Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano
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Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol II, pp. 615-619 Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano Raffaella Bombi Dipartimento di Glottologia e Filologia classica (Università di Udine) Abstract Obiettivo di questo lavoro è di fotografare alcuni aspetti del rinnovamento espressivo e strutturale dell’italiano contemporaneo sulla base delle innovazioni esogene: l’analisi sarà in particolare rivolta allo studio degli anglicismi in italiano i quali diventano anche terreno di verifica di alcune tipologie della linguistica del contatto. L’italiano è infatti una lingua in “movimento” che procede attraverso la accettazione e diffusione di forestierismi mutuati sotto forma di calchi o di prestiti linguistici, molti dei quali giungono attraverso le lingue speciali per poi diffondersi, a volte anche molto agevolmente, nell’uso comune. Particolare attenzione verrà rivolta agli anglicismi indicativi di particolari tipologie della linguistica del contatto che ci permettono di approfondire meccanismi e aspetti tipologici dell’interferenza linguistica, di perfezionare il paradigma teorico e di sollecitare alcune riflessioni sugli ordinamenti categoriali; mi soffermerò su quegli anglicismi che hanno seguito particolari percorsi: vedremo come alcune voci trovano spazio inizialmente in lingue speciali e successivamente, attraverso processi di osmosi, entrano o in altre lingue speciali o nell’ uso comune con conseguente risemantizzazione; particolare attenzione verrà rivolta ad alcune nuove lingue speciali, quale ad esempio quella dell’e-learning. 1. Premessa Obiettivo di questo contributo è quello di proporre una serie di riflessioni su alcuni aspetti legati al rinnovamento dell’italiano contemporaneo, una “lingua in movimento” che, al pari delle altre lingue europee1, procede da una parte verso una riconfigurazione del proprio standard e dall’altra verso la accettazione e l’utilizzo di forestierismi che non solo si diffondono agevolmente in particolare attraverso le lingue speciali (penso alla lingua dei giornali, alla lingua della pubblicità e, in generale, dei mezzi di comunicazione di massa, ai linguaggi giovanili), ma che costituiscono anche uno dei fattori del mutamento linguistico in grado di produrre risultati al di là del livello esclusivamente lessicale per investire il campo, ad esempio, della formazione della parola. Per interpretare questo fenomeno intendo proporre una serie di esempi che fotografano alcuni aspetti del processo di riorganizzazione lessicale e strutturale dell’italiano legato principalmente alla necessità di adeguarne il patrimonio linguistico alle esigenze espressive e comunicative che emergono incessantemente sulla base di fatti nuovi di ampio respiro. Verranno proiettate in primo piano alcune innovazioni esogene penetrate attraverso lingue speciali, generatrici di continui flussi terminologici, che possono, in alcuni casi, essere terreno di verifica dei modelli classificatori correnti della linguistica del contatto con particolare riguardo per la tipologia individuata da R. Gusmani; infine alcune parole saranno oggetto di analisi perché espressione di inopinati percorsi seguiti o perché indicative di riflessi sistemici dell’interferenza linguistica sulla lingua italiana contemporanea. 2. Voci penetrate attraverso nuove lingue speciali e indicative di particolari tipologie della linguistica del contatto Vorrei soffermarmi su una nuova lingua speciale che sta nascendo in questi ultimi tempi ed il cui interesse è legato sia alla formazione di una vera e propria metalingua particolare sia in prospettiva più ampia all’incontrarsi del settore linguistico-umanistico con quello tecnologico; ogni qual volta si definisce un nuovo campo di indagine, si assiste infatti alla costituzione in parallelo di una lingua speciale accompagnata da ben definite pratiche comunicative e da peculiari dispostivi terminologici. La varietà sulla quale intendo soffermarmi è quella dell’e-learning, una lingua speciale nuova più ristretta rispetto a quella dell’informatica che sta acquistando diritto di cittadinanza come lo dimostrerà una serie di esempi che costituiscono sono solo una parte di quelli che ho potuto analizzare in Bombi (2006); questa lingua è largamente debitrice per la costituzione del proprio patrimonio lessicale a tecnicismi di matrice alloglotta mutuati secondo i tradizionali procedimenti della linguistica del contatto. Infatti la principale sorgente alimentatrice delle lingue speciali è costituita dalle sollecitazioni interlinguistiche. A causa della dimensione internazionale della lingua speciale dell’e-learning (d’ora in avanti LSEL) e della sua appartenenza all’universo dell’informatica in cui l’inglese gioca un ruolo dominante e pervasivo, il nucleo terminologico centrale è costituito da anglicismi: la LSEL genera progressivamente una rete strutturata di tecnicismi e costrutti accolti sotto forma di prestito linguistico i quali costituiscono un blocco consolidato di voci in grado di ritagliarsi uno spazio stabile e ben preciso: segnalo, a titolo esemplificativo, chat, webforum, fading, lurker, scaffolding, expertise, avatar, freeware, blog, netiquette, e-tutor e anche espressioni analitiche come blended learning, virtual classroom e virtual community, Learning Management System (Bombi, 2006). La fortuna incontrata da queste formazioni ha determinato, in alcuni casi, anche la parallela diffusione del calco (cfr. aula virtuale e comunità virtuale calchi sintagmatici imperfetti di ingl. virtual classroom e virtual community) che però spesso conosce scarso successo: si pensi a learning object, più diffuso rispetto alla replica oggetti per l’apprendimento, o a peer to peer learning sul quale non riesce ad avere la meglio il calco apprendimento tra pari; segnalo ancora best practices prestito accolto anche come calco con numerose varianti (migliori pratiche, meglio prassi, buone pratiche, buone prassi) a conferma dell’uso non ancora stabilizzato della replica che si sta in ogni caso diffondendo anche al di là delle cerchie ristrette degli addetti ai lavori e che guadagna terreno grazie alla circolazione nell’uso giornalistico. Riusciranno questi termini a radicarsi e a istituzionalizzarsi nella nostra lingua o rimarranno tecnicismi legati a questa particolare Raffaella Bombi e nuova lingua speciale o addirittura casuals, occasionali testimoni di fatti del nostro tempo? 2.1. Due tecnicismi dell’e-learning Cercheremo ora di interpretare sistema autore e piattaforma proprietaria, due tecnicismi specifici1 della lingua speciale dell’e-learning che sollevano interessanti risvolti tipologici e mettono in gioco effetti sistemici in sede di lingua replica. Sistema autore trova il suo modello ispiratore in authoring system e la molteplicità delle repliche conferma un uso incipiente della voce. E’ possibile infatti trovare non solo il prestito tout court authoring system e la forma decurtata authoring ma anche il calco parziale imperfetto sistema (-i) di authoring e il calco sintagmatico imperfetto sistema autore (Bombi, 2006: 37-38). A conferma della produttività e fortuna nella LSEL segnalo ancora sintagmi come programma-autore, utilizzato in riferimento al software per la costruzione di ipertesti, pagine web e strumento autore. Quanto a piattaforma proprietaria dal punto di vista tipologico rientra tra i calchi sintagmatici imperfetti dell’ingl. proprietary platform e si caratterizza per l’impiego del sostantivo proprietario in funzione aggettivale. Va segnalato che il nuovo valore assunto da proprietario come voce della lingua speciale dell’informatica viene registrato nello Zingarelli già nel 1998 (si parla di “prodotto informatico, hardware o software, proposto come standard da chi lo ha sviluppato o ne detiene i diritti”); inoltre in italiano questa espressione entra in concorrenza sinonimica con il prestito Learning Management System, tipo terminologico più tecnico. L’accezione di proprietario ha poi trovato un nuovo assetto nella lingua speciale dell’e-learning con l’avvento dell’Open Source (che comincia a diffondersi nel 1998) in quanto viene utilizzato anche nel senso di “non libero, non open source, non gratuito, sottoposto a restrizioni”. Proprietary è pertanto voce propria dell’informatica e ora anche dei circuiti comunicativi specialistici dell’elearning; dal punto di vista tipologico, è ipotizzabile una dipendenza dal modello inglese proprietary in termini di prestito camuffato2: si tratta cioè di un prestito mascherato in virtù del canale di mutuazione, che è quello di una lingua tecnico-scientifica, e della marcata affinità formale tra modello e replica, il che ha favorito la resa ad orecchio di proprietary3. In conclusione la diffusione di sistema autore e piattaforma proprietaria, tipologicamente definibili calchi sintagmatici meccanici di modelli alloglotti con struttura di sostantivi giustapposti (pur con ordine romanzo di determinato/sistema + determinante/autore), si giustifica nell’ottica di evitare l’uso di complesse perifrasi: infatti piattaforma proprietaria è modulo sintetico rispetto a “software per la gestione della didattica on line soggetto a diritto di proprietà” ovvero software di cui si “è proprietari”, mentre sistema autore (“software che permette all’utente di diventare autore in prima persona di materiali didattici per corsi on line”) è espressione ellittica in grado di saltare una pluralità di passaggi che appesantirebbero il testo. 2.2. Alcune tipologie contatto della linguistica del Sono poi presenti anche alcuni dispositivi terminologici di questa lingua speciale che rimandano ad altre peculiari tipologie della linguistica del contatto. In questa varietà è stato infatti possibile individuare alcuni casi di prestito decurtato (Gusmani, 1986: 99 sgg.), tipologia dell’interferenza in cui il modello viene utilizzato in lingua replica in «forma abbreviata, cioè in genere con la perdita del secondo elemento» (cfr. blended per blended learning “la categoria del blended si è estesa a qualsiasi processo o modello di formazione…”, Rivoltella, 2006: 13), authoring per authoring system (Bombi, 2006: 37) e ancora mail per e-mail, chat per chat line e forum per web forum ormai d’uso anche nella lingua comune. Che la tipologia del prestito decurtato trovi alimento nella lingua comune è dimostrato da una serie di prestiti analizzati da Brincat (Brincat, 2006) nella varietà di inglese parlata a Malta tra cui after, cherry, compact rispettivamente per after hours, cherry brandy, compact disc (con decurtazione del secondo elemento) e card, clip (con decurtazione del primo elemento) per credit card, video clip; infine segnalo l’impiego di wellness per wellness center (OEDOL, dal 2005, s.v. wellness; cfr. ZINGARELLI 2006 che registra anche il calco sintagmatico imperfetto centro benessere col significato di “struttura attrezzata per terapie fisiche, trattamenti estetici, dietetici e sim.”, mentre centro wellness è interpretabile in termini di calco parziale del modello ispiratore). Non mancano poi casi di prestito di ritorno (Gusmani, 1986: 117-119) tipologia con cui si evocano i tipi lessicali che, presi a prestito da una lingua straniera, successivamente, con un movimento circolare, “ritornano” alla lingua di partenza 1 Utilizzo una delle due polarità terminologiche con cui L.Serianni definisce fin dal 1985 i termini tecnici opposti ai tecnicismi collaterali che “riflettono le nozioni proprie di quel settore” (Serianni, 2005: 127). 2 Per una analisi della nozione di prestito camuffato si rinvia a Gusmani, 1986: 119-125; la tipologia del prestito camuffato era già stata oggetto di analisi in Gusmani, 1972: 83-94; si vedano inoltre i lavori di V. Orioles, Su alcuni casi di prestito camuffato, «Incontri Linguistici» 8 (1982/83), pp. 137-145 nonché il recente saggio I russismi nella lingua italiana. Con particolare riguardo ai sovietismi, Roma, Il Calamo, 2006. Mi permetto inoltre di rinviare a Bombi, 2005: 159-167 e 339-347. 3 Non può passare sotto silenzio la vistosa discontinuità sintattica di sistema autore e piattaforma proprietaria: nel primo caso in fatti la discontinuità sta nel fatto che la nozione di autore è esocentrica rispetto al sintagma in quanto non si tratta di un sistema che “è autore” ma di un software che permette all’utente di diventare autore; per quanto riguarda piattaforma proprietaria siamo di fronte a un sintagma distante strutturalmente dal modello in quanto proprietario è sì in funzione aggettivale ma non nel senso che la piattaforma “è proprietaria” ma nel senso che implica proprietà dei diritti e dunque rimanda anche qui a una nozione esterna al sintagma. Inoltre si segnala il fatto che la non vistosa discontinuità semantica con il termine endogeno preesistente e la sostanziale assenza del prestito fedele rendono proprietario un termine borderline dal punto di vista tipologico tra il prestito camuffato e il calco semantico (Bombi, 2005: 339347). Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano con il nuovo valore sviluppato in ambiente alloglotto (cfr. it. portfolio e si veda in particolare il tipo e-portfolio che ritorna in italiano con il valore di “raccolta delle produzioni di uno studente…lungo un determinato arco di tempo” sviluppato in ambiente anglofono, (Bombi, 2006: 78-79). All’inizio ci siamo domandati quale fosse la sorgente alimentatrice principale di questa nuova lingua speciale, il cui profilo tematico è quello di una varietà di frontiera tra l’informatica e il settore delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Certamente la matrice neologica ricorrente è proprio quella dell’anglicismo; la LSEL è infatti largamente debitrice, a causa della sua origine e dimensione internazionali, all’inglese i cui modelli sono mutuati prevalentemente come prestiti linguistici analogamente a quanto si è verificato nella lingua speciale dell’informatica che per lungo tempo ha subito “senza reagire l’invasione degli anglicismi, tutt’al più temperati dall’adattamento fono-morfologico” (Marri, 2003: 184) anche se “un contributo per l’appropriazione collettiva del linguaggio informatico potrebbe venire (e sta venendo) dal ricorso a modi popolari già esistenti o creati ex novo su materiali ad alta disponibilità: a questa categoria appartengono chiocciola, faccine, inchiodarsi, smanettare” (Marri, 2003: 193). È noto che molti anglicismi entrano attraverso lingue speciali e, in generale, attraverso discipline in cui il progresso è veloce, continuo e inarrestabile e pertanto questa crescita esponenziale delle terminologie spiega l’ingresso di prestiti non adattati dall’inglese lingua globale, secondo la definizione di Crystal (2300) con un ruolo centrale nel processi di rinnovamento dei moduli lessicali. Walter Belardi (Saggio introduttivo a De Santis, 2005: 5-13), a proposito della lingua dell’ informatica, osserva come a volte sia addirittura difficile sostituire un anglicismo che può non trovare un esatto corrispettivo in lingua replica: perché dire implementare invece di realizzare e qual è il motivo del successo di questo termine? Belardi precisa che ragioni semantiche hanno determinato il successo di implementare che indica qualche cosa di diverso rispetto a realizzare in quanto veicola l’idea di un processo che, partendo da uno stadio iniziale, progredisce gradatamente verso versioni migliorate seguendo uno stadio dopo l’altro. Sono cioè “parole potenti” circondate da “un alone magico” (Beccaria, 2006: 58) nei confronti delle quali osserva ancora Belardi (in De Santis, 2005: 7-8), a volte non è attuabile “una naturalizzazione” che peraltro “interessa solo chi abbia contatti sporadici ed epidermici con un computer o scarsa o nulla conoscenza dell’inglese scritto perché tradizione e progresso convergono, in verità, in una medesima configurazione dato che la prima senza il secondo sarebbe mera archeologia e il secondo senza la prima non saprebbe da dove muovere per andare avanti e aggiornarsi”. Pertanto a coloro che potrebbero vedere questa lingua speciale come veicolo di una ulteriore ondata di anglicismi in italiano si può obiettare che, pur non potendo formulare predizioni sugli sviluppi futuri ma proprio sulla base degli analoghi flussi lessicali presenti nell’informatica, dopo la prima fase pervasiva in cui c’è forte presenza di esotismi, la lingua standard saprà reagire con le proprie forti capacità di rielaborazione e riorganizzazione senza necessariamente banalizzazioni e ingenui adattamenti. 2.3. cadere in Inopinati percorsi di parole: il caso di slow food Altrove ho avuto occasione di osservare (Bombi, 1991) che il sintagma slow food, impiegato per caratterizzare la tradizionale cucina italiana in contrapposizione al fast food americano, rientrava tra i falsi anglicismi, tipologia con cui si intende una creazione realizzata con materiale straniero ma priva di un modello nella lingua da cui si presume ispirata (Gusmani, 1986: 106-110). La mancata individuazione in inglese di un modello confortava l’ipotesi che l’espressione, pur sollecitata indirettamente dall’esistenza di una dinamica interlinguistica che aveva portato a istituzionalizzare in italiano il vero prestito fast food, rientrasse nella tipologia del falso anglicismo: l’assenza di testimonianze inglesi e, in particolare, il riferimento ad un fatto di civiltà tipicamente italiano mi avevano pertanto indotto a interpretare tale neoformazione in termini di falso anglicismo. E’ noto che il neologismo incontra immediata e grande fortuna con la nascita in Italia del movimento, fondato nel 1986 da Carlo Petrini, che si impegna nella salvaguardia e diffusione di una nuova filosofia del gusto, delle tradizioni gastronomiche locali con particolare attenzione per i suoi prodotti, metodi di coltivazione e di allevamento in contrapposizione alla standardizzazione e ‘globalizzazione’ del gusto. Il sintagma è infatti registrato nel GRADIT dal 1989 come “voce pseudoingl., comp. di slow “lento” e food “cibo”, secondo fast food in riferimento alla “tendenza gastronomica e movimento che si oppone alla pratica diffusa di consumare i pasti frettolosamente, proponendo il ritorno a un’alimentazione e a uno stile di vita più sano e genuino”. Nonostante infatti una isolata attestazione in inglese di slow food del 1981, momento genetico dell’innovazione che è rimasto isolato e non produttivo di effetti stabili sul sistema (ricavo il dato dalla consultazione del Macmillan Dictionary on line del 20064 dove si legge che slow food is “food which is carefully prepared using traditional cooking methods and organic ingredients, and is intended to be eaten and enjoyed slowly for maximum benefit”), certamente la voce conosce una fase di consolidamento per la quale l’italiano appare risolutivo: infatti il sintagma non riemerge in inglese se non a seguito del successo internazionale del movimento dello slow food italiano e le vicende di questa espressione appartengono alla storia della recente fortuna dell’italiano in inglese. Se infatti appena nel 2000 è stata aperta la sede dello Slow Food negli Stati Uniti a New York (ricavo questi dati dal sito Internet dello Slow food negli Stati Uniti), la conferma della diffusione del sintagma ci giunge da testimonianze tratte dalla stampa giornalistica americana: The Slow Revolutionary. Originally a protest, his Slow Food movement has transformed the way we think about cuisine («Time» 11 ottobre 2004, p. 64) 4 Ricavo i dati da Macmillan Dictionary on (http://www.macmillandictionary.com), s.v. slow food. line Raffaella Bombi Se ora tentiamo una valutazione tipologica di questa interferenza, certamente ci troviamo di fronte al caso emblematico di un sintagma che ha seguito un percorso quantomeno inopinato: sorto in italiano con elementi di matrice inglese e preferito per la forte carica espressiva che lo contrappone anche al prestito fast food, slow food è identificabile tipologicamente come falso anglicismo; la sua immissione in un circuito comunicativo più ampio fa sì che slow food venga recuperato dall’inglese attraverso un fenomeno di interferenza interpretabile in termini di prestito “costruito” sì con materiale inglese ma recepito nella sua nuova funzione semantica forgiata in ambito italiano. 3. Processi di ‘formazione della parola’ Una serie di recenti unità lessicali, alcune esogene altre invece di matrice endogena, può circoscrivere e individuare un settore della ‘formazione della parola’ sensibile agli influssi alloglotti. si tratta in particolare delle formazioni definite blend, unità lessicali che si caratterizzano per essere formate da quei costituenti che Dardano fin dal 1988 (p. 60) chiama “spezzoni di parole” estratti cioè da unità lessicali a seguito di vari drastici processi di accorciamento (o clipping process): sono esempi di segmenti iniziali catto- (da cui il recente cattotelefonino), narco- (narcoterrorismo) e di segmento finale -poli (calciopoli è una delle più recenti formazioni). Questi segmenti di parole spesso vengono reimpiegati per creare neoformazioni definite blend, tecnicismo con cui si fa riferimento a un particolare tipo di “composto” costituito dall’unione di due forme non libere sorte attraverso processo di clipping (Bombi, 2005: 271-289). Si tratta di una risorsa produttiva in sede di creazione lessicale; sebbene infatti la gran parte di queste formazioni resti all’interno del ben definito circuito delle terminologie tecnico-scientifiche, alcune di esse entrano a grandi passi attraverso la lingua dei giornali e dei mezzi di comunicazione di massa nell’uso comune in particolare nel linguaggio giovanile e “il crescente spazio occupato da tali strutture genera infatti dei visibili effetti sistemici producendo innanzitutto una riorganizzazione della ‘forma interna’ della lingua volta per volta chiamata in causa” (Orioles, 2006: 1346). Tra le neoformazioni di più recente attestazione indicative di questo procedimento segnalo middlescent da poco registrato nel lessico giornalistico italiano sotto forma di prestito. Middlescent ben si inserisce in quella costellazione di termini vuoi di matrice alloglotta vuoi ora anche di matrice endogena costruiti da spezzoni di parole: è infatti interpretabile come costituito dalla forma libera middle, riferita alla “mezza età” e dalla clipped form scent estratta da adolescent5. Riporto quella che potrebbe essere la prima attestazione italiana della voce tratta dalla stampa quotidiana: 5 Il modello inglese ispiratore risulta attestato dal 2000 come si ricava dalla consultazione on line di http://www.macmillandictionary.com/ ‘In a society which values youth above all else, we are constantly trying to invent new buzz words – middlescent, kidult, middle youth in our attempts to analyse and understand the strange world of modern adulthood.’ (The Independent on Sunday, 6th August 2000). E il signore di mezza età flirta via sms Nuovi comportamenti (…) Siamo le prime generazioni nella storia a poter trasformare la crisi della mezza età in turbe adolescenziali. Grazie alla Harvard Business Review che ci chiama middlescents (i più contenti saranno i middlescents di 54 anni, intruppati con chi ne ha 35); grazie ai nostri consumi (iPod, moto e motorini, abitini e telefonini carini, e altro); alla libertà d’azione (molto maggiore di quella dei nostri genitori, specie di fare stupidaggini); ai nostri mille espedienti per non invecchiare. («Corriere della Sera» 16 maggio 2006). Certamente questo anglicismo, ancora allo status di occasionalismo, non rappresenta una semplice addizione all’inventario lessicale dell’italiano, ma caratterizzandosi anche per una particolare struttura, contribuisce insieme a numerosi altri casi al complesso rinnovamento strutturale della lingua italiana. La conferma della graduale ma ben documentabile diffusione di unità lessicali con questa particolare struttura ci giunge non solo dall’ingresso di prestiti, ma anche da una serie di formazioni endogene ed esogene che si insinuano nell’uso comune tra cui il recente musifonino, proprio della lingua speciale della pubblicità, costituito da due spezzoni di parole musi- e -fonino (rispettivamente da musica e telefonino); tra le formazioni esogene possiamo aggiungere neocon (“A Washington “neocon” più forti. E due moderati lasciano il posto”, «Corriere della sera», 7 novembre 2004) espressione che implica un drastico accorciamento per back clipping di conservatore reimpiegato in funzione di suffissoide e con primo elemento il formante neo-: la conferma che si tratti di un prestito fedele ci giunge dall’OEDOL che mette a lemma neocon dal 1979 con il valore di “a proponent or supporter of neoconservatisms”). Analogamente a quanto succede in sede morfologica con quel processo che Gusmani definisce di “induzione di morfemi” (Gusmani, 1986: 155-164) anche l’uso produttivo di unità formative esogene, caratterizzate da strutture innovative, può determinare un incremento quantitativo attraverso il processo di rinforzo che ci “riporta alla discussa sinergia di influssi esogeni ed endogeni operante nel favorire la genesi di una innovazione” (Orioles, 2006: 22). 4. Riferimenti Beccaria, G.L. (2006). Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi. Milano: Garzanti. Bombi, R. (1991), Di alcuni falsi anglicismi nell’italiano contemporaneo. Incontri Linguistici, 14, pp. 87-96. Bombi, R. (2005). La linguistica del contatto. Tipologie di anglicismi nell’italiano contemporaneo e riflessi metalinguistici. Roma: Il Calamo. Bombi, R. (2006). L’e-learning e la sua lingua speciale. Roma: Aracne. Brincat G. (2006). 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