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Scocca l`ora dell`orgoglio autistico
Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma 7 luglio 2013 ASPERGER PRIDE Scocca l’ora dell’orgoglio autistico M ZIN A G A E TONY ATTWOOD Una vita (professionale) insieme agli Aspie BIENNALE Approda in Laguna la Venere di Marc Quinn EDITORIALE di Luigi Sorrentini Direttore Centrale Reggente Riabilitazione e Protesi, Inail Un ritorno a casa: l’Inail di nuovo al Cto di Roma C hi ha studiato un po’ di filosofia ricorderà i cosiddetti corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Di corsi e ricorsi storici si può parlare anche relativamente al protocollo d’intesa recentemente firmato tra la Regione Lazio e l’Inail per la realizzazione di un polo sanitario all’avanguardia presso il Centro traumatologico ortopedico di Roma. Infatti il Cto fu inaugurato poco più di 70 anni fa, nel 1942, proprio dall’Istituto; faceva parte di quella rete capillare di strutture sanitarie che nel 1959 annoverava otto centri traumatologici, 13 reparti traumatologici ospedalieri, 143 ambulatori di chirurgia, 154 ambulatori staccati e molto altro. Nel 1978 la riforma sanitaria ha prodotto, come suo primo atto, lo scorporo dall’Istituto dei centri traumatologici ortopedici. Tornare presso il Cto è quindi, per l’Inail, un ritorno a casa: il protocollo consentirà la realizzazione di un polo integrato all’avanguardia negli interventi di traumatologia, protesica e riabilitazione. L’intesa applica l’accordo-quadro raggiunto in conferenza Stato-Regioni il 2 febbraio 2012 e definisce un contesto che consentirà alla Regione di valorizzare e potenziare l’attività dell’ospedale Cto “Alesini”, destinato a diventare un punto di riferimento nella cura delle persone colpite da eventi traumatici, in grado di rispondere alle necessità terapeutiche di cittadini anche non residenti nel Lazio. All’interno del Cto l’Inail potrà mettere a disposizione le sue capacità di assistenza protesica, trasferendovi la filiale romana del Centro protesi di Vigorso di Budrio. Troveranno collocazione sia l’Officina ortopedica, sia la struttura per l’assistenza sanitaria riabilitativa non ospedaliera che funzionerà anche in regime residenziale. L’obiettivo della cooperazione? Razionalizzare le risorse a disposizione e aumentare la qualità dei servizi offerti. In coerenza con la programmazione sanitaria regionale, successive convenzioni attuative con la Regione daranno vita a un sistema coordinato di servizi e strutture dedicate sul territorio, volte a produrre stabili forme di collaborazione in campo riabilitativo anche ai fini del reinserimento sociale e lavorativo. Valorizzazione, dunque, di risorse e capacità grazie all’integrazione di competenze ed eccellenze per il soddisfacimento dei bisogni e delle aspettative degli infortunati sul lavoro e di coloro che sono affetti da malattie professionali. 3 Fieri di essere diversi La consapevolezza della propria identità e diversità fa bene alla qualità della vita. Lo conferma, ancora una volta, il viaggio che SuperAbile Magazine ha intrapreso all’interno della sindrome di Asperger, un tipo di autismo ad alto funzionamento di cui si comincia a parlare solo dagli ultimi decenni del secolo scorso. Abbiamo ascoltato gli esperti, le associazioni di familiari e soprattutto i diretti interessati, che reclamano, come prima di loro le minoranze etniche e culturali, la possibilità di autorappresentarsi e rivendicare da soli i propri diritti. Un’idea, quella di diventare avvocati di se stessi, che il diciottenne Vincenzo Rubano riprende in pieno: prima creando un sito che raccoglie le difficoltà di accesso al web da parte delle persone non vedenti come lui, poi collaborando con gli sviluppatori del software open source Drupal. Nelle pagine, anche la storia di sette ragazzi con sindrome di Down che hanno girato un documentario nella Tenuta del presidente della Repubblica, e il caso di Lawrence, un bambino inglese la cui disabilità non ha ancora trovato un nome. Ancora tanti film, libri, fumetti. E una bella notizia: una versione gonfiabile della statua di Alison Lapper incinta, dell’artista Marc Quinn, sbarca alla Biennale di Venezia. NUMERO sette Luglio 2013 EDITORIALE 3 Un ritorno a casa: l’Inail di nuovo al Cto di Roma di Luigi Sorrentini ACCADE CHE... 5 Al via la petizione per le cure domiciliari 6 “Wireless social network” al Centro protesi di Virgorso L’INCHIESTA 8 L’orgoglio sommerso degli Aspie di Antonella Patete INSUPERABILI 16 Noi neurotipici come fiori fragili Intervista a Tony Attwood di A.P. CRONACHE italiane Anno II - numero sette, luglio 2013 Direttore: Luigi Sorrentini 30 La bellezza dell’imperfezione Porziano di Marta Rovagna alla Biennale di Venezia di Michela Trigari 31 Il volto di Auggie come uno specchio di Laura Badaracchi 34 Salvo e Rita, la forza dei gesti di A.P. 35 Medikidz, malattie in vignette di M.T. sotto la lente 20 La mia sfida? Navigare sul web senza ostacoli di Sara Mannocci OltReconfine 22 Lawrence, una disabilità senza diagnosi di Maurizio Molinari RUBRICHE 36 Inail... per saperne di più PORTFOLIO Ricostruire il futuro con l’auto-mutuo aiuto 37 Previdenza Esonero dalle visite di controllo o di revisione: come e quando 38 Senza barriere British Museum. Accessibilità e accoglienza 39 L’esperto risponde Ausili, Automobili 24 Altri sguardi Tempo libero 28 La sfida dell’accoglienza Superabile Magazine CULTURA 18 Filmando i cinghiali a Castel al Conero di C.C. In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Carla Chiaramoni, Chiara Ludovisi, Sara Mannocci, Maurizio Molinari, Marta Rovagna, Maria Scaramuzzino, Michela Trigari di Redattore Sociale; Franco Bomprezzi, Gian Piero Ventura Mazzuca; Erica Battaglia, Rosanna Giovèdi, Gabriela Maucci e Daniela Orlandi del Consorzio sociale Coin Progetto grafico: Giulio Sansonetti Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione: Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 4 PINZILLACCHERE 40 Il pranzo della domenica 40 40 41 41 Locanda dei girasoli di Carla Chiaramoni Giochi paralimpici: evento da onorare di Gian Piero Ventura Mazzuca Disabilità in rosa: ecco lo sportello anti-violenza di M.T. Le parole per dirlo Presa in carico di Franco Bomprezzi In passerella sfila la moda inclusiva di M.T. Dulcis in fundo 42 Strissie - I pupassi di Adriana Farina e Massimiliano Filadoro Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto, a Maurizio Cogliandro/Contrasto (pagg. 3-4, 8-17), Pino Ninfa e Cbm onlus (pagg. 4, 24-27), Reatech (pagg. 4, 41), Aipd (pagg. 18-19), Cristina Gioacchini (pagg. 28-29), Marc Quinn e César Meneghetti (pag. 30). In copertina: foto di Maurizio Cogliandro. Un ringraziamento speciale al fotografo e all’agenzia Contrasto per la collaborazione nella realizzazione dell’inchiesta. ACCADE CHE... NON AUTOSUFFICIENZA Al via la petizione per le cure domiciliari O ra che le quasi 42mila firme raccolte dalla petizione popolare per il finanziamento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) per le persone non autosufficienti e le 86 adesioni arrivate da enti e associazioni sono state trasmesse ai presidenti di Camera e Senato, nonché ai ministri della Salute e delle Politiche sociali, è tempo di partire con la nuova petizione nazionale per il diritto alle cure domiciliari. Mentre la prima voleva garantire la piena esigibilità delle prestazioni socio-sanitarie semiresidenziali e residenziali per la non autosufficienza sancita dai Lea, la seconda (scadenza il 31 dicembre 2014) chiede di riconoscere il diritto alle cure a domicilio e un contributo economico per il familiare che accudisce la persona non autosufficiente. Entrambe le raccolte firme sono partite dal Comitato per la promozione della petizione popolare nazionale sui Lea, capeggiato dalla Fondazione promozione sociale di Torino. delle Regioni, delle Asl e dei Comuni i fondi indispensabili per l’attuazione dei Lea, compresa l’assistenza residenziale e domiciliare», dice Giuseppe D’Angelo, membro del Comitato promotore. Le persone con invalidità grave, gli anziani affetti da forte demenza senile, i pazienti con disturbi psichiatrici e limitatissima autonomia, infatti, vedono spesso disattesi questi diritti, «con l’illegittimo pretesto della carenza di risorse economiche pubbliche e di lunghe liste d’attesa», continua D’Angelo. La petizione vuole far sì che anche le cure a domicilio siano pienamente «Lo scopo è quello di sollecitare esigibili, facendo conoscere «le il Parlamento ad assumere i concrete possibilità di far valere provvedimenti occorrenti per questi diritti». Per informazioni, mettere a disposizione del Fondazionepromozionesociale. Servizio sanitario nazionale, it. [M.T.] Palestre e relax senza barriere. Nel Regno Unito l’Inclusive fitness initiative, con due importanti organizzazioni sportive per persone disabili, ha pubblicato un vademecum per suggerire a centri benessere e palestre come poter adattare i loro servizi per soddisfare le esigenze dei clienti con disabilità. La guida risponde al bisogno di accessibilità di persone sorde, cieche, con difficoltà motorie e di apprendimento. Tempo libero Una scuola di vela itinerante I “Sailing campus 2013”? Una scuola vela itinerante di quattro giorni per le persone disabili, sponsorizzati dal Gioco del Lotto. L’iniziativa, organizzata dall’associazione Lo Spirito di stella a bordo di barche accessibili, dopo Lovere e Trieste farà tappa a Caldonazzo (dall’11 al 14 luglio grazie alla cooperativa Arché) per poi essere a La Spezia dal 12 al 15 settembre, in collaborazione con La Nave di carta, e dal 19 al 22 settembre a Savona, ospiti della sezione locale della Lega navale italiana. La scuola ha l’appoggio di quest’ultima, della 5 Marina militare italiana e della Federazione italiana vela. Proprio con la Fiv sta partendo un nuovo progetto: i “Sailing campus”, infatti, saranno utilizzati anche come corsi per «formare i formatori» della federazione. Info: Lospiritodistella.it. Access city award 2014: aperte le iscrizioni per la quarta edizione. Il premio annuale per le città accessibili, indetto dalla Commissione europea, è rivolto alle città con almeno 50mila abitanti: fino al 10 settembre possono presentare la propria candidatura attraverso il sito Ec.europa.eu/ justice/access-city. La premiazione avverrà durante la Giornata europea delle persone con disabilità, in programma il 3 e 4 dicembre prossimi. ACCADE CHE... MONDO INAIL “Wireless social network” al Centro protesi di Virgorso L Si svolgerà il 12 e 13 luglio la quarta Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità. Al centro dei lavori, presso la Fiera di Bologna, il primo Programma di azione recentemente approvato dall’Osservatorio nazionale. A distanza di quattro anni dall’ultima edizione, quella di Torino 2009, istituzioni e associazioni tornaranno a confrontarsi sulle tematiche che ruotano intorno ai diritti delle persone disabili. a qualità della degenza? Passa anche per la tecnologia. Il risultato sono 12 terminali touch screen installati accanto ad altrettanti posti letto per rendere più confortevole la permanenza dei pazienti attraverso il collegamento a Internet degli utenti dotati di pc portatile, smartphone o tablet, l’accesso alla tv digitale, la lettura delle notizie relative alla propria situazione sanitaria. La sperimentazione, avviata dal Centro protesi Inail di Vigorso toscana di Budrio, fa parte del progetto “Wireless social network”. E grazie al wi-fi e a un software dedicato, anche i medici potranno sfruttare questa applicazione per accedere alla cartella clinica del paziente favorendo la nascita di attività artisti- che e ricreative. «L’idea di fondo è quella di mettere al centro la problematica degli infortuni e sensibilizzare la comunità sia sul lato del reinserimento sociale delle persone colpite da un trauma che sul versante della prevenzione», ha detto Stefania Galante, assistente sociale Inail e ideatrice del progetto. lecce Nuovi ospedali a misura di disabili Uno sportello per trovare lavoro Q uattro plessi ospedalieri in costruzione a Prato, Pistoia, Lucca e Apuane avranno servizi per persone con disabilità. Ed è stata già testata la rispondenza alla normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, sensoriali, culturali e della comunicazione dei progetti. Il risultato della verifica, eseguita sull’ospedale-campione di Lucca, è sintetizzato nel documento “L’ospedale a misura di disabili”, oggetto di un protocollo siglato dai presidenti toscani di Fand (Federazione delle associazioni nazionali delle persone con disabilità), Moreno Rafanelli, e Fish (Federazione italiana superamento handicap), Agostino D’Ercole. G estito dall’Asp “Istituto Immacolata” di Galatina e finanziato dalla Regione Puglia, è il primo servizio gratuito della provincia di Lecce per l’occupazione di persone disabili e appartenenti alle categorie protette. “NetAbility” è un vero sportello di consulenza, informazione, orientamento e mediazione al lavoro, in cui è possibile mettere in contatto la domanda e l’offerta di impiego. E l’incrocio avviene anche attraverso una pagina Facebook dedicata (Facebook. com/progetto. netability). Attivo da qualche mese, lo sportello si avvale della collaborazione di psicologi, sociologi ed esperti: ha effettuato più di 100 colloqui individuali e di gruppo, visionato curriculum, attivato percorsi di accompagnamento e inserimento professionale, supportato le imprese del territorio. Per informazioni: tel. 0836/567190, info@ netability.it. l’evento A Rio de Janeiro Giornata mondiale della gioventù accessibile a tutti D al 23 al 28 luglio, in Brasile, anche i pellegrini disabili vivranno la Giornata mondiale della gioventù: alloggi, spazi riservati, trasporti, tesserino con simbolo della disabilità e oltre 200 volontari formati per rispondere a particolari esigenze. Per gli italiani, previsto un punto di accoglienza dedicato in zona Copacabana, dove si terranno le tre catechesi tradotte nella lingua dei segni. Sarà garantito l’accesso alle sedie a ruote vicino al palco degli eventi principali, con uno spazio speciale per chi ha disabilità mentali e i rispettivi accompagnatori; disponibili bagni accessibili e rampe. Inoltre sui maxischermi sarà proiettata la traduzione nella lingua 6 dei segni Libras (in portoghese brasiliano). Le informazioni generali saranno tradotte in Braille in lingua portoghese e consegnate alle persone non vedenti. Per ulteriori dettagli, disability@ rio2013.com. lamezia terme Creatività a regola d’arte S i chiama “Handi_Art. Manu_Fatti (quasi) a regola d’arte” il progetto che coinvolge un gruppo di ragazzi disabili per metterne in risalto le capacità artigianali e creative nel circuito di produzione equosolidale di Lamezia Terme. Il percorso formativo rientra nell’ambito dei mercatini pensati per la “Cittadella dell’altra economia”. L’idea è dell’impresa Ceramica ConCreta, in collaborazione con l’associazione Aleph Arte. «L’obiettivo? Avviare percorsi individualizzati di occupazione», sottolinea la ceramista Graziella Cantafio. L’iniziativa è finalizzata «alla ricerca di nicchie di mercato: una premessa per un ulteriore passaggio verso la formazione di una cooperativa sociale di tipo B». [Maria Scaramuzzino] roma roma Il giuramento di Cristian: il ragazzo down ora è italiano E mozionato ed elegante, il 19 giugno scorso Cristian Ramos si è presentato all’anagrafe centrale di Roma per pronunciare quel giuramento che completa l’iter per ottenere la cittadinanza italiana. Il giovane, con sindrome di Down, è nato nel nostro Paese da padre italiano (che non lo ha riconosciuto) e madre colombiana, Gloria, che lo ha cresciuto in questi 20 anni e festeggia con lui un traguardo che fino a pochi mesi fa sembrava irraggiungi- bile. Al compimento del diciottesimo anno di età infatti, Gloria aveva espresso l’intenzione di presentare per suo figlio la domanda della cittadinanza italiana, ma aveva rinunciato quando si era sentita dire che l’iter non si sarebbe potuto concludere a causa della disabilità di Cristian, che quindi non avrebbe potuto fare un giuramento valido. Ne era nata una mobilitazione; dall’Associazione italiana persone down (Aipd), che vede Cristian fra i propri iscritti, era stata evidenziata la necessità di modificare la normativa attuale in tema di acquisizione della cittadinanza (L. 91/92) per renderla coerente con il dettato dell’art. 18 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia. Che impone di non poter negare la cittadinanza a motivo della disabilità. Gloria ha chiesto «una legge che dia questo diritto a tutti». mostre Sarte e riciclo: nasce il brand Quid Cantieri sicuri protagonisti inque under 30 trascorso di violenza della Triennale di Milano C del veronese hanno dato vita a una cooperativa sociale che fa del recupero dei capi d’abbigliamento made in Italy, e dell’impiego delle persone svantaggiate, le sue ragioni fondanti. I capi di fine collezione o giacenti in magazzino vengono così riadattati con lavori sartoriali e rivenduti con il brand Quid (dal nome del progetto). Nella cooperativa sono occupate sette donne, di cui una disabile romena con un domestica alle spalle, e due dei soci sono non vedenti. Per il futuro «vogliamo potenziare la rete di vendita – spiega la presidente Anna Fiscale –, ma soprattutto ampliare la collaborazione con aziende di moda e far sì che siano le stesse grandi firme a rivendere i loro invenduti con il marchio Quid for...». Il progetto ha vinto il premio per giovani imprenditori “A caccia di pionieri”. Per saperne di più: Progettoquid.it. A rchitettura ed edilizia sicura in mostra alla Triennale di Milano. S’intitola “Senza pericolo! Costruzioni e sicurezza”, l’esposizione in programma fino all’inizio di settembre nel capoluogo lombardo. L’obiettivo è quello di porre l’accento sul piano educativo 7 attraverso la formazione culturale dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei professionisti del settore. La mostra, curata da Federico Bucci e con l’allestimento di Alessandro e Francesco Mendini, è suddivisa in 9 sezioni: zona residenziale, ricostruzione, macchine invisibili, spazi del lavoro più men and women at work, architettura e sorveglianza, dispositivi di protezione individuale, una nuova città sicura, paesaggi della sicurezza. I World Masters Games di Torino si aprono alla disabilità. La novità dell’edizione 2013 di questa manifestazione sportiva per atleti dai 25 ai 35 anni, in programma dal 2 all’11 agosto nel capoluogo piemontese, è proprio che per la prima volta sono state inserite alcune discipline paralimpiche: atletica (100 e 800 metri, salto in lungo e lancio del peso), nuoto (tutti gli stili) e tiro con l’arco (olimpico e compound). Informazioni: Torino2013wmg.org. l’inchiesta Asperger pride L’orgoglio sommerso Negli anni Quaranta il dottor Hans Asperger scoprì le caratteristiche della sindrome che la psichiatra Lorna Wing rese celebre per la prima volta nel 1981. Ma solo di recente le persone autistiche ad «alto funzionamento» sono venute allo scoperto. Soprattutto grazie al web 8 Maurizio Cogliandro è nato nel 1979 a Bracciano (Roma). Studia fotografia al Leeds College of Art&Design, Leeds (Regno Unito) e poi alla Scuola romana di fotografia. Riceve il “Premio Canon giovani fotografi” (2005), il “Premio Pesaresi” (2006) e il “Premio attenzione talento fotografico Fnac” (2009). I suoi lavori sono stati esposti in diversi musei e gallerie nazionali e internazionali. Nel 2010 pubblica il libro monografico Lidia, il cielo cade (Postcart Edizioni), un diario intimo e privato sugli ultimi anni di vita della madre. Nello stesso anno entra a far parte dell’agenzia Contrasto (Contrasto.it). Vive e lavora nella capitale. degli Aspie G Antonella Patete / foto Maurizio Cogliandro uarire dall’autismo? No, grazie! C’è un orgoglio che corre sulla rete e che solo in pochi conoscono. Il desiderio di sconfiggere l’angoscia di essere diversi dai propri simili rivendicando un altro modo di vivere, comprendere, sentire. Dopo le minoranze etniche, religiose, gay, l’elogio della (propria) differenza parte dagli Aspie: persone con quella sindrome di Asperger di cui solo da qualche lustro si comincia a sentire parlare. Il termine fu infatti usato per la prima volta dalla psichiatra inglese Lorna Wing nel 1981 per rendere omaggio al pediatra austriaco Hans Asperger, che negli anni Quaranta aveva studiato un gruppo di bambini accomunati da una serie di caratteristiche mai descritte prima di allora. Peculiarità che affascinarono il timido e schivo dottor Asperger e che continuano a colpire ancora oggi scrittori, registi, attori: sedotti da questa particolare forma di autismo ad alto funzionamento che racchiude al suo interno tante difficoltà e altrettante potenzialità. Perché se gli Aspie hanno problemi a comprendere le regole sociali e le emozioni di chi li circonda, sono generalmente persone educate e gentili. E se è vero che hanno interessi estremamente settoriali e rituali e routine difficilmente modificabili, le loro capacità cognitive non sono affatto compromesse. Anzi: la diversa organizzazione del pensiero e la determinazione con cui possono concentrarsi a lungo su un in- 9 teresse fanno sì che riescano a cogliere nessi tra le cose e soluzioni che altri non vedono. E che non di rado eccellano nelle scienze, nelle arti e nei mestieri. D’altra parte la zoologa americana Temple Grandin, icona del mondo Aspie e testimonial famosa in tutto il mondo, lo dice chiaramente. «Se per una qualche magia l’autismo fosse stato estirpato dalla faccia della Terra, gli uomini starebbero ancora a socializzare davanti a un falò all’entrata di una caverna. Perché chi credete abbia fatto le prime lance di pietra? Il tipo con l’Asperger!». E l’orgoglio di Temple trova mille conferme sul web: «La sindrome di Asperger non è una malattia, ma un modo di essere. Penso diverso dunque sono!», si legge a caratteri cubitali su Mondoaspie. com, sito realizzato dalla madre di un ragazzo di 13 anni. E sul forum dell’associazione Spazio Asperger, Pavely descrive l’Aspie prendendo in prestito una metafora dal suo blog preferito: «È chi vive tra le nuvole della propria immaginazione e dei propri sogni, chi non obbedisce alle regole della società, della letteratura e dell’arte». Sempre sullo stesso forum, Someday scrive: «Non so voi, ma io quando faccio un test Aspie ho paura di risultare neurotipico. Sono molto onesto nelle risposte, ma vedere che ci sono persone più Aspie di me mi fa sentire... anormale. E da qui capisco che un Aspie vuole essere Aspie come un gatto vuole essere gatto e un cane essere cane. Sono felice l’inchiesta Asperger pride di essere Aspie perché sono nato Aspie, sono di questa specie e non vorrei mai al mondo essere di un’altra specie». E infatti non sempre (o quasi mai) i cosiddetti neurotipici vengono identificati come modelli di riferimento. Diventando in alcuni casi oggetto di ironia, come nella definizione della “sindrome neurotipica”, pubblicata da Mondoaspie.com. Dove la cosiddetta “normalità” viene classificata come un disturbo neurobiologico caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per le relazioni sociali, un delirio di superiorità e un’ossessione al conformismo. I neurotipici, dal canto loro, vengono descritti come individui socialmente rigidi, che non tollerano le differenze, non sanno restare da soli e sono maggiormente inclini alle menzogne rispetto alle persone autistiche. Il web inoltre pullula di liste delle celebrità sospettate di Asperger risalenti a tutte le epoche storiche: Michelangelo Buonarroti, Isaac Newton, Wolfgang Amadeus Mozart, Albert Einstein, Steven Spielberg, Bill Gates, solo per fare qualche esempio. Si tratta quasi sempre di casi presunti, d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, visto che la sindrome esiste ufficialmente solo dalla fine del secolo scorso. Ma la cosa importante è che si tratta di personalità di grande valore artistico o scientifico, le cui esistenze sembrano veicolare un unico messaggio: nascere con l’Asperger può provocare sofferenze personali, ma rappresenta un grande dono per l’umanità. Erika Becerra, presidente dell’associazione Asperger Pride (vedi box a pag. 11), cita Jim Sinclair, attivista statunitense e fondatore nel 1992 di Autism network international, che non ha proferito parola fino all’età di dodici anni: «Ritrovo un grande significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso». Un concetto che la stessa Erika ha deciso di tradurre in forma ludica ideando t-shirt dalle scritte ironiche, come “Non sono matto. Non sono strano o maleducato. Ho la sindrome di Asperger” oppure semplicemente “Vengo in pace”. Magliette che Francesco Sarnari, 40 anni, laureato in fisica con tanto di dottorato, ma ancora alla ricerca di un primo impiego, non avrebbe timore di indossare. Perché lui di coming out ne ha già fatto un altro, e più impegnativo. «Da undici anni vivo col mio com- 10 pagno canadese Daniel: uscendo allo scoperto mi sono sottoposto al giudizio sociale. Ora è più facile: la maggior parte della gente non sa neppure cosa sia la sindrome di Asperger». Francesco ha dovuto attendere 40 anni per ottenere ufficialmente quella diagnosi che ha appena ricevuto dallo stesso professor Tony Attwood alla vigilia della sua prima conferenza italiana, organizzata dall’associazione Spazio Asperger e svoltasi nell’aula magna della facoltà di Psicologia dell’università La Sapienza di Roma, dinanzi a una platea di 400 partecipanti. Tuttavia già da qualche mese Francesco aveva capito chi era. Per puro caso, come spesso avviene nei soggetti adulti. «Un giorno una signora danese ha detto a Daniel: “Credo che il tuo compagno abbia un tocco di Asperger”». Quella frase ha colpito entrambi e subito si sono messi a caccia di spiegazioni sul web. Anche in questo caso, come Erika, mille impegni un’unica battaglia T in tanti altri, la prima conferma è arrivata da Wikipedia. «Leggendo si è aperto un mondo – ricorda –. Via via che andavamo avanti i singoli pezzi della mia vita si ricomponevano in un quadro d’insieme». E la diagnosi, sebbene fatta in casa, ha fatto bene al rapporto di coppia donandogli maggiore serenità. «Finalmente c’è più chiarezza – prosegue Francesco –. Entrambi sappiamo che se non dico “ti amo” e forse neppure “grazie” non lo faccio in maniera intenzionale: c’è una ragione oggettiva, ma non vuol dire che io non sia in grado di volere bene. Esprimo il mio affetto ogni giorno, attraverso i gesti quotidiani: prendendomi cura della nostra casa e del nostro gatto, per esempio. E se a volte Daniel si arrabbia per le mie carenze, tutti e due sappiamo che alla base del nostro rapporto c’è qualcosa di più forte. Altrimenti non saremmo potuti andare avanti per undici anni». utto è cambiato tre estati fa quando finalmente il suo disagio ha trovato un nome. E non che fosse una che si rassegna a vivere la vita così com’è, senza cercare un senso, un indizio, una via di uscita alla sofferenza di sentirsi un pesce fuor d’acqua. Ma che il suo malessere dipendesse da una particolare sindrome contemplata nel ventaglio dello spettro autistico, Erika, 28 anni, romana (ritratta qui a fianco e nelle foto a pagg. 8-9), non lo aveva mai preso in considerazione. Neppure durante i numerosi anni di indagini e analisi in cui ha rivoltato la sua vita come un calzino. Alla fine la risposta è arrivata in maniera inaspettata: guardando un film che neppure voleva vedere perché le storie sentimentali non le sono mai andate troppo a genio. «Crazy in love di Petter Næss è la storia di un amore tra due persone con sindrome di Asperger – racconta –. Sono rimasta folgorata: più la storia andava avanti più trovavo analogie strepitose con la mia esperienza. Allora ho cercato su Wikipedia e via via che leggevo, come per incanto, i tasselli della mia vita si ricomponevano in un mosaico. Fino a quel momento avevo sempre vissuto in un limbo di interrogativi che non trovavano risposta: perché tutti mi giudicavano strana e finivano sempre col rifiutarmi?». Dal giorno in cui ha visto quel film Erika non si è fermata un solo istante. Per prima cosa ha cercato in rete notizie, associazioni e gruppi che potessero aiutarla. Poi ha trovato un studio diagnostico che ha confermato la sua idea: non era una persona eccentrica, aveva una diversa 11 organizzazione neurologica, ovvero un diverso modo di catalogare e rielaborare le informazioni. «Una volta messi a posto i pezzi di questo mosaico, ho smesso di sentirmi in colpa e ho cominciato ad auto-curarmi, migliorando i comportamenti più problematici – spiega –. Poi ho iniziato a cercare altri Asperger sparsi per il mondo e ne ho trovati circa 500, che oggi fanno parte del mio gruppo Facebook». Quello stesso anno Erika ha fondato un’associazione dal nome eloquente: Asperger Pride. Scopo dell’organizzazione, che per il momento è soprattutto una sorta di piazza virtuale in cui confrontarsi, è quello di attivare un sostegno reciproco tra giovani e adulti per superare i propri limiti. «In Italia mancava una realtà di self advocacy, attraverso la quale le persone con la sindrome possano autorappresentarsi», spiega la sua fondatrice. Ma l’associazione organizza anche momenti di svago e occasioni di conoscenza reciproca, come gli Asperitivi, pensati per favorire il lavoro di squadra e la socializzazione. Per il resto del tempo Erika si divide tra vita personale e lavoro. Abita da un’amica, fa la grafica freelance soprattutto ideando gadget e t-shirt, frequenta il Gruppo Asperger romano e collabora con la Trattoria sociale Articolo 14, allestita dalla cooperativa Garibaldi che realizza progetti di integrazione per gli studenti autistici all’interno dell’omonimo istituto agrario. Ma soprattutto Erika si dedica al volontariato: «Da quando ho conosciuto il mondo dell’associazionismo non posso più smettere, per me è come una droga». [A.P.] l’inchiesta Asperger pride Adina Adami è presidente dell’associazione Gruppo Asperger Lazio (Asperger.it), ma anche la mam- ma di Elena, una ragazza di 23 anni con la sindrome di Asperger, che attualmente studia Lingue all’università. Il suo è il punto di vista dei familiari ed esprime la preoccupazione dei genitori per il futuro del propri figli. «Credo che in molti casi si possa fare una vita “normale” o quanto meno dignitosa – spiega –. Ai convegni e durante le diverse iniziative emergono gli aspetti più positivi, ma la quotidianità delle famiglie resta molto dura, soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro e l’affettività dei loro ragazzi: sono pochi quelli che hanno già avuto rapporti sentimentali e sessuali. Forse le cose andranno meglio per i più piccoli che, essendo stati diagnosticati prima, potranno avere una vita più facile, ma bisogna insegnare loro le strategie di base per vivere e non di rado cadono vittime del bullismo». In quest’ottica il Pride può avere un valore, a patto di dargli il giusto senso. «Mia figlia non si vergogna di dire che è Asperger, ma non si sente neppure orgogliosa in quanto tale – prosegue –. Frequentando l’associazione, i ragazzi hanno maturato una maggiore consapevolezza di sé con un sensibile beneficio per la loro autostima. Tuttavia ci tengo a sottolinearlo: per me non è una questione di orgoglio, ma piuttosto di dignità personale». Dignità che nel corso della vita viene calpestata tante volte, e che soltanto un opportuno supporto è in grado di salvaguardare. «Senza una diagnosi, in età adulta molti sfociano in casi psichiatrici mentre, con un aiuto adeguato, sarebbe possibile imparare a gestire i disturbi dell’ansia». Tra i tanti problemi che impediscono alle persone con Asperger di avere una vita più facile, Adina Adami sottolinea la mancanza di una legge nazionale sull’autismo che garantisca, tra l’altro, l’accesso alle terapie previste dalle linee 12 guida dell’Istituto superiore di sanità e la mancata applicazione del dettato della legge 328/2000, che affianca il trattamento sociale a quello sanitario. Ma la lista potrebbe aumentare a dismisura: «Non ci sono insegnanti qualificati, manca un approccio terapeutico da parte delle Asl che nel Lazio cominciano solo ora a fare diagnosi, sarebbe necessaria un’operazione di sensibilizzazione nelle scuole per combattere il problema del bullismo e si dovrebbe affrontare la Pietro, una vita di corsa A questione della socializzazione e del lavoro, solo per dirne qualcuna». A denunciare l’uso di terapie non del tutto efficaci dal parte del servi- zio pubblico è anche Davide Moscone, psicologo e fondatore dell’associazione Spazio Asperger, che attraverso il proprio sito (Spazioasperger.it) veicola informazioni, notizie e approfondimenti sulla sindrome. Ma convoglia anche professionisti, familiari e diretti interessati che esprimono il proprio punto di vista soprattutto attraverso un forum molto frequentato. «Nel nostro Paese manca in primo luogo cultura e conoscenza – spiega Moscone –. Da noi arrivano continuamente persone che si sono riconosciute nella sindrome e a cui i professionisti hanno dato risposte del tipo: “Ma sei sposato, gli Asperger non possono” oppure “ma non sembri Rain man”, o ancora chiedono dei traumi che hanno subito da bambini e se la mam- l principio furono le automobili: era poco più di un bambino e già trascorreva ore a leggere le schede tecniche di tutti i modelli in commercio e a seguire attentamente i risultati delle corse. Poi è arrivata la fase della matematica, con il fascino impeccabile della sua precisione e il suo rigore, scalzata qualche anno dopo dalla mania per l’informatica, assurta in poco tempo da passatempo secondario ad attrazione preponderante. Seduto sulle panche del cineclub Detour di Roma, Pietro, 41 anni (ritratto in queste pagine), racconta le grandi passioni della sua vita. Centri di attrazione che non possono essere liquidati come hobby, dal momento che la selettività degli interessi è tra le caratteristiche principali degli individui con sindrome di Asperger. «Posso trascorre anche 14 ore dinanzi a un computer», confida Pietro che, dopo essere stato licenziato dall’azienda dove lavorava come sviluppatore di software al termine di un periodo di mobbing, da sei anni esercita in proprio la professione di consulente informatico. Negli ultimi tempi però «una nuova passione si sta sostituendo a quella dell’informatica e forse l’ha già sostituita». È l’impegno nel volontariato, a cui si dedica già dal 1998 all’interno di un’organizzazione che si occupa di diritti umani e che dal 2006, anno in cui ha ricevuto la diagnosi, ha assunto nuovi connotati. Perché ormai investe gran parte della sua giornata e delle sue energie a favore di chi, come lui, ha la sindrome di Asperger o rientra nello spettro autistico. «Sono vicepresidente del Gruppo Asperger onlus e da tre anni consigliere come self-advocate di Autism Europe, un’organizzazione che raggruppa oltre 80 associazioni provenienti da tutta l’Unione, 13 rappresentando circa 5 milioni di cittadini con autismo». Tra le battaglie di Pietro vi è dunque quella di aiutare altri a raggiungere condizioni di vita più soddisfacenti, a partire dalla conquista di una diagnosi, che anche nel suo caso è arrivata per caso e solo all’età di 35 anni. «Me ne sono reso conto leggendo la recensione di un libro di Uta Frith – ricorda –. Si diceva che le persone con autismo mancano di intuizione emotiva: questa frase mi ha colpito». Da quel giorno Pietro si è messo alla faticosa ricerca della causa di tanti fatti, comportamenti, emozioni della sua vita. «Ho cominciato un percorso diagnostico complicato, passando dal medico di base alle psicologhe della Asl, che però non erano competenti in questo campo. Parlavano dei miei problemi e di come risolverli, mentre per me era fondamentale capire chi ero». Una volta ottenuto quello che cercava, Pietro ha cominciato a frequentare persone come lui. Trova utile guardare gli altri per comprendere meglio se stesso e ritiene suo dovere aiutare i più giovani a intraprendere un cammino più facile del suo. Tuttavia, ha deciso di non fare coming out: «È una cosa intima e personale – dice –. Voglio decidere io a chi spiegarlo, quando spiegarlo e come spiegarlo. In alcuni casi rivelarlo può dare vita a pregiudizi e discriminazioni, cosa che mi è già accaduta». Oggi il problema principale di Pietro è riuscire a organizzare le numerose attività che porta avanti nel corso della giornata, rispettando tempi e impegni. Ma da due anni nella sua vita c’è posto anche per un passatempo vero: l’atletica leggera e soprattutto la corsa che pratica tre volte a settimana: «Mi dà sensazioni molto positive, è stato un vero piacere scoprirlo». [A.P.] l’inchiesta Asperger pride ma li ha allattati al seno. Arrivano genitori distrutti perché ancora c’è chi considera l’autismo una psicosi provocata da una madre anaffettiva. Quindi c’è un duplice problema nei professionisti: un attaccamento a teorie da dinosauri che ormai hanno mordente solo in Italia e Francia e un’ignoranza specifica sulle caratteristiche e i bisogni delle persone Asperger». Per questo un gruppo di lavoro formato da psicologi appartenenti a diverse università ed enti di ricerca italiani sta già lavorando alla validazione di uno strumento diagnostico già in uso in altri Paesi, che lo stesso Attwood ha presentato durante la due giorni romana. «Il Pride nei Paesi anglosassoni è nato nel momento in cui gli Asperger si sono resi conto di esserlo e di non essere soli grazie a Internet – sottolinea lo psicologo –. Molti adulti vengono da esperienze che avrebbero disintegrato qualsiasi individuo, quindi è importante che le persone con Asperger acquistino un forte senso di autostima e autoefficacia». C’è però un’altra faccia della medaglia, un «lato oscuro» di cui diffidare. «Penso ai movimenti degli afroamericani – riflette –. Ci sono Martin Luther King e Malcolm X. Anche l’orgoglio autistico può assumere entrambe le forme. Una positiva, di autoefficacia, autostima e aiuto nei confronti degli altri. E l’altra di arroganza, che magari è un meccanismo comprensibile di difesa rispetto alle difficoltà e ai torti subiti in passato, ma anche una forza distruttiva rispetto agli obiettivi di integrazione». Tra i due poli, l’alternativa è l’accettazione, intesa né come superbia né come passiva rassegnazione: «Entrambi i meccanismi portano a pretendere un adattamento unidirezionale della società verso le persone Asperger», mentre accettarsi vuol dire rivalutare «le “infinite diversità” come una risor- 14 sa e non come un impedimento a una “vita omologata” vista come “normale”. Questa è un’accettazione che permette di crescere e di avere fiducia nel superamento delle proprie debolezze e consente di mettere a frutto i propri talenti e di porli al servizio degli altri». D’altra parte di valorizzazione delle potenzialità personali aveva già parlato John Elder Robison nel volume Guardami negli occhi, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2007 e por- Marco, la passione per il cinema N tato in Italia da Sperling & Kupfer nel 2009: ex ingegnere del suono dei Kiss e dei Pink Floyd ed ex inventore di videogiochi, Robison ha scoperto di avere l’Asperger solo dopo i 40 anni. La sua autobiografia ha fatto il giro del mondo ed è stata tradotta in 22 lingue diverse, diventando una sorta di Bibbia per la comunità Aspie internazionale. Il successo lo ha incoraggiato a scrivere di nuovo ed è notizia di questi giorni la traduzione in italiano da parte dell’editore Armando di un altro suo libro: Be different, in italiano Siate diversi. Storia di una vita con l’Asperger. Senza autocommiserarsi né incensarsi, l’ingegnere del suono statunitense cerca ancora una volta di spiegare come costruire una vita serena, accettando la propria natura. E rivela a chi voglia saperlo il segreto del suo successo: cercare di andare d’accordo con gli altri, ma soprattutto con se stessi. Come? Individuando il proprio talento e coltivandolo con tutte le forze. el piccolo cineclub Detour, nel quartiere romano di Monti, si svolge l’ultima proiezione della stagione organizzata in collaborazione con l’associazione Gruppo Asperger prima della chiusura estiva. Marco, 25 anni, studente di Lettere, musica e spettacolo, introduce la visione di Elling, film sull’esperienza di essere diversi diretto da quello stesso Petter Næss che in Crazy in love racconta la storia d’amore tra due Aspie. «Due regole semplici semplici prima di cominciare – avverte –: spegnete i cellulari e alzatevi solo per necessità». Marco (nelle foto) è una delle colonne portanti del piccolo gruppo di ragazzi con sindrome di Asperger che ogni due sabati frequenta il cineforum di via Urbana. È appassionato di cinema fin dall’età di dodici anni «quando ho cominciato a guardare con curiosità film di ogni genere, dalla commedia al thriller». E già allora, malgrado la giovane età, non si limitava a seguire la trama: prima ha iniziato a incuriosirsi per tutto quello che si muoveva dietro la macchina da presa, poi ha esteso il suo interesse alla storia del cinema. «Amo tutti i generi, tranne l’horror – racconta –. Quando ero piccolo mi piaceva soprattutto Hitchcock, attualmente il mio regista preferito è Stanley Kubrick e tra gli italiani prediligo Virzì, Sorrentino e Moretti». La sua ambizione è quella di riuscire a lavorare un giorno nel mondo dello spettacolo, grazie anche all’esperienza all’interno dei diversi progetti che il cinema Detour ha portato avanti con giovani con sindrome di Asperger negli ultimi cinque anni. E che Marco ha frequentato fin dalla prima ora: «Tutto è cominciato nel 2008 quando io e altri ragazzi del 15 Gruppo Asperger abbiamo iniziato a seguire il cineforum. Nel 2009 abbiamo frequentato un laboratorio, da cui è nato un documentario sulla vita domenicale nel rione Monti, imparando a usare la telecamera e a fare le interviste. Poi abbiamo voluto gestire noi stessi il cineclub, documentando questa attività nel mediometraggio Lo sguardo degli Aspie». Dal successo di questo video, presentato al Festival Cimemautismo di Torino nel 2012, è nata la più ambiziosa delle esperienze: organizzare una propria rassegna, fatta tutta da persone con Asperger, che si è conclusa il 16 giugno al museo Maxxi di Roma con la visione e la premiazione delle opere vincitrici. Solo una delle due sezioni dell’As Film Festival è dedicata ad autori autistici o a opere che raccontano storie legate alle varie sfaccettature dello spettro. «La grande sorpresa è che abbiamo ricevuto circa cento film, molti dei quali di buono od ottimo livello», commenta Giuseppe Cacace, coordinatore della rassegna e anima, insieme ai ragazzi con Asperger, di questa esperienza. Rinnovandosi a ogni edizione, attraverso nuove iniziative e nuova consapevolezza da parte del gruppo di giovani che frequentano il Detour. Che non si limitano più a seguire i film e le attività proposti da altri, ma rivendicano un ruolo da protagonisti proponendo le pellicole da vedere attraverso un tazebao online. E che oggi, dopo la proiezione dei film, preferiscono andare a mangiare una pizza piuttosto che fare il dibattito. Segno dell’inesorabile tramonto di vecchie abitudini culturali o della scoperta di un nuovo piacere di stare insieme agli altri. [A.P.] INSUPERABILI Intervista a Tony Attwood Noi neurotipici come fiori fragili Psicologo clinico e pioniere nel trattamento delle persone con Asperger, Attwood lavora soprattutto sulla possibilità di assicurare una migliore qualità della vita. Aiutando i suoi pazienti a fare i conti con la propria diversità P A.P. er lui un autistico è «una persona che nella vita ha trovato di meglio che socializzare». Come molti dei suoi connazionali britannici, Tony Attwood, classe 1952, psicologo clinico e uno dei massimi esperti mondiali in tema di sindrome di Asperger, riesce a dosare sapientemente umorismo e analisi pacata di un fenomeno di cui si sa ancora molto poco. Cominciò a occuparsi dei disordini dello spettro autistico all’inizio degli anni Settanta e nel 1992 il suo interesse si focalizzò sulle persone con sindrome di Asperger, un tipo di autismo ad alto funzionamento allora pressoché sconosciuto. Oggi Attwood risiede in Australia, dove ha svolto la maggior parte della sua attività di clinico e studioso, focalizzando il suo interesse soprattutto sul trattamento di ansia, rabbia, depressione e manifestazione dell’affetto da parte dei più giovani. 16 Ancora oggi non tutti riescono ad avere una diagnosi, neppure in età adulta. Come può accadere una cosa del genere e quali sono le conseguenze? La difficoltà di ricevere la diagnosi riguarda soprattutto gli adulti e le donne in particolar modo. Invece ottenerla è fondamentale, perché essa fornisce una spiegazione alle proprie caratteristiche, abilità ed esperienze pregresse. Comprendere il presente getta luce sul passato e offre indicazioni per il futuro. Perché più capisci te stesso, più sei in grado di prendere decisioni sulla base delle tue reali possibilità. Ma ottenere prima la diagnosi aiuta? Direi di sì. Tutte le volte che chiedo a un adulto quando avrebbe preferito essere diagnosticato, la risposta è sempre la stessa: «Il più presto possibile, almeno non mi sarei sentito così stupido e strano». Autore di numerosi testi scientifici, Tony Attwood è stato appena tradotto per la prima volta in italiano da Armando Editore, che con il suo volume Esplorare i sentimenti. Terapia cognitivo comportamentale per gestire ansia e rabbia inaugura la collana “Infinite diversità”, interamente dedicata ad autismo e sindrome di Asperger. A inizio giugno Attowod è stato a Roma, dove ha tenuto un seminario di due giorni organizzato dall’associazione Spazio Asperger. Quali sono le principali difficoltà di una persona con Asperger rispetto agli affetti e alle amicizie? Spesso non riescono ad avere degli amici e soprattutto hanno problemi a mantenerli. Non sentono l’esigenza di manifestare i propri sentimenti, soprattutto attraverso le parole. Per questo dico loro: «I neurotipici sono persone delicate, hanno bisogno di sentirsi dire continuamente che gli vuoi bene. Sono come fiori fragili: se non glielo dici, dopo un po’ appassiscono». Negli ultimi anni si è cominciato a sentir parlare di Asperger pride: un passaggio dall’accettazione di sé all’orgoglio di essere quello che sei. Qual è la sua opinione in proposito? Si è occupato a lungo di Asperger al femminile. Quali sono le principali caratteristiche delle donne con questa sindrome? Rispetto agli uomini le donne sono più intelligenti, costruttive e creative nell’affrontare la propria diversità. Le ragazze imparano a socializzare guardando le loro coetanee. Le osservano e a volte le imitano, cambiando personalità a seconda della situazione. Così apprendono come comportarsi, diventando molto brave a nascondere la propria confusione sociale. I problemi arrivano dopo: gli adolescenti avvertono a pelle che qualcuno è diverso e, a quell’età, se una persona non è come le altre viene derisa e rifiutata. Le donne, dunque, generalmente vengono diagnosticate nell’adolescenza o nell’età adulta perché sono più brave a camuffare la propria differenza e a imparare, attraverso l’osservazione e l’imitazione degli altri, il comportamento da tenere. Ma si sentono comunque diverse, anche se fanno di tutto perché gli altri non se ne accorgano. re connessioni tra le cose che gli altri non vedono. Insomma la scienza e l’arte hanno bisogno di loro. Il problema è che la maggior parte degli esseri umani pone la socializzazione al primo posto, per cui il loro modo di fare non risulta molto popolare. Si sente parlare di sindrome di Asperger Nella mia esperienza è raro che un soprattutto in relazione alla presenza di adolescente possa provare l’orgoglio di talenti eccezionali. Cosa c’è di vero in que- essere Asperger. A volte i giovani risto e – soprattutto – è vero per tutti? fiutano perfino di essere definiti tali. La sindrome di Asperger comporta un modo differente di percepire la realtà, di apprendere e di pensare. Il cervello è organizzato diversamente e in alcuni casi le abilità intellettuali possono sfociare nella creatività o in una particolare attitudine nella risoluzione dei problemi, soprattutto per quanto riguarda le discipline scientifiche. Alcuni hanno difficoltà ad esprimere le emozioni attraverso le parole, ma riescono a comunicare con la musica, la pittura, la poesia o la fotografia. Rifugiarsi nell’immaginazione può essere un modo per combattere l’isolamento. Inoltre le persone con Asperger hanno l’abilità di dedicarsi alla soluzione di un problema più a lungo e con più intensità, la determinazione e la capacità di coglie- 17 Non perché non siano d’accordo sulla diagnosi, ma perché sono terrorizzati dalla reazione dei coetanei rispetto a una definizione che attesta la loro differenza. Non riescono ad accettare l’idea di essere diversi perché hanno paura di essere presi in giro, stigmatizzati, rifiutati. L’orgoglio di essere quello che sei può arrivare solo più tardi, con l’avvento della maturità e di una maggiore fiducia e consapevolezza di sé. A mio avviso, comunque, è una gran cosa, perché significa innanzitutto accettarsi. E questo è un magnifico antidoto alla depressione, assai meglio di qualsiasi medicina. Non a caso tanti dicono: non voglio diventare un neurotipico di serie B, preferisco essere un Asperger di serie A. cronache italiane Roma Filmando i cinghiali a Castel Porziano Sette ragazzi con sindrome di Down si sono cimentati nella realizzazione di un documentario ambientato nella Tenuta del presidente della Repubblica, vicino Ostia. Un’iniziativa nata dalla collaborazione tra l’Aipd e il Quirinale I Marta Rovagna cinghiali e le loro corse, la mamma con i piccoli, e poi gli uccelli nella stazione di inanellamento, dove vengono monitorati i flussi migratori e dove i guardia caccia li prendono a testa in giù, delicatamente, tenendo ferme le ali per mettere loro un sottile braccialetto di riconoscimento. E ancora i cavalli allo stato brado, sempre un po’ spaventati dalla presenza di automobili e di esseri umani, e i cavalli delle scuderie dei Carabinieri, con le loro unghie da limare per poter avere dei ferri nuovi agli zoccoli. La bellezza della spiaggia libera in primavera e l’importanza di tenere pulita la battigia, il gusto di lavorare con i fiori e con le piante nel vivaio “sporcandosi le mani” nel riempire i vasi di terra con i semi. E poi mangiare tutti insieme in campagna, apparecchiando e sparecchiando, gustare una brace di salsicce dietro una capanna nel bosco e camminarci dentro il bosco, pieno di fango, 18 piante basse e alberi che regalano tanta ombra e che nascondono reperti archeologici. Passeggiare, guardare, filmare, gustare, riconoscere, stupirsi. È stata questa l’attività di Giuseppe, Andrea, Giada, Martina, Luca, Orazio e Antonio, sette ragazzi con sindrome di Down che hanno partecipato a uno stage come reporter presso la Tenuta di Castel Porziano, vicino a Ostia. L’area, di proprietà del presidente della Repubblica, è stata per la prima volta lo scenario di un’esperienza lavorativa inedita: quella, per delle persone con sindrome di Down, di diventare reporter di un luogo sconosciuto ai più, sicuramente a quasi tutti i romani, e pieno di “meraviglie” da scoprire. Questa esperienza, che si inserisce in una collaborazione ormai decennale tra il Quirinale e la sede nazionale dell’Associazione italiana persone down (Aipd), ha avuto la finalità di sviluppare competenze specifiche come registi e cineoperatori, acquisendo capacità espressive tramite strumenti tecnologici, quali video, foto e prodotti audio-visivi: in pratica si tratta di imparare a scegliere cosa filmare e a rendere il bello di quello che si è visto, raccontandolo con immagini e musica. Giuseppe e Andrea vengono dalla provincia di Caserta, Giada e Martina da Oristano, Luca, Orazio e Antonio da Potenza. Alcuni frequentano ancora la scuola, altri hanno iniziato percorsi di avviamento al lavoro, tutti sanno muoversi in una città, memorizzare la direzione della metro, comprare i biglietti dei mezzi pubblici, scegliere un posto dove andare a mangiare la sera e controllare i propri oggetti personali. «È stato un tirocinio lavorativo particolare – racconta Michele Videtta, operatore di riferimento dei ragazzi di Potenza, nell’Aipd da otto anni –: per la prima volta non si trattava di realizzare un “prodotto” concreto, ma un risultato intellettuale. I partecipanti sono stati stimolati a riflettere sulla scelta delle foto e delle immagini, per poi lavorare al montaggio finale. L’attività, difficile aper chiunque, è stata affrontata dai ragazzi in completa autonomia: un’esperienza entusiasmante». Le due settimane, dal 12 al 19 marzo e dall’8 al 12 aprile scorsi, sono state organizzate in collaborazione con l’ufficio di Coesione sociale del Quirinale, il servizio fotografico del palazzo presidenziale e il settore della tutela e gestione ambientale della Tenuta di Castel Porziano. A dirigere lo staff che ha seguito gli stagisti è stato Giuseppe Landucci, assistente tecnico delle tenute presidenziali: «Non era la prima volta che lavoravo con persone disabili, è stata un’esperien- za veramente arricchente. I momenti più intensi sono stati quelli nei vari laboratori e nel vivaio: impegnarsi insieme nel costruire qualcosa ci ha unito, creando un clima di grande affiatamento tra lo staff e gli ospiti». I due momenti di stage sono stati strutturati in modo diverso: nel primo i ragazzi hanno visitato la tenuta filmando e fotografando, mentre durante la seconda fase è stato realizzato un vero e proprio montaggio, con la selezione di immagini e musica da inserire nella clip. «Il primo giorno la qualità delle immagini non è stata granché – ammette l’operatore di Potenza –, ma dopo aver dato loro delle regole con cui gestire meglio le videocamere i risultati sono stati migliori. In ogni lavoro esistono delle norme da seguire, per le persone con sindrome di Down è fondamentale avere strumenti di questo tipo per orientarsi». L’esperienza a Roma non è stata solo quella I ragazzi dell’Aipd durante lo stage presso la Tenuta di Castel Porziano (Roma) 19 dello stage a Castel Porziano, ma anche quella di vivere in piena autonomia per tutto il periodo del soggiorno, dall’alzarsi la mattina, lavarsi, vestirsi, scendere a fare colazione, a comprare i biglietti dei mezzi pubblici, trovare l’itinerario giusto, camminare per strada, attraversare, scegliere dove mangiare a cena. «Abbiamo lavorato in sintonia con gli altri operatori – racconta Ilaria Loddo, operatrice dell’Aipd di Oristano –. Insieme abbiamo deciso di stimolarli al massimo nel vivere la giornata da protagonisti, in ogni momento e per qualsiasi scelta. Siamo stati sempre con loro, ma il nostro intervento attivo non è mai stato essenziale». Per Martina, di 21 anni, lo stage a Roma «è stato speciale, mi è piaciuta molto la tenuta del Quirinale, è stato bello fare nuove amicizie con le persone che lavorano lì. Questa esperienza mi è servita molto perché ho imparato tante cose che ho trovato molto interessanti». SOtto la lente Colpo di genio La mia sfida? Navigare sul web senza ostacoli Sogna un mondo dell’informatica privo di barriere. Vincenzo Rubàno, non vedente dalla nascita, dice ai programmatori: «Vi tengo d’occhio. L’informazione non accessibile è una discriminazione» 20 «P Sara Mannocci arliamoci chiaro, il problema esiste. La vista non c’è, alcune barriere non si possono superare senza aiuti». Vincenzo Rubàno, salentino di 18 anni, non vedente dalla nascita, è da poco rientrato in Italia da Portland, negli Stati Uniti, dove ha partecipato al congresso della Drupal Community insieme a informatici sviluppatori come lui, in arrivo da ogni parte del mondo. Drupal è una delle più importanti piattaforme oggi in circolazione per dare vita a siti web e gestirne i contenuti. Un viaggio, quello di Vincenzo, ma soprattutto una prova con se stesso. «Non sono mai andato da solo fuori dall’Italia, è stato indispensabile il servizio di assistenza delle compagnie aree sia per gli spostamenti che per muoversi in aeroporto. Non è facile camminare senza riferimenti in un luogo sconosciuto», racconta. Così come non è facile superare le barriere che rendono inaccessibile il mondo dell’informatica, nata in lui come una vera e propria passione quando aveva soli nove anni. Da allora – anche grazie al costante sostegno della famiglia – è un crescendo, si interessa ai linguaggi di programmazione, studia da autodidatta, sceglie come scuola superiore l’istituto tecnico “Costa” a Lecce per seguire l’indirizzo informatico. «Molti pensano all’accessibilità da un punto di vista puramente teorico – fa notare Vincenzo – ma occorre ragionare da un punto di vista pratico». tisti e programmatori per spronarli a non trascurare la questione accessibilità. I risultati del sondaggio confluiscono nel sito di denuncia Titengodocchio. it, creato da Vincenzo proprio attraverso Drupal. Nella “lista nera” on line cominciano a confluire segnalazioni di programmi e siti non accessibili, che vengono verificate e rese pubbliche attraverso un report. «Le segnalazioni sono molto più numerose di quelle che riesco a verificare – aggiunge l’informatico –. Ma la mia sfida è sollecitare l’opinione pubblica. Alcuni sviluppatori sono più sensibiLa voce di chi non vede. Di fatto, li al problema, altri meno, spesso non è nel momento in cui un programma, un questione di cattiva volontà, manca prosito web o un’applicazione presentano prio la conoscenza della tematica. Bisocontenuti inaccessibili, viene completagnerebbe far comprendere che lavorare sull’accessibilità non è un peso: l’informente vanificata la funzione dello screen rider, strumento a disposizione delle mazione non fruibile è di fatto una dipersone non vedenti che legge a voce scriminazione, e come sempre il modo ciò che appare sullo schermo, così comigliore per combatterla è lavorare sulme le informazioni nei testi. Se un sito la cultura, in questo caso sulla formaè inaccessibile, dunque, lo screen rider zione di chi programma». non può materialmente funzionare. Co- Yes you can: storie di ordinaria Nella rete, si sa, l’informazione corre veloce: dal Salento agli Stati Uniti il passì è grazie a “M’illumino di meno”, la fa- disabilità su YouTube. «Non siamo mosa giornata del risparmio energetico speciali, siamo normali». Come normali so è breve. Grazie all’utilizzo della piatpromossa dalla trasmissione Caterpillar sono le storie di Giuliano, Ornella, taforma Drupal, Rubàno comincia a Lorenza, Davide, alcuni dei protagonisti su Rai Radio2, che nel 2011 scatta l’idea dei video che ha pubblicato su YouTube collaborare on line con gli sviluppatori di gridare pubblicamente il problema la Fondazione Lucia Goderzo, impegnata del software open source, quindi aperto dell’accessibilità e della fruizione del a Loreggia (Pordenone) accanto alle a proposte, miglioramenti, modifiche. computer da parte delle persone non ve- persone con disabilità. Esperienze di Si fa notare e viene invitato a Portland, al congresso ufficiale, per lavorare sul denti. Vincenzo, accompagnato da circa non vedenti che ogni giorno affrontano fronte accessibilità. un anno dalla fedele Marisol, splendido i problemi di tutti: il lavoro, la famiglia, «Nel caso di Vincenzo è come se paraesemplare di Labrador cane guida, no- una casa e vari impegni. «Quelle che raccontano sono storie di normalità: nostante la giovane età ha ben chiaro il si dossalmente l’handicap si fosse tradota dimostrazione che se si vuole si può suo obiettivo: far ragionare, innescare arrivare – scrive Giuliano Beltrami, uno dei to in risorsa – spiegano gli insegnanti discussioni, tenere alta l’attenzione sul protagonisti, giornalista del quotidiano del “Costa” –, portandolo a sviluppare tema dell’accessibilità informatica, che L’Adige –, pur partendo da situazioni intelligenza, memoria, capacità di anatende a rimanere nell’ombra. «Se tutti non facili. Perché non è facile per una lisi e sintesi molto maggiori dei suoi cospengono le luci, io accendo una pagi- mamma non vedente allevare figli e etanei. Se tutti i docenti di informatica nelle scuole italiane inserissero l’accesna web con un sondaggio rivolto a chi gestire la casa o per un cieco navigare non vede – spiega – per capire abitudi- in Internet, fare l’imprenditore, scrivere sibilità nei programmi, sarebbe già uno per un giornale, fare il programmatore. strumento per educare futuri sviluppani, problemi e difficoltà nell’accesso al Però lo possono fare e lo fanno». Video web e alle tecnologie». Così “M’illumi- su http://www.youtube.com/channel/ tori». E cosa c’è nel futuro di Vincenzo? Anzitutto il diploma: «Non cerco gloria, no di meno... ma ‘ci vedo’ di più” rac- UClquStNq0tCHsaKNTPSeTjQ. [S.M.] ma tutte le barriere che si possono supecoglie circa 370 voci di persone disabili che immaginano di rivolgersi a progetrare dovrebbero essere superate». 21 oltreconfine Regno Unito Lawrence, una disabilità senza diagnosi Quando aveva pochi mesi i suoi genitori si accorsero che qualcosa non andava, ma finora nessun medico è riuscito a dare un nome ai suoi problemi. Il caso della famiglia Kowalski non è però isolato: sono tanti i bambini ancora non diagnosticati. In Inghilterra e non solo N Maurizio Molinari essun genitore accetta facilmente il fatto di avere un figlio disabile. Ma sicuramente per Catherine Kowalski e per suo marito è ancora più difficile, dato che il loro secondogenito Lawrence, due anni e mezzo, è nato con una sindrome non diagnosticata. «Era un neonato del tutto normale – racconta sua madre –: dormiva, mangiava e interagiva come qualsiasi altro bambino, una vera gioia. Poi, a due o tre mesi, ci siamo resi conto che aveva problemi a tenere alta la testa e a muoversi, non sorrideva, insomma presentava dei comportamenti anomali. Abbiamo pensato che un po’ di fisioterapia sarebbe bastata per risolvere il problema, ma le cose invece di migliorare peggioravano: Lawrence non cercava i giocattoli, non emetteva i suoni tipici di ogni bambino, non riusciva a stare seduto, non seguiva il normale modello di sviluppo dei suoi coetanei». Dopo innumerevoli esami medici, elettroencefalogrammi, analisi del sangue, i genitori si sono sentiti dire che il loro figlio aveva sicuramente una disabilità, ma non si sapeva di quale si trattasse. A livello genetico non risultavano malformazioni note, eppure la lunga serie di sintomi manifestati dal piccolo lasciavano pochi dubbi sul fatto che ci fosse qualcosa che non andava: «La cosa più preoccupante sono le fortissime crisi epilettiche – racconta Catherine –; all’inizio non sapevamo proprio che fare. Ora Lawrence è capace di sedersi, sta imparando a gattonare, riesce a comunicare quello che vuole a gesti, anche se dice solo la parola “macchina”. Però la pronuncia in modo appropriato, cioè proprio quando siamo in auto». Nonostante i momenti difficili che hanno vissuto e continuano a vivere, entrambi i genitori hanno comunque cercato di trarre il meglio da questa esperienza: «Non sappiamo fino a quan- 22 do Lawrence resterà con noi, se diventerà mai un adulto e che tipo di vita potrà vivere, quindi cerchiamo di goderci ogni secondo con lui come se fosse l’ultimo. Cerchiamo di apprezzare ogni piccolo sprazzo di felicità – confida Catherine –. Ci siamo trasferiti da Londra in un paesino in Cornovaglia, a sud-ovest dell’Inghilterra; viviamo a 50 metri dal mare. Lawrence ama imitare il rumore dei gabbiani. Qui abbiamo trovato una comunità di persone che ci aiutano molto, sono tutti gentili con noi». Quasi paradossalmente, il bambino «ha anche rafforzato la relazione fra me e mio marito: abbiamo imparato a starci vicini nelle difficoltà e a non biasimarci a vicenda se qualcosa va storto», aggiunge Catherine, stupita soprattutto dalla reazione della primogenita Beatrice, quattro anni: «Si è sempre comportata in modo maturo. Quando suo fratello ha cominciato ad avere le prime crisi, ci ha chiesto cosa non andas- se e si è subito resa conto che il piccolo necessitava di più aiuto di quanto non ne avesse bisogno lei per fare anche le cose più semplici. Ha imparato a essere generosa, ad apprezzare le differenze nelle persone piuttosto che a vederle come qualcosa di negativo, a capire che ognuno è unico a suo modo. Insomma, ha sperimentato situazioni che i suoi coetanei non conoscono». Secondo i medici, Lawrence ha una malattia rara ancora ignorata dalla scienza. Dicono che probabilmente imparerà a parlare, ma il suo futuro resta un grande punto interrogativo. La famiglia Kowalski non è però la sola a dover combattere contro un problema senza nemmeno un nome. In Inghilterra, oltre il 30% dei bambini disabili non hanno una diagnosi specifica e centinaia, se non migliaia di genitori, si trovano nella stessa condizione di Catherine e suo marito. «Cercando su Internet sono venuta a conoscenza di una Lawrence mentre gioca e, sotto, nel parco di Port Eliot con sua madre Catherine e la sorellina Beatrice rete chiamata Swan (che in inglese vuol dire cigno), acronimo di Syndrome without a name, Sindrome senza un nome. Questo network unisce le famiglie di bambini con disabilità non diagnosticate – prosegue la madre –. Ci aiutiamo molto fra noi, condividendo sia i momenti difficili che i piccoli successi quotidiani». Catherine ha anche un blog (http://orangethisway.blogspot.co.uk), in cui registra tutte le sue esperienze con Lawrence: «All’inizio lo consideravo come una sorta di diario, poi molte persone hanno cominciato a interessarsi, a dirmi che anche loro vivevano 23 le stesse situazioni, frustrazioni, gioie; da lì è partita una comunità telematica molto attiva, che rappresenta uno strumento utile per confrontarsi e imparare dalle testimonianze altrui». Catherine non sottostima il ruolo che il denaro può giocare in casi come quello di suo figlio: «Attraverso Swan ci stiamo impegnando a essere sempre più attivi nelle attività di fund raising. Questo non soltanto perché i soldi servono a finanziare le ricerche sulle malattie rare e non ancora diagnosticate, ma anche per dare un sostegno sempre più concreto alle famiglie che si trovano nella nostra stessa condizione e che spesso si sentono perse e isolate». E sul futuro di Lawrence, la madre conclude: «All’inizio avevamo speranze che potesse addirittura guarire, ma ora conviviamo con il pensiero che la sua disabilità, qualunque cosa sia, resterà. Così ci godiamo ogni sorriso che Lawrence ci strappa». portfolio Altri sguardi Bambini africani e asiatici. Ciechi o affetti da malattie alla vista, passano le loro dita e accarezzano gli oggetti per riconoscerli, per decodificare il mondo con gli altri sensi a loro disposizione. Accanto, genitori, medici, insegnanti, operatori sociali e sanitari che collaborano con la ong Cbm, rete costituita da undici associazioni nazionali (Australia, Canada, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Kenya, Nuova Zelanda, Sud Africa, Stati Uniti e Svizzera). Ogni anno Cbm sostiene circa 803 progetti per prevenire e curare la cecità in 89 Paesi. 24 In Etiopia, l’associazione Cbm opera a Wolisso (in queste pagine) per combattere la cecità evitabile nelle aree più disagiate. Nei territori palestinesi la onlus Cbm Italia sostiene una piccola oasi di speranza: il Basr hospital. Fondato nel 1960, fornisce servizi medici e riabilitativi a persone affette da disabilità visiva e fisica. Il centro garantisce servizi di chirurgia delle principali patologie visive, screening oculistici, attività di riabilitazione e stimolazione visiva per bambini ipovedenti e affetti da traumi cerebrali, servizi di audiologia, ausili per persone con disabilità uditiva, chirurgia ortopedica e riabilitazione delle persone affette da traumi e disabilità. 25 portfolio Altri sguardi Gli scatti in queste pagine sono di Pino Ninfa, fotografo milanese che ha girato il mondo per i suoi reportage. Questo servizio è stato realizzato per far conoscere l’impegno di Cbm nel Sud del mondo: dall’ospedale di Beitjala in Palestina (qui sopra), vicino a Gerusalemme, a quello di Wolisso in Etiopia (nelle pagine precedenti), fino alla scuola di Hanoi in Vietnam (a destra). 26 Cbm Italia onlus è un’organizzazione non governativa che si propone di sconfiggere le forme evitabili di cecità e di disabilità fisica e mentale nei Paesi in via di sviluppo. È la costola di Cbm International, attiva dal 1908 e dal 1989 partner e collaboratore dell’Organizzazione mondiale della sanità nella lotta contro la cecità prevenibile e curabile e la sordità. Cbm opera attraverso partner locali, sostenendo progetti e interventi medico-sanitari, riabilitativi ed educativi; inoltre lancia campagne di prevenzione e informazione, promuovendo il diritto all’educazione, al lavoro e all’integrazione delle persone disabili. Nel 2012 Cbm ha assistito 41 milioni di persone nei Paesi più poveri del pianeta. Info: Cbmitalia.org. 27 teMpO libero Spiagge aperte Strutture attrezzate, pacchetti per viaggi su misura, accessibilità dei siti web informativi. Come una delle località più belle dell’Adriatico ha cominciato a puntare al traguardo più entusiasmante per una località turistica: diventare accessibile a tutti La sfida dell’accoglienza I Carla Chiaramoni l percorso per l’adesione alla Carta europea per il turismo sostenibile (Cets) nelle aree protette del Parco del Conero, nelle Marche, è un primo passo importante verso la costruzione di circuiti vacanzieri pensati e organizzati per le persone disabili. L’Ente Parco Conero, capofila del progetto, in collaborazione con Europarc Federation Federparchi e partner locali, punta alla certificazione europea per moltiplicare le presenze turistiche, sostenuto in questa scelta dai numeri che hanno fatto registrare i parchi già certificati (+20% circa). L’area, su cui incidono i comuni di Ancona, Camerano, Sirolo e Numana, vocata e attrezzata da sempre all’accoglienza, si apre ora agli ideali della sostenibili- 28 tà (mobilità dolce, energie rinnovabili, prodotti a km zero, ecc.) e potenzia l’offerta per i turisti disabili. Massima attenzione all’accessibilità e alle esigenze del visitatore con bisogni particolari, per agevolare la libertà di movimento sia nei percorsi turistici che nella fruizione dei servizi di ristorazione e alberghi. Importante, in questa direzione, anche la partecipazione dell’assessorato regionale al Turismo, ormai da qualche anno, a “Gitando.all”, il salone del turismo accessibile di Vicenza. Il piano è molto ampio e assicura, in parte ancora solo sulla carta, piena autonomia: corsi di formazione destinati al personale turistico su disabilità motorie e sensoriali, accessibilità dei siti web informativi del Parco del Conero, FOTO DI CRISTINA GIOACCHINI al Conero pacchetti vacanzieri specifici, strutture senza barriere sia in ricettività che nei percorsi turistici proposti. Il Parco si doterà anche di una cartografia con l’indicazione di viabilità e percorsi pedonali, ciclabili e ciclo pedonali, specificando quali siano abilitati a disabili e anziani con difficoltà di movimento. «L’obiettivo – spiega Alba Maria Angeletti del Museo tattile statale Omero di Ancona, uno dei referenti del progetto per la parte che riguarda disabilità – è creare un sistema di piccoli circuiti accessibili per turisti disabili, che possono restare quattro o cinque giorni e visitare ogni giorno una cosa diversa. Impossibile pensare a una reale accessibilità dell’intera regione». In questa direzione vanno già le prime scelte. Una camera per non udenti. L’hotel Tre Querce di Camerano ha allestito alcune stanze per turisti con disabilità uditiva: strumenti luminosi collegati a una centralina messa in comunicazione con la reception. Una luce bianca richiama l’attenzione del cliente, che può collegarsi con l’accoglienza e comunicare con un sistema di monitor touch screen. Gli apparecchi di sicurezza funzionano nello stesso modo: colore blu per l’allarme allagamento e rosso per l’allarme incendio. In questo modo gli ospiti hanno il controllo dell’intero ambiente e la gestione di tutte le situazioni che si creano. Garantiti anche ausili in braille per non vedenti, dal numero della stanza all’ascensore, fino al listino del bar e il menù al ristorante, dove il personale di sala, se necessario, illustra a voce i piatti non inseriti in menù. A Numana, primo comune ad aderire alla sfida di riqualificazione, Villa Serena e l’hotel Conero 2 garantiscono massima mobilità per chi ha una disabilità motoria: adeguati sia le stanze che gli spazi comuni. L’obiettivo finale del piano è garantire almeno due strutture ricettive abilitate per ogni comune all’interno del Parco, compresi campeggi e ristoranti che abbiano un marchio di certificazione ecologica (Legambiente Turismo), aperte – se possibile – tutto l’anno. La recente visita dei certificatori nelle Marche fa ben sperare, ma solo a settembre si saprà se ci sono tutti i presupposti per ottenere la Cets. In termini di risorse si tratta di un investimento significativo. «Una stanza attrezzata per non udenti – spiega Angeletti – costa 5 o 6mila euro, circa la stessa cifra una tavola in braille di orientamento, che informa i clienti non vedenti su com’è organizzato l’hotel». Il problema, però, non è solo il limite delle risorse: risultano ancora scarse la sensibilità culturale e la conoscenza delle potenzialità del settore turistico. Ma le Marche sembrano voler cogliere la sfida. 29 Vacanze romane: la guida la scrivono i ragazzi down A lla scoperta di Roma grazie a uno strumento agevole dal linguaggio molto semplice, comprensibile allo stesso modo da chi ha una disabilità intellettiva, un basso livello di istruzione o una scarsa conoscenza della lingua italiana. È scritta con parole semplici e frasi brevi la nuova guida turistica “ad alta comprensibilità” della capitale, stilata da giovani da 17 a 35 anni con sindrome di Down. L’iniziativa è promossa dall’Associazione italiana persone down (Aipd) – in partenariato con Down syndrome Ireland e l’Associação portuguesa de portadores de trissomia – e fa parte del progetto “Smart tourism”, iniziato nel settembre 2011, che si concluderà ad agosto e prevede la realizzazione di guide turistiche di tre capitali europee: oltre a Roma, Dublino e Lisbona. Ciascuna associazione ha individuato un gruppo di persone con sindrome di Down per la redazione del volume nella propria città e l’ha formato. La guida irlandese – utile anche a persone con un inglese basico, oltre a chi ha una disabilità intellettiva – comprende fatti storici, informazioni sul clima e sulla cultura locale. Dal Colosseo a Castel Sant’Angelo, da piazza Navona al Gianicolo e Ponte Milvio: sono alcuni dei monumenti scelti (segnalando come arrivarci e quanto costa visitarli) dai sei redattori down della Guida turistica di Roma; tra loro Moira Oliverio, che ha spiegato: «Abbiamo deciso di mettere informazioni concrete: che tipo di prese elettriche ci sono nel nostro Paese, quanto costa il biglietto per i trasporti, cosa sono bar, pizzerie a taglio, pub, paninoteche». Le guide possono essere scaricate gratuitamente dal sito Aipd.it, sia in italiano che in inglese. [C.C.] OS IBRIRAGAZZIM TRECINEMAFESTIVALFICTIO L O I D NFUMET RA TITELEVISIO NEPERSONAGGILIBRITEA mostre La bellezza dell’imperfezione alla Biennale di Venezia na gigantesca e moderna Ve- U nere di Milo che dall’Inghilterra approda in Laguna e un’installazione che ha per protagonisti i volti e le voci di chi non siamo abituati ad ascoltare. La disabilità sbarca alla Biennale di Venezia: sull’isola di San Giorgio Maggiore, fino al 29 settembre e davanti all’omonima basilica, spazio a Breath (respiro), una reinterpretazione del monumento ad Alison Lapper incinta realizzata dall’artista inglese Marc Quinn in occasione della personale portata in Italia dalla Fondazione Giorgio Cini. Una versione gonfiabile dell’originale – alta 11 metri – che riproduce l’opera installata nel settembre 2005 a Londra, a Trafalgar Square, e che è stata anche al centro della cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici 2012. Una statua che raffigura una persona vera, reale, una donna che ha vissuto con grande coraggio la propria vita e che continua a farlo tuttora. Quinn ha sempre esplorato il corpo umano nel proprio lavoro, inteso spesso come arte di incarnazione. E la scultura della Lapper, che ha posato con il pancione, ne è un esempio: nata senza braccia e con le gambe poco sviluppate, è un’artista inglese che usa fotografie, installazioni e pittura per esplorare sé stessa, la propria nudità e il modo in cui la disabilità viene percepita dagli altri. Cresciuta in un istituto per di- sabili poi abbandonato all’età di 18 anni per darsi agli studi creativi, nel 1999 ha avuto un figlio. Il suo lavoro, proprio come quello di Quinn, indaga il concetto di fisicità, normalità, deformità e bellezza. Per informazioni, Cini.it. Comunque la Biennale non è nuova a questo tema. Nel 1972 Gino De Dominicis espose, pur tra mille polemiche, un ragazzo down seduto su una sedia con una palla e una pietra. Quest’anno “l’handicap” non è più un soggetto/oggetto ma diventa pensiero, parola e immagine grazie a I/O_Io è un altro, progetto sperimentale dell’artista italo-brasiliano César Meneghetti realizzato con i laboratori d’arte della Comunità di Sant’Egidio. Fatta di installazioni audio-video, fotografia e performance, l’opera resterà esposta nel padiglione della Repubblica del Kenya, sull’isola di San Servolo, fino al 24 novembre. Il lavoro di Meneghetti è stato premiato dalla Fondazione Biennale di San Paolo e l’anno scorso ha ricevuto il Globo tricolore. Per ammirare il progetto, Ioeunaltro.org. [Michela Trigari] 30 In alto, l’installazione che raffigura durante la sua gravidanza Alison Lapper, artista inglese focomelica (foto di Marc Quinn Studio). Qui sopra, I/O_Io è un altro in uno scatto dello stesso artista italo-brasiliano César Meneghetti GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R AT STIVALFICTIONFU Ragazzi Il volto di Auggie come uno specchio enomeno editoriale esploso in 28 Pae- F R.J. Palacio Wonder Giunti 2013 pagine 288, euro 9,90 età di lettura: da 13 anni si, per decine di settimane tra i best-seller nella lista del New York Times, libro per bambini di debutto più venduto lo scorso anno nel Regno Unito, Wonder è arrivato anche in Italia tradotto da Giunti, che gli ha dedicato anche un sito: Wonder.giunti.it. Stile immediato e linguaggio diretto, il romanzo ha come protagonista Auggie (Augustus) Pullman, nato con la sindrome di TreacherCollins, rara malattia ereditaria che gli ha deformato il viso. I genitori e la sorella maggiore cercano di proteggerlo, ma quando compie dieci anni sua madre lo invita a frequentare la prima media in una scuola pubblica, dove si confronterà con chi lo deride per la sua disabilità, stabilendo relazioni di autentica amicizia antitetiche al bullismo. E l’anno scolastico si concluderà con un premio tutto per lui. Lieto fine scontato, dal retrogusto buonista? L’autrice, Raquel Jaramillo (che ha scelto uno pseudonimo ispirato al nome della madre di origini colombiane), dissente. Grafica e illustratrice, 49 anni, nel 2006 è diventata editor di volumi per bambini e ha cominciato a elaborare questo romanzo prendendo spunto da un episodio realmente accaduto a New York, dove vive: «Ero seduta su una panchina con i miei due figli e ho visto passare una bambina con la sindrome di Treacher-Collins. Sono stata presa dal panico, temevo che mio figlio di tre anni vedendola avrebbe reagito urlando. Mi sono alzata di scatto, come pun- ta da una vespa, ho chiamato l’altro figlio e mi sono allontanata di corsa. Alle mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che, con voce molto calma, diceva: “Forse è ora di tornare a casa”». La scrittura, però, non riflette sensi di colpa irrisolti: tensioni familiari e pregiudizi sociali non sono taciuti, né vengono schivate domande su quanto l’apparenza conti. Il proprio aspetto fa indubbiamente soffrire Auggie, soprattutto perché lui si sente «un ragazzo come tutti gli altri». E aggiunge: «L’unica ragione per cui non sono normale è perché nessuno mi considera normale». Ma Auggie “costringe” le persone che incontra a specchiarsi nel suo volto deformato e a fare i conti con le proprie reazioni esteriori e interiori: «Non mi dilungo a descrivere il mio aspetto. Tanto, qualunque cosa stiate pensando, probabilmente è molto peggio», dice di sé il personaggio. E la sua schiettezza parla anche ai “grandi”, visto che in Inghilterra, Germania e Francia il libro è uscito sia nella versione per ragazzi che in quella per adulti, con lo stesso testo ma due copertine differenti. Forse Wonder diventerà un film: a produrlo potrebbe essere Lionsgate, una delle maggiori compagnie di distribuzione di film indipendenti nel nord America. Intanto il 21 marzo scorso ha vinto il Waterstones Children’s Book Prize 2013, fra i più prestigiosi premi inglesi di libri per ragazzi, con questa motivazione: «Wonder è un ritratto realistico e asciutto delle reazioni negative che la disabilità fisica e la diversità possono provocare in bambini e adulti, e nonostante questo è pieno di speranza». 31 [Laura Badaracchi] AGGILIBRITEATRODANZAFOTOGRAFIAVID N O S EOMUSIC R NEPE ARADIOLIB O I S I V E RIRAG L FUMETTITE libri Tutto è possibile: parola di Nick Vujicic nato a Melbourne nel 1982 È senza gambe né braccia, ma ha una fede e una forza che Nuovo audiolibro del Signore rendono la sua esistenza bella degli Anelli: la saga di Tolkien in versione musicale e vocale. da vivere: si chiama Nick VujiL’ultimo audio-book di The Lord of cic e la grave malformazione fisithe Rings è targato Phil Dragash, ca non gli impedisce di compiere 24enne americano già autore di le attività più ordinarie della violtre 300 cortometraggi tra cui ta quotidiana, ma neanche quelle anche spot e video. In inglese, straordinarie di una vita speciainteramente auto-prodotta, le. Oggi la sua storia è diventata caricata su YouTube, la sua è un best-seller tradotto da Newton un’opera innovativa e quanto mai originale: l’audiolibro, infatti, ha Compton: s’intitola Non smettere come sottofondo la colonna sonora di crederci mai (Unstoppable) il realizzata da Howard Shore per la suo secondo libro (il primo è Life without limits). Alle pagine il giovane ha consegnato i suoi pensieri, confidando al mondo il suo segreto: la possibilità ogni oltre possibilità, la speranza oltre ogni speranza. Speranza di cui l’autore è prova vivente: oggi vive in California, insieme alla moglie Kanae trilogia cinematografica del regista e al figlio Kiyoshi. «La mancanPeter Jackson e gli effetti sonori dei za di arti non mi ha impedito di tre film. Ma degno di nota è anche condurre una vita ricca di espelo sceneggiato radiofonico della rienze, di portare avanti una carBbc, risalente al 1981, disponibile riera significativa e d’intrecciare gratuitamente su YouTube e a relazioni appaganti. Sappiate che, pagamento su Amazon. In italiano si segnala invece, sempre finché siete sulla Terra, c’è uno su YouTube, la versione de Le Due scopo e un progetto per ognuno Torri realizzata da Riccardo (in di voi», scrive nell’introduzione arte RiccoDisfaktism), ragazzo di al volume. Udine aspirante attore/doppiatore, Prima Nick ha conquistato e l’audio-book de Il Signore degli l’autonomia, imparando a usaAnelli registrato dal Libro parlato re alla perfezione il suo corpo Lions: 50 ore di mp3 ascoltabili o “incompleto”, a scendere e saliscaricabili dal sito o da richiedere su cd, lette da Elisabetta Piazza re rapidamente rampe di scale, Gagliardi. [M.T.] a inserire ed estrarre facilmente un dvd o un cd dal lettore, a tuffarsi e nuotare nell’acqua profonda: gesti che paiono straordinari, 32 Nick Vujicic Non smettere di crederci mai Newton Compton 2013 pagine 256, euro 9,90 compiuti da una persona che ci si aspetterebbe di vedere su una sedia a ruote, o stesa e arresa su un letto. Ma non gli è bastato: ha voluto fare della sua esperienza il segno e il simbolo della speranza per chi, come lui, vive il limite, la disabilità, la malattia. Oggi Vujicic è direttore dell’organizzazione “Life without limbs”, ma soprattutto è un predicatore evangelista di fama internazionale: “speaker motivazionale”, ama definirsi. In tutto il mondo migliaia di persone di ogni età, nazionalità e condizione sociale accorrono per ascoltare le sue conferenze. Nel 2009 la sua storia ha ispirato anche un cortometraggio, Il circo della farfalla, diretto da Joshua Weigel e da lui stesso interpretato. [Chiara Ludovisi] libri Grinta e coraggio di madri e padri speciali n 40 anni di professione gior- Stefano Lorenzetto Hic sunt leones. Venticinque storie di veneti notevoli Marsilio 2013 pagine 336, euro 18 I nalistica, Stefano Lorenzetto ha incontrato e intervistato centinaia di persone. Ma ha voluto aprire il volume Hic sunt leones, edito da Marsilio, con le storie di una madre e un padre che hanno figli disabili, colpito dal loro coraggio. Anna Benedetti, la mamma di Lucy, gli ha confidato: «Mi sono sentita un leone, fortissima», dopo una notte insonne passata a ripensare a quell’ecografia morfologica che aveva rivelato le malformazioni della bimba. E l’autore lascia la parola ai suoi interlocutori senza filtrare il loro punto di vista. Una scelta che restituisce freschezza e autenticità alle vi- FUMETTITELEVISIONEPERSONAGGILIBRI N O I T TEATROD C ANZAFO IVALFI T S E F A GAZZIMOSTRECINEM cende narrate in prima persona da chi le vive sulla propria pelle. Nata il 7 luglio 2009, Lucy è affetta dalle sindromi di DandyWalker e di Down, «una rarissima combinazione su cui non esiste letteratura scientifica, a parte il caso di un bimbo israeliano che nel 1989 tentarono invano di salvare in Germania». Una bimba tenacemente aggrappata alla vita, che nei primi tre mesi ha affrontato altrettanti interventi chirurgici complessi, il primo a sole 24 ore dalla nascita. Anna e il marito Gianluca Anselmi raccontano la sua storia nel video-concerto gratuito Il mondo di Lucy, che dal 2011 sta girando tutta l’Italia: un diario di 55 minuti declinato in musiche, filmati e immagini in cui i genitori (papà chitarrista, compositore e arrangiatore; mamma autrice, cantante e percussionista) sono doppiamente protagonisti. «Una dozzina di canzoni che abbiamo scritto durante la gravidanza soltanto per mandare un messaggio. Abbiamo detto sì e la pienezza della nostra vita è arrivata attraverso una bambina down che ha un sacco di problemi. Ci avevano detto: “Passerà la vita stesa a letto, in stato vegetativo”, ed è sempre in piedi. Ci avevano detto: “Non camminerà”, e cammina», testimonia Anna. E il sito dedicato alla loro figlia (Ilmondodilucy.com) conta circa 40mila visitatori all’anno, che firmano post dalla Gran Bretagna a Israele e all’India, allegando disegni, poesie, foto. Nel volume, anche un’intervista a Franco Antonello, papà del 19enne autistico Andrea, protagonisti del romanzo di Fulvio Ervas Se ti abbraccio non aver paura (edito da Marcos y Marcos, che ha riscosso uno straordinario successo), al professor Orio Grazia, padre di Francesca – una ragazza con spina bifida – e autore del volume Il tempo dell’umiltà (QuiEdit 2011), e a Daniela Manzini, moglie di Kenneth Jacuzzi: per lui, su sedia a ruote, il padre Candido inventò la celebre vasca perché «vedeva nell’idromassaggio un prodotto popolare, destinato alla salute pubblica». [L.B.] ragazzi a cura di Enza Crivelli illustrazioni di Antonio Boffa Raperonzolo Uovonero 2013 pagine 32, euro 18 Raperonzolo, versione per tutti rosegue l’impegno del- P le edizioni Uovonero per estendere a tutti la buona lettura, a cominciare dai classici per l’infanzia che costituiscono il focus della collana “Pesci parlanti”. Dopo Cappuccetto rosso, Giacomino e il fagiolo magico, I tre porcellini, Riccioli d’oro e i tre orsi, arriva un altro intramontabile: Raperonzolo. Tradotti nel sistema di simboli Pcs (Picture communication symbols), i volumi della collana sono realizzati in cartone resistente e sono dotati di una particolare sagomatura, che li rende più facili da sfogliare. Curato da Enza Crivelli, fondatrice della casa editrice, pedagogista clinica e responsabile per l’autismo del polo distaccato di neuropsichiatria “Il Tubero” dell’Anffas di Crema, la fiaba di Grimm è illustrata da Antonio Boffa. E proprio a quest’ultimo si deve il tratto originale e l’atmosfera lunare che contraddistingue le immagini del volume, tanto diverse dall’ormai dilagante dicktat delle illustrazioni di stampo disneyano. [A.P.] 33 “Né matti né pazzi”: alla ricerca delle parole che non offendono. La redazione di Psicoradio, la radio della mente di Bologna, rilancia il concorso per trovare il termine più giusto per definire gli utenti dei servizi psichiatrici. Tante le proposte arrivate finora. Alcuni esempi? «Presenze scomposte in un cielo di specchi», «vulnerabili oscillazioni di animi sommersi», «probabili effetti collaterali di affetti sconnessi». Le più vicine a ciò che era richiesto, ossia trovare una parola semplice da usare come termine generalizzato, potrebbero essere «psy» o «folly». Secondo la direttrice Cristina Lasagni, che insegna Scienze della comunicazione all’Università di Lugano (Svizzera), sarebbe bello «ricalcare l’esperienza del movimento per i diritti Lgbt, che ha coniato il termine gay adottando una parola non negativa» per autodefinirsi. Per inviare una proposta, si può scrivere a [email protected]. (disegno di HikingArtsit). GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R STIVALFICTION RITEAT Ha afferrato la macchina da presa e l’ha puntata su di sé. Iniziando a riprendere sia il lento declino del proprio corpo sia i “miracoli” vissuti sul proprio difficile ma inesorabile percorso. Il risultato è When I walk (Quando cammino), documentario autobiografico e auto-prodotto presentato al Sundance Film Festival 2013, una tra le più importanti rassegne statunitensi dedicate al cinema indipendente. Lui è Jason DaSilva, 32enne di Daytona (Ohio), un master in Media e uno in Disegno e tecnologia, appassionato di arte, regia e fumetto, alla sua nona opera dopo otto cortometraggi. Dal 2006 è affetto da sclerosi multipla, che ha iniziato a manifestarsi durante una vacanza al mare con la famiglia. Sullo sfondo le immagini dell’infanzia, gli amici, gli affetti, la figura forte della madre, in un docufilm – per niente triste – che mette in primo piano anche i cambiamenti, i rischi, l’amore, i sogni, il destino. Insomma, la vita. Per saperne di più: Wheniwalk.com. [M.T.] In alto, una scena della pellicola Little World. Qui sopra, un frame del documentario autobiografico When I walk cinema Salvo e Rita, la forza deia storia gesti è di quelle classiche, ma rac- L contata con sapienza e maniacale maestria. Salvo Mancuso, taciturno sicario di un boss mafioso, nel corso di una resa dei conti incontra la sorella cieca della sua vittima. Per ragioni inspiegabili decide non solo di salvarle la vita, ma anche di nasconderla in un magazzino abbandonato sfidando tutto e tutti, perfino gli uomini del suo stesso clan. Salvo, prima opera dei registi siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, è arrivato a fine giugno nelle sale italiane, dopo il successo al Festival di Cannes, dove ha trionfato alla Settimana della critica, aggiudicandosi non solo il Gran Premio, ma anche il Prix Rèvèlation. Merito anche dei due attori protagonisti, il palestinese Saleh Bakri e la giovane esordiente Sara Serraiocco, a cui si aggiunge la partecipazione amichevole di un inedito, quanto sorprendente, Luigi Lo Cascio nel ruolo di un goffo e fin troppo rispettoso affittacamere. Il successo del film a Cannes va a coronare una lunga genesi cominciata nel 2007 attraverso una faticosa ricerca di fondi. E alla fine il progetto è stato realizzato grazie a ben undici fonti di finanziamento diverse, come rivelano gli stessi autori Grassadonia e Piazza, da sempre insieme come sceneggiatori («ma non aveva- 34 mo fatto ancora niente di memorabile») e ora alla prima prova di regia dopo aver abbandonato il mondo delle fiction. «Ho lavorato a partire dalla sceneggiatura – racconta la protagonista Sara Serraiocco –. Prima di recitare ho fatto un lungo lavoro di preparazione e sono stata affiancata da un actor coach che mi ha seguito per tutto il film. Durante le riprese indossavo lenti a contatto scure, che mi offuscavano la vista». Per entrare nel personaggio di Rita, la giovane attrice ha trascorso molto tempo a stretto contatto con due ragazze cieche, una romana e una siciliana, che l’hanno aiutata ad affinare gesti ed espressioni. Memorabile nel film il lungo piano sequenza iniziale in cui Rita si muove nella casa, prima ignara e poi consapevole della presenza di Salvo che ucciderà suo fratello e poi fuggirà, portandola con sé come prigioniera. Sullo sfondo, una Palermo efficacemente raccontata con immagini e suoni. Infatti, non solo il film si avvale di un direttore della fotografia del calibro di Daniele Ciprì, ma utilizza con estrema abilità il rumore ambientale: rombi di motorini, latrati di cane, sgommate e canzoni provenienti da radio vicine e lontane contribuiscono a creare il ritratto pulsante di una metropoli del Sud che vive a partire dalla sue strade. Controbilanciando il silenzio quasi assoluto dei protagonisti, che poco dicono con le parole e molto comunicano con la forza dei gesti. [A.P.] RITEATRODANZAFOTOGRA NAGGILIB FIAVIDEO O S R E MUSICAR P E N ADIOLIBRIRA O I S I V E L E T I NFUMETT FUMETTI Medikidz, malattie in hi,vignette Pump, Skinderella, Axon C e Gastro: cinque supereroi che vivono su Mediland – un pianeta con le fattezze del corpo umano – per spiegare ai ragazzi cosa significa ammalarsi. È questa l’idea di base di Medikidz (Medical information for kids), un progetto internazionale di album a fumetti nato per fornire ai bambini e ai ragazzi tra gli 8 e i 15 anni informazioni utili sulla salute e sulle malattie che possono colpire mamma e papà, parenti e amici o, più in generale, le altre persone. Spesso, infatti, gli adulti fanno fatica ad esprimersi con un linguaggio comprensibile ai minori quando si imbattono nell’universo sanità. Già è difficile accettare una diagnosi, figuriamoci doverla spiegare ai propri figli o ai propri pazienti. Pensati per genitori, associazioni o medici, gli ultimi due numeri di Medikidz affrontano tutto quello che c’è da sapere sul- la distonia e sul morbo di Parkinson, una patologia che può affliggere gli anziani (nonni compresi). Alcuni volumi, poi, sono dedicati al mondo della disabilità, e in particolare a sclerosi multipla e autismo. La molla che ha dato inizio al progetto è stata l’esperienza in pediatria di due dottoresse neozelandesi, Kim Chilman-Blair e Kate Hersov: durante il loro lavoro, infatti, si resero conto di non avere gli strumenti giusti per comunicare efficacemente con i più piccoli. Ecco allora che si è accesa una lampadina: perché non provare con le strisce illustrate? L’obiettivo di Medikidz è dunque quello di aiutare i bambini e gli adolescenti, con disegni e colori, a capire concetti medico-sanitari altrimenti poco comprensibili, contribuendo così anche a vivere più serenamente la malattia in famiglia. Realizzate con la collaborazione di specialisti e organizzazioni di tutto il mondo, le pubblicazioni – a pagamento (11,99 euro) e in inglese – sono state tradotte in alcune lingue; purtroppo, pe- Uno spettacolo dei sensi. Wolke è un ragazzo che si appresta a compiere il primo passo nel mondo degli adulti, intraprendendo così un viaggio in compagnia di una nuvola magica. Ma è anche il titolo di un racconto della scrittrice russa Ksenja Dmitrieva, che ha chiesto alla compagnia teatrale del centro culturale “La casa di Bulgakov” di Mosca di farne una pièce per non vedenti. È nata una performance presentata in anteprima a un pubblico di bambini ciechi, che hanno potuto rò, la versione in italiano non esiste ancora nonostante dal 2009, anno di lancio di questa iniziativa, siano già stati realizzati 45 album illustrati e distribuite circa due milioni di copie. Ogni uscita è accompagnata da un breve video on line del fumetto: una sorta di anteprima dei comics. Tra le patologie affrontate finora si segnalano, solo per fare qualche esempio, anche il tumore al cervello, il cancro al seno, il melanoma, la fibrosi cistica, l’epilessia, l’Hiv o la depressione. Info: Medikidz.com. [M.T.] toccare gli oggetti esposti e accarezzare il gatto che vive nel teatro/museo di Bulgakov. In scena, poi, attori che passano tra gli spettatori, guance sfiorate da una stola di pelliccia, suoni, odore di cannella, cambi di luci, spruzzi d’acqua e un’atmosfera per far capire agli altri sensi quello che succede sul palco. Prossima tappa? Un cd audio da distribuire gratuitamente nelle biblioteche e nelle scuole per non vedenti. [M.T.] 35 Qui sopra, i supereroi protagonisti degli album a fumetti Medikidz. In basso, una scena di Wolke a Mosca RUBRICHE Inail... per saperne di più Rosanna Giovèdi Ricostruire il futuro con l’auto-mutuo aiuto Sono tante le strutture territoriali dell’Inail che stanno promuovendo la nascita di gruppi formati da infortunati e loro familiari. Per condividere l’esperienza della disabilità e del lutto in autogestione. O con l’aiuto di figure professionali I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg U n evento lesivo sul luogo del lavoro può in pochi secondi spezzare il percorso di vita del lavoratore o della lavoratrice e determinare la rottura del suo equilibrio relazionale. Un trauma fisico che porta repentinamente a una condizione di disabilità rende difficile la costruzione di una nuova vita che, condizionata dal cambiamento intervenuto, è caratterizzata dalla difficoltà di trovare un nuovo modo di interagire all’interno della propria famiglia, nel mondo del lavoro e nel più ampio contesto sociale. La possibilità di recuperare accettazione e fiducia in sé, di costruire possibili prospettive di vita futura può solo scaturire da un lavoro di crescita personale, ma da soli non è possibile. Partecipare ad un gruppo di auto-mutuo-aiuto significa avere un tempo e un luogo in cui incontrarsi, nel quale raccontare le proprie esperienze, parlare dei propri sentimenti, condividere difficoltà, soluzioni tentate e fatiche sostenute o da sostenere, e nel contempo avere un aiuto nel fronteggiar- le. Il confronto con altre persone che si sono trovate nella stessa situazione e hanno affrontato problematiche simili permette all’infortunato di vedere possibili prospettive di vita che magari nemmeno pensava di poter raggiungere. I gruppi di auto-mutuo aiuto si caratterizzano per il legame che si crea tra i membri del gruppo, per il rispetto reciproco, la fiducia, la riservatezza, l’ascolto e la condivisione delle esperienze; tutti elementi con una forte connotazione relazionale che permettono l’elaborazione del vissuto e facilitano la competenza ad agire: i gruppi di “auto mutuo aiuto” trasformano l’esperienza in risorsa. In tal senso l’esperienza del gruppo di auto-mutuo-aiuto corrisponde pienamente agli obiettivi degli “Interventi per la vita di relazione” di cui all’articolo 45 del “Regolamento per l’erogazione agli invalidi del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita 36 di relazione”, che arricchisce l’offerta dei servizi dell’Istituto all’infortunato e ai suoi familiari. Diverse strutture territoriali dell’Inail stanno promuovendo e realizzando esperienze di auto-muto-aiuto tra gli infortunati e tra i familiari degli infortunati. Si tratta di gruppi che si formano in autogestione o con la presenza di figure professionali che si mettono a disposizione per facilitare il trasferimento di conoscenze tra persone che vivono l’esperienza della disabilità o del lutto di un familiare e stimolare l’elaborazione di strategie idonee a superare le difficoltà quotidiane. Tali progetti a oggi hanno avuto come esito principale l’avvio o la ripresa di percorsi di autonomia che erano stati interrotti per effetto di una maggiore consapevolezza di sé e di una migliore capacità di prendere decisioni sulla propria vita, nonché la riconquista di spazi per sé stessi (per le proprie relazioni sociali, per l’attività lavorativa, ecc.), soprattutto nel caso dei familiari dei lavoratori infortunati. In questo contesto l’assistente sociale dell’Inail si inserisce in qualità di esperto come un promotore e un facilitatore, in un’ottica relazionale di tipo orizzontale e compartecipato: una funzione di tutoraggio pratico, emotivo e affettivo finalizzata a sostenere il soggetto nel percorso di ricostruzione del proprio progetto di vita. RUBRICHE Previdenza Gabriela Maucci Esonero dalle visite di controllo o di revisione: come e quando Il decreto ministeriale del 2 agosto 2007 individua le condizioni che non rendono necessari esami di verifica per continuare a godere del riconoscimento dello stato invalidante. A meno che non siano gli stessi esonerati a chiedere la revisione P er la categoria degli invalidi civili, il decreto ministeriale 2 agosto 2007 elenca le patologie e le menomazioni che danno luogo all’esonero da tutte le visite di controllo o di revisione del loro stato invalidante. Un decreto “chiave” che permette di evitare spreco di tempo e chiarisce molti punti utili alla qualità della vita dell’invalido civile. Il 2 agosto 2007, infatti, il ministero dell’Economia e il ministero della Salute hanno emanato il decreto che individua l’elenco delle patologie escluse dalle visite di controllo per la verifica della permanenza dello stato di invalidità. Tale decreto – attuativo dell’art. 6 della legge 80 del 2006 – è entrato in vigore dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. 27 settembre 2007, n. 225). Il testo approva l’elenco delle patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante e indicazione della relativa documentazione sanitaria, che co- 37 stituisce parte integrante dello stesso decreto ministeriale. Nello specifico, il decreto del 2007 individua dodici voci relative a condizioni patologiche per le quali non saranno più necessari esami di controllo e di verifica per continuare a godere del riconoscimento dello stato invalidante. L’individuazione si basa su due elementi: la gravità della condizione e l’impossibilità di miglioramento. Le dodici voci sono state individuate da un gruppo di esperti del ministero della Salute, dell’Inps e delle organizzazioni a tutela delle persone con disabilità, tutti componenti della Commissione ministeriale “Salute e disabilità”, sulla base del riconoscimento della compromissione o meno di organi e apparati. Inoltre, per garantire la massima aderenza ai bisogni dei cittadini e allo sviluppo delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche, il decreto prevede che l’elenco delle patologie per le quali non sarà più necessario ripetere le visite di controllo o di revisione sia rivisto con cadenza annuale. Pertanto, le persone la cui patologia o menomazione rientri tra quelle elencate nel decreto e siano titolari di indennità di accompagnamento o di comunicazione sono esonerate da tutte le visite di controllo o di revisione del loro stato invalidante, a meno che non siano gli stessi interessati a chiedere la revisione. È importante precisare che, nel caso si venga convocati a visita per i controlli straordinari che l’Inps sta attualmente effettuando o risulti fissata una data di scadenza nel verbale di invalidità, è indispensabile presentarsi alla visita, facendo presente in questa sede il diritto alla non rivedibilità della patologia e anche a non essere sottoposti a ulteriori visite di controllo. RUBRICHE Senza barriere Daniela Orlandi British Museum. Accessibilità e accoglienza Negli ultimi anni il celebre museo inglese è stato riorganizzato in termini di inclusione per rispondere alle esigenze di ogni tipo di visitatore. Anche grazie alla presenza di un “Access and equality manager” D al 1753, anno della sua fondazione, il British Museum accoglie una delle più importanti collezioni di materiali e documenti che riguardano la storia e cultura dell’uomo, dalle origini ai nostri giorni. Negli ultimi tre anni il museo ha dato molta attenzione ai servizi per le persone con disabilità e i risultati tangibili sono i miglioramenti fatti e quelli che continuano a essere realizzati. Attenendosi al Disability Discrimination Act del 2005, normativa contro la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, il museo è stato riorganizzato e ripensato in termini di accessibilità e inclusione per divenire “Il museo del mondo per il mondo”: centrale in questa trasformazione la nomina di un “Access and equality manager”, una figura professionale chiave che supervisiona e coordina tutte le attività nell’ottica dell’accessibilità e dell’inclusione. L’ingresso principale del museo, su Great Russell Street, ha una scalinata monumentale con dodici gradini e un corrimano su entrambi i lati. Lateralmente è installata una piattaforma elevatrice, con segnalazione acustica per eventuale assistenza. L’ingresso su Montague Place ha una soglia a livello e vi sono gli ascensori per raggiungere gli altri piani del museo. È disponibile un parcheggio gratuito per un numero limitato di visitatori disabili, con richiesta di pre- notazione. La maggior parte delle gallerie e tutte le mostre sono accessibili. Il museo è dotato di numerosi ascensori la cui posizione è riportata nella piantina informativa disponibile presso l’ufficio informazioni nella Great Court. I servizi igienici sono distribuiti su ogni piano. Quelli accessibili per disabili sono presso la Great Court, il Ford Centre for young visitors, il Clore Education Centre e a nord della Sala 66. La guida multimediale del museo dispone di oltre 200 audio descrizioni per i visitatori non vedenti e ipovedenti e di una mappa interattiva delle gallerie. La guida multimediale ha inoltre 200 video in Bsl (Lingua dei segni britannica), per visitatori sordi. Un percorso tattile è presente nella Galleria della scultura egiziana per persone con difficoltà di apprendimento e per persone non vedenti o ipovedenti. Le targhe in Braille e i pittogrammi a forma di occhio indicano quali oggetti possono essere toccati. Non è richiesto di indossare guanti. Una visita guidata tattile è disponibile anche nella Sala delle sculture del Partenone. Tutte le mostre speciali del British Museum sono accompagnate da libri stampati in macrocaratteri per persone ipovedenti, ma anche in Braille per le persone non vedenti. Nel museo, infine, sono dislocati diversi punti d’accoglienza per offrire supporto ai visitatori, incluso il 38 pubblico con disabilità. Sono disponibili sistemi a “Induction loop” nel Clore Education Centre e nella Hartwell room e sistemi “Induction loop” portatili per molte visite guidate. A entrambi gli ingressi è possibile trovare sedie a ruote messe a disposizione gratuitamente. La Great Court è dotata di numerose panche e sgabelli, mentre in alcune gallerie dispongono anche di sedie pieghevoli. Al banco informativo nella Great Court è possibile trovare una brochure sull’accessibilità del museo e delle lenti d’ingrandimento per ipovedenti, mentre i cani guida possono usufruire di ciotole per bere. l’ESPERTO RISPONDE a cura del Consorzio sociale Coin Ausili Sono disabile a causa di una malattia e sarei interessato ad acquistare uno scooter elettrico (tre ruote) per poter effettuare piccoli spostamenti nella cittadina di mare dove trascorro le mie ferie. Non conosco però le relative normative del Codice della strada: posso circolare ovunque o no? L a normativa sugli scooter elettrici non è chiara. L’Anglat, associazione impegnata a livello nazionale sui temi della guida e trasporto di persone con disabilità, insie- me ad altre organizzazioni di categoria, ha richiesto chiarimenti al ministero competente, senza però ricevere alcuna risposta in merito. Il problema, o difetto normativo, riguarda il soggetto che conduce il mezzo. Se si tratta di una persona con disabilità a cui, per superare il suo deficit di deambulazione, viene prescritto tale mezzo, lo stesso è considerato un ausilio (e quindi un mezzo per la propria autonomia). In teoria, potrebbe accedere ovunque con tale mezzo, ma le dimensioni dello stesso non sono paragonabili a quelle della normale sedia a ruote. Invece, se ad acquistarlo è una persona che non presenta deficit di deambulazione, si tratta a tutti gli effetti di un veicolo e come tale deve essere omologato; deve possedere le caratteristiche tecniche dei veicoli (freni, luci, catadiottri) e per condurlo il guidatore deve avere il “patentino”. Automobili A causa del peggioramento delle mie condizioni di salute, vorrei cambiare la mia auto acquistata meno di due anni fa con gli incentivi della legge 104, per comprarne una con ausili più adatti alle mie ridotte capacità motorie. Come devo fare per non dover pagare la differenza dovuta all’Iva agevolata, in quanto per l’appunto sono nella necessità di dover cambiare auto, prima che siano passati i due anni da quando l’ho acquistata? Ho letto che la legge mi permette di cambiarla, ma non specifica come ed entro quando devo ricomprare quella nuova con le opportune modifiche. I l comma 37 dell’unico articolo della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) ha introdotto un’importante novità: la decadenza da tutti i benefici fiscali, con obbligo di restituzione, nel caso di cessione a titolo oneroso o gratuito dei veicoli entro i due anni successivi all’acquisto. La disposizione non si applica per le persone con disabilità che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio han- 39 dicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti. Questo comma non cambia i benefici fiscali esistenti, come per esempio l’Iva agevolata e la detrazione Irpef, che rimangono sempre ogni 4 anni, tranne in caso di demolizione e/o furto del veicolo e la successiva cancellazione dal Pra (Pubblico registro automobilistico). pinzillacchere IL PRANZO DELLA DOMENICA di Carla Chiaramoni Locanda dei girasoli via dei Sulpici, 117/h 00174 - Roma Tel. e fax 06/7610194 [email protected] www.lalocandadeigirasoli.it In cucina Gianfranco Zedde Chiusura lunedì e a pranzo Coperti 100 (65 all’aperto) Locale accessibile Prezzo 15 euro per pizza e bibita S e desiderate gustare nella Capitale la sapida cucina sarda, questo locale fa al caso vostro. Tra i vicoli dello storico quartiere del Quadraro, la Locanda dei girasoli è un ristorante-pizzeria molto gradevole: sale colorate che creano un’atmosfera accogliente ed evocano un ambiente familiare. In estate è disponibile anche uno spazio esterno. Ampia la scelta di piatti tipici della cucina insulare, ispirati alla terra d’origine di Gianfranco Zedde, la Sardegna, con qualche incursione nella tradizione sicula. Tra le prelibatezze alla carta, pizzuros (focaccine al formaggio), polpettine di melanzane, pane carasau con crema di formaggio, pomodori e pesto. Pasta fatta in casa per i primi, gnocchetti sardi al ragù di chianina, culurgiones patate e speck e le gustose seadas al formaggio e miele. Tutto questo accanto a pietanze della tradizione italiana. Un’ottima alternativa è la pizza cotta nel forno a legna, sottile, da gustare nelle versioni più classiche o negli sfiziosi abbinamenti proposti dalla casa. In sala, quattro ragazzi con sindrome di Down si alternano al servizio. In attività da 13 anni, tra alti e bassi e ultimamente alla prese con la crisi, è una delle prime imprese sociali che ha scommesso sul lavoro dei disabili nell’ambito della ristorazione. Infatti il locale è stato aperto per rispondere al desiderio di alcune famiglie: offrire una concreta occasione d’inserimento lavorativo ai propri figli. IL FRANCOBOLLO DEL MESE diritti di Gian Piero Ventura Mazzuca Disabilità in rosa: ecco lo sportello anti-violenza Giochi paralimpici: evento da onorare L o sport è sempre stato vicino alla disabilità; in Italia il suo pioniere è stato il professor Antonio Maglio. Grazie al suo lavoro, che durò incessantemente da quando si laureò in medicina e chirurgia fino al giorno della sua scomparsa nel 1988, il nostro Paese ebbe il privilegio di inaugurare i primi Giochi paralimpici a Roma nel 1960. Maglio, che diresse anche il Centro Inail “Villa Marina” di Ostia, riteneva che l’avviamento allo sport fosse un’ottima pratica riabilitativa per il fisico, ma anche per il U scire dalla spirale degli abusi sessuali o domestici è difficile. E per le donne disabili ancora di più. Da queste premesse è nato il progetto “Aurora”, il primo sportello italiano per contrastare la violenza fisica e psicologica nei confronti della disabilità al femminile. Inaugurato a giugno dall’associazione toscana Frida, si trova all’interno della sede dell’Aias (Associazione italiana assistenza spastici) di Empoli. Oltre a una formazione specifica per operatrici e operatori, sono in cantiere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema e un’indagine conoscitiva sui maltrattamenti nei confronti di donne disabili, da recupero dell’autostima. In molti devono alle sue idee e ai suoi metodi innovativi il proprio prolungamento di vita, così come il reinserimento nella società. Nel frattempo le Paralimpiadi hanno acquisito sempre maggior prestigio e visibilità, evidenziando così tutti i principi cari al professor Maglio. Dopo Roma, un’altra città italiana ha ospitato i Giochi paralimpici, stavolta quelli invernali: Torino, nel 2006; da Poste italiane è stato emesso un francobollo per onorare l’evento sportivo di carattere internazionale. 40 realizzare in collaborazione con il personale medico e sociosanitario, gli educatori e le forze dell’ordine. Non esistono, infatti, dati certi sul fenomeno in Italia. Per le emer- genze, è attivo 24 ore su 24 il numero 346/7578833. Ulteriori informazioni: tel. 0571/418070, [email protected]. (foto Gonews.it) [M.T.] Presa in carico LE PAROLE PER DIRLO fashion no limits di Franco Bomprezzi In passerella sfila la moda inclusiva N on vorrei fare ironia intorno a una locuzione che compare in una marea di documenti e di normative sui servizi di welfare a favore delle persone con disabilità, ma devo ammettere che “presa in carico” è una espressione che mi mette sempre a disagio. Mi viene da sospirare, da alzare gli occhi al cielo, da cercare disperatamente una via d’uscita. Si parla infatti giustamente di “presa in carico” quando si vuole fare riferimento a un impegno complessivo di responsabilità da parte di soggetti istituzionalmente preposti a fornire le risposte migliori rispetto al progetto di vita di una persona con disabilità. Ma forse, prima di pensare al servizio, occorre pensare seriamente alla persona. Conoscerla, ascoltarla, comprenderla, liberarla, orientarla, provando a vederla nel contesto del suo ambiente naturale, dalla famiglia agli amici, dal quartiere alla città. Inoltre “presa in carico” dà un’idea di pesantezza, di sofferenza, di problematicità. Insomma l’esatto contrario del concetto che dovrebbe proporre, ossia il sollevare da un peso, alleggerendo la persona e la famiglia da situazioni spesso insostenibili. E poi, molto spesso, questa splendida locuzione, che però ha bisogno di fondi e di competenze adeguate per funzionare, si riduce invece a un proclama di maniera, si traduce in una lunga relazione scritta da un’équipe, nel linguaggio verboso – non me ne vogliano – degli assistenti sociali. Intanto, un po’ smarrita, la persona con disabilità (Luigi, Maria, Antonio, Daniela...) vorrebbe semplicemente vivere come tutti gli altri, senza alcuna esclusione. Tutto qui. Non ci sono solo le cure, la riabilitazione, la riduzione del deficit fisico, sensoriale o intellettivo. C’è tutto il resto, c’è la vita, la voglia di partecipare, di esistere. Ecco, forse per questa “presa in carico” il cammino è ancora lungo. A biti a misura di disabilità. Per diffondere il concetto d’integrazione nel mondo delle sfilate e sensibilizzare l’industria del fashion a realizzare vestiti “di classe” anche per le persone con difficoltà motorie o deficit fisici. È l’obiettivo del concorso internazionale di moda inclusiva rivolto agli studenti delle scuole e dei corsi di moda e ai giovani stilisti di Brasile, Italia, Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Spagna, Argentina e Cile. Parola d’ordine, quindi, è accessibilità anche nell’abbigliamento, grazie ad accorgimenti che strizzino l’occhio ad adattabilità e funzionalità. Ma senza perdere di vista stile, innovazione e creatività. I 20 migliori modelli finalisti del concorso, giunto alla sua quinta edizione, sfileranno a novembre a San Paolo do Brasil nell’ambito del 41 Foro internazionale di moda inclusiva. Ma prima, l’11 ottobre, alcuni dei capi realizzati saranno a Reatech Italia, la rassegna dedicata al mondo della disabilità in programma alla Fiera di Milano. L’iniziativa, infatti, è organizzata dall’assessorato ai Diritti delle persone disabili di San Paolo in collaborazione con Atlha (Associazione tempo libero handicappati) e con il patrocinio del capoluogo lombardo. Sulla passerella di Reatech saliranno modelle e modelli con disabilità: il casting è curato da Atlha onlus, a cui studenti e stilisti possono rivolgersi per avere indossatrici e indossatori o adattare i capi. L’iscrizione al concorso e la consegna dei disegni devono avvenire entro il 22 agosto attraverso il sito Modainclusiva.sedpcd.sp.gov.br. Nelle foto, una sfilata a San Paolo. [M.T.] dulcis in fundo 42 Tutto è... SuperAbile! Clicca su SuperAbile, il Contact center integrato dell’Inail, che dal 2000 si dedica alla disabilità. SuperAbile è il più completo sistema di comunicazione al servizio degli infortunati sul lavoro e delle persone disabili. Un’esperienza unica in Italia e in Europa, che fornisce informazione quotidiana e consulenza attraverso il suo sito web e il suo Call center. Con un unico obiettivo: favorire la piena integrazione sociale, culturale e lavorativa. Scopri sul sito le ultime novità: “SuperAbile Magazine”, mensile disponibile su carta e on line social network, con spazi su Facebook, Flikr, Youtube e Twitter contenuti multimediali applicazioni per il mobile banche dati interattive e molto altro... www.superabile.it Manifesti campagne Inail 2012