice definitoria, le “best practices” hanno la finalità di: • orientare le scelte pubbliche sull’adozione di modelli o strumenti sperimentati con successo, anche sensibilizzando l’opinione pubblica e i decisori politici sulle potenzialità, in termini di aumento della qualità della vita, delle soluzioni sperimentate. • promuovere la condivisione e il trasferimento di know‐how attraverso strategie di apprendimento in rete7. Nell’esperienza maturata fino ad oggi, le BP sono innanzitutto progetti innovativi, configurati come modelli di intervento praticati ed esportabili, che si connotano in base ad elementi standard spesso definiti come requisiti principali, sui quali appaiono convergere tutti i lavori di analisi delle BP prodotti. Æ Parte essenziale del presente lavoro di ricerca sulle caratteristiche della Formazione Continua nella Regione Marche, è la individuazione di buone pratiche nazionali e internazionali nella definizione dei Piani Formativi di impresa e nella predisposizione di percorsi formativi particolarmente innovativi sotto il profilo delle metodologie didattiche, della valutazione e certificazione dei risultati. A tal fine vengono quindi presi in considerazione processi e risultati, evidenziando la connessione forte che si instaura appunto tra controllo del processo e produzione dell’output. 4
Isfol, La metodologia ISFOL per l’individuazione e l’analisi delle buone pratiche in ambito FSE, giugno 2004; si veda anche Isfol – Struttura di assistenza tecnica Fse, Metodologia per la definizione delle buone pratiche, luglio 1998. 5
Isfol – Ministero del Lavoro, L’apprendimento in età adulta. Modelli e strumenti, anche sul portale Europa Lavoro: http://www.lavoro.gov.it/lavoro/europalavoro/sezioneeuropalavoro/dgpof/prodottieditoriali/collaneeditoriali/librifse
/apprendimentoadult.htm. 6
Unesco, Social and Human Sciences, “Most clearing house – Best practices” (www.unesco.org/most/bphome.htm). 7
Ibidem. 9 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 2.2) LE BUONE PRATICHE NELLA FORMAZIONE CONTINUA: PERCORSO LOGICO/METODOLOGICO L’obiettivo complessivo di questa azione di ricerca – come enunciato nella Sezione Prima – è quindi mirato all’individuazione di buone pratiche nazionali e internazionali (nella definizione dei Piani Formativi di impresa e nella predisposizione di percorsi formativi particolarmente innovativi sotto il profilo delle metodologie didattiche, della valutazione e certificazione dei risultati) nonché alla comprensione e valutazione dell’adeguatezza del sistema formativo regionale in comparazione con le più avanzate e complete esperienze nazionali ed europee. Contestualmente viene perseguito un obiettivo trasversale principalmente focalizzato sulla valorizzazione del ruolo della formazione continua nell’ambito delle politiche attive del lavoro e degli ammortizzatori sociali, sull’individuazione di strategie formative potenzialmente efficaci e capaci di rispondere alle sfide emergenti e sulla promozione delle ricadute positive per combattere l’attuale situazione di crisi. Le questioni esposte rendono indispensabile la pianificazione di un percorso metodologico di indagine e rilevazione strumentale; si tratta di disporre di qualificati benchmark in relazione ai quali non solo conoscere, ma anche comprendere e valutare l’adeguatezza del sistema formativo regionale in rapporto alle più avanzate e complete esperienze nazionali ed europee. Il concetto di buona pratica che, come anticipato sopra, è variamente definibile nella letteratura sociale e formativa, nella sostanza, tuttavia, si riferisce ad esperienze che presentano caratteristiche riconoscibili quali: l’efficacia e la capacità di risposta; la qualità realizzativa o l’efficienza; la trasferibilità; la riproducibilità. L’individuazione della casistica di potenziali buone pratiche è compiuta favorendo in sede di selezione le esperienze sviluppate nell’ambito di azioni di sistema strettamente connesse alla sfera della programmazione delle politiche in materia di formazione continua. A tal fine si ritiene opportuno privilegiare l’individuazione di fasi o azioni di progetto identificabili come buone, positive ecc. In questo senso non necessariamente tutta l’articolazione di un intervento preso in esame deve essere esemplare; questo in virtù di un metodo che valorizza un approccio di tipo “modulare”, in grado di fornire uno o più modelli di riferimento. Le “parti” del modello, quindi, possono essere mutuate da diversi interventi realizzati, ovvero da diverse pratiche più o meno “buone”. Una particolare attenzione viene rivolta da un lato alla strategia progettuale (in termini di rispondenza agli obiettivi) che determina le azioni e le attività che verranno realizzate attraverso le metodologie e le risorse messe in campo e, dall’altro, all’analisi dei processi (che rappresentano la struttura del progetto) nei quali si esplicano innovatività, qualità metodologica e rispondenza ai bisogni. In tal senso, coerentemente con i più recenti studi Isfol sui modelli di trasferimento dell’innovazione e delle buone prassi, l’analisi dovrà essere condotta in termini di qualità strategica progettuale e di qualità delle azioni e dei processi, assumendo preliminarmente criteri di valutazione e una base informativa sulle esperienze progettuali. Dal punto di vista della qualità strategica una strategia progettuale (adattiva o proattiva) può considerarsi significativa se capace di risolvere i problemi a base del progetto. Con questi presupposti, una buona pratica deve: a) risolvere i problemi affrontati; b) raggiungere obiettivi occupazionali e professionalizzanti; 10 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” c) essere riproducibile in situazioni analoghe; d) fornire soluzioni ad altri problemi in ottica di efficacia strategica e di riproducibilità. Pertanto, la qualità strategica del progetto andrà analizzata e valutata rispetto alla potenziale implementazione del progetto nel suo complesso piuttosto che al progetto originale. Dal punto di vista della qualità delle azioni e dei processi, le azioni devono: a) concorrere a realizzare cambiamenti; b) contribuire al superamento di ostacoli alla fruizione della formazione, all’assunzione di nuovi ruoli, al mantenimento dell’occupazione; c) favorire la partecipazione di tutti gli attori; d) fornire contributi ad altre azioni; e) essere coerenti con i presupposti teorici; f) essere riproducibili. Ciascuna fase del ciclo di vita di una iniziativa progettuale (analisi, progettazione, sviluppo, promozione e valutazione) può in sé sviluppare azioni la cui analisi può determinare la definizione di buone pratiche riferibili a ciascuno dei momenti citati. Figura 1 – Le 4 dimensioni della “buona pratica” Adeguatezza e completezza del quadro logico progettuale / attuativo. Un progetto/modello può essere innovativo e aver prodotto cambiamenti significativi, ma senza questo elemento, per altro sempre più diffuso come metodo di progettazione, vengono a mancare le condizioni per apprendere consapevolmente dall’esperienza realizzata. Innovatività Ovvero la capacità del progetto/modello di produrre soluzioni nuove, creative e qualitativamente consistenti (sia in termini di processi che di prodotti) per il miglioramento delle condizioni iniziali o per la soddisfazione/soluzione del bisogno/problema originario; Sostenibilità L’orientamento del progetto/modello di fondarsi, in una visione prospettica, sulle risorse esistenti o capacità di generare essa stessa nuove risorse. La sostenibilità è fortemente connessa al mainstreaming e alla capacità di coinvolgimento, ovvero di mettere in moto le risorse tecniche, culturali e umane di tutti i soggetti che vi partecipano e delle organizzazioni coinvolte; Trasferibilità La possibilità offerta dal progetto/modello di essere riprodotto in luoghi e situazioni diversi da quelli in cui è stata realizzato e/o replicabilità, ovvero la capacità di rispondere a problemi analoghi o simili a quelli che lo hanno originato. Riconoscendo quindi gli obiettivi del progetto in esame quali di interesse, si tratta di valutare l’efficacia delle azioni rispetto agli stessi, nonché la riproducibilità dell’azione e la sua adattabilità ad altre situazioni. Trasversalmente viene analizzato il contestuale rispetto della dimensione strategica, della qualità delle azioni e della trasferibilità della pratica, alla luce della particolare fisionomia della pratica in stretto rapporto con una serie di variabili. In questo senso possono pertanto essere 11 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” considerate “buone” quelle pratiche riconducibili alle diverse tipologie di problemi, di progetto, di strategie e per ciascuno dei processi del ciclo produttivo della formazione. La qualità delle azioni va analizzata rispetto a tutte le azioni sviluppate nell’ambito del progetto. Pertanto, gli elementi standard o requisiti principali che deve esprimere una pratica per essere definita non solo buona, ma utile e potenzialmente trasferibile vertono su 4 dimensioni, così come mostrato nello schema seguente (Figura 1). In tal caso la connessione con il mainstreaming è evidente, in quanto il cambiamento non può che partire dal coinvolgimento orizzontale e verticale dei soggetti operanti in uno stesso ambito. La nostra ipotesi di lavoro parte dalla considerazione che le dimensioni individuate siano consistenti, sufficienti a cogliere le Buone Pratiche attraverso un metodo sostanzialmente comparativo. Per quanto riguarda in particolare la “trasferibilità”o “ripetibilità”, il giudizio che viene espresso deve contenere implicitamente l’idea che non solo una particolare esperienza abbia dato risultati considerati “positivi”, ma che, applicando le stesse metodologie e combinando allo stesso modo le risorse, sia possibile prevedere di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati. L’approccio conoscitivo che guiderà l’intera fase di analisi e individuazione delle buone pratiche sarà orientato a garantire il massimo livello di integrazione tra l’innovazione connessa all’esperienza svolta ex ante e il contesto regionale marchigiano di applicazione ex post, affinché possa essere favorita la sostenibilità delle iniziative proposte e la continuità con esperienze affini realizzate dalla Regione Marche. 12 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” SEZIONE TERZA – La Matrice per la definizione delle BP e il Piano della Ricerca 3.1) LA MATRICE PER LA DEFINIZONE DELLE DIMENSIONI E DEGLI INDICATORI PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE BUONE PRATICHE Stabilite le linee generali del concetto di “buona pratica”, con specifico riferimento alle pratiche formative, ed individuate le 4 principali dimensioni da considerare per individuarne la valenza (quadro logico, innovatività, sostenibilità e riproducibilità), occorre a questo punto sviluppare tali dimensioni in un sistema di indicatori a un meno elevato livello di astrazione, in modo da permettere la rilevazione empirica. Il percorso logico che affrontiamo è comunemente noto nelle scienze sociali come operativizzazione o definizione operativa, vale a dire la traduzione empirica delle dimensioni tali da renderle direttamente osservabili e, quindi, rilevabili empiricamente8. Si tratta, in sintesi, di individuare – per ciascuna delle 4 dimensioni sopra citate – una serie di indicatori connotati da un legame di rappresentazione semantica ma contemporaneamente rilevabili (Figura 2). L’elenco degli indicatori è stato ricostruito sulla base delle precedenti analisi sulle buone pratiche, della letteratura sul tema e delle rilevanze emerse dalle interviste ai testimoni qualificati. L’esito è una matrice di rilevazione che funge da strumento indispensabile per l’individuazione delle pratiche formative, per la descrizione puntuale dei vari aspetti che possono evidenziarne la buona riuscita e – elemento di grande importanza – per l’apertura di riflessioni comparative. Come è ovvio, l’analisi fondata sulla comparative case studies conduce a risultati accettabili solo attraverso la standardizzazione dei criteri di rilevazione. Gli indicatori mostrati sono da intendersi come dei veri e propri “descrittori”, la cui importanza si collega al fatto che nelle indagini su concetti complessi – come, in questo caso, la valutazione di buone pratiche in un approccio di tipo “modulare” – non sempre tutto è riconducibile a grandezze quantitative, o a dati numerici. Sono pertanto da considerarsi indicatori qualitativi, vale a dire riferibili a una descrizione di caratteristiche o di proprietà dell’oggetto, e hanno la funzione di rappresentare gli aspetti salienti che determinano una buona pratica. Seguendo le indicazioni tratte dalla letteratura di ricerca valutativa9, per fungere da reale apporto alla ricerca gli indicatori qualitativi devono essere rilevanti (descrivere elementi importanti o centrali del prodotto, del processo o del sistema osservati, coerenti con le finalità generali); significativi (riguardare aspetti del prodotto o del processo che non si producono casualmente ma che si manifestano con regolarità); attendibili (fornire dati omogenei e confrontabili indipendentemente dai soggetti che rilevano e dal contesto in cui avviene la rilevazione); di facile rilevazione (sono preferibili gli indicatori “osservabili” nel senso di rintracciabili nelle documentazioni che si accompagnano agli interventi formativi). 8
Cardano M. e Miceli R. (a cura di) (1991), Il linguaggio delle variabili, Rosenberg & Sellier, Torino (in particolare il Cap. IV curato da Alberto Marradi). Si veda anche Corbetta P. (2004), Metodologia e tecnica della ricerca sociale, il Mulino, Bologna (in particolare il Cap. I, “La traduzione empirica della teoria”). 9
Si veda in particolare: Bezzi C., Il disegno della ricerca valutativa, Franco Angeli, Milano, 2003. 13 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Figura 2 – La definizione operativa per l’analisi delle buone pratiche INDICATORI
DIMENSIONI
Impatto
Rilevanza
Quadro logico progettuale Efficienza
Scenario
Target
Output
Metodologie
Governance
Risorse
Organizzazione
Rilevabilità empirica
Sostenibilità
Definizione Operativa
Innovatività
Efficacia
Mainstreaming
Scenario
Target
Riproducibilità
Metodologie
Governance
In riferimento alla validità di una “buona pratica”, gli indicatori così intesi hanno pertanto il solo scopo di individuare una maggiore capacità di sintesi e di rappresentatività degli interventi osservati, possono essere rappresentativi di più elementi di qualità e dell’interazione che si verifica tra di essi. Ad esempio, la presenza di uno spazio partecipato per l’elaborazione dei contenuti della formazione o per l’adozione di particolari metodologie didattiche è un indicatore di qualità che riassume la presenza di più elementi (capacità di fare rete attorno al progetto, capacità di rendere partecipate le scelte e la valutazione dell’intervento, attenzione alle esigenze di partecipazione). L’espressione "fattore di qualità" ha un significato analogo a quello di elemento di qualità, la differenza sta nell’enfasi posta sulla funzione causale di uno specifico elemento rispetto ad altri. La motivazione del personale, per esempio, è un elemento di qualità che ne genera a catena molti altri. In questo senso possiamo dire che la motivazione è un elemento generatore di altri elementi di qualità, in altre parole che è un fattore di qualità. Ai fini di una prima sistematizzazione degli elementi utili alla individuazione e analisi delle Buone Pratiche e con l’obiettivo di contribuire alla definizione di uno strumento di rilevazione completo, si presenta di seguito una disamina puntuale del percorso metodologico di definizione operativa delle dimensioni e degli indicatori individuati, cui segue una tavola sinottica di riepilogo presentata in Appendice (Schema 1). 14 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 3.1.1) Adeguatezza e la completezza del quadro logico progettuale e attuativo Come già anticipato, un progetto/modello può essere innovativo e aver prodotto cambiamenti significativi ma senza questo elemento, per altro sempre più diffuso come metodo di progettazione, vengono a mancare le condizioni per apprendere consapevolmente dall’esperienza realizzata. Il compito è dunque quello di identificare “modelli di formazione”, assumendo quali caratteristiche definitorie: • che il modello abbia una coerenza interna, • che la sua costruzione derivi dall’esigenza di trovare una risposta al problema P • che il problema P sia traducibile in un problema P’ interno al modello • che la soluzione S’ trovata grazie al modello e all’interno del modello possa essere tradotta in una soluzione S del problema P originario • che questo carattere esplicativo del modello permetta di comprendere e dominare meglio la situazione o il fenomeno originario10. Da ciò si può dedurre che la soluzione S’, che riverbera nella “pratica formativa” una soluzione S al problema P (di cui è possibile trarre una modellizzazione speculare P’) sia la modellizzazione di un buona pratica. Pertanto, il primo gruppo di indicatori di “buona pratica” identificano la complessiva coerenza progettuale interna dell’intervento, per cui in una buona pratica è definibile a partire dalle azioni progettuali, dalla congruenza logica (le azioni concorrono a raggiungere i risultati attesi, che contribuiscono a realizzare gli scopi), dagli obiettivi generali dell’intervento e dalla utilizzo efficiente ed efficace delle risorse. In questi termini, gli indicatori individuati sono quattro: 1.1)
Impatto, ovvero i mutamenti che il progetto si propone di realizzare nella società considerando che tali mutamenti si riferiscono a condizioni che sono oltre il “punto di non ritorno” e non a cambiamenti temporanei; 1.2)
Rilevanza, dunque le modalità attraverso le quali gli interventi del progetto/modello sono importanti per i beneficiari, ovvero in che misura l’intervento ha costruito soluzioni per i problemi; 1.3)
Efficacia, ovvero il grado in cui i servizi/prodotti/valore aggiunto apportati dal progetto/modello consentono ai beneficiari di raggiungere i benefici previsti; 1.4)
Efficienza, vale a dire la qualità e quantità dei servizi offerti in seguito all’intervento, in relazione ai costi complessivi sopportati per la loro erogazione. Come è ovvio, tali indicatori possono risultare difficilmente rilevabili – specie in relazione a efficacia e impatto in termini di capacità di produrre cambiamenti – ma ciò non toglie la loro imprescindibile attinenza nella descrizione ragionata delle pratiche che rientreranno nella ricerca. Come anticipato, l’attinenza verrà stimata in un’ottica qualitativa. 10
Pellerey M., Rassegna critica sul concetto di buone pratiche formative, Isfol, 1999, dattiloscritto. 15 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 3.1.2) Innovatività Per innovatività di un progetto/modello abbiamo inteso la sua capacità di produrre soluzioni nuove, creative e qualitativamente consistenti per il miglioramento delle condizioni iniziali o per la soddisfazione/soluzione del bisogno/problema originario. Anche in questo caso, l’innovatività non è definita in termini assoluti, ma in relazione a una serie di caratteristiche quali la capacità di sviluppo idee innovative in confronto agli scenari di partenza, l’elaborazione di nuove figure professionali, l’adozione di nuove metodologie didattiche, l’elaborazione di nuovi servizi di formazione permanente e il coinvolgimento dei portatori di interesse locali. In questi termini, gli indicatori individuati sono cinque: 2.1)
Scenario, dunque le condizioni di partenza ed altri elementi di contesto: settori e comparti produttivi, distretti industriali, stato delle conoscenze nel campo specifico, diffusione di interventi simili ecc. 2.2)
Target, vale a dire le caratteristiche generali dei beneficiari diretti, il loro profilo sociografico, la loro posizione occupazionale, qualifica, livelli di istruzione, competenze a rischio di obsolescenza ecc. 2.3)
Output, ovvero la tipologia di miglioramenti formativi previsti: orientamento ed informazione di qualità; competenze di base e funzionali rafforzate (lettura, calcolo, scrivere, competenze sociali, spirito d’impresa); accesso a nuove competenze ICT; tecniche e opportunità di autoapprendimento 2.4)
Metodologie, circa gli strumenti e metodologie adottate: mappa dei fabbisogni di apprendimento; profilo ed esperienza dei formatori; valorizzazione delle competenze non formali ed informali; strumentazione tecnologiche di formazione a distanza; programmi formativi ecc. 2.5)
Governance, intesa come il coordinamento tra tutti i possibili stakeholder (enti locali, imprese, parti sociali, enti di formazione, enti di ricerca, terzo settore, beneficiari ecc.) tale da contribuire al successo in termini di integrazione dei sistemi formativi, raggiungimento delle popolazioni target e adeguamento dei programmi. 3.1.3) Sostenibilità Con sostenibilità abbiamo inteso l’orientamento del progetto/modello di fondarsi, in una visione prospettica, sulle risorse esistenti o la capacità di generare essa stessa nuove risorse. Al di là della capacità di auto‐rigenerarsi finanziariamente, gli aspetti che si intendono sottolineare della sostenibilità riguardano anche la stabilità dei vantaggi dell’apprendimento per i beneficiari, in relazione alla pertinenza e qualità dell’offerta formativa, nonché gli aspetti organizzativi del modello, rispetto alla loro capacità di definire con chiarezza responsabilità e competenze delle parti. In questo quadro, gli indicatori individuati sono tre: 3.1) Risorse, ovvero la capacità di individuare/generare risorse rinnovabili per la continuità e stabilità dei benefici raggiunti per i destinatari; 3.2) Organizzazione, vale a dire la coerenza e efficacia del modello organizzativo e distribuzione delle competenze (finanziamenti, responsabilità, rete di partenariato) 16 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 3.3) Mainstreaming, ovvero la complessiva capacità di impatto sulle dinamiche aziendali, sullo sviluppo locale/regionale e/o sulle dinamiche del mercato del lavoro a livello locale/regionale. In particolare, sulle potenzialità di mainstreaming di un progetto/modello abbiamo inteso la sua capacità di pervenire a un generalizzazione quali‐quantitativa dei risultati ottenuti, considerando se il modello: • innesca un processo di cambiamento e sviluppo locale che, sul medio e lungo periodo, può avere ricadute sul sistema di riferimento; • viene adottato dalle istituzioni di riferimento e trasferito nelle politiche; • viene adottato da soggetti interni al progetto e messo a regime nell’ambito della stessa organizzazione proponente • viene adottato da altri soggetti operanti sul territorio, esterni al progetto11. 3.1.4) Trasferibilità La possibilità offerta dal progetto/modello di essere riprodotto in luoghi e situazioni diversi da quelli in cui è stata realizzato e/o replicabilità, ovvero la capacità di rispondere a problemi analoghi o simili a quelli che lo hanno originato. La capacità di estensione del modello, ovvero di essere moltiplicato su uno stesso target (riproducibilità) o con destinatari e contesti differenti, è a nostro avviso rilevabile analizzando la trasferibilità degli indicatori che costituiscono gli elementi di innovatività del modello (al punto 2). Con questi presupposti, gli indicatori individuati sono quattro: 4.1) Scenario, in termini di applicabilità del progetto/modello in condizioni di partenza e altri elementi di contesto differenti prevedendo di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati; 4.2) Target, vale a dire applicabilità del progetto/modello su target differenti – per caratteristiche generali dei beneficiari diretti ‐ prevedendo di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati; 4.3) Metodologie, ovvero l’applicabilità degli strumenti e delle metodologie utilizzate in situazioni differenti e, a parità di altre condizioni, prevedere gli stessi risultati; 4.4) Governance, ovvero l’applicabilità del modello di governance adottato in contesti differenti prevedendo di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati. 11
Isfol, La metodologia ISFOL per l’individuazione e l’analisi delle buone pratiche in ambito FSE, giugno 2004 17 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 3.2) IL PIANO DI ANALISI E GLI STRUMENTI DI RILEVAZIONE Fermo restando quanto indicato in apertura (Sezione Prima – Piano Operativo), le azioni di ricerca e analisi delle buone pratiche sono state impostate su un approccio mixed method, che affianca l’analisi desk (quali‐quantitativa) con strumenti più propriamente qualitativi di interrogazione orale dei testimoni qualificati, degli operatori della formazione e del mercato (anche regionale) e dei protagonisti delle “pratiche” che sulla base degli indicatori qualitativi adottati risulteranno come “buone”. Collegata al contesto operativo del progetto, e una volta parametrato il set di indicatori utili alla rilevazione, l’impostazione metodologica di questo tipo necessita dei seguenti accorgimenti: a. interviste semi‐strutturate con traccia, face‐to‐face, a testimoni qualificati (individuazione, contatto e intervista con operatori di livello nazionale, con chiare esperienze sul tema); b. la determinazione delle fonti secondarie – letteratura, studi, documenti e internet – e la successiva analisi (schedatura delle pratiche formative); c. interviste semi‐strutturate con traccia, in modalità CAWI o face‐to‐face, agli attori individuati in quanto coinvolti nelle pratiche formative ritenute particolarmente valide; d. analisi comparata e di benchmarking tra le pratiche individuate ed elaborazione di un modello di intervento. In questo quadro, per i punti a., c. e d. sono stati impostati altrettanti strumenti di rilevazione, che sono: • Scheda di rilevazione e descrizione delle buone pratiche; • Traccia di intervista per testimoni qualificati, composta da 9 quesiti generali suddivisi in 4 sezioni tematiche (I. Quadro generale, II. Le buone pratiche – aspetti metodologici e definitori, III. Le buone pratiche – Esperienze e fondi di riferimento, IV. Considerazione finali – SWOT Analysis) • Questionario di rilevazione per operatori della formazione, composto da 5 schede di compilazione, che rispecchiano altrettante dimensioni analitiche (I. Informazioni generali, II. Priorità e strategie nell’ambito della formazione continua, III. Descrizione dell’intervento, IV. Gli elementi caratterizzanti la buona pratica, V. Considerazioni finali – SWOT Analysis). Al questionario, quale guida per la compilazione, si accompagnerà in allegato lo «Schema 1) Tavola sinottica degli indicatori di riferimento per l’individuazione delle buona pratiche». La presentazione di tutti gli strumenti è in Appendice, mentre nella sezione seguente si propongono i risultati della prima discesa di campo, coincisa con la campagna di intervista a testimoni qualificati. 18 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” SEZIONE QUARTA – Le interviste a testimoni qualificati 4.1 PREMESSA Un’indagine che mira a individuare e modellizzare un ventaglio di Buone Pratiche di Formazione Continua nazionali e internazionali, di piani formativi d’impresa e di percorsi formativi innovativi per metodologie didattiche e di valutazione e certificazione dei risultati, non poteva non passare necessariamente attraverso l’ascolto dei soggetti più autorevoli in questo campo. A questo scopo, è stata avviata una campagna di interviste faccia a faccia a una serie a testimoni qualificati per raccogliere le impressioni e le esperienze di chi possiede particolare dimestichezza nel settore, ma anche per individuare fonti, esperienze, normative e casi di eccellenza da sottoporre ad approfondimento. La selezione dei nostri interlocutori è avvenuta prevalentemente tra i referenti delle Istituzioni e degli Enti di comprovata competenza sulla tematica a livello nazionale, tra i quali Ministero del Lavoro, Isfol, Fondimpresa, Italia Lavoro, AIF ecc. Come anticipato, ai testimoni è stata somministrata una traccia di intervista, composta da 9 quesiti generali suddivisi in 4 sezioni tematiche (I. Quadro generale, II. Le buone pratiche – aspetti metodologici e definitori, III. Le buone pratiche – Esperienze e fondi di riferimento, IV. Considerazione finali – SWOT Analysis). Di seguito si presentano in chiave analitica i risultati di questa prima intervista operata, illustrando il contenuto della conversazione in forma di scheda, che segue concettualmente le tematiche proposte in sede di intervista (v. traccia in Appendice). 19 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 4.1.1) Amarildo Arzuffi – Fondimpresa ANAGRAFICA GENEARLE Nome Cognome Organizzazione di appartenenza Ruolo Ambito territoriale Recapito data intervista Luogo dell’intervista Amarildo Arzuffi Fondimpresa Responsabile Area Formazione Nazionale [email protected] 08 novembre 2010
Fondimpresa, Sede di Roma – Via della Ferratella in Laterano, 33A ‐ 00184 Roma Contesto generale L’intervista si apre con alcune importanti considerazioni di carattere generale rispetto allo stato dell’arte della Formazione Continua in Italia, con riferimento a quanto sperimentato in altri Paesi. Il dott. Arzuffi ha innanzitutto sottolineato il noto ritardo strutturale del Paese sui temi della formazione permanente: seppur introdotta dal 1977, i primi interventi concreti hanno visto la luce solo a partire dal 1993, ma non sono apparsi del tutto soddisfacenti. Infatti, secondo il parere dell’intervistato, tutta la prima fase di investimenti e interventi, coincisa approssimativamente con gli anni Novanta, non sembra aver prodotto particolari esperienze, risultando anzi inadeguata per una lunga serie di ragioni. Di seguito si elencano le principali. Un primo ordine di problemi si riferisce alla mole di investimenti, in termini di costi totali della formazione come quota del costo del lavoro. Allo stato attuale, la quota media di investimento nelle imprese italiane sulla formazione permanente è pari all’1.3%. Si tratta di un dato all’incirca in media con l’Europa a 27; tuttavia, se si confronta il dato con i principali competitor, che rappresentano allo stesso tempo i valori benchmark, si notano enormi differenze. Ad esempio la Francia raggiunge quota 2.7%, con una diffusione degli interventi alquanto capillare. Proprio la mole di interventi promossi dalle imprese sembra rappresentare un secondo ordine di problemi strutturali del sistema di formazione permanente in Italia. La media europea delle imprese che offrono formazione è di circa 60 punti percentuali, mentre quella italiana supera di poco i 30 punti. Secondo l’intervistato, inoltre, si è trattato di interventi concentrati, da un lato, su segmenti specifici del mercato e, dall’altro, su specifici ruoli all’interno dell’impresa. Nel primo caso, l’offerta formativa ha riguardato prevalentemente la grande impresa del cosiddetto Secondo Capitalismo, composto dai grandi gruppi industriali a sostegno statale, operanti in regimi di semi‐
monopolio. Nel secondo caso, si è registrata una – seppure lieve – concentrazione dell’offerta sulle figure manageriali e/o dirigenziali in generale. Questo aspetto è ancor più marcato nelle Regioni meridionali, e più precisamente in quelle Regioni rientranti nell’Obiettivo 1 del Fondo Sociale Europeo, per la VI Programmazione (2000‐2006). Va sottolineato che in queste regioni, verosimilmente per l’incidenza dei finanziamenti comunitari, la generale partecipazione degli occupati a percorsi formativi risulta complessivamente più elevata per il periodo considerato. Un terzo ordine di problemi si riferisce all’inadeguatezza dell’offerta formativa rispetto ai fabbisogni delle risorse umane o rispetto a una prospettiva più ampia di sviluppo industriale. Specie nell’ambito delle programmazioni territoriali si è spesso registrata un’offerta generalista, non ben inquadrata in propositi di sviluppo locale, competizione internazionale e/o ricerca di soluzioni nuove. Il dott. Arzuffi reca un esempio in tal senso, quello della proliferazione di corsi di 20 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” informatica e affini – che tutt’oggi pare registrare una certa diffusione – nonostante il nostro Paese non ricopra oramai da tempo un ruolo preponderante nel settore (produzione, sviluppo), mantenendo invece una posizione logistica e di commercializzazione. Infine, un dato di sfondo di carattere culturale. In linea con quanto paventato anche da altri analisti del settore, anche il dott. Arzuffi sottolinea quale vincolo strutturale la diffusione di una cultura imprenditoriale che ripone bassa fiducia nella formazione, che punta poco alla competitività dei processi produttivi e alla adattabilità delle risorse umane. Questo aspetto è riassunto in un esempio portato dall’intervistato, riguardante il contratto di apprendistato in Svizzera e il sistema degli obblighi del datore di lavoro. In questo Paese, il datore di lavoro artigiano che affianca l’apprendista, è obbligato a svolgere un’attività questa formativa che gli dia gli strumenti per svolgere il fondamentale ruolo di formatore. Fondimpresa e alcune priorità di intervento Questi 4 aspetti generali che, secondo l’intervistato, segnano uno strutturale “ritardo” della formazione continua italiana, si riferiscono principalmente al periodo di erogazione coinciso con gli anni Novanta e i primi anni Duemila. Dal 2002 viene istituito FONDIMPRESA, il Fondo interprofessionale per la formazione continua delle imprese associate a Confindustria, che come noto riunisce Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Ad oggi, il dott. Arzuffi ricopre il ruolo di Responsabile dell’AREA FORMAZIONE, che ha il compito di coordinare tutte le iniziative di formazione di Fondimpresa nonché promuovere studi e ricerche in materia di Formazione Continua. Il parere dell’intervistato è che l’introduzione del Fondo abbia in qualche modo migliorato l’efficacia e l’efficienza del sistema, ma restano numerosi vincoli strutturali – connessi al già citato basso volume di finanziamento – e culturali, che continuano a rendere l’offerta formativa in qualche modo “selettiva”. Secondo l’intervistato, con l’introduzione del Fondo – ma anche con l’implementazione di altre esperienze di fondo paritetico – è possibile comunque registrare un miglioramento generale dell’offerta formativa. In otto anni oltre la metà delle imprese e dei lavoratori italiani sono già stati coinvolti in percorsi formativi, prevalentemente attraverso due canali di finanziamenti: il Conto Formazione e il Conto di Sistema. Il primo è un conto individuale, ovvero delle singole imprese aderenti, ed è costituito dal 70% degli accantonamenti accumulati sulla base dello 0,30% versato a Fondimpresa12. Questo conto è a disposizione dell’imprenditore, che può decidere di fare formazione ai propri dipendenti secondo modi e tempi che ritiene più opportuni. Il Conto di Sistema è invece un contributo collettivo, il cui obiettivo è sostenere le imprese di piccole dimensioni. Questo Conto utilizza il 26% dei contributi versati a Fondimpresa e serve a finanziare attività formative tra le aziende dello stesso territorio o settore, o attività di studio e ricerca funzionali alla gestione del Fondo. In entrambi i casi, sottolinea il dott. Arzuffi, Fondimpresa predilige una forma di coordinamento leggera, di tipo bottom up, lasciando agli aderenti la facoltà di programmare, progettare e svolgere i propri interventi. Questo aspetto non è scevro da ulteriori criticità, laddove alcuni dei difetti registrati negli anni precedenti potrebbero ripresentarsi ancora. Basti pensare alla programmazione di un’offerta formativa non inserita in piani territoriali e/o industriali di largo respiro, o ancora a un’offerta non perfettamente aderente a un’analisi dei fabbisogni puntuale. 12
Il finanziamento di Fondimpresa si basa sul contributo dello 0.30% versato all’INPS, che viene accantonato su un conto aziendale individuale da utilizzare per l’aggiornamento dei propri dipendenti. 21 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Un altro aspetto che evidenzia una delle priorità strategiche del Fondo è il sostegno alle piccole e medie imprese, che spesso risultano in difficoltà nella costruzione di reti locali per l’erogazione di interventi e piani formativi comuni e territoriali. Oltre alle due principali forme di finanziamento, gli aderenti a Fondimpresa possono rispondere agli Avvisi, e con l’Avviso n. 4/2010 si conferma questa propensione alle piccole e medie imprese, mettendo a disposizione delle aziende aderenti 7 milioni di euro aggiuntivi per i piani formativi presentati a valere sul Conto Formazione. Il contributo massimo che può essere erogato per ogni piano è pari a 8.000 euro, e integra le risorse che l’azienda richiedente ha accumulato nel proprio Conto Formazione, fino alla concorrenza di un finanziamento massimo di 24.000 euro per ciascun piano. I Piani formativi finanziati possono interessare esclusivamente ambiti aziendali, anche con l’utilizzo dei voucher formativi. I contributi aggiuntivi sono concessi ai piani presentati sul Conto Formazione dal 24 novembre 2010 fino al 15 novembre 2011. Per chiudere con alcune valutazioni prospettiche rispetto al ruolo del fondo e in generale ai settori considerabili prioritari nel sistema Paese in quanto a fabbisogno di formazione continua, il dott. Arzuffi indica primariamente tutto il settore manifatturiero votato all’export, e in special modo quello generalmente individuato nel Quarto Capitalismo. In sintesi, ci si riferisce alle imprese di medie dimensioni – 4000 aziende medie con 160 dipendenti e 67 milioni di fatturato in media nel 2007 più altre 600 medio‐grandi – esportano oltre 60% del fatturato; localizzate prevalentemente al Nord (65% in Lombardia, Veneto ed Emilia) e concentrate nella produzione di manifatture per la persona (abbigliamento e tessile, pelle e cuoio, gioielli), per la casa (ceramiche e materiali per la costruzione, mobili e legno), ma anche in macchinari e meccanica.. Gestione e proprietà sono a carattere familiare. In questa circostanza, l’intervistato sottolinea come le imprese di questo tipo in qualche modo inserite nella filiera produttiva agganciata al mercato tedesco, stiano registrando già da alcuni mesi importanti segnali di ripresa. Permane tuttavia una porzione di imprese escluse, che pagano ancora il peso della crisi. È dunque su questo folto gruppo di produzione, spina dorsale del manifatturiero italiano, che occorrerebbe qualificare le risorse umane e sganciare il Paese da una concorrenza di costo rappresentata dai new comers orientali. Altri settori prioritari secondo il dott. Arzuffi sono le imprese della filiera sanitaria – strumentazioni complesse, forniture – e la logistica in generale. I canali di finanziamento Rispetto alla funzionalità e all’adeguatezza dei canali di finanziamento per gli interventi di Formazione Continua che rientrano in specifiche Azioni di Sistema territoriali, il dott. Arzuffi esprime motivate preoccupazioni per l’abbandono pressoché totale dell’enfasi nata a fine degli anni Novanta sullo sviluppo locale/territoriale e endogeno, e sugli annessi strumenti di programmazione negoziata. Dall’inizio degli anni Ottanta questa formula aveva dato le basi del successo dei distretti industriali: una combinazione di flessibilità, basso costo del lavoro e ridotti costi di transazione e informazione derivanti dallo stretto collegamento tra il sistema produttivo e l’ambito sociale di riferimento. I settori caratterizzanti il cosiddetto “Made in Italy” si erano resi protagonisti di un successo duraturo per un “modello italiano” che si proponeva valida alternativa alle forme di industrializzazione nei settori ad elevata intensità di capitale. Per tutta una serie di ragioni che mancano forse ancora di una opportuna valutazione, questa impostazione è stata man mano abbandonata già all’inizio degli anni Duemila, con conseguenze non trascurabili sul sistema delle piccole imprese e dei distretti. Nel campo formativo, lo strumento del Fondo Sociale Europeo aveva ampiamente sostenuto gli interventi di formazione, permettendo anche la diffusione di Azioni di Sistema territoriali, la cui 22 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” riuscita in termini di efficacia e qualità non è tuttavia valutabile in pieno. Nonostante la centralità delle attività di formazione contenute nel VII Programma Quadro, per le ragioni sopra riportate, pare non ci siano più le condizioni né le opzioni politico/economiche connesse allo sviluppo locale. In assenza di piani industriali territoriali, dopo gli esiti non del tutto promettenti dei Distretti Industriali, il rischio è di avviare politiche formative avulse dal contesto. A questo aspetto si aggiunge il crescente spostamento di ingenti risorse finanziarie FSE verso forme di sostegno al reddito e ammortizzatori sociali, in questo periodo di crisi all’apice della spesa pubblica locale e nazionale. In questo quadro, pertanto i cambiamenti che appaiono necessari riguardano la creazione di sinergie tra politiche e interventi su diversi livelli: •
Politica economica e industriale; •
Politiche territoriali, che riprendano in considerazione le vocazioni locali, il know how nel tempo accumulato tra le maestranze dei distretti, la qualità dell’artigianato italiano, ecc. •
A supporto di questa impostazione, il rafforzamento di interventi di formazione permanente e dell’apprendistato, coordinando l’offerta proprio in funzione degli sviluppi industriali e territoriali. Le buone pratiche L’importanza dello scenario, e dell’inserimento della programmazione delle attività formative in quadri di sviluppo – industriale e territoriale – di più ampio respiro rappresenta, secondo l’intervistato, anche una delle dimensioni qualitative principali per l’identificazione delle di Buone Pratiche in ambito formativo. I caratteri individuati di adeguatezza e completezza del quadro logico progettuale e attuativo, innovatività, sostenibilità e trasferibilità sono risultati ovviamente condivisibili. Tuttavia, nell’ambito della prima dimensione, le argomentazioni del dott. Arzuffi ci hanno spinto a inserire un indicatore di Innovatività denominato per l’appunto “Scenario”, che descrive le condizioni di partenza e altri elementi di contesto: il piano industriale o l’inserimento in Azioni di sistema, i settori e comparti produttivi, i distretti industriali, lo stato delle conoscenze nel campo specifico, diffusione di interventi simili e così via. Gli esempi interessanti indicati dall’intervistato in termini di Buone Pratiche sono i seguenti: • Progetto “Filiera Valore” – Gucci L’iniziativa, finanziata da Fondimpresa per oltre 590.000 euro e gestita da Cofise‐Confindustria Toscana, vede l’azienda Gucci come capofila, ma coinvolge l’universo di piccole e medie aziende che gravitano intorno alla maison delle due G. Nel complesso, si tratta di una realtà che conta circa 45 mila addetti in Italia, di cui 7 mila in Toscana solo nel settore della pelletteria. Grazie a questa iniziativa, i fornitori di Gucci potranno beneficiare di programmi formativi su temi tecnico‐
gestionali e approfondire aspetti relativi alla strategia d’ impresa, responsabilità sociale e gestione dei collaboratori. Si tratta per lo più di piccole imprese, nella maggior parte dei casi, spesso strutturate intorno a una gestione familiare. Le competenze tecniche degli artigiani del settore costituiscono un patrimonio inestimabile, che ha fatto grande il marchio Gucci e che ha reso l’intero settore una delle punte di diamante del Paese; l’intervento mira dunque a salvaguardare e a coltivare questo patrimonio. I contenuti della formazione riguardano primariamente il creare 23 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” una solida cultura d’impresa (strategia di impresa, pianificazione della produzione, controllo di processo, innovazione e organizzazione snella), quindi argomenti relativi alla responsabilità sociale e alla gestione dei collaboratori. Le attività sono realizzate sia in aula che tramite e‐learning, così come nel quotidiano affiancamento sul lavoro, dove si trasferiscono le conoscenze e le competenze ai vari livelli dell’ organizzazione. • La sicurezza in Aeroporti di Roma Aeroporti di Roma S.p.A., con la collaborazione di Consilia C.F.O, ha ottenuto il finanziamento Fondimpresa relativo all’Avviso 1/2009 per lo svolgimento, nel corso dell’autunno 2009, di percorsi formativi in materia di sicurezza sul lavoro. Nell’offerta formativa sono stati inseriti anche percorsi di accoglienza ai disabili. Sebbene tutto il personale abbia ricevuto formazione di base su questo tema, per 19 dipendenti dell’ADR Assistance, società di Aeroporti di Roma di assistenza ai disabili, hanno seguito un corso di relazioni con i disabili di tipo uditivo. Interessante notare che il corso è stato progettato con il coinvolgimento delle associazioni dei diversamente abili, e i dipendenti hanno ricevuto gli strumenti per dialogare con il linguaggio dei segni. • Progetto “La nautica vuole competere” ‐ Sogea Un esempio di reazione alla crisi mediante attività di qualificazione delle maestranze è quello dell’Istituto Mediterraneo di formazione per le professionalità nautiche, che costruisce una nuova competitività attraverso la crescita professionale degli addetti. Nei comparti della cantieristica navale e della nautica da diporto l’impresa a rete e/o il distretto costituisce un modello produttivo efficiente, in cui il coordinamento tra aziende diverse collocate in una medesima area territoriale permette l’attivazione di network informali di conoscenza, la circolazione di figure professionali, la nascita di nuova imprenditorialità. L’analisi dei fabbisogni ha messo in evidenza numerosi elementi di criticità: incremento della componente femminile nelle varie tipologie, finora sottorappresentata proprio per assenza di formazione specifica; svolgimento dei nuovi percorsi formativi modulari, centrati sull’ acquisizione di competenze di base, tecnico/professionali e trasversali; ricerca e individuazione di criteri di certificazione delle competenze e di crediti formativi per la costruzione di un sistema di riconoscimento delle competenze; elevare e promuovere a ogni livello l’importanza della sicurezza nel lavoro. È in questo contesto che è nato il progetto «La nautica vuole competere», di cui è capofila la Sogea di Genova: una consolidata realtà della formazione, che annovera fra i propri soci il gruppo Rina – player italiano con attività e presenza internazionali attivo nella classifica navale, nella certificazione e nei servizi per l’ industria, a cui dal 2007 è affidata la gestione della scuola – e Confindustria Genova. Al progetto – partito a settembre con durata fino a maggio, di 3.643 ore complessive (la richiesta era di 9.000 ore) divise su 160 corsi progettati – partecipano 1.703 lavoratori e 40 aziende del settore della nautica e della cantieristica, iscritte a Fondimpresa che ha stanziato 600 mila euro per finanziare le attività del piano formativo. Il piano ha coinvolto otto regioni: Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Puglia, Lazio, Sicilia e Sardegna. Ed è strutturato su sei aree tematiche: tecnica, produzione, contratti, normativa, sicurezza ed equipaggi. • La Eni Corporate University Un’ultima indicazione che il dott. Arzuffi ritiene di poter ascrivere a caso esemplare di Buona Pratica nella formazione continua, pur sé prevalentemente concentrata sui profili manageriali, è la Eni Corporate University di ENI (da ora, ECU). 24 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” La ECU è il principale strumento di cui Eni si è dotata per sviluppare e valorizzare il patrimonio di conoscenze e competenze manageriali e tecnico‐professionali dei dipendenti, in coerenza con le strategie e le esigenze aziendali. Più in particolare ECU progetta e realizza, sulla base dei fabbisogni delle aree di business di Eni, interventi di formazione per il personale operante in Italia e all’estero; organizza e gestisce, attraverso la struttura della Scuola Mattei, il Master in Management ed Economia dell’Energia e dell’Ambiente (MEDEA); In più ECU contribuisce alla valorizzazione e allo sviluppo della conoscenza promuovendo sistemi di Knowledge management, fornendo servizi specialistici per la loro realizzazione e favorendo l’interscambio e la valorizzazione delle best practice e degli strumenti adottati dalle aree di business di Eni nel campo della gestione della conoscenza. Nello svolgimento di queste attività, ECU promuove e sviluppa accordi con le istituzioni accademiche e gli enti di formazione esterni rappresentando, quindi, il principale punto di contatto di Eni con la rete delle università e delle strutture ad esse collegate, nonché delle istituzioni formative, a livello nazionale e internazionale. Fattori esterni Fattori interni Conclusione – SWOT Analysis di riepilogo Punti di forza •
Punti di debolezza Fondi interprofessionali Bassi finanziamenti •
Scarsa propensione a fare rete per le PMI •
Difficoltà di matching domanda/offerta •
Offerta formativa “selettiva” Minacce Opportunità •
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Imprese del “Quarto capitalismo” 25 •
Protrarsi della crisi economica •
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Enfasi sugli ammortizzatori sociali Cultura imprenditoriale poco propensa LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 4.1.2) Mauro Terzoni – Regione Marche ANAGRAFICA GENEARLE Nome Cognome Mauro Terzoni Organizzazione di appartenenza Regione Marche Ruolo Dirigente Servizio Istruzione Formazione e Lavoro Ambito territoriale Regionale Recapito [email protected] data intervista 22 novembre 2010
Luogo dell’intervista Regione marche, Via Tiziano 44 Ancona Contesto generale L’intervista ha innanzitutto inquadrato la tematica della formazione continua nella particolare contingenza economica caratterizzata dalla crisi, il cui forte impatto anche a livello regionale ha creato una netta separazione tra la situazione precedente e lo stato attuale e, in seguito, del post crisi. Mentre prima le risorse destinate alla formazione continua apparivano sostanzialmente adeguate alle richieste, successivamente, a seguito dell’Accordo sottoscritto tra Stato, Regioni e Parti sociali nell’aprile 2007, le risorse indirizzate alle politiche attive del lavoro, nonché alla formazione, hanno ricevuto un notevole incremento. Con particolare riguardo al tema della formazione, la situazione venutasi a creare con la crisi ha permesso da un lato di intercettare un ingente bacino di utenza composto dai lavoratori destinatari degli ammortizzatori sociali in deroga, i quali, poiché sospesi dal servizio sono stati coinvolti in iniziative formative; dall’altro ha permesso di promuovere l’importanza della formazione continua tra i lavoratori e le imprese. Queste ultime in particolar modo se di piccole dimensioni, non hanno ancora maturato la consapevolezza dell’importanza della FC, specie se svolta sul luogo ed in orario di lavoro. Tale situazione si riscontra anche con riferimento all’apprendistato. Attualmente le imprese sono portatrici di una domanda di lavoro rivolta a personale con qualifiche di base ma specializzato (operaio specializzato), specie nei settori, ad es. calzaturiero, dove l’impatto della globalizzazione si è sentito maggiormente. In questi contesti, il ricambio delle maestranze richiede un necessario aggiornamento delle competenze. Regione Marche e alcune priorità di intervento In tale contesto, la Regione Marche è impegnata nel rafforzamento del legame tra la FC e lo sviluppo, mirando a cambiare il concetto stesso di formazione per le imprese e facendo coincidere sempre più la FC con la formazione permanente. L’attenzione sarà sempre più rivolta al fabbisogno espresso dall’impresa individualmente e non come sistema imprenditoriale nel suo complesso affinché venga formato il numero esatto di addetti con le qualifiche richieste. Con riferimento alle categorie più deboli, invece, si tenderà all’innalzamento delle competenze medie per incrementare l’occupabilità dei soggetti svantaggiati.. Con riferimento alle imprese, che spesso non ricorrono alla FC finanziata da canali pubblici poiché disincentivati dalla complessità delle procedure nonché da un generalizzato scetticismo per l’attività di formazione svolta da istituti formativi o fondi interprofessionali, la Regione Marche ha iniziato un percorso di semplificazione delle procedure cercando di superare la logica del singolo 26 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” bando, attraverso la semplificazione delle procedure di rendicontazione dei costi (introduzione costi standard), avvicinamento della PA alle esigenze delle imprese (bandi a sportello, just in time, aperture ricorrenti) e ad una crescente attenzione nei controlli, non solo al rispetto della formalità e delle regole, sempre rispettate poiché si tratta di fondi pubblici, ma su aspetti di contenuto e di efficacia legati alle attività ed alla valutazione. Una possibile strada per il futuro viene inoltre intravista nell’applicazione della programmazione negoziata (prevista dalla Legge …), promuovendo quindi accordi territoriali ad hoc per la realizzazione degli interventi. I canali di finanziamento Rispetto alla funzionalità e all’adeguatezza dei canali di finanziamento per gli interventi di Formazione Continua, si lamenta una mancata omogeneizzazione della normativa per permettere l’integrazione delle risorse pubbliche con i fondi interprofessionali. Attualmente il maggiore ostacolo che si ravvisa nel raggiungimento dell’auspicata integrazione è la mancanza di regolamenti attuativi comuni, poiché i fondi dipendono da una regolamentazione a livello nazionale. L’integrazione, se realizzata anche a livello di politiche, permetterebbe inoltre di evitare duplicazioni degli interventi formativi rivolti allo stesso target di utenti. Si potrebbe a questo proposito proporre una differenziazione dei target tra interventi formativi finanziati dai fondi interprofessionali o da risorse pubbliche. Le buone pratiche 1. Attivazione Comitato Regionale di indirizzo sulla Formazione Continua (DGR n.778 del 11/06/2008) quale strumento di governance per l’integrazione delle politiche formative pubbliche e private, prevedendo la partecipazione dei fondi interprofessionali. 2. F.A.R.O.Lab. soprattutto per quanto attiene l’attività di laboratorio formativo composto da attori pubblici e privati nonché dai fondi interprofessionali e l’attivazione dei piani formativi a livello territoriale e settoriale (in risposta al dettato della L. 236/93) 3. In via di realizzazione: a. Coinvolgimento dei fondi interprofessionali nei progetti regionali (es. prossimo bando sulla flexicurity e condivisione delle linee guida); b. Borse di ricerca per giovani laureati: incentivi per la stabilizzazione accompagnati ad attività di formazione specialistica 27 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Fattori esterni Fattori interni Conclusione – SWOT Analysis di riepilogo Punti di forza Punti di debolezza •
Avvicinamento PA alle imprese ed ai fondi •
Mancanza integrazione tra regolamenti •
Strumento di governance regionale sulla FC •
Stesso target: duplicazione interventi •
Semplificazione procedurale Opportunità Minacce •
Integrazione politiche e strumenti •
Programmazione negoziata •
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Cultura imprenditoriale scettica Mancanza capacità decisionale autonoma delle delegazioni regionali dei fondi Conclusione – Spunti di riflessione In un recente documento datato 17 novembre 2010, il MLPS ha diffuso un aggiornamento sullo stato di avanzamento dei temi oggetto di sinergia tra i PON e i POR, nel quale, con riferimento alla formazione continua si citano 8 Regioni (Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Toscana, Lazio Campania, e da ultimo il Friuli Venezia Giulia) oltre alle Marche, che hanno già siglato nel loro territorio accordi con le Parti sociali in attuazione dell’accordo quadro nazionale sulla FC. Sarebbe quindi di particolare interesse per il Committente, approfondire l’approccio e le modalità operative scelte dalle citate realtà territoriali per verificare l’eventuale sussistenza di problematiche analoghe a quelle citate in merito all’integrazione tra fondi pubblici ed interprofessionali e le soluzioni innovative messe in atto in proposito. 28 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 4.1.3) Nicola Catalano / Silvia Vaccaro – Isfol ANAGRAFICA GENEARLE Nome Cognome Nicola Catalane – Silvia Vaccaro Organizzazione di appartenenza Isfol Ruolo Componenti staff Politiche e offerte per la formazione iniziale e permanente Ambito territoriale Nazionale Recapito [email protected][email protected] data intervista 15 dicembre 2010
Luogo dell’intervista Sede Isfol, via Morgagni, 30/E – Roma Premessa Prima di avviare alcune riflessioni su quanto emerso dall’intervista, è doveroso operare due puntualizzazioni di metodo. Le tematiche toccate nel corso del colloquio sono infatti circoscritte alla tipologia dei Piani Formativi, con particolare attenzione al coinvolgimento degli Enti Locali (in primis le Regioni) nella governance del settore. Sono escluse le iniziative di formazione continua programmate e gestite dalle singole realtà aziendali e finanziate per intero con su risorse private. Lo scopo è stato dunque quello di comprendere, a partire dall’esperienza diretta di analisti del settore, lo stato di attuazione e una valutazione complessiva delle iniziative formative complesse, che hanno chiamato gli enti locali nell’adattare la formazione a specifiche realtà di sviluppo territoriale o settoriale, con il coinvolgimento delle parti sociali nella fase di pianificazione, programmazione e realizzazione degli interventi. Dal punto di vista delle tipologie di formazione continua, il riferimento normativo è ai Piani formativi aziendali settoriali e territoriali, ai sensi della Circolare 65/1999, recante disposizioni relative alla “Sperimentazione di Piani formativi aziendali, settoriali e territoriali ai sensi dell´art. 9 della Legge 236/93”. Come noto, la legge ha definito il piano formativo come “un programma organico di azioni formative concordato dalle Parti Sociali e rispondente a esigenze aziendali, settoriali, territoriali”. Con tale Circolare si è quindi realizzata una prima sperimentazione di livello nazionale. Gli atti successivi (Circolare 92/00, DD 511/01, DD 296/03) hanno invece visto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali coinvolgere le Regioni e le Province Autonome nell´attuazione degli interventi, attraverso la ripartizione delle risorse disponibili. Infine, l’art. 48 della legge 289/02, ha introdotto l´ulteriore tipologia dei Piani formativi individuali. In questo quadro, particolare l’attenzione è andata al coinvolgimento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua, al ruolo connesso delle Parti sociali nella loro espressione bilaterale e alle potenzialità di coordinamento regionale dei sistemi. Le risultanze dell’intervista saranno suddivise in tre dimensioni: i. Le criticità nel sistema della formazione continua ii. Alcune esperienze di rilievo di tipo regionale (Emilia Romagna e Puglia) iii. Alcune proposte programmatiche per la Regione Marche. 29 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Le criticità nel sistema della formazione continua Sullo scenario generale dei sistemi regionali di formazione continua, con riferimento agli interventi rientrati prevalentemente nella programmazione FSE 2000‐2006, emergono subito una serie di criticità riscontrabili su almeno 3 dimensioni: a. Difficoltà di integrazione tra risorse regionali (L.236/93 e FSE) e Fondi interprofessionali; b. Spiccata sottorappresentazione delle PMI e delle categorie svantaggiate nell’offerta dei Fondi interprofessionali; c. Difficoltà di valutare la sostenibilità degli interventi nel medio periodo; a. Difficile integrazione tra risorse regionali e fondi interprofessionali Emerge innanzitutto una difficoltà di compartecipazione tra risorse regionali e interprofessionali nel convergere verso programmazioni di politiche formative condivise. Nel complesso, l’introduzione dei Fondi Paritetici, dal 2004, non ha intaccato il livello di risorse stanziate alle Regioni e ha, anzi, consentito un importante incremento di risorse disponibili nei diversi territori. Tuttavia questo incremento non ha significato a un tempo un’integrazione negli obiettivi generali delle due fonti di finanziamento. Le ragioni di questa evidenza possono essere riscontrate innanzitutto nella logica che soggiace le strategie dei due attori, Enti locali e Fondi, che gli intervistati identificano nella dicotomia logica cooperativa vs logica competitiva. In effetti, nonostante i richiami alla cooperazione tra le fonti, è del tutto ovvio che il sistema dei Fondi interprofessionali per la Formazione Continua ha necessariamente lo scopo di assorbire progressivamente i fondi provenienti dal contributo dello 0,30%. I Fondi assumono un’articolazione territoriale e sono chiamati a realizzare un raccordo con la programmazione regionale (Ministero del lavoro 2002), ma questa architettura non inficia la pur ragionevole autonomia decisionale dei Fondi, che deve seguire una strategia prioritariamente customer oriented. Come noto, il meccanismo di finanziamento dei Fondi, pur basandosi su un contributo obbligatorio, prevede la volontarietà della scelta di adesione della singola impresa al Fondo. Come insegnano le esperienze di altri Paesi di più navigata esperienza in questo campo – come la Francia – i possibili limiti di questo sistema sono i seguenti: • le difficoltà di cooperazione con una programmazione dell’offerta formativa congiunta con l’Ente pubblico; • la necessità di soddisfare prioritariamente i contribuenti principali, ovvero le grandi imprese; • le difficoltà di coinvolgimento delle imprese minori, che per vincoli dimensionali versano meno e non riescono ad accedere in misura corrispondente ai finanziamenti. Seppure siano osservabili alcuni casi di interesse rispetto alla qualità delle esperienze di integrazione dei fondi, secondo gli intervistati queste criticità nella integrazione dei fondi e del contrasto tra logiche differenti – cooperativa vs competitiva – sono registrabili in tutte le Regioni italiane: proprio per ovviare questa circostanza emergeranno alcuni spunti di riflessione proposti dagli analisti Isfol, di seguito illustrati. 30 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” b. Spiccata sottorappresentazione delle PMI e delle categorie svantaggiate nei fondi interprofessionali. Strettamente connessa alla criticità precedente è la spiccata sottorappresentazione delle piccole imprese nell’accesso agli interventi di formazione nei Fondi interprofessionali. Per le ragioni anticipate poc’anzi, il rischio è che il sussidio erogato dai Fondi rappresenti in larga parte le grandi realtà aziendali, e non solo per le disparità di apporto finanziario. In effetti, dal momento in cui le piccole imprese, pur aderendo ai Fondi e contribuendo al loro finanziamento, non riescano ad accedere in misura corrispondente ai finanziamenti per le attività formativa, aumentano le probabilità che queste rinuncino del tutto ad aderire. In tal caso, la preferenza ricadrebbe sull’offerta pubblica (regionale e/o provinciale). Lo stesso problema di copertura dell’offerta di servizi del sistema dell’interprofessionalità riguarda la capacità dei Fondi di coinvolgere anche dei segmenti di forza lavoro più deboli. La capacità di conciliare questa esigenza con quella delle imprese di soddisfare le proprie priorità formative dipende in modo sostanziale dal tasso di adesione ai Fondi e quindi dalla misura dei flussi finanziari a disposizione. Ad ogni modo restano escluse le categorie non rientranti nel campo di applicazione originario del contributo dello 0,30% (Ministero del lavoro 2003) in buona parte coincidenti con segmenti svantaggiati di forza lavoro. Per questo il richiamo sarebbe alla integrazione massima con le strategie regionali – e provinciali – peraltro già incoraggiata dall’ultimo riparto delle risorse del novembre 2009 (Decreto Direttoriale n. 320/V/2009), che sostiene le amministrazioni con risorse anche per interventi a favore di lavoratori colpiti dalla crisi, ai giovani disoccupati che abbiano avuto un contratto di lavoro interrotto al 31/12/2008 e con priorità per i lavoratori delle piccole e medie imprese. c. Difficoltà di valutare la sostenibilità degli interventi nel medio periodo. Un’altra criticità insita alle riflessioni su quanto registrato in termini di FC nelle programmazioni regionali riguarda i problemi di valutazione dell’efficacia nel medio/lungo periodo, tanto in relazione al ritorno dell’investimento pubblico sullo sviluppo locale (lungo periodo) quanto da un punto di vista di ritorno di produttività aziendale (breve/medio periodo). A rendere il tutto ancora più difficile è la carenza complessiva di analisi di questo tipo, specie sulle attività finanziate con fondi regionali e FSE, dove nella gran parte dei casi ci si limita all’analisi delle risorse spese e alla rendicontazione della attività. Di certo le difficoltà insite nel valutare piattaforme formative complesse, geograficamente ampie e intersettoriali è dovuto anche al fatto che i benefici prodotti sono per lo più intangibili, immateriali e per questo difficilmente identificabili, distinguibili e quindi misurabili. Anche nella discussione complessiva su buone pratiche e/o buone esperienze di formazione, risulta quindi difficile riuscire a elaborare modelli attendibili e di facile utilizzo per valutare e confrontare i benefici attesi, i risultati ottenuti e le risorse impiegate per la realizzazione degli interventi formativi. Alcune esperienze di rilievo di tipo regionale Rispetto alla indicazione di “buone pratiche” registrabili a livello regionale, gli intervistati precisano che, in assenza di elenchi e/o procedure istituzionalmente riconosciuti, su questo fronte sia problematico stabilire delle pratiche definibili come buone. A tal fine si ritiene opportuno individuare alcuni esempi di esperienze buone, che per alcune caratteristiche positive e più o meno riproducibili risultino esemplari. 31 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” In questo quadro, tra gli esempi interessanti che gli intervistati considerano in termini di buone esperienze, al di là del caso della Regione Toscana, già ampiamente presente nella letteratura sul tema, ci sono i seguenti: Regione Emilia Romagna ¾ Consorzio ASTER – Rete Alta Tecnologia; ¾ Sovvenzione SPINNER – Interventi per la qualificazione delle risorse umane nel settore della ricerca e della innovazione tecnologica. Regione Puglia ¾ Progetto ARTI – Agenzia regionale per la Tecnologia e l’Innovazione; ¾ Programma BOLLENTI SPIRITI – Programma per le Politiche Giovanili. Si tratta in tutti i casi di programmi coordinati a livello regionale e concentrati sui temi della ricerca, dell’high tech e del trasferimento di nuove tecnologie e competenze. • Regione Emilia Romagna Il Consorzio ASTER, che si configura come l’organizzazione in forma associativa dei Tecnopoli (Rete Alta Tecnologia dell’Emilia‐Romagna) è frutto dell’accordo tra la Regione Emilia‐Romagna, le locali Università (Bologna, Modena e Reggio Emilia, Ferrara e Parma), le sezioni regionali del CNR e dell’ENEA, l’Unione regionale delle Camere di Commercio e le Associazioni imprenditoriali regionali. L’esperienza nasce sulla base del Protocollo d’Intesa del febbraio 2001, documento interessante in cui le parti, tra gli impegni presi, indicano la volontà di creare e sostenere una rete per il Trasferimento Tecnologico regionale tramite: −
monitoraggio della domanda e dell’offerta di ricerca e di innovazione in regione e monitoraggio dei progetti di ricerca sviluppati in regione, anche attraverso lo sviluppo e la gestione di banche dati della ricerca, in integrazione con banche dati esistenti a livello nazionale, comunitario e internazionale; −
supporto alle Università e ai centri di ricerca nelle attività di analisi, elaborazione di proposte e progettazione per l’alta formazione in specifici ambiti scientifici, tecnologici e industriali e, in generale, per lo sviluppo e la promozione di una cultura dell’innovazione; −
diffusione dell’informazione scientifica e della produzione di ricerca e tecnologia e valorizzazione e organizzazione del rapporto tra il sistema della ricerca regionale e le imprese; −
promozione di progetti di qualificazione del personale per il trasferimento tecnologico e supporto alla mobilità dei ricercatori anche verso le imprese. Nello specifico degli obiettivi della Società consortile, che opera senza scopo di lucro, secondo quanto sancito nell’Accordo di Programma Quadro del settembre 2009 tra Regione Emilia‐
Romagna, Università ed Enti di ricerca per la realizzazione della Rete Regionale di Alta Tecnologia nell’ambito dell’attuazione dell’Asse I Attività 1.1 del POR FESR 2007‐2013, le attività svolte sono: − promozione dello sviluppo e coordinamento dei Tecnopoli – Rete Alta Tecnologia dell’Emilia‐Romagna, costituita da laboratori e centri di ricerca industriale e/o per il trasferimento tecnologico; 32 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” − organizzazione delle strutture partecipanti ai Tecnopoli in Piattaforme tecnologiche tematiche; − promozione, in coordinamento con Università ed Enti di ricerca, di iniziative di alta formazione e di valorizzazione del capitale umano ai fini del loro impiego nella ricerca condotta dalle imprese. Sul fronte del capitale umano, Aster realizza interventi prevalentemente a favore degli addetti nei settori delle R&I, favorendone la valorizzazione nel sistema produttivo regionale. Le linee di azione riguardano il sostegno alla trasferibilità delle competenze acquisite dal sistema della ricerca al sistema delle imprese, lo sviluppo dei profili del ricercatore industriale e del manager del trasferimento tecnologico, la partecipazione dei giovani ricercatori a progetti, programmi e opportunità di finanziamento sostenuti da autorità regionali, nazionali, comunitarie e internazionali a favore della ricerca, del trasferimento tecnologico e dell’innovazione. Tra i progetti attualmente in corso troviamo: − Aster DOC 2010 ‐ Servizi per i ricercatori: percorso intensivo finalizzato alla conoscenza delle imprese e alla sensibilizzazione alle problematiche del trasferimento tecnologico; − DOCENT Project ‐ DOCtors in ENTerprise: finanziato con il sostegno della Commissione Europea nell’ambito del Programma di Apprendimento permanente – Programma settoriale Erasmus – Progetti Multilaterali di Cooperazione tra Università ed Impresa, il progetto propone di potenziare le prospettive di carriera dei dottori di ricerca di area tecnico‐scientifica attraverso la progettazione, sperimentazione e valorizzazione di moduli formativi innovative; − EuKTS ‐ European Knowledge Transfer Society: finanziato dalla CE nell’ambito del VII Programma Quadro (Programma “Supportare lo sviluppo coerente delle politiche per la ricerca”), EuKTS mira alla modellizzazione di un organismo transnazionale a supporto delle politiche europee di R&I attraverso il coordinamento delle associazioni/network professionali nel settore del trasferimento tecnologico deputato alla definizione di standard europei per la formazione. Proprio nell’ambito del Consorzio ASTER nasce il programma denominato Spinner, finanziato nell’ambito del POR‐FSE e gestito da un omonimo Consorzio, costituito da Fondazione Alma Mater, ASTER e INVITALIA, selezionato con bando di gara per l’individuazione di un Organismo Intermediario responsabile per l’attuazione della Sovvenzione Globale "Interventi per la qualificazione delle risorse umane nel settore della ricerca e della innovazione tecnologica". Le azioni previste dal Programma Spinner si inquadrano nell’obiettivo di innalzare il livello qualitativo e quantitativo dell’offerta formativa, orientandola verso ambiti prioritari di interesse per il sistema economico, caratterizzati da elevato contenuto innovativo e tecnologico e favorendo la creazione di reti di soggetti ed istituzioni pubblici e privati. Obiettivi specifici sono la creazione e/o il rafforzamento di reti tra università, centri tecnologici di ricerca, mondo produttivo e istituzionale, istituzioni scolastiche, istituti di istruzione superiore per promuovere l’innovazione e la ricerca e generare impatti positivi su aree strategiche per lo sviluppo economico regionale. Rispetto alla qualificazione delle risorse umane le azioni riguardano i seguenti ambiti: •
la nuova imprenditorialità innovativa; •
la ricerca applicata, il trasferimento tecnologico e lo sviluppo pre‐competitivo; 33 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” •
l’innovazione manageriale e organizzativa; •
la maggiore presenza delle donne in settori e ruoli a forte contenuto tecnologico e di innovazione; la mobilità internazionale. Insieme ad altri interventi cofinanziati dal FSE Spinner nasce per costruire una comunità della conoscenza per l’innovazione e conta su una rete territoriale di 10 sportelli localizzati presso le università e i centri di ricerca pubblici dell’Emilia‐Romagna – denominati Spinner Point – già operativi tra il 2000 e il 2006 per l’attuazione lo Spinner del VI Programma Quadro. • Regione Puglia Il Programma Bollenti Spiriti è una iniziativa della Regione Puglia, avviata dal novembre del 2005 e promossa dall’Assessorato alle Politiche Giovanili e alla Cittadinanza Sociale in collaborazione con diversi assessorati, i settori e le agenzie regionali che realizzano interventi in favore dei giovani. Il coordinamento è a capo del Servizio Politiche Giovanili e Cittadinanza Sociale. Si tratta di un vasto programma di cui la Regione Puglia si è dotata per la governance delle politiche giovanili, e propone un insieme di interventi e di azioni dedicate “ai giovani pugliesi e a chi lavora con e per loro”. La logica che soggiace al programma è interessante poiché ci si rivolge ai giovani in quanto tali e non solo in quanto studenti, disoccupati, soggetti da proteggere o categoria a rischio; in altre parole l’obiettivo non è “risolvere il problema dei giovani”, ma offrire strumenti per permettere ai giovani cittadini pugliesi di partecipare a tutti gli aspetti della vita della comunità. Ad oggi il Bollenti Spiriti ha realizzato alcune importanti iniziative, tra le quali: − Contratto Etico Giovanile, ovvero borse di alta formazione per oltre 5.000 giovani neolaureati pugliesi (spesa complessiva: circa 60 milioni di Euro). Da marzo 2008, il contratto etico è stato rinominato «Ritorno al Futuro» ed è interamente gestito dall’Assessorato al Lavoro e alla Formazione Professionale. − Laboratori Urbani, ovvero il finanziamento di 71 progetti per ristrutturare circa 150 edifici abbandonati in tutta la regione e trasformarli in laboratori da dedicare all’espressione e alla creatività giovanile (spesa complessiva: 44 milioni di Euro). − CreativeCamp, iniziativa sperimentale sulla creatività giovanile (prima edizione – settembre 2007 e seconda edizione maggio 2008); − Cosa Bolle in Pentola, ricerca su risorse e bisogni dei giovani pugliesi commissionata all’Università degli Studi di Bari . − MOMArt, Motore Meridiano delle Arti per la riconversione di una ex discoteca sequestrata alla criminalità organizzata in un centro di promozione della legalità e della creatività giovanile; − Libera il bene, iniziativa per il riuso sociale dei beni confiscati alla mafia (in collaborazione con l’associazione Libera); con una spesa complessiva di oltre 150 milioni di Euro, Bollenti Spiriti rappresenta il più importante investimento economico mai realizzato da una regione italiana in favore delle giovani generazioni. A febbraio 2008, la Giunta Regionale ha approvato il nuovo Piano di Azione Bollenti Spiriti per il periodo 2008/2009, con l’obiettivo di realizzare interventi per promuovere l’attivazione e il protagonismo dei giovani pugliesi. A maggio del 2008, l’Assessorato alla Trasparenza e 34 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Cittadinanza Attiva ha firmato un Accordo di Programma Quadro con il Governo Italiano per accedere alle risorse del Fondo Nazionale Politiche Giovanili. Nell’ambito del nuovo Piano d’azione, e utilizzando le risorse del Fondo, Bollenti Spiriti ha realizzato il concorso Principi Attivi – Giovani Idee per una Puglia migliore (spesa complessiva: 10,5 milioni di Euro). Principi Attivi è giunto ora alla seconda edizione con un finanziamento di 5.2 milioni di Euro da fondi di bilancio regionale. A febbraio del 2010, la Regione Puglia ha promosso il Bollenti Spiriti Camp, un evento aperto, interamente costruito con modalità partecipate, dedicato alla presentazione dei progetti e delle iniziative di Bollenti Spiriti e all’incontro tra tutte le persone che, in Puglia, realizzano esperienza di attivazione. Per quanto riguarda il programma «Ritorno al Futuro» di alta formazione, si tratta di un finanziamento nell’ambito del POR PUGLIA per il Fondo Sociale Europeo 2007/2013 ‐ Obiettivo 1 Convergenza, approvato con Decisione C(2007)5767 del 21/11/2007 (2007IT051PO005). La Regione ha finanziato borse di studio per la partecipazione a master universitari di primo e secondo livello attivati dalle Università italiane, attività formative post‐lauream, master post‐
lauream organizzati da istituti di formazione in Puglia, Italia e all’estero allo scopo di accrescere i livelli di alta specializzazione regionali e aumentare la competitività dei sistemi produttivi. Il “Contratto etico” iniziale consisteva nell’impegno dei giovani beneficiari a tornare in Puglia per mettere a disposizione della collettività le competenze acquisite fuori regione. Il sistema è dotato di un database dei curricula dei giovani specializzati per il matching domanda e offerta. Per quanto riguarda la ARTI – Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione ‐ costituita con L.R. n°1 del 7 gennaio 2004, si tratta di un ente strumentale della Regione Puglia, diventato pienamente operativo nell’autunno del 2005 a seguito delle Deliberazioni n°1172 del 06/08/2005 e n°1297 del 20/09/05. L’attività dell’ARTI si inserisce nella strategia di sviluppo economico della Regione Puglia, basata sul ruolo della Ricerca e dell’Innovazione per la crescita economica e la coesione sociale, ed è orientata a promuovere, stimolare e soddisfare la domanda di innovazione delle imprese e dei sistemi produttivi locali e la riqualificazione del capitale umano. ARTI nasce con l’obiettivo di promuovere e consolidare il Sistema dell’Innovazione Regionale (SIR): attori pubblici e privati che collaborano con strategie comuni. In particolare, si occupa di contribuire all’elaborazione delle strategie regionali sull’innovazione e la competitività; di favorire le relazioni tra scienza e industria e tra scienza e società; di sostenere le attività di innovazione delle imprese; di favorire il collegamento internazionale di tutti gli attori del sistema regionale di R&I. La sua attività è, dunque, strutturata secondo tre linee guida: •
elaborazione della conoscenza, attraverso un’analisi del SIR che fornisca una mappa completa degli attori (produttori e utilizzatori di conoscenza) e le informazioni rilevanti sul livello, le caratteristiche e l’evoluzione dell’innovazione in Puglia; a questa analisi concorre anche il monitoraggio delle politiche europee, nazionali e regionali, per un migliore utilizzo delle risorse pubbliche e per un migliore coordinamento degli interventi rispetto alle iniziative comunitarie e nazionali; •
la promozione di attività innovative, attraverso lo stimolo alla realizzazione di progetti comuni fra imprese, università, enti pubblici ed eventuali attori esterni, in specifiche filiere tecnologiche; in questa linea di azione rientra anche la promozione del SIR su scala nazionale ed internazionale, da realizzare facilitando il collegamento del sistema 35 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” dell’offerta tecnico‐scientifica pugliese con le eccellenze scientifiche a livello europeo ed internazionale; •
la diffusione della conoscenza, da realizzare attraverso specifiche azioni di animazione territoriale che abbiano per obiettivo lo sviluppo e la diffusione della cultura e della pratica dell’innovazione e dunque le conoscenze del sistema innovativo regionale, le opportunità imprenditoriali, le politiche comunitarie, nazionali e regionali. Conclusioni – SWOT Analysis di riepilogo Punti di forza Punti di debolezza Fattori interni •
Strutture regionali capaci di poter avviare politiche integrate di innovazione e formazione (specie per Marche, Toscana, Emilia Romagna e Puglia) Difficile integrazione tra Fondi interprofessionali e fondi regionali •
Persistenza di logiche differenti (cooperativa vs competitiva) •
Persistenza di problemi di valutazione dell’efficacia nel medio/lungo periodo (sostenibilità degli interventi) Minacce Opportunità Fattori esterni •
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Sostegno finanziario attraverso le risorse ministeriali in direzione dei segmenti sottorappresentati e delle PMI •
Complessiva difficoltà di accesso agli interventi di formazione per i segmenti più deboli della forza lavoro •
Nascita e diffusione di piattaforme per la ricerca e l’innovazione, a governance regionale •
Assenza di politiche industriali e in generale di interventi lato domanda di lavoro •
Storno di ingenti quote di risorse FSE verso ammortizzatori sociali con conseguente rischio di ampliamento degli interventi formativi tampone, non inseriti in quadri di sviluppo locale congruenti Spunti di riflessione Entrambe le esperienze regionali indicate dagli intervistati seguono un filo conduttore importante: il connubio tra centralità della governance regionale, importanza delle attività di R&I e necessità di piani di alta formazione coerenti con lo sviluppo locale. Oltre alla Toscana, i casi di Emilia Romagna e Puglia sono indicativi in quanto buone esperienze per la centralità dell’Ente regionale nella governance del settore della ricerca e innovazione, strettamente connesso alla creazione di impresa, alla diffusione delle competenze, al rafforzamento della competitività regionale. In più, la Regione in questi casi vede arrecare a sé anche buona parte della programmazione delle attività formative qualificate, per alti profili, con l’apporto dei centri di ricerca locali ma anche con l’appoggio delle Parti Sociali. 36 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” A questo punto è da sottolineare che, secondo gli intervistati, anche la Regione Marche va segnalata come una avanguardia in questo senso; le politiche e gli interventi implementati marchigiani sono da esempio altrove, e appare questo un punto di partenza per le riflessioni che gli analisti ISFOL propongono come messaggio da trasferire alla Regione. In coerenza con le esperienze quì considerate di buona fattezza (ASTER, Bollenti Spiriti ecc.), e considerando le difficoltà di integrazione – e cooperazione – tra le strategie regionali e le strategie dei Fondi interprofessionali (per le ragioni viste sopra), occorre pertanto favorire il protagonismo regionale nella programmazione degli interventi di innovazione e alta formazione. In altre parole l’Ente Regionale, pur mantenendo una funzione pubblica nel sistema e tutelando le realtà che accedono alla formazione con maggiori difficoltà (PMI, disoccupati ecc.), deve evitare forme di complementarietà rispetto al sistema interprofessionale e agire in autonomia, veicolando innovazione e alta formazione in un quadro complessivo di sviluppo regionale o territoriale. In questo modo, secondo gli intervistati, i vantaggi per l’Ente regionale vanno in due direzioni: •
da un lato, si evita quella divisione del lavoro che è possibile registrare in molte regioni italiane, in cui all’Ente pubblico vengono implicitamente delegate quasi esclusivamente le attività di formazione rivolte ai target svantaggiati, in un’ottica politica in cui le politiche formative appaiono spesso come politiche di inclusione sociale; •
al contrario, anche la Regione Marche – come ad esempio Toscana, Emilia o Puglia – ha le potenzialità, i mezzi e l’assetto istituzionale ottimale per intraprendere – come del resto già fa – disegni complessivi di sviluppo, occupando anche di creare e formare profili alti; questa strategia potrebbe, nel lungo periodo, comportare comunque un allineamento dell’offerta proposta dai Fondi interprofessionali, che potrebbero essere interessati a convergere per un quadro di intervento comune. 37 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 4.1.4) Federico Baldelli & Flavia Pace – CESOS ANAGRAFICA GENEARLE Nome Cognome Federico Baldelli ‐ Flavia Pace Organizzazione di appartenenza CESOS Ruolo Responsabili Osservatorio F.C. Provincia di Roma Ambito territoriale Regionale Recapito [email protected][email protected] data intervista 21 dicembre 2010 Luogo dell’intervista Sede CESOS, Via Po, 102 ‐ 00198 Roma Contesto generale L’Osservatorio permanente sulla Formazione Continua (OFC), promosso dall’Assessorato alle Politiche per il Lavoro e la Formazione della Provincia di Roma, è uno strumento per promuovere la cultura e l’accesso alla formazione continua. È stato ideato come la sede per costruire dialogo, condivisione e cooperazione tra l’Amministrazione provinciale e il territorio – Parti Sociali, Centri di Formazione Professionale, Centri per l’Impiego, lavoratori e imprese – per assicurare una sempre maggiore coerenza tra l’offerta di formazione e le esigenze del sistema produttivo. L’Osservatorio contribuisce a rilevare ed elaborare la domanda di formazione, a supportare la programmazione, a coordinare e rendere trasparente l’offerta di formazione continua e infine a monitorare i risultati degli investimenti. L’esperienza nasce come sperimentazione sul contesto della Provincia di Roma (che, per inciso, include l’80% degli abitanti Regione Lazio), con la prospettiva iniziale di coinvolgere progressivamente tutto il resto della regione. Successivamente, tuttavia, si è svolto un incontro di ripartizione delle competenze tra Regione e Province, in seguito al quale l’Osservatorio è rimasto di competenza provinciale, escludendo quindi di fatto una parte della formazione continua sviluppata a livello regionale. Questo ha costituito una complicazione nello svolgimento delle attività, tanto da un punto di vista dell’accessibilità ai fondi pubblici (che la disciplina affida come prerogativa regionale), sia perché non sempre è possibile reperire informazioni sui corsi finanziati a livello provinciale (i Fondi interprofessionale hanno un monitoraggio a livello nazionale e, al limite, regionale). Per questi motivi focus operato dall’Osservatorio risulta così più ristretto, poiché spurio di alcune fonti di finanziamento a livello regionale e nazionale che non sono riconducibili al territorio provinciale. Ciononostante, il caso dell’OFC può risultare particolarmente interessante perché fornisce notevole importanza al ruolo dei Centri per l’Impiego (CPI) come principali terminali di contatto con le aziende ed i lavoratori sul tema della formazione continua, oltre che per il lavoro in senso stretto. I CPI della provincia di Roma, per quanto sottodimensionati rispetto alle reali necessità del territorio, si stanno infatti sempre più indirizzando verso l’erogazione di corsi di formazione, sul modello di quelli del nord e centro Italia, tra cui quelli delle Marche, ritenuti particolarmente efficienti. In tal senso è stato citato il caso di Testaccio, come vetrina per la promozione delle attività formative dei CPI provinciali. Nel locale CPI è stato implementato lo sportello Porta futuro, che si occupa di orientamento al lavoro e formazione sulla scia del più noto incubatore Porta 22 di Barcellona, nato nel 2003 e che 38 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” oggi sostiene 66mila utenti, con una media di 15mila persone che frequentano i corsi di formazione. Porta futuro, che entrerà a pieno regime dal maggio 2011, ha l’obiettivo generale di favorire la formazione professionale e l’accesso al mondo del lavoro. La struttura consta di 1.500 metri quadri, nella quale vengono erogati servizi per individuare i percorsi formativi e di orientamento al lavoro più appropriati agli utenti in cerca di un aiuto qualificato. Lo strumento innovativo per operare in tal senso è un software – anche in questo caso importato dalla Spagna ‐ contenente una serie di applicazioni in grado di individuare i percorsi formativi migliori a seconda dei singoli profili professionali e fornisce informazioni utili per mettere in contatto domanda e offerta di lavoro in modo efficace. Questo può far nascere una riflessione di fondo, legata all’individuazione di quale sia la sede più opportuna per sviluppare un dialogo pubblico adeguato sul tema della formazione continua. Modalità di funzionamento dell’Osservatorio L’Osservatorio è un’iniziativa dell’Assessorato alle Politiche per il Lavoro e la Formazione della Provincia di Roma, la cui realizzazione è affidata all’ATS CESOS ‐ ASSOCIAZIONE SMILE ‐ ERFAP LAZIO, di concerto con le Parti sociali che presiedono il Gruppo di Pilotaggio. Il CESOS, di emanazione sindacale, si trova continuamente ad intermediare tra gli interessi dell’amministrazione provinciale e quelli delle parti sociali (tra cui gli stessi sindacati, che rivestono un ruolo decisivo), coinvolte attivamente nello svolgimento del progetto attraverso il Comitato di Pilotaggio, nel quale si discutono tutti i contenuti, i modelli e gli output di progetto. Le attività svolte dall’Osservatorio riguardano prevalentemente: •
Formazione alle parti sociali e al personale dell’amministrazione provinciale sul sistema della formazione continua; •
Promozione dei canali di finanziamento disponibili ed analisi dei fabbisogni alle imprese; •
Supporto alle aziende del territorio volta alla presentazione di piani formativi finanziabili; •
Organizzazione dell’offerta: creazione del database degli enti di formazione e dei fondi interprofessionali presenti sul territorio; •
Governance e territorio: definizione della rete degli attori istituzionali e sociali; •
Monitoraggio e valutazione della qualità delle azioni formative erogate; •
Rilevazione della domanda di formazione continua espressa dalle imprese, che nel tempo è diventata sempre più una rilevazione delle domande pervenute piuttosto che delle azioni formative effettivamente erogate. Alcuni spunti di riflessione Innanzitutto va rilevato come l’implementazione delle attività dell’Osservatorio sopra elencate abbiano agevolato il coinvolgimento di tante nuove aziende nel mondo della formazione continua, che spesso si sono rivelate aziende sane e attive, anche in questo particolare momento di congiuntura negativa. L’attività di rilevazione della domanda, indagando su aziende e lavoratori, ha fornito una fotografia sull’utilizzo dei piani formativi nella Provincia di Roma, mettendo in luce alcuni spunti interessanti, riassunti come segue: 39 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” ⇒ Circa l’80% delle aziende si avvale di una società esterna per l’analisi dei fabbisogni e per l’erogazione dell’attività formativa: mentre le grandi aziende generalmente si organizzano con il proprio personale interno, le aziende più piccole necessitano di una consulenza esterna, senza la quale non sono in grado di presentare piani formativi e, spesso, non sono neppure a conoscenza delle opportunità formative disponibili. ⇒ Mediamente vengono utilizzate ingenti risorse per l’attività di progettazione ed analisi dei fabbisogni, mentre sono ancora insufficienti le risorse messe a disposizione per l’erogazione dei moduli formativi. L’attuale assessore provinciale, tuttavia, sembra voler invertire questa tendenza. ⇒ La quasi totalità delle richieste di formazione arriva da aziende presenti nel territorio metropolitano di Roma, mentre le aree più esterne (seppur ricche di insediamenti produttivi) ne fanno ricorso in maniera decisamente inferiore. Da questo punto di vista si è notato che la presenza sul territorio di enti di formazione catalizza l’attenzione delle imprese, spingendole ad interessarsi al tema della formazione continua. Va inoltre sottolineato il tentativo di coinvolgere le associazioni datoriali nella rilevazione dei fabbisogni alle imprese del territorio, soprattutto per la rete di piccole e medie imprese (PMI), esperimento che però non ha prodotto i risultati attesi. Anche per tale motivo si è ritenuto strategico potenziare il ruolo dei CPI provinciali nel campo della formazione continua. Bisogna sottolineare infine, a conferma di quanto registrato nella precedente intervista, come i Fondi Interprofessionali si siano mostrati generalmente “forti” e talvolta autoreferenziali, evitando spesso il confronto con gli organi istituzionali preposti. Da questo punto di vista, l’apertura alla sussidiarietà con il pubblico appare difficoltosa, spesso limitata alla produzione di documenti formali (atti, convenzioni, accordi, ecc.) piuttosto che volta alla reale collaborazione per la co‐
progettazione di interventi mirati. Questo fenomeno appare radicato in quasi tutte le regioni italiane, dove i tavoli di indirizzo per la formazione continua si sono incontrati solo sporadicamente e con scarsi risultati dal punto di vista operativo. Alla luce di ciò, l’integrazione tra fondi pubblici e fondi interprofessionali appare quindi più una “buona intenzione” piuttosto che una pratica effettivamente seguita e radicata sui territori. Buone pratiche L’attività di monitoraggio e valutazione della qualità delle azioni formative erogate ha previsto anche lo svolgimento di approfondimenti qualitativi (tramite interviste mirate e raccolta di documentazione ad hoc) ad otto imprese pilota del territorio provinciale, individuate in base ad alcuni principi di fondo, quali: •
eterogeneità settoriale, tipica del territorio della Provincia di Roma; •
dimensione aziendale, privilegiando normalmente quelle di dimensioni maggiori, che hanno un impatto più elevato sul territorio; •
esperienza aziendale nell’attività formativa: a tal fine è stato scelto di escludere quelle alla prima esperienza formativa. Non si tratta quindi di un elenco di “buone pratiche”, bensì un approfondimento su alcuni casi di studio, al fine di comprendere meglio quello che è successo nel percorso che parte dalla progettazione del piano formativo fino all’erogazione dei moduli didattici e alla rilevazione della qualità percepita. Con riferimento invece alle buone pratiche ritenute tali in ambito nazionale per l’innovazione nella metodologia e/o negli strumenti didattici adottati, la dott.ssa Pace ritiene che, con 40 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” riferimento alla sua esperienza in materia, non è in grado di citare casi realmente interessanti, poiché la quasi totalità delle imprese (anche quelle tecnologicamente più avanzate) appare estremamente legata alla “classica lezione frontale in aula”, la sola che consenta realmente di apprendere nozioni al di fuori dell’ambiente lavorativo. Questo è ancor più vero considerando la rigidità del processo di rendicontazione, che appare saldamente ancorato alla consueta idea di formazione di tipo frontale, specie se svolta presso enti accreditati. Nell’ambito di un brainstorming sulle principali fonti di buone pratiche sulla formazione continua, i testimoni fanno riferimento all’ISFOL, al Ministero del Lavoro ed ai Fondi Interprofessionali. In particolare, il fondo Forte ha svolto recentemente un’analisi sulle buone pratiche a livello nazionale, mentre FAPI, assieme a CISL, ha svolto un monitoraggio sugli accordi stipulati nelle diverse regioni italiane. Lo stesso Osservatorio per la F.C. della Provincia di Roma ha pubblicato nel 2008 una documento per la definizione di un modello di governance del sistema della formazione continua, in cui si mettono a confronto le esperienze di governance nelle diverse regioni italiane. Tale documento sarà aggiornato all’inizio del 2011 con i principali accordi nazionali e regionali per l’integrazione dei Fondi e la mappatura delle buone pratiche, intese sempre come “esperienze rilevanti” nell’ambito degli strumenti di governo del sistema, ovvero le modalità che hanno utilizzato le diverse amministrazioni locali nella gestione del sistema della F.C. (accordi, protocolli, incontri, tavoli, ecc.). Si tratta pertanto di informazioni utilissime per la messa a punto della seconda seguente sezione del rapporto, dedicata alla individuazione e schedatura di 25 esperienze rilevanti nel campo della formazione continua. 41 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” SEZIONE QUINTA – Le esperienze rilevanti nel campo della formazione continua Premessa In questa Sezione vengono illustrate dinamiche e caratteri di 25 esperienze rilevanti nel campo della formazione continua, all’interno delle quali si procederà alla individuazione delle esperienze che saranno oggetto di approfondimento qualitativo nella sesta e ultima sezione. L’individuazione di queste buone pratiche è avvenuta attraverso l’analisi proposta nella Seconda Sezione e sintetizzata nella tavola sinottica in Appendice (4 dimensioni e 17 indicatori). La rilevazione delle esperienze è avvenute tramite indagine desk, arricchite – come mostrato – dalle indicazioni emerse nelle interviste qualitative. Con l’analisi siamo dunque giunti alla selezione delle pratiche/esperienze particolarmente rilevanti per la Regione Marche, anche alla luce di quanto emerso durante i focus groups provinciali, ovvero: • la diffusa inconsapevolezza dei reali fabbisogni da parte delle imprese e, di conseguenza, una scarsa attendibilità di analisi non accompagnate da una lettura professionale delle esigenze formative; • la necessità di coinvolgere/formare maggiormente gli imprenditori (non previsti come target né dal FSE né dai Fondi Interprofessionali); • l’opportunità di coinvolgere maggiormente i lavoratori per un’espressione più realistica dei fabbisogni formativi aziendali; • l’inadeguatezza dei modelli formativi e didattici più diffusi, ancora troppo ancorati all’aula e perciò doppiamente inefficaci: perché ostacolano la partecipazione effettiva dei dipendenti; perché contribuiscono a mantenere quell’immagine della formazione come "erogazione scolastica" scollegata alla realtà dell’impresa; • l’opportunità di una integrazione tra policy e strumenti della formazione continua, più a livello di processo che di target. Per ogni esperienza rilevata che presenti fasi e/o esempi considerabili “buone pratiche” – sempre considerando l’approccio modulare esposto nella Seconda Sezione – verranno proposte apposite schede descrittive, organizzate per paragrafi che rispecchiano le 4 dimensioni che identificano una “buona pratica”, ovvero: 1. quadro logico progettuale e attuativo; 2. innovatività; 3. sostenibilità; 4. trasferibilità. 42 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Le 25 esperienze, a loro volta, sono state organizzate per macroaree di analisi (o “elementi di innovazione”), come di seguito elencato: A) Buone Esperienze di integrazione fondi interprofessionali e FSE; B) Buone Pratiche di progettazione negoziata; C) Buone Pratiche di sviluppo delle competenze delle parti sociali sulla F.C.; D) Buone Pratiche per strumenti e metodologie; E) Buone Pratiche FSE a livello internazionale. 43 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1 Buone Esperienze di integrazione fondi interprofessionali ‐ FSE La Governance Regionale in tema di integrazione e programmazione di Formazione Continua L’Accordo Nazionale del 17 aprile 2007 prevede, come elemento necessario alla costruzione di un sistema integrato, che vi sia “coerenza tra quanto predisposto e attuato dalle Regioni e dai singoli Fondi in materia di FC e quanto convenuto” nell’Accordo stesso. Tutti gli Accordi nascono dalla necessità di dare risposte alle questioni aperte dall’Accordo Nazionale. In tale documento si afferma che il Sistema nazionale di FC, nella sua attuale configurazione, “si esplica in un insieme di iniziative plurime, spesso disgiunte e concorrenti che abbisognano di un coordinamento e di una programmazione unitaria, a cui partecipino tutti i soggetti interessati: le Regioni e le Province Autonome, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le Parti Sociali”. Conseguentemente nella loro articolazione interna gli Accordi prevedono, tra le finalità generali, di realizzare una riorganizzazione generale, anche in vista di dare maggiore operatività ai Fondi Paritetici Interprofessionali, e di creare un contesto di governance che raccolga e coordini strategicamente soggetti, compiti e azioni. A monte di una condivisione delle linee di intervento al fine di perseguire obiettivi sia in termini qualitativi che quantitativi, viene sancito il rispetto delle autonomie, delle competenze e degli obiettivi propri dei diversi soggetti di programmazione, compatibilmente con il sistema di regole proprie di ciascuna fonte di finanziamento e nel rispetto dell’autonomia organizzativa e gestionale dei soggetti gestori. Quest’ultima previsione se da un lato assicura il rispetto delle regole, delle attività e delle dinamiche interne dei vari soggetti, dall’altro rappresenta la problematica maggiore nella programmazione unitaria degli interventi. Una difficoltà che accomuna molte delle Regioni che hanno siglato l’Accordo riguarda infatti le forme di raccordo con i Fondi Interprofessionali. Quest’ultimi hanno un’organizzazione tale per cui esiste una forte centralizzazione a livello nazionale dei processi decisionali. Ciò determina talvolta o un’inoperatività degli strumenti attivati dagli Accordi o una scarsa presenza di momenti di programmazione unitaria. A fronte della necessità appena affermata di un collegamento, di un’integrazione dei vari soggetti che operano nel sistema di FC, va rilevato che in merito al rapporto con i Fondi Interprofessionali gli Accordi analizzati prevedono una strutturazione debole delle forme di raccordo e lasciano ai Tavoli di Coordinamento degli interventi di FC il compito di scegliere le modalità più appropriate con cui instaurare rapporti di collaborazione con i Fondi. Al riguardo si rileva che solo la Regione Marche ha specificato in maniera puntuale e incluso i rappresentanti dei Fondi nel Tavolo di Coordinamento degli interventi di FC. Sempre sul fronte delle relazioni con i FPI va messo in evidenza il fatto che nessuna Regione, ad eccezione della Campania, ha fatto partecipare i singoli Fondi Interprofessionali alla firma dell’Accordo Regionale: tale scelta lascia desumere che si è preferito coinvolgere le Parti sociali lasciando poi a queste ultime il compito di raccordarsi con i singoli Fondi. Oltre alla Campania una forma di “allargamento” sul fronte dei soggetti firmatari si rileva anche in Liguria: se in Campania alla firma dell’Accordo è intervenuto il Direttore generale di Fondimpresa, 44 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” in Liguria sono intervenute le Province: tale scelta è stata dettata dal fatto che in tale ultima Regione, le Province gestiscono tutte le risorse destinate alla Formazione Continua. In Campania il coinvolgimento di Fondimpresa è dovuto al fatto che il Protocollo è nato proprio a partire dalle sollecitazioni provenienti dai Fondi stessi che, per dare una risposta alle esigenze, non soddisfatte, di formazione provenienti dal mondo delle micro e piccole imprese chiedevano di attivare canali complementari di finanziamento. Gli Accordi prefigurano un Sistema integrato di FC a partire da una riconsiderazione complessiva degli strumenti finanziari che consenta di giungere da un lato alla formulazione di un’offerta formativa ampia e dall’altro allo sviluppo della competitività del sistema economico in un’ottica che contribuisca anche a rafforzare il diritto di accesso alla formazione di tutti i cittadini. Il risultato finale delle attività delineate negli Accordi è di soddisfare le richieste dei sistemi economici regionali, sia relativamente al consolidamento e all’aggiornamento delle professionalità già presenti nelle organizzazioni e nelle imprese, sia relativamente alle competenze necessarie per promuovere e sostenere i processi di sviluppo e innovazione. Gli Accordi inoltre prefigurano interventi formativi per tutti i lavoratori ‐ imprenditori, lavoratori dipendenti, lavoratori atipici, liberi professionisti, soci di imprese cooperative etc. – sia che siano garantiti dai finanziamenti dei Fondi Interprofessionali, sia che non lo siano prevedendo in questo caso l’intervento di altri fondi pubblici al fine di sostenere parità di accesso a tutte le iniziative di Formazione Continua. Il sistema di FC disegnato dai vari Accordi regionali per raggiungere le finalità prefissate deve dotarsi di strumenti che consentano la conoscenza, il monitoraggio e la valutazione del contesto per poi procedere alla programmazione degli interventi. Tutti gli Accordi, fatta eccezione per quello della Toscana, prevedono strumenti finalizzati alla ricostruzione di un quadro conoscitivo d’insieme, quantitativo e qualitativo, del sistema di Formazione Continua regionale, periodicamente aggiornato, che consenta di individuare strategie di sviluppo e qualificazione dell’offerta formativa e che costituisca l’elemento sul quale fondare un processo di valutazione congiunto del raggiungimento degli obiettivi condivisi. Tuttavia, su tale versante le attività e gli output ad oggi prodotti dalle singole Regioni dove è stato stipulato l’Accordo sono alquanto limitati, fatta eccezione per alcune realtà dove vengono prodotti rapporti, elaborati spesso da società esterne, che tuttavia non hanno una periodicità fissa e si sostanziano essenzialmente in schede di approfondimento tematico. Tutti gli Accordi prevedono la presenza di un organismo direttamente deputato al coordinamento degli interventi di Formazione Continua e, fatta eccezione per gli Accordi di Toscana e Veneto, ne definiscono la composizione. I compiti e le attività dei tavoli di coordinamento sono essenzialmente finalizzati alla garanzia sia di politiche coerenti per la costruzione di un sistema integrato di Formazione Continua che di un utilizzo ottimale delle risorse. I tavoli hanno il compito di produrre una strategia per garantire uno sviluppo in termini di qualità e di possibilità di accesso alla Formazione Continua tramite una programmazione efficace che consenta di armonizzare le azioni in una logica finalizzata a dare risposte in termini di competenza, competitività e capacità di innovazione. L’impostazione degli interventi di Formazione Continua deve essere elaborata in linea con le strategie e gli orientamenti propri delle politiche nazionali e comunitarie di formazione e di lavoro. 45 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Altra attività contemplata dagli Accordi inerisce la costruzione di un sistema regionale di certificazione delle competenze che, nel rispetto del sistema nazionale, garantisca la reale spendibilità dei percorsi formativi sia nel lavoro sia in successive fasi di formazione. Le attività post accordo Se da un lato gli Accordi hanno contribuito a rafforzare il sistema di relazioni tra Regioni e Parti sociali dall’altro va rilevato che a fronte di previsioni qualitativamente e quantitativamente consistenti in relazione ai compiti spettanti ai Tavoli di coordinamento, le attività consecutive alla stipula effettivamente realizzate sono assai limitate. La causa principale di tale stato di cose va rinvenuta nel fatto che la stipula degli Accordi risulta essere relativamente recente. Le difficoltà di programmazione maggiori ad oggi rilevate sono connesse ai diversi livelli in cui operano Regione e FPI. Questi ultimi infatti hanno una programmazione a livello nazionale che difficilmente si concilia con la programmazione regionale. Oltre alla relativamente limitata operatività temporale degli Accordi, alcuni motivi contingenti hanno inciso negativamente sullo svolgimento delle attività dei Tavoli e sull’attivazione degli altri strumenti previsti dagli Accordi: al centro dell’attenzione dei policy makers e dei programmatori in questo momento ci sono altre questioni legate alla crisi che sta interessando i mercati finanziari e che sta ora dispiegando i propri effetti anche sull’economia reale e che ha imposto una riflessione e un lavoro approfondito in merito alle risorse del FSE per far fronte alle difficoltà dei lavoratori che vengono espulsi da un numero di aziende in crisi sempre più in crescita. Inoltre, esistono una serie di nodi critici e di temi complessi che devono essere risolti su più livelli istituzionali e che richiedono tempi sicuramente non brevi per essere sciolti: ci si riferisce, da un lato, alla complessa materia dell’accreditamento nella quale è tuttora vivo il dibattito in merito alla necessità di evitare la costruzione di sistemi paralleli e concorrenti nel quale i Fondi fissano criteri e procedure unilateralmente definiti – e dall’altro alla definizione degli standard formativi e alla certificazione delle competenze acquisite anche attraverso la formazione finanziata dai Fondi Interprofessionali. I passi verso una integrazione organica, per quanto estremamente prudenti e comunque polarizzati su ambiti molto peculiari, almeno nella prima metà del 2008 erano stati comunque intrapresi attraverso la moltiplicazione degli Accordi di livello regionale. Successivamente questo processo, nelle forme in cui lo si è osservato, sembra avere avuto un rallentamento riconducibile essenzialmente alla fase di crisi economica, in cui le Regioni e gli stakeholders sul territorio sono stati chiamati ad attivare dispositivi di intervento per arginarla. In realtà la stessa crisi è un’occasione in cui i gestori di politiche di intervento (pubblici e privati) sono chiamati ad agire in forma concertata. Paradigmatico è il caso di alcuni ambiti territoriali, tra cui la stessa Toscana, in cui accanto alle amministrazioni pubbliche, anche a livello comunale, sono stati stretti Accordi con Camere di Commercio, Istituti bancari ed Enti di formazione. Per fronteggiare la crisi il sistema istituzionale, nella sua declinazione territoriale, necessita di risorse per far fronte alle politiche passive, e allo stesso tempo di una progettualità nuova e articolata in grado di organizzare interventi di politica attiva che prevedono il concorso tra pubblico e privato, soprattutto per quanto concerne l’erogazione di servizi alla persona. In questa direzione, la novità più evidente in termini di integrazione tra Fondi Paritetici Interprofessionali e sistema pubblico, riguarda la “richiesta” ai Fondi di partecipare alle politiche di intervento anticrisi, secondo quanto definito dal Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185 “Misure 46 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti‐
crisi il quadro strategico nazionale” e successivamente nell’art.19 del DL n.185/2008, convertito nella legge n.2/2009. Nello specifico viene prevista la possibilità dei Fondi Paritetici interprofessionali di intervenire, in deroga alle disposizioni vigenti, per finanziare misure “temporanee ed eccezionali volte alla tutela dei lavoratori, anche con contratto di apprendistato o a progetto a rischio di perdita del posto di lavoro”. In questa prospettiva, se da una parte si ampliano le possibilità operative dei Fondi Paritetici Interprofessionali estendendo il loro raggio di azione ad una platea di destinatari più ampia, dall’altra si introduce un elemento di complessità non facilmente gestibile, nel breve termine e sul piano operativo, soprattutto in alcuni contesti territoriali. I Fondi Paritetici Interprofessionali varano, comunque, propri provvedimenti anticrisi ad hoc, in cui, in alcuni casi, viene anche prevista una indennità di partecipazione per i lavoratori che operano in particolari contesti di crisi aziendale (nel solo 2009 i Fondi hanno emanato Avvisi specifici per il contrasto alla crisi per oltre 44 milioni di euro). Dal un punto di vista generale e nazionale emerge comunque una moltiplicazione dei modelli di integrazione, ciascuno caratterizzato da specificità riconducibili agli assetti dei sistemi di formazione continua consolidati nei territori. Se da una parte la parcellizzazione sembrerebbe rispondere in modo più flessibile alle sollecitazioni e alle peculiarità locali, dall’altra, sorge l’esigenza di raggiungere standard qualificati di intervento, tesi soprattutto a evitare strategie eccessivamente segmentate non in grado di produrre effetti di sistema. Si è del resto sottolineato come, sul piano operativo, si stanno ancora producendo esperienze, seppur innovative, di corto raggio, rivolte solo ad alcuni target di lavoratori e a segmenti del sistema produttivo solo con alcune Parti Sociali e con alcuni Fondi Paritetici Interprofessionali disponibili alla sottoscrizione degli Accordi. Effettivamente, il già citato Accordo Tripartito del 2007, aveva identificato l’Osservatorio Nazionale sulla Formazione Continua come il luogo in cui le parti ‐ per facilitare e rendere più efficace il processo di innovazione della FC ‐ concordano di rafforzare la sua dimensione tecnica e operativa anche al fine di favorire lo scambio delle informazioni. Al di là degli aspetti di declinazione tecnica e organizzativa dell’Osservatorio, i sottoscrittori dell’accordo avevano individuato la funzione di scambio di informazioni, soprattutto nelle situazioni, come quella di crisi, in cui è necessario un ripensamento e una innovazione degli strumenti di intervento a supporto della Formazione Continua. Certamente le difficoltà riscontrate nella fase di avvio dell’Osservatorio e delle sue declinazioni operative, pone alcuni questioni legate ai suoi assetti e, in generale, alla condivisone del ruolo che l’organismo potrebbe avere presso le diverse parti che lo compongono. In ogni caso sembra ancora attuale la necessità di creare un livello di raccordo e di condivisione nazionale tra le diverse vie dell’integrazione, il più possibile operativo e contestuale alle rapide evoluzioni e alle sfide che i territori fronteggiano. Si è evidenziato come, nei processi di integrazione rivelatisi più organici, le scelte operate tendono a porre al centro l’impresa che spesso, anche grazie al supporto catalizzante dell’offerta, può disporre, in tempi brevi, di opportunità di formazione rivolte a tutte le sue componenti organizzative (dipendenti, titolari, atipici). E’ questa una strada significativamente percorribile, anche se ricca di ostacoli, in cui occorrerebbe ulteriormente definire gli ambiti di competenza tra i diversi soggetti e soprattutto la capacità operativa attribuita agli organismi attivati sui territori. 47 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” In questo ambito, sarebbe importante comprendere in che misura la possibilità per i Fondi Paritetici Interprofessionali a intervenire sui cosiddetti lavoratori “atipici” possa trasformarsi da transitoria a permanente: questo aiuterebbe le imprese a individuare percorsi di formazione, anche interna, secondo una visione sistemica. Questo ulteriore elemento di inclusione nel sistema dei Fondi, del resto, sarebbe del tutto coerente anche con l’allargamento progressivo della platea dei potenziali destinatari dei finanziamenti che in due anni ha visto prima includere i lavoratori agricoli e, dall’inizio del 2009, quelli delle imprese dei servizi pubblici. Certamente rimarrebbero ancora scoperti alcuni temi, tra i quali quello della formazione dei titolari, centrale soprattutto per le micro imprese, e l’opportunità di sviluppare e rafforzare un sistema di offerta formativa innovativa in grado di valorizzare e ottimizzare i processi di apprendimento interni alle imprese. Di contro, i processi di integrazione sembrano essere meno problematici rispetto all’intervento sui singoli lavoratori (e più in generale, sui singoli adulti). In questo ambito, i sistemi regionali e provinciali più evoluti sembrano riuscire, in modo autonomo, a garantire un livello di servizi sempre più sofisticato: è sufficiente pensare ai voucher e alle esperienze analoghe, ad esempio all’ILA (Individual Learning Account). Oltretutto proprio l’esperienza della crisi ha dimostrato come sia possibile identificare anche modelli di supporto personalizzati e integrati per la natura delle politiche: in questo caso la problematica dell’integrazione investe soprattutto la capacità di creare sistemi di mercato dell’offerta sempre più qualificati (integrati tra pubblico e privato) in cui essa venga declinata sulle specifiche esigenze del patrimonio conoscitivo e di competenze di un territorio e a cascata dell’impresa e del lavoratore. Tutto ciò premesso, sono stati di seguito presi in esame gli interventi realizzati in alcuni territori, ovvero: 1. Emilia Romagna; 2. Veneto; 3. Liguria; 4. Lombardia; 5. Umbria; 6. Toscana; 7. Campania. Si specifica infine che, trattandosi di piani e procedure di attuazione dell’Accordo nazionale ovvero di forme di integrazione “spontanee” non stimolate con un dispositivo dedicato, come nel caso della Regione Lombardia, non strettamente riconoscibili quali buone pratiche in senso tecnico, lo schema di rilevazione è stato appositamente adattato per far emergere le peculiarità dei contenuti e soprattutto degli aggiornamenti seguiti agli Accordi, pertanto differisce dallo schema utilizzato nei punti seguenti. 48 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.1 ‐ EMILIA ROMAGNA ACCORDO REGIONALE 24 gennaio 2008 ‐ Bozza di Accordo sulla FC datata 10/12/2007. PARTI FIRMATARIE/ATTORI CHIAVE Assessorato alla Formazione Regione Emilia Romagna ‐ le Parti Sociali CGIL, Cisl, Uil di livello regionale – Parti datoriali Unionapi – Cna – Confartigianato. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI L’Accordo, promuovendo il piano formativo con accordo sindacale unico, persegue l’integrazione con diverse modalità: integrare risorse, integrare accordi sindacali, integrare dati sui fabbisogni delle imprese e azioni di valutazione. Per sopperire alla frammentarietà della FC e del suo finanziamento, che riflette l’esistenza sia di una frammentarietà dei contratti lavorativi all’interno dell’azienda che dell’esistenza di diverse linee di finanziamento della formazione (es. i diversi fondi interprofessionali finanziano solo i lavoratori a tempo indeterminato, oppure il finanziamento pubblico che avviene a prescindere dal rapporto di lavoro, ovvero la presenza sempre più accentuata di diverse imprese – gli appalti – che possono aderire a diversi fondi interprofessionali ecc.) si propone, anziché creare singoli accordi sindacali a seconda della diversa tipologia contrattuale, come fatto in passato, di utilizzare un unico accordo sindacale per accedere alle diverse linee di finanziamento che comprenda tutti i lavoratori e garantisca il diritto alla formazione di tutti. Si tratta di un modello che prova ad individuare gli ambiti di competenza per ciascun attore e adeguati strumenti di coordinamento finalizzati ad un’offerta articolata e diversificata sul territorio. IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI − Qualificare il sistema della formazione continua, in raccordo con le indicazioni nazionali in materia e in un'ottica di complementarietà tra soggetti e risorse. − Puntare all'innalzamento delle competenze di tutti promuovendo l’innovazione e la valorizzazione delle eccellenze sostenendo, al contempo, l'adattabilità e la permanenza nel mercato dei lavoratori a rischio di esclusione. L'accordo si inserisce nell'ambito di un ridisegno complessivo del sistema nazionale della formazione continua capace di raccogliere e coordinare strategicamente soggetti, compiti e azioni. Le parti firmatarie dell'Accordo si sono impegnate a dare attuazione a quanto concordato attraverso la costituzione di un "Tavolo Regionale per la Formazione Continua" costituito dai firmatari del presente Accordo e da una rappresentanza delle Amministrazioni Provinciali. Il Tavolo svolge la propria azione mantenendo il necessario raccordo con l'Osservatorio della Formazione Continua e il relativo Tavolo Tecnico di Coordinamento. Esso attiva procedure e strumenti per la raccolta e condivisione delle informazioni relative alla programmazione delle diverse risorse da parte dei differenti soggetti e alla realizzazione delle azioni. Il Tavolo procede alla individuazione delle variabili quantitative e qualitative rilevanti per ricostruire un quadro conoscitivo dell'offerta regionale di formazione continua contenuto in report 49 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” periodici, e attiva procedure e strumenti per la raccolta e condivisione delle informazione relative alla programmazione delle diverse risorse da parte dei differenti soggetti, e alla realizzazione delle azioni (monitoraggio quantitativo e qualitativo degli interventi, dei lavoratori e delle imprese coinvolte, delle risorse pubbliche e private). L'analisi dei report periodici dovrà consentire al Tavolo di proporre, ai diversi soggetti coinvolti nella programmazione della formazione, linee guida e indicatori. L’integrazione delle risorse è stata avviata attraverso un bando da circa 6 milioni di euro utilizzando sia le risorse della L. 236/93, della L.53/00 e fondi dell’asse adattabilità dell’FSE che ha previsto l’accordo sindacale unico per le imprese che proponevano progetti per lavoratori dipendenti ed atipici. AGGIORNAMENTI A dare attuazione all’Accordo è intervenuto il “Piano di attività regionale 2008”, a seguito del quale è stato emanato l’“Invito a presentare operazioni da realizzare con il contributo FSE Ob. 2 e fondi nazionali di cui alle Leggi 236/93 e 266/97. Anno 2008”, che all’azione Azione 2 prevede “Piani formativi settoriali o territoriali volti a dare attuazione in modo sperimentale agli obiettivi di qualificazione della formazione per l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese in un’ottica di valorizzazione delle specificità e di complementarietà delle diverse risorse pubbliche e private”. L’obiettivo del bando è quello di avviare progetti pilota fondati sulla valorizzazione delle relazioni sindacali e della bilateralità come elementi qualificanti il sistema della formazione per occupati. Potevano essere presentati piani complessi di sviluppo di competenze che, incidendo sulle diverse professionalità (in termini di profili, contratti, organizzazioni di riferimento) potessero essere supportati da accordi bilaterali. Il Piano doveva specificare, quale condizione di ammissibilità, le diverse risorse pubbliche e/o private che dovevano consentire, in tempi anche diversi, la realizzazione dei diversi progetti che compongono il Piano nonché le modalità e gli strumenti che dovevano essere messi in atto per monitorare, valutare e restituire il raggiungimento degli obiettivi di realizzazione e di risultato del Piano nel suo insieme. Nella programmazione FSE 2007/2013, parallelamente al bilanciamento e all’integrazione delle azioni a favore delle fasce di lavoratori più deboli e precari, assumono priorità anche gli interventi a favore di lavoratori/lavoratrici con ruoli chiave nelle imprese, e di azioni che permettano di rafforzare il sistema regionale in particolari settori e/o filiere innovative di attività, e consentano altresì di porsi in un’ottica anticipatoria e di accompagnamento dei cambiamenti della struttura economica regionale, in particolare attraverso il sostegno che il FSE può dare a fenomeni di trasferimento tecnologico e dei risultati della ricerca scientifica. Infine, in data 27 Dicembre 2010 a Roma è stato sottoscritto dall'assessore della Regione Emilia Romagna alla Formazione professionale e dal presidente di For.Te., il Fondo paritetico interprofessionale per la formazione continua dei lavoratori del Terziario, un accordo per promuovere azioni congiunte e migliorare l'utilizzo delle risorse finanziarie e rispondere al meglio ai bisogni dei lavoratori e delle imprese. In particolare l'accordo prevede di sostenere, ciascuno nel proprio ruolo, piani finanziari che prevedano la fruizione contestuale ai corsi di formazione da parte di lavoratori, dipendenti e autonomi, e di imprenditori. Nel presupposto che nel settore terziario la qualità delle competenze e del servizio costituiscano una leva indispensabile per la crescita dell'impresa nel suo complesso, per la prima volta una Regione e un Fondo interprofessionale siglano un accordo e puntano ad individuare soluzioni tecniche e operative per programmare e rendere disponibili i finanziamenti e avviare le attività formative per un settore produttivo importante per l'Emilia‐Romagna come il terziario. 50 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.2 ‐ VENETO ACCORDO REGIONALE 4 dicembre 2007. L'accordo rinvia alla definizione di specifici accordi con i singoli Fondi Interprofessionali. PARTI FIRMATARIE/ATTORI CHIAVE Regione Veneto e Parti Sociali, Confindustria Veneto F.I.V., Confapi Veneto, Federmanager Veneto, Confederazione Nazionale Artigiana C.N.A., Confederazione Regionale del Veneto, Confartigianato del Veneto F.R.A.V., Casartigiani – Federazione Regionale, Artigianato del Veneto, Federclaai Veneto, Confcommercio Veneto, Confesercenti Veneto, ConfProfessioni Veneto, Confcooperative Veneto, Legacooperative Veneto, Confsal.Veneto, A.G.C.I. Veneto, C.G.I.L. Veneto, C.I.S.L. Veneto, U.I.L. Veneto. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI Le Parti concordano di sostenere la Regione del Veneto nella realizzazione di modalità operative per la definizione di Accordi con i singoli Fondi Paritetici Interprofessionali nazionali – in raccordo con le politiche dell’Osservatorio Nazionale per la Formazione Continua ‐ al fine di realizzare un sistema integrato e coordinato di Formazione Continua che aumenti le competenze delle persone, delle imprese e delle organizzazioni. Per tale scopo si avvalgono dell’assistenza tecnica dell’ISFOL già impegnato sul livello nazionale. L’Accordo assegna sempre all’ISFOL il compito di interfacciarsi tra le azioni svolte dai Fondi e le azioni programmate dalla Regione del Veneto al fine di suggerire proposte. Si istituisce un Osservatorio Regionale permanente per l’indirizzo, l’integrazione, il monitoraggio e la valutazione del “sistema regionale di Formazione Continua” che potrà anche articolarsi in Gruppi di lavoro su singole tematiche di particolare rilevanza. L’Osservatorio esercita le sue funzioni: 1) proponendo e promuovendo la realizzazione di iniziative sperimentali di coordinamento tra le programmazioni dei diversi soggetti, da avviare entro il 2007; 2) proponendo percorsi di integrazione annuali o pluriennali tra le diverse programmazioni (in termini di tipologie di destinatari e di tipologie e forme di intervento); 3) avviando processi di condivisione degli strumenti regionali di accreditamento e certificazione dei percorsi formativi ed elaborando ipotesi per una loro evoluzione; 4) proponendo e attivando strumenti di raccolta e condivisione di informazioni utili per il monitoraggio e la valutazione degli interventi realizzati dai diversi soggetti, anche al fine di elaborare rapporti periodici; 5) promuovendo specifiche indagini sulle caratteristiche della domanda e dell’offerta di Formazione Continua nel territorio regionale; 6) promuovendo e sostenendo iniziative mirate a carattere informativo/formativo dirette ai diversi attori del sistema regionale di Formazione Continua. 51 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” L'Accordo contiene in chiave regionale le azioni previste dall'Accordo nazionale e rinvia alla definizione di specifici accordi con i singoli Fondi Interprofessionali. Le parti concordano sulla necessità: − di individuare forme di coordinamento tra Regione, Parti Sociali e Fondi Paritetici Interprofessionali, finalizzate alla strutturazione di un'offerta formativa adeguata all'adattabilità dei lavoratori e delle imprese e allo sviluppo della competitività del sistema economico e che, in un quadro di complementarità e non sovrapposizione tra azioni e risorse, garantiscano la valorizzazione delle diverse filiere (Fondi Strutturali, Legge 236/93, Legge 53/00, Fondi regionali, e Fondi Paritetici Interprofessionali), di accrescere la competitività della imprese e di far emergere e organizzare la domanda formativa delle piccole imprese e delle microimprese; o sostenere e promuovere la domanda formativa dei lavoratori a rischio di esclusione (in particolare, lavoratori over 45 o con bassi livelli di studio); o garantire pari opportunità di accesso agli strumenti di sostegno. − di promuovere e sostenere la costruzione di un quadro conoscitivo dell’insieme delle azioni che ricadono sul territorio regionale, attraverso il rafforzamento e le possibili forme di integrazione tra i sistemi di monitoraggio e di promuovere e sostenere iniziative di valutazione, al fine di disporre di informazioni attendibili per l'individuazione di priorità e obiettivi specifici. IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI Le Parti si impegnano a favorire la presenza in Regione di referenti di ciascun Fondo Paritetico Interprofessionale, nell'ambito delle scelte definite dal Fondo stesso in base al proprio Statuto e Regolamento, così come auspicato dall'Accordo tripartito dell’aprile 2007 tra Ministero del Lavoro, Regioni e Parti Sociali. Le parti si impegnano ad istituire un Osservatorio regionale permanente per l'indirizzo, l'integrazione, il monitoraggio e la valutazione del sistema regionale di formazione continua composto dai firmatari del presente Accordo. L'Osservatorio, che potrà articolarsi in Gruppi di lavoro su singole tematiche di particolare rilevanza, si avvarrà dell'Assistenza Tecnica dell'Isfol, già impegnato nell’Assistenza Tecnica all'Osservatorio Nazionale per la Formazione Continua, che garantirà il necessario raccordo con quanto sviluppato nelle sedi nazionali. Sarà cura di ISFOL interfacciarsi tra le azioni svolte dai Fondi e le azioni programmate dalla Regione del Veneto al fine di suggerire operativamente le diverse proposte. AGGIORNAMENTI La Regione pone l’attenzione sull’importanza di sostenere l’integrazione degli interventi per il tramite di specifici accordi tra la Regione stessa e i singoli Fondi Interprofessionali. Tutto ciò nell’intento di aumentare le competenze delle persone, delle imprese e delle organizzazioni. Per offrire ai soggetti occupati adeguati percorsi di aggiornamento, riqualificazione o reinserimento lavorativo, in una prospettiva di lifelong learning, sono stati predisposti diversi strumenti: progetti formativi mono e pluri‐aziendali, azioni innovative relativi ai fabbisogni di PMI che operano in settori/distretti affini, progetti settoriali che prevedono utenza mista (occupati e disoccupati) anche all’interno del medesimo percorso formativo oltre ai voucher formativi, di 52 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” accompagnamento e di sostegno per i soggetti disoccupati over40 privi di qualsiasi forma di sostegno al reddito. Nella formazione continua, oltre al partenariato aziendale che presuppone una lettura precisa e puntuale dei fabbisogni del territorio sin dalla fase di presentazione del progetto e favorisce la cantierabilità degli interventi, sono state previste anche attività formative non tradizionali per mettere a disposizione delle imprese e dei lavoratori servizi di consulenza‐assistenza, apprendimento intergenerazionale, ecc., oltre ad attività non formative quali sportelli, seminari informativi, workshop e focus‐group finalizzate a favorire la creazione di percorsi innovativi e personalizzati. Per contrastare la crisi economica in atto, sono state elaborate specifiche linee di intervento in sinergia con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, per accompagnare le trasformazioni e gestire i cambiamenti delle imprese puntando sulla preparazione delle risorse umane e sugli investimenti produttivi. Con questo strumento è stato anche possibile sostenere l’acquisto, il rinnovo e l’adeguamento di impianti, macchinari e attrezzature necessarie all’attività produttiva oltre a favorire la stabilizzazione dei lavoratori con contratti flessibili e l’inserimento di soggetti disoccupati/inoccupati. La linea di intervento che ha riscosso notevole successo soprattutto per la diversità delle azioni messe in campo e opportunità offerte è attualmente alla sua seconda fase (recentemente è stata approvata la Direttiva per la presentazione dei progetti). Una misura del tutto innovativa che punta sulla formazione e sull’”acquisizione” delle alte professionalità (manager, dirigenti, imprenditori, altri soggetti detentori di competenze specifiche) per favorire il cambio generazionale, trasferire tecnologia, riorganizzare l’impresa, favorire nuova imprenditorialità con lo sviluppo di nuovi rami d’azienda, in particolare sui temi dell’energia e dell’ambiente. Pertanto, in Veneto l’integrazione tra risorse dei Fondi Paritetitici Interprofessionali e le altre dedicate alla formazione continua, ha assunto una dimensione contestuale e declinata a specifiche esigenze di settori economici e delimitata su alcune tematiche. E’ il caso del Protocollo d’Intesa fra Confindustria Veneto e CGIL, CISL e UIL in materia di Sicurezza sul Lavoro (siglato il 28 maggio 2008) in cui le Parti si impegnano organicamente ad affrontare il problema degli infortuni sul lavoro. Fondimpresa, Fondirigenti e Formatemp vengono chiamate, in particolare il primo, a “proporre e promuovere progetti formativi condivisi e indirizzati a particolari target di destinatari, secondo le priorità individuate dalle Parti Sociali regionali e nazionali”. Per rendere più efficace l’impegno viene attivato un “Gruppo paritetico regionale di progettazione” che elabori programmi di intervento attraverso l’utilizzo di risorse provenienti sia dai Fondi Interprofessionali che da altre fonti. Si invita inoltre la Regione a destinare risorse del FSE per la formazione in materie di sicurezza destinata a figure professionali che i Fondi ordinariamente non raggiungono (apprendisti e imprenditori). Rispetto alla sinergia POR‐PON, si cita l’esperienza del Catalogo Interregionale dell’alta formazione. In coerenza con le indicazioni comunitarie e nazionali, tale progetto è il risultato di un percorso di condivisione iniziato già nel 2005 con l’obiettivo di sviluppare un sistema di riconoscimento reciproco dei voucher di alta formazione. La proposta di implementazione del Catalogo è stata accolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che ha disposto il finanziamento necessario per la progettazione e realizzazione della sua prima edizione sperimentale, a valere sulle risorse del PON Ob. 3 2000‐2006 Azioni di sistema. Le regioni operative nella prima fase sono state Emilia‐Romagna, Lazio, Sardegna, Sicilia, Umbria e Veneto; nella seconda annualità si sono aggiunte Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta che hanno dedicato risorse provenienti dai POR per consentire ai singoli individui di accedere ai 53 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” percorsi di alta formazione proposti a livello interregionale. La Regione Veneto ha curato il coordinamento in entrambe le edizioni, con il supporto di Tecnostruttura delle Regioni per il Fondo Sociale Europeo. Il valore del Catalogo Interregionale è stato sottolineato dalla Commissione Europea, auspicando una sua estensione all’intero territorio nazionale. Così nel mese di aprile 2010 si è giunti alla sottoscrizione del secondo protocollo tra il MLPS e la Regione Veneto che consentirà di dare la necessaria continuità al Catalogo Interregionale dell’Alta Formazione con risorse del PON ob. 1 e PON ob. 2. Il progetto costituisce un buon esempio delle sinergie instaurate tra POR delle Regioni operative che mettono a disposizione le proprie risorse per dare la possibilità ai singoli di accedere ai percorsi di alta formazione presenti all’interno del Catalogo interregionale, e i PON ob. 1 e ob. 2 che rendono possibile la necessaria implementazione e aggiornamento del Catalogo stesso grazie ad una continua attività di assistenza tecnica. 54 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.3 ‐ LIGURIA ACCORDO REGIONALE Protocollo d’Intesa del 22 settembre 2008. PARTI FIRMATARIE/ATTORI CHIAVE Protocollo d’Intesa tra Regione Liguria, Province e Parti Sociali regionali per la programmazione e l’integrazione delle attività di Formazione Continua. Il coinvolgimento delle Province trova ragione nel fatto che esse gestiscono tutte le risorse destinate alla Formazione Continua. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI Il protocollo ligure sulla Formazione Continua pone come prioritario l’obiettivo di incrementare la Formazione Continua dei lavoratori per sostenere la competitività, la crescita e il miglioramento organizzativo delle imprese e per l’occupabilità e l’adeguamento delle competenze dei lavoratori. L’integrazione fra le risorse di provenienza europea e nazionale è finalizzata a delineare nel sistema indirizzi operativi e percorsi che consentano a ciascun soggetto, sia esso pubblico o privato, la piena esplicazione del proprio ruolo e la valorizzazione delle proprie caratteristiche. L’obiettivo è quello di programmare in maniera coerente iniziative di FC allo scopo di rispondere sul territorio regionale alle esigenze dei lavoratori e delle imprese e, al fine di facilitare e rendere più efficace il processo di innovazione di FC. Un ruolo di tutto rilievo viene riconosciuto al partenariato istituzionale e sociale per la rilevazione dei fabbisogni formativi e delle priorità del territorio. L’Accordo istituisce un tavolo di lavoro, con la partecipazione dei soggetti sottoscrittori, quale sede periodica permanente a cui sono affidate le seguenti funzioni: a) garantire politiche coerenti per la costruzione di un sistema integrato di Formazione Continua; b) consentire un utilizzo ottimale delle risorse e sviluppare una strategia comune per garantire uno sviluppo in termini di qualità e di possibilità di accesso alla Formazione Continua attivando procedure che consentano una semplificazione delle modalità di accesso nei limiti e nel rispetto delle disposizioni comunitarie, nazionali e regionali; c) realizzare una programmazione efficace che consenta di armonizzare le rispettive strategie nella logica di trovare risposte in termini di competenza, competitività e capacità di innovazione; d) realizzare un'azione di monitoraggio sulle iniziative promosse nella FC che consenta di formulare osservazioni e procedere ad eventuali azioni correttive nelle modalità di intervento nonché di assicurare un aggiornamento sui fabbisogni formativi delle imprese e del sistema produttivo; e) realizzare, periodicamente, un monitoraggio sui fabbisogni formativi e professionali delle imprese, avvalendosi del sistema della bilateralità; f) definire strumenti innovativi che possano essere condivisi da tutti gli attori del sistema; 55 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” g) definire un set di indicatori di risultato con la duplice funzione di fornire informazioni utili sia a valutare l'efficacia e l'efficienza degli interventi promossi ed attuati sia per la programmazione futura. Le criticità riscontrate nell’iter che ha condotto alla stipula hanno riguardato, da un lato, i tempi lunghi per il coinvolgimento delle Parti sociali e dall’altro, la designazione dei partecipanti al tavolo di coordinamento. IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI • forme di coordinamento per realizzare, con i Fondi Paritetici Interprofessionali, sinergie che consentano una connessione tre sviluppo del territorio e programmazione della formazione professionale regionale; • l’istituzione di un tavolo di lavoro, con la partecipazione dei soggetti sottoscrittori, quale sede periodica permanente per garantire coerenza, efficienza, strategie comuni, e azioni di monitoraggio a proposito delle attività di FC; • la sperimentazione di forme di coordinamento tali da promuovere il più ampio ricorso da parte delle imprese agli strumenti di formazione continua attualmente disponibili a livello comunitario, regionale e nazionale; • la realizzazione di interventi formativi a favore dei soggetti non coperti dalla attività dei fondi interprofessionali (imprenditori, lavoratori atipici, soci cooperativi, ecc..), quale momento integrativo e complementare alle attività finanziate dai fondi interprofessionali nelle singole imprese per i lavoratori dipendenti; • la realizzazione e la promozione di azioni di sensibilizzazione e informazione verso le imprese per far conoscere gli strumenti e le opportunità esistenti per la FC. AGGIORNAMENTI Fonter ha stipulato un accordo con alcune province delle Liguria per inserire all'interno dei processi di orientamento dei CPI delle province anche le opportunità formative previste dai Fondi interprofessionali. 56 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.4 ‐ LOMBARDIA RIFERIMENTI In Lombardia, nel 2008, nel finanziamento delle iniziative di formazione continua ai sensi della legge 236/03, si prevedeva che “… per i Progetti Quadro promossi da soggetti che sono soci di Fondi Paritetici Interprofessionali potrà essere richiesto un finanziamento pubblico aggiuntivo – fino a un massimo di 500.000 euro ‐ in ragione di una eguale e corrispondente finanziamento da parte dei Fondi Paritetici Interprofessionali sul territorio regionale ed in essere alla data di presentazione dei Progetti Quadro, riferito a piani formativi coerenti e integrabili con il Progetto Quadro presentato, per quanto riguarda obiettivi e tipologia dei destinatari”. L’effettiva integrazione delle iniziative era dimostrabile, nell’Accordo Quadro, attraverso “una adeguata esplicitazione degli elementi di integrazione e complementarietà degli elementi proposti e documentata con apposita dichiarazione del Fondo Paritetico Interprofessionale di riferimento”. Sostanzialmente l’integrazione non viene stimolata con un dispositivo dedicato, ma viene riconosciuta e premiata laddove sia operata in forma “spontanea”. Son seguite intese sottoscritte in data 1/3/2010 e 7/7/2010 tra Regione Lombardia e Formazienda (Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua) per l’attuazione di un Avviso unico per la sperimentazione di un programma di formazione continua basato sull’integrazione di strumenti e risorse. Altri atti rilevanti sono: •
D.G.R. 565 del 29 settembre 2010, comunicazione di Giunta del Presidente Formigoni di concerto con l’Assessore Rossoni ha ad oggetto: “Fondi Paritetici Interprofessionali per la sperimentazione di un programma integrato di formazione aziendale”. •
Decreto 11814 del 19/11/2010: Approvazione dell’“Avviso unico per la sperimentazione di un programma di formazione continua in attuazione dell’intesa tra regione Lombardia e Formazienda (fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua). PARTI FIRMATARIE/ATTORI CHIAVE Regione Lombardia e Formazienda. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI La Regione Lombardia, in accordo con Formazienda (Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua), promuove la sperimentazione di progetti di formazione continua finanziati in maniera integrata per ricercare modalità operative idonee a raccordare le rispettive programmazioni. La volontà è quella di dare risposta organica e sinergica ai compositi bisogni connessi allo sviluppo delle imprese, degli imprenditori e dei lavoratori. IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI L’avviso è finanziato dall'insieme delle risorse messe a disposizione dalla Regione Lombardia (50%) e da Formazienda (50%) firmatari dell’Intesa. La dotazione finanziaria complessiva per la realizzazione dei progetti tematici dell’avviso è di 2.000.000,00 € di cui: 57 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” •
1.000.000,00 € messi a disposizione dalla Regione Lombardia di cui 300.000,00€ a valere sul FSE 2007‐2013 e 700.000,00€ a valere sulla L.236/93 ; •
1.000.000,00 € messi a disposizione da Formazienda. L’avviso sostiene le linee di sviluppo d’impresa tramite il finanziamento di progetti tematici caratterizzati dall’integrazione sia delle azioni (formazione e servizi) sia del finanziamento (risorse regionali e risorse di Formazienda). Il progetto tematico è un progetto in cui le azioni formative ed i servizi propedeutici ed accessori alle stesse che si intendono attivare convergono verso un unico tema. Esso è diretto alle imprese che vengono coinvolte tramite loro aggregazione che rivestono un ruolo significativo rispetto al tema del progetto ed è improntato a un approccio sistemico: fa convergere verso l’obiettivo delle imprese, legato ad un tema individuato, le soluzioni su misura, formative e non, tra loro coordinate, coinvolgendovi tutti i ruoli/funzioni che nell’impresa a tale obiettivo concorrono. Il progetto tematico è accompagnato, a pena di inammissibilità, da un’intesa sottoscritta bilateralmente dalle articolazioni regionali delle parti sociali costituenti Formazienda. L’intesa tra le parti sociali dovrà riportare il Soggetto gestore (o, in caso di Ati/Ats, il soggetto capofila) incaricato di realizzare il progetto tematico e il titolo del progetto stesso a cui l’intesa è allegata. I progetti tematici realizzano soluzioni su misura per l’impresa, basate sull’integrazione di azioni formative e di servizi: 1. formazione per imprenditore/trice, amministratori/trici, titolari e soci d’impresa; coniugi, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado del titolare d’impresa che lavorano nell’impresa a titolo non oneroso. 2. formazione per lavoratori/trici: a) dirigenti (come previsto dall’art. 2 dello statuto vigente di Formazienda) b) con contratto di lavoro dipendente, in Cigo/Cigs, in mobilità; c) con contratto di lavoro autonomo o altre forme contrattuali di lavoro a titolo oneroso. 3. servizi propedeutici e accessori: a) per lo sviluppo del core business e delle attività d’impresa (ricerca partner, analisi di settore e ricerche di mercato, ricerca fornitori, informazione circa le opportunità di finanziamento, consulenza, etc.); b) di supporto (bilancio attitudinale e di esperienze, analisi dei fabbisogni, sussidi e ausili didattici, etc.); c) per favorire la partecipazione alla formazione e la permanenza nel mercato del lavoro (servizi di cura a minori, anziani o familiari non autosufficienti, trasporto e accompagnamento di soggetti disabili). I progetti tematici sono finanziati tramite voucher d’impresa. Ogni azione rivolta all’impresa viene finanziata da un voucher. La somma dei voucher di cui è beneficiaria la stessa impresa non può superare i 10.000,00 euro di quota pubblica (quota complessiva finanziata da Regione Lombardia e Formazienda). Ogni progetto tematico deve avere come beneficiarie almeno 10 imprese. 58 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Il monitoraggio dei progetti tematici è effettuato congiuntamente da Regione Lombardia e Formazienda ed è volto a ricostruire i dati fisici e finanziari dei progetti, verificandone lo stato di avanzamento e i risultati quantitativi. Attraverso lo strumento della community (spazio virtuale tematico intersettoriale) sarà possibile monitorare i progetti sia in termini quantitativi che qualitativi e per rispondere ad eventuali domande sulla gestione dei progetti da parte dei soggetti gestori. AGGIORNAMENTI Bando aperto ‐ sperimentazione in corso. 59 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.5 ‐ UMBRIA ACCORDO La Regione Umbria ha affidato all’Agenzia Regionale Umbria Ricerche la realizzazione del progetto “Fondi paritetici professionali nel sistema regionale della formazione continua” realizzato nell’ambito della Misura D1 POR 2000 – 2006, L. 236/93 e L. 53/2000. Tale attività è stata propedeutica alla firma dell’Accordo del 25 giugno 2009. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI L’obiettivo generale del progetto è stato quello di fornire all’Amministrazione regionale un contributo fattivo finalizzato a favorire il percorso di integrazione e coordinamento del complesso degli interventi di Formazione Continua sia di derivazione pubblica che privata. In sintesi, il progetto si è sviluppato: − da un lato, attraverso lo studio della genesi, dei meccanismi di funzionamento, del ruolo e delle attività dei Fondi Paritetici Interprofessionali, nonché degli strumenti di governance della formazione messi in atto da altre realtà regionali a seguito dell’Accordo tripartito tra Ministero del Lavoro, Regioni e Parti Sociali dell’aprile 2007; − dall’altro, attraverso un’attività di relazione che ha facilitato il confronto ed il raccordo tra gli attori dello scenario umbro ‐ Istituzioni e Parti Sociali ‐ in merito alla costruzione di un sistema coordinato e coerente di formazione continua. Oltre al lavoro di ricerca, costituisce output del progetto l’Accordo per il coordinamento, la programmazione e l’integrazione delle attività di Formazione Continua, firmato tra Regione Umbria e Parti Sociali il 25 giugno 2009. La ricerca‐intervento affidata dalla Regione dell’Umbria all’AUR ha avuto un obiettivo esplicito: verificare come il fenomeno costituito dalla nascita e dalla operatività dei Fondi Paritetici Interprofessionali avesse influito sulla evoluzione del sistema di Formazione Continua presente nel territorio della regione. Un obiettivo importante, ma non secondario, correlato al primo, è anche stato quello di verificare la “permeabilità” dei diversi sottosistemi della Formazione Continua e la disponibilità degli attori sociali e istituzionali ad operare per una maggiore e migliore integrazione soprattutto in vista delle stagioni presenti e future di programmazione degli interventi di sostegno ai lavoratori e alle imprese. Il percorso di ricerca, che ha visto azioni e contatti sia a livello nazionale che a livello regionale, ha permesso di confermare che il territorio dell’Umbria si comporta alla stregua di altre regioni dell’Italia centro‐settentrionale, connotandosi come un luogo nel quale si incontrano difficoltà sia a utilizzare al meglio le risorse pubbliche che a rendere partecipi le imprese della nuova realtà dei Fondi Paritetici. Questo dato, che si può esprimere come una relativamente scarsa propensione dei soggetti alla partecipazione alle attività di formazione per gli occupati nelle imprese private (diverso è il contesto e i comportamenti formativi dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), è certamente da porre in relazione con il prevalere delle imprese di piccola o piccolissima dimensione, ma probabilmente è il risultato di altre concause ancora da approfondire. 60 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI In tale contesto è stato realizzato uno studio dettagliato della genesi, dei meccanismi di funzionamento, del ruolo e delle attività dei Fondi Paritetici Interprofessionali, nonché degli strumenti di governance della formazione messi in atto da altre realtà regionali a seguito dell’Accordo tripartito tra Ministero del Lavoro, Regioni e Parti Sociali dell’aprile 2007. Dal lavoro di ricerca e dal confronto con le Parti sociali sono emerse delle indicazioni, di cui si è tenuto conto nella stesura del testo dell’Accordo proposto alle Parti e ai Fondi. In particolare, non si può programmare in modo coerente senza avere un volume sufficiente di informazioni, servono pertanto: − dati sull’evoluzione dell’economia e della società regionale, − dati sul capitale intellettuale e sul capitale umano presente nel territorio. − dati sulla propensione dei lavoratori e delle imprese a partecipare ai processi formativi − dati di monitoraggio sugli esiti dei finanziamenti pubblici e dei Fondi Paritetici per la Formazione Continua; − piani formativi frutto di un impegno diffuso e condiviso delle Parti sociali. − “quadri” preparati sia tra i funzionari della Pubblica amministrazione che presso le imprese. − nuovi modelli formativi per rendere possibile l’apprendimento efficace nella formazione finanziata. − occasioni di allontanamento temporaneo dall’usuale posto di lavoro per apprendere le conoscenze da trasformare successivamente in competenze agite nel proprio contesto lavorativo. − collegamenti tra le diverse agenzie formative e avvicinamento tra imprese e università e centri di ricerca. In contesti di innovazione a carattere incrementale la formazione professionale aziendale è in grado di dare risposte positive ogniqualvolta si pone l’obiettivo di diffondere il sapere professionale relegato solo in alcune parti dell’organizzazione. Quando l’innovazione deve includere anche la modifica della mission aziendale, come nei contesti di crisi più profonda, le risposte non sono necessariamente già presenti nell’impresa ma vanno cercate altrove, soprattutto in contesti “culturalmente” lontani, per questo risulta essenziale la costruzione di legami forti con coloro che operano nei settori della ricerca e sviluppo. AGGIORNAMENTI In data 11 novembre 2009 è stato l'istituito l'Osservatorio Permanente sulla Formazione Continua e l'Agenzia Umbria Ricerche ha ricevuto il mandato di svolgerne le attività. 61 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.6 ‐ TOSCANA ACCORDO REGIONALE 10 gennaio 2007 PARTI FIRMATARIE/ATTORI CHIAVE Regione Toscana e Parti sociali. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI L'accordo è finalizzato a connettere gli interventi formativi al lavoro e nel lavoro alle politiche di sviluppo del territorio e in particolare alla crescita delle competenze professionali dei lavoratori necessaria all'innovazione organizzativa e produttiva delle imprese. Collegare alcuni interventi dei Fondi Interprofessionali alla Programmazione regionale. Con la Delibera del Consiglio Regionale del 20 settembre 2006 n. 93, la Regione ha ritenuto auspicabile ed opportuno addivenire ad un protocollo d'intesa con le parti sociali nell'ottica di un'interazione e di un coordinamento tra gli interventi dei fondi interprofessionali e gli interventi attuati dalla Regione Toscana e dalle Province tramite i fondi comunitari e nazionali finalizzati alla formazione degli occupati ed al fine di ottimizzare l'efficacia dei medesimi sul territorio IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI Il protocollo deriva dall'approvazione nel 2002 di un Piano di Indirizzo generale Integrato che auspica un coordinamento tra gli interventi dei Fondi Interprofessionali. Esso prevede sperimentazioni di interventi formativi non coperti dai Fondi interprofessionali. Inoltre viene indicato un tavolo di lavoro, quale sede periodica permanente, finalizzato a: • garantire politiche coerenti per la costruzione di un sistema integrato di formazione continua; • consentire un utilizzo ottimale delle risorse e sviluppare una strategia comune per garantire uno sviluppo in termini di qualità e di possibilità di accesso alla formazione continua; • realizzare una programmazione efficace che consenta di armonizzare le rispettive strategie nella logica di trovare risposte in termini di competenza, competitività e capacità di innovazione. • sperimentare, già dal 2007, forme di coordinamento tali da promuovere il più ampio ricorso da parte delle imprese agli strumenti di formazione continua attualmente disponibili a livello regionale e nazionale. • realizzare interventi formativi a favore dei soggetti non coperti (imprenditori, lavoratori atipici e lavoratori inoccupati da formare per l'assunzione) dalla attività dei fondi interprofessionali, a condizione che si realizzi in quelle aziende un intervento formativo, finanziato dai fondi interprofessionali, per i lavoratori dipendenti. A seguito dell'Accordo è stato emesso un Avviso regionale che ha messo a bando 2 milioni di EURO del FSE della Regione per finanziare progetti formativi per lavoratori atipici, inoccupati destinati all'assunzione e imprenditori nelle imprese che abbiano ottenuto un finanziamento dai Fondi interprofessionali per i lavoratori per i quali le imprese versano lo 0,30%. Questo avviso prova per 62 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” la prima volta a sperimentare delle azioni formative per l'insieme delle tipologie di lavoratori delle stesse imprese, contribuendo a far fare un piccolo passo avanti all'impegno strategico di favorire l'unificazione degli strumenti formativi per tutti i lavoratori. AGGIORNAMENTI Anche se le risorse del bando non sono state interamente utilizzate da parte delle imprese, una riflessione complessiva non può non tener conto di alcuni importanti elementi di novità e di innovazione introdotti. Il bando ha raggiunto innanzitutto il risultato, non scontato, di determinare un effettivo coordinamento delle risorse e degli interventi e di integrare efficacemente strumenti diversi per una finalità comune di sviluppo delle imprese e delle loro risorse umane. La risposta al bando è stata positiva con un risultato particolarmente rilevante per il settore dell'artigianato. Tale esito è, almeno in parte, riconducibile alla struttura del Fondo Interprofessionale di riferimento del soggetto proponente, la cui articolazione regionale ha probabilmente facilitato la risposta delle imprese e la connessione tra il bando pubblico e quello del fondo. La lunghezza del periodo di apertura dei termini del bando è stata la chiave di volta che ha consentito alle imprese di attingere contemporaneamente alle risorse previste dai bandi dei Fondi Interprofessionali. In un quadro di separazione dei soggetti gestori e delle procedure regolanti bandi pubblici e bandi dei Fondi, questa era forse l'unica soluzione in grado di assicurare la convergenza di risorse nell'ambito di un medesimo intervento. Altro elemento di rilievo è rappresentato dal ruolo attribuito alle parti sociali che non sono state “espropriate” del loro legittimo ruolo rispetto all’azione dei Fondi Interprofessionali ma, anzi, ne sono risultate valorizzate per i compiti ad esse attribuiti nella gestione delle attività integrate. Rimane, certo, un problema legato alla mancanza di interlocutori dei Fondi Interprofessionali a livello regionale, problema sul quale è necessario l'avvio di una riflessione più approfondita a livello nazionale che coinvolga in primis le parti sociali. Il risultato più evidente e da valorizzare al meglio è rappresentato dall'aver mobilitato una massa ingente di risorse, ordinariamente non mobilitabile con le procedure messe in campo dai soggetti pubblici, gestori dei fondi strutturali, e dalle parti sociali, gestori dei fondi interprofessionali. Ciò è da attribuirsi in particolare alla previsione della ripartizione delle quote fra fondo pubblico e Fondi Interprofessionali. Questo meccanismo ha determinato un effetto moltiplicatore di risorse concentrate per la formazione sulle medesime imprese, assicurando allo stesso tempo che queste fossero finalizzate a lavoratori appartenenti a tipologie diverse (dipendenti, imprenditori, atipici). Al di là degli aspetti di rilievo evidenziati, in una recente indagine13 l’Isfol ha ravvisato alcuni elementi di debolezza, soprattutto in vista di una possibile ripetizione dell’esperienza realizzata e di una sua diffusione in altre realtà. a) In primo luogo occorre riflettere su quale sia stato il ruolo effettivo delle imprese. Si è, infatti, osservato che esse sono state coinvolte spesso nel momento in cui la costruzione del piano formativo era già in fase avanzata se non al momento dell’avvio delle attività. A ciò ha contribuito indubbiamente la predeterminazione e la ristrettezza delle regole che hanno 13
Isfol: “Le esperienze di integrazione tra FSE e Fondi Paritetici Interprofessionali: il caso della Regione Toscana” – Febbraio 2010 63 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” definito il campo d’azione rispetto ai possibili ruoli e relazioni tra i soggetti presentatori e quelli gestori dei processi formativi: aspetto che ha finito per influenzare le modalità di progettazione e presentazione del piano che, di fatto, è stato interamente gestito all’interno dell’interlocuzione e del legame tra Parti sociali proponenti e agenzia di formazione partner. b) Un ulteriore aspetto critico ha riguardato la mancata possibilità di “tematizzare” e focalizzare l’integrazione nella direzione del supporto a piani complessivi integrati di rilancio, di ristrutturazione o centrati su altri fattori di cambiamento che necessitano una concentrazione di risorse e di azioni che vanno al di là della mera formazione. Si è notato come, in alcune situazioni, si sia manifestata una certa tendenza spontanea a finanziare effettivi segmenti di percorsi già avviati di crescita e di sviluppo programmato stabilito in piani ben definiti. In questo caso più che di un area negativa si può sottolineare una mancata opportunità, che potrebbe essere sperimentata in successive esperienze sulla base di un’architettura progettuale centrata sull’impresa: in particolare occorrerà attentamente studiare come conciliare le esigenze di individualizzazione delle traiettorie di crescita con la necessaria estensione delle opportunità di formazione verso un numero crescente di imprese, soprattutto piccole e piccolissime. c) Si è, inoltre, notato uno scarso ricorso a metodologie innovative, per quanto non siano mancate situazioni di coaching e di approcci formativi blended. Questo è stato condizionato anche dalla necessità di individuare tematiche formative, tradizionalmente legate all’aula, in grado di coinvolgere soggetti dalle diverse caratteristiche. L’utilizzo di metodi più “mirati e brevi”, anche maggiormente legati ai luoghi di lavoro potrebbe, al contrario, rendere più fruibile l’integrazione, a sostegno soprattutto delle piccole e medie imprese: si sono infatti evidenziate alcune difficoltà nel far partecipare in tempi diversi, ma relativamente ravvicinati, le due componenti dell’impresa (dipendenti e titolari) in attività formativa out‐job legata all’aula. d) Un ulteriore elemento critico ha riguardato le procedure amministrative di gestione del piano integrato, che rispetto a quello tradizionale, ha presentato ulteriori “complessità” in termini di documentazione, nelle fasi di richiesta dei finanziamenti, di avvio e di chiusura: aspetto questo, come noto, che spesso tiene lontane molte imprese dal richiedere i finanziamenti. 64 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.1.7 ‐ CAMPANIA ACCORDO REGIONALE Documento di intenti del 2/12/2005; Delibera n.587 del 12/05/2006. L.R. n. 14 del 23 ottobre 2009 denominata “Testo unico della normativa della Regione Campania in materia di Lavoro e Formazione professionale per la promozione della Qualità del lavoro”. PARTI FIRMATARIE/ATTORI CHIAVE Ass.to Formazione Regione Campania, Confindustria Campania, Direttore Generale di Fondimpresa CGIL CISL UIL di livello regionale. SINTESI PRINCIPALI CONTENUTI La collegialità implicita nella Conferenza Regionale, nella quale l’intervento degli Enti bilaterali e dei Fondi interprofessionali è frutto della sperimentata cultura della bilateralità tra le parti sociali (sindacati e organizzazioni datoriali) a livello regionale, anche se non ancora ben radicata a livello territoriale, tra le strutture intermedie ed aziendali. Infatti, sin dall’Accordo del 1993 si sono costituiti e sono attivi enti bilaterali in tutti i settori produttivi (industriali e del terziario). In particolare, va ricordato che dal 2006 era già operativo un Coordinamento regionale Enti Bilaterali (CREBB), formato dai presidenti e vice di tutti gli enti bilaterali attivi, tra i quali: ‐ OBR (Campania di Fondimpresa) ‐ EBAC Ente Bilaterale Artigianato in Campania ‐ EB Terziario Ente Bilaterale Terziario della Provincia di Napoli ‐ EBTC Ente Bilaterale del Turismo in Campania ‐ ERFEA Ente Bilaterale per la Formazione Professionale e l’Ambiente ‐ Coop.‐Form. Ente Bilaterale Regionale Formazione e Ambiente Coop‐Form Campania Sul fronte della cooperazione con Parti Sociali e Fondi, nel 2006 alcuni atti prodotti dalla Regione Campania hanno introdotto profonde innovazioni nello scenario della formazione professionale continua. La Campania, seppure in maniera non esaustiva, anticipa le previsioni dell'Accordo nazionale del 17 aprile del 2007, prevedendo interventi e risorse integrati per la realizzazione di un sistema regionale di Formazione continua non concorrenziale. L’Accordo del 17 aprile 2007 tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, le Regioni, le Province Autonome e le Parti Sociali è stato sottoscritto anche dalla Campania, che ne ha quindi condiviso il fine di promuovere a tutti i livelli il coordinamento e la programmazione unitaria di un’offerta di formazione a cui partecipino tutti i soggetti interessati. I riferimenti principali a livello regionale in tal senso sono il documento sulle Linee Guida per l’educazione degli adulti, varato dal Comitato Regionale EDA, e ancor più la Delibera di Giunta Regionale n. 25/2006, «Presa d’atto del documento congiunto di intenti in materia di formazione continua tra Regione Campania e Parti sociali», che avvia il processo di integrazione e di coordinamento nella programmazione dell’offerta formativa regionale. Tale delibera recepisce nella sostanza i contenuti del Protocollo d’intesa varato nel dicembre 2005 e assegna un ruolo determinante alle parti sociali e a gli enti bilaterali nelle azioni di monitoraggio e di valutazione sulla qualità e sull’efficacia dei piani formativi aziendali e settoriali. Regione e forze produttive con 65 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” la creazione del Forum per la formazione continua. Il Forum ha compiti di consultazione, confronto e verifica delle programmazioni attivate con risorse pubbliche e private, è presieduto dal Dirigente pro‐tempore del Settore Orientamento Professionale, e composto da un rappresentante di ciascun Organismo Bilaterale aderente all’accordo e di ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, firmatarie di accordi nazionali, e da un funzionario del Settore Orientamento Professionale. Per questa via la Regione Campania ha avviato la costruzione di una programmazione dell’offerta formativa fondata sull’integrazione e sulla concertazione con gli attori sociali ed istituzionali, in cui far convergere risorse pubbliche (nazionali ed europee del FSE) e private (i nuovi fondi interprofessionali), suggellata dal Testo Unico n. 14/2009. All’art. 8 il Testo Unico introduce l’organo collegiale di indirizzo, di programmazione e di coordinamento in tema di politiche del lavoro e della formazione professionale, detto «Conferenza regionale sulle dinamiche dell’occupazione e per la qualità del lavoro»:. Presieduta dal Presidente della Giunta regionale o dall’assessore regionale al lavoro da lui delegato, ed è composta – tra gli altri – dagli assessori regionali competenti in materia di lavoro, istruzione, formazione professionale, attività produttive, pari opportunità, ricerca scientifica e politiche giovanili, da sei responsabili regionali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative e da un rappresentante delle associazioni dei disabili. Il Capo IV «Tirocini, formazione continua e formazione nei periodi di non lavoro», nel titolo VII («Formazione e apprendistato»), è specificamente dedicato ai temi della formazione. In particolare all’art. 51 si parla di «Formazione continua e piani formativi individuali», che indica le seguenti linee programmatiche: • La Regione, per favorire l’integrazione tra le politiche del lavoro e le politiche sociali, sostiene ed incentiva interventi di formazione permanente rivolta a garantire a tutti i lavoratori il diritto all’acquisizione di conoscenze utili alla crescita professionale, culturale e sociale; • La programmazione degli interventi di formazione professionale continua è realizzata con la partecipazione delle Province, in coordinamento ed in collaborazione con i soggetti che gestiscono i fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua, secondo le procedure previste nel Regolamento per la formazione professionale (vedi oltre). • Per garantire l’accesso individuale alla formazione continua sono previsti, nell’ambito dell’attività di programmazione degli interventi formativi, specifici piani formativi individuali. • La Conferenza regionale individua e propone annualmente l’elenco dei piani formativi individuali finanziati integralmente da fondi regionali e predispone i criteri e le modalità di individuazione dei destinatari. • La Giunta regionale, su proposta della Conferenza regionale, prevede anche specifiche modalità incentivanti per il finanziamento privato dei piani formativi individuali. IMPEGNI ASSUNTI E STRUMENTI OPERATIVI Nel contesto sopra descritto, i progetti attualmente in corso sono14: 1) «TELEFO II» → Rafforzamento degli interventi di Formazione Continua nelle PMI dei Distretti Campani (Partners: PIEMMEI Napoli per la Formazione, FONDAZIONE IDIS ‐ CITTÀ 14
Fonte: http://www.obrcampania.it/aree1.asp
66 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” DELLA SCIENZA ONLUS, ERFEA ‐ Ente Bilaterale Regionale per la Formazione professionale e l’ambiente, OBR – Organismo bilaterale Regionale per la Formazione in Campania, IAL CISL Campania ‐ Istituto per l’Addestramento dei Lavoratori Cisl Campania, ERFAP UIL Campania–Ente Reg. Formaz. e Addestramento Prof. Uil Campania SOCIETÀ MULTISERVIZI IMPRESA E LAVORO – CAMPANIA, EBT Campania – Ente Bilaterale Turismo Campania) 2) «Futuro Remoto» → Sviluppo della formazione continua come strumento di prevenzione dall’espulsione dal mercato del lavoro di lavoratori e aziende a rischio di obsolescenza (Partners: CONFORM ‐ Consorzio Formazione Manageriale, Dip. di Analisi dei Sistemi Economici e Sociali – Università degli Studi del Sannio, SO.N.T.E.D. S.r.l., OBR CAMPANIA‐
Organismo Bilaterale Regionale per la Formazione in Campania, Associazione Regionale per l’Ambiente e l’Agriturismo – Terranostra Campania Banca della Campania S.p.A.) 3) «CRESCO in Campania» → Creazione di un sistema informativo che promuova il raccordo tra domanda e offerta di formazione, attraverso un’attenta lettura dei fabbisogni di competenza espressi dagli utenti del sistema (Partners: OBR Campania, ERFEA – Ente Regionale Formazione Professionale e Ambiente della Campania, EBAC‐ Ente Bilaterale Artigianato Campania, EBTC‐ Ente Bilaterale Turismo Campania, EBT Terziario‐ Ente Bilaterale del Terziario, COOP.FORM‐ Ente Bilaterale Regionale Formazione e Ambiente, C.R.I.A.I. scarl‐ Consorzio Campano di Ricerca per l’Informatica e l’Automazione Industriale, CARSA SpA ‐ Comunicazione Integrata, SFERA soc.cons.a r.l.‐ Servizi Formativi Emiliano Romagnoli Associati) AGGIORNAMENTI 1. Rif. Bando Interventi di promozione di piani formativi aziendali, settoriali e territoriali e sviluppo della formazione continua L. 236/93 art. 9 ‐ D.D. 320/V/09 MLPS ‐ Avviso per la presentazione di piani di formazione continua per occupati. Rispetto ai più recenti sviluppi, il Settore Istruzione e Formazione Professionale della Regione nel febbraio 2010 ha varato la Programmazione interventi di formazione continua (Del. n. 133 del 19 febbraio 2010). Per contrastare le gravi ripercussioni determinate dalla crisi economica sul tessuto socioeconomico regionale, sottolineate peraltro dal robusto ricorso alla cassa integrazione anche per i settori in deroga, la Giunta regionale della Campania ha varato «Il Piano anticrisi» (del. n° 256 del 13 febbraio 2009 e n°397 del 6 marzo 2009), che prevede, tra l’altro, massicci interventi di politiche attive per il lavoro, destinati ai lavoratori CIGS e CIGO, con l’utilizzo di risorse FSE 2007‐2013. Accanto a tali interventi, si è reputato opportuno sostenere interventi di politica attiva, sulla base degli stanziamenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in attuazione della L. 236/93, che con Decreto Direttoriale 320/V/2009 del 14 dicembre ha assegnato alla Campania risorse pari ad € 13.507.767 per lo sviluppo della competitività delle imprese con sede operativa in Campania ed assoggettate al contributo di cui all’articolo 12 della legge n. 160/75 e successive modifiche e integrazioni e l’accrescimento delle competenze dei lavoratori dipendenti. Si tratta di interventi di aggiornamento degli occupati delle imprese private, dei lavoratori in cassaintegrazione ivi compresi quelli dei settori in deroga, suddivisi nelle seguenti linee di attività formative, da svolgere anche in azienda: • Linea A – Tipologia di interventi 67 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” o Piani formativi in materia di qualità e sicurezza rivolti ad una grande o media impresa e ad un numero minimo di cinque PMI, appartenenti all’indotto economico della prima anche di settori economici differenti. o Piani formativi settoriali: rispondenti ad esigenze di più imprese appartenenti ad uno stesso settore produttivo. o Piani formativi pluriaziendali: rispondenti ad esigenze di più imprese a prescindere dal settore economico‐produttivo di appartenenza di ciascuna azienda. o Piani distrettuali‐territoriali: rispondenti ad esigenze di particolari filiere produttive o di distretti produttivi territoriali. o Piani formativi aziendali: rispondenti ad esigenze di formazione degli occupati di una sola azienda, possono coinvolgere più unità produttive della medesima azienda collocate in diverse aree territoriali della regione. • Linea B‐ Tipologia di interventi o Piani straordinari di intervento formativo per lavoratori di cui alla legge n. 2/2009. 2. Rif. Regolamento attuativo in materia di formazione continua (Reg. n. 9/2010) Il Regolamento di Attuazione n. 9/2010 denominato «Disposizioni Regionali per la Formazione (DPGR n. 89 del 2 Aprile 2010) dedica il Capo VIII alle regole per l’attuazione di Misure a sostegno della Formazione Continua. Nel testo, la programmazione degli interventi di formazione professionale continua è adottata su proposta della Conferenza regionale la quale, tenuto conto delle linee di indirizzo elaborate dall’Osservatorio nazionale per la formazione continua, predispone specifici piani annuali formativi. Nell’ambito dell’attività di programmazione la Regione promuove la realizzazione di interventi di formazione continua destinati a lavoratori occupati in imprese con meno di 15 dipendenti, lavoratori part‐time, lavoratori a tempo determinato e collaboratori a progetto. Il finanziamento di tali strumenti, se di durata inferiore a nove mesi, è integralmente a carico della Regione. Le Province, nell’ambito della Conferenza regionale, partecipano alla programmazione delle politiche formative anche mediante l’individuazione dei fabbisogni formativi del proprio territorio effettuata attraverso i servizi per il lavoro. Per garantire l’effettiva partecipazione agli interventi di formazione continua possono essere previsti, nell’ambito della programmazione regionale, specifici piani individuali. In tal caso la Conferenza regionale individua e propone annualmente l’elenco dei piani formativi individuali con assegno finanziato integralmente da fondi regionali, proponendo al contempo i criteri e le modalità di individuazione dei destinatari. La Giunta Regionale, su proposta della Conferenza, prevede specifici incentivi al finanziamento privato dei piani formativi individuali senza assegno. 68 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.2 Buone Pratiche di progettazione negoziata. I profondi cambiamenti in corso nella società e nell’economia, la sfida della globalizzazione e la difficile congiuntura che colpisce soprattutto le produzioni più tradizionali, impongono scelte importanti che siano in grado di sollecitare una spinta innovativa, sia in senso tecnologico che qualitativo, della realtà produttiva locale, in particolar modo nei settori considerati strategici. Molti possono essere gli strumenti da mettere in campo per favorire uno sviluppo economico e sociale, che fondi le sue radici in primo luogo su un uso ottimale delle risorse e potenzialità locali. In questo scenario la formazione continua riveste un ruolo rilevante e assume una doppia valenza: 9 la formazione in risposta ai bisogni delle imprese per accrescere le competenze dei propri addetti, per migliorare le prestazioni, arginare la concorrenza, imprimere un carattere distintivo ai prodotti e ai servizi erogati; 9 la formazione in risposta alle esigenze dell’individuo che ha necessità di acquisire maggiori competenze ed arricchire il proprio bagaglio professionale da spendere su un mercato del lavoro in continua evoluzione e connotato da una estrema mobilità. Pertanto, la politica nel campo della formazione deve perseguire l’obiettivo di costruire e concertare con le parti sociali, gli organismi di formazione, le aziende, le istituzioni pubbliche e private, gli indirizzi di programmazione delle risorse disponibili, in modo che siano sempre più rispondenti alle necessità del territorio. La sfida è quella di abbandonare strategie reattive, unicamente in risposta ai fabbisogni a breve termine, per mettere a punto traguardi ed obiettivi che siano il risultato di una visione strategica innovativa, propositiva e proattiva. E’ quindi indispensabile rafforzare la cultura della formazione come leva per lo sviluppo economico ed occupazionale attraverso le seguenti azioni: 9 coinvolgere i titolari di imprese in azioni formative volte all’analisi del mercato e all’individuazione di piani strategici a lungo termine; 9 istituire attività di monitoraggio del sistema territoriale ed analisi dei fabbisogni di settore; 9 incentivare progetti all’interno di un piano di sviluppo complessivo dell’azienda; 9 programmare interventi formativi metodologici, concettuali rivolti alle imprese e alle agenzie formative, promuovendo iniziative di animazione del territorio; 9 applicare modalità di formalizzazione del percorso formativo volte alla attestazione di competenze acquisite. Auspicando il più ampio confronto con tutte le forze sociali operanti sul territorio, dalle associazioni di categoria ai sindacati fino all’Università e ai Centri di ricerca, è convinzione comune che la concertazione, specie nell’attuale situazione economica, sia l’unico metodo idoneo a trovare le soluzioni più adatte per un nuovo sviluppo di tutta la realtà territoriale. In tale senso sembra opportuno fare riferimento alla “Programmazione Negoziata” quale metodologia di programmazione attraverso cui istituzioni, soggetti pubblici e privati concorrono ad individuare obiettivi comuni di sviluppo locale concertando interventi e risorse impiegabili, stabilendo i tempi e i metodi dell’attuazione oltre che le responsabilità e gli obblighi derivanti dagli impegni assunti. Attraverso l’utilizzo di tale metodologia dovrebbe risultare più agevole per l’attore pubblico interpretare le esigenze che provengono dal territorio, al fine di soddisfarle ed ottenere 69 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” legittimazione per le azioni che intende intraprendere ai fini della realizzazione di un obiettivo strategico nel perseguimento del bene comune. Gli obiettivi della programmazione negoziata sono pertanto i seguenti: • l’attuazione del principio di sussidiarietà, vale a dire il trasferimento dal livello centrale a quello locale delle funzioni amministrative collegate agli investimenti, con conseguente assunzione di responsabilità; • la necessità di assicurare agli investimenti decisi sul territorio una maggiore operatività in termini di esecuzione degli stessi. Gli enti locali devono pertanto attivarsi per recuperare finanziamenti e le risorse a disposizione sul proprio territorio coinvolgendo tutte le forze economiche e sociali che agiscono su di esso ed attraverso politiche intersettoriali, di partenariato tra pubblico e privato, di integrazione tra i vari livelli di governo, di partecipazione dei cittadini alle decisioni che li riguardano. La programmazione negoziata fa pertanto sì che la decisione venga presa contemporaneamente tra gli attori politici, economici e sociali chiamati al tavolo della concertazione, consentendo un miglioramento dell’efficienza temporale della decisione (grazie all’accordo implementato tra i vari enti della pubblica amministrazione coinvolti), nonché un migliore ascolto delle esigenze espresse, in sede di concertazione, dalle imprese del settore economico e dalle parti sociali. Con riferimento alla normativa sulla programmazione negoziata, sono stati individuati i seguenti strumenti attuativi: 9 L'Intesa Istituzionale di Programma, accordo tra il Governo centrale e la Giunta Regionale per la realizzazione di un programma pluriennale di interventi d’interesse comune. 9 L’Accordo di Programma Quadro, che in attuazione dell’intesa istituzionale di programma, definisce un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati, individuando le attività e gli interventi da realizzare nonché i tempi e le modalità di attuazione, i soggetti responsabili dell’attuazione delle singole attività ed interventi, le procedure necessarie per l’attuazione dell’accordo, gli impegni di ciascun soggetto, le risorse finanziarie occorrenti per le diverse tipologie di intervento. 9 Il Patto Territoriale, l’accordo promosso dagli enti locali, dalle parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati per l’attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale. 9 Il Contratto di Programma, stipulato tra l’amministrazione pubblica competente e soggetti imprenditoriali, quali grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese, rappresentanze di distretti industriali, per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata, mediante mobilitazione, e successivamente, localizzazione territoriale, di investimenti rilevanti. 9 Il Contratto d’Area, strumento operativo, concordato tra le amministrazioni, anche locali, le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché altri soggetti eventualmente interessati, per la realizzazione di azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la creazione di nuova occupazione in aree in situazioni di crisi. 9 il Contratto di Localizzazione, di diritto privato, attualmente utilizzato nel Mezzogiorno, che viene stipulato tra Sviluppo Italia, Pubblica Amministrazione, Enti Locali e impresa. Esso rappresenta la combinazione di due strumenti: uno specifico Accordo di Programma Quadro per il finanziamento delle opere infrastrutturali, il sostegno della R&S, la formazione, l’accelerazione del coordinamento procedurale ed un Contratto di Programma per la gestione delle agevolazioni a favore dell’investimento. 70 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” In stretta relazione con il processo di decentramento, si sono avviate numerose iniziative di sviluppo locale basate su un nuovo approccio concettuale fondato su di un insieme di principi di carattere metodologico/operativo legati alla promozione di politiche di sviluppo organizzate per cicli di progetto orientati ad unità territoriali di dimensioni ridotte (anche sub provinciali) e realizzati attraverso forme di partecipazione attiva e responsabilizzazione degli stakeholders locali. Un importante punto di svolta è stato rappresentato dall’introduzione dei Progetti Integrati Territoriali (PIT) quale modalità attuativa degli interventi cofinanziati nell’ambito dei POR delle Regioni Obiettivo 1, in linea con i principi ispiratori della programmazione 2000‐06 in Italia: l'integrazione, la concertazione ed il partenariato. In quest’ottica la progettazione integrata territoriale assume le caratteristiche di approccio metodologico identificato da alcune caratteristiche specifiche, riassumibili nell’approccio territoriale ed integrato, che identifica la specificità del contesto operativo di riferimento (piccolo e sistemico invece che vasto e settoriale) e nell’approccio partecipativo, partenariale e decentrato, che indica l’esigenza prioritaria di coinvolgere e responsabilizzare maggiormente i destinatari finali delle politiche. Per tali motivi, vista la rilevanza dell’argomento, sono state ricercate buone pratiche legate al tema della formazione continua non solo attraverso l’analisi degli strumenti classici di progettazione negoziata (patti territoriali, contratti d’area, ecc.): ma anche all’interno di progetti ed attività in possesso delle caratteristiche sopra descritte. Le esperienze selezionate e riportate in questa sezione riguardano: 1.
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Patto Territoriale del Sangro Aventino; Bollenti Spiriti; Patto territoriale del Matese; Patto Formativo Locale per il Sistema Culturale‐Turistico della Basilicata. 71 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.2.1 Patto Territoriale del Sangro Aventino ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Patto Territoriale del Sangro Aventino Territorio di riferimento: Comprensorio del Sangro Aventino Ente di riferimento: Regione Abruzzo Partnership: 57 Comuni, 4 Comunità montane e Enti territoriali del comprensorio Sangro‐Aventino Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Il Patto è stato approvato con decisione della Commissione UE in seguito alla quale è stato reso disponibile il contributo finanziario comunitario tramite il il Programma Operativo Multiregionale (POM). Il Patto è cofinanziato con deliberazione CIPE n. 71 del 9 luglio 1998 (G.U.: n. 241 del 15‐10‐1998). Gli investimenti del Patto territoriale ammontano a mil/Euro 125,19 di cui mil/Euro 73,53 a carico dei privati e mil/Euro 51,65 di contributi pubblici. DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il Patto Territoriale del Sangro Aventino è una convenzione fra tutti i Comuni e le Comunità Montane del Sangro Aventino, il cui scopo è l’esercizio associato di funzioni e servizi comunali. Esso nasce dall’esigenza di incrementare la capacità amministrativa degli Enti per supportare lo sviluppo tramite un Piano di Azione complesso e innovativo per creare condizioni favorevoli di sviluppo. I principali obiettivi riguardano la necessità di: •
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Coordinare e portare a sintesi le istanze dei vari enti anche in termini di capacità progettuale; Migliorare l’efficienza della P.A. tramite lo sviluppo di servizi attivati in forma associata e l’introduzione di innovazioni procedurali e tecnologiche; Aggiornare le competenze degli operatori della P.A. La società Consortile Sviluppo Turistico Sangro Aventino è nata sulla spinta e grazie al sostegno finanziario del Patto Territoriale e ha per oggetto istituzionale la promozione dello sviluppo turistico del comprensorio. Essa opera come intermediario di piani, programmi, progetti e sovvenzioni ed è costituita dall’Associazione degli Enti Locali, con la maggioranza relativa, e da altri Enti (70%) ed organismi che rappresentano i privati (30%). Il bilancio sociale rappresenta un efficace strumento per comunicare l’identità (valori, mission, strategia), i risultati ottenuti in termini di sviluppo locale e, appunto, il ruolo sociale rivestito dall’Agenzia Sangro Aventino. L’introduzione della prassi del bilancio sociale costituisce un contributo al miglioramento del livello di condivisione, uno strumento a servizio della partecipazione e quindi un modo per favorire un processo virtuoso di governance locale. La programmazione strategica del territorio è perseguita tramite la definizione di una visione condivisa e di un rinnovato Piano di Azione, da realizzare anche con il contributo dei Fondi 2007‐
2013. 72 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il Patto nasce da una sinergia politico ‐ istituzionale tra parlamentari/provincia/comuni/comunità montane e dall'apporto decisivo delle organizzazioni datoriali e sindacali, delle banche locali, di associazioni e della scuola. Determinante è stato il fatto di attivare un partenariato completo, forte e coeso nel rispetto dei principi di: •
Inclusione, ovvero partecipazione di tutte le rappresentanze degli attori operanti nel territorio (pubblico e privato, mondo associativo ecc.); •
Condivisione delle responsabilità e riduzione della conflittualità interna, che significa anche garantire una pari dignità tra i soggetti che la compongono; •
Sussidiarietà per le decisioni che coinvolgono direttamente come protagonisti gli attori locali al livello più prossimo al territorio. •
Solidarietà tra enti di diversa dimensione per il raggiungimento di interessi ed obiettivi comuni. Le principali funzioni del Centro Servizi riguardano: 9 lo Sportello Unico (DPR 447/98 e s.m.i.) per unificare e snellire le procedure tecnico‐
amministrative e dare informazioni sulle caratteristiche dell’area; 9 la Rete telematica, per sviluppare servizi di Biblio on line, Primo Contatto, Sistema Sociale, Portale Scolastico, ecc. 9 la Fiscalità locale ed il Sistema informativo Territoriale; 9 i Programmi di intervento ed altri strumenti per la gestione unitaria relativa allo sviluppo dell’area. Innovatività Il Soggetto responsabile del Patto ha svolto l’azione preparatoria alla progettazione del piano strategico di marketing del territorio prestando notevole attenzione al coinvolgimento di tutti gli attori pubblici e privati da cui dipendono le dinamiche economiche del Sangro Aventino. Ne è prova il fatto che questi soggetti riconoscono ormai nella struttura del Patto il punto di riferimento (anche dal punto di vista logistico) della riflessione sulla strategia per lo sviluppo competitivo del territorio. Questo risultato è maturato attraverso la realizzazione di tre principali attività: a) il coagulo dei vari soggetti pubblici e privati per lo sviluppo della cultura della cooperazione e per l’ideazione e realizzazione di progetti comuni di sviluppo territoriale; b) la produzione e diffusione di informazioni sul territorio e sulle sue opportunità produttive, sia tra gli attori al suo interno, sia tra i potenziali investitori esterni, che si collega innanzi tutto alla funzione dello Sportello Unico; 73 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” c) la realizzazione di una “intelligence” delle condizioni strutturali e potenziali del territorio utile alle imprese locali per individuare il proprio percorso di sviluppo, che comprende la “messa in rete” di un’insieme di informazioni sull’insieme di fattori ambientali che influenzano le scelte strategiche delle imprese locali ed i risultati che queste possono raggiungere. Attraverso lo svolgimento dell’insieme di queste funzioni, il Patto è diventato un punto di riferimento essenziale per le imprese locali, agendo da connettore tra ciascuna azienda e il suo ambiente di riferimento, inteso come insieme di altre imprese potenziali partner, di istituzioni pubbliche, di opportunità di business. In sostanza, l’azione dalla struttura del Patto offre alle aziende locali un’opportunità fondamentale per il loro sviluppo: il superamento del relativo isolamento e il progressivo inserimento all’interno di un sistema produttivo locale. Sostenibilità Il Patto, approvato con decisione della Commissione UE in seguito alla quale è stato reso disponibile il contributo finanziario comunitario tramite il Programma Operativo Multiregionale (POM), è stato successivamente co‐finanziato con ulteriori interventi di natura pubblica e privata. Le nuove tematiche, da realizzare anche con il contributo del Ministero dell’Economia e di Fondi Comunitari 2007‐2013, riguardano: 9 La rete delle imprese per l’innovazione; 9 Ambiente e cultura; 9 Sviluppo delle risorse umane; 9 Sviluppo delle azioni per il miglioramento del contesto; 9 L’internazionalizzazione. Trasferibilità La trasferibilità dell’esperienza riguarda essenzialmente l’impianto metodologico ed attuativo, con particolare riferimento alle modalità di progettazione negoziata e di dialogo sociale. L’ambito d’intervento, principalmente legato al marketing territoriale e allo sviluppo locale, può essere facilmente adattato al tema della formazione continua, che riveste un ruolo rilevante in tale processo. 74 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.2.2 Bollenti Spiriti ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “Bollenti Spiriti” Territorio di riferimento: Regione Puglia Ente di riferimento: Servizio Politiche Giovanili e Cittadinanza Sociale ‐ Regione Puglia Partnership: Comuni, Ambiti Sociali di zona, parti sociali, ecc. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: fondi regionali, nazionali e comunitari DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il Programma Bollenti Spiriti è una iniziativa della Regione Puglia promossa dall'Assessorato alle Politiche Giovanili e alla Cittadinanza Sociale e viene realizzata in collaborazione con diversi assessorati, i settori e le agenzie regionali che realizzano interventi in favore dei giovani. Il programma è coordinato dal Servizio Politiche Giovanili e Cittadinanza Sociale. Bollenti Spiriti ha preso il via nel novembre del 2005 con una Delibera della Giunta Regionale che ha istituito il programma. Da allora, Bollenti Spiriti ha realizzato alcune importanti iniziative: • Il Contratto Etico Giovanile, ovvero borse di alta formazione per oltre 5.000 giovani neolaureati pugliesi (spesa complessiva: circa 60 milioni di Euro). Da marzo 2008, il contratto etico ha cambiato nome: si chiama “Ritorno al Futuro” ed è interamente gestito dall’Assessorato al Lavoro e alla Formazione Professionale. • I Laboratori Urbani, ovvero il finanziamento di 71 progetti per ristrutturare circa 150 edifici abbandonati in tutta la regione e trasformarli in laboratori da dedicare all’espressione e alla creatività giovanile (spesa complessiva: 44 milioni di Euro). In questo stesso periodo, Bollenti Spiriti: ‐
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ha realizzato iniziative sperimentali sulla creatività giovanile, come il CreativeCamp, un evento (con cadenza ormai annuale) dedicato alla partecipazione dei giovani allo sviluppo della Puglia, una festa delle giovani idee in azione, con stand ed espositori per conoscere le storie ed i progetti di migliaia di giovani pugliesi che stanno realizzando un’esperienza nel campo della creatività, delle nuove tecnologie, della solidarietà, dell’apprendimento e dello sviluppo sostenibile; ha commissionato all’Università degli Studi di Bari la ricerca “Cosa Bolle in Pentola”, su risorse e bisogni dei giovani pugliesi alla ricerca di esperienze significative, individuali e collettive, nei campi dell’istruzione e della formazione, del lavoro, della creatività e del potenziale di innovazione, della partecipazione alla cittadinanza attiva e del nuovo rapporto dei giovani coi luoghi. In via sperimentale, il 19 febbraio 2009 è stato lanciato il programma della Commissione Europea “Erasmus per Giovani Imprenditori”, basato sulla metodologia ed esperienza dell’Erasmus universitario per garantire la mobilità dei giovani imprenditori. L’obiettivo è dare la possibilità ai giovani che hanno avviato da poco un’impresa di affiancarsi, per un periodo di tempo limitato, ad 75 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” un’impresa già attiva in un altro paese europeo, contribuendo così allo sviluppo di reti, relazioni e scambi. Nell’ambito del nuovo Piano d’azione, Bollenti Spiriti ha realizzato inoltre il concorso “Principi Attivi – Giovani Idee per una Puglia migliore” (spesa complessiva: 10,5 milioni di Euro) per favorire la partecipazione dei giovani pugliesi alla vita attiva e allo sviluppo del territorio, attraverso il finanziamento di progetti ideati e realizzati dai giovani stessi. In caso di approvazione del progetto, i gruppi informali si impegnano a costituire un nuovo soggetto giuridico a propria scelta (associazione, cooperativa, impresa etc.). Principi Attivi è giunto ora alla seconda edizione con un finanziamento di 5.2 milioni di Euro da fondi di bilancio regionale. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Nonostante la presenza di interventi mirati nell’ambito delle politiche preventive, esiste un forte bisogno di realizzare un programma di interventi globali che diano valenza strutturale alle politiche giovanili nel territorio. Il percorso che ha portato all’elaborazione della presente proposta progettuale ha visto il coinvolgimento dei diretti destinatari e protagonisti dell'iniziativa, ma anche di altri soggetti pubblici e privati che hanno offerto importanti contributi sin da tale fase ideativa. Peraltro, i bisogni e le aspettative dei giovani sono stati esplicitati direttamente dagli stessi nel corso degli incontri di promozione e divulgazione delle linee guida “ Bollenti Spiriti “ realizzati sul territorio, con i quali si sono stabiliti i più opportuni contatti collaborativi. Ulteriori dati di conoscenza della dimensione giovanile nel territorio e proficue indicazioni sono emersi dai contatti con gli operatori dei servizi comunali Informagiovani, dei referenti delle principali istituzioni scolastiche, delle Associazioni operanti nel campo della promozione culturale ed artistica, sensibili ed aperti alle esigenze del mondo giovanile. Ne è emersa, in maniera pressoché univoca, l'esigenza principale di colmare il vuoto o la carenza di spazi e risorse dedicati all'espressione delle competenze e dei talenti dei giovani, al loro bisogno di informazione, partecipazione e protagonismo attraverso azioni in grado di valorizzarne ogni apporto originale, con auspicabili e concreti riflessi anche sul piano dell'occupazione e dell'auto imprenditoria, stimolando la stessa dimensione dello stare insieme, del concetto di gruppo e di comunità. L'obiettivo di creare e rivitalizzare spazi di aggregazione giovanile parte quindi dalla necessità di realizzare una rete di laboratori urbani per la creatività giovanile quali luoghi di apprendimento collettivo nei campi. della cultura, dell'arte, dell'artigianato, consoni al variegato ed eterogeneo mondo dei giovani. Luoghi in cui entrino in relazione tra loro diverse esperienze e diverse speranze, luoghi di incontro, scambio, sperimentazione in cui i giovani possano coltivare le proprie capacità, apprendere, formarsi e rimanere attivi. Spazi attrezzati all'interno dei quali creare gruppi di lavoro e sviluppare percorsi finalizzati alla realizzazione di servizi, attività, prodotti, eventi, spettacoli. La filosofia di fondo del progetto prevede un’impostazione sperimentale con un approccio attento alla qualità delle varie fasi di progettazione, gestione, organizzazione e verifica dei risultati. L'azione proposta persegue pertanto i seguenti obiettivi generali: 76 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” ∙
favorire l'accesso alla formazione, all'informazione e agli strumenti culturali; ∙
promuovere opportunità di aggregazione e socializzazione; ∙
favorire l'espressione della creatività giovanile; ∙
promuovere l'autonomia e la capacità di auto organizzazione dei giovani; ∙
sviluppare percorsi di progettazione partecipata e democratica; ∙
promuovere politiche interculturali; ∙
realizzare attività culturalmente e socialmente produttive; ∙
stimolare attività imprenditoriali; ∙
favorire processi di inclusione e coinvolgimento dei soggetti a rischio. Innovatività Per la prima volta, le politiche della Regione Puglia si rivolgono ai giovani in quanto tali e non solo in quanto studenti, disoccupati, soggetti da proteggere o categoria a rischio. Per la prima volta, l'obiettivo non è "risolvere il problema dei giovani" ma offrire strumenti per permettere ai giovani cittadini pugliesi di partecipare a tutti gli aspetti della vita della comunità, perché proprio da loro possono venire le migliori soluzioni. In linea con la tipologia di esperienze proposte in questa sezione, il programma Bollenti Spiriti appare innovativo dal punto di vista della metodologia di impiego (partecipazione negoziata e dialogo sociale) oltre che nei contenuti stessi del progetto, in quanto assolutamente inerenti e compatibili con il tema della formazione continua. Sul piano gestionale ed operativo, le metodologie di riferimento sono quelle del peer to peer e del learning by doing: i giovani destinatari dell’iniziativa possono “mettersi in gioco” per trasferire all’interno di appositi workshop competenze ed abilità acquisite, utilizzando linguaggi e strumenti comunicativi propri, con adeguate supervisioni in modo da creare risorse umane formate che, in prospettiva, potranno rendersi gradatamente autonome nella gestione di taluni servizi ed attività, ma anche nella realizzazione di prodotti finali ed esperienze trasferibili. Tutte le scadenze, le opportunità e le modalità di accesso vengono comunicate attraverso il web. Con Bollenti Spiriti 2.0, la nuova piattaforma attiva da maggio 2009, si vuole permettere ai giovani cittadini di comunicare con la Regione Puglia attraverso la partecipazione ad una comunità virtuale di persone. Ma anche di comunicare tra loro: i gruppi di Principi Attivi realizzano le loro attività e comunicano attraverso il “Blog Bollenti Spiriti”. Sostenibilità Con una spesa complessiva di oltre 150 milioni di Euro, Bollenti Spiriti rappresenta il più importante investimento economico mai realizzato da una regione italiana in favore delle giovani generazioni. Il programma Bollenti Spiriti è finanziato con risorse regionali, nazionali e comunitarie, in relazione alla tipologia di intervento preso in esame. 77 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” A febbraio 2008, la Giunta Regionale ha approvato il nuovo Piano di Azione Bollenti Spiriti per il periodo 2008/2009, con l’obiettivo di realizzare interventi per promuovere l’attivazione e il protagonismo dei giovani pugliesi. A maggio del 2008, l’Assessorato alla Trasparenza e Cittadinanza Attiva ha firmato un Accordo di Programma Quadro con il Governo Italiano per accedere alle risorse del Fondo Nazionale Politiche Giovanili. Oltre a ciò, nell’ambito di specifici progetti, ci si avvale delle risorse FSE della programmazione 2007 – 2013. Trasferibilità Il rafforzamento di una rete di relazioni stabili nel tempo tra le varie realtà locali, fra territori diversi, tra sistemi formativi ed associativi, attraverso cui socializzare le buone prassi in tema di crescita e di creatività, e soprattutto la modalità di gestione delle stesse, possono essere elementi trasferibili in quanto inseriti all’interno di un modello di sviluppo locale che risponde a logiche di “bottom up”. E’ infatti la modalità di condivisione delle scelte, nonché il metodo di coinvolgimento attivo della cittadinanza, a risultare buona pratica come elemento trasferibile in altre realtà locali e per altri ambiti di intervento. Per tali motivi si ritiene che l’esperienza maturata possa costituire una valida fonte di informazioni in grado di trasferire importanti spunti di riflessione collegati anche al tema della formazione continua, argomento presente in gran parte delle singole iniziative che compongono l’intero e variegato programma. 78 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.2.3 Patto territoriale del Matese ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Patto territoriale del Matese Territorio di riferimento: Regione Molise Ente di riferimento: Matese per l'Occupazione Scpa Partnership: I promotori sono ben 106 e coprono l'intero spettro del tessuto socio economico areale: Comuni, le due Province, le associazioni imprenditoriali, le organizzazioni sindacali, le associazioni del no profit e del volontariato, le banche, le Camere di Commercio, etc.. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: vari DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il Patto del Matese nasce dall'attività di concertazione realizzata da un ampio Partenariato, composto dalle forze sociali, economiche ed istituzionali, interessate allo sviluppo dell'area, che interessa ben 56 comuni del Molise Centrale appartenenti sia alla provincia di Campobasso che a quella di Isernia. Gli attori locali, attraverso un approccio allo sviluppo di tipo "bottom up", basato su un'approfondita analisi dei punti di forza e di debolezza dell'area, hanno convenuto su un obiettivo comune di crescita economica e sociale, sviluppato in un Piano di Azione Locale, il cui valore aggiunto, rispetto ad altre forme di programmazione territoriale, è dato dalla stipula di numerosi Protocolli di Intesa (Relazioni Industriali, Snellimento procedure, Legalità, etc.) atti a creare condizioni di contesto più favorevoli per l'avvio di nuove attività imprenditoriali e la realizzazione di infrastrutture di contesto. Per svolgere le sue attività (gestione degli obiettivi del Patto, definizione ed implementazione dei Protocolli di Intesa, promozione del Patto), il Partenariato ha provveduto alla costituzione di un S.I.L. (Soggetto Intermediario Locale). La Matese per l’Occupazione S.c.p.a nasce nel 1998, con l’obiettivo di dare attuazione al Piano di Azione Locale e di gestire operativamente il Patto Europeo per l’Occupazione del Matese, uno dei dieci patti territoriali in Italia, direttamente coordinati dalla Commissione Europea, per il tramite del Ministero dell’Economia e Finanze. Da allora il nome della società è stato legato, indissolubilmente, a quello del Patto Territoriale del Matese. Negli ultimi 10 anni di attività, i risultati conseguiti dal Patto hanno riguardato: •
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3 programmi complessi di sviluppo attivati; 10 progetti ed iniziative tematiche di forte coinvolgimento internazionale; 400 iniziative imprenditoriali attivate; 135 interventi infrastrutturali realizzati; 150 milioni di euro di investimenti attivati; 95 milioni di euro intermediati; 850 nuovi posti di lavoro creati; 5 Paesi esteri con cui si sono sviluppati rapporti e reti lunghe; 1 Sede Nazionale a Campobasso dell’A.D.I. Associazione Nazionale Alberghi Diffusi. 79 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” I positivi risultati raggiunti, in termini di efficacia ed efficienza nell’impegno e nella spesa delle risorse disponibili, hanno portato l’esperienza del Patto Territoriale del Matese come caso di successo e di riferimento in Molise per l’attuazione di molteplici progetti innovativi e di rete. La attività svolte hanno condotto il partenariato locale ad affidare sempre più alla società il ruolo di soggetto promotore di una vasta gamma di strumenti di sviluppo a scala locale, dal Patto per l’Agricoltura, al PIT, dagli interventi in materia occupazionale a quelli di promozione e marketing del territorio. Il suo ruolo si è andato quindi sempre più configurando come quello di una vera e propria Agenzia di Sviluppo Locale, anche con riferimento alla stagione di programmazione 2007‐
2013. Il successo del Patto conferma e valida i principi cardine che hanno guidato la sua sperimentazione, ovvero: 9
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Iniziativa locale; Approccio allo sviluppo di tipo bottom‐up; Ampio partenariato; Innovazione; Integrazione. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo La Mission del Patto può essere così sintetizzata: 9 Promuovere, progettare e gestire interventi e programmi integrati e concertati di sviluppo socio‐economico, a scala territoriale; 9 Mettere in rete e condividere iniziative di successo.; 9 Anticipare, sperimentare e trasferire metodologie innovative di sviluppo locale. Il lavoro svolto è stato mirato alla costruzione di meccanismi che possano garantire quella integrazione operativa e strategica in grado di supportare l’azione e l’interdipendenza degli attori, necessarie caratteristiche di un Partenariato locale. Ciò anche attraverso la definizione delle capacità di investimento dei singoli attori e l’acquisizione della capacità di prendere decisioni collegiali. L’attività di concertazione ha mirato sin dall’inizio verso idee forti di sviluppo integrato che creassero valore aggiunto a quanto i singoli promotori avrebbero potuto apportare individualmente sul territorio. L’idea base su cui si è "coagulato" il partenariato è stata quella della piena valorizzazione delle potenzialità, in gran parte ancora inespresse, dell’area del Molise centrale, soprattutto nei settori vocazionali del territorio, in primo luogo l’ambiente, il turismo e l’agroalimentare, puntando soprattutto sulla solida base di risorse umane disponibili da formare o riqualificare. Inoltre, è stata posta grande attenzione da tutti gli attori dell’area verso politiche e strumenti innovativi a favore dell’occupazione, ad esempio sul versante del Terzo Settore. Il perseguimento di tali obiettivi passa attraverso una strategia incentrata essenzialmente sull’accrescimento complessivo del tasso di imprenditorialità dell’area, in grado di coniugare il pieno dispiegamento delle capacità presenti sul territorio verso un consistente e duraturo incremento della base occupazionale. 80 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” L’assunto di tale impostazione, su cui esiste massima condivisione tra tutti gli attori locali del Partenariato, è che le nuove occasioni di lavoro per l’area si creano solo favorendo lo sviluppo su base imprenditoriale di nuove attività ed il consolidamento di quelle esistenti, siano esse nel campo del sociale, dei servizi o del manifatturiero, in una logica di costante e severa attenzione alle esigenze, alle dinamiche e alle potenzialità della domanda nei rispettivi mercati di riferimento. Si tratta di un approccio fortemente innovativo per l’area, laddove si pensi alle modalità di ideazione del Patto ed ai contributi che ne danno i diversi settori anche in termini di formazione ed occupazione. Innovatività Iniziativa locale, dialogo sociale, concertazione, partenariato ampio ed efficace, innovazione ed integrazione sono i principi fondamentali del metodo adottato, un metodo inteso a introdurre una nuova mentalità ed un nuovo concetto di "governance", che ha innescato un processo dinamico ed autopropulsivo di creazione di attività, ricchezza e di occupazione a livello territoriale. Il risultato più visibile del ruolo che il partenariato ha recitato in questi anni è rappresentato dalla convergenza di tutti gli attori dello sviluppo verso la definizione di un obiettivo comune di crescita dell’area: la creazione, di un ambiente favorevole all’aumento delle occasioni imprenditoriali, dell’occupazione e della qualità della vita, che faccia leva su un connubio di elementi tra loro strettamente interrelati: qualità dei prodotti e dei processi, formazione continua, nuove forme di turismo e di accoglienza, miglioramento della dotazione infrastrutturale ed ambientale. Un’altra forte innovazione che i promotori ritengono di aver raggiunto in un territorio molto arretrato in termini di partenariato e concertazione è relativa al coinvolgimento degli istituti creditizi, che si sono dimostrati interessati alla ricerca di nuovi strumenti in grado di soddisfare le esigenze della nuova imprenditoria in settori come l’ambiente, il turismo ed i servizi alla persona, tradizionalmente lontani dalle istituzioni finanziarie. Si è, quindi, ritenuto particolarmente utile l’azione integrata di altre istituzioni creditizie in grado di supportare in vari modi la progettualità del Patto. E’ stato studiato e stilato un apposito protocollo che coinvolge gli istituti che svolgono attività di credito ordinario, assunzione di partecipazioni, venture capital e tutti gli altri strumenti vocazionali alla creazione di nuova imprenditorialità. Un alto valore aggiunto, infine, viene fornito al Patto dalla stipula di un apposito Protocollo con il Comitato delle Parità e Pari opportunità, nonché dalla stipula di un Protocollo di Legalità. In questo contesto si inserisce anche l’obiettivo, raggiunto nel 2005, di ottenere, primo tra tutti i Patti Territoriali Europei, la certificazione di Qualità secondo gli standard UNI EN ISO 9001:2000. Un importante riconoscimento che dà evidenza della qualificazione del suo lavoro e garantisce una sempre più efficace gestione delle attività. Sostenibilità La società ha ormai portato a termine le attività connesse alla gestione del Patto Territoriale per l’Occupazione e del Patto per l’Agricoltura del Matese. Le attività del Patto rimangono però le esperienze di riferimento per le quali la società ha acquisito un significativo riconoscimento ed ha sviluppato specifiche competenze in termini di animazione, assistenza, valutazione, istruttoria ed erogazione di contributi, assistenza ai collaudi finali, verifiche e monitoraggi degli indicatori. 81 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Per migliorare alcuni di questi fattori, la società ha contribuito anche, attraverso i Ministeri dell’Economia e dello Sviluppo, a preparare manuali operativi e procedure consolidate che hanno portato a innovazioni normative ed operative. L’esperienza sviluppata ha consentito alla Matese per l’Occupazione S.c.p.a di continuare ad impegnarsi nello sviluppo di specifici progetti tesi alla crescita dell’economia e della società regionale, con una connotazione sempre più tematica e meno generalista. I più significativi, tra i progetti attualmente in fase di attuazione, sono: • Albergo Diffuso e Ospitalità nei Borghi del Molise ; • Cittadella dell’Economia di Campobasso; • P.I.T. e le programmazioni di scala territoriale; • Marketing Territoriale; • Patto per la Competitività e l’Innovazione; • Servizi per le imprese del No Profit; • Metropolitana Leggera. La Società sta quindi avvicinandosi sempre più alla funzione di Agenzia di Sviluppo Locale per la progettazione e la promozione di interventi finalizzati alla crescita integrata del territorio. I prossimi anni saranno sempre più proiettati alla rete, al sistema, al rapporto con soggetti diversi, allo scambio ed alla ricerca di progetti sostenibili e coerenti con la cultura locale. Trasferibilità Anche in questo caso, le caratteristiche di trasferibilità dell’esperienza maturata in Molise vanno ricercate nelle modalità di animazione e coinvolgimento della partnership che, di fatto, ne fanno una buona pratica in tema di progettazione negoziata. Gli argomenti trattati dal Patto, ed in particolare le attività connesse al Patto per l’Occupazione nel Matese, appaiono del tutto coerenti con gli obiettivi strategici legati al ruolo della formazione continua. Inoltre, le caratteristiche strutturali ed economiche del contesto molisano, caratterizzate da piccole o piccolissime attività in un territorio a medio‐bassa densità abitativa, senza la presenza di grossi centri abitativi in grado di catalizzare l’attenzione regionale, possono essere facilmente confrontabili con quelle della Regione Marche, seppur con notevoli differenze circa le dimensioni complessive e le caratteristiche del tessuto produttivo. 82 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.2.4 P.F.L. Basilicata Patto Formativo Locale per il Sistema Culturale ‐ Turistico della Basilicata ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Patto Formativo Locale per il Sistema Culturale ‐ Turistico della Basilicata Territorio di riferimento: Regione Basilicata Ente di riferimento: Dipartimento Formazione, Lavoro, Cultura e Sport ‐ Regione Basilicata Partnership: API Turismo; FEDERCULTURE; ex IRRE Basilicata; Fondazione ZETEMA Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Progetto Focus DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il Patto Formativo Locale per il Sistema Culturale‐Turistico della Basilicata, voluto dal Dipartimento Formazione, Lavoro, Cultura e Sport, soggetto promotore dell'iniziativa, ha inteso avviare un percorso innovativo coinvolgendo in maniera attiva tutti gli attori istituzionali, economici, sociali, della filiera per agevolare una visione organica del settore e favorire la condivisione del patrimonio di saperi e competenze a supporto dello sviluppo dello stesso. Il P.F.L. ha puntato ad individuare un modello formativo integrato tra formazione professionale, Università e sistema impresa in grado di assicurare al comparto culturale‐turistico competenze professionali adeguate alle vocazioni ed alle caratteristiche distintive del territorio, favorendo la qualificazione dell'offerta formativa, evitando dispersioni di risorse e frammentazione di interventi. L’intervento si compone delle seguenti fasi, articolate secondo i punti di seguito riportati: 1. Sensibilizzazione del territorio; 2. Scouting delle iniziative/dei luoghi da sottoporre a sperimentazione; 3. Formazione d’aula; 4. Stage e Study Tour; 5. Project work La sperimentazione del Patto si inquadra nell'ambito delle finalità perseguite dal Progetto Focus, sostenuto dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il Patto Formativo Locale per il Sistema Culturale‐Turistico della Basilicata intende favorire la costruzione di percorsi formativi ed esperienziali integrati tra scuola, università, formazione professionale ed impresa, in grado di assicurare al sistema produttivo turistico regionale lo sviluppo di un sistema di competenze professionali aperte, appropriate alle vocazioni territoriali e alle caratteristiche distintive del territorio. Questo avviene migliorando la qualità della programmazione formativa, evitando dispersioni di risorse, frammentazione e duplicazione di interventi, nonché favorendo la qualificazione dell’offerta formativa stessa. 83 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Gli obiettivi generali sono quindi sintetizzabili in: • Sviluppare un sistema di formazione integrato per la creazione e la riqualificazione di competenze legate alla valorizzazione delle risorse culturali, ambientali e turistiche; • Sviluppare le competenze del sistema pubblico regionale nella programmazione degli interventi di valorizzazione, favorendone l’intersettorialità; • Stimolare l’imprenditorialità e la crescita delle organizzazioni legate alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale; • Consolidare, estendere e qualificare le azioni di integrazione tra ambiente e cultura, quali strumenti di sviluppo economico del territorio e di attrazione dei flussi turistici; • Promuovere l’immagine della Basilicata verso l’esterno, quale territorio caratterizzato da alcune “aree prodotto” di grande interesse e potenzialità per lo sviluppo locale. Il PFL si sostanzia in un’azione di sistema costituita da una serie di azioni congiunte, complementari e sinergiche, tutte orientate alla creazione di una rete sperimentale di promozione e sviluppo del patrimonio locale. Nei lavori preliminari sono state elaborate alcune caratteristiche di fondo condivise con il partenariato, necessarie per definire le modalità di conduzione e di attuazione dei vari momenti del patto stesso: 9 Approccio alla sperimentazione, non solo nella fase di progettazione del Patto, ma anche nella sua attuazione; 9 Coinvolgimento diretto del partenariato in tutte le fasi realizzative degli interventi; 9 Realizzazione di un’azione di sistema finalizzata a creare una rete tra le principali emergenze culturali, storiche, ambientali della Basilicata, che possa rappresentare anche il terreno di sperimentazione dei percorsi formativi progettati; 9 Forte integrazione tra modalità formative tradizionali ed innovative; 9 Creazione di opportunità di inserimento lavorativo per i destinatari degli interventi; 9 Innalzamento delle competenze del territorio, grazie all’apertura verso sistemi – interni o esterni alla Regione ‐ che possano rappresentare esempi di best practices. Innovatività Il Patto Formativo Locale per la Basilicata intende essere una strategia di innovazione per la programmazione formativa che consente agli attori locali dello sviluppo di intervenire in chiave negoziata e coalizionale sui fattori e sui processi di valorizzazione del capitale umano che interessano tutti i settori produttivi e che fanno parte della filiera integrata (ospitalità, enogastronomia, beni culturali, cultura e spettacolo). Tra le priorità del “Patto formativo” va sottolineata la costruzione di percorsi integrati tra Scuola, Università, Formazione professionale ed Impresa, al fine di assicurare al sistema produttivo turistico lucano lo sviluppo di competenze professionali esperte, appropriate alle diverse vocazioni territoriali. Il tutto si inserisce in un contesto in cui la massima Istituzione regionale, e in particolare l’Assessorato alla Formazione, Lavoro, Cultura e Sport, intende perseguire una 84 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” strategia di rafforzamento del settore culturale e turistico per riavviare un circolo virtuoso tra valorizzazione del territorio, sviluppo, identità, qualità della vita, tutela del territorio e sicurezza. Il “Patto” dunque, come politica di interesse regionale finalizzata alla valorizzazione delle risorse storiche, culturali, ambientali, turistiche ed enogastronomiche presenti ampiamente su tutto il territorio lucano. Sostenibilità La complessità del progetto e la numerosità dei soggetti coinvolti ha richiesto una significativa azione di regia, al fine di sviluppare un’interazione continua tra le azioni scaturite dal Patto e di garantire la nascita di una community professionale tra tutti gli attori coinvolti, che consenta di porre le basi per le successive esperienze di programmazione negoziata delle politiche formative. L’attenzione alle esigenze espresse dal partenariato durante la realizzazione delle azioni ha consentito infatti il consolidamento di un network di attori pubblici e privati coinvolti nelle tematiche ambientali, turistiche e culturali, in grado di apportare valore aggiunto anche per successivi interventi ed azioni sul territorio. Inoltre, la costituzione di un Tavolo di Indirizzo ha consentito, tra l’altro, di proporre modalità di rafforzamento delle azioni e nuove idee progettuali, eventualmente finanziate attraverso altre misure del POR o con fondi nazionali/comunitari, che possono rappresentare un efficace completamento delle stesse. E’ infatti compito del Tavolo di Indirizzo identificare eventuali azioni complementari e/o rafforzative rispetto a quelle avviate durante la prima fase di sperimentazione, i cui effetti possono dipanarsi anche nel corso della programmazione 2007‐2013. Lo sviluppo di reti di partenariato stabili sul territorio può creare quindi azioni congiunte e sinergiche finalizzate alla promozione del patrimonio culturale lucano verso l’esterno. In quest’ottica non solo si potrebbe assistere all’istituzionalizzazione dell’attuale partenariato, ma sarebbe possibile anche allargare la medesima compagine ad attori attualmente non coinvolti (es. associazioni culturali, Dipartimento Attività Produttive, attori della filiera produttiva, ecc.). Trasferibilità La trasferibilità dell’intervento è legata a due principali aspetti: 1. strategie di programmazione formativa negoziata; 2. modalità formative e non, attuate con il concorso del partenariato locale. Il concetto di mainstreaming fa riferimento al processo attraverso il quale le innovazioni sperimentate in un ambito circoscritto (sociale, economico ed istituzionale) vengono trasposte a livello di sistema. Si tratta di un percorso di acquisizione, da parte delle politiche locali, nazionali e comunitarie, delle buone prassi sperimentate a livello di singolo progetto pilota, ovvero delle innovazioni che hanno dimostrato la loro efficacia. In tal senso, le potenzialità di mainstreaming dell’esperienza analizzata possono essere sia di tipo orizzontale (stesso intervento su territori diversi) che di tipo verticale (intervento simile su settori diversi). 85 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.3 Buone Pratiche di sviluppo delle competenze delle parti sociali sulla F.C. La legislazione nazionale in materiale di F.C. ha attribuito in questi ultimi anni alle parti sociali un ruolo fondamentale nella promozione ed attuazione di interventi di formazione per i lavoratori. In particolare, alle associazioni di rappresentanza è stato assegnato da un lato il compito di negoziare piani formativi aziendali, settoriali, territoriali ed individuali e, dall’altro, di garantirne il finanziamento, la selezione e l’attuazione attraverso lo strumento dei Fondi paritetici interprofessionali. Queste novità impongono il confronto con alcune importanti sfide all’interno di un contesto sociale ed economico sempre più complesso: • creare una cultura d’apprendimento permanente condivisa, che ponga al centro l’obiettivo della “occupabilità” dei lavoratori, da conseguire attraverso lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze professionali; • creare all’interno dei luoghi di lavoro, mediante lo strumento della contrattazione nazionale e decentrata, le condizioni favorevoli all’ampliamento e al miglioramento delle occasioni di formazione dei i lavoratori; • rendere la formazione un’opportunità e un investimento mirato, rispondente alle esigenze specifiche di ciascuna impresa e di ogni lavoratore; • migliorare e qualificare l’offerta formativa, che deve essere in grado di rispondere ai reali fabbisogni di competenze e formativi, ma anche anticipare nuovi profili professionali e nuove specializzazioni per promuovere la competitività delle imprese. Il risultato di queste sfide dipende anche dalle capacità delle parti sociali di sviluppare e rafforzare le proprie competenze, al fine di poter svolgere efficacemente il nuovo e complesso ruolo che è stato loro attribuito. Risorse finanziarie provenienti dal Fondo Sociale Europeo, dalla legge 236 del 1993 e, a livello territoriale, da Regioni e Province, sono state utilizzate in questi ultimi anni per favorire il dialogo sociale15 e sviluppare le competenze dei rappresentanti delle parti sociali, al fine di permettere loro di svolgere efficacemente il ruolo di promotori dello sviluppo economico, dell’occupazione e di un maggiore equità sociale. Sostenere il dialogo sociale attraverso investimenti sul “capitale umano” significa in genere favorire l’incremento della dotazione di risorse umane e tecniche finalizzate ad operare in favore di nuovi campi e di nuovi potenziali beneficiari, tra cui vanno annoverati i lavoratori flessibili, la cui tutela passa attraverso il rafforzamento del bagaglio di competenze che si realizza, in grande misura, nell’ambito dei processi di formazione continua. In un quadro ancora deficitario, dato il gap tra i fabbisogni e le concrete risposte formulate, sono state tuttavia realizzate numerose iniziative, soprattutto dal 2003 in poi, in occasione dell’avvio operativo dei Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua. Per queste ragioni si sono sviluppate e si stanno realizzando azioni in favore dei rappresentanti delle parti sociali che certamente contribuiranno a determinare effetti positivi nel medio e 15
Il dialogo sociale tra le parti sociali (associazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro) costituisce uno dei pilastri del “modello sociale europeo”. L’approccio della Commissione europea tende ad un dialogo sociale permanente, che associa le parti su azioni prioritarie di interesse comune, quali l’educazione e la formazione, l’organizzazione del mercato del lavoro, l’orientamento delle politiche economiche.
86 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” lungo termine sia sulla qualità delle organizzazioni, che sulle professionalità degli attori coinvolti nei processi. Il presente contributo intende fornire, a partire dall’analisi delle recenti esperienze formative specificatamente realizzate in questo ambito attraverso finanziamenti pubblici, elementi utili per un confronto ed una riflessione volta al miglioramento dell’efficacia e della qualità della formazione dei referenti delle parti sociali. Verranno quindi di seguito descritte alcune esperienze nazionali a supporto delle parti sociali, finalizzati alla promozione del dialogo sociale e della formazione dei lavoratori, messi in campo dall’Unione Europea, dal Ministero del Lavoro, nonché dalle Regioni e Province Autonome: 1. AWARDS ‐ lavoratrici anziane intenzionate a rinnovare lo sviluppo per una vita sostenibile; 2. GO.C.E.T ‐ Governance of continuing education and training; 3. QUADASS ‐ Formazione per i quadri associativi di Confindustria sulle tematiche negoziali e sui piani formativi per lo sviluppo della formazione continua nei contesti locali; 4. Sviluppo competenze nel sistema produttivo Lucano; 5. S.I.SI.NE. ‐ Sistema Integrato di simulazione per la negoziazione. 87 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.3.1 AWARDS Lavoratrici anziane intenzionate a rinnovare lo sviluppo per una vita sostenibile ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “AWARDS” ‐ lavoratrici anziane intenzionate a rinnovare lo sviluppo per una vita sostenibile Territorio di riferimento: Italia / Spagna Ente di riferimento: Provincia di Piacenza Partnership: Consigliera Provinciale di parità, Assindustria, CNA, Unione Commercianti, CISL, UIL, Legacoop, Provincia di Arezzo, SRS (Studio Ricerche Sociali), Fundacion Ferrol Metropoli, FUERM, Fundacion Universidad Empresa Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Articolo 6 Reg. FSE (programmazione 2004‐2006) – Approcci innovativi alla gestione dei cambiamenti DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO In italiano, l'acronimo AWARDS significa “lavoratrici anziane intenzionate a rinnovare lo sviluppo per una vita sostenibile”. Il progetto AWARDS affronta infatti il problema dell'attuale dicotomia fra sviluppo sostenibile e le strategie di gestione dell'età e di genere in una dimensione europea. AWARDS vuole contribuire a risolvere questo problema attraverso: • l’elaborazione di un approccio multidisciplinare, metodi operativi e strumenti facili da usare per affrontare i problemi delle lavoratrici anziane e per essere adattabili ai differenti contesti locali. • la partecipazione dei settori pubblici, della società civile (parti sociali incluse), delle aziende e delle lavoratrici anziane in un coerente sistema di progettazione • la disseminazione ed il mainstreaming (a livello europeo e regionale) delle lezioni che derivano dai risultati di progetto. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il progetto AWARDS si riferisce al bando FSE ‐ Articolo 6 FSE “Approcci innovativi alla gestione del cambiamento” e più specificamente al sotto‐tema Gestione del cambiamento demografico, che sostiene: • Strategie e pratiche di invecchiamento attivo in termini di migliori opportunità di occupazione per le lavoratrici anziane rafforzando le loro capacità e motivandole a cogliere tali opportunità. • Miglioramenti relativi a organizzazione, tempi, condizioni e soddisfazione del lavoro, salute e sicurezza nel posto di lavoro, “flexicurity” (equilibrio fra flessibilità e sicurezza). 88 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” • Implementazione delle strategie dell'Unione Europea (UE) per lo sviluppo, l'occupazione, lo sviluppo sostenibile e la responsabilità sociale d'impresa. Esso affronta 3 priorità: 1. Elaborazione di strategie per la gestione dell'età ed investimenti in risorse umane, attraverso un approccio integrato con metodi operativi e strumenti per lo Sviluppo di una Vita Sostenibile” (SLD), che prevede la predisposizione di Piani d'azione territoriali; 2. Elaborazione dei nuovi modi di offrire formazione alle lavoratrici anziane, grazie alla sperimentazione di iniziative pilota aziendali; 3. Sensibilizzazione sulle potenzialità delle lavoratrici anziane, attraverso lo svolgimento di Laboratori di Scenario Locale (Local Scenario Workshops) e la diffusione dei risultati del progetto in altre politiche e in altri contesti locali tramite processi di apprendimento aperto. I Piani d'Azione, elaborati attraverso l'Analisi del Contesto Locale, hanno una dimensione territoriale e sono principalmente diretti a: 9 politiche di “flexicurity”, attraverso misure che fondono cinque differenti strategie (occupazione, inclusione sociale, responsabilità sociale dell'impresa, sviluppo sostenibile e governance). 9 soluzioni e risorse intersettoriali sia a livello pubblico, sia a livello aziendale e del posto di lavoro (per esempio conciliazione dei tempi di vita, politiche di genere, di protezione sociale, della salute, della famiglia e di solidarietà). 9 miglioramento della qualità dell'offerta di servizi decentrati e coordinati relativi alla formazione, all'istruzione, al sociale, alla salute ed altro, specificamente dedicati alle lavoratrici anziane. Le Iniziative Pilota, elaborate attraverso un'Analisi del Posto di Lavoro, hanno una dimensione aziendale e sono principalmente dirette a migliorare e coordinare l'offerta di formazione e la creazione di capacità per le lavoratrici anziane, promuovendo il cambiamento nell'organizzazione del lavoro, nel comportamento organizzativo e nella cultura imprenditoriale. I Laboratori di Scenario Locale (Local Scenario Workshops) determinano visioni e percorsi condivisi in una prospettiva di lunga durata (15 anni), correlando i risultati che provengono dai Piani d'Azione e dalle Iniziative Pilota. Innovatività Il progetto persegue e stimola contemporaneamente 3 tipi di innovazione: A. Orientata al processo: un nuovo approccio (Sviluppo di una Vita Sostenibile) con strumenti e metodi di ampia portata (analisi SWOT, backcasting, pensiero di scenario, etc.) per alimentare la progettazione strategica e l'azione; B. Orientata al contesto: attivo coinvolgimento degli stakeholders locali per promuovere il dialogo sociale, scambi di informazioni ed esperienze, sistemi di cooperazione tra fornitori di servizi e decisori, connessione fra le responsabilità delle imprese, degli enti pubblici e della società civile; 89 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” C. Orientata all'obiettivo: azioni innovative e obiettivi definiti a livelli territoriali (Piani d'Azione) e aziendali (Iniziative Pilota) correlati da visioni e percorsi condivisi (Local Scenario Workshops). Sostenibilità 5 Partners da 2 paesi dell'Unione Europea (UE) contribuiscono allo sviluppo del progetto con la partecipazione di importanti stakeholders locali. Partecipa anche, quale partner “osservatore”, Wielkopolska Voivodship (Polonia), nello scambio di buone pratiche (per esempio alla Peer Review e alla Conferenza finale). Il Consortium Workshop è un comitato sopranazionale di direzione che assicura la stabilità e la continuità del processo decisionale riguardo allo sviluppo ed alle prestazioni del progetto. Si compone di 10 persone (2 per ogni Istituzione ‐ Partner). Significativi stakeholders sono coinvolti in ogni caso studio locale fin dall'inizio del progetto AWARDS. Essi rappresentano diverse organizzazioni ed interessi che possono essere influenzati dalle azioni del progetto o che possono avere effetto su esse, in particolare: • Autorità pubbliche locali • Sindacati • Associazioni di categoria • Associazioni sociali (per esempio donne, immigrati, persone diversamente abili) • Associazioni ambientaliste • Organismi di supporto locali (per esempio agenzie di sviluppo, comitati pari opportunità, università, istituti di ricerca) • Lavoratrici anziane socialmente motivate • Aziende di eccellenza (per esempio consapevoli delle responsabilità sociali ed ambientali) In ciascun caso studio locale, gli stakeholders supportano il Project Team partecipando a gruppi di lavoro con compiti ben definiti. Trasferibilità Per garantire un’adeguata azione di trasferibilità delle metodologia utilizzata dei risultati prodotti, è stato istituito un Dissemination Group (gruppo di diffusione), ovvero un organo sopranazionale tra i Partners incaricato di effettuare una valutazione delle esperienze relative alle 4 aree territoriali coinvolte dal progetto (casi studio locali), nonché delle buone pratiche che provengono da altri contesti locali dell'UE. Si compone di 4 persone (1 per ogni area di studio locale). 90 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.3.2 Leonardo GO.C.E.T Governance of continuing education and training ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “GO.C.E.T” ‐ Governance of continuing education and training Territorio di riferimento: Provincia di Trento Ente di riferimento: Provincia Autonoma di Trento ‐ Dipartimento Politiche Sociali e del Lavoro Partnership: ISF (Istituto Superiore per la Formazione); Centre for Research in Employment, Work and Training (University College Northampton); University of Birmingham; IRES (Institut de Recherches Economiqués et Sociales); Friedrich Schiller Universität Jena Wirtschaftswissenschaftliche; SEED Foundation for Small Enterprise Economic Development; CMKOS Czech‐ Moravian Confederation of Trade Unions; Fondazione ECAP (Partner silente) Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Leonardo Da Vinci II fase: 2000‐2006 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO “Leonardo GOCET” si è collocato come progetto pilota per migliorare la qualità della formazione professionale continua, nonché l’acquisizione di abilità e competenze lungo tutto l’arco della vita ed in particolare per rafforzare la cooperazione tra le autorità pubbliche e le parti economico‐
sociali al fine di favorire i processi di riforma nel settore della formazione continua. In tal senso, il progetto, a seguito di analisi dei sistemi di formazione nei contesti nazionali dei diversi partner e di concertazione dei risultati progettuali con le parti economiche e istituzionali, con la “Guida ai decisori” ha fornito osservazioni e raccomandazioni agli stakeholders per poter identificare, valutare e riconoscere l’apprendimento non formale e informale maturato nelle sedi di lavoro, del tempo libero e della vita quotidiana. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il progetto Leonardo da Vinci GO.C.E.T. dal titolo “Il ruolo delle parti sociali e delle autorità pubbliche nella gestione del sistema formativo” (The relevance of the social partners and public authorities in managing VET systems) si è proposto i seguenti obiettivi: ‐
migliorare la qualità della formazione professionale continua attraverso l’individuazione di modalità di valutazione delle competenze acquisite all’esterno del sistema formativo formale, consentendo il riconoscimento e la validazione di competenze che contribuiscano ad aumentare l’adattabilità ai mutamenti organizzativi e tecnologici; ‐
individuare buone prassi generalizzabili nella formazione continua, che si riferiscano espressamente all’implementazione di un sistema per l’acquisizione, la valorizzazione e il trasferimento dei contenuti dell’apprendimento non formale e informale; ‐
promuovere il dialogo sociale, inteso come strumento addizionale e necessario per aumentare l’investimento sociale in risorse umane, combattendo i rischi dell’esclusione 91 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” sociale e l’affermazione di una società della conoscenza. In ciascuno dei Paesi partner del progetto GO.C.E.T. sono stati analizzati tre casi di studio. I settori professionali scelti per analizzare il “workplace learning” sono stati lavoro di cura per la Gran Bretagna, Francia e Ungheria; tecnologie dell’informazione per Germania e Svizzera, turistico‐
alberghiero per Italia e Ungheria. Quest’ultimo Paese ha svolto un ulteriore caso di studio relativamente alla formazione permanente dei disabili. Tutti i partner hanno poi incentrato uno studio di caso sul ruolo delle istituzioni e delle parti sociali nel riconoscimento e nella certificazione delle competenze in contesti locali. L’analisi empirica condotta in tutti i Paesi ed i settori professionali considerati ha evidenziato l’esistenza di difficoltà nell’articolazione di un sistema per il riconoscimento e la certificazione delle competenze. Dall’analisi dei sistemi nazionali, incentrati sul ruolo delle autorità pubbliche e delle parti sociali nella gestione del sistema formativo, che costituiscono il primo rapporto del progetto GO.C.E.T., sono state tratte una serie di indicazioni relative soprattutto al ruolo delle parti sociali in relazione all’articolazione di un sistema formativo basato sul riconoscimento e la certificazione delle competenze Innovatività A partire dall’analisi svolta e raccolta nei volumi di sintesi del progetto GOCET, con riferimento ai sistemi, ai casi di studio nazionali e alle buone pratiche, sono state quindi tratte indicazioni e raccomandazioni che saranno utile ai decisori per affrontare il tema dell’apprendimento sui luoghi di lavoro e del riconoscimento e validazione delle competenze. In particolare, gli esiti della ricerca hanno individuato sistemi e criteri per la validazione di competenze acquisite o acquisibili al di fuori del sistema di educazione formale, nella logica di rendere visibile e di valutare l’insieme di conoscenze e di competenze dell’individuo indipendentemente da dove e come queste sono state acquisite. Questi materiali si collocano nella logica di favorire la promozione e lo sviluppo del dialogo sociale su queste materie, individuate come strategiche a livello europeo e al centro dei principi comuni europei in materia. Infatti la valorizzazione delle competenze delle persone attraverso processi di riconoscimento e certificazione, diventa fattore di regolazione e garanzia del modello sociale europeo perché la transizione verso la società della conoscenza assicuri una adeguata inclusione e partecipazione sociale. Sostenibilità Hanno partecipano al progetto, ognuno con le proprie esperienze, ben sette partner europei (la Francia, la Germania, il Regno Unito, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Svizzera come partner silente e naturalmente l’Italia). Due sono i valori che condivisi e sostenibili: la trasnazionalità con cui è stato affrontato il tema della comunicazione e della formazione permanente, e il metodo del partenariato locale, che attorno a questo tema ha visto confrontarsi in dimensioni regionali istituzioni pubbliche e parti sociali. Tutto ciò ha prodotto risultati di qualità, di chiara innovazione e di impronta europea, in grado di essere conservati ben oltre la naturale scadenza del progetto. 92 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Trasferibilità La promozione dello sviluppo professionale dei cittadini non è possibile senza un impianto che consenta l’identificazione e la formalizzazione delle competenze che le persone hanno “comunque acquisito”, sia a valle dei percorsi formativi (life long learing), che attraverso l’esperienza lavorativa. Nella prospettiva assunta, le competenze costituiscono pertanto il codice di riferimento e di comunicazione per: ‐
il mondo del lavoro, dove le competenze costituiscono fattore di efficacia, qualità e competitività; ‐
il sistema di istruzione e formazione, dove le competenze diventano gli obiettivi formativi prevalenti e rilevanti; ‐
la tutela dei diritti delle persone, dove le competenze costituiscono fattore di occupabilità e patrimonio individuale da valorizzare e riconoscere. La proposta di Piattaforma comune condivisa fondata sull’idea di standard va riempita di contenuti e ciascun soggetto socio‐istituzionale potrebbe cominciare a riflettere sul come farlo. Regioni e Province Autonome possono dar seguito agli sforzi profusi attraverso l’individuazione di quanto delle esperienze territoriali può costituire contributo allo standard minimo nazionale per “riempire” di concretezza la piattaforma comune. 93 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” QUADASS Formazione per i quadri associativi di Confindustria sulle tematiche negoziali e sui piani formativi per lo sviluppo della formazione continua nei contesti locali ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “QUADASS” Territorio di riferimento: centro‐nord Italia Ente di riferimento: SFC – SISTEMI FORMATIVI CONFINDUSTRIA SCPA Partnership: Confindustria, Assolombarda, Federemilia, Elea spa Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Ministero del lavoro e delle politiche sociali – UCOFPL Avviso 6/2001 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il progetto intende sviluppare le competenze dei quadri associativi per la promozione dei piani formativi, accrescere le abilità negoziali dei quadri, creare e animare la rete associativa della comunità professionale dei quadri. L’intervento prevede un momento di formazione d’aula in due moduli formativi di tre giornate ciascuno dedicati alla formazione continua, alle dimensioni della concertazione, alle abilità negoziali. Intorno alle tre aule previste (a Milano, Bologna e a Roma) che coinvolgono circa 60 partecipanti provenienti dalle province del Centro nord, il progetto promuove azioni quali: ‐ Ex ante: la mappatura delle competenze esistenti e la rilevazione delle competenze attese; la raccolta di casi esemplari di piani formativi realizzati per la costruzione di casi ad uso didattico; ‐ In itinere: la realizzazione di azioni di animazione telematica attraverso forum e la realizzazione di un cd multimediale; l’elaborazione di project work a valle della fase d’aula per consentire a ciascun partecipante di progettare, con l’assistenza a distanza di un esperto, un piano di formazione continua; ‐ Ex post: un seminario per lo scambio delle esperienze (residenziale di due giorni per l’insieme dei partecipanti) ed un convegno conclusivo per la diffusione del progetto. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo QUADASS (Formazione per i quadri associativi di Confindustria sulle tematiche negoziali e sui piani formativi per lo sviluppo della formazione continua nei contesti locali) è finalizzato a supportare lo sviluppo delle competenze dei quadri delle associazioni imprenditoriali per la promozione dei piani formativi e diffusione dei un network presso il sistema associativo per lo scambio e di esperienze e competenze sulle tematiche della formazione continua. Ha coinvolto principalmente funzionari delle associazioni industriali e società da esse promosse, deputati alla gestione dei temi della formazione in impresa. Complessivamente hanno partecipato 94 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” alle tre edizioni corsuali (Milano c/o Assolombarda; Bologna c/o Confindustria Emilia Romagna e Roma c/o Confindustria) 33 Associazioni e Federazioni Industriali e/o società collegate (Asso‐
Servizi, Società di formazione, ecc.), 9 associazioni di categoria e 4 Federazioni settoriali. Innovatività L’intervento formativo ha approfondito tematiche trasversali alle figure del funzionario sindacale, quali il marketing dei servizi, comunicazione e negoziazione. Al termine della fase d’aula è stato avviato un project work con la costituzione di 6 gruppi di lavoro. Ogni gruppo è stato assistito da un trainer / esperto di area, con funzioni di facilitatore delle attività per l’impostazione del lavoro, per il feedback sui contenuti / materiali prodotti, per lo scambio e la partecipazione ai lavori. Ad ogni gruppo è stato attribuito un forum specifico (all’interno del sito di progetto) per le interazioni tra i partecipanti ed il trainer. I temi del project work sono stati i seguenti: ‐
Il progetto di Sportello informativo per Fondimpresa: il gruppo ha lavorato alla creazione simulata di uno Sportello informativo online; ‐
Il dialogo tra parti sociali in tema di formazione negoziata: la prassi seguita tra parti sociali ne concordare, progettare e monitorare le attività formative, spesso col contributo finanziario previsto dalla legislazione vigente; ‐
La negoziazione: aspetti teorici e applicazioni in tema di formazione, con particolare attenzione alla dialettica negoziale in tema di offerta formativa; ‐
La concezione di un prodotto formativo coerente con i fabbisogni degli associati, simulando le fasi preliminari di ideazione e di contatto con i potenziale utente di un processo formativo, per verificare l’esatta natura dei suoi fabbisogni e procedere quindi alla progettazione degli interventi formativi conseguenti; ‐
Il marketing della formazione: ovvero l’ideazione della formazione più opportuna per accrescere la capacità competitiva dell’azienda; ‐
La formazione come investimento: un progetto di ricerca sulla valutazione dell’attività formativa in termini di ROI, cioè di ritorno dell’investimento in formazione e come punto di forza a livello di offerta formativa. Sostenibilità Definiti gli obiettivi generali, il progetto QUADASS ha svolto una prima indagine per la definizione delle competenze inerenti al ruolo del funzionario associativo che si occupa della negoziazione dei piani formativi. Tale ricerca si proponeva inoltre di rilevare se esistessero le condizioni per far convergere in un unico ruolo professionale i compiti svolti tradizionalmente dai funzionari associativi di due aree distinte: quella sindacale e quella della formazione. L’indagine, condotta tramite le associazioni industriali attraverso l’analisi di materiale documentario ed interviste a testimoni privilegiati, ha fatto emergere che le competenze ed i compiti di tale figure devono rimanere distinti. L’indagine di campo ha permesso inoltre di realizzare la mappatura delle competenze esistenti e la rilevazione delle competenze attese per il ruolo dei quadri associativi ed ha contribuito a delineare 95 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” i contenuti dell’attività formativa in funzione di una maggiore sinergia operativa tra i funzionari sindacali e quelli della formazione. In base ai risultati della ricerca, la focalizzazione dell’azione formativa è stata incentrata sul tema della conoscenza come risorsa strategica per lo sviluppo ed ha privilegiato l’approfondimento di temi che riguardano entrambi i ruoli, come il marketing dei servizi, la comunicazione e la negoziazione. Trasferibilità Per diffondere i prodotti ed i risultati della sperimentazione sono stati utilizzati strumenti telematici istituzionali (www.confindustria.it, www.sfc.it) E’ stato redatto inoltre un rapporto conclusivo, anche con l’ausilio informatico di un prodotto multimediale che racconta la metodologia, gli strumenti e contiene gli output, documenti e project work dell’iniziativa (http://www.sfc.it/quadass/prodottoweb/frame.htm) 96 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.3.4 Sviluppo competenze nel sistema produttivo Lucano ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Sviluppo competenze nel sistema produttivo Lucano Ente di riferimento: Consorzio I.S.F.I.Ma. di Potenza ‐ Istituto per lo Sviluppo, la Formazione, l’Innovazione e il Management. Beneficiari dell’intervento: Il progetto ha coinvolto complessivamente n.35 aziende ubicate nelle aree industriali di Matera, Potenza, Tito, Vulture Melfese e n. 196 lavoratori dipendenti. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: finanziato dal Programma di start‐up PISTE Fondimpresa DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il progetto ha visto il coinvolgimento di imprese, lavoratori e parti sociali in un vasto programma di ricerca, formazione, sviluppo professionale e organizzativo a vantaggio sia dei singoli lavoratori che delle imprese di appartenenza, beneficiarie finali delle attività progettuali. Oltre alle azioni formative, il progetto ha visto la realizzazione di azioni complementari ai percorsi formativi, quali l’analisi dei fabbisogni, l’assessment delle competenze, la progettazione esecutiva dei moduli e dei materiali di supporto, la valutazione e certificazione delle competenze acquisite, attuate con il concorso delle aziende e dei lavoratori coinvolti nella formazione. L’attività di analisi dei fabbisogni ha avuto l’obiettivo di raccogliere informazioni sul contesto di lavoro dei futuri destinatari delle attività formative e le effettive esigenze aziendali, sia in termini di tipologia di gap di competenza osservati nella relativa area di intervento che in termini di tipologia di lavoratori da coinvolgere con la formazione. L’attività di assessment ha permesso di ottenere dati utili sulle competenze in ingresso dei destinatari della formazione, sul relativo contesto di lavoro, e informazioni su aspetti motivazionali e di relazione utili a individuare le caratteristiche di partenza dei lavoratori coinvolti e per meglio orientare l’attuazione dei percorsi formativi di interesse. Per ciascun percorso ha quindi avuto luogo la progettazione di dettaglio: sono stati definiti gli obiettivi generali e specifici, i contenuti, le metodologie didattiche, gli strumenti didattici e tecnologici, il profilo delle risorse umane da coinvolgere nella erogazione della formazione. Partendo dall’analisi e studio di normative, prassi e modelli di certificazione preesistenti, è stato infine elaborato un iter di certificazione, che va dalla messa a punto degli strumenti (piano operativo, prove di valutazione, schede risultati prove intermedie, schede di valutazione individuali, verbali, ecc.) al loro utilizzo in apposita sessione di esame realizzata al termine di ciascun percorso. Seguito valutazione finale, l’attestazione delle competenze acquisite è stata documentata attraverso uno strumento finale individuale, denominato Libretto Formativo, che riporta per ciascun lavoratore le esperienze formative e professionali pregresse e le competenze specifiche acquisite dal percorso frequentato. Sia l’iter di certificazione che le competenze in uscita dei singoli percorsi formativi, sono stati validati dal Comitato Paritetico di Pilotaggio del progetto. 97 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Il Comitato Paritetico di Pilotaggio, costituito da rappresentanti delle organizzazioni datoriali e sindacali (CONFINDUSTRIA Regionale e Provinciale, CIGL, CISL e UIL Regionali), ha svolto funzioni di indirizzo e di supervisione delle attività progettuali durante tutto lo sviluppo del progetto. I principali risultati ottenuti possono essere così sintetizzati: •
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LAVORATORI FORMATI (con frequenza pari o superiore al 70% delle ore/corso): N. 180 LAVORATORI VALUTATI E CERTIFICATI: N. 166 ORE/CORSI TOTALI REALIZZATE: N. 560 ORE/ALLIEVI TOTALI REALIZZATE: N. 8.113 TOTALE AZIENDE COINVOLTE: N. 35 GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Obiettivo fondamentale del progetto è stato quello di operare una sensibilizzazione delle imprese e dei lavoratori verso tematiche legate all’innovazione nella gestione aziendale, con il trasferimento e/o il rafforzamento di competenze in materia di sistemi qualità aziendale, sistemi qualità ambientale, sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, sicurezza nella conduzione di macchinari, cultura e comportamenti organizzativi, innovazione di processo e di prodotto, project management e knowledge management, tecnologie informatiche. Nella maggior parte dei casi, i percorsi formativi realizzati hanno avuto carattere interaziendale, coinvolgendo lavoratori di più aziende con riflessi molto positivi in termini di integrazione e scambio di esperienze. Le principali azioni realizzate durante il periodo di attuazione del progetto (febbraio‐novembre 2005) hanno riguardato: 9 Sensibilizzazione e Promozione del progetto: diffusione di informazioni sul progetto e sulle attività formative da realizzare presso le imprese del territorio. 9 Analisi dei fabbisogni formativi: raccolta di informazioni a mezzo questionario costruito ad hoc, sul contesto di lavoro dei futuri destinatari delle attività formative e le effettive esigenze aziendali in termini di tipologia di gap di competenza e di tipologia di lavoratori da coinvolgere nella formazione. 9 Assessment delle competenze dei lavoratori: l’attività di assessment, realizzata con il supporto di un questionario, ha consentito la raccolta di dati utili sulle competenze in ingresso dei destinatari della formazione, sul relativo contesto di lavoro, e informazioni su aspetti motivazionali e di relazione, utili a individuare le caratteristiche di partenza dei lavoratori coinvolti nella formazione e a meglio orientare l’attuazione dei percorsi formativi di interesse. 9 Formazione dei lavoratori: sono state realizzate complessivamente 12 azioni formative corrispondenti a 7 differenti percorsi formativi, alcuni dei quali realizzati in 2 edizioni presso sedi diverse. Per alcuni percorsi formativi, alla metodologia formativa più tradizionale dell’aula, sono state affiancate fasi di training on the job presso l’azienda di appartenenza e di formazione a distanza (FAD) con la fruizione da parte degli utenti di lezioni, attività e materiali di approfondimento on line, con l’utilizzo di apposita piattaforma web. 98 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 9 Valutazione e certificazione delle competenze: elaborazione di un modello di certificazione e di strumenti di supporto alla valutazione e certificazione delle competenze. Implementazione del modello al termine di ciascun percorso formativo in apposita sessione di valutazione finale. Innovatività Il principale elemento di innovazione va ricercato nelle capacità di coinvolgimento verso quegli attori istituzionali e non che hanno il ruolo di promotori dello sviluppo economico, dell’occupazione e di un maggiore equità sociale sul territorio. E’ proprio il coinvolgimento di questi soggetti, sin dal momento della progettazione esecutiva, a garantire il successo dell’iniziativa, non solo dal punto di vista della partecipazione e della qualità dei contenuti formativi, ma anche in seguito al processo di accrescimento delle capacità interne di tali soggetti. Poiché lo sviluppo del territorio dipende anche dalle capacità delle parti sociali di sviluppare e rafforzare le proprie competenze, appare necessario coinvolgere attivamente tali soggetti in tutti i processi che riguardano le tematiche legate alla formazione continua, allo sviluppo delle competenze e all’innovazione nella gestione aziendale, poiché essi possono beneficiare di un “apprendimento indiretto” a valere sull’esperienza realizzata, assieme alla pubblica amministrazione e agli altri soggetti istituzionali. Sostenibilità Uno degli elementi chiave per la diffusione delle competenze nel sistema produttivo locale è rappresentato dalla presenza di una partnership forte in grado di garantire il necessario supporto ad imprese e pubbliche amministrazioni che intendono avviare un percorso di rafforzamento degli skills presenti sul territorio e, di conseguenza, dell’innovazione. L’esperienza maturata, ed in particolare il ruolo ricoperto dal Comitato Paritetico di Pilotaggio, ha permesso la creazione di tale network, che possiede le potenzialità necessarie per continuare il proprio ruolo anche in seguito alla naturale scadenza del progetto. Trasferibilità L'informazione e la comunicazione verso pubblici esterni passa sempre attraverso la scelta accurata del target e dei mezzi idonei alla veicolazione dei messaggi che si vogliono trasmettere. In tal senso, la scelta dei mezzi e delle modalità più idonee, è funzione dei risultati che si vogliono conseguire, oltre che dell'oggetto alla base del processo di comunicazione che si vuole attivare. Al fine di permettere il trasferimento delle esperienze maturate attraverso il progetto “Sviluppo competenze nel sistema produttivo Lucano”, sono stati progettati ed utilizzati i seguenti strumenti di comunicazione/informazione, in collaborazione con società specializzate: 9 campagne informative e di sensibilizzazione; 9 seminari informativi e tematici; 9 workshop di approfondimento. 99 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.3.5 S.I.SI.NE. Sistema Integrato di simulazione per la negoziazione ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “S.I.SI.NE.” ‐ Sistema Integrato di simulazione per la negoziazione Ente di riferimento: CNR ‐ Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione Coordinatore: Prof. Orazio Miglino, Tel. 0039 06 44595246 fax. 0039 06 44595243, e‐mail: [email protected] Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Life Long Learning Programme Leonardo da Vinci DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il progetto si è proposto di sviluppare un modello formativo dedicato ai principi ed alle tecniche della “negoziazione integrativa” e della risoluzione dei conflitti, applicabili in tutte quelle situazioni nelle quali il raggiungimento di un obiettivo è legato ad una trattativa tra le parti. Tale modello è costruito attraverso l’utilizzo di strumenti avanzati di simulazione, quali le tecnologie dell’Artificial Life e del Massive Multiplayer Online Role Playing Games. Il progetto ha inteso contribuire all’ampliamento e al perfezionamento dell’offerta formativa per rispondere non soltanto alle esigenze dei quadri delle grandi aziende, ma anche ai bisogni specifici dei manager delle piccole e medie imprese o di altre categorie di lavoratori (ad esempio: insegnanti, sindacalisti, operatori di associazioni di categoria, ecc.), il cui lavoro quotidiano richiede un’attività di negoziazione. I prodotti, tutti realizzati in lingua inglese e disponibili online, sono, in sintesi, i seguenti: ‐
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un report sull’analisi dei bisogni; un sistema integrato di simulazione per la negoziazione, corredato di istruzioni per l’uso del software e del manuale d’uso per utenti e formatori; linee guida per il monitoraggio e la valutazione della sperimentazione del sistema e report sui diversi cicli di testing; un sito internet di progetto ed altri prodotti per la disseminazione dei risultati. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il tema della formazione alla negoziazione e alla mediazione dei conflitti viene ritenuto centrale in numerosi e diversi contesti. Si è rilevata una forte domanda di formazione proveniente dal mondo delle istituzioni, delle aziende e delle organizzazioni non governative. A fronte di questo interesse, del resto facilmente osservabile, non esistono prassi formative e teorie psico‐pedagogiche 100 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” dominanti. Attualmente vi è un ricco proliferare di proposte ed esperienze. In altre parole l’interesse è elevato ma le soluzioni proposte sono variegate. Il progetto Si.Si.Ne è stato solo l’inizio di un percorso di ricerca che ha portato ad una maggiore consapevolezza del mondo della formazione alla Negoziazione e alla Mediazione culturale tramite l’uso di piattaforme tecnologiche (social networks, serious games, Multiplayers On‐line Role Playing Games). Attualmente il percorso di ricerca continua attraverso alla partecipazione ad altri progetti di ricerca che, in estrema sintesi, possono essere riassunti come segue: Dread.Ed (http://www.dread‐ed.eu/) dove si vuole contribuire a sviluppare un programma di formazione per la presa di decisioni (negoziate) in condizioni di emergenza. In questo caso l’attività formativa è centrata sull’uso di una sorta di (video)gioco da tavolo dove i discenti/giocatori devono concordare delle decisioni avendo delle risorse limitate. Alla sperimentazione partecipano un grande gruppo industriale (Alshstorm), un’Università tedesca (University of Duinsburg) e la protezione Civile della Regione Abruzzo. Eutopia‐mt (http://www.lanas.unina.it/eutopia/) dove è prevista la realizzazione di un percorso formativo per la Mediazione di Conflitti interculturali. Alla sperimentazione prendono parte un gruppo di Ciprioti (conflitto tra le etnie greche e turche), un gruppo di Belfast (cattolici‐protestanti) e un gruppo di Napoletani (nuovi immigrati e vecchi residenti). In questo caso il cuore del processo formativo si basa sull’uso di un MORPG (Multiplayers On‐line Role Playing Game) dove un formatore propone un dato scenario e gli attori/discenti devono dare seguito alla storia. L’azione scenica avviene in parte in ambienti virtuali 3D e in parte in un ambiente di chat opportunamente realizzato per consentirne usi educativi e didattici. Palma (http://www.entropykn.net/edugames/Pagine/Palma.htm) è un (video)gioco usato nell’ambito della formazione aziendale dove l’utente/giocatore deve negoziare alcuni aspetti della vita aziendale con una sua dipendente. La dipendente è guidata da un programma di Intelligenza Artificiale. Una breve video‐presentazione del gioco è rintracciabile dal link http://www.nac.unina.it/content/view/45. Innovatività L’esperienza appare innovativa sia dal punto di vista progettuale, sia con riferimento alle tecnologie adottate. L’idea è partita da uno studio della letteratura disponibile sul web, quindi sono stati individuati dei casi di studio particolarmente significativi. In questa fase è stato particolarmente utile disporre di un solido partenariato europeo (erano rappresentate Francia, Danimarca, Polonia, Slovenia e Italia), che ha messo a disposizione le conoscenze e le esperienze derivate dalla concreta realizzazione di corsi di formazione alla negoziazione, in un contesto storico‐geografico variegato e di notevole interesse. E’ stato quindi impiegato molto tempo per progettare e provare le versioni iniziali dell’impianto formativo, molte delle quali si sono rivelate fallimentari, ma sono servite per trovare una strada percorribile e condivisa tra tutti i partner del progetto. L’enorme esplosione della capacità di calcolo dei moderni computer e la possibilità di connettere tale macchine tra loro ha dato la possibilità di applicare la metodologia della “simulazione” ‐ una tecnica scientifica tutto sommato abbastanza tradizionale ‐ a contesti e ambiti nuovi tra i quali il mondo dell’educazione e della formazione. Dal punto di vista scientifico, una simulazione al computer non è altro che il tentativo di ricostruire 101 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” su di un mezzo artificiale le variabili e le dinamiche sottostanti ad un dato fenomeno naturale. In questo senso la simulazione non è altro che un programma (in molti casi molto sofisticato) che implementa un certo modello matematico del mondo e della natura. Esistono simulazioni di processi chimici, fisici, biologici, psicologici e sociali. In qualche modo la simulazione diventa una specie di laboratorio virtuale dove un ricercatore/esploratore indaga possibili cornici esplicative(teorie) a volte tra loro alternative di un particolare fenomeno oggetto di studio. Recentemente la possibilità di visualizzare graficamente (anche tridimensionalmente) i risultati delle simulazioni al computer ha permesso di costruire dei veri a propri mondi virtuali dove complessi algoritmi matematici possono essere “visti” e “manipolati” come se si trattasse di oggetti aventi una loro concreta materialità. L’accezione dunque di “simulazioni” come “laboratori virtuali” è diventata sempre più accentuata. Inoltre questa facilità di utilizzo sta consentendo di trasportare la metodologia del “simulare” dal contesto scientifico a quello educativo/formativo. Simulare al computer sta diventando sinonimo di “sperimentare” con il computer. La realtà digitale riprodotta nella macchina diviene dunque un vero e proprio ambiente di apprendimento. La “simulazione” ha però anche un’altra accezione di tipo psicologico. In tal senso, “simulazione” sta per “riproduzione delle interazione psico‐sociali” all’interno di un piccolo gruppo. E’ qualcosa di molto vicino alle tecniche dello Psicodramma di Moreno. In sostanza si mette in scena una rappresentazione della realtà da parte di attori che, di volta in volta, possono essere pazienti (secondo un uso psicoterapeutico) o discenti (se l’uso è prevalentemente formativo). Sostenibilità La domanda di fondo che ha guidato il progetto Si.Si.Ne (ovvero l’acronimo di Sistema Integrato per formazione alla Negoziazione) è se, grazie alla telematica e a internet, le due accezioni di “simulazione” sopra descritte si possano integrare e mettere in relazione l’una con l’altra. Il risultato consiste nel far interagire persone reali in un mondo digitale simulato. I risultati analizzati nel corso dei due di anni progetto hanno dato delle risposte iniziali abbastanza limitate, che però sono servite per delineare un chiaro terreno di ricerca che attualmente si è iniziato ad esplorare attraverso i progetti sopra esposti. Trasferibilità Le tecnologie sperimentate possono essere trasferite ed adattate ai più svariati campi, sia per ambiti di intervento non coinvolti nel progetto in questione, sia per altri tipi di operatori, il cui lavoro quotidiano richiede un’attività di negoziazione. 102 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4 Buone Pratiche per l’adozione di particolari strumenti e metodologie Le pratiche e le esperienze raccolte in questa sezione sono state selezionate in base a un unico filo conduttore, l’adozione di strumenti e metodologie particolarmente interessanti rispetto ai fini della formazione professionale. Gli strumenti e i modelli organizzativi proposti per raggiungere tale fine sono stati ovviamente differenti in quanto strettamente collegati alle priorità e ai fabbisogni rilevabili in differenti nei settori e/o territorio di riferimento. Per quanto riguarda le prime due esperienze, “Filiera Valore” (Gucci) e “La nautica vuole competere” (Confindustria Liguria), si tratta in entrambi i casi di finanziamenti interprofessionali. Fondimpresa ha finanziato Piani formativi settoriali, concentrati su filiere specifiche e progettati in quadri di concertazione allargata, in cui le Parti Sociali si presentano in tutte le fasi dei programmi: dalla stipula di accordi dedicati alla programmazione dell’intervento, dalla compartecipazione al finanziamento fino alla progettazione finale dei percorsi formativi. Se per questi due casi l’elemento caratterizzante resta l’approccio “di filiera”, è comunque riscontrabile l’elemento che abbiamo detto essere il filo conduttore di questo gruppo di esperienze: l’adozioni di strumenti in grado di ancorare l’offerta formativa all’innovazione tecnologia. Proprio nei casi di “Filiera Valore” e de “La nautica vuole competere” tale strategia si mostra come una necessità incombente: gli attuatori di entrambi i progetti paventano il rischio del loro settore (rispettivamente il tessile e il nautico) di soccombere alla concorrenza globale, indicando a un tempo come unica via d’uscita la qualificazione delle risorse umane per ampliare la competitività del sistema impresa/filiera. Una impostazione importante, che tocca due settori trainanti dell’industria italiana, a elevato valore manifatturiero. Rispetto alle quattro esperienze schedate di seguito, siamo di fronte in tutti i casi a realtà finanziate con fondi FSE o FESR, nate grazie alla spinta delle regioni (per Aster, Spinner e Arti) o delle province (come per l’Osservatorio della provincia di Roma), ma che coinvolgono numerosi operatori dei rispettivi settori di intervento, le parti sociali, altri enti locali, gli operatori della formazione ecc. Per Aster, Spinner e Arti, i primi due registrati in Emilia Romagna, il terzo in Puglia, la strategia iniziale è stata palesemente quella di attivare l’ente regionale nella promozione di una rete locale per l’innovazione, la ricerca e il coordinamento dello sviluppo regionale. La formazione professionale e continua, in tutti i casi, risulta un perno del trasferimento delle conoscenze alle risorse umane, a seconda dei casi selezionate in base al capitale umano posseduto (come in Aster), alla particolare situazione di fabbisogno (come in Spinner) o alla condizione giovanile (come in Arti). Infine, in relazione all’Osservatorio della Formazione Continua (OSR Roma) nella provincia di Roma, come anticipato, è la Provincia a farsi ente promotore del locale sistema di formazione continua, facendo leva sulle competenze in materia di formazione e di servizi per l’impiego. Nonostante le differenze appena enunciati, in realtà tutti gli interventi proposti seguono una strategia sostanzialmente comune: il quadro logico progettuale e attuativo mira infatti prioritariamente ad agganciare la formazione professionale e continua alla ricerca e innovazione tecnologica, in un quadro di sviluppo complessivo del territorio. In altre parole le esperienze qui censite sono apparse utili da conoscere per i seguenti motivi: 103 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” ¾ L’articolazione e l’efficacia delle fasi di analisi dei reali fabbisogni non solo delle imprese, ma anche del sistema produttivo nel suo complesso, inteso come locale (OSR Roma), regionale (ASTER, SPINNER, ARTI) o settoriale (nautica). ¾ Il coinvolgimento massiccio degli enti locali, assieme agli imprenditori e contemporaneamente ai lavoratori, tanto nella fase di rilevazione dei fabbisogni, quanto nella fase di progettazione delle attività formative; ¾ L’adeguatezza, l’articolazione e la puntualità dei percorsi didattici implementati che, seppur basati ancora in maggioranza su strategie formative di aula, si sganciano dalla conoscenza teorica per fornire direttamente esperienza e know how utile alla competitività del settore e/o territorio; ¾ Infine, e su tutto, le esperienze in seguito sintetizzate possono dirsi in tutti i caso “buone pratiche” in termini di integrazione tra strumenti di formazione professionale e continua e politiche di sviluppo locale: gli enti locali o le associazioni di categorie hanno collaborato nel definire programmi coerenti con modelli di sviluppo del territorio inscritti in scenari di lungo periodo. L’Agenzia pugliese ARTI sembra il caso più sistematico in tal senso, specie in termini di sostenibilità nel tempo. La selezione dei progetti è avvenuta a partire prevalentemente dalle indicazioni dei testimoni qualificati intervistati. Rilevando la impossibilità di giungere a cataloghi e/o a contenitori di “buone pratiche” universalmente riconosciute, e con lo scopo di individuare pratiche applicabili al contesto regionale marchigiano, si è dunque preferito seguire le indicazione di chi interviste a testimoni qualificati. Scelti prevalentemente tra i referenti delle Istituzioni e degli Enti di comprovata competenza sulla tematica a livello nazionale e locale, si è pertanto deciso di raccogliere le loro indicazioni per individuare fonti, esperienze e casi di eccellenza da sottoporre ad approfondimento. In questo paragrafo verranno quindi approfondite le seguenti esperienze: 1. Filiera Valore – Gruppo Gucci; 2. La nautica vuole competere; 3. ASTER Rete alta tecnologia – High Technology Network; 4. SPINNER 2013; 5. Osservatorio della Formazione Continua nella provincia di Roma; 6. ARTI ‐ Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione. 104 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4.1 “Filiera Valore” Gruppo GUCCI ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “Filiera Valore” Territorio di riferimento: Italia / Toscana Ente di riferimento: Gucci Logistica (capofila) Partnership: Cofise/Confindustria Toscana Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Fondimpresa “Conto Formazione” (Avviso 2/2009) DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Filiera Valore, finanziata da Fondimpresa per oltre 590.000 euro e gestita da Cofise‐Confindustria Toscana, vede l’azienda Gucci come capofila ma coinvolge l’universo di piccole e medie aziende che gravitano intorno alla Gucci. Nel complesso, si tratta di una realtà che conta circa 45 mila addetti in Italia, di cui 7 mila in Toscana solo nel settore della pelletteria. Grazie a questa iniziativa, i fornitori di Gucci potranno beneficiare di programmi formativi su temi tecnico‐gestionali e approfondire aspetti relativi alla strategia d’impresa, responsabilità sociale e gestione dei collaboratori. Si tratta per lo più di piccole imprese, nella maggior parte dei casi, spesso strutturate intorno a una gestione familiare. Le competenze tecniche degli artigiani del settore costituiscono un patrimonio inestimabile, che ha fatto grande il marchio Gucci e che ha reso l’intero settore una delle punte di diamante del Paese; l’intervento mira dunque a salvaguardare e a coltivare questo patrimonio. I contenuti della formazione riguardano primariamente il creare una solida cultura d’impresa (strategia di impresa, pianificazione della produzione, controllo di processo, innovazione e organizzazione snella), quindi argomenti relativi alla responsabilità sociale e alla gestione dei collaboratori. Le attività sono realizzate sia in aula che tramite e‐learning, così come nel quotidiano affiancamento sul lavoro, dove si trasferiscono le conoscenze e le competenze ai vari livelli dell’ organizzazione. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Gli obiettivi del progetto Filiera Valore sono la promozione di attività formative rivolte ai dipendenti della filiera del manifatturiero tessile, finalizzate a un miglior adeguamento ai cambiamenti nelle competenze e nelle skills professionali presenti sul mercato e richieste dalle realtà produttive del settore della moda. In particolare il progetto vuole: • Rispondere alla richiesta di innovazione delle competenze e delle prassi formative nelle imprese del settore moda a livello territoriale; • Promuovere attività formative di alto profilo, rivolte agli operatori anziani del settore ed ai giovani neoassunti, per le loro future scelte, individuali e collettive, di occupabilità e 105 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” crescita professionale; • Realizzare azioni innovative dal punto di vista sia per processi che per metodi; • Favorire l’acquisizione di tecniche di produzione innovative da parte dei soggetti in grado di incidere sui processi produttivi aziendali, mediante la fruizione di borse di studio altamente qualificanti presso centri di ricerca e di eccellenza anche esteri; • Promuovere e diffondere la cultura di impresa per le aziende del comparto moda; • Realizzare momenti informativi di supporto agli imprenditori del sistema moda (PMI) su specifiche tematiche per la gestione del cambiamento; • Sostenere l’incremento di processi di spinta per la costituzione di una rete di imprese che consenta la creazione di un distretto industriale del sistema moda , con valorizzazione delle competenze e capacità professionali specialistiche; • Concertazione e definizione di un impegno da parte di tutti i principali attori del sistema moda regionale; • Coinvolgimento di un rilevante numero di imprese della filiera moda , appartenenti ad un indotto industriale molto vasto e con problematiche comuni; • Integrazione della filiera produttiva (concerie, pelle, abbigliamento, calzature ed accessori; • Integrare i temi connessi al potenziamento del sistema professionale delle imprese e quelli connessi alla salute e sicurezza dei lavoratori e della salvaguardia dell’ambiente circostante l’impresa in relazione alle tecnologie di prodotto e di processo adottati nei diversi contesti aziendali. Filiera valore potrà riguardare esclusivamente interventi formativi inerenti alle seguenti aree tematiche, anche in forma integrata: a. Ambiente, sicurezza e innovazione organizzativa: innovazioni organizzative finalizzate anche all’incremento della sicurezza sui luoghi di lavoro e/o alla salvaguardia dell’ambiente; b. Sviluppo organizzativo: azioni legate alla crescita professionale e allo sviluppo organizzativo; c. Innovazione tecnologica: processi di implementazione di innovazioni tecnologiche in impresa; d. Competenze tecnico‐professionali: azioni di sviluppo delle competenze tecnico professionali finalizzate al rafforzamento del potenziale dell’individuo e dell’impresa; e. Competenze gestionali e di processo: azioni di sviluppo delle competenze di carattere gestionale e di processo; f. Qualificazione / riqualificazione: azioni per il rafforzamento delle competenze di base e professionali, o volte a favorire processi di riqualificazione. I destinatari dei Piani formativi sono esclusivamente i lavoratori, occupati dalle aziende della filiera produttiva del settore moda che hanno aderito a Fondimpresa prima dell’avvio dell’azione formativa alla quale partecipano, per i quali esista l’obbligo del versamento del contributo integrativo di cui all’art. 25 della legge n. 845/1978. 106 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Innovatività Il progetto si muove su tre fronti, strettamente interconnessi, la cui congiunzione presenta una discreta innovatività da un punto di vista complessivo. Tali aspetti possono essere riassunti in tre macro‐tematiche con i rispettivi contenuti/moduli formativi, come segue: a. Valorizzazione e difesa del Made in Italy • Leggi e normative per la difesa della, proprietà intellettuale d’impresa • Legislazione dell’esportazione in Paesi UE ed extra UE • Marchio, brand e certificazioni • Trend e mercato della pelletteria/accessori moda • Immagine dell’impresa e del prodotto: loghi, marchi, brand • Sicurezza del prodotto e le normative Europee sulle sostanze chimiche • Contraffazione e industria del falso. La contraffazione on line • La qualificazione del prodotto • Tecnologie per la tracciabilità e il riconoscimento del prodotto: misure anti‐contraffattive b. Crescita manageriale • Migliorare il clima relazionale e l’efficienza dei reparti • Capitalizzare conoscenze e modalità di gestione del cambiamento • Dall’artigianato all’impresa industriale: i passi organizzativi fondamentali • La produzione snella “Learn Manufacturing” applicata al settore della moda • Gli standard qualitativi di prodotto: misurazione e controllo • Standard qualitativi e miglioramento costante del prodotto c. Innovazione di prodotto e di processo • Responsabile di produzione e logistica • Product manager • Responsabile commerciale • Responsabile Acquisti • Responsabile della Qualità • Responsabile dell’Analisi Tempi e Metodi • Addetto alla programmazione della produzione • Addetto al Customer service • Addetto all’Analisi Tempi e Metodi • Definire la Qualità: le specifiche di prodotto nelle aziende del settore moda Sostenibilità Il progetto Filiera Valore nasce a valle di una strategia inclusiva e concertata che oramai da 7 anni vede si registra tra il Gruppo Gucci e la filiera di riferimento e coinvolge le parti sociali, gli enti locali e i Fondi interprofessionali. Per comprendere la valenza di questa esperienza, è il caso di riportare le due tappe principali di questo percorso, che fungono da incipit per la programmazione del progetto del 2010: ‐ Giugno 2004 → Protocollo d’Intesa Sindacale tra Gucci e le OOSS in materia di Responsabilità 107 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” sociale dell’Impresa che ha portato alla creazione di un Comitato Paritetico con i compiti di analizzare i processi aziendali e del “Sistema Gucci” al fine di prevenire o evidenziare situazioni critiche o comportamenti difformi rispetto ai principi ispiratori della Responsabilità sociale e di individuare idonei interventi volti alla rimozione della anomalie; ‐ Settembre 2009 → Gucci sottoscrive un impegno volto a difendere, valorizzare e investire nella filiera produttiva toscana. Tale protocollo è stato sottoscritto e condiviso con attori istituzionali di assoluto rilievo – Confindustria Firenze, CNA e le parti sociali (Filtea Cgil, Femca Cisl, Ugl) – a conferma del legame che da sempre, e dunque da quasi 90 anni, lega indissolubilmente l’azienda al proprio territorio di riferimento e alle proprie radici. In questo quadro, gli attori coinvolti nel progetto Filiera Valore sono: Capogruppo: • CO.Se.FI – Consorzio servizi Formativi alle Imprese • Gruppo Gucci • Confindustria Toscana • OO SS di settore Trasferibilità Se si considera l’esperienza Gucci nel suo complesso, non si rilevano particolari caratteri di trasferibilità. Si presentano infatti delle circostanze specifiche (territoriali, economiche, istituzionali ecc.) che rendono questo tipo di esperienze difficilmente applicabili in altri contesti. Occorre infatti la presenza di una realtà aziendale multinazionale, manifatturiera e capace di promuovere la governance del territorio. Un secondo aspetto, collegato al primo, è la possibilità di accedere a consistenti finanziamenti interprofessionali commisurati alla platea di destinatari delle attività formative. Un terzo e ultimo elemento riguarda infine il peculiare percorso concertativo avviato dalle OO SS con l’azienda, che ne fa un esempio “buono” di sostenibilità dell’intervento. Di certo, però, si sono evidenziati degli elementi di spunto per contesti territoriali differenti: • l’approccio di filiera • l’innovazione di processo e di prodotto strettamente connessa ai contenuti della formazione • la concertazione tra le parti nella definizione dei percorsi formativi e nella strategia di reperimento dei fondi necessari 108 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4.2 “La nautica vuole competere” Piano formativo settoriale ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “La nautica vuole competere” Territorio di riferimento: Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Puglia, Lazio, Sicilia e Sardegna Ente di riferimento: Confindustria Liguria Partnership: UCINA, SFC Sistemi Formativi Confindustria, Confindustria Messina e Confindustria Nord Sardegna, Sogea Formazione Continua Scrl, Cisita Formazione Superiore, Formetica, Itinera Group. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Fondimpresa “Conto Formazione” (Avviso 2/2009) DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il piano formativo “La Nautica vuole competere”, finanziato con l’Avviso 2/2009 di Fondimpresa (1^ scadenza), si pone come il primo esempio pilota di Piano di Formazione Continua di Settore per la Nautica da diporto. Il Piano formativo nasce con la finalità generale di assecondare i processi d'innovazione e sviluppo in questo comparto, con l’obiettivo generale di accompagnare e supportare le risorse umane e le imprese fornendo risposte concrete e puntuali agli importanti mutamenti, oggetto di sistematica rilevazione da parte delle Associazioni Imprenditoriali e delle Organizzazioni Sindacali dei Lavoratori, che si stanno verificando nel contesto economico del comparto. “La Nautica vuole competere”, di cui è capofila la Sogea di Genova, è una consolidata realtà della formazione, che annovera fra i propri soci il gruppo Rina – player italiano con attività e presenza internazionali attivo nella classifica navale, nella certificazione e nei servizi per l’industria, a cui dal 2007 è affidata la gestione della scuola – e Confindustria Genova. Al progetto – partito a settembre 2010 con durata fino a maggio 2011 – consta di 3.643 ore complessive (la richiesta era di 9.000 ore) divise su 160 corsi progettati cui partecipano 1.703 lavoratori e 40 aziende del settore della nautica e della cantieristica, iscritte a Fondimpresa che ha stanziato 600 mila euro per finanziare le attività del piano formativo. Il piano ha coinvolto otto regioni: Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Puglia, Lazio, Sicilia e Sardegna. Ed è strutturato su sei aree tematiche: tecnica, produzione, contratti, normativa, sicurezza ed equipaggi. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il quadro logico progettuale dell’intervento nasce a partire da una accurata analisi dei fabbisogni, che – in funzione delle attività da progettare e attuare – cerca di inserirsi in un’ottica processuale, mostrandosi capace di adeguare i destinatari rispetti ai seguenti mutamenti in atto: • difficoltà del mercato di riferimento, soprattutto in un'ottica globale e in relazione alla presente crisi finanziaria; • necessità di maggiore flessibilità, qualità, capacità di innovare prodotti e sistemi 109 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” mantenendo alta la qualità del servizio complessivo offerto ad una clientela sempre più differenziata; • impatto delle tecnologie sui processi di lavoro e sulle professionalità richieste dal mercato; • le nuove tecnologie in rapporto alle profonde trasformazioni nel modo di concepire, analizzare e governare le organizzazioni, in particolare in questo comparto: trattasi di opportunità di miglioramento dei processi, di gestione del lavoro e anche di revisione di priorità strategiche che tuttavia necessitano di nuove competenze capaci di cogliere a pieno le potenzialità offerte dalla tecnologia e dall'innovazione; • innovazione continua dei processi e dei prodotti aziendali; Lo strumento della formazione continua ha in questo quadro gli obiettivi seguenti: • Favorire la crescita culturale e l'aggiornamento professionale degli addetti a sostegno del mutamento dei processi organizzativi e produttivi interni. • Rafforzare le capacità di operare sul mercato attraverso l'acquisizione di competenze e conoscenze trasversali. • Fornire agli operatori del settore una formazione completa e diversificata che consenta loro di muoversi in sicurezza nello svolgimento delle mansioni aziendali. • Favorire l'acquisizione di un know how che consenta l'adeguamento e la riqualificazione delle competenze finalizzate ad affrontare le mutazioni dei processi produttivi. • Dare ampio spazio a tutte quelle iniziative di gestione che consentono di far accedere alla formazione gli attori tipicamente esclusi dall'accesso alla formazione: le imprese di piccola dimensione che si gioveranno dei corsi interaziendali e dell'interscambio con imprese di maggiore dimensione; la localizzazione che fa segnare, nella formazione, un gap tra imprese localizzate nel centro‐nord del paese e le imprese localizzate a sud e nelle isole. Innovatività Il progetto si muove su cinque fronti, strettamente interconnessi, la cui congiunzione presenta una discreta innovatività da un punto di vista complessivo. Tali aspetti possono essere riassunti in cinque macro‐tematiche con i rispettivi contenuti/moduli formativi, come segue: Area Tecnica e Produzione Comprende i regolamenti tecnici di costruzione, nazionali ed internazionali , le norme internazionali IMO, SOLAS, MARPOL e MCA; le classifiche ed i regolamenti internazionali per gli yacht commerciali; i materiali da costruzione e la struttura dello scafo; le tecniche di giunzione ed incollaggio; il software per la modellazione tridimensionale: Rhinoceros e Hidromax, Enginsoft e Ansys; GHS General hydrostatics; l'architettura navale; i contenuti e le tecniche delle lavorazioni di refitting; il design d'interni e l'arredo navale; l'impiantistica di bordo; l'organizzazione e la gestione del magazzino: la supply chain e il materials handling; il project management e i sistemi di gestione aziendale, la norma STCW 78/95; Crew basic training e Sea survival. Area Contratti e Area gestionale: Comprende i contratti di compravendita; i contratti di utilizzo:charter e locazione; la gestione delle commesse di progetto e di produzione. Area Normativa: Comprende la normativa della nautica da diporto: la legge 11 febbraio 1971 e la legge 8 luglio 2003, n. 171; le normative della portualità turistica; la progettazione e gestione dei porti turistici. 110 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Area Sicurezza: comprende il decreto 81/2008; la sicurezza in ambito portuale: Dlgs 271 /1999; la sicurezza in navigazione: Dlgs 272/1999; la gestione della sicurezza nell'ambito della cantieristica navale: i preposti; la gestione dei rifiuti ed il rispetto dell'ambiente. Area Equipaggi: Comprende il contratto d’affitto; crew management; il contratto d'imbarco; i corsi di manovra per comandanti mezzi da diporto: con esame finale; le tecniche di comunicazione e le capacità relazionali. Un ultimo fattore che rileva la qualità dell’esperienza de “La nautica vuole competere” è la particolare attenzione ai temi della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro. Gli interventi, oltre a somministrare nozioni specifiche, si concretizzano in un'azione di promozione e diffusione di una cultura organizzativa orientata alla sicurezza, realizzata in un'ottica di integrazione con i percorsi formativi in cui si articola il Piano e che verrà rivolta sia alle aziende che ai singoli lavoratori coinvolti nelle azioni. Il Piano, in quest'ottica, intende integrare gli interventi formativi con azioni di promozione e sensibilizzazione finalizzate a facilitare a livello individuale e di organizzazione l'acquisizione della sicurezza come valore profondo, indipendentemente da ruoli e mansioni, favorendo contestualmente a livello sociale la diffusione di una cultura organizzativa orientata alla sicurezza, di cui ciascuno diventi attore e si faccia garante. Sostenibilità Il Piano coinvolge aziende dislocate in otto regioni: • Piemonte • Liguria • Toscana • Umbria • Lazio, • Puglia • Sicilia • Sardegna Per quanto riguarda gli accordi di condivisione stipulati riconducibili ai soci di Fondimpresa si avvale di due accordi nazionali rispettivamente sottoscritti il primo da Federmeccanica, Assistal e FIM, UILM; il secondo da Federgommaplastica e da FEMCA CISL; gli accordi contengono anche le nomine del Comitato Paritetico di Pilotaggio. Oltre alla partnership indicata sopra, il progetto si avvale dei seguenti enti di diffusione delle attività: • Skillab – Centro valorizzazione delle risorse umane • Confindustria Toscana Servizi – Direzione sviluppo dell’impresa • SFC Sistemi formativi CONFINDUSTRIA Umbria • Assocazione Profeta • Confindustria Latina 111 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Trasferibilità Il progetto “La nautica vuole competere” presenta innanzitutto un vincolo strutturale, collegato alla fonte di finanziamento: in termini di trasferibilità del progetto/modello di essere riprodotto in luoghi e situazioni diverse da quelli in cui è stato realizzato, dunque, la possibilità di accedere a consistenti finanziamenti interprofessionali commisurati alla platea di destinatari delle attività formative può rappresentare un elemento vincolante. Prendendo in considerazione invece le singole “parti” viste nel modello, possono essere individuate diverse pratiche interessanti che possono verosimilmente rappresentare degli elementi di spunto anche per contesti territoriali differenti: • L’analisi dei fabbisogni accurata e processuale • l’approccio di filiera • la concertazione tra le parti nella definizione dei percorsi formativi e nella strategia di reperimento dei fondi necessari • la diversificazione delle attività formative • la centralità fornita al tema della sicurezza nei luoghi di lavoro 112 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4.3 ASTER “Rete alta tecnologia” ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: ASTER Rete alta tecnologia – High Technology Network Territorio di riferimento: Emilia Romagna Ente di riferimento: Regione Emilia Romagna Partnership: Regione Emilia‐Romagna, CNR, ENEA, Università di Bologna, Università di Ferrara, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Università degli Studi di Parma, Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Piacenza, Politecnico di Milano, Unioncamere Emilia‐Romagna, Confartigianato Emilia‐Romagna, Confcommercio Emilia‐Romagna, Confcooperative Emilia‐
Romagna, Confindustria Emilia‐Romagna, Legacoop Emilia‐Romagna, Unionapi Emilia‐Romagna. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: POR/FESR (2007‐2013) – Asse I Attività 1.1 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il Consorzio ASTER è una rete per il Trasferimento Tecnologico regionale che si occupa, nell’ambito dell’attuazione dell’Asse I Attività 1.1 del POR FESR 2007‐2013, delle attività seguenti: − promozione dello sviluppo e coordinamento dei Tecnopoli – Rete Alta Tecnologia dell’Emilia‐Romagna, costituita da laboratori e centri di ricerca industriale e/o per il trasferimento tecnologico; − organizzazione delle strutture partecipanti ai Tecnopoli in Piattaforme tecnologiche tematiche; − promozione, in coordinamento con Università ed Enti di ricerca, di iniziative di alta formazione e di valorizzazione del capitale umano ai fini del loro impiego nella ricerca condotta dalle imprese. Sul fronte del capitale umano, Aster realizza interventi prevalentemente a favore degli addetti nei settori delle R&I, favorendone la valorizzazione nel sistema produttivo regionale. Le linee di azione riguardano il sostegno alla trasferibilità delle competenze acquisite dal sistema della ricerca al sistema delle imprese, lo sviluppo dei profili del ricercatore industriale e del manager del trasferimento tecnologico, la partecipazione dei giovani ricercatori a progetti, programmi e opportunità di finanziamento sostenuti da autorità regionali, nazionali, comunitarie e internazionali a favore della ricerca, del trasferimento tecnologico e dell’innovazione. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il consorzio si configura come l’organizzazione in forma associativa dei Tecnopoli (Rete Alta Tecnologia dell’Emilia‐Romagna) nasce con l’obiettivo generale di coniugare la ricerca in alta tecnologia con il trasferimento delle competenze tramite formazione professionale e continua. Lo scopo è di promuovere e coordinare azioni per lo sviluppo del sistema produttivo regionale verso la ricerca industriale e strategica; di mettere in campo azioni per il trasferimento di conoscenze e competenze tecnologiche e azioni per lo sviluppo in rete di strutture dedicate alla 113 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” ricerca di interesse industriale promosse in collaborazione con Università, Enti di ricerca e imprese operanti in Emilia‐Romagna. Più nello specifico, il quadro programmatico di Aster propone le seguenti attività permanenti: − monitoraggio della domanda e dell’offerta di ricerca e di innovazione in regione e monitoraggio dei progetti di ricerca sviluppati in regione, anche attraverso lo sviluppo e la gestione di banche dati della ricerca, in integrazione con banche dati esistenti a livello nazionale, comunitario e internazionale; − supporto alle Università e ai centri di ricerca nelle attività di analisi, elaborazione di proposte e progettazione per l’alta formazione in specifici ambiti scientifici, tecnologici e industriali e, in generale, per lo sviluppo e la promozione di una cultura dell’innovazione; − diffusione dell’informazione scientifica e della produzione di ricerca e tecnologia e valorizzazione e organizzazione del rapporto tra il sistema della ricerca regionale e le imprese; − promozione di progetti di qualificazione del personale per il trasferimento tecnologico e supporto alla mobilità dei ricercatori anche verso le imprese. Innovatività Gli elementi di innovatività del Consorzio sono molteplici, e vanno dalla capacità di networking tra gli attori regionali deputati alle alte tecnologie, alla valorizzazione del capitale umano e della ricerca, fino alla creazione di nuove imprese. Più nello specifico è possibile elencare i seguenti aspetti: • Coordinamento e sviluppo della Rete Aster si occupa del Coordinamento e dello sviluppo della Rete Alta Tecnologia dell'Emilia‐Romagna costituita da 14 laboratori di ricerca industriale e 8 Centri per l'innovazione, dislocati su tutto il territorio regionale. • Collaborazione ricerca e impresa Per favorire l’ incontro tra ricercatori ed imprenditori con lo scopo di conoscersi, progettare insieme, dare vita a nuove attività imprenditoriali e trovare le risorse per raggiungere obiettivi comuni. • Creazione d'impresa Per sostenere la creazione e lo sviluppo di business innovativo sul territorio regionale. • Valorizzazione del capitale umano Per sviluppare nelle nuove generazioni le competenze necessarie per affrontare il mercato della conoscenza. • Proprietà Intellettuale Per fornire un supporto alla tutela e alla valorizzazione dei risultati della ricerca e della proprietà intellettuale rivolgendosi agli attori chiave del sistema economico regionale dell’innovazione. • Finanza innovativa Per un supporto all’ accesso e allo sviluppo di strumenti di finanza innovativa a giovani imprese e a progetti di impresa ad alto contenuto di conoscenza. 114 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” • Networking nazionale ed internazionale Per offrire a chi opera sul territorio regionale la possibilità di trovare nuovi spazi, partner e mercati a livello europeo ed internazionale. • Promozione delle politiche di sviluppo e innovazione della Regione Emilia‐Romagna Per confermare la regione Emilia‐Romagna come modello tra le più avanzate regioni europee della conoscenza. Sostenibilità L’aver strutturato una rete di Tecnopoli (10 sul territorio regionale) con il supporto di una partnership variegata per competenze (ricerca, produzione, risorse umane ecc.) e per rappresentatività politico‐economica (industria, sindacati, università, regione ecc.) fornisce Al progetto/modello di fondarsi, in una visione prospettica, sulle risorse esistenti e di avere la capacità di generare nuove risorse divenendo strutturalmente l’organismo consortile di riferimento per lo sviluppo regionale. Infatti ASTER è frutto dell’accordo tra la Regione Emilia‐Romagna, le locali Università (Bologna, Modena e Reggio Emilia, Ferrara e Parma), le sezioni regionali del CNR e dell’ENEA, l’Unione regionale delle Camere di Commercio e le Associazioni imprenditoriali regionali, e comprende i seguenti partner: • Regione Emilia‐Romagna • Consiglio Nazionale delle Ricerche • ENEA • Università di Bologna • Università di Ferrara • Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia • Università degli Studi di Parma • Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Piacenza, • Politecnico di Milano • Unioncamere Emilia‐Romagna • Confartigianato Emilia‐Romagna • Confcommercio Emilia‐Romagna • Confcooperative Emilia‐Romagna • Confindustria Emilia‐Romagna • Legacoop Emilia‐Romagna • Unionapi Emilia‐Romagna Trasferibilità Le pratiche e i modelli organizzativi avviati con ASTER possono essere trasferite e adattate in altri territorio, nonché per ambiti di intervento differenti, ma occorre un coordinamento importante da parte dell’ente regionale. 115 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4.4 SPINNER 2013 Interventi per la qualificazione delle risorse umane nel settore della ricerca e della innovazione tecnologica ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: “SPINNER 2013” Ente di riferimento: Consorzio ASTER – Emilia Romagna Partnership: Fondazione Alma Mater, ASTER e INVITALIA Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: FSE Obiettivo 2 “Competitività Regionale ed Occupazione”, Asse IV Capitale Umano, Obiettivo 2 “Competitività regionale e Occupazione” DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il programma denominato SPINNER è finanziato nell’ambito del POR‐FSE e gestito da un omonimo Consorzio, costituito da Fondazione Alma Mater, ASTER e INVITALIA, selezionato con bando di gara per l’individuazione di un Organismo Intermediario responsabile per l’attuazione della Sovvenzione Globale “Interventi per la qualificazione delle risorse umane nel settore della ricerca e dell’ innovazione tecnologica”. Le azioni previste dal Programma Spinner si inquadrano nell’obiettivo di innalzare il livello qualitativo e quantitativo dell’offerta formativa, orientandola verso ambiti prioritari di interesse per il sistema economico, caratterizzati da elevato contenuto innovativo e tecnologico e favorendo la creazione di reti di soggetti ed istituzioni pubblici e privati. Obiettivi specifici sono la creazione e/o il rafforzamento di reti tra università, centri tecnologici di ricerca, mondo produttivo e istituzionale, istituzioni scolastiche, istituti di istruzione superiore per promuovere l’innovazione e la ricerca e generare impatti positivi su aree strategiche per lo sviluppo economico regionale. Insieme ad altri interventi cofinanziati dal FSE Spinner nasce per costruire una comunità della conoscenza per l’innovazione e conta su una rete territoriale di 10 sportelli localizzati presso le università e i centri di ricerca pubblici dell’Emilia‐Romagna – denominati Spinner Point – già operativi tra il 2000 e il 2006 per l’attuazione lo Spinner del VI Programma Quadro. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Obiettivo generale del Consorzio è quello di progettare e realizzare azioni volte alla valorizzazione del capitale umano attraverso la promozione di iniziative di ricerca, trasferimento tecnologico, innovazione e supporto alla creazione di nuove imprese innovative, principalmente tramite la gestione di progetti e/o l'attuazione di assi, misure, azioni o interventi dei Programmi Regionali, Nazionali e Comunitari. Spinner 2013 è rivolto a occupati, inoccupati e disoccupati, persone in cassa integrazione o in mobilità residenti e/o domiciliati in Emilia‐Romagna, in particolare: laureandi, laureati, dottorandi e dottori di ricerca, possessori di titoli di formazione post laurea e diplomati con pluriennale 116 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” esperienza lavorativa di tipo tecnico e/o gestionale e con posizioni di responsabilità, singolarmente o in gruppo. Spinner 2013 propone un sistema integrato di: • Agevolazioni finanziarie ‐ borse di ricerca e incentivi economici • Assistenza nella fase di messa a punto dell'idea progettuale • Tutoraggio e assistenza tecnica per lo sviluppo del progetto • Voucher per la partecipazione al Master inter‐universitario di II livello • Percorsi di accompagnamento per la crescita delle competenze • Servizi di consulenza ad alta specializzazione Spinner 2013 offre inoltre la possibilità di partecipare a conferenze di livello internazionale sui temi dell'economia e della conoscenza e a seminari di cultura dell'innovazione. Attraverso la costituzione di una community, sarà inoltre un punto di aggregazione per persone, imprese e istituzioni interessate ai temi dell'imprenditorialità, della ricerca industriale e dell'innovazione e alla centralità delle risorse umane per la crescita e la qualità del territorio regionale. Innovatività Nato per preparare i giovani egli ambiti della ricerca e dell'innovazione tecnologica e per costruire una comunità capace di mettere la persona al centro dei processi di innovazione per il futuro sviluppo della società e dell'economia della conoscenza, Spinner 2013 sviluppa un ventaglio progettuale articolate e puntuale, che ne rappresenta certamente uno dei tratti di innovatività: • idee imprenditoriali innovative e/o ad alto contenuto di conoscenza ¾ Idee di impresa innovativa in cui l'elemento distintivo è costituito dall'apporto di know‐
how scientifico e tecnologico originale derivante da attività di ricerca ¾ Idee di impresa innovativa in cui l'elemento distintivo è rappresentato dalla capacità di individuare modalità originali di applicazione di un know‐how consolidato all'attività economica ¾ Idee di impresa innovativa derivanti da gemmazione di imprese esistenti in particolare idee proposte da persone che abbiano maturato esperienza in azienda o che prevedano partnership con imprese esistenti • Ricerca industriale, sviluppo sperimentale, trasferimento tecnologico ¾ Progetti di ricerca industriale per la messa a punto di nuovi prodotti, processi produttivi o servizi o per conseguire un miglioramento dei prodotti, processi produttivi o servizi esistenti ¾ Progetti con attività di sviluppo sperimentale per la concretizzazione dei risultati delle attività di ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno relativo a prodotti, processi produttivi o servizi nuovi, modificati, migliorati ¾ Progetti di trasferimento tecnologico, in cui si realizza un trasferimento di tecnologia o di conoscenze pratiche tra organizzazioni (mediante accordi di licenza o di commercializzazione, accordi di sviluppo congiunto, formazione o scambio di personale)
• percorsi di innovazione organizzativa manageriale e finanziaria ¾ Agevolazioni finanziarie ¾ Servizi e opportunità per sviluppare ¾ Progetti per lo sviluppo di percorsi di accrescimento strutturati su analisi organizzative, manageriali e finanziarie finalizzate a migliorare la gestione strategica ed operativa della micro, piccola, media impresa e della cooperativa sociale a partire dalla definizione di un 117 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” quadro aggiornato, effettivo e professionale dei punti di forza e debolezza dell'azienda funzionale all'assunzione di decisioni strategiche e la messa in opera di soluzioni operative. Sostenibilità La sostenibilità dell’intervento risiede nella sua capacità di impatto, da un lato, sulle dinamiche di sviluppo locale e regionale e, dall’altro, sulle dinamiche del mercato del lavoro a livello locale. Rispetto al primo punto, SPINNER 2013 ha la capacità di generare sostenibilità dell’intervento rispetto allo sviluppo territoriale: ¾ promuovere un meccanismo virtuoso tra innovazione, creazione di impresa, ricerca di finanziamenti nazionali ed europei e politiche per l’occupazione; ¾ inserire le attività di ricerca, sviluppo, incentivo all’occupazione e creazione di impresa in un quadro di politiche regionali Sul lato del mercato del lavoro, come intuibile, il programma Spinner 2013 ha la capacità di generare sostenibilità nel tempo in termini di opportunità, inclusività e efficienza del mercato del lavoro locale. In altre parole SPINNER si rivolge: ¾ alle fasce svantaggiate del mercato del lavoro regionale (occupati, inoccupati e disoccupati, persone in cassa integrazione o in mobilità) ¾ con particolare attenzione ai profili formativi elevati (laureandi, laureati, dottorandi e dottori di ricerca, possessori di titoli di formazione post laurea e diplomati con pluriennale esperienza lavorativa di tipo tecnico e/o gestionale e con posizioni di responsabilità, singolarmente o in gruppo). Trasferibilità Il Consorzio Spinner ha messo a punto un “modello” di intervento su materie complesse come il sostegno ad un'economia regionale basata sulla conoscenza, il ricambio generazionale e l'emersione del lavoro sommerso, che si è rivelato efficace ed originale nello scenario italiano ed internazionale, tanto da avere trovato già diverse applicazioni in altri contesti, almeno per le metodologie organizzative attuate, presso diverse Regioni italiane. 118 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4.5 OFP Provincia di Roma “Osservatorio della Formazione Continua nella provincia di Roma” ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Osservatorio della Formazione Continua nella provincia di Roma Territorio di riferimento: Provincia di Roma Ente di riferimento: Provincia di Roma Partnership: CESOS ‐ Centro di Studi Economici Sociali e Sindacali; Associazione SMILE, ERFAP Lazio Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: POR ‐ Programma Operativo del Fondo Sociale Europeo ‐ Obiettivo 2 ‐ Competitività regionale e Occupazione Regione Lazio 2007/2013. PET ‐ Piano Esecutivo Triennale Provincia di Roma 2008/2010. Asse “I” ‐ Adattabilità ‐ Obiettivi Specifici “a” e “c”. Avviso Pubblico “A” ‐ per la presentazione di proposte progettuali finalizzate allo Sviluppo della Formazione Continua e Competitività delle Imprese. “Formazione Lavoratori Occupati” ‐ D.D. R.U. n. 8102 del 18/12/2008 ‐ Linea 5A. DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO L’Osservatorio permanente sulla Formazione Continua (OFC), promosso dall’Assessorato alle Politiche per il Lavoro e la Formazione della Provincia di Roma, è uno strumento per promuovere la cultura e l’accesso alla formazione continua. L’Osservatorio contribuisce a rilevare ed elaborare la domanda di formazione, a supportare la programmazione, a coordinare e rendere trasparente l’offerta di formazione continua e infine a monitorare i risultati degli investimenti. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Il quadro logico rientra nelle linee strategiche, organizzative e di governance del sistema di formazione continua provinciale, e si inserisce nel più complessivo processo di rinnovamento che la Provincia di Roma ha realizzato per le politiche formative. L’Azione di sistema concorre a ricostruirne il quadro conoscitivo e a sviluppare il sistema attraverso l’ampliamento e la messa a sistema dei dispositivi dell’Osservatorio che seguono l’intero ciclo della FC. Gli obiettivi previsti sono i seguenti: •
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il potenziamento delle capacità di lavoratori e lavoratrici ed imprese nell’esprimere in maniera più efficace la loro domanda di formazione considerando l’esigenza concreta nel territorio provinciale di operare in termini di anticipazione del fabbisogno formativo e di profilazione della domanda di formazione; il miglioramento in termini di efficacia dei flussi di comunicazione della domanda espressa nel territorio da lavoratori e lavoratrici ed imprese alle istituzioni affinché queste possano approntare gli strumenti idonei a soddisfare la domanda nella caratteristiche principali di tempi, contenuti, modalità di fruizione ed integrare dal basso le linee di programmazione 119 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” •
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adottate dalla Provincia orientando anche il versante dell’offerta per ridurre il time to market della FC, ovvero il tempo che intercorre tra la percezione e l’elaborazione del bisogno e la predisposizione dell’offerta; la identificazione di pratiche e interventi di FC promettenti in termini di qualità che in quanto tali possano essere considerate replicabili sul territorio e indirizzare le scelte di sistema della Provincia nell’ambito della programmazione pluriennale delle risorse FSE 2007‐2013; l’individuazione di modalità e procedure efficaci di coinvolgimento degli attori della FC in un’ottica di rete per assicurare un’offerta adeguata e tempestiva alle necessità espresse dal territorio e da target obiettivo; lo sviluppo di processi di governance che favoriscano l’implementazione di una strategia territoriale sulla FC, l’integrazione delle prassi in atto di programmazione delle risorse destinate agli investimenti per la FC e forme di coinvolgimento degli organismi locali dei Fondi Interprofessionali gestiti dalle parti sociali, in modo da poter coordinare le azioni che le diverse fonti di finanziamento disponibili nel territorio possono adottare per evitare sovrapposizioni, per migliorare i processi di allocazione delle risorse disponibili per la FC; l’acquisizione di competenze tecniche e operative sul sistema Osservatorio da parte dei referenti provinciali (struttura dipartimentale della FC e CPI) e dei rappresentanti delle parti sociali locali; la diffusione e sensibilizzazione sul territorio in relazione alle funzionalità dell’Osservatorio nel suo ruolo di servizio al governo locale e regionale della FC; la messa in valore e piena legittimazione alla struttura dipartimentale della Provincia di Roma nella interlocuzione con il livello regionale del sistema di FC nelle sedi ad esso preposte (Tavolo Permanente regionale e con l’Osservatorio Regionale sulla Formazione Continua), attraverso una lettura policy‐oriented e strategica delle informazioni rese fruibili da dispositivi dell’Osservatorio e dalle riflessioni in merito al processo in atto per la integrazione e armonizzazione dei fondi per la FC. Innovatività L’Osservatorio è la sede per costruire dialogo, condivisione e cooperazione tra l’Amministrazione provinciale e il territorio – Parti Sociali, Centri di Formazione Professionale, Centri per l’Impiego, lavoratori e imprese – per assicurare una sempre maggiore coerenza tra l’offerta di formazione e le esigenze del sistema produttivo. L’intervento, promosso dalle parti sociali, si configura come azione complessa di supporto al sistema provinciale della Formazione Continua (FC). Nella sua funzionalità di azione di accompagnamento l’intervento si rivolge all’insieme degli attori del sistema, alle parti sociali, alle imprese ed ai lavoratori, quali sono previste cinque azioni non formative di sistema e due azioni formative della durata complessiva di 40 h. erogate a n. 30 beneficiari (n.15 personale dell’amministrazione provinciale e n.15 rappresentanti delle associazioni datoriali e di categoria). Sostenibilità Nella sua struttura progettuale e attuativa, il progetto in esame crea una rete della formazione continua tra le Parti Sociali, i Centri di Formazione Professionale, i Centri per l’Impiego, coinvolgendo anche gli Enti bilaterali e i Fondi Interprofessionali, secondo un modello di 120 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” governance che verrà condiviso e costruito durante il progetto. La finalità della rete è quella di creare collegamenti e sinergie tra gli attori per istituire modalità efficaci di informazione verso i lavoratori tipici ed atipici e le microimprese, principalmente sulle opportunità di formazione continua offerte nel territorio provinciale. La rete infatti è il luogo dello scambio di esperienze sul tema, delle informazioni sugli strumenti, delle metodologie, dei risultati e dei fabbisogni emergenti. Il progetto inoltre si prefigge l’obiettivo di realizzare un Osservatorio permanente della formazione continua. L’architettura dell’Osservatorio rispecchierà il modello di governance della formazione continua che gli attori istituzionali e sociali del sistema territoriale definiranno in maniera condivisa e concertata. L’Osservatorio si colloca quindi come uno strumento permanente per la gestione delle relazioni tra Istituzioni, Parti Sociali, Centri di Formazione, Centri per l’Impiego, Fondi interprofessionali, Enti bilaterali con la finalità di creare collegamenti e sinergie e un unico luogo per la presentazione di iniziative per la messa in trasparenza dell’offerta, per raccogliere la domanda, per favorire il miglioramento della pertinenza dell’offerta di formazione alle esigenze del sistema produttivo e dei lavoratori. Trasferibilità Nella sostanza gli strumenti e il modello analizzato per l’“Osservatorio della Formazione Continua nella provincia di Roma” sono quelli classici di questo tipo di azioni: • un luogo “virtuale” in grado di favorire una governance partecipata del sistema; • che rileva la domanda e coordina l’offerta della formazione continua; • supporta la programmazione dell’offerta della formazione continua in relazione ai bisogni espressi dal territorio (lavoratori ed imprese); • promuove la cultura e l’accesso alla formazione continua, offrendo informazioni e servizi specialistici: ‐ a livello individuale (i lavoratori); ‐ a livello collettivo (le imprese); • monitora i risultati degli investimenti della formazione continua. Dunque, considerando la struttura base del modello, la sua trasferibilità è assolutamente confermata dalle esperienze sia in altri territori che in altri settori. Ciò che rende questo tipo di Osservatorio peculiare è però l’afferenza istituzionale alla Provincia di Roma, e non alla Regione Lazio. Una circostanza dettata dalle dimensioni e dall’importanza di questa Provincia rispetto al territorio regionale, ma un aspetto organizzativo che può provocare alcuni disagi implementativi, specie rispetto alla interazione e al reperimento di fondi per la formazione, che restano prevalentemente nelle mani di Regione e Fondi interprofessionali. Tuttavia, ciò che è trasferibile è l’elemento della “prossimità”: l’afferire alla Provincia avvicina l’Osservatorio alla rete dei Servizi per l’impiego, e dunque – potenzialmente – all’utenza dedicata. 121 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.4.6 ARTI “Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione” ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione Territorio di riferimento: Regione Puglia Ente di riferimento: Regione Puglia Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO La ARTI – Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione ‐ costituita con L.R. n°1 del 7 gennaio 2004, si tratta di un ente strumentale della Regione Puglia, diventato pienamente operativo nell’autunno del 2005 a seguito delle Deliberazioni n°1172 del 06/08/2005 e n°1297 del 20/09/05. L’attività dell’ARTI si inserisce nella strategia di sviluppo economico della Regione Puglia, basata sul ruolo della Ricerca e dell’Innovazione per la crescita economica e la coesione sociale, ed è orientata a promuovere, stimolare e soddisfare la domanda di innovazione delle imprese e dei sistemi produttivi locali e la riqualificazione del capitale umano. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo ARTI nasce con l’obiettivo di promuovere e consolidare il Sistema dell’Innovazione Regionale (SIR): attori pubblici e privati che collaborano con strategie comuni. In particolare, si occupa di contribuire all’elaborazione delle strategie regionali sull’innovazione e la competitività; di favorire le relazioni tra scienza e industria e tra scienza e società; di sostenere le attività di innovazione delle imprese; di favorire il collegamento internazionale di tutti gli attori del sistema regionale di R&I. La sua attività è, dunque, strutturata secondo tre linee guida: • elaborazione della conoscenza, attraverso un’analisi del SIR che fornisca una mappa completa degli attori (produttori e utilizzatori di conoscenza) e le informazioni rilevanti sul livello, le caratteristiche e l’evoluzione dell’innovazione in Puglia; a questa analisi concorre anche il monitoraggio delle politiche europee, nazionali e regionali, per un migliore utilizzo delle risorse pubbliche e per un migliore coordinamento degli interventi rispetto alle iniziative comunitarie e nazionali; • la promozione di attività innovative, attraverso lo stimolo alla realizzazione di progetti comuni fra imprese, università, enti pubblici ed eventuali attori esterni, in specifiche filiere tecnologiche; in questa linea di azione rientra anche la promozione del SIR su scala nazionale ed internazionale, da realizzare facilitando il collegamento del sistema dell’offerta tecnico‐scientifica pugliese con le eccellenze scientifiche a livello europeo ed internazionale; 122 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” •
la diffusione della conoscenza, da realizzare attraverso specifiche azioni di animazione territoriale che abbiano per obiettivo lo sviluppo e la diffusione della cultura e della pratica dell’innovazione e dunque le conoscenze del sistema innovativo regionale, le opportunità imprenditoriali, le politiche comunitarie, nazionali e regionali. Innovatività Così come è stato strutturato e per le prime fasi di implementazione e sperimentazione, l’Agenzia si è rivelata una strategia molto efficace di coordinamento e governance degli interventi di ricerca e innovazione per lo sviluppo locale. Più nello specifico ARTI ha permesso di: a) migliorare le condizioni di contesto b) rafforzare i singoli attori (imprese e strutture di ricerca, in termini di crescita dimensionale, innovazione, internazionalizzazione) c) promuovere la collaborazione tra gli attori (pubblico‐privato, privato‐privato, pubblico‐pubblico). Le attività dell’ARTI possono essere raggruppate in tre principali ambiti: • diffusione della cultura dell’innovazione in Puglia Conoscenza del sistema regionale dell’innovazione Avere un quadro completo e facilmente accessibile della domanda e offerta di ricerca/innovazione e delle istituzioni pubbliche regionali, delle sue dinamiche, dei risultati della ricerca prodotta a livello regionale, dei profili degli attori del sistema regionale dell’innovazione. L’ARTI attiva da febbraio 2007 e poi aggiorna e completa sistematicamente il proprio portale web nel quale ospitare tutte le informazioni favorendo l’accesso pubblico. Organizzazione di incontri pubblici Diffondere la conoscenza di esperienza, buone pratiche, rapporti di analisi e di ricerca, esperienze di politiche per l’innovazione e stimolare il dibattito pubblico. Promuovere iniziative di animazione e diffusione della cultura dell’innovazione che assumono cadenza periodica e si configurano come eventi ricorrenti e appositamente preparati, con un processo di apprendimento nel tempo. L’ARTI organizza eventi a scala locale ed internazionale, workshop scientifici, incontri informali, concorsi a
base scientifica. Inoltre, l’ARTI coordina ad esempio la Notte dei ricercatori finalizzata alla divulgazione scientifica (con particolare riferimento ai giovani). Pubblicazioni Produrre rapporti e analisi da diffondere in Puglia e fuori per disseminare la conoscenza e favorire la discussione. L’ARTI realizza, ad esempio, Quaderni bianchi, relativi alle analisi derivanti dalla attività di indagine dell’Osservatorio e Newsletter con aggiornamento delle attività della agenzia e delle iniziative regionali, nazionali ed europee. Club dell’innovazione Costruire una comunità di amministratori pubblici, scienziati, accademici, imprenditori, opinion makers. Tale comunità organizza incontri periodici su temi trasversali connessi all’innovazione. L’ARTI promuove ed organizza, da gennaio 2007, il Club dell’Innovazione: incontri periodici con relatori invitati, che favoriscono la conoscenza reciproca e il dialogo e l’individuazione di punti di accordo fra i partecipanti. Dialogo fra scienza e società Sviluppare un ambiente favorevole alla innovazione ed alla creatività, aiutando le scienze umanistiche a vedere se stesse come sorgente di innovazione e favorendo una consapevolezza 123 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” diffusa in tutta la società pugliese del valore della ricerca scientifica e dell'innovazione, con particolare attenzione al mondo della scuola. • rafforzamento del sistema pugliese dell’innovazione Azioni con gli attori del sistema pugliese dell’innovazione Rafforzare gli attori del sistema pugliese dell’innovazione, attraverso attività di promozione e iniziative di sostegno pubblico (POR e Accordi di Programma Quadro) e privato. L’ARTI collabora su specifiche iniziative di promozione con le singole università, gli Enti Pubblici di Ricerca, le imprese e le loro associazioni e svolge, su indicazione dei competenti Assessorati, attività di assistenza tecnica per la gestione di interventi specifici. Progetti di ricerca pubblico‐privati Valorizzare le attività ed i risultati conseguiti nell’ambito di progetti di ricerca pubblico/privati. L’ARTI svolge attività di promozione delle iniziative pubblico private, in particolare dei progetti di ricerca esplorativi e strategici, già finanziati. Distretti tecnologici Promuovere la nascita, la partecipazione di attori pubblici e privati, la definizione di programmi di ricerca e di trasferimento tecnologico, l’attrazione di risorse finanziarie per i “distretti tecnologici” e simili attività consortili. Rete regionale degli ILO Promuovere la creazione di reti regionali per la valorizzazione delle strutture, delle competenze e dei risultati della ricerca di università, centri di ricerca pubblici e privati, nonché il trasferimento alle imprese. L’ARTI gestisce in particolare il progetto – contenuto nell’APQ Ricerca ‐ per la creazione della Rete regionale degli ILO (Industrial Liason Offices) e per favorire le varie forme di valorizzazione economica dei saperi tecnici e scientifici, quali la gemmazione di imprese (spin‐off) e la brevettazione (si veda All. III‐ La rete regionale degli ILO). Reti di laboratori Potenziare la capacità di offerta tecnologica del sistema della ricerca pubblica pugliese,facilitare l’accesso alle apparecchiature scientifiche e tecniche presenti nelle Università e negli enti da parte delle imprese. ARTI fornisce assistenza tecnica alla Regione nella progettazione e realizzazione del relativo intervento in ambito APQ. • strategia regionale dell’innovazione Studi di fattibilità Elaborare studi relativi alla fattibilità di interventi di politica regionale della ricerca e dell’innovazione in ambiti tematici specifici, alle opzioni tecnologiche e alla valutazione di impatto sul sistema socioeconomico pugliese. L’ARTI, su indicazione della Giunta, predispone studi e rapporti avvalendosi di esperti di livello internazionale. Progetti di filiera Definire e realizzare iniziative collettive, collaborazioni pubblico‐privato, programmi di ricerca e di trasferimento tecnologico fra gli attori del sistema regionale dell’innovazione in specifiche filiere. L’ARTI realizza, nell’ambito dell’Osservatorio, 8 progetti di filiera, a partire dall’avionica. Progettazione ed attuazione di specifiche politiche regionali Contribuire all'elaborazione delle politiche regionali sulla ricerca industriale, trasferimento tecnologico ed innovazione e, dopo la decisione politica, alla loro attuazione. L’ARTI, su mandato degli Assessorati competenti, realizza progetti, programmi, bandi, valutazioni. Interazione con le politiche nazionali e comunitarie Interagire con i decisori delle politiche nazionali e comunitarie per influenzarne i contenuti e 124 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” favorire l’integrazione con le politiche regionali. L’ARTI, su indicazione degli Assessorati competenti, partecipa progressivamente ad incontri e riunioni di coordinamento e, per quanto possibile, di definizione delle politiche a livello nazionale e comunitario. Valutazione e monitoraggio dei risultati delle politiche di ricerca e innovazione regionali Apprendere dalle azioni messe in atto e migliorare progressivamente le politiche. L’ARTI, in stretta collaborazione con il Nucleo degli investimenti pubblici della Regione Puglia, definisce e promuove
l’utilizzo sistematico di strumenti di monitoraggio e di valutazione (ex‐ante, in itinere, ex‐post) delle politiche regionali Piano regionale dell’innovazione Raccogliere e sistematizzare i risultati di studi di fattibilità, progetti di filiera, singole iniziative di intervento della Regione, valutarne l’impatto e fornire un quadro coerente di più lungo termine di priorità, obiettivi e strumenti. L’ARTI, coerentemente con la sua legge istitutiva, realizzerà il Piano regionale dell’Innovazione. Sostenibilità Già dal triennio 2007‐2009 l’Agenzia ARTI si è consolidata e funziona a regime. La fase di consolidamento ha avuto i seguenti obiettivi: • rafforzamento della struttura operativa • avvio e funzionamento a regime del portale web dell’ARTI • illustrazione delle finalità e delle attività dell’Agenzia in ambito pugliese e conseguente creazione di reputazione, e consolidamento della fiducia da parte degli attori del sistema regionale dell’innovazione • progressivo avvio di tutte le aree di attività La fase di funzionamento a regime, che ne rappresenta la definitiva sostenibilità nel tempo, si basa su: • proiezione verso l’esterno del sistema regionale dell’innovazione • interazione sistematica con le politiche nazionali e comunitarie • progettazione e realizzazione di programmi a lungo termine redazione del Piano Regionale dell’Innovazione. Trasferibilità La diffusione delle attività e l’interazione costante con l’utenza diretta, con i partner e con altre istituzioni interessate è assicurata da un portale molto efficace (www.arti.puglia.it) molto ben articolato per tematiche e contenitori. Nell’area Pubblicazioni e documenti sono disponibili i Quaderni ARTI, i Quaderni INTERNAZIONALI, gli Atti Convegni. In ogni caso, la trasferibilità dell’intervento dipende dal ruolo giocato dall’Ente regionale, che in questo caso risulta protagonista nel traghettare le politiche per l’innovazione e sviluppo regionale verso il coinvolgimento degli operatori dell’economica locale. Pertanto le pratiche e i modelli organizzativi avviati con ARTI possono essere trasferiti e adattati in altri territorio, ma occorre un coordinamento importante da parte dell’ente regionale. 125 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.5 Buone pratiche FSE a livello internazionale FORMAZIONE E CAMBIAMENTO La diffusione dell’eLearning accademico, riconosciuto nel mondo dell’istruzione e della formazione professionale, è un processo rapido e costante che interessa ormai le politiche e i programmi di sviluppo di numerosi Paesi. Ormai è universalmente riconosciuto che la formazione a distanza (FAD) si è evoluta seguendo tre stadi, detti anche generazioni della FAD. Dall’apprendimento per corrispondenza si è passati alla formazione mediata dalla TV, dagli audiovisivi, dai CD multimediali, dal computer (CBT computer based training). Infine si è arrivati alla terza generazione costituita dalla formazione on‐line. Ultimamente c’è persino chi si spinge a parlare di una quarta generazione, riferendosi alla formazione on‐line distribuita attraverso sistemi complessi (piattaforme di e‐learning) che distribuiscono formazione in rete. Il cambiamento non implica solo la novità degli strumenti con cui si apprende, ma il rinnovarsi dell’intero modo di erogare e di organizzare la didattica. Bisogna tenere in considerazione, però, che non tutti i contenuti sono adatti ad essere erogati in modalità e‐learning allo stato puro e che per la migliore riuscita di un percorso, spesso va previsto un intervento di tipo misto, più o meno spostato verso il polo “aula tradizionale” o verso il polo “apprendimento on‐line”. Le prime due generazioni di FAD erano state impostate su un rapporto di tipo individualistico tra allievo e media/strumento impiegato per apprendere. In questo modo si era completamente perso l’aspetto sociale proprio dell’apprendimento, insito e dato per scontato nella formazione tradizionale d’aula. Una carenza di questa portata aveva avuto come conseguenza l’insorgere di problemi seri in termini di motivazione dell’allievo, di elevati tassi di drop‐out, di ridotta efficacia formativa, sia legata all’assenza di competizione tra pari, alla carenza di punti di riferimento sulle prestazioni richieste, all’assenza di riferimenti a compagni di corso con cui confrontarsi, risolvere dubbi e scambiarsi pareri. Questo elemento è stato pienamente rivalutato nell’e‐learning proprio grazie alle dinamiche sociali che si generano negli ambienti propri delle comunità di apprendimento. Il sapere è la risorsa competitiva che anima la comunità. Attorno ad esso si struttura il linguaggio, il processo di coesione, di socializzazione e di crescita della comunità stessa. L’avvento delle piattaforme, ha di fatto segnato il passaggio dalla terza alla quarta generazione di e‐learning. Attualmente sul mercato abbiamo due grandi raggruppamenti di “piattaforme”: gli ILS (Integrated Learning System) detti anche LMS (Learning Management System), ed i LCMS (Learning Content Management System). Il focus del LMS è su tre operazioni base: importare ed assemblare corsi;erogarli;somministrare test e tracciare gli allievi. Il LCMS invece si concentra sulla creazione, archiviazione, organizzazione e riuso dei contenuti, di solito organizzati per Learning Object. Le esperienze selezionate, sviluppate nell’ambito di iniziative comunitarie LLLP Leonardo da Vinci, sviluppano le nuove metodologie didattiche integrate sopra descritte, oltre a sperimentare e disseminare un sistema di apprendimento innovativo allo scopo di combinare delle modalità e‐
learning con un sistema di acquisizione della conoscenza avanzato ed interattivo basato sugli Agenti Intelligenti (AI), facilitatori virtuali, dotati di grandi capacità di reazione, percezione ed interpretazione. 126 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Per tali motivi sono stati presi in esame i seguenti progetti: 1. Progetto TIPS “T‐learning to Improve Professional Skills for intercultural dialogue”; 2. PARMENIDE “(Promuovere Avanzate Risorse e MEtodologie per Nuovi Insegnamenti nella Digital Education”; 3. Progetto T2 Teaching Tutoring – Intelligent Agent to customize lifelong learning pathways in microfinance sector. 127 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.5.1 Progetto TIPS “T‐learning to Improve Professional Skills for intercultural dialogue” ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: TIPS “T‐learning to Improve Professional Skills for intercultural dialogue” Territorio di riferimento: Austria, Francia,Grecia, Italia e Polonia Coordinatore: FOR.COM ‐ Formazione per la comunicazione – Italia. Partners: Auxilium ‐ Austria, Hellenic Open University – Grecia, IRIV – Francia, Grauppo PRAGMA – Italia, TISCHNER EUROPEAN UNIVERSITY – Polonia. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Life Long Learning Programme Leonardo da Vinci L’impresa capofila Ragione Sociale dell’impresa: Consorzio Interuniversitario FOR.COM. Sede ◦ROMA ‐Via V. Orsini 17/a + 5 sedi regionali Settore/i di attività:consorzio tra realtà universitarie nazionali ed europee per la formazione continua a distanza con particolare riguardo per le procedure e le metodologie di e‐learning. Prodotti/servizi: L'offerta didattica del FOR.COM., articolata in attività di e‐learning, in modalità basate soprattutto attraverso rete Internet (Web Based), TV interattiva, Cd multimediali, riguarda programmi di formazione continua e di aggiornamento professionale nei segmenti post‐diploma e post‐lauream http://www.forcom.it/tipsproject/ Telefono 06/36.08.151 Fax 06/36.00.56.61E‐mail: [email protected] DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno designato il 2008 "Anno europeo del dialogo interculturale" per promuovere il dialogo interculturale come processo utile ad interagire con ambienti culturali complessi e per trarre beneficio dalla valorizzazione di una società pluralistica e dinamica. In risposta a questa iniziativa, il progetto TIPS ha realizzato un corso di formazione per persone interessate a lavorare nel campo della mediazione culturale, al fine di acquisire capacità e competenze utili per lavorare e interagire con i migranti e gli immigrati. I paesi europei partner nel progetto TIPS sono stati selezionati in base a criteri territoriali, che rappresentano e che riflettono la realtà dei flussi migratori e differenti pratiche di integrazione in Europa. Affinché il partenariato di TIPS sviluppasse un programma di formazione utile per andare incontro in modo efficace ai bisogni formativi dei professionisti della mediazione culturale, è stata realizzata una ricerca comparata tra mediatori culturali e professionisti che operano nel settore della mediazione culturale: la ricerca volta ad effettuare una "analisi identificativa del ruolo professionale del mediatore ed i suoi fabbisogni formativi, attraverso l'esame e la valutazione delle diverse realtà lavorative" è stata condotta in tutti i cinque paesi europei coinvolti nel progetto. Alla ricerca desk sono seguiti focus groups e interviste condotte con i mediatori culturali. I contenuti del corso hanno riguardato: 128 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” ‐
Modulo 1: “Introduzione al corso TIPS”, fornisce informazioni pratiche sull’utilizzo delle tre piattaforme. ‐
Modulo 2: “Mediazione Culturale: un profilo professionale”. Esplora le caratteristiche del profilo ed il codice di condotta del mediatore culturale. ‐
Modulo 3: “Psicologia della mediazione culturale”, presenta i principi di base della psicologia, le teorie e le aree di applicazione in riferimento alla mediazione culturale. ‐
Modulo 4: “Legislazione Nazionale ed Europea”, fornisce una panoramica generale della struttura giuridica nell’Unione Europea, e nei paesi partner Austria, Francia, Grecia, Italia e Polonia. ‐
Modulo 5: “Mediazione culturale: campi di applicazione”, esamina il ruolo della mediazione culturale in diversi settori e nella facilitazione dell’integrazione degli immigrati nei paesi ospitanti. GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo L'Unione europea è una società pluralistica, arricchita da una varietà di tradizioni culturali e sociali, che diventerà ancora più diversificata in futuro. L'afflusso di immigrati è in continua crescita in Europa, e per questo l'integrazione è diventata una questione chiave per la maggior parte dei paesi europei. Negli ultimi anni, il dialogo interculturale ha notevolmente influenzato il ruolo professionale e le responsabilità degli operatori sociali e professionisti che lavorano in diversi settori con migranti ed immigrati, diventando una priorità trasversale delle politiche dell'Unione europea. Mentre l'integrazione è il ruolo primario degli Stati membri, i governi condividono questa responsabilità con la società civile, in particolare a livello locale, dove le misure di integrazione vengono attuate. La chiave per il successo dell'integrazione è la creazione di azioni di micro‐livello basate su partenariati realizzati tra tutti i molti attori locali che devono essere coinvolti: le autorità regionali e locali, dirigenti politici, le istituzioni educative, la sanità, i servizi sociali, la polizia, i media, il partenariato sociale, le organizzazioni non governative ed i migranti stessi e le loro associazioni. Come sottolineato dalla Commissione europea, "Due processi sono fondamentali per migliorare la condizione degli immigrati: l'eliminazione delle disuguaglianze e l'acquisizione di competenze. Queste sfide sono il cuore delle politiche di integrazione in Europa". Ciascuno Stato membro e l'Unione europea nel suo complesso, quindi, deve contribuire allo sviluppo di capacità e competenze professionali legate alle esigenze degli immigrati, concentrandosi sulle tematiche dell’accettazione, sia comportamentale che storica e culturale, dell'integrazione sociale e della gestione della diversità. Molte figure professionali si sono sviluppate intorno a queste priorità. In questa prospettiva, i mediatori culturali svolgono un ruolo fondamentale nella vita quotidiana dei migranti, rafforzando la loro integrazione nelle società di accoglienza. Svolgono attività di mediazione tra le istituzioni e gli immigrati, i loro compiti principali sono: facilitare la comunicazione e la comprensione reciproca tra gli immigrati ed i paesi di accoglienza, fornire una consulenza professionale per le famiglie e le associazioni degli immigrati e dei migranti, orientarli verso strutture e servizi adeguati. 129 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” La professione del mediatore culturale è relativamente nuova e sviluppata sulla base dell'apprendimento informale e non formale, e l'esperienza personale e professionale. La metodologia T‐learning di TIPS risponde alle esigenze di questi professionisti, fornendo una formazione continua sul posto di lavoro, sostenuta dalla tecnologia più avanzata e promuovendo un apprendimento personalizzato. L'obiettivo principale del progetto TIPS è quello di individuare e sviluppare competenze specifiche per mediatori culturali al fine di facilitare l'integrazione degli immigrati nella loro vita quotidiana. Innovatività Il progetto TIPS ha progettato e sviluppato una metodologia unica, il T‐learning, in particolare per gli assistenti sociali o professionisti interessati nel settore della mediazione culturale, che hanno bisogno di un aggiornamento professionale, di occasioni di formazione sul posto di lavoro per migliorare le loro attività quotidiane. La metodologia t‐learning di TIPS di integra tre strumenti diversi: il personal computer (E‐learning), la telefonia mobile (m‐learning) e la televisione (TV‐
learning). I corsisti sono in grado di apprendere direttamente nel loro ambiente di lavoro e di avere formazione “on the job”, grazie alla funzionalità portatili dell'e‐learning e le piattaforme mobili, creando un approccio integrato "learning by doing" con una metodologia di "apprendimento basato sul lavoro". Ogni piattaforma consente ai corsisti di personalizzare i propri percorsi formativi in base alle proprie disponibilità specifiche, gli stili di apprendimento e le esigenze di formazione. L'intenzione alla base dell’integrazione dei tre sistemi è quella di sostenere continuamente le attività dei mediatori culturali, avere continuamente a disposizione informazioni aggiornate e garantire la continuità tra lavoro e formazione. Inoltre, tutti i corsisti hanno l'opportunità di aderire alla Comunità Virtuale europea TIPS, attraverso la chat e il forum presenti sulla piattaforma di e‐learning, in cui le idee e le esperienze possono essere condivise e discusse tra i partecipanti al corso ed altri professionisti. La metodologia didattica di TIPS è stata sviluppata in base a due obiettivi: 1. sfruttare i benefici portati dall’integrazione di supporti digitali per la comunicazione a distanza; 2. massimizzare i benefici portati da ciascuno strumento (piattaforma per l’E‐learning, per il TVlearning, e per il m‐learning). Molti contenuti del corso, definiti “Learning Objects”, sono stati progettati specificatamente per ciascuno strumento, in base alle specifiche caratteristiche tecniche. La piattaforma E‐Learning offre il curriculum di base o i principali Learning Objects del corso con lezioni audio, diapositive, quiz e dispense, nonché gli strumenti di social software come Chat, Virtual Classroom, Forum, Agenda e annunci. L'aula virtuale, uno strumento sincrono di insegnamento, consente a corsisti e insegnanti di interagire e di condurre le lezioni in un ambiente virtuale di apprendimento. La piattaforma M‐learning, consentendo ai corsisti di imparare in ogni momento ed in ogni luogo, fornisce Learning Objects e strumenti come: "Mobile Learning Pills" – brevi contenuti audio‐video per evidenziare i principali temi dei contenuti del corsi, il glossario ‐ una raccolta di termini utili 130 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” con le rispettive definizioni relative all’ambito della mediazione culturale, il Phrasebook ‐ un archivio delle frasi e delle espressioni più importanti tradotto in tredici lingue, al fine di aiutare il mediatore a comunicare meglio con gli immigrati attraverso la loro lingua madre, e un e‐book – in grado di fornire informazioni circa la cultura e le tradizioni di sette grandi paesi da cui proviene la maggioranza degli immigrati in Europa. La piattaforma TV‐Learning è accessibile attraverso la televisione, e consente all’utente di beneficiare di immagini di alta qualità, filmati e tracce audio. I partecipanti al corso navigano la piattaforma utilizzando un commando a distanza per accedere ai diversi video IPTV, con interviste a mediatori culturali professionali e presentazione di casi studio di particolare interesse. Sostenibilità Al primo corso sperimentale di formazione gratuito (in lingua Inglese) al quale sono stati ammessi circa 100 discenti provenienti da 5 paesi europei (Italia, Francia, Polonia, Grecia e Austria), è seguita l’attivazione di 5 centri TIP per l’erogazione del corso in modalità a distanza attraverso la tripla piattaforma PC‐TV‐Mobile Phone. Il Centro TIPS offre: •
IPTV •
Un cellulare conforme ai requisiti tecnologici relativo alla piattaforma m‐learning •
Un computer con la connessione ADSL Trasferibilità La trasferibilità della metodologia didattica innovativa utilizzata e del prodotto sviluppato è stata avviata attraverso una serie di presentazioni dell’esperienza progettuale, sia a livello nazionale che internazionale (Es: EDULEARN Conference 2009 che si è tenuta a Barcellona 6‐8 Luglio 2009, 16th International Conference on Learning che si è tenuta a Barcellona dal 1 al 4 luglio 2009). Il progetto ha verificato con successo la possibilità di trasferire in ambiti professionali diversi la metodologia sperimentata durante la sperimentazione nonché la possibilità di implementazione per il target group di progetto. 131 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.5.2 Progetto PARMENIDE Promuovere Avanzate Risorse e MEtodologie per Nuovi Insegnamenti nella Digital Education ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: PARMENIDE “(Promuovere Avanzate Risorse e MEtodologie per Nuovi Insegnamenti nella Digital Education” Territorio di riferimento: Italia, Spagna, Bulgaria, Grecia, Germania e Romania. Coordinatore: Università Telematica “Guglielmo Marconi”‐ Italia. Partners: Universidad Nacional de Educación a Distancia (UNED) – Spagna, Bourgas Free University – Bulgaria, Foundation for Research and Technology – Hellas (FORTH) – Grecia, Futuretec GmbH – Germania, Universiy “Politehnica” of Bucharest – Romania, Soluzioni Informatiche srl – Italia. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: Life Long Learning Programme Leonardo da Vinci Fase II 2000 – 2006 Progetto Pilota – Priorità 3: Sviluppare contenuti e‐learning rilevanti ed innovativi. L’impresa (Capofila) Ragione Sociale dell’impresa: Consorzio Interuniversitario Università Telematica “Guglielmo Marconi”. Sede ◦ROMA ‐ Via Plinio, 44 Settore/i di attività: L’Università degli Studi Guglielmo Marconi, è la prima Università “aperta” (Open University), riconosciuta dal MIUR con D.M. 1 marzo 2004. Prodotti/servizi: L'offerta didattica unisce metodologie di formazione “a distanza” (materiale a stampa, dispense, Cd Rom, piattaforma e‐learning) con le attività di formazione frontale (lezioni, seminari, laboratori, sessioni di ripasso e approfondimento) al fine di raggiungere i migliori risultati di apprendimento per lo studente. http://parmenide.unimarconi.it/ Telefono 06/377251 Fax 06/37725214 [email protected] DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il progetto Parmenide intende progettare e disseminare un sistema di apprendimento innovativo allo scopo di combinare delle modalità e‐learning con un sistema di acquisizione della conoscenza avanzato ed interattivo basato sugli Agenti Intelligenti (AI). Gli Agenti Intelligenti sono facilitatori virtuali, dotati di grandi capacità di reazione, percezione ed interpretazione. Il progetto PARMENIDE ha due obiettivi specifici: •
•
innovare i processi formativi in uso nel settore dei trasporti dal punto di vista metodologico, dei contenuti, dei materiali e tool di supporto; sviluppare due applicativi pilota di formazione nel settore dei trasporti, in particolare nel settore dei trasporti aerei e in quello dei trasporti su rotaia, che favoriscano un apprendimento innovativo grazie all’utilizzo di una metodologia sperimentale. 132 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo Lo scopo del progetto PARMENIDE è quello di proporre una metodologia che combini un ambiente di apprendimento a distanza con un sistema educativo basato sugli Agenti Intelligenti, dando luogo a un apprendimento di tipo individuale e fornendo guida ed assistenza ai discenti. Al fine di dimostrare il potenziale e l'efficacia della nuova metodologia basata sugli AI, PARMENIDE ha anche lo scopo di sviluppare e sperimentare due applicativi pilota per la formazione di operatori nel settore dei trasporti. In tali applicativi, i personaggi pedagogici virtuali utilizzeranno metodi di Intelligenza Artificiale: 9 per mostrare agli studenti come eseguire un compito complesso e per implementare un approccio pragmatico alla soluzione di problemi; 9 per valutare le performances e le risposte/reazioni di ciascun discente, e adattare il metodo d’insegnamento secondo bisogni specifici e ambienti particolari. La nuova metodologia di apprendimento proposta viene applicata alla formazione degli addetti nel settore dei trasporti ed è finalizzata alla creazione di un modello di formazione professionale efficace e innovativo. Innovatività La nuova metodologia proposta intende favorire la difficile sintesi tra approccio teorico e approccio pratico basato su forti componenti esperienziali. Gli Agenti Intelligenti sono infatti soluzioni informatiche multimediali basate sull’interazione fra utenti e personaggi animati dotati di intelligenza artificiale. Grazie alle loro caratteristiche antropomorfiche, essi rendono l’interazione fra l’utente e il sistema di apprendimento più coinvolgente contribuendo da un lato ad aumentare il livello di apprendimento dell’allievo e dall’altro a rendere il processo formativo più efficace. Oltre alla nuova Metodologia basata sugli AI, il progetto Parmenide ha sviluppato due Applicativi Pilota: rispettivamente nel settore dei trasporti aerei e in quello dei trasporti su rotaia. Paragonato ai tradizionali approccia all’educazione, il progetto introduce due elementi innovativi: •
Utilizzo di una tecnologia didattica innovativa; •
Interazione costante con l’insegnante in un contesto caratterizzato da attività pratiche/virtuali, che guidano lo studente durante il learning by doing. Sostenibilità Il sistema innovativo di acquisizione della conoscenza esperienziale è riutilizzabile e può essere esteso a tutti i settori in cui la componente esperienziale è necessaria per creare percorsi formativi di qualità. Principali prodotti sviluppati e messi a disposizione dal progetto sono: − Portale di progetto in versione multi lingua 133 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” − Modello pedagogico didattico per un apprendimento innovativo basato sull’utilizzo degli AI
− Infrastruttura tecnologica innovativa per la piattaforma didattica interattiva − Manuale di produzione dei contenuti fruiti tramite gli AI − Applicativo pilota basato sugli AI per la formazione degli addetti nel settore aereo − Applicativo pilota basato sugli AI per la formazione degli addetti nel settore del trasporto su rotaia − Materiale informativo cartaceo − Video clip di progetto − Piano di gestione della qualità (piano di valutazione e monitoraggio dei risultati + feedback)
− Piano di valorizzazione e sfruttamento economico dei risultati Trasferibilità Il modello pedagogico e didattico del progetto Parmenide, basato sulla combinazione di metodologie di formazione a distanza e tecnologie di “agente intelligente”, è stato trasferito e implementato dal progetto T2 riportato nella scheda seguente. Il trasferimento della metodologia didattica attraverso AI è stato inoltre realizzato attraverso un network composto da: Associazione Italiana per l'Intelligenza Artificiale ‐ Gruppo di lavoro "Sistemi ad Agenti e Multiagente": Il gruppo promuove la ricerca sui sistemi ad agenti e multiagente, includendo: le architetture, le teorie e i linguaggi ad agente, i sistemi multiagente (MAS), l'Intelligenza Artificiale Distribuita (DAI) e le loro applicazioni. Temi di interesse sono: architettura degli agenti autonomi; linguaggi orientati agli agenti; ambienti di sviluppo per sistemi ad agenti e multiagente; metodologie di coordinamento e allocazione, pianificazione distribuita, negoziazione e formazione di coalizioni; intelligenza e cooperazione emergenti; protocolli di comunicazione; rappresentazione e ragionamento su azioni, conoscenze e percezioni; implementazione di norme, regole, ruoli e obblighi; simulazione sociale basata su agenti; problem‐solving distribuito (DPS); interfacce basate su agenti; basi di dati cooperative; lavoro cooperativo assistito dal calcolatore (CSCW) e organizzazioni "intelligenti". Obiettivo del gruppo e' anche quello di promuovere la diffusione nel mondo produttivo della conoscenza su queste tecniche e di favorire la loro applicazione. AgentLink III: AgentLink III è il Co‐ordination Action for Agent Based Computing premier, finanziato dal 6° Framework Programme della Commissione Europea. Lanciato il 1° gennaio 2004, fornisce supporto alla rete di ricercatori e developers europei con un interesse comune per la tecnologia degli agenti attraverso eventi mirati all’outreach dell’industria e a questioni di standardizzazione, e il supporto a eventi accademici e a procurare risorse attraverso il Portale AgentLink. GAIPS ‐ Intelligent Agents and Synthetic Characters Group: Il gruppo GAIPS crede che la comunicazione uomo‐computer possa essere enormemente migliorata con l’utilizzo dei personaggi sintetizzati. Così, i suoi membri ricercano teorie e tecniche per costruire personaggi sintetizzati credibili con cui gli esseri umani amano interagire. La base del loro lavoro risiede in aree di ricerca fondamentali, quali le architetture degli agenti intelligenti, l’espressione facciale, l’espressione del corpo, gesti, emozione e attenzione e neuroscienza affettiva. Le loro conoscenze base vengono attinte da queste discipline e vengono applicate a situazioni pratiche come gli 134 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” ambienti d’apprendimento intelligenti, i giochi al computer e la narrazione virtuale di storie. CARTE – Center for Advanced Research on Technology for Education. La missione del Center for Advanced Research in Technology for Education (CARTE, Centro per la Ricerca Avanzata nella tecnologia dell’Educazione)) è quella di sviluppare nuove tecnologie per l’educazione e la formazione, e di valutare la loro efficacia. I suoi membri cercano di creare esperienze d’apprendimento che rispondano alle necessità dello studente, che siano motivanti e coinvolgenti, e che promuovano un apprendimento approfondito. Il CARTE fa parte dell’Information Sciences Institute della University of Southern California (l’Istituto di Scienze dell’Informazione dell’Università della California Meridionale). La loro opera abbraccia un’ampia varietà di contesti educativi e formativi, tra cui l’educazione dei bambini, l’educazione nei college, l’apprendimento continuativo e il lifelong learning, e la formazione. Il focus del loro interesse riguarda la formazione scientifica e l’ingegneria, la formazione clinica in medicina e odontoiatria, le comunicazioni sanitarie, l’apprendimento delle lingue e la formazione militare. Conducono ricerche anche nel modeling cognitivo e sociale a supporto di queste attività. Il CARTE è un centro multidisciplinare che comprende specialisti in intelligenza artificiale, designers multimediali, psicologi cognitivi e ricercatori educativi. Tutoring Research Group (TRG) e il progetto AutoTutor. AutoTutor è un sistema di tutoring intelligente basato sul web, sviluppato da una équipe di ricerca interdisciplinare. Questa équipe è attualmente sovvenzionata dall’Ufficio per la Ricerca Navale e la Fondazione Nazionale di Scienze ed è composta da circa 35 ricercatori appartenenti ai campi della psicologia, dell’informatica, della linguistica, della fisica, dell’ingegneria e dell’educazione. Il Tutoring Research Group (TRG, Gruppo di Ricerca sul Tutoring) ha condotto delle analisi estese sul tutoring essere umano‐essere umano, strategie pedagogiche e istanze connesse al discorso e alla conversazione. Questa ricerca ha fornito i fondamenti empirici e teorici per lo sviluppo dei sistemi di tutoring intelligente, che aiutano gli studenti ad apprendere, coinvolgendoli in una conversazione in una lingua naturale riguardo un particolare argomento. Attualmente, AutoTutor è disponibile in due forme: la versione computer literacy è progettata per aiutare gli studenti ad imparare argomenti di base che costituiscono le competenze del computer, che vengono affrontati in un corso propedeutico (p. ex. hardware, sistemi operativi e Internet). La versione conceptual physics è progettata per aiutare gli studenti ad apprendere la fisica di Newton. AutoTutor può anche essere adattato per essere utilizzato in una vasta gamma di altri campi con altri contenuti. The IntelliMedia Center for Intelligent Systems. L’IntelliMedia Center for Intelligent Systems (Centro IntelliMedia per Sistemi Intelligenti) è un laboratorio multidisciplinare che si concentra sulla comunicazione e sull’interazione tra computer e essere umano intelligente. La questione fondamentale che i suoi membri esplorano è: “Come possiamo creare sistemi flessibili e adaptive che migliorino in modo significativo il problem‐solving umano?” Per esempio, come possiamo progettare un software educativo che si adatti ai singoli studenti individuali? Come possiamo costruire sistemi di lingue naturali che comunichino efficacemente con i propri utenti? Fondendo il ragionamento adaptive, le tecnologie relative al linguaggio umano e le interfacce ricche dal punto di vista multimediale, l’équipe IntelliMedia indaga su sistemi flessibili che si adattino in modo dinamico ai propri utenti e ai loro ambienti. Il laboratorio conduce ricerche di base sull’elaborazione di lingue naturali, sull’interazione uomo‐computer e sulle interfacce utenti intelligenti. Nelle interfacce utenti intelligenti, vengono indagate questioni riguardanti agenti pedagogici animati, modelling utente e ragionamento affettivo. 135 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 5.5.3 Progetto T2 Teaching Tutoring Intelligent Agent to customize lifelong learning pathways in microfinance sector ANAGRAFICA GENERALE Denominazione dell’intervento: Progetto T2 Teaching Tutoring – Intelligent Agent to customize lifelong learning pathways in microfinance sector Territorio di riferimento: Italia, Francia, Polonia e Spagna Ente di riferimento: due università specializzate nella formazione a distanza e due istituzioni di microfinanza (IMF) europee finanziate dalla Commissione Europea. Partners: ITGM (Italia), Universidad Nacional de Education a Distancia (Spagna), Planet Finace (Francia) e MIcrofinance Centre (Polonia). Coordinatore: Consorzio Interuniversitario Università Telematica “Guglielmo Marconi”. Sede ◦ROMA ‐Via Plinio, 44. Prodotti/servizi: L'offerta didattica unisce metodologie di formazione “a distanza” (materiale a stampa, dispense, Cd Rom, piattaforma e‐learning) con le attività di formazione frontale (lezioni, seminari, laboratori, sessioni di ripasso e approfondimento) al fine di raggiungere i migliori risultati di apprendimento per lo studente. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema: TOI LLLP Leonardo da Vinci www.t2project.eu Telefono 06/377251 Fax 06/37725214 [email protected] DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Il progetto T2 risponde alle esigenze delle istituzioni di microfinanza (IMF) che operano in Europa, le quali forniscono microcrediti a micro imprenditori, persone a basso reddito e marginalizzate non bancabili. T2 è finalizzato a migliorare la qualità, l’interesse e l’accessibilità della formazione nel campo della microfinanza fornendo alle organizzazioni di formazione un modello di personalizzazione della formazione sulla base dei bisogni specifici delle IMF, nonché organizzando un’offerta formativa europea comune ed integrata per la sostenibilità dei programmi di microfinanza. T2 adatta e trasferisce il modello pedagogico e didattico, basato sulla combinazione di metodologie di formazione a distanza e tecnologie di “agente intelligente”. I tutor virtuali sono soluzioni multimediali, basate su motori di inferenza “Fuzzy Logic”, capaci di replicare il comportamento reale dei docenti quando interagiscono con gli studenti (mediante il tono della voce, le espressioni della faccia ed i gesti), personalizzando le domande e adattando le risposte sulla base dei quesiti corretti o errati degli studenti. Se uno studente risponde in maniera non corretta, il tutor gli segnalerà di rivedere le pillole didattiche e specifiche unità didattiche relative all’argomento della domanda per un approfondimento. A fianco al corso di formazione virtuale, gli studenti partecipano a classi in presenza. Il risultato è la realizzazione di un corso misto, in cui sessioni di formazione a distanza integrano un sistema di tutoraggio basato sul web, in grado di generare percorsi di valutazione individuali per ogni partecipante. Il corso, sviluppato da un gruppo internazionale di esperti, è disponibile in inglese, francese, italiano e polacco. 136 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA Il quadro logico progettuale e attuativo La microfinanza è un settore strategico in Europa per la crescita, l’occupazione e l’inclusione sociale. Il settore è rapidamente cresciuto dal 2000; tuttavia, gli operatori delle istituzioni di microfinanza sono relativamente giovani ed hanno un’esperienza limitata. La maggior parte delle istituzioni attualmente attive sono state avviate tra il 2000 ed il 2005. A causa dei diversi approcci normativi nazionali, delle diverse nature e dei diversi modelli di intervento delle MFI, le opportunità formative oggi disponibili non riescono a rispondere ai diversificati e specifici fabbisogni formativi di tali professionisti. La formazione a distanza (e‐learning) consente di accedere alla formazione senza limiti di tempo e di spazio. Essa rappresenta uno strumento efficace utilizzato per distribuire corsi di formazione a professionisti, quale che sia la loro ubicazione, i quali, alternativamente, non sarebbero in grado di prendere parte a programmi tradizionali di formazione in presenza, a causa dei costi elevati e le difficoltà legate ai tempi ed agli spostamenti. Tuttavia, la formazione a distanza offre la possibilità ai discenti di personalizzare i propri percorsi formativi. Inoltre, l’uso dell’intelligenza artificiale offre nuove prospettive per organizzare opzioni formative di alta qualità, migliorando la complessiva qualità della formazione a distanza. L’obiettivo generale del progetto è migliorare la qualità, la capacità attrattiva e l’accessibilità dell’offerta formativa nel settore della microfinanza. Tale obiettivo è coerente con la priorità del programma Leonardo da Vinci e contribuisce al raggiungimento di obiettivi specifici e finalità generali dei programmi di formazione continua e delle politiche europee nel settore formativo. Tali obiettivi sono: 9 aumentare l’interesse del programma formativo introducendo strumenti in grado di identificare i requisiti formativi specifici delle IMF e personalizzare l’offerta formativa e la sua accessibilità attraverso la formazione a distanza; 9 facilitare lo scambio di esperienze tra le istituzioni di microfinanza di diversi Paesi europei, al fine di scambiare ed integrare modelli diversi, attraverso la messa in comune di pratiche durante il corso; 9 promuovere i programmi di formazione delle IMF su larga scala, migliorando la qualità complessiva della formazione nel campo, basati su un programma formativo collaborativo sviluppato nei Paesi europei partner; L’obiettivo specifico è sviluppare e trasferire agli stakeholders della microfinanza un modello e la tecnologia per personalizzare i percorsi formativi sulla base dei bisogni delle IMF. Il risultato del progetto è la realizzazione del corso “Elementi di base di microfinanza sostenibile”, indirizzato agli operatori delle IMF, che offre: − sessioni formative di base, offerte attraverso la formazione a distanza, in 4 lingue (inglese, francese, italiano e polacco), che includono la messa in comune di pratiche a livello europeo per le IMF; − classi di formazione personalizzate in presenza in Italia, Francia e Polonia. 137 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Innovatività Il piano di lavoro del progetto include una ricerca, condotta da esperti nel settore della microfinanza, finalizzata all’identificazione del gruppo obiettivo. I risultati della ricerca rappresenteranno la base per disegnare e realizzare del corso di formazione a distanza “Elementi di base di microfinanza sostenibile”, le attività continuano con un trasferimento del modello didattico andragogico, basato sull’integrazione dell’agente intelligente. Il corso “Social Performance Management (SPM) per le istituzioni di microfinanza” fornisce contenuti approfonditi e concreti sul significato del social performance e su quale sia il migliore approccio alla gestione di tale strumento. Esso mira non solo a supportare le istituzioni di microfinanza nel meglio definire la propria missione e nel comprendere maggiormente i bisogni e le preferenze della clientela ma vuole anche guidare le istituzioni stesse a sviluppare strategie e sistemi a sostegno del SPM. Il percorso formativo presenta inoltre un utile strumento di valutazione riguardo all’attuale livello di SPM tra gli operatori della microfinanza da un lato, nonché uno strumento di misurazione del progresso intrapreso verso il raggiungimento di risultati a livello sociale dall’altro. Il contenuto del corso si presenta sotto forma di audio lezioni commentate da un docente esperto. I corsisti hanno a disposizione anche un Forum ed una chat entrambi accessibili a tutti i partecipanti per discutere argomenti riguardanti il settore della microfinanza. Oltre a questi strumenti è possibile contattare un tutor via e‐mail per risolvere le questioni più importanti ed urgenti. Il corsista ha inoltre accesso a tutta una serie di documenti e materiale di approfondimento in lingua inglese sulla microfinanza in generale e su tematiche relative al SPM in particolare (tali materiali sono raggruppati in cartelle specifiche quali: General micro finance; Social performance management; Management systems; Reports & writings; Case studies). Nella stessa area sono anche presenti dei link interessanti a siti web di importanza rilevante per il campo della microfinanza e per quello del SPM. Per ogni modulo completato viene creata una sintesi che presenti il grado di conoscenza raggiunto dal discente. A quest’ultimo vengono poste delle domande che il tutor virtuale varia a seconda delle precedenti risposte date e a seconda del risultato generale raggiunto in ogni modulo. Al corsista vengono assegnate anche delle esercitazioni che deve svolgere monitorato da un tutor ed i cui risultati vanno a sommarsi alla valutazione totale del proprio rendimento. Sostenibilità Il corso è parte delle opportunità di formazione offerte presso la UTGM, Planet Finance e MFC. Il consorzio prevede il coinvolgimento di 50 IMF all’anno quali beneficiari finali. Trasferibilità T2 adatta e trasferisce il modello pedagogico e didattico, basato sulla combinazione di metodologie di formazione a distanza e tecnologie di “agente intelligente”, che sono state sviluppate in PARMENIDE, un precedente progetto “Leonardo da Vinci” all’interno del corso “Elementi di base di microfinanza sostenibile” pianificato nell’ambito del precedente progetto PEMTE, supportato dal programma “e‐Content”. 138 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” BIBLIOGRAFIA -
AA.VV., Survey Report ‐ Best practices of training methodologies and learning techniques in adult education ‐ CREATE – MOTIVATE – LEARN – Grundtvig Multilateral Project CreMoLe (502374‐LLP‐1‐2009‐1‐RO‐GRUNDTVIG‐GMP) -
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Corbetta P. (2004), Metodologia e tecnica della ricerca sociale, il Mulino, Bologna; -
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Isfol, Monitoraggio dei progetti “trasferimento Buone Pratiche”, luglio 2003; -
Isfol, Formazione continua e sviluppo locale; -
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Isfol, Le esperienze di integrazione tra FSE e Fondi Paritetici Interprofessionali: il caso della Regione Toscana” – febbraio 2010. -
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Taylor F. (1911), The Principles of Scientific Management, Harper & Brothers Publishers, New York -
Unesco, Social and Human Sciences, “Most clearing house – Best practices” (www.unesco.org/most/bphome.htm) -
Agenzia Umbria Ricerche, I Fondi paritetici interprofessionali nel sistema umbro della Formazione Continua, Report 2009. 139 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” APPENDICE La scheda di valutazione La Scheda, predisposta per la raccolta e la descrizione sistematica delle BP individuate, ha lo scopo di raccogliere informazioni utili, sistematiche e in maniera standardizzata, tenendo in considerazione i quattro requisiti generali delle BP (quadro logico progettuale, innovatività, sostenibilità, trasferibilità) e i 17 indicatori qualitativi evidenziati nello “Schema 1) Tavola sinottica”. ANAGRAFICA GENERALE L’intervento Denominazione dell’intervento ………………………………………………………………………………………………………………………………. Territorio di riferimento …………………………………………………………………………………………………………………………………………. Ente di riferimento (es. Regione, Provincia, Impresa …) ..................................................................................... Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema (es. Fondo Sociale Europeo, L. 53/2000…) ………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….….. L’impresa (in caso di più imprese coinvolte indicare il soggetto Capofila) Ragione Sociale dell’impresa ……………………………………………………………………… Sede …………………………………………………… Nr. addetti .......................................Settore/i di attività ...................................................................................... Prodotti/servizi.................................................................................................................................................... (eventualmente) Telefono ........................................ Fax .....................................E‐mail ………………………………….. DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO (Esporre i contenuti complessivi dell’intervento – max 600 caratteri) GLI INDICATORI DI BP – DESCRIZIONE ANALITICA La descrizione deve individuare e mettere in evidenza le caratteristiche di qualità dell’intervento, deve pertanto essere molto analitica, e ogni indicatori può accertare la presenza di una o più caratteristiche che rendono la pratica “buona”. In generale, indicare le azioni precise in presenza delle quali si determina un 140 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” processo di qualità. Più alto è il numero delle verifiche positive, più alto è il livello di qualità registrato. In alcuni casi, quando il descrittore è particolarmente complesso, come nel caso dell’efficacia, possono insorgere problemi sia nel momento della registrazione che in quello della descrizione; in tal caso porre maggiore attenzione agli altri indicatori. Il quadro logico progettuale e attuativo Indicatori Descrizione Impatto Rilevanza Efficacia Efficienza Innovatività Indicatori Descrizione Scenario Target Output Metodologie Governance Sostenibilità Indicatori Descrizione Risorse 141 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Organizzazione Mainstreaming Trasferibilità Indicatori Descrizione Scenario Target Metodologie Governance 142 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” La traccia di intervista a testimoni qualificati PROGETTO F.A.R.O.LAB. Formazione, Animazione, Ricerca, per la costituzione di un Osservatorio sulla Formazione Continua” Le “buone pratiche” nella formazione continua TRACCIA DI INTERVISTA A TESTIMONI QUALIFICATI Breve presentazione Nell’ambito del progetto F.A.R.O. LAB, finalizzato alla costituzione dell’Osservatorio Regionale sulla Formazione Continua – Regione Marche, stiamo conducendo un’indagine sulla individuazione e analisi di buone pratiche di Formazione Continua nazionali e internazionali, di piani formativi d’impresa e di percorsi formativi innovativi per metodologie didattiche e di valutazione e certificazione dei risultati (per contenuti, tecniche didattiche, criteri di valutazione e certificazione dei risultati ecc.). A questo scopo, stiamo procedendo alla somministrazione di una serie di interviste a testimoni qualificati (scelti prevalentemente tra i referenti delle Istituzioni e degli Enti di comprovata competenza sulla tematica a livello nazionale) per raccogliere le impressioni e le esperienze di chi possiede particolare dimestichezza nel settore, ma anche per individuare fonti, esperienze, normative e casi di eccellenza da sottoporre ad approfondimento. Questa indagine concorre in modo rilevante al raggiungimento del risultato atteso dall’intero Progetto, quello cioè di sperimentare e di realizzare un sistema di valutazione sistemica dei fabbisogni professionali e formativi, in grado di interpretare e anticipare le esigenze degli occupati e del sistema imprenditoriale marchigiano. Nel richiederLe gentilmente di rilasciarci una intervista su questi temi, La ringraziamo sin d’ora per l’attenzione e la disponibilità dimostrataci e le ricordiamo che le informazioni fornite verranno trattate ai fini esclusivamente scientifici. La riservatezza verrà tutelata in conformità sia con la legge 675/96 sulla tutela del trattamento dei dati personali, sia con il decreto legislativo 196/2003. Pertanto, nessuno potrà utilizzare le informazioni da Lei fornite per altri scopi. I DIMENSIONE – QUADRO GENERALE Come noto, l’impostazione europea alla società della conoscenza punta su una forza lavoro capace di apprendere le nuove competenze, conoscenze, abilità richieste dal mercato del lavoro in perenne mutamento (globalizzazione, delocalizzazione, innovazioni dei processi produttivi). Mutamento che si accentua nel quadro dell’attuale situazione di grave crisi, in cui la parola d’ordine è la “competitività”, cui si accompagna la necessaria “adattabilità” delle risorse umane. Eppure, proprio in situazioni di crisi l’enfasi sui percorsi di formazione continua (da ora FC) rischia di scemare, causa risorse scarse o fenomeni sociali impellenti (cassa integrazione, disoccupazione ecc.) I.1 In questo quadro, come si presenta attualmente lo scenario della FC nel nostro Paese? Rilanci 143 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” -
La crisi ha rafforzato il dibattito e la quantità degli interventi o, al contrario, ne ha indebolito la portata? È possibile indicare dei settori/comparti produttivi in cui si è assistito a un potenziamento degli interventi? È possibile indicare dei settori/comparti produttivi che necessiterebbero prioritariamente di interventi? È possibile indicare ambiti/settori/fabbisogni formativi prioritari nel mercato del lavoro italiano? Ci sono delle differenziazioni territoriali/ripartizionali in termini diffusione di interventi di FC? In generale, la FC rappresenta un fattore prioritario ed essenziale di sviluppo, o ce ne sono altri di più “urgenti”? I.1 bis Come valuta globalmente l’esperienza di FC in Italia rispetto a quella degli agli altri Paesi europei? I.2 Quali sono i principali canali di finanziamento per gli interventi di FC e qual è la Sua valutazione rispetto alla loro funzionalità, adeguatezza e sostenibilità? -
Rilanci Fondo Sociale Europeo leggi nazionali normative regionali/provinciali fondi interprofessionali secondo Lei quali cambiamenti sono necessari? Perché? dove ritiene che si possano creare sinergie tra gli strumenti legislativi esistenti? I.3 Quali sono attualmente i soggetti istituzionali secondo Lei maggiormente interessati/impegnati sul fronte della FC in Italia? Ed in Europa? -
Rilanci Qual è secondo Lei il grado di concertazione attuale nel dibattito sulla FC? Chi partecipa e con quali posizioni (Ass. di Imprese, Sindacati, Patronati, Centri Studi, Enti bilaterali)? Qual è il ruolo dei soggetti privati nella definizione delle strategie di FC? Esistono esperienze di partenariati pubblico – privati? Secondo Lei chi beneficia maggiormente dell’attuale offerta formativa sia a livello di imprese che di lavoratori? Chi ne rimane invece escluso? Come valuta l’adeguatezza dell’offerta formativa proveniente dalle istituzioni locali che offrono opportunità di formazione (pubbliche e private) soprattutto con riguardo ai cambiamenti che caratterizzeranno la formazione continua futura? I.4 Quali interventi di carattere generale potrebbero essere adottati ai fini di rendere l’attuale offerta formativa ancora più rispondente ai bisogni del mercato italiano? I.5 In conclusione, quali potrebbero essere secondo Lei gli obiettivi strategici della FC a livello nazionale? (vincoli ed opportunità di sviluppo)? II DIMENSIONE – LE BUONE PRATICHE – ASPETTI METODOLOGICI E DEFINITORI Il concetto di buona pratica è variamente definibile nella letteratura sociale e formativa, ma nella sostanza si riferisce ad esperienze che presentano caratteristiche riconoscibili quali l’efficacia e la capacità di risposta, la qualità realizzativa o l’efficienza, la sostenibilità, la trasferibilità dei modelli. II.1 Quali sono secondo Lei gli elementi definitori di una “buona pratica”? In altre parole, quali sono i principali standard qualitativi che possono far considerare un progetto/modello una “buona pratica”? -
Rilanci Quali sono gli standard di qualità di un progetto/intervento in rapporto alla completezza del quadro logico progettuale e attuativo? 144 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” -
Quali sono secondo Lei i principali elementi di innovatività? Quali sono secondo Lei gli standard di sostenibilità? Quali sono secondo Lei i principali caratteri di trasferibilità? Indicatori quantitativi minimi di successo Può indicarci dei casi esemplari in tal senso? (non è una ripetizione della domanda III.1?) III DIMENSIONE – LE BUONE PRATICHE – ESPERIENZE E FONTI DI RIFERIMENTO Valutando con particolare attenzione alcuni aspetti salienti della qualità di un progetto/modello, agli aspetti organizzativi, alla tipologia di interventi proposti, ai destinatari, alla durata degli interventi, alla dotazione e/o fonte finanziaria e alla apertura partecipativa, cerchiamo a questo punto di indicare alcuni casi esemplari. III.1 Può indicarci dei casi esemplari “buone pratiche” nel campo della FC inseriti in specifiche Azioni di Sistema e/o che utilizzano strumenti o metodologie innovative? (anche in ambito europeo) -
Rilanci Fonti e/o programmi e/o normative di riferimento Soggetti promotori, soggetti attuatori, beneficiari Aree geografiche di riferimento Contenuti principali Elementi di qualità e processi individuabili come “buone pratiche” Lezioni apprese dall’esperienza (valore aggiunto per le nuove iniziative) III.2 Quali sono secondo Lei le principali fonti istituzionali di classificazione, riconoscimento e/o trasferimento di “buone pratiche” nel campo della FC, in cui reperire informazioni? -
Rilanci Elenchi riconosciuti istituzionalmente a livello Europeo Elenchi riconosciuti istituzionalmente a livello Nazionale Portali (eformazione.it, Europa Lavoro, Isfol ecc.) Altro … IV DIMENSIONE – CONSIDERAZIONI FINALI IV.1 In considerazione di uno degli interventi che abbiamo considerato “esemplari” nelle domande precedenti, può indicarci in linea generale quali sono i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce generalmente riscontrabili negli interventi di FC? (Scegliere un intervento di riferimento, possibilmente una Azione di Sistema, e sottoporre la seguente SWOT Analysis) Punti di debolezza Fattori interni Punti di forza 145 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Minacce Fattori esterni Opportunità ANAGRAFICA GENERALE Nome Cognome Organizzazione di appartenenza Ruolo Ambito territoriale Recapito data intervista Luogo dell’intervista / /2010 Eventuali osservazioni 146 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Questionario PROGETTO F.A.R.O.LAB. Formazione, Animazione, Ricerca, per la costituzione di un Osservatorio sulla Formazione Continua” Le “buone pratiche” nella formazione continua QUESTIONARIO Breve presentazione Nell’ambito del progetto F.A.R.O. LAB, finalizzato alla costituzione dell’Osservatorio Regionale sulla Formazione Continua – Regione Marche, stiamo conducendo un’indagine sulla individuazione e analisi di buone pratiche di Formazione Continua nazionali e internazionali, di piani formativi d’impresa e di percorsi formativi innovativi per metodologie didattiche e di valutazione e certificazione dei risultati (per contenuti, tecniche didattiche, criteri di valutazione e certificazione dei risultati ecc.). A questo scopo, stiamo procedendo alla somministrazione di una serie di interviste ai soggetti attuatori di interventi formativi considerati “buone pratiche” (scelti attraverso un’analisi preliminare di tipo desk/field e risultati particolarmente esemplari) per effettuare un approfondimento qualitativo. Questa indagine concorre in modo rilevante al raggiungimento del risultato atteso dall’intero Progetto, quello cioè di sperimentare e di realizzare un sistema di valutazione sistemica dei fabbisogni professionali e formativi, in grado di interpretare e anticipare le esigenze degli occupati e del sistema imprenditoriale marchigiano. Nel richiederLe gentilmente di compilare la seguente scheda, La ringraziamo sin d’ora per l’attenzione e la disponibilità dimostrataci e le ricordiamo che le informazioni fornite verranno trattate ai fini esclusivamente scientifici. La riservatezza verrà tutelata in conformità sia con la legge 675/96 sulla tutela del trattamento dei dati personali, sia con il decreto legislativo 196/2003. Pertanto, nessuno potrà utilizzare le informazioni da Lei fornite per altri scopi. I DIMENSIONE – INFORMAZIONI GENERALI L’intervento Denominazione dell’intervento ………………………………………………………………………………………………………………………………. Ambito territoriale …………………………………………………………………………………………………………………………………………. Programma/Fondo di finanziamento/Azione di Sistema (es. Fondo Sociale Europeo, L. 53/2000…) ………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….….. L’impresa Ragione Sociale dell’impresa ……………………………………………………………………… Sede …………………………………………………… Nr. addetti .......................................Settore/i di attività ...................................................................................... Prodotti/servizi.................................................................................................................................................... (eventualmente) Telefono ........................................ Fax .....................................E‐mail ………………………………….. 147 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Figure professionali impegnate nella formazione (Ruolo e/o modulo formativo) Descrizione (professionalità, esperienze, competenze specifiche ecc.) Formatore 1 __________________________________ Formatore 2 __________________________________ Formatore 3 __________________________________ Formatore 4 __________________________________ Formatore 5 __________________________________ Formatore 6 __________________________________ Formatore 7 __________________________________ Formatore 8 __________________________________ Altre figure coinvolte dall’intervento
(Progettista, monitoraggio, valutazione, altre figure dell’organizzazione ecc.) Figura 1 ______________________________________ Figura 2 ______________________________________ Figura 3 ______________________________________ Figura 4 ______________________________________ Descrizione (professionalità, esperienze, competenze specifiche ecc.) II DIMENSIONE – PRIORITÀ E STRATEGIE NELL’AMBITO DELLA FORMAZIONE CONTINUA Quali sono le priorità che vi ponete nella pianificazione della vostra offerta di formazione continua? Quali sono i progetti attualmente in corso e quali vorreste implementare? Mi può descrivere come finanziate generalmente la vostra offerta formativa? Quali interventi potrebbero essere adottati al fine di poter erogare una formazione che sia maggiormente orientata ai bisogni dei lavoratori e delle imprese? La formazione non è l’unica modalità per acquisire nuove conoscenze e capacità soprattutto nella microimpresa. Con quali altri strumenti voi sostenete lo sviluppo della conoscenza nella microimpresa? III DIMENSIONE – DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO La preghiamo di compilare la seguente scheda, privilegiando per ciascuna domanda la descrizione dei caratteri innovativi e di qualità che secondo Lei hanno contraddistinto l’intervento in termini di “buona pratica”. 148 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Quali sono state le condizioni (esterne ed interne) che hanno dato avvio all’iniziativa (programmi o finanziamenti esterni, specifici fabbisogni rilevati, istanze sindacali ecc.) Relativamente all’organizzazione della formazione, quali sono state le modalità di organizzazione delle attività formative (impiego di personale interno o esterno, e/o il ricorso a strutture proprie o esterne ecc.) Quale tipologia di intervento formativo è stata attivata (aggiornamento, riqualificazione, riconversione, ulteriore specializzazione, ecc.) Chi erano i destinatari principali (dipendenti per qualifica, ruolo nell’organizzazione, particolari fabbisogni ecc.) Come è stato rilevato il fabbisogno formativo? (questionari, focus group, curricula chi viene coinvolto nella rilevazione ecc.) Quali sono state le metodologie formative e gli strumenti adottati (formazione “tradizionale”, formazione aperta e a distanza e relativi strumenti impiegati, video‐
conferenze; autoapprendimento ecc.) Con quali modalità è stata organizzata l’offerta formativa? (catalogo, percorsi personalizzati, etc.) Quanto è stretto il “raccordo” esistente tra la rilevazione dei fabbisogni, la programmazione, la valutazione in rapporto agli obiettivi definiti in sede di programmazione? Quali sono gli ambiti di valutazione per misurare l’efficacia e della vostra offerta formativa? Come lo fate? Quali sono i principali ostacoli che incontrate nella organizzazione della vostra offerta formativa? (nella fase di progettazione, nel finanziamento, di contatto con i destinatari, con i docenti, sul piano amministrativo) 149 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” IV DIMENSIONE – GLI ELEMENTI CARATTERIZZANTI LA BUONA PRATICA La preghiamo a questo punto di compilare la seguente scheda, indicando per ciascuna delle 4 dimensioni che identificano una “buona pratica”, quali sono i caratteri di cui l’intervento è portatore. Per ulteriori chiarimenti, si faccia riferimento allo «Schema 1) Tavola sinottica degli indicatori di riferimento per l’individuazione delle buona pratiche» allegato alla presente. Dimensione Adeguatezza e la completezza del quadro logico progettuale e attuativo Innovatività (Capacità di produrre soluzioni nuove, creative, qualitativamente consistenti. Sostenibilità (capacità di generare nuove risorse) Indicatori Descrizione Impatto Rilevanza Efficacia Efficienza Scenario Target Output Metodologie Governance Risorse Organizzazione Mainstreaming 150 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Trasferibilità (capacità di essere riprodotto in presenza di problemi analoghi o simili o in situazione diverse da quelli in cui è stato realizzato Scenario Target Metodologie Governance V DIMENSIONE – CONSIDERAZIONI FINALI IV.2 In conclusione, può indicarci in linea generale quali sono i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce riscontrabili nell’implementazione dell’intervento? (Si prega di compilare il seguente schema SWOT Analysis) Punti di debolezza Opportunità Minacce Fattori esterni Fattori interni Punti di forza ANAGRAFICA GENEARLE Nome Cognome Ruolo all’interno dell’organizzazione Recapito data intervista / /2010 Eventuali osservazioni La ringraziamo per la cortese collaborazione 151 LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Schema 1) Tavola sinottica degli indicatori di riferimento per l’individuazione delle buona pratiche
Cod. 1) 2) Dimensione Adeguatezza e la completezza del quadro logico progettuale e attuativo Innovatività Descrizione dimensione Un progetto/modello può essere innovativo e aver prodotto cambiamenti significativi ma senza questo elemento, per altro sempre più diffuso come metodo di progettazione, vengono a mancare le condizioni per apprendere consapevolmente dall’esperienza realizzata. Capacità del progetto/modello di produrre soluzioni nuove, creative e qualitativamente consistenti (sia in termini di processi che di prodotti) per il miglioramento delle condizioni iniziali o per la soddisfazione/soluzione del bisogno/problema originario. Cod. Indicatori Descrizione indicatore 1.1 Impatto I mutamenti che il progetto si propone di realizzare nella società. Tali mutamenti si riferiscono a condizioni che sono oltre il “punto di non ritorno” e non a cambiamenti temporanei 1.2 Rilevanza In che modo gli interventi del progetto/modello sono importanti per i beneficiari, ovvero in che misura l’intervento ha costruito soluzioni per i problemi del target di riferimento 1.3 Efficacia 1.4 Efficienza 2.1 Scenario 2.2 Target 2.3 Output 2.4 Metodologie 2.5 Governance 152 Il grado in cui i servizi/prodotti/valore aggiunto apportati dal progetto/modello consentono ai beneficiari di raggiungere i benefici previsti Qualità e quantità dei servizi offerti in seguito all’intervento, in relazione ai costi complessivi sopportati per la loro erogazione Le condizioni di partenza e altri elementi di contesto: il piano industriale o l’inserimento in Azioni di sistema, i settori e comparti produttivi, i distretti industriali, lo stato delle conoscenze nel campo specifico, diffusione di interventi simili. Caratteristiche generali dei beneficiari diretti: profilo sociografico, posizione occupazionale, qualifica, livelli di istruzione, competenze a rischio di obsolescenza ecc. Tipologia di miglioramenti formativi previsti: orientamento ed informazione di qualità; competenze di base e funzionali rafforzate (lettura, calcolo, scrivere, competenze sociali, spirito d’impresa); accesso a nuove competenze ICT; tecniche e opportunità di autoapprendimento Strumenti e metodologie adottate: mappa dei fabbisogni di apprendimento; profilo ed esperienza dei formatori; valorizzazione delle competenze non formali ed informali; strumentazione tecnologiche di formazione a distanza; programmi formativi ecc. Coordinamento tra tutti i possibili stakeholder (enti locali, imprese, parti sociali, enti di formazione, enti di ricerca, terzo settore, beneficiari ecc.) tale da contribuire al successo in termini di integrazione dei sistemi formativi, raggiungimento delle popolazioni target e adeguamento dei programmi LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” 3.1 3) 4) Sostenibilità Trasferibilità L’orientamento del progetto/modello di fondarsi, in una visione prospettica, sulle risorse esistenti o la capacità di generare essa stessa nuove risorse. La possibilità offerta dal progetto/modello di essere riprodotto in luoghi e situazioni diversi da quelli in cui è stata realizzato e/o replicabilità, ovvero la capacità di rispondere a problemi analoghi o simili a quelli che lo hanno originato. 3.2 3.3 Capacità di individuare/generare risorse rinnovabili per la continuità e stabilità dei benefici raggiunti per i destinatari Coerenza e efficacia del modello organizzativo e distribuzione delle Organizzazione competenze (finanziamenti, responsabilità, rete di partenariato) Risorse Complessiva capacità di impatto sulle dinamiche aziendali, sullo Mainstreaming sviluppo locale/regionale e/o sulle dinamiche del mercato del lavoro a livello locale/regionale 4.1 Scenario 4.2 Target 4.3 Metodologie 4.4 Governance 153 Applicabilità del progetto/modello in condizioni di partenza e altri elementi di contesto differenti prevedendo di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati. Applicabilità del progetto/modello su target differenti – per caratteristiche generali dei beneficiari diretti ‐ prevedendo di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati. Applicabilità degli strumenti e delle metodologie utilizzate in a situazioni differenti e, a parità di altre condizioni, prevedere gli stessi risultati Applicabilità del modello di governance adottato in contesti differenti prevedendo di ottenere, a parità di altre condizioni, gli stessi risultati LE “BUONE PRATICHE” NELLA FORMAZIONE CONTINUA Progetto “F.A.R.O. LAB” Fine documento 154 
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