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Scocca l`ora dell`orgoglio autistico

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Scocca l`ora dell`orgoglio autistico
Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma
7 luglio 2013
ASPERGER PRIDE
Scocca l’ora
dell’orgoglio
autistico
M
ZIN
A
G
A
E
TONY ATTWOOD
Una vita (professionale)
insieme agli Aspie
BIENNALE
Approda in Laguna
la Venere di Marc Quinn
EDITORIALE
di Luigi Sorrentini
Direttore Centrale Reggente Riabilitazione e Protesi, Inail
Un ritorno a casa:
l’Inail di nuovo
al Cto di Roma
C
hi ha studiato un po’ di filosofia ricorderà i cosiddetti corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Di corsi e ricorsi storici si può parlare anche
relativamente al protocollo d’intesa recentemente firmato tra la Regione
Lazio e l’Inail per la realizzazione di un polo sanitario all’avanguardia presso il Centro traumatologico ortopedico di Roma.
Infatti il Cto fu inaugurato poco più di 70 anni fa, nel 1942, proprio dall’Istituto; faceva parte di quella rete capillare di strutture sanitarie che nel 1959
annoverava otto centri traumatologici, 13 reparti traumatologici ospedalieri,
143 ambulatori di chirurgia, 154 ambulatori staccati e molto altro. Nel 1978 la
riforma sanitaria ha prodotto, come suo primo atto, lo scorporo dall’Istituto
dei centri traumatologici ortopedici.
Tornare presso il Cto è quindi, per l’Inail, un ritorno a casa: il protocollo consentirà la realizzazione di un polo integrato all’avanguardia negli
interventi di traumatologia, protesica e riabilitazione. L’intesa applica l’accordo-quadro raggiunto in conferenza Stato-Regioni il 2 febbraio 2012 e definisce
un contesto che consentirà alla Regione di valorizzare e potenziare l’attività
dell’ospedale Cto “Alesini”, destinato a diventare un punto di riferimento nella cura delle persone colpite da eventi traumatici, in grado di rispondere alle
necessità terapeutiche di cittadini anche non residenti nel Lazio.
All’interno del Cto l’Inail potrà mettere a disposizione le sue capacità di
assistenza protesica, trasferendovi la filiale romana del Centro protesi di Vigorso di Budrio. Troveranno collocazione sia l’Officina ortopedica, sia la
struttura per l’assistenza sanitaria riabilitativa non ospedaliera che funzionerà anche in regime residenziale. L’obiettivo della cooperazione? Razionalizzare le risorse a disposizione e aumentare la qualità dei servizi offerti.
In coerenza con la programmazione sanitaria regionale, successive convenzioni attuative con la Regione daranno vita a un sistema coordinato di servizi e strutture dedicate sul territorio, volte a produrre stabili forme
di collaborazione in campo riabilitativo anche ai fini del reinserimento sociale e lavorativo. Valorizzazione, dunque, di risorse e capacità grazie all’integrazione di competenze ed eccellenze per il soddisfacimento dei bisogni e
delle aspettative degli infortunati sul lavoro e di coloro che sono affetti da
malattie professionali.
3
Fieri di essere diversi
La consapevolezza della propria identità
e diversità fa bene alla qualità della vita.
Lo conferma, ancora una volta, il viaggio
che SuperAbile Magazine ha intrapreso
all’interno della sindrome di Asperger, un
tipo di autismo ad alto funzionamento
di cui si comincia a parlare solo dagli
ultimi decenni del secolo scorso. Abbiamo
ascoltato gli esperti, le associazioni di
familiari e soprattutto i diretti interessati,
che reclamano, come prima di loro le
minoranze etniche e culturali, la possibilità
di autorappresentarsi e rivendicare da soli
i propri diritti. Un’idea, quella di diventare
avvocati di se stessi, che il diciottenne
Vincenzo Rubano riprende in pieno: prima
creando un sito che raccoglie le difficoltà di
accesso al web da parte delle persone non
vedenti come lui, poi collaborando con gli
sviluppatori del software open source Drupal.
Nelle pagine, anche la storia di sette ragazzi
con sindrome di Down che hanno girato un
documentario nella Tenuta del presidente
della Repubblica, e il caso di Lawrence,
un bambino inglese la cui disabilità non
ha ancora trovato un nome. Ancora tanti
film, libri, fumetti. E una bella notizia: una
versione gonfiabile della statua di Alison
Lapper incinta, dell’artista Marc Quinn,
sbarca alla Biennale di Venezia.
NUMERO sette Luglio 2013
EDITORIALE
3 Un ritorno a casa:
l’Inail di nuovo al Cto di Roma
di Luigi Sorrentini
ACCADE CHE...
5 Al via la petizione per le cure
domiciliari
6 “Wireless social network”
al Centro protesi di Virgorso
L’INCHIESTA
8 L’orgoglio sommerso
degli Aspie
di Antonella Patete
INSUPERABILI
16 Noi neurotipici come fiori fragili
Intervista a Tony Attwood
di A.P.
CRONACHE italiane
Anno II - numero sette, luglio 2013
Direttore: Luigi Sorrentini
30 La bellezza dell’imperfezione
Porziano
di Marta Rovagna
alla Biennale di Venezia
di Michela Trigari
31 Il volto di Auggie come
uno specchio
di Laura Badaracchi
34 Salvo e Rita, la forza dei gesti
di A.P.
35 Medikidz, malattie in vignette
di M.T.
sotto la lente
20 La mia sfida? Navigare sul web
senza ostacoli
di Sara Mannocci
OltReconfine
22 Lawrence, una disabilità senza
diagnosi
di Maurizio Molinari
RUBRICHE
36 Inail... per saperne di più
PORTFOLIO
Ricostruire il futuro
con l’auto-mutuo aiuto
37 Previdenza
Esonero dalle visite di controllo
o di revisione: come e quando
38 Senza barriere
British Museum. Accessibilità
e accoglienza
39 L’esperto risponde
Ausili, Automobili
24 Altri sguardi
Tempo libero
28 La sfida dell’accoglienza
Superabile Magazine
CULTURA
18 Filmando i cinghiali a Castel
al Conero
di C.C.
In redazione: Antonella Patete, Laura
Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
Hanno collaborato: Carla Chiaramoni,
Chiara Ludovisi, Sara Mannocci, Maurizio
Molinari, Marta Rovagna, Maria
Scaramuzzino, Michela Trigari di Redattore
Sociale; Franco Bomprezzi, Gian Piero
Ventura Mazzuca; Erica Battaglia, Rosanna
Giovèdi, Gabriela Maucci e Daniela Orlandi
del Consorzio sociale Coin
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
Editore: Istituto Nazionale
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione: Superabile Magazine
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Piazza Cavour 17 - 00193 Roma
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
Autorizzazione del Tribunale di Roma
numero 45 del 13/2/2012
4
PINZILLACCHERE
40 Il pranzo della domenica
40
40
41
41
Locanda dei girasoli
di Carla Chiaramoni
Giochi paralimpici: evento
da onorare
di Gian Piero Ventura Mazzuca
Disabilità in rosa: ecco
lo sportello anti-violenza
di M.T.
Le parole per dirlo
Presa in carico
di Franco Bomprezzi
In passerella sfila la moda
inclusiva
di M.T.
Dulcis in fundo
42 Strissie - I pupassi
di Adriana Farina
e Massimiliano Filadoro
Un ringraziamento, per averci
gentilmente concesso l’uso delle foto,
a Maurizio Cogliandro/Contrasto
(pagg. 3-4, 8-17), Pino Ninfa e Cbm onlus
(pagg. 4, 24-27), Reatech (pagg. 4, 41),
Aipd (pagg. 18-19), Cristina Gioacchini
(pagg. 28-29), Marc Quinn e César
Meneghetti (pag. 30).
In copertina: foto di Maurizio
Cogliandro. Un ringraziamento speciale
al fotografo e all’agenzia Contrasto per
la collaborazione nella realizzazione
dell’inchiesta.
ACCADE CHE...
NON AUTOSUFFICIENZA
Al via la petizione per le cure domiciliari
O
ra che le quasi 42mila firme
raccolte dalla petizione
popolare per il finanziamento
dei Lea (Livelli essenziali di
assistenza) per le persone non
autosufficienti e le 86 adesioni
arrivate da enti e associazioni
sono state trasmesse ai presidenti
di Camera e Senato, nonché
ai ministri della Salute e delle
Politiche sociali, è tempo di
partire con la nuova petizione
nazionale per il diritto alle
cure domiciliari. Mentre la
prima voleva garantire la piena
esigibilità delle prestazioni
socio-sanitarie semiresidenziali
e residenziali per la non
autosufficienza sancita dai Lea, la
seconda (scadenza il 31 dicembre
2014) chiede di riconoscere il
diritto alle cure a domicilio e
un contributo economico per il
familiare che accudisce la persona
non autosufficiente. Entrambe
le raccolte firme sono partite dal
Comitato per la promozione della
petizione popolare nazionale sui
Lea, capeggiato dalla Fondazione
promozione sociale di Torino.
delle Regioni, delle Asl e dei
Comuni i fondi indispensabili per
l’attuazione dei Lea, compresa
l’assistenza residenziale e
domiciliare», dice Giuseppe
D’Angelo, membro del Comitato
promotore. Le persone con
invalidità grave, gli anziani
affetti da forte demenza senile, i
pazienti con disturbi psichiatrici
e limitatissima autonomia,
infatti, vedono spesso disattesi
questi diritti, «con l’illegittimo
pretesto della carenza di risorse
economiche pubbliche e di
lunghe liste d’attesa», continua
D’Angelo. La petizione vuole
far sì che anche le cure a
domicilio siano pienamente
«Lo scopo è quello di sollecitare esigibili, facendo conoscere «le
il Parlamento ad assumere i
concrete possibilità di far valere
provvedimenti occorrenti per
questi diritti». Per informazioni,
mettere a disposizione del
Fondazionepromozionesociale.
Servizio sanitario nazionale,
it. [M.T.]
Palestre e relax
senza barriere. Nel
Regno Unito l’Inclusive
fitness initiative,
con due importanti
organizzazioni
sportive per persone
disabili, ha pubblicato
un vademecum per
suggerire a centri
benessere e palestre
come poter adattare
i loro servizi per
soddisfare le esigenze
dei clienti con disabilità.
La guida risponde al
bisogno di accessibilità
di persone sorde, cieche,
con difficoltà motorie e
di apprendimento.
Tempo libero
Una scuola di vela itinerante
I
“Sailing campus 2013”? Una
scuola vela itinerante di
quattro giorni per le persone
disabili, sponsorizzati dal
Gioco del Lotto. L’iniziativa,
organizzata dall’associazione
Lo Spirito di stella a bordo di
barche accessibili, dopo Lovere e
Trieste farà tappa a Caldonazzo
(dall’11 al 14 luglio grazie alla
cooperativa Arché) per poi
essere a La Spezia dal 12 al 15
settembre, in collaborazione
con La Nave di carta, e dal 19 al
22 settembre a Savona, ospiti
della sezione locale della Lega
navale italiana. La scuola ha
l’appoggio di quest’ultima, della
5
Marina militare italiana e della
Federazione italiana vela.
Proprio con la Fiv sta
partendo un nuovo progetto:
i “Sailing campus”, infatti,
saranno utilizzati anche come
corsi per «formare i formatori»
della federazione. Info:
Lospiritodistella.it.
Access city award 2014:
aperte le iscrizioni per
la quarta edizione. Il
premio annuale per le
città accessibili, indetto
dalla Commissione
europea, è rivolto
alle città con almeno
50mila abitanti: fino al
10 settembre possono
presentare la propria
candidatura attraverso
il sito Ec.europa.eu/
justice/access-city. La
premiazione avverrà
durante la Giornata
europea delle persone
con disabilità, in
programma il 3 e 4
dicembre prossimi.
ACCADE CHE...
MONDO INAIL
“Wireless social network” al Centro protesi di Virgorso
L
Si svolgerà il 12 e
13 luglio la quarta
Conferenza nazionale
sulle politiche della
disabilità. Al centro
dei lavori, presso la
Fiera di Bologna, il
primo Programma di
azione recentemente
approvato
dall’Osservatorio
nazionale. A distanza di
quattro anni dall’ultima
edizione, quella di
Torino 2009, istituzioni e
associazioni tornaranno
a confrontarsi sulle
tematiche che ruotano
intorno ai diritti delle
persone disabili.
a qualità della degenza? Passa anche
per la tecnologia. Il
risultato sono 12 terminali touch screen
installati accanto ad
altrettanti posti letto
per rendere più confortevole la permanenza
dei pazienti attraverso il
collegamento a Internet
degli utenti dotati di pc
portatile, smartphone
o tablet, l’accesso alla
tv digitale, la lettura
delle notizie relative
alla propria situazione
sanitaria. La sperimentazione, avviata dal Centro
protesi Inail di Vigorso
toscana
di Budrio, fa parte del
progetto “Wireless social
network”. E grazie al wi-fi
e a un software dedicato,
anche i medici potranno
sfruttare questa applicazione per accedere
alla cartella clinica del
paziente favorendo la
nascita di attività artisti-
che e ricreative. «L’idea di
fondo è quella di mettere
al centro la problematica
degli infortuni e sensibilizzare la comunità sia
sul lato del reinserimento
sociale delle persone colpite da un trauma che sul
versante della prevenzione», ha detto Stefania
Galante, assistente sociale Inail e ideatrice del
progetto.
lecce
Nuovi ospedali a misura
di disabili
Uno sportello per trovare lavoro
Q
uattro plessi ospedalieri in costruzione
a Prato, Pistoia, Lucca e Apuane avranno
servizi per persone con disabilità. Ed è stata già
testata la rispondenza alla normativa in materia
di abbattimento delle barriere architettoniche,
sensoriali, culturali e della comunicazione dei
progetti. Il risultato della verifica, eseguita
sull’ospedale-campione di Lucca, è sintetizzato
nel documento “L’ospedale a misura di disabili”,
oggetto di un
protocollo siglato dai
presidenti toscani di
Fand (Federazione
delle associazioni
nazionali delle
persone con
disabilità), Moreno
Rafanelli, e Fish
(Federazione italiana
superamento
handicap), Agostino
D’Ercole.
G
estito dall’Asp
“Istituto
Immacolata”
di Galatina e
finanziato dalla
Regione Puglia, è
il primo servizio gratuito
della provincia di Lecce
per l’occupazione
di persone disabili
e appartenenti alle
categorie protette.
“NetAbility” è un vero
sportello di consulenza,
informazione,
orientamento e
mediazione al lavoro, in
cui è possibile mettere
in contatto la domanda
e l’offerta di impiego. E
l’incrocio avviene anche
attraverso una pagina
Facebook dedicata
(Facebook.
com/progetto.
netability).
Attivo da
qualche mese, lo
sportello si avvale
della collaborazione di
psicologi, sociologi ed
esperti: ha effettuato
più di 100 colloqui
individuali e di gruppo,
visionato curriculum,
attivato percorsi di
accompagnamento
e inserimento
professionale,
supportato le imprese
del territorio. Per
informazioni: tel.
0836/567190, info@
netability.it.
l’evento
A Rio de Janeiro Giornata mondiale della gioventù accessibile a tutti
D
al 23 al 28 luglio, in
Brasile, anche i pellegrini disabili vivranno
la Giornata mondiale
della gioventù: alloggi,
spazi riservati, trasporti,
tesserino con simbolo
della disabilità e oltre
200 volontari formati per
rispondere a particolari
esigenze. Per gli italiani,
previsto un punto di
accoglienza dedicato
in zona Copacabana,
dove si terranno le tre
catechesi tradotte nella
lingua dei segni.
Sarà garantito
l’accesso alle sedie a
ruote vicino al palco
degli eventi principali,
con uno spazio speciale
per chi ha disabilità
mentali e i rispettivi
accompagnatori;
disponibili bagni
accessibili e rampe.
Inoltre sui maxischermi
sarà proiettata la
traduzione nella lingua
6
dei segni Libras (in
portoghese brasiliano).
Le informazioni
generali saranno
tradotte in Braille in
lingua portoghese e
consegnate alle persone
non vedenti. Per ulteriori
dettagli, disability@
rio2013.com.
lamezia terme
Creatività a regola d’arte
S
i chiama “Handi_Art.
Manu_Fatti (quasi) a
regola d’arte” il progetto
che coinvolge un gruppo
di ragazzi disabili per
metterne in risalto le
capacità artigianali e
creative nel circuito di
produzione equosolidale
di Lamezia Terme. Il percorso formativo rientra
nell’ambito dei mercatini
pensati per la “Cittadella
dell’altra economia”.
L’idea è dell’impresa
Ceramica ConCreta, in
collaborazione con l’associazione Aleph Arte.
«L’obiettivo? Avviare percorsi individualizzati di
occupazione», sottolinea
la ceramista Graziella
Cantafio. L’iniziativa è
finalizzata «alla ricerca di
nicchie di mercato: una
premessa per un ulteriore passaggio verso la
formazione di una cooperativa sociale di tipo
B». [Maria Scaramuzzino]
roma
roma
Il giuramento
di Cristian:
il ragazzo down
ora è italiano
E
mozionato ed elegante, il 19 giugno
scorso Cristian Ramos
si è presentato all’anagrafe centrale di Roma
per pronunciare quel
giuramento che completa l’iter per ottenere
la cittadinanza italiana.
Il giovane, con sindrome
di Down, è nato nel
nostro Paese da padre
italiano (che non lo ha
riconosciuto) e madre
colombiana, Gloria, che
lo ha cresciuto in questi
20 anni e festeggia con
lui un traguardo che
fino a pochi mesi fa
sembrava irraggiungi-
bile. Al compimento del
diciottesimo anno di
età infatti, Gloria aveva
espresso l’intenzione
di presentare per suo
figlio la domanda della
cittadinanza italiana,
ma aveva rinunciato
quando si era sentita
dire che l’iter non si
sarebbe potuto concludere a causa della
disabilità di Cristian, che
quindi non avrebbe potuto fare un giuramento
valido. Ne era nata una
mobilitazione; dall’Associazione italiana
persone down (Aipd),
che vede Cristian fra i
propri iscritti, era stata
evidenziata la necessità
di modificare la normativa attuale in tema
di acquisizione della
cittadinanza (L. 91/92)
per renderla coerente
con il dettato dell’art. 18
della Convenzione Onu
sui diritti delle persone
con disabilità, ratificata
dall’Italia. Che impone
di non poter negare la
cittadinanza a motivo
della disabilità. Gloria
ha chiesto «una legge
che dia questo diritto a
tutti».
mostre
Sarte e riciclo: nasce il brand Quid Cantieri sicuri protagonisti
inque under 30
trascorso di violenza
della Triennale di Milano
C
del veronese
hanno dato vita a una
cooperativa sociale che
fa del recupero dei capi
d’abbigliamento made
in Italy, e dell’impiego
delle persone
svantaggiate, le sue
ragioni fondanti. I capi di
fine collezione o giacenti
in magazzino vengono
così riadattati con lavori
sartoriali e rivenduti
con il brand Quid (dal
nome del progetto).
Nella cooperativa
sono occupate sette
donne, di cui una
disabile romena con un
domestica alle spalle, e
due dei soci sono non
vedenti. Per il futuro
«vogliamo potenziare
la rete di vendita –
spiega la presidente
Anna Fiscale –, ma
soprattutto ampliare
la collaborazione con
aziende di moda e far
sì che siano le stesse
grandi firme a rivendere
i loro invenduti con il
marchio Quid for...».
Il progetto ha vinto
il premio per giovani
imprenditori “A caccia di
pionieri”. Per saperne di
più: Progettoquid.it.
A
rchitettura ed
edilizia sicura in
mostra alla Triennale di
Milano. S’intitola “Senza
pericolo! Costruzioni e
sicurezza”, l’esposizione
in programma fino
all’inizio di settembre
nel capoluogo
lombardo. L’obiettivo è
quello di porre l’accento
sul piano educativo
7
attraverso la formazione
culturale dei lavoratori,
dei datori di lavoro e
dei professionisti del
settore. La mostra,
curata da Federico Bucci
e con l’allestimento
di Alessandro e
Francesco Mendini, è
suddivisa in 9 sezioni:
zona residenziale,
ricostruzione,
macchine invisibili,
spazi del lavoro più
men and women at
work, architettura
e sorveglianza,
dispositivi di protezione
individuale, una nuova
città sicura, paesaggi
della sicurezza.
I World Masters Games
di Torino si aprono alla
disabilità. La novità
dell’edizione 2013 di
questa manifestazione
sportiva per atleti dai 25
ai 35 anni, in programma
dal 2 all’11 agosto nel capoluogo piemontese, è
proprio che per la prima
volta sono state inserite
alcune discipline paralimpiche: atletica (100 e
800 metri, salto in lungo
e lancio del peso), nuoto
(tutti gli stili) e tiro con
l’arco (olimpico e compound). Informazioni:
Torino2013wmg.org.
l’inchiesta Asperger pride
L’orgoglio sommerso
Negli anni Quaranta il dottor Hans Asperger scoprì
le caratteristiche della sindrome che la psichiatra Lorna
Wing rese celebre per la prima volta nel 1981. Ma solo
di recente le persone autistiche ad «alto funzionamento»
sono venute allo scoperto. Soprattutto grazie al web
8
Maurizio Cogliandro è nato nel 1979 a Bracciano
(Roma). Studia fotografia al Leeds College of
Art&Design, Leeds (Regno Unito) e poi alla Scuola
romana di fotografia. Riceve il “Premio Canon
giovani fotografi” (2005), il “Premio Pesaresi” (2006)
e il “Premio attenzione talento fotografico Fnac”
(2009). I suoi lavori sono stati esposti in diversi musei
e gallerie nazionali e internazionali.
Nel 2010 pubblica il libro monografico Lidia, il cielo
cade (Postcart Edizioni), un diario intimo e privato
sugli ultimi anni di vita della madre. Nello stesso
anno entra a far parte dell’agenzia Contrasto
(Contrasto.it). Vive e lavora nella capitale.
degli Aspie
G
Antonella Patete / foto Maurizio Cogliandro
uarire dall’autismo? No, grazie!
C’è un orgoglio che corre sulla rete e che solo in pochi conoscono.
Il desiderio di sconfiggere l’angoscia di
essere diversi dai propri simili rivendicando un altro modo di vivere, comprendere, sentire. Dopo le minoranze
etniche, religiose, gay, l’elogio della
(propria) differenza parte dagli Aspie:
persone con quella sindrome di Asperger di cui solo da qualche lustro si comincia a sentire parlare.
Il termine fu infatti usato per la prima volta dalla psichiatra inglese Lorna
Wing nel 1981 per rendere omaggio al
pediatra austriaco Hans Asperger, che
negli anni Quaranta aveva studiato un
gruppo di bambini accomunati da una
serie di caratteristiche mai descritte prima di allora. Peculiarità che affascinarono il timido e schivo dottor Asperger
e che continuano a colpire ancora oggi
scrittori, registi, attori: sedotti da questa particolare forma di autismo ad alto funzionamento che racchiude al suo
interno tante difficoltà e altrettante potenzialità. Perché se gli Aspie hanno
problemi a comprendere le regole sociali e le emozioni di chi li circonda, sono
generalmente persone educate e gentili.
E se è vero che hanno interessi estremamente settoriali e rituali e routine difficilmente modificabili, le loro capacità
cognitive non sono affatto compromesse. Anzi: la diversa organizzazione del
pensiero e la determinazione con cui
possono concentrarsi a lungo su un in-
9
teresse fanno sì che riescano a cogliere
nessi tra le cose e soluzioni che altri non
vedono. E che non di rado eccellano nelle scienze, nelle arti e nei mestieri.
D’altra parte la zoologa americana
Temple Grandin, icona del mondo Aspie
e testimonial famosa in tutto il mondo,
lo dice chiaramente. «Se per una qualche magia l’autismo fosse stato estirpato dalla faccia della Terra, gli uomini
starebbero ancora a socializzare davanti a un falò all’entrata di una caverna.
Perché chi credete abbia fatto le prime
lance di pietra? Il tipo con l’Asperger!».
E l’orgoglio di Temple trova mille conferme sul web: «La sindrome di Asperger non è una malattia, ma un modo di
essere. Penso diverso dunque sono!», si
legge a caratteri cubitali su Mondoaspie.
com, sito realizzato dalla madre di un
ragazzo di 13 anni.
E sul forum dell’associazione Spazio
Asperger, Pavely descrive l’Aspie prendendo in prestito una metafora dal suo
blog preferito: «È chi vive tra le nuvole
della propria immaginazione e dei propri sogni, chi non obbedisce alle regole
della società, della letteratura e dell’arte». Sempre sullo stesso forum, Someday scrive: «Non so voi, ma io quando
faccio un test Aspie ho paura di risultare neurotipico. Sono molto onesto nelle
risposte, ma vedere che ci sono persone
più Aspie di me mi fa sentire... anormale. E da qui capisco che un Aspie vuole
essere Aspie come un gatto vuole essere
gatto e un cane essere cane. Sono felice
l’inchiesta Asperger pride
di essere Aspie perché sono nato Aspie,
sono di questa specie e non vorrei mai al
mondo essere di un’altra specie».
E infatti non sempre (o quasi
mai) i cosiddetti neurotipici vengono
identificati come modelli di riferimento. Diventando in alcuni casi oggetto
di ironia, come nella definizione della “sindrome neurotipica”, pubblicata
da Mondoaspie.com. Dove la cosiddetta
“normalità” viene classificata come un
disturbo neurobiologico caratterizzato
da una preoccupazione eccessiva per le
relazioni sociali, un delirio di superiorità e un’ossessione al conformismo. I
neurotipici, dal canto loro, vengono descritti come individui socialmente rigidi, che non tollerano le differenze, non
sanno restare da soli e sono maggiormente inclini alle menzogne rispetto
alle persone autistiche.
Il web inoltre pullula di liste delle celebrità sospettate di Asperger risalenti
a tutte le epoche storiche: Michelangelo Buonarroti, Isaac Newton, Wolfgang
Amadeus Mozart, Albert Einstein, Steven Spielberg, Bill Gates, solo per fare
qualche esempio. Si tratta quasi sempre di casi presunti, d’altra parte non
potrebbe essere altrimenti, visto che la
sindrome esiste ufficialmente solo dalla fine del secolo scorso. Ma la cosa importante è che si tratta di personalità
di grande valore artistico o scientifico,
le cui esistenze sembrano veicolare un
unico messaggio: nascere con l’Asperger
può provocare sofferenze personali, ma
rappresenta un grande dono per l’umanità. Erika Becerra, presidente dell’associazione Asperger Pride (vedi box a
pag. 11), cita Jim Sinclair, attivista statunitense e fondatore nel 1992 di Autism
network international, che non ha proferito parola fino all’età di dodici anni:
«Ritrovo un grande significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito
da me stesso». Un concetto che la stessa
Erika ha deciso di tradurre in forma ludica ideando t-shirt dalle scritte ironiche, come “Non sono matto. Non sono
strano o maleducato. Ho la sindrome di
Asperger” oppure semplicemente “Vengo in pace”.
Magliette che Francesco Sarnari,
40 anni, laureato in fisica con tanto di
dottorato, ma ancora alla ricerca di un
primo impiego, non avrebbe timore di
indossare. Perché lui di coming out ne
ha già fatto un altro, e più impegnativo. «Da undici anni vivo col mio com-
10
pagno canadese Daniel: uscendo allo
scoperto mi sono sottoposto al giudizio sociale. Ora è più facile: la maggior
parte della gente non sa neppure cosa
sia la sindrome di Asperger». Francesco ha dovuto attendere 40 anni per ottenere ufficialmente quella diagnosi che
ha appena ricevuto dallo stesso professor Tony Attwood alla vigilia della sua
prima conferenza italiana, organizzata dall’associazione Spazio Asperger e
svoltasi nell’aula magna della facoltà di
Psicologia dell’università La Sapienza di
Roma, dinanzi a una platea di 400 partecipanti.
Tuttavia già da qualche mese Francesco aveva capito chi era. Per puro caso,
come spesso avviene nei soggetti adulti. «Un giorno una signora danese ha
detto a Daniel: “Credo che il tuo compagno abbia un tocco di Asperger”».
Quella frase ha colpito entrambi e subito si sono messi a caccia di spiegazioni sul web. Anche in questo caso, come
Erika, mille impegni un’unica battaglia
T
in tanti altri, la prima conferma è arrivata da Wikipedia. «Leggendo si è aperto un mondo – ricorda –. Via via che
andavamo avanti i singoli pezzi della
mia vita si ricomponevano in un quadro d’insieme».
E la diagnosi, sebbene fatta in casa, ha
fatto bene al rapporto di coppia donandogli maggiore serenità. «Finalmente
c’è più chiarezza – prosegue Francesco
–. Entrambi sappiamo che se non dico
“ti amo” e forse neppure “grazie” non lo
faccio in maniera intenzionale: c’è una
ragione oggettiva, ma non vuol dire che
io non sia in grado di volere bene. Esprimo il mio affetto ogni giorno, attraverso i gesti quotidiani: prendendomi cura
della nostra casa e del nostro gatto, per
esempio. E se a volte Daniel si arrabbia
per le mie carenze, tutti e due sappiamo che alla base del nostro rapporto c’è
qualcosa di più forte. Altrimenti non saremmo potuti andare avanti per undici anni».
utto è cambiato tre estati fa
quando finalmente il suo disagio
ha trovato un nome. E non che
fosse una che si rassegna a vivere
la vita così com’è, senza cercare un
senso, un indizio, una via di uscita alla
sofferenza di sentirsi un pesce fuor
d’acqua. Ma che il suo malessere dipendesse da una particolare sindrome
contemplata nel ventaglio dello spettro autistico, Erika, 28 anni, romana
(ritratta qui a fianco e nelle foto a
pagg. 8-9), non lo aveva mai preso
in considerazione. Neppure durante
i numerosi anni di indagini e analisi
in cui ha rivoltato la sua vita come un
calzino. Alla fine la risposta è arrivata
in maniera inaspettata: guardando un
film che neppure voleva vedere perché le storie sentimentali non le sono
mai andate troppo a genio. «Crazy in
love di Petter Næss è la storia di un
amore tra due persone con sindrome
di Asperger – racconta –. Sono rimasta
folgorata: più la storia andava avanti
più trovavo analogie strepitose con la
mia esperienza. Allora ho cercato su
Wikipedia e via via che leggevo, come
per incanto, i tasselli della mia vita si
ricomponevano in un mosaico. Fino a
quel momento avevo sempre vissuto
in un limbo di interrogativi che non
trovavano risposta: perché tutti mi
giudicavano strana e finivano sempre
col rifiutarmi?».
Dal giorno in cui ha visto quel
film Erika non si è fermata un solo
istante. Per prima cosa ha cercato
in rete notizie, associazioni e gruppi
che potessero aiutarla. Poi ha trovato un studio diagnostico che ha
confermato la sua idea: non era una
persona eccentrica, aveva una diversa
11
organizzazione neurologica, ovvero
un diverso modo di catalogare e rielaborare le informazioni. «Una volta
messi a posto i pezzi di questo mosaico, ho smesso di sentirmi in colpa
e ho cominciato ad auto-curarmi,
migliorando i comportamenti più
problematici – spiega –. Poi ho iniziato a cercare altri Asperger sparsi
per il mondo e ne ho trovati circa
500, che oggi fanno parte del mio
gruppo Facebook». Quello stesso
anno Erika ha fondato un’associazione
dal nome eloquente: Asperger Pride.
Scopo dell’organizzazione, che per il
momento è soprattutto una sorta di
piazza virtuale in cui confrontarsi, è
quello di attivare un sostegno reciproco tra giovani e adulti per superare
i propri limiti. «In Italia mancava una
realtà di self advocacy, attraverso la
quale le persone con la sindrome possano autorappresentarsi», spiega la
sua fondatrice.
Ma l’associazione organizza anche
momenti di svago e occasioni di conoscenza reciproca, come gli Asperitivi,
pensati per favorire il lavoro di squadra
e la socializzazione. Per il resto del
tempo Erika si divide tra vita personale e lavoro. Abita da un’amica, fa la
grafica freelance soprattutto ideando
gadget e t-shirt, frequenta il Gruppo
Asperger romano e collabora con la
Trattoria sociale Articolo 14, allestita
dalla cooperativa Garibaldi che realizza
progetti di integrazione per gli studenti autistici all’interno dell’omonimo
istituto agrario. Ma soprattutto Erika si
dedica al volontariato: «Da quando ho
conosciuto il mondo dell’associazionismo non posso più smettere, per me è
come una droga». [A.P.]
l’inchiesta Asperger pride
Adina Adami è presidente
dell’associazione Gruppo Asperger
Lazio (Asperger.it), ma anche la mam-
ma di Elena, una ragazza di 23 anni con
la sindrome di Asperger, che attualmente studia Lingue all’università. Il suo è il
punto di vista dei familiari ed esprime
la preoccupazione dei genitori per il futuro del propri figli. «Credo che in molti casi si possa fare una vita “normale”
o quanto meno dignitosa – spiega –. Ai
convegni e durante le diverse iniziative emergono gli aspetti più positivi, ma
la quotidianità delle famiglie resta molto dura, soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro e l’affettività dei
loro ragazzi: sono pochi quelli che hanno già avuto rapporti sentimentali e sessuali. Forse le cose andranno meglio per
i più piccoli che, essendo stati diagnosticati prima, potranno avere una vita più
facile, ma bisogna insegnare loro le strategie di base per vivere e non di rado cadono vittime del bullismo».
In quest’ottica il Pride può avere un
valore, a patto di dargli il giusto senso.
«Mia figlia non si vergogna di dire che
è Asperger, ma non si sente neppure orgogliosa in quanto tale – prosegue –.
Frequentando l’associazione, i ragazzi
hanno maturato una maggiore consapevolezza di sé con un sensibile beneficio per la loro autostima. Tuttavia ci
tengo a sottolinearlo: per me non è una
questione di orgoglio, ma piuttosto di
dignità personale». Dignità che nel corso della vita viene calpestata tante volte,
e che soltanto un opportuno supporto è
in grado di salvaguardare. «Senza una
diagnosi, in età adulta molti sfociano
in casi psichiatrici mentre, con un aiuto adeguato, sarebbe possibile imparare
a gestire i disturbi dell’ansia».
Tra i tanti problemi che impediscono alle persone con Asperger di avere
una vita più facile, Adina Adami sottolinea la mancanza di una legge nazionale sull’autismo che garantisca, tra l’altro,
l’accesso alle terapie previste dalle linee
12
guida dell’Istituto superiore di sanità e
la mancata applicazione del dettato della legge 328/2000, che affianca il trattamento sociale a quello sanitario. Ma
la lista potrebbe aumentare a dismisura: «Non ci sono insegnanti qualificati, manca un approccio terapeutico da
parte delle Asl che nel Lazio cominciano
solo ora a fare diagnosi, sarebbe necessaria un’operazione di sensibilizzazione
nelle scuole per combattere il problema
del bullismo e si dovrebbe affrontare la
Pietro, una vita di corsa
A
questione della socializzazione e del lavoro, solo per dirne qualcuna».
A denunciare l’uso di terapie non
del tutto efficaci dal parte del servi-
zio pubblico è anche Davide Moscone,
psicologo e fondatore dell’associazione
Spazio Asperger, che attraverso il proprio sito (Spazioasperger.it) veicola informazioni, notizie e approfondimenti
sulla sindrome. Ma convoglia anche
professionisti, familiari e diretti interessati che esprimono il proprio punto
di vista soprattutto attraverso un forum
molto frequentato. «Nel nostro Paese
manca in primo luogo cultura e conoscenza – spiega Moscone –. Da noi arrivano continuamente persone che si
sono riconosciute nella sindrome e a cui
i professionisti hanno dato risposte del
tipo: “Ma sei sposato, gli Asperger non
possono” oppure “ma non sembri Rain
man”, o ancora chiedono dei traumi che
hanno subito da bambini e se la mam-
l principio furono le automobili:
era poco più di un bambino e
già trascorreva ore a leggere le
schede tecniche di tutti i modelli in
commercio e a seguire attentamente
i risultati delle corse. Poi è arrivata la
fase della matematica, con il fascino
impeccabile della sua precisione e
il suo rigore, scalzata qualche anno
dopo dalla mania per l’informatica,
assurta in poco tempo da passatempo secondario ad attrazione
preponderante. Seduto sulle panche
del cineclub Detour di Roma, Pietro,
41 anni (ritratto in queste pagine),
racconta le grandi passioni della sua
vita. Centri di attrazione che non
possono essere liquidati come hobby,
dal momento che la selettività degli
interessi è tra le caratteristiche principali degli individui con sindrome di
Asperger. «Posso trascorre anche 14
ore dinanzi a un computer», confida
Pietro che, dopo essere stato licenziato dall’azienda dove lavorava come
sviluppatore di software al termine
di un periodo di mobbing, da sei anni
esercita in proprio la professione di
consulente informatico.
Negli ultimi tempi però «una
nuova passione si sta sostituendo
a quella dell’informatica e forse
l’ha già sostituita». È l’impegno nel
volontariato, a cui si dedica già dal
1998 all’interno di un’organizzazione
che si occupa di diritti umani e che
dal 2006, anno in cui ha ricevuto la
diagnosi, ha assunto nuovi connotati.
Perché ormai investe gran parte della
sua giornata e delle sue energie a
favore di chi, come lui, ha la sindrome
di Asperger o rientra nello spettro
autistico. «Sono vicepresidente del
Gruppo Asperger onlus e da tre anni
consigliere come self-advocate di
Autism Europe, un’organizzazione
che raggruppa oltre 80 associazioni
provenienti da tutta l’Unione,
13
rappresentando circa 5 milioni di
cittadini con autismo». Tra le battaglie
di Pietro vi è dunque quella di aiutare
altri a raggiungere condizioni di vita
più soddisfacenti, a partire dalla
conquista di una diagnosi, che anche
nel suo caso è arrivata per caso e solo
all’età di 35 anni. «Me ne sono reso
conto leggendo la recensione di un
libro di Uta Frith – ricorda –. Si diceva
che le persone con autismo mancano
di intuizione emotiva: questa frase
mi ha colpito». Da quel giorno Pietro
si è messo alla faticosa ricerca della
causa di tanti fatti, comportamenti,
emozioni della sua vita. «Ho
cominciato un percorso diagnostico
complicato, passando dal medico di
base alle psicologhe della Asl, che
però non erano competenti in questo
campo. Parlavano dei miei problemi e
di come risolverli, mentre per me era
fondamentale capire chi ero».
Una volta ottenuto quello che
cercava, Pietro ha cominciato a
frequentare persone come lui.
Trova utile guardare gli altri per
comprendere meglio se stesso e
ritiene suo dovere aiutare i più giovani
a intraprendere un cammino più
facile del suo. Tuttavia, ha deciso di
non fare coming out: «È una cosa
intima e personale – dice –. Voglio
decidere io a chi spiegarlo, quando
spiegarlo e come spiegarlo. In alcuni
casi rivelarlo può dare vita a pregiudizi
e discriminazioni, cosa che mi è già
accaduta».
Oggi il problema principale di Pietro
è riuscire a organizzare le numerose
attività che porta avanti nel corso
della giornata, rispettando tempi e
impegni. Ma da due anni nella sua vita
c’è posto anche per un passatempo
vero: l’atletica leggera e soprattutto la
corsa che pratica tre volte a settimana:
«Mi dà sensazioni molto positive, è
stato un vero piacere scoprirlo». [A.P.]
l’inchiesta Asperger pride
ma li ha allattati al seno. Arrivano genitori distrutti perché ancora c’è chi
considera l’autismo una psicosi provocata da una madre anaffettiva. Quindi
c’è un duplice problema nei professionisti: un attaccamento a teorie da dinosauri che ormai hanno mordente solo in
Italia e Francia e un’ignoranza specifica sulle caratteristiche e i bisogni delle
persone Asperger». Per questo un gruppo di lavoro formato da psicologi appartenenti a diverse università ed enti
di ricerca italiani sta già lavorando alla validazione di uno strumento diagnostico già in uso in altri Paesi, che lo
stesso Attwood ha presentato durante la
due giorni romana.
«Il Pride nei Paesi anglosassoni è
nato nel momento in cui gli Asperger
si sono resi conto di esserlo e di non essere soli grazie a Internet – sottolinea
lo psicologo –. Molti adulti vengono
da esperienze che avrebbero disintegrato qualsiasi individuo, quindi è importante che le persone con Asperger
acquistino un forte senso di autostima
e autoefficacia». C’è però un’altra faccia della medaglia, un «lato oscuro» di
cui diffidare. «Penso ai movimenti degli afroamericani – riflette –. Ci sono
Martin Luther King e Malcolm X. Anche l’orgoglio autistico può assumere
entrambe le forme. Una positiva, di autoefficacia, autostima e aiuto nei confronti degli altri. E l’altra di arroganza,
che magari è un meccanismo comprensibile di difesa rispetto alle difficoltà e
ai torti subiti in passato, ma anche una
forza distruttiva rispetto agli obiettivi di
integrazione». Tra i due poli, l’alternativa è l’accettazione, intesa né come superbia né come passiva rassegnazione:
«Entrambi i meccanismi portano a pretendere un adattamento unidirezionale
della società verso le persone Asperger»,
mentre accettarsi vuol dire rivalutare
«le “infinite diversità” come una risor-
14
sa e non come un impedimento a una
“vita omologata” vista come “normale”.
Questa è un’accettazione che permette
di crescere e di avere fiducia nel superamento delle proprie debolezze e consente di mettere a frutto i propri talenti e di
porli al servizio degli altri».
D’altra parte di valorizzazione delle
potenzialità personali aveva già parlato
John Elder Robison nel volume Guardami negli occhi, pubblicato per la prima
volta negli Stati Uniti nel 2007 e por-
Marco, la passione per il cinema
N
tato in Italia da Sperling & Kupfer nel
2009: ex ingegnere del suono dei Kiss
e dei Pink Floyd ed ex inventore di videogiochi, Robison ha scoperto di avere l’Asperger solo dopo i 40 anni. La sua
autobiografia ha fatto il giro del mondo ed è stata tradotta in 22 lingue diverse, diventando una sorta di Bibbia
per la comunità Aspie internazionale.
Il successo lo ha incoraggiato a scrivere
di nuovo ed è notizia di questi giorni la
traduzione in italiano da parte dell’editore Armando di un altro suo libro: Be
different, in italiano Siate diversi. Storia
di una vita con l’Asperger. Senza autocommiserarsi né incensarsi, l’ingegnere
del suono statunitense cerca ancora una
volta di spiegare come costruire una vita serena, accettando la propria natura.
E rivela a chi voglia saperlo il segreto del
suo successo: cercare di andare d’accordo con gli altri, ma soprattutto con se
stessi. Come? Individuando il proprio
talento e coltivandolo con tutte le forze.
el piccolo cineclub Detour, nel
quartiere romano di Monti,
si svolge l’ultima proiezione
della stagione organizzata in collaborazione con l’associazione Gruppo
Asperger prima della chiusura estiva.
Marco, 25 anni, studente di Lettere,
musica e spettacolo, introduce la visione di Elling, film sull’esperienza di
essere diversi diretto da quello stesso
Petter Næss che in Crazy in love racconta la storia d’amore tra due Aspie.
«Due regole semplici semplici prima
di cominciare – avverte –: spegnete i
cellulari e alzatevi solo per necessità».
Marco (nelle foto) è una delle
colonne portanti del piccolo
gruppo di ragazzi con sindrome
di Asperger che ogni due sabati
frequenta il cineforum di via Urbana.
È appassionato di cinema fin dall’età
di dodici anni «quando ho cominciato
a guardare con curiosità film di ogni
genere, dalla commedia al thriller».
E già allora, malgrado la giovane età,
non si limitava a seguire la trama:
prima ha iniziato a incuriosirsi per
tutto quello che si muoveva dietro la
macchina da presa, poi ha esteso il
suo interesse alla storia del cinema.
«Amo tutti i generi, tranne l’horror
– racconta –. Quando ero piccolo
mi piaceva soprattutto Hitchcock,
attualmente il mio regista preferito
è Stanley Kubrick e tra gli italiani
prediligo Virzì, Sorrentino e Moretti».
La sua ambizione è quella di riuscire
a lavorare un giorno nel mondo dello
spettacolo, grazie anche all’esperienza
all’interno dei diversi progetti
che il cinema Detour ha portato
avanti con giovani con sindrome di
Asperger negli ultimi cinque anni. E
che Marco ha frequentato fin dalla
prima ora: «Tutto è cominciato nel
2008 quando io e altri ragazzi del
15
Gruppo Asperger abbiamo iniziato
a seguire il cineforum. Nel 2009
abbiamo frequentato un laboratorio,
da cui è nato un documentario sulla
vita domenicale nel rione Monti,
imparando a usare la telecamera
e a fare le interviste. Poi abbiamo
voluto gestire noi stessi il cineclub,
documentando questa attività nel
mediometraggio Lo sguardo degli
Aspie».
Dal successo di questo video, presentato al Festival Cimemautismo di
Torino nel 2012, è nata la più ambiziosa delle esperienze: organizzare
una propria rassegna, fatta tutta da
persone con Asperger, che si è conclusa il 16 giugno al museo Maxxi di
Roma con la visione e la premiazione
delle opere vincitrici. Solo una delle
due sezioni dell’As Film Festival è
dedicata ad autori autistici o a opere
che raccontano storie legate alle
varie sfaccettature dello spettro. «La
grande sorpresa è che abbiamo ricevuto circa cento film, molti dei quali di
buono od ottimo livello», commenta
Giuseppe Cacace, coordinatore della
rassegna e anima, insieme ai ragazzi
con Asperger, di questa esperienza.
Rinnovandosi a ogni edizione, attraverso nuove iniziative e nuova
consapevolezza da parte del gruppo
di giovani che frequentano il Detour.
Che non si limitano più a seguire i
film e le attività proposti da altri, ma
rivendicano un ruolo da protagonisti
proponendo le pellicole da vedere
attraverso un tazebao online. E che
oggi, dopo la proiezione dei film,
preferiscono andare a mangiare una
pizza piuttosto che fare il dibattito.
Segno dell’inesorabile tramonto di
vecchie abitudini culturali o della
scoperta di un nuovo piacere di stare
insieme agli altri. [A.P.]
INSUPERABILI Intervista a Tony Attwood
Noi neurotipici
come fiori fragili
Psicologo clinico e pioniere
nel trattamento
delle persone con Asperger,
Attwood lavora soprattutto
sulla possibilità
di assicurare una
migliore qualità della vita.
Aiutando i suoi pazienti
a fare i conti con
la propria diversità
P
A.P.
er lui un autistico è «una persona che nella vita ha trovato di meglio che socializzare». Come molti
dei suoi connazionali britannici, Tony
Attwood, classe 1952, psicologo clinico
e uno dei massimi esperti mondiali in
tema di sindrome di Asperger, riesce
a dosare sapientemente umorismo e
analisi pacata di un fenomeno di cui si
sa ancora molto poco. Cominciò a occuparsi dei disordini dello spettro autistico all’inizio degli anni Settanta e nel
1992 il suo interesse si focalizzò sulle
persone con sindrome di Asperger, un
tipo di autismo ad alto funzionamento allora pressoché sconosciuto. Oggi
Attwood risiede in Australia, dove ha
svolto la maggior parte della sua attività di clinico e studioso, focalizzando
il suo interesse soprattutto sul trattamento di ansia, rabbia, depressione e
manifestazione dell’affetto da parte dei
più giovani.
16
Ancora oggi non tutti riescono ad avere
una diagnosi, neppure in età adulta. Come può accadere una cosa del genere e
quali sono le conseguenze?
La difficoltà di ricevere la diagnosi
riguarda soprattutto gli adulti e le donne in particolar modo. Invece ottenerla è fondamentale, perché essa fornisce
una spiegazione alle proprie caratteristiche, abilità ed esperienze pregresse.
Comprendere il presente getta luce sul
passato e offre indicazioni per il futuro. Perché più capisci te stesso, più sei
in grado di prendere decisioni sulla base delle tue reali possibilità.
Ma ottenere prima la diagnosi aiuta?
Direi di sì. Tutte le volte che chiedo
a un adulto quando avrebbe preferito
essere diagnosticato, la risposta è sempre la stessa: «Il più presto possibile, almeno non mi sarei sentito così stupido
e strano».
Autore di
numerosi testi
scientifici, Tony
Attwood è stato
appena tradotto
per la prima volta
in italiano da
Armando Editore,
che con il suo
volume Esplorare
i sentimenti.
Terapia cognitivo
comportamentale
per gestire ansia e
rabbia inaugura la
collana “Infinite
diversità”,
interamente dedicata ad autismo e
sindrome di Asperger. A inizio giugno
Attowod è stato a Roma, dove ha tenuto
un seminario di due giorni organizzato
dall’associazione Spazio Asperger.
Quali sono le principali difficoltà di una
persona con Asperger rispetto agli affetti e alle amicizie?
Spesso non riescono ad avere degli
amici e soprattutto hanno problemi
a mantenerli. Non sentono l’esigenza di manifestare i propri sentimenti, soprattutto attraverso le parole.
Per questo dico loro: «I neurotipici sono persone delicate, hanno bisogno
di sentirsi dire continuamente che gli
vuoi bene. Sono come fiori fragili: se
non glielo dici, dopo un po’ appassiscono».
Negli ultimi anni si è cominciato a sentir
parlare di Asperger pride: un passaggio
dall’accettazione di sé all’orgoglio di essere quello che sei. Qual è la sua opinione in proposito?
Si è occupato a lungo di Asperger al femminile. Quali sono le principali caratteristiche delle donne con questa sindrome?
Rispetto agli uomini le donne sono
più intelligenti, costruttive e creative
nell’affrontare la propria diversità. Le
ragazze imparano a socializzare guardando le loro coetanee. Le osservano
e a volte le imitano, cambiando personalità a seconda della situazione. Così
apprendono come comportarsi, diventando molto brave a nascondere la propria confusione sociale.
I problemi arrivano dopo: gli adolescenti avvertono a pelle che qualcuno
è diverso e, a quell’età, se una persona non è come le altre viene derisa e
rifiutata. Le donne, dunque, generalmente vengono diagnosticate nell’adolescenza o nell’età adulta perché sono
più brave a camuffare la propria differenza e a imparare, attraverso l’osservazione e l’imitazione degli altri, il
comportamento da tenere. Ma si sentono comunque diverse, anche se fanno di tutto perché gli altri non se ne
accorgano.
re connessioni tra le cose che gli altri
non vedono. Insomma la scienza e l’arte hanno bisogno di loro. Il problema è
che la maggior parte degli esseri umani
pone la socializzazione al primo posto,
per cui il loro modo di fare non risulta
molto popolare.
Si sente parlare di sindrome di Asperger
Nella mia esperienza è raro che un
soprattutto in relazione alla presenza di adolescente possa provare l’orgoglio di
talenti eccezionali. Cosa c’è di vero in que- essere Asperger. A volte i giovani risto e – soprattutto – è vero per tutti?
fiutano perfino di essere definiti tali.
La sindrome di Asperger comporta
un modo differente di percepire la realtà, di apprendere e di pensare. Il cervello è organizzato diversamente e in
alcuni casi le abilità intellettuali possono sfociare nella creatività o in una
particolare attitudine nella risoluzione
dei problemi, soprattutto per quanto riguarda le discipline scientifiche. Alcuni
hanno difficoltà ad esprimere le emozioni attraverso le parole, ma riescono
a comunicare con la musica, la pittura, la poesia o la fotografia. Rifugiarsi
nell’immaginazione può essere un modo per combattere l’isolamento. Inoltre
le persone con Asperger hanno l’abilità di dedicarsi alla soluzione di un problema più a lungo e con più intensità, la
determinazione e la capacità di coglie-
17
Non perché non siano d’accordo sulla
diagnosi, ma perché sono terrorizzati dalla reazione dei coetanei rispetto a una definizione che attesta la loro
differenza. Non riescono ad accettare
l’idea di essere diversi perché hanno
paura di essere presi in giro, stigmatizzati, rifiutati. L’orgoglio di essere quello che sei può arrivare solo più
tardi, con l’avvento della maturità e
di una maggiore fiducia e consapevolezza di sé. A mio avviso, comunque,
è una gran cosa, perché significa innanzitutto accettarsi. E questo è un
magnifico antidoto alla depressione,
assai meglio di qualsiasi medicina.
Non a caso tanti dicono: non voglio diventare un neurotipico di serie B, preferisco essere un Asperger di serie A.
cronache italiane Roma
Filmando i cinghiali a Castel Porziano
Sette ragazzi con sindrome di Down si sono cimentati nella realizzazione
di un documentario ambientato nella Tenuta del presidente della Repubblica,
vicino Ostia. Un’iniziativa nata dalla collaborazione tra l’Aipd e il Quirinale
I
Marta Rovagna
cinghiali e le loro corse, la mamma
con i piccoli, e poi gli uccelli nella
stazione di inanellamento, dove vengono monitorati i flussi migratori e dove i guardia caccia li prendono a testa in
giù, delicatamente, tenendo ferme le ali
per mettere loro un sottile braccialetto
di riconoscimento. E ancora i cavalli allo stato brado, sempre un po’ spaventati
dalla presenza di automobili e di esseri
umani, e i cavalli delle scuderie dei Carabinieri, con le loro unghie da limare
per poter avere dei ferri nuovi agli zoccoli. La bellezza della spiaggia libera in
primavera e l’importanza di tenere pulita la battigia, il gusto di lavorare con i
fiori e con le piante nel vivaio “sporcandosi le mani” nel riempire i vasi di terra
con i semi. E poi mangiare tutti insieme
in campagna, apparecchiando e sparecchiando, gustare una brace di salsicce
dietro una capanna nel bosco e camminarci dentro il bosco, pieno di fango,
18
piante basse e alberi che regalano tanta
ombra e che nascondono reperti archeologici. Passeggiare, guardare, filmare,
gustare, riconoscere, stupirsi.
È stata questa l’attività di Giuseppe,
Andrea, Giada, Martina, Luca, Orazio e
Antonio, sette ragazzi con sindrome di
Down che hanno partecipato a uno stage come reporter presso la Tenuta di Castel Porziano, vicino a Ostia. L’area, di
proprietà del presidente della Repubblica, è stata per la prima volta lo scenario
di un’esperienza lavorativa inedita: quella, per delle persone con sindrome di
Down, di diventare reporter di un luogo
sconosciuto ai più, sicuramente a quasi
tutti i romani, e pieno di “meraviglie” da
scoprire.
Questa esperienza, che si inserisce in una collaborazione ormai
decennale tra il Quirinale e la sede nazionale dell’Associazione italiana persone down (Aipd), ha avuto la finalità di
sviluppare competenze specifiche come registi e cineoperatori, acquisendo
capacità espressive tramite strumenti
tecnologici, quali video, foto e prodotti
audio-visivi: in pratica si tratta di imparare a scegliere cosa filmare e a rendere
il bello di quello che si è visto, raccontandolo con immagini e musica. Giuseppe e
Andrea vengono dalla provincia di Caserta, Giada e Martina da Oristano, Luca, Orazio e Antonio da Potenza. Alcuni
frequentano ancora la scuola, altri hanno iniziato percorsi di avviamento al lavoro, tutti sanno muoversi in una città,
memorizzare la direzione della metro,
comprare i biglietti dei mezzi pubblici,
scegliere un posto dove andare a mangiare la sera e controllare i propri oggetti personali.
«È stato un tirocinio lavorativo particolare – racconta Michele Videtta,
operatore di riferimento dei ragazzi di
Potenza, nell’Aipd da otto anni –: per la
prima volta non si trattava di realizzare
un “prodotto” concreto, ma un risultato intellettuale. I partecipanti sono stati
stimolati a riflettere sulla scelta delle foto e delle immagini, per poi lavorare al
montaggio finale. L’attività, difficile aper
chiunque, è stata affrontata dai ragazzi
in completa autonomia: un’esperienza
entusiasmante».
Le due settimane, dal 12 al 19 marzo
e dall’8 al 12 aprile scorsi, sono state organizzate in collaborazione con l’ufficio
di Coesione sociale del Quirinale, il servizio fotografico del palazzo presidenziale e il settore della tutela e gestione
ambientale della Tenuta di Castel Porziano. A dirigere lo staff che ha seguito
gli stagisti è stato Giuseppe Landucci, assistente tecnico delle tenute presidenziali: «Non era la prima volta che lavoravo
con persone disabili, è stata un’esperien-
za veramente arricchente. I momenti più
intensi sono stati quelli nei vari laboratori e nel vivaio: impegnarsi insieme nel
costruire qualcosa ci ha unito, creando
un clima di grande affiatamento tra lo
staff e gli ospiti».
I due momenti di stage sono stati
strutturati in modo diverso: nel primo i
ragazzi hanno visitato la tenuta filmando e fotografando, mentre durante la seconda fase è stato realizzato un vero e
proprio montaggio, con la selezione di
immagini e musica da inserire nella clip.
«Il primo giorno la qualità delle immagini non è stata granché – ammette l’operatore di Potenza –, ma dopo aver dato
loro delle regole con cui gestire meglio le
videocamere i risultati sono stati migliori. In ogni lavoro esistono delle norme da
seguire, per le persone con sindrome di
Down è fondamentale avere strumenti di questo tipo per orientarsi». L’esperienza a Roma non è stata solo quella
I ragazzi dell’Aipd durante lo stage presso la Tenuta
di Castel Porziano (Roma)
19
dello stage a Castel Porziano, ma anche
quella di vivere in piena autonomia per
tutto il periodo del soggiorno, dall’alzarsi la mattina, lavarsi, vestirsi, scendere a
fare colazione, a comprare i biglietti dei
mezzi pubblici, trovare l’itinerario giusto, camminare per strada, attraversare,
scegliere dove mangiare a cena.
«Abbiamo lavorato in sintonia con gli
altri operatori – racconta Ilaria Loddo,
operatrice dell’Aipd di Oristano –. Insieme abbiamo deciso di stimolarli al
massimo nel vivere la giornata da protagonisti, in ogni momento e per qualsiasi scelta. Siamo stati sempre con loro,
ma il nostro intervento attivo non è mai
stato essenziale». Per Martina, di 21 anni, lo stage a Roma «è stato speciale, mi
è piaciuta molto la tenuta del Quirinale, è stato bello fare nuove amicizie con
le persone che lavorano lì. Questa esperienza mi è servita molto perché ho imparato tante cose che ho trovato molto
interessanti».
SOtto la lente Colpo di genio
La mia sfida?
Navigare sul web
senza ostacoli
Sogna un mondo dell’informatica privo
di barriere. Vincenzo Rubàno, non vedente
dalla nascita, dice ai programmatori: «Vi tengo
d’occhio. L’informazione non accessibile
è una discriminazione»
20
«P
Sara Mannocci
arliamoci chiaro, il problema
esiste. La vista non c’è, alcune barriere non si possono superare senza aiuti». Vincenzo Rubàno,
salentino di 18 anni, non vedente dalla nascita, è da poco rientrato in Italia da Portland, negli Stati Uniti, dove
ha partecipato al congresso della Drupal Community insieme a informatici
sviluppatori come lui, in arrivo da ogni
parte del mondo. Drupal è una delle più
importanti piattaforme oggi in circolazione per dare vita a siti web e gestirne
i contenuti. Un viaggio, quello di Vincenzo, ma soprattutto una prova con se
stesso. «Non sono mai andato da solo
fuori dall’Italia, è stato indispensabile
il servizio di assistenza delle compagnie aree sia per gli spostamenti che
per muoversi in aeroporto. Non è facile camminare senza riferimenti in un
luogo sconosciuto», racconta. Così come non è facile superare le barriere che
rendono inaccessibile il mondo dell’informatica, nata in lui come una vera e
propria passione quando aveva soli nove anni. Da allora – anche grazie al costante sostegno della famiglia – è un
crescendo, si interessa ai linguaggi di
programmazione, studia da autodidatta, sceglie come scuola superiore l’istituto tecnico “Costa” a Lecce per seguire
l’indirizzo informatico. «Molti pensano all’accessibilità da un punto di vista
puramente teorico – fa notare Vincenzo – ma occorre ragionare da un punto
di vista pratico».
tisti e programmatori per spronarli a
non trascurare la questione accessibilità. I risultati del sondaggio confluiscono nel sito di denuncia Titengodocchio.
it, creato da Vincenzo proprio attraverso Drupal. Nella “lista nera” on line cominciano a confluire segnalazioni di
programmi e siti non accessibili, che
vengono verificate e rese pubbliche attraverso un report.
«Le segnalazioni sono molto più numerose di quelle che riesco a verificare
– aggiunge l’informatico –. Ma la mia
sfida è sollecitare l’opinione pubblica.
Alcuni sviluppatori sono più sensibiLa voce di chi non vede. Di fatto,
li al problema, altri meno, spesso non è
nel momento in cui un programma, un
questione di cattiva volontà, manca prosito web o un’applicazione presentano
prio la conoscenza della tematica. Bisocontenuti inaccessibili, viene completagnerebbe far comprendere che lavorare
sull’accessibilità non è un peso: l’informente vanificata la funzione dello screen rider, strumento a disposizione delle
mazione non fruibile è di fatto una dipersone non vedenti che legge a voce
scriminazione, e come sempre il modo
ciò che appare sullo schermo, così comigliore per combatterla è lavorare sulme le informazioni nei testi. Se un sito
la cultura, in questo caso sulla formaè inaccessibile, dunque, lo screen rider
zione di chi programma».
non può materialmente funzionare. Co- Yes you can: storie di ordinaria
Nella rete, si sa, l’informazione corre
veloce: dal Salento agli Stati Uniti il passì è grazie a “M’illumino di meno”, la fa- disabilità su YouTube. «Non siamo
mosa giornata del risparmio energetico speciali, siamo normali». Come normali
so è breve. Grazie all’utilizzo della piatpromossa dalla trasmissione Caterpillar sono le storie di Giuliano, Ornella,
taforma Drupal, Rubàno comincia a
Lorenza, Davide, alcuni dei protagonisti
su Rai Radio2, che nel 2011 scatta l’idea dei video che ha pubblicato su YouTube
collaborare on line con gli sviluppatori
di gridare pubblicamente il problema la Fondazione Lucia Goderzo, impegnata del software open source, quindi aperto
dell’accessibilità e della fruizione del a Loreggia (Pordenone) accanto alle
a proposte, miglioramenti, modifiche.
computer da parte delle persone non ve- persone con disabilità. Esperienze di
Si fa notare e viene invitato a Portland,
al congresso ufficiale, per lavorare sul
denti. Vincenzo, accompagnato da circa non vedenti che ogni giorno affrontano
fronte accessibilità.
un anno dalla fedele Marisol, splendido i problemi di tutti: il lavoro, la famiglia,
«Nel caso di Vincenzo è come se paraesemplare di Labrador cane guida, no- una casa e vari impegni. «Quelle che
raccontano sono storie di normalità:
nostante la giovane età ha ben chiaro il si
dossalmente
l’handicap si fosse tradota dimostrazione che se si vuole si può
suo obiettivo: far ragionare, innescare arrivare – scrive Giuliano Beltrami, uno dei to in risorsa – spiegano gli insegnanti
discussioni, tenere alta l’attenzione sul protagonisti, giornalista del quotidiano
del “Costa” –, portandolo a sviluppare
tema dell’accessibilità informatica, che L’Adige –, pur partendo da situazioni
intelligenza, memoria, capacità di anatende a rimanere nell’ombra. «Se tutti non facili. Perché non è facile per una
lisi e sintesi molto maggiori dei suoi cospengono le luci, io accendo una pagi- mamma non vedente allevare figli e
etanei. Se tutti i docenti di informatica
nelle scuole italiane inserissero l’accesna web con un sondaggio rivolto a chi gestire la casa o per un cieco navigare
non vede – spiega – per capire abitudi- in Internet, fare l’imprenditore, scrivere
sibilità nei programmi, sarebbe già uno
per un giornale, fare il programmatore.
strumento per educare futuri sviluppani, problemi e difficoltà nell’accesso al Però lo possono fare e lo fanno». Video
web e alle tecnologie». Così “M’illumi- su http://www.youtube.com/channel/
tori». E cosa c’è nel futuro di Vincenzo?
Anzitutto il diploma: «Non cerco gloria,
no di meno... ma ‘ci vedo’ di più” rac- UClquStNq0tCHsaKNTPSeTjQ. [S.M.]
ma tutte le barriere che si possono supecoglie circa 370 voci di persone disabili
che immaginano di rivolgersi a progetrare dovrebbero essere superate».
21
oltreconfine Regno Unito
Lawrence,
una disabilità
senza diagnosi
Quando aveva pochi mesi i suoi
genitori si accorsero che qualcosa non
andava, ma finora nessun medico
è riuscito a dare un nome
ai suoi problemi. Il caso della famiglia
Kowalski non è però isolato: sono tanti
i bambini ancora non diagnosticati.
In Inghilterra e non solo
N
Maurizio Molinari
essun genitore accetta facilmente il fatto di avere un figlio disabile. Ma sicuramente per Catherine
Kowalski e per suo marito è ancora più
difficile, dato che il loro secondogenito
Lawrence, due anni e mezzo, è nato con
una sindrome non diagnosticata. «Era
un neonato del tutto normale – racconta sua madre –: dormiva, mangiava
e interagiva come qualsiasi altro bambino, una vera gioia. Poi, a due o tre
mesi, ci siamo resi conto che aveva problemi a tenere alta la testa e a muoversi, non sorrideva, insomma presentava
dei comportamenti anomali. Abbiamo
pensato che un po’ di fisioterapia sarebbe bastata per risolvere il problema,
ma le cose invece di migliorare peggioravano: Lawrence non cercava i giocattoli, non emetteva i suoni tipici di ogni
bambino, non riusciva a stare seduto,
non seguiva il normale modello di sviluppo dei suoi coetanei».
Dopo innumerevoli esami medici,
elettroencefalogrammi, analisi del sangue, i genitori si sono sentiti dire che il
loro figlio aveva sicuramente una disabilità, ma non si sapeva di quale si trattasse. A livello genetico non risultavano
malformazioni note, eppure la lunga serie di sintomi manifestati dal piccolo
lasciavano pochi dubbi sul fatto che ci
fosse qualcosa che non andava: «La cosa più preoccupante sono le fortissime
crisi epilettiche – racconta Catherine –;
all’inizio non sapevamo proprio che fare. Ora Lawrence è capace di sedersi, sta
imparando a gattonare, riesce a comunicare quello che vuole a gesti, anche
se dice solo la parola “macchina”. Però
la pronuncia in modo appropriato, cioè
proprio quando siamo in auto».
Nonostante i momenti difficili che
hanno vissuto e continuano a vivere, entrambi i genitori hanno comunque cercato di trarre il meglio da questa
esperienza: «Non sappiamo fino a quan-
22
do Lawrence resterà con noi, se diventerà mai un adulto e che tipo di vita potrà
vivere, quindi cerchiamo di goderci ogni
secondo con lui come se fosse l’ultimo.
Cerchiamo di apprezzare ogni piccolo sprazzo di felicità – confida Catherine –. Ci siamo trasferiti da Londra in
un paesino in Cornovaglia, a sud-ovest
dell’Inghilterra; viviamo a 50 metri dal
mare. Lawrence ama imitare il rumore
dei gabbiani. Qui abbiamo trovato una
comunità di persone che ci aiutano molto, sono tutti gentili con noi».
Quasi paradossalmente, il bambino
«ha anche rafforzato la relazione fra me
e mio marito: abbiamo imparato a starci
vicini nelle difficoltà e a non biasimarci a vicenda se qualcosa va storto», aggiunge Catherine, stupita soprattutto
dalla reazione della primogenita Beatrice, quattro anni: «Si è sempre comportata in modo maturo. Quando suo
fratello ha cominciato ad avere le prime crisi, ci ha chiesto cosa non andas-
se e si è subito resa conto che il piccolo
necessitava di più aiuto di quanto non
ne avesse bisogno lei per fare anche le
cose più semplici. Ha imparato a essere generosa, ad apprezzare le differenze nelle persone piuttosto che a vederle
come qualcosa di negativo, a capire che
ognuno è unico a suo modo. Insomma,
ha sperimentato situazioni che i suoi coetanei non conoscono».
Secondo i medici, Lawrence ha una
malattia rara ancora ignorata dalla
scienza. Dicono che probabilmente imparerà a parlare, ma il suo futuro resta un grande punto interrogativo. La
famiglia Kowalski non è però la sola a
dover combattere contro un problema
senza nemmeno un nome. In Inghilterra, oltre il 30% dei bambini disabili non hanno una diagnosi specifica e
centinaia, se non migliaia di genitori, si
trovano nella stessa condizione di Catherine e suo marito. «Cercando su Internet sono venuta a conoscenza di una
Lawrence mentre gioca e, sotto, nel parco di Port
Eliot con sua madre Catherine e la sorellina Beatrice
rete chiamata Swan (che in inglese vuol
dire cigno), acronimo di Syndrome without a name, Sindrome senza un nome. Questo network unisce le famiglie
di bambini con disabilità non diagnosticate – prosegue la madre –. Ci aiutiamo molto fra noi, condividendo sia
i momenti difficili che i piccoli successi quotidiani».
Catherine ha anche un blog
(http://orangethisway.blogspot.co.uk),
in cui registra tutte le sue esperienze
con Lawrence: «All’inizio lo consideravo come una sorta di diario, poi molte
persone hanno cominciato a interessarsi, a dirmi che anche loro vivevano
23
le stesse situazioni, frustrazioni, gioie;
da lì è partita una comunità telematica
molto attiva, che rappresenta uno strumento utile per confrontarsi e imparare
dalle testimonianze altrui». Catherine non sottostima il ruolo che il denaro può giocare in casi come quello di
suo figlio: «Attraverso Swan ci stiamo
impegnando a essere sempre più attivi nelle attività di fund raising. Questo
non soltanto perché i soldi servono a finanziare le ricerche sulle malattie rare
e non ancora diagnosticate, ma anche
per dare un sostegno sempre più concreto alle famiglie che si trovano nella
nostra stessa condizione e che spesso si
sentono perse e isolate».
E sul futuro di Lawrence, la madre
conclude: «All’inizio avevamo speranze che potesse addirittura guarire, ma
ora conviviamo con il pensiero che la
sua disabilità, qualunque cosa sia, resterà. Così ci godiamo ogni sorriso che
Lawrence ci strappa».
portfolio Altri sguardi
Bambini africani
e asiatici. Ciechi o affetti
da malattie alla vista,
passano le loro dita
e accarezzano gli oggetti
per riconoscerli, per
decodificare il mondo
con gli altri sensi a loro
disposizione. Accanto,
genitori, medici,
insegnanti, operatori
sociali e sanitari che
collaborano con la ong
Cbm, rete costituita da
undici associazioni
nazionali (Australia,
Canada, Germania, Gran
Bretagna, Irlanda, Italia,
Kenya, Nuova Zelanda,
Sud Africa, Stati Uniti
e Svizzera). Ogni anno
Cbm sostiene circa 803
progetti per prevenire e
curare la cecità in 89
Paesi.
24
In Etiopia, l’associazione Cbm opera
a Wolisso (in queste pagine) per
combattere la cecità evitabile nelle
aree più disagiate.
Nei territori palestinesi la onlus Cbm
Italia sostiene una piccola oasi di
speranza: il Basr hospital. Fondato
nel 1960, fornisce servizi medici e
riabilitativi a persone affette da
disabilità visiva e fisica. Il centro
garantisce servizi di chirurgia delle
principali patologie visive, screening
oculistici, attività di riabilitazione
e stimolazione visiva per bambini
ipovedenti e affetti da traumi
cerebrali, servizi di audiologia, ausili
per persone con disabilità uditiva,
chirurgia ortopedica e riabilitazione
delle persone affette da traumi e
disabilità.
25
portfolio Altri sguardi
Gli scatti in queste pagine sono
di Pino Ninfa, fotografo milanese
che ha girato il mondo per i suoi
reportage. Questo servizio è
stato realizzato per far conoscere
l’impegno di Cbm nel Sud del
mondo: dall’ospedale di Beitjala
in Palestina (qui sopra), vicino a
Gerusalemme, a quello di Wolisso
in Etiopia (nelle pagine precedenti),
fino alla scuola di Hanoi in Vietnam
(a destra).
26
Cbm Italia onlus è
un’organizzazione non
governativa che si propone di
sconfiggere le forme evitabili
di cecità e di disabilità fisica
e mentale nei Paesi in via di
sviluppo. È la costola di Cbm
International, attiva dal 1908 e
dal 1989 partner e collaboratore
dell’Organizzazione mondiale
della sanità nella lotta contro
la cecità prevenibile e curabile
e la sordità. Cbm opera
attraverso partner locali,
sostenendo progetti e interventi
medico-sanitari, riabilitativi
ed educativi; inoltre lancia
campagne di prevenzione e
informazione, promuovendo il
diritto all’educazione, al lavoro
e all’integrazione delle persone
disabili. Nel 2012 Cbm ha assistito
41 milioni di persone nei Paesi
più poveri del pianeta. Info:
Cbmitalia.org.
27
teMpO libero Spiagge aperte
Strutture attrezzate,
pacchetti per viaggi
su misura, accessibilità
dei siti web informativi.
Come una delle località
più belle dell’Adriatico
ha cominciato a puntare
al traguardo
più entusiasmante
per una località turistica:
diventare accessibile a tutti
La sfida dell’accoglienza
I
Carla Chiaramoni
l percorso per l’adesione alla Carta europea per il turismo sostenibile (Cets)
nelle aree protette del Parco del Conero, nelle Marche, è un primo passo importante verso la costruzione di circuiti
vacanzieri pensati e organizzati per le
persone disabili. L’Ente Parco Conero,
capofila del progetto, in collaborazione
con Europarc Federation Federparchi e
partner locali, punta alla certificazione europea per moltiplicare le presenze turistiche, sostenuto in questa scelta
dai numeri che hanno fatto registrare i
parchi già certificati (+20% circa). L’area, su cui incidono i comuni di Ancona, Camerano, Sirolo e Numana, vocata
e attrezzata da sempre all’accoglienza,
si apre ora agli ideali della sostenibili-
28
tà (mobilità dolce, energie rinnovabili,
prodotti a km zero, ecc.) e potenzia l’offerta per i turisti disabili. Massima attenzione all’accessibilità e alle esigenze
del visitatore con bisogni particolari,
per agevolare la libertà di movimento
sia nei percorsi turistici che nella fruizione dei servizi di ristorazione e alberghi. Importante, in questa direzione,
anche la partecipazione dell’assessorato
regionale al Turismo, ormai da qualche
anno, a “Gitando.all”, il salone del turismo accessibile di Vicenza.
Il piano è molto ampio e assicura, in
parte ancora solo sulla carta, piena autonomia: corsi di formazione destinati
al personale turistico su disabilità motorie e sensoriali, accessibilità dei siti
web informativi del Parco del Conero,
FOTO DI CRISTINA GIOACCHINI
al Conero
pacchetti vacanzieri specifici, strutture senza barriere sia in ricettività che
nei percorsi turistici proposti. Il Parco
si doterà anche di una cartografia con
l’indicazione di viabilità e percorsi pedonali, ciclabili e ciclo pedonali, specificando quali siano abilitati a disabili
e anziani con difficoltà di movimento.
«L’obiettivo – spiega Alba Maria Angeletti del Museo tattile statale Omero di
Ancona, uno dei referenti del progetto per la parte che riguarda disabilità
– è creare un sistema di piccoli circuiti
accessibili per turisti disabili, che possono restare quattro o cinque giorni e
visitare ogni giorno una cosa diversa.
Impossibile pensare a una reale accessibilità dell’intera regione». In questa direzione vanno già le prime scelte.
Una camera per non udenti. L’hotel Tre Querce di Camerano ha allestito
alcune stanze per turisti con disabilità
uditiva: strumenti luminosi collegati a
una centralina messa in comunicazione
con la reception. Una luce bianca richiama l’attenzione del cliente, che può collegarsi con l’accoglienza e comunicare
con un sistema di monitor touch screen.
Gli apparecchi di sicurezza funzionano
nello stesso modo: colore blu per l’allarme allagamento e rosso per l’allarme incendio. In questo modo gli ospiti hanno
il controllo dell’intero ambiente e la gestione di tutte le situazioni che si creano. Garantiti anche ausili in braille per
non vedenti, dal numero della stanza
all’ascensore, fino al listino del bar e il
menù al ristorante, dove il personale di
sala, se necessario, illustra a voce i piatti
non inseriti in menù. A Numana, primo
comune ad aderire alla sfida di riqualificazione, Villa Serena e l’hotel Conero 2
garantiscono massima mobilità per chi
ha una disabilità motoria: adeguati sia
le stanze che gli spazi comuni. L’obiettivo finale del piano è garantire almeno
due strutture ricettive abilitate per ogni
comune all’interno del Parco, compresi campeggi e ristoranti che abbiano un
marchio di certificazione ecologica (Legambiente Turismo), aperte – se possibile – tutto l’anno.
La recente visita dei certificatori nelle Marche fa ben sperare, ma solo a
settembre si saprà se ci sono tutti i presupposti per ottenere la Cets. In termini di risorse si tratta di un investimento
significativo. «Una stanza attrezzata per
non udenti – spiega Angeletti – costa 5
o 6mila euro, circa la stessa cifra una tavola in braille di orientamento, che informa i clienti non vedenti su com’è
organizzato l’hotel». Il problema, però,
non è solo il limite delle risorse: risultano ancora scarse la sensibilità culturale e la conoscenza delle potenzialità del
settore turistico. Ma le Marche sembrano voler cogliere la sfida.
29
Vacanze romane: la guida
la scrivono i ragazzi down
A
lla scoperta di Roma grazie a uno
strumento agevole dal linguaggio
molto semplice, comprensibile allo stesso
modo da chi ha una disabilità intellettiva,
un basso livello di istruzione o una scarsa
conoscenza della lingua italiana. È scritta
con parole semplici e frasi brevi la nuova
guida turistica “ad alta comprensibilità”
della capitale, stilata da giovani da 17 a 35
anni con sindrome di Down. L’iniziativa
è promossa dall’Associazione italiana
persone down (Aipd) – in partenariato con
Down syndrome Ireland e l’Associação
portuguesa de
portadores de
trissomia – e fa parte
del progetto “Smart
tourism”, iniziato
nel settembre 2011,
che si concluderà ad
agosto e prevede
la realizzazione di
guide turistiche di
tre capitali europee:
oltre a Roma, Dublino
e Lisbona. Ciascuna associazione ha
individuato un gruppo di persone con
sindrome di Down per la redazione del
volume nella propria città e l’ha formato.
La guida irlandese – utile anche a persone
con un inglese basico, oltre a chi ha una
disabilità intellettiva – comprende fatti
storici, informazioni sul clima e sulla
cultura locale.
Dal Colosseo a Castel Sant’Angelo, da
piazza Navona al Gianicolo e Ponte
Milvio: sono alcuni dei monumenti scelti
(segnalando come arrivarci e quanto costa
visitarli) dai sei redattori down della Guida
turistica di Roma; tra loro Moira Oliverio,
che ha spiegato: «Abbiamo deciso di
mettere informazioni concrete: che tipo di
prese elettriche ci sono nel nostro Paese,
quanto costa il biglietto per i trasporti,
cosa sono bar, pizzerie a taglio, pub,
paninoteche». Le guide possono essere
scaricate gratuitamente dal sito Aipd.it, sia
in italiano che in inglese. [C.C.]
OS
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 mostre 
La bellezza
dell’imperfezione
alla Biennale
di Venezia
na gigantesca e moderna Ve-
U
nere di Milo che dall’Inghilterra approda in Laguna e
un’installazione che ha per protagonisti i volti e le voci di chi non
siamo abituati ad ascoltare. La disabilità sbarca alla Biennale di
Venezia: sull’isola di San Giorgio
Maggiore, fino al 29 settembre e
davanti all’omonima basilica,
spazio a Breath (respiro), una reinterpretazione del monumento
ad Alison Lapper incinta realizzata dall’artista inglese Marc Quinn
in occasione della personale portata in Italia dalla Fondazione
Giorgio Cini. Una versione gonfiabile dell’originale – alta 11 metri
– che riproduce l’opera installata nel settembre 2005 a Londra, a
Trafalgar Square, e che è stata anche al centro della cerimonia di
apertura dei Giochi paralimpici
2012. Una statua che raffigura una
persona vera, reale, una donna
che ha vissuto con grande coraggio la propria vita e che continua
a farlo tuttora. Quinn ha sempre
esplorato il corpo umano nel proprio lavoro, inteso spesso come
arte di incarnazione. E la scultura della Lapper, che ha posato con
il pancione, ne è un esempio: nata
senza braccia e con le gambe poco sviluppate, è un’artista inglese
che usa fotografie, installazioni e
pittura per esplorare sé stessa, la
propria nudità e il modo in cui la
disabilità viene percepita dagli altri. Cresciuta in un istituto per di-
sabili poi abbandonato all’età di
18 anni per darsi agli studi creativi, nel 1999 ha avuto un figlio. Il
suo lavoro, proprio come quello di
Quinn, indaga il concetto di fisicità, normalità, deformità e bellezza. Per informazioni, Cini.it.
Comunque la Biennale non
è nuova a questo tema. Nel 1972
Gino De Dominicis espose, pur
tra mille polemiche, un ragazzo down seduto su una sedia con
una palla e una pietra. Quest’anno “l’handicap” non è più un
soggetto/oggetto ma diventa pensiero, parola e immagine grazie a
I/O_Io è un altro, progetto sperimentale dell’artista italo-brasiliano César Meneghetti realizzato
con i laboratori d’arte della Comunità di Sant’Egidio. Fatta di
installazioni audio-video, fotografia e performance, l’opera resterà esposta nel padiglione della
Repubblica del Kenya, sull’isola di San Servolo, fino al 24 novembre. Il lavoro di Meneghetti
è stato premiato dalla Fondazione Biennale di San Paolo e l’anno
scorso ha ricevuto il Globo tricolore. Per ammirare il progetto, Ioeunaltro.org. [Michela Trigari]
30
In alto, l’installazione che raffigura durante
la sua gravidanza Alison Lapper, artista
inglese focomelica (foto di Marc Quinn
Studio). Qui sopra, I/O_Io è un altro in uno
scatto dello stesso artista italo-brasiliano
César Meneghetti
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Il volto di Auggie
come
uno specchio
enomeno editoriale esploso in 28 Pae-
F
R.J. Palacio
Wonder
Giunti 2013
pagine 288, euro 9,90
età di lettura:
da 13 anni
si, per decine di settimane tra i best-seller nella lista del New York Times, libro
per bambini di debutto più venduto lo scorso anno nel Regno Unito, Wonder è arrivato
anche in Italia tradotto da Giunti, che gli ha
dedicato anche un sito: Wonder.giunti.it. Stile immediato e linguaggio diretto, il romanzo ha come protagonista Auggie (Augustus)
Pullman, nato con la sindrome di TreacherCollins, rara malattia ereditaria che gli ha
deformato il viso. I genitori e la sorella maggiore cercano di proteggerlo, ma quando
compie dieci anni sua madre lo invita a frequentare la prima media in una scuola pubblica, dove si confronterà con chi lo deride
per la sua disabilità, stabilendo relazioni di
autentica amicizia antitetiche al bullismo. E
l’anno scolastico si concluderà con un premio
tutto per lui.
Lieto fine scontato, dal retrogusto buonista? L’autrice, Raquel Jaramillo (che ha scelto uno pseudonimo ispirato al nome della
madre di origini colombiane), dissente. Grafica e illustratrice, 49
anni, nel 2006 è diventata
editor di volumi per bambini e ha cominciato a elaborare questo romanzo
prendendo spunto da un
episodio realmente accaduto a New York, dove vive: «Ero seduta su
una panchina con i
miei due figli e ho
visto passare una
bambina con la
sindrome di Treacher-Collins. Sono
stata presa dal panico, temevo che mio
figlio di tre anni vedendola avrebbe reagito urlando.
Mi sono alzata di scatto, come pun-
ta da una vespa, ho chiamato l’altro figlio e
mi sono allontanata di corsa. Alle mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che,
con voce molto calma, diceva: “Forse è ora
di tornare a casa”». La scrittura, però, non riflette sensi di colpa irrisolti: tensioni familiari e pregiudizi sociali non sono taciuti, né
vengono schivate domande su quanto l’apparenza conti. Il proprio aspetto fa indubbiamente soffrire Auggie, soprattutto perché lui
si sente «un ragazzo come tutti gli altri». E
aggiunge: «L’unica ragione per cui non sono
normale è perché nessuno mi considera normale».
Ma Auggie “costringe” le persone che incontra a specchiarsi nel suo volto deformato
e a fare i conti con le proprie reazioni esteriori e interiori: «Non mi dilungo a descrivere
il mio aspetto. Tanto, qualunque cosa stiate
pensando, probabilmente è molto peggio»,
dice di sé il personaggio. E la sua schiettezza parla anche ai “grandi”, visto che in Inghilterra, Germania e Francia il libro è uscito
sia nella versione per ragazzi che in quella per adulti, con lo stesso testo ma due copertine differenti. Forse Wonder diventerà
un film: a produrlo potrebbe essere Lionsgate, una delle maggiori compagnie
di distribuzione di film
indipendenti nel nord
America. Intanto il
21 marzo scorso ha
vinto il Waterstones Children’s Book
Prize 2013, fra i più
prestigiosi premi
inglesi di libri per
ragazzi, con questa
motivazione: «Wonder è un ritratto realistico e asciutto
delle reazioni negative che la disabilità fisica e
la diversità possono provocare in bambini e adulti, e nonostante
questo è pieno di speranza».
31
[Laura Badaracchi]
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 libri 
Tutto è possibile:
parola di Nick
Vujicic
nato a Melbourne nel 1982
È
senza gambe né braccia, ma
ha una fede e una forza che
Nuovo audiolibro del Signore
rendono la sua esistenza bella
degli Anelli: la saga di Tolkien
in versione musicale e vocale.
da vivere: si chiama Nick VujiL’ultimo audio-book di The Lord of
cic e la grave malformazione fisithe Rings è targato Phil Dragash,
ca non gli impedisce di compiere
24enne americano già autore di
le attività più ordinarie della violtre 300 cortometraggi tra cui
ta quotidiana, ma neanche quelle
anche spot e video. In inglese,
straordinarie di una vita speciainteramente auto-prodotta,
le. Oggi la sua storia è diventata
caricata su YouTube, la sua è
un best-seller tradotto da Newton
un’opera innovativa e quanto mai
originale: l’audiolibro, infatti, ha
Compton: s’intitola Non smettere
come sottofondo la colonna sonora di crederci mai (Unstoppable) il
realizzata da Howard Shore per la
suo secondo libro (il primo è Life
without limits). Alle pagine il giovane ha consegnato i suoi pensieri, confidando al mondo il suo
segreto: la possibilità ogni oltre
possibilità, la speranza oltre ogni
speranza. Speranza di cui l’autore
è prova vivente: oggi vive in California, insieme alla moglie Kanae
trilogia cinematografica del regista e al figlio Kiyoshi. «La mancanPeter Jackson e gli effetti sonori dei za di arti non mi ha impedito di
tre film. Ma degno di nota è anche
condurre una vita ricca di espelo sceneggiato radiofonico della
rienze, di portare avanti una carBbc, risalente al 1981, disponibile
riera significativa e d’intrecciare
gratuitamente su YouTube e a
relazioni appaganti. Sappiate che,
pagamento su Amazon.
In italiano si segnala invece, sempre finché siete sulla Terra, c’è uno
su YouTube, la versione de Le Due
scopo e un progetto per ognuno
Torri realizzata da Riccardo (in
di voi», scrive nell’introduzione
arte RiccoDisfaktism), ragazzo di
al volume.
Udine aspirante attore/doppiatore,
Prima Nick ha conquistato
e l’audio-book de Il Signore degli
l’autonomia,
imparando a usaAnelli registrato dal Libro parlato
re
alla
perfezione
il suo corpo
Lions: 50 ore di mp3 ascoltabili o
“incompleto”, a scendere e saliscaricabili dal sito o da richiedere
su cd, lette da Elisabetta Piazza
re rapidamente rampe di scale,
Gagliardi. [M.T.]
a inserire ed estrarre facilmente
un dvd o un cd dal lettore, a tuffarsi e nuotare nell’acqua profonda: gesti che paiono straordinari,
32
Nick Vujicic
Non smettere
di crederci mai
Newton Compton 2013
pagine 256, euro 9,90
compiuti da una persona che ci
si aspetterebbe di vedere su una
sedia a ruote, o stesa e arresa su
un letto. Ma non gli è bastato: ha
voluto fare della sua esperienza il
segno e il simbolo della speranza
per chi, come lui, vive il limite, la
disabilità, la malattia. Oggi Vujicic è direttore dell’organizzazione
“Life without limbs”, ma soprattutto è un predicatore evangelista
di fama internazionale: “speaker
motivazionale”, ama definirsi. In
tutto il mondo migliaia di persone di ogni età, nazionalità e condizione sociale accorrono per
ascoltare le sue conferenze. Nel
2009 la sua storia ha ispirato anche un cortometraggio, Il circo
della farfalla, diretto da Joshua
Weigel e da lui stesso interpretato. [Chiara Ludovisi]
 libri 
Grinta e coraggio
di madri e padri
speciali
n 40 anni di professione gior-
Stefano Lorenzetto
Hic sunt leones.
Venticinque storie
di veneti notevoli
Marsilio 2013
pagine 336, euro 18
I
nalistica, Stefano Lorenzetto ha incontrato e intervistato
centinaia di persone. Ma ha voluto aprire il volume Hic sunt leones,
edito da Marsilio, con le storie di
una madre e un padre che hanno
figli disabili, colpito dal loro coraggio. Anna Benedetti, la mamma di Lucy, gli ha confidato: «Mi
sono sentita un leone, fortissima»,
dopo una notte insonne passata a
ripensare a quell’ecografia morfologica che aveva rivelato le malformazioni della bimba. E l’autore
lascia la parola ai suoi interlocutori senza filtrare il loro punto di
vista. Una scelta che restituisce
freschezza e autenticità alle vi-
FUMETTITELEVISIONEPERSONAGGILIBRI
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ANZAFO
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cende narrate in prima persona
da chi le vive sulla propria pelle.
Nata il 7 luglio 2009, Lucy è
affetta dalle sindromi di DandyWalker e di Down, «una rarissima
combinazione su cui non esiste
letteratura scientifica, a parte il
caso di un bimbo israeliano che
nel 1989 tentarono invano di salvare in Germania». Una bimba
tenacemente aggrappata alla vita,
che nei primi tre mesi ha affrontato altrettanti interventi chirurgici complessi, il primo a sole 24
ore dalla nascita. Anna e il marito Gianluca Anselmi raccontano
la sua storia nel video-concerto gratuito Il mondo di Lucy, che
dal 2011 sta girando tutta l’Italia:
un diario di 55 minuti declinato
in musiche, filmati e immagini
in cui i genitori (papà chitarrista, compositore e arrangiatore;
mamma autrice, cantante e percussionista) sono doppiamente protagonisti. «Una dozzina di
canzoni che abbiamo scritto durante la gravidanza soltanto per
mandare un messaggio. Abbiamo detto sì e la pienezza della nostra vita è arrivata attraverso una
bambina down che ha un sacco di
problemi. Ci avevano detto: “Passerà la vita stesa a letto, in stato
vegetativo”, ed è sempre in piedi. Ci avevano detto: “Non camminerà”, e cammina», testimonia
Anna. E il sito dedicato alla loro
figlia (Ilmondodilucy.com) conta circa 40mila visitatori all’anno,
che firmano post dalla Gran Bretagna a Israele e all’India, allegando disegni, poesie, foto.
Nel volume, anche un’intervista a Franco Antonello, papà del
19enne autistico Andrea, protagonisti del romanzo di Fulvio Ervas Se ti abbraccio non aver paura
(edito da Marcos y Marcos, che
ha riscosso uno straordinario
successo), al professor Orio Grazia, padre di Francesca – una ragazza con spina bifida – e autore
del volume Il tempo dell’umiltà
(QuiEdit 2011), e a Daniela Manzini, moglie di Kenneth Jacuzzi:
per lui, su sedia a ruote, il padre
Candido inventò la celebre vasca
perché «vedeva nell’idromassaggio un prodotto popolare, destinato alla salute pubblica». [L.B.]
 ragazzi 
a cura di
Enza Crivelli
illustrazioni di
Antonio Boffa
Raperonzolo
Uovonero 2013
pagine 32, euro 18
Raperonzolo,
versione
per tutti
rosegue l’impegno del-
P
le edizioni Uovonero per
estendere a tutti la buona
lettura, a cominciare dai classici per l’infanzia che costituiscono il focus della collana “Pesci
parlanti”. Dopo Cappuccetto rosso, Giacomino e il fagiolo magico, I tre porcellini, Riccioli d’oro
e i tre orsi, arriva un altro intramontabile: Raperonzolo. Tradotti
nel sistema di simboli Pcs (Picture communication symbols), i volumi della collana sono realizzati
in cartone resistente e sono dotati di una particolare sagomatura,
che li rende più facili da sfogliare.
Curato da Enza Crivelli, fondatrice della casa editrice, pedagogista clinica e responsabile
per l’autismo del polo distaccato di neuropsichiatria “Il Tubero” dell’Anffas di Crema, la fiaba
di Grimm è illustrata da Antonio
Boffa. E proprio a quest’ultimo si
deve il tratto originale e l’atmosfera lunare che contraddistingue
le immagini del volume, tanto diverse dall’ormai dilagante dicktat
delle illustrazioni di stampo disneyano. [A.P.]
33
“Né matti né pazzi”: alla ricerca
delle parole che non offendono.
La redazione di Psicoradio, la radio
della mente di Bologna, rilancia il
concorso per trovare il termine più
giusto per definire gli utenti dei
servizi psichiatrici. Tante le proposte
arrivate finora. Alcuni esempi?
«Presenze scomposte in un cielo di
specchi», «vulnerabili oscillazioni di
animi sommersi», «probabili effetti
collaterali di affetti sconnessi».
Le più vicine a ciò che era
richiesto, ossia trovare una parola
semplice da usare come termine
generalizzato, potrebbero essere
«psy» o «folly». Secondo la direttrice
Cristina Lasagni, che insegna
Scienze della comunicazione
all’Università di Lugano (Svizzera),
sarebbe bello «ricalcare l’esperienza
del movimento per i diritti
Lgbt, che ha coniato il termine
gay adottando una parola non
negativa» per autodefinirsi. Per
inviare una proposta, si può scrivere
a [email protected]. (disegno
di HikingArtsit).
GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ
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STIVALFICTION
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Ha afferrato la macchina da presa
e l’ha puntata su di sé. Iniziando
a riprendere sia il lento declino
del proprio corpo sia i “miracoli”
vissuti sul proprio difficile ma
inesorabile percorso. Il risultato
è When I walk (Quando cammino),
documentario autobiografico
e auto-prodotto presentato al
Sundance Film Festival 2013, una
tra le più importanti rassegne
statunitensi dedicate al cinema
indipendente. Lui è Jason DaSilva,
32enne di Daytona (Ohio), un
master in Media e uno in Disegno
e tecnologia, appassionato di arte,
regia e fumetto, alla sua nona
opera dopo otto cortometraggi. Dal
2006 è affetto da sclerosi multipla,
che ha iniziato a manifestarsi
durante una vacanza al mare con la
famiglia. Sullo sfondo le immagini
dell’infanzia, gli amici, gli affetti,
la figura forte della madre, in un
docufilm – per niente triste – che
mette in primo piano anche i
cambiamenti, i rischi, l’amore, i
sogni, il destino. Insomma, la vita.
Per saperne di più: Wheniwalk.com.
[M.T.]
In alto, una scena della pellicola Little World.
Qui sopra, un frame del documentario
autobiografico When I walk
 cinema 
Salvo e Rita, la forza
deia storia
gesti
è di quelle classiche, ma rac-
L
contata con sapienza e maniacale
maestria. Salvo Mancuso, taciturno
sicario di un boss mafioso, nel corso di
una resa dei conti incontra la sorella cieca della sua vittima. Per ragioni inspiegabili decide non solo di salvarle la vita, ma
anche di nasconderla in un magazzino abbandonato sfidando tutto e tutti, perfino
gli uomini del suo stesso clan. Salvo, prima opera dei registi siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, è arrivato a fine
giugno nelle sale italiane, dopo il successo
al Festival di Cannes, dove ha trionfato alla Settimana della critica, aggiudicandosi
non solo il Gran Premio, ma anche il Prix
Rèvèlation. Merito anche dei due attori
protagonisti, il palestinese Saleh Bakri e la
giovane esordiente Sara Serraiocco, a cui
si aggiunge la partecipazione amichevole
di un inedito, quanto sorprendente, Luigi
Lo Cascio nel ruolo di un goffo e fin troppo rispettoso affittacamere.
Il successo del film a Cannes va a coronare una lunga genesi cominciata nel 2007
attraverso una faticosa ricerca di fondi. E
alla fine il progetto è stato realizzato grazie a ben undici fonti di finanziamento diverse, come rivelano gli stessi autori
Grassadonia e Piazza, da sempre insieme come sceneggiatori («ma non aveva-
34
mo fatto ancora niente di memorabile»)
e ora alla prima prova di regia dopo aver
abbandonato il mondo delle fiction. «Ho
lavorato a partire dalla sceneggiatura –
racconta la protagonista Sara Serraiocco
–. Prima di recitare ho fatto un lungo lavoro di preparazione e sono stata affiancata da un actor coach che mi ha seguito
per tutto il film. Durante le riprese indossavo lenti a contatto scure, che mi offuscavano la vista».
Per entrare nel personaggio di Rita, la
giovane attrice ha trascorso molto tempo
a stretto contatto con due ragazze cieche,
una romana e una siciliana, che l’hanno
aiutata ad affinare gesti ed espressioni.
Memorabile nel film il lungo piano sequenza iniziale in cui Rita si muove nella
casa, prima ignara e poi consapevole della
presenza di Salvo che ucciderà suo fratello e poi fuggirà, portandola con sé come
prigioniera.
Sullo sfondo, una Palermo efficacemente raccontata con immagini e suoni.
Infatti, non solo il film si avvale di un direttore della fotografia del calibro di Daniele Ciprì, ma utilizza con estrema abilità
il rumore ambientale: rombi di motorini,
latrati di cane, sgommate e canzoni provenienti da radio vicine e lontane contribuiscono a creare il ritratto pulsante di
una metropoli del Sud che vive a partire
dalla sue strade. Controbilanciando il silenzio quasi assoluto dei protagonisti, che
poco dicono con le parole e molto comunicano con la forza dei gesti. [A.P.]
RITEATRODANZAFOTOGRA
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Medikidz,
malattie
in hi,vignette
Pump, Skinderella, Axon
C
e Gastro: cinque supereroi che vivono su Mediland
– un pianeta con le fattezze del
corpo umano – per spiegare ai
ragazzi cosa significa ammalarsi. È questa l’idea di base di Medikidz (Medical information for
kids), un progetto internazionale di album a fumetti nato per
fornire ai bambini e ai ragazzi
tra gli 8 e i 15 anni informazioni utili sulla salute e sulle malattie che possono colpire mamma
e papà, parenti e amici o, più in
generale, le altre persone. Spesso, infatti, gli adulti fanno fatica
ad esprimersi con un linguaggio
comprensibile ai minori quando
si imbattono nell’universo sanità. Già è difficile accettare una
diagnosi, figuriamoci doverla
spiegare ai propri figli o ai propri pazienti.
Pensati per genitori, associazioni o medici, gli ultimi due
numeri di Medikidz affrontano
tutto quello che c’è da sapere sul-
la distonia e sul morbo di Parkinson, una patologia che può
affliggere gli anziani (nonni compresi). Alcuni volumi, poi, sono dedicati al
mondo della disabilità,
e in particolare a sclerosi multipla e autismo.
La molla che ha dato inizio al progetto è stata l’esperienza in pediatria di
due dottoresse neozelandesi, Kim Chilman-Blair e
Kate Hersov: durante il loro lavoro, infatti, si resero conto di non avere gli
strumenti giusti per comunicare efficacemente con i più piccoli. Ecco
allora che si è accesa una lampadina: perché non provare con le
strisce illustrate? L’obiettivo di
Medikidz è dunque quello di aiutare i bambini e gli adolescenti,
con disegni e colori, a capire concetti medico-sanitari altrimenti
poco comprensibili, contribuendo così anche a vivere più serenamente la malattia in famiglia.
Realizzate con la collaborazione di specialisti e organizzazioni
di tutto il mondo, le pubblicazioni – a pagamento (11,99 euro) e
in inglese – sono state tradotte
in alcune lingue; purtroppo, pe-
Uno spettacolo dei sensi. Wolke è un ragazzo che si
appresta a compiere il primo passo nel mondo degli
adulti, intraprendendo così un viaggio in compagnia
di una nuvola magica. Ma è anche il titolo di un
racconto della scrittrice russa Ksenja Dmitrieva,
che ha chiesto alla compagnia teatrale del centro
culturale “La casa di Bulgakov” di
Mosca di farne una pièce per non
vedenti. È nata una performance
presentata in anteprima a un
pubblico di bambini ciechi, che
hanno potuto
rò, la versione in italiano non esiste ancora nonostante dal 2009,
anno di lancio di questa iniziativa, siano già stati realizzati 45 album illustrati e distribuite circa
due milioni di copie. Ogni uscita
è accompagnata da un breve video on line del fumetto: una sorta di anteprima dei comics. Tra
le patologie affrontate finora si
segnalano, solo per fare qualche
esempio, anche il tumore al cervello, il cancro al seno, il melanoma, la fibrosi cistica, l’epilessia,
l’Hiv o la depressione. Info: Medikidz.com. [M.T.]
toccare gli oggetti esposti e accarezzare il gatto che
vive nel teatro/museo di Bulgakov. In scena, poi,
attori che passano tra gli spettatori, guance sfiorate
da una stola di pelliccia, suoni, odore di cannella,
cambi di luci, spruzzi d’acqua e un’atmosfera per
far capire agli altri sensi quello che succede sul
palco. Prossima tappa?
Un cd audio da distribuire
gratuitamente nelle
biblioteche e nelle scuole
per non vedenti. [M.T.]
35
Qui sopra,
i supereroi
protagonisti degli
album a fumetti
Medikidz.
In basso, una scena
di Wolke a Mosca
RUBRICHE Inail... per saperne di più
Rosanna Giovèdi
Ricostruire il futuro
con l’auto-mutuo aiuto
Sono tante le strutture territoriali dell’Inail che stanno
promuovendo la nascita di gruppi formati da infortunati
e loro familiari. Per condividere l’esperienza della disabilità
e del lutto in autogestione. O con l’aiuto di figure professionali
I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg
U
n evento lesivo sul luogo del lavoro può in pochi secondi spezzare
il percorso di vita del lavoratore o della lavoratrice e determinare la
rottura del suo equilibrio relazionale.
Un trauma fisico che porta repentinamente a una condizione di disabilità
rende difficile la costruzione di una
nuova vita che, condizionata dal cambiamento intervenuto, è caratterizzata dalla difficoltà di trovare un nuovo
modo di interagire all’interno della
propria famiglia, nel mondo del lavoro e nel più ampio contesto sociale.
La possibilità di recuperare accettazione e fiducia in sé, di costruire possibili prospettive di vita futura può
solo scaturire da un lavoro di crescita
personale, ma da soli non è possibile.
Partecipare ad un gruppo di auto-mutuo-aiuto significa avere un tempo e
un luogo in cui incontrarsi, nel quale
raccontare le proprie esperienze, parlare dei propri sentimenti, condividere difficoltà, soluzioni tentate e fatiche
sostenute o da sostenere, e nel contempo avere un aiuto nel fronteggiar-
le. Il confronto con altre persone che
si sono trovate nella stessa situazione e
hanno affrontato problematiche simili permette all’infortunato di vedere
possibili prospettive di vita che magari nemmeno pensava di poter raggiungere.
I gruppi di auto-mutuo aiuto si
caratterizzano per il legame che si crea
tra i membri del gruppo, per il rispetto reciproco, la fiducia, la riservatezza,
l’ascolto e la condivisione delle esperienze; tutti elementi con una forte
connotazione relazionale che permettono l’elaborazione del vissuto e facilitano la competenza ad agire: i gruppi
di “auto mutuo aiuto” trasformano l’esperienza in risorsa.
In tal senso l’esperienza del gruppo di auto-mutuo-aiuto corrisponde
pienamente agli obiettivi degli “Interventi per la vita di relazione” di cui
all’articolo 45 del “Regolamento per
l’erogazione agli invalidi del lavoro di
dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita
36
di relazione”, che arricchisce l’offerta
dei servizi dell’Istituto all’infortunato e ai suoi familiari. Diverse strutture
territoriali dell’Inail stanno promuovendo e realizzando esperienze di auto-muto-aiuto tra gli infortunati e tra
i familiari degli infortunati.
Si tratta di gruppi che si formano in autogestione o con la presenza
di figure professionali che si mettono a disposizione per facilitare il trasferimento di conoscenze tra persone
che vivono l’esperienza della disabilità o del lutto di un familiare e stimolare l’elaborazione di strategie idonee
a superare le difficoltà quotidiane. Tali progetti a oggi hanno avuto come
esito principale l’avvio o la ripresa di
percorsi di autonomia che erano stati
interrotti per effetto di una maggiore
consapevolezza di sé e di una migliore capacità di prendere decisioni sulla propria vita, nonché la riconquista
di spazi per sé stessi (per le proprie relazioni sociali, per l’attività lavorativa,
ecc.), soprattutto nel caso dei familiari dei lavoratori infortunati.
In questo contesto l’assistente sociale dell’Inail si inserisce in qualità
di esperto come un promotore e un facilitatore, in un’ottica relazionale di tipo orizzontale e compartecipato: una
funzione di tutoraggio pratico, emotivo e affettivo finalizzata a sostenere il
soggetto nel percorso di ricostruzione
del proprio progetto di vita.
RUBRICHE Previdenza
Gabriela Maucci
Esonero dalle visite di controllo
o di revisione: come e quando
Il decreto ministeriale del 2 agosto 2007 individua
le condizioni che non rendono necessari esami di verifica
per continuare a godere del riconoscimento dello stato
invalidante. A meno che non siano gli stessi esonerati
a chiedere la revisione
P
er la categoria degli invalidi civili, il decreto ministeriale 2 agosto 2007 elenca le patologie e le
menomazioni che danno luogo all’esonero da tutte le visite di controllo o
di revisione del loro stato invalidante. Un decreto “chiave” che permette
di evitare spreco di tempo e chiarisce
molti punti utili alla qualità della vita dell’invalido civile. Il 2 agosto 2007,
infatti, il ministero dell’Economia e il
ministero della Salute hanno emanato
il decreto che individua l’elenco delle
patologie escluse dalle visite di controllo per la verifica della permanenza dello stato di invalidità.
Tale decreto – attuativo dell’art. 6
della legge 80 del 2006 – è entrato
in vigore dalla data di pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale (G.U. 27 settembre 2007, n. 225). Il testo approva l’elenco delle patologie rispetto
alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato
invalidante e indicazione della relativa documentazione sanitaria, che co-
37
stituisce parte integrante dello stesso
decreto ministeriale.
Nello specifico, il decreto del
2007 individua dodici voci relative
a condizioni patologiche per le quali non saranno più necessari esami di
controllo e di verifica per continuare a godere del riconoscimento dello
stato invalidante. L’individuazione si
basa su due elementi: la gravità della
condizione e l’impossibilità di miglioramento. Le dodici voci sono state individuate da un gruppo di esperti del
ministero della Salute, dell’Inps e delle organizzazioni a tutela delle persone con disabilità, tutti componenti
della Commissione ministeriale “Salute e disabilità”, sulla base del riconoscimento della compromissione o
meno di organi e apparati. Inoltre, per
garantire la massima aderenza ai bisogni dei cittadini e allo sviluppo delle
conoscenze e delle nuove acquisizioni
scientifiche e tecnologiche, il decreto
prevede che l’elenco delle patologie per
le quali non sarà più necessario ripetere le visite di controllo o di revisione
sia rivisto con cadenza annuale.
Pertanto, le persone la cui patologia o menomazione rientri tra quelle elencate nel decreto e siano titolari
di indennità di accompagnamento o
di comunicazione sono esonerate da
tutte le visite di controllo o di revisione del loro stato invalidante, a meno che non siano gli stessi interessati
a chiedere la revisione. È importante
precisare che, nel caso si venga convocati a visita per i controlli straordinari che l’Inps sta attualmente
effettuando o risulti fissata una data
di scadenza nel verbale di invalidità,
è indispensabile presentarsi alla visita, facendo presente in questa sede il
diritto alla non rivedibilità della patologia e anche a non essere sottoposti a ulteriori visite di controllo.
RUBRICHE Senza barriere
Daniela Orlandi
British Museum.
Accessibilità e accoglienza
Negli ultimi anni il celebre museo inglese è stato
riorganizzato in termini di inclusione per rispondere
alle esigenze di ogni tipo di visitatore. Anche grazie
alla presenza di un “Access and equality manager”
D
al 1753, anno della sua fondazione, il British Museum accoglie
una delle più importanti collezioni di materiali e documenti che
riguardano la storia e cultura dell’uomo, dalle origini ai nostri giorni. Negli ultimi tre anni il museo ha dato
molta attenzione ai servizi per le persone con disabilità e i risultati tangibili sono i miglioramenti fatti e quelli
che continuano a essere realizzati. Attenendosi al Disability Discrimination Act del 2005, normativa contro
la discriminazione nei confronti delle
persone con disabilità, il museo è stato riorganizzato e ripensato in termini
di accessibilità e inclusione per divenire “Il museo del mondo per il mondo”: centrale in questa trasformazione
la nomina di un “Access and equality manager”, una figura professionale chiave che supervisiona e coordina
tutte le attività nell’ottica dell’accessibilità e dell’inclusione.
L’ingresso principale del museo, su Great Russell Street, ha una
scalinata monumentale con dodici
gradini e un corrimano su entrambi i lati. Lateralmente è installata una
piattaforma elevatrice, con segnalazione acustica per eventuale assistenza. L’ingresso su Montague Place ha
una soglia a livello e vi sono gli ascensori per raggiungere gli altri piani del
museo. È disponibile un parcheggio
gratuito per un numero limitato di visitatori disabili, con richiesta di pre-
notazione. La maggior parte delle
gallerie e tutte le mostre sono accessibili. Il museo è dotato di numerosi ascensori la cui posizione
è riportata nella piantina informativa disponibile presso l’ufficio
informazioni nella Great Court. I
servizi igienici sono distribuiti
su ogni piano. Quelli accessibili
per disabili sono presso la Great Court, il Ford Centre for young visitors, il Clore Education Centre e a
nord della Sala 66. La guida multimediale del museo dispone di oltre 200
audio descrizioni per i visitatori non
vedenti e ipovedenti e di una mappa
interattiva delle gallerie.
La guida multimediale ha inoltre 200 video in Bsl (Lingua dei segni
britannica), per visitatori sordi. Un
percorso tattile è presente nella Galleria della scultura egiziana per persone con difficoltà di apprendimento
e per persone non vedenti o ipovedenti. Le targhe in Braille e i pittogrammi a forma di occhio indicano quali
oggetti possono essere toccati. Non è
richiesto di indossare guanti. Una visita guidata tattile è disponibile anche
nella Sala delle sculture del Partenone. Tutte le mostre speciali del British
Museum sono accompagnate da libri
stampati in macrocaratteri per persone ipovedenti, ma anche in Braille per
le persone non vedenti.
Nel museo, infine, sono dislocati diversi punti d’accoglienza per offrire supporto ai visitatori, incluso il
38
pubblico
con disabilità. Sono disponibili sistemi
a “Induction loop”
nel Clore Education Centre e nella Hartwell room
e sistemi “Induction loop” portatili per molte visite guidate. A entrambi gli ingressi è
possibile trovare sedie a ruote messe
a disposizione gratuitamente. La Great Court è dotata di numerose panche
e sgabelli, mentre in alcune gallerie
dispongono anche di sedie pieghevoli. Al banco informativo nella Great
Court è possibile trovare una brochure sull’accessibilità del museo e delle
lenti d’ingrandimento per ipovedenti, mentre i cani guida possono usufruire di ciotole per bere.
l’ESPERTO RISPONDE
a cura del Consorzio sociale Coin
Ausili
Sono disabile a causa di una malattia
e sarei interessato ad acquistare uno
scooter elettrico (tre ruote) per poter
effettuare piccoli spostamenti nella
cittadina di mare dove trascorro le
mie ferie. Non conosco però le relative
normative del Codice della strada:
posso circolare ovunque o no?
L
a normativa sugli scooter elettrici non è
chiara. L’Anglat, associazione impegnata a livello nazionale sui temi della guida e
trasporto di persone con disabilità, insie-
me ad altre organizzazioni di categoria, ha
richiesto chiarimenti al ministero competente, senza però ricevere alcuna risposta
in merito.
Il problema, o difetto normativo, riguarda il soggetto che conduce il mezzo.
Se si tratta di una persona con disabilità
a cui, per superare il suo deficit di deambulazione, viene prescritto tale mezzo, lo
stesso è considerato un ausilio (e quindi
un mezzo per la propria autonomia). In teoria, potrebbe accedere ovunque con tale
mezzo, ma le dimensioni dello stesso non
sono paragonabili a quelle della normale sedia a ruote. Invece, se ad acquistarlo
è una persona che non presenta deficit di
deambulazione, si tratta a tutti gli effetti di
un veicolo e come tale deve essere omologato; deve possedere le caratteristiche tecniche dei veicoli (freni, luci, catadiottri) e
per condurlo il guidatore deve avere il “patentino”.
Automobili
A causa del peggioramento delle mie
condizioni di salute, vorrei cambiare
la mia auto acquistata meno di due
anni fa con gli incentivi della legge
104, per comprarne una con ausili più
adatti alle mie ridotte capacità motorie. Come devo fare per non dover
pagare la differenza dovuta all’Iva
agevolata, in quanto per l’appunto
sono nella necessità di dover cambiare auto, prima che siano passati i
due anni da quando l’ho acquistata?
Ho letto che la legge mi permette di
cambiarla, ma non specifica come ed
entro quando devo ricomprare quella
nuova con le opportune modifiche.
I
l comma 37 dell’unico articolo della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria
2007) ha introdotto un’importante novità: la decadenza da tutti i benefici fiscali, con obbligo di restituzione, nel caso di
cessione a titolo oneroso o gratuito dei
veicoli entro i due anni successivi all’acquisto. La disposizione non si applica per
le persone con disabilità che, in seguito a
mutate necessità dovute al proprio han-
39
dicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e
diversi adattamenti.
Questo comma non cambia i benefici fiscali esistenti, come per esempio l’Iva agevolata e la detrazione Irpef, che rimangono
sempre ogni 4 anni, tranne in caso di demolizione e/o furto del veicolo e la successiva cancellazione dal Pra (Pubblico registro
automobilistico).
pinzillacchere
IL PRANZO DELLA DOMENICA
di Carla Chiaramoni
Locanda
dei girasoli
via dei Sulpici, 117/h
00174 - Roma
Tel. e fax 06/7610194
[email protected]
www.lalocandadeigirasoli.it
In cucina Gianfranco Zedde
Chiusura lunedì e a pranzo
Coperti 100 (65 all’aperto)
Locale accessibile
Prezzo 15 euro per pizza e bibita
S
e desiderate gustare nella
Capitale la sapida cucina
sarda, questo locale fa al caso
vostro. Tra i vicoli dello storico
quartiere del Quadraro, la
Locanda dei girasoli è un
ristorante-pizzeria molto
gradevole: sale colorate
che creano un’atmosfera
accogliente ed evocano un
ambiente familiare. In estate è
disponibile anche uno spazio
esterno.
Ampia la scelta di piatti
tipici della cucina insulare,
ispirati alla terra d’origine
di Gianfranco Zedde, la
Sardegna, con qualche
incursione nella tradizione
sicula. Tra le prelibatezze alla
carta, pizzuros (focaccine al
formaggio), polpettine di
melanzane, pane carasau
con crema di formaggio,
pomodori e pesto. Pasta fatta
in casa per i primi, gnocchetti
sardi al ragù di chianina,
culurgiones patate e speck e le
gustose seadas al formaggio
e miele. Tutto questo accanto
a pietanze della tradizione
italiana. Un’ottima alternativa
è la pizza cotta nel forno a
legna, sottile, da gustare nelle
versioni più classiche o negli
sfiziosi abbinamenti proposti
dalla casa.
In sala, quattro ragazzi
con sindrome di Down si
alternano al servizio. In
attività da 13 anni, tra alti
e bassi e ultimamente alla
prese con la crisi, è una delle
prime imprese sociali che
ha scommesso sul lavoro
dei disabili nell’ambito della
ristorazione. Infatti il locale è
stato aperto per rispondere al
desiderio di alcune famiglie:
offrire una concreta occasione
d’inserimento lavorativo ai
propri figli.
IL FRANCOBOLLO DEL MESE
diritti
di Gian Piero Ventura Mazzuca
Disabilità in rosa: ecco lo sportello
anti-violenza
Giochi paralimpici: evento da onorare
L
o sport è sempre stato
vicino alla disabilità; in
Italia il suo pioniere è stato
il professor Antonio Maglio.
Grazie al suo lavoro, che durò
incessantemente da quando
si laureò in medicina e
chirurgia fino al giorno della
sua scomparsa
nel 1988, il nostro
Paese ebbe il
privilegio di
inaugurare i primi
Giochi paralimpici a
Roma nel 1960.
Maglio, che
diresse anche il
Centro Inail “Villa Marina”
di Ostia, riteneva che
l’avviamento allo sport fosse
un’ottima pratica riabilitativa
per il fisico, ma anche per il
U
scire dalla spirale degli
abusi sessuali o domestici
è difficile. E per le donne disabili ancora di più. Da queste
premesse è nato il progetto
“Aurora”, il primo sportello
italiano per contrastare la
violenza fisica e psicologica
nei confronti della disabilità al
femminile. Inaugurato a giugno dall’associazione toscana
Frida, si trova all’interno della
sede dell’Aias (Associazione
italiana assistenza spastici) di
Empoli.
Oltre a una formazione specifica per operatrici e operatori,
sono in cantiere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica
sul tema e un’indagine conoscitiva sui maltrattamenti nei
confronti di donne disabili, da
recupero dell’autostima. In
molti devono alle sue idee
e ai suoi metodi innovativi
il proprio prolungamento
di vita, così come il
reinserimento nella società.
Nel frattempo le
Paralimpiadi hanno acquisito
sempre maggior
prestigio e visibilità,
evidenziando così
tutti i principi cari al
professor Maglio.
Dopo Roma,
un’altra città italiana
ha ospitato i Giochi
paralimpici, stavolta
quelli invernali: Torino, nel
2006; da Poste italiane è
stato emesso un francobollo
per onorare l’evento sportivo
di carattere internazionale.
40
realizzare in collaborazione
con il personale medico e
sociosanitario, gli educatori
e le forze dell’ordine. Non
esistono, infatti, dati certi sul
fenomeno in Italia. Per le emer-
genze, è attivo 24 ore su 24 il
numero 346/7578833. Ulteriori
informazioni: tel. 0571/418070,
[email protected].
(foto Gonews.it) [M.T.]
Presa
in carico
LE PAROLE PER DIRLO
fashion no limits
di Franco Bomprezzi
In passerella sfila la moda inclusiva
N
on vorrei fare ironia
intorno a una locuzione
che compare in una
marea di documenti e di
normative sui servizi di welfare a favore
delle persone con disabilità, ma devo
ammettere che “presa in carico” è una
espressione che mi mette sempre a disagio.
Mi viene da sospirare, da alzare gli occhi
al cielo, da cercare disperatamente una
via d’uscita. Si parla infatti giustamente
di “presa in carico” quando si vuole fare
riferimento a un impegno complessivo
di responsabilità da parte di soggetti
istituzionalmente preposti a fornire le
risposte migliori rispetto al progetto di vita
di una persona con disabilità. Ma forse,
prima di pensare al servizio, occorre pensare
seriamente alla persona. Conoscerla,
ascoltarla, comprenderla, liberarla,
orientarla, provando a vederla nel contesto
del suo ambiente naturale, dalla famiglia
agli amici, dal quartiere alla città.
Inoltre “presa in carico” dà un’idea di
pesantezza, di sofferenza, di problematicità.
Insomma l’esatto contrario del concetto
che dovrebbe proporre, ossia il sollevare
da un peso, alleggerendo la persona e la
famiglia da situazioni spesso insostenibili.
E poi, molto spesso, questa splendida
locuzione, che però ha bisogno di fondi e
di competenze adeguate per funzionare,
si riduce invece a un proclama di maniera,
si traduce in una lunga relazione scritta da
un’équipe, nel linguaggio verboso – non me
ne vogliano – degli assistenti sociali.
Intanto, un po’ smarrita, la persona con
disabilità (Luigi, Maria, Antonio, Daniela...)
vorrebbe semplicemente vivere come tutti
gli altri, senza alcuna esclusione. Tutto qui.
Non ci sono solo le cure, la riabilitazione,
la riduzione del deficit fisico, sensoriale o
intellettivo. C’è tutto il resto, c’è la vita, la
voglia di partecipare, di esistere. Ecco, forse
per questa “presa in carico” il cammino è
ancora lungo.
A
biti a misura di disabilità.
Per diffondere il concetto
d’integrazione nel mondo delle sfilate
e sensibilizzare l’industria del fashion
a realizzare vestiti “di classe” anche
per le persone con difficoltà motorie o
deficit fisici. È l’obiettivo del concorso
internazionale di moda inclusiva rivolto
agli studenti delle scuole e dei corsi
di moda e ai giovani stilisti di Brasile,
Italia, Stati Uniti, Canada, Inghilterra,
Spagna, Argentina e Cile.
Parola d’ordine, quindi, è accessibilità
anche nell’abbigliamento, grazie ad
accorgimenti che strizzino l’occhio ad
adattabilità e funzionalità. Ma senza
perdere di vista stile, innovazione e
creatività. I 20 migliori modelli finalisti
del concorso, giunto alla sua quinta
edizione, sfileranno a novembre a
San Paolo do Brasil nell’ambito del
41
Foro internazionale di moda inclusiva.
Ma prima, l’11 ottobre, alcuni dei capi
realizzati saranno a Reatech Italia,
la rassegna dedicata al mondo della
disabilità in programma alla Fiera di
Milano. L’iniziativa, infatti, è organizzata
dall’assessorato ai Diritti delle persone
disabili di San Paolo in collaborazione
con Atlha (Associazione tempo libero
handicappati) e con il patrocinio del
capoluogo lombardo.
Sulla passerella di Reatech saliranno
modelle e modelli con disabilità: il
casting è curato da Atlha onlus, a cui
studenti e stilisti possono rivolgersi
per avere indossatrici e indossatori o
adattare i capi. L’iscrizione al concorso
e la consegna dei disegni devono
avvenire entro il 22 agosto attraverso
il sito Modainclusiva.sedpcd.sp.gov.br.
Nelle foto, una sfilata a San Paolo. [M.T.]
dulcis in fundo
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