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Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano

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Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol II, pp. 615-619
Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano
Raffaella Bombi
Dipartimento di Glottologia e Filologia classica (Università di Udine)
Abstract
Obiettivo di questo lavoro è di fotografare alcuni aspetti del rinnovamento espressivo e strutturale dell’italiano contemporaneo sulla
base delle innovazioni esogene: l’analisi sarà in particolare rivolta allo studio degli anglicismi in italiano i quali diventano anche
terreno di verifica di alcune tipologie della linguistica del contatto. L’italiano è infatti una lingua in “movimento” che procede
attraverso la accettazione e diffusione di forestierismi mutuati sotto forma di calchi o di prestiti linguistici, molti dei quali giungono
attraverso le lingue speciali per poi diffondersi, a volte anche molto agevolmente, nell’uso comune. Particolare attenzione verrà rivolta
agli anglicismi indicativi di particolari tipologie della linguistica del contatto che ci permettono di approfondire meccanismi e aspetti
tipologici dell’interferenza linguistica, di perfezionare il paradigma teorico e di sollecitare alcune riflessioni sugli ordinamenti
categoriali; mi soffermerò su quegli anglicismi che hanno seguito particolari percorsi: vedremo come alcune voci trovano spazio
inizialmente in lingue speciali e successivamente, attraverso processi di osmosi, entrano o in altre lingue speciali o nell’ uso comune
con conseguente risemantizzazione; particolare attenzione verrà rivolta ad alcune nuove lingue speciali, quale ad esempio quella
dell’e-learning.
1. Premessa
Obiettivo di questo contributo è quello di proporre una
serie di riflessioni su alcuni aspetti legati al rinnovamento
dell’italiano contemporaneo, una “lingua in movimento”
che, al pari delle altre lingue europee1, procede da una
parte verso una riconfigurazione del proprio standard e
dall’altra verso la accettazione e l’utilizzo di forestierismi
che non solo si diffondono agevolmente in particolare
attraverso le lingue speciali (penso alla lingua dei giornali,
alla lingua della pubblicità e, in generale, dei mezzi di
comunicazione di massa, ai linguaggi giovanili), ma che
costituiscono anche uno dei fattori del mutamento
linguistico in grado di produrre risultati al di là del livello
esclusivamente lessicale per investire il campo, ad
esempio, della formazione della parola.
Per interpretare questo fenomeno intendo proporre una
serie di esempi che fotografano alcuni aspetti del processo
di riorganizzazione lessicale e strutturale dell’italiano
legato principalmente alla necessità di adeguarne il
patrimonio linguistico alle esigenze espressive e
comunicative che emergono incessantemente sulla base di
fatti nuovi di ampio respiro. Verranno proiettate in primo
piano alcune innovazioni esogene penetrate attraverso
lingue speciali, generatrici di continui flussi terminologici,
che possono, in alcuni casi, essere terreno di verifica dei
modelli classificatori correnti della linguistica del contatto
con particolare riguardo per la tipologia individuata da R.
Gusmani; infine alcune parole saranno oggetto di analisi
perché espressione di inopinati percorsi seguiti o perché
indicative di riflessi sistemici dell’interferenza linguistica
sulla lingua italiana contemporanea.
2. Voci penetrate attraverso nuove lingue
speciali e indicative di particolari
tipologie della linguistica del contatto
Vorrei soffermarmi su una nuova lingua speciale che
sta nascendo in questi ultimi tempi ed il cui interesse è
legato sia alla formazione di una vera e propria
metalingua particolare sia in prospettiva più ampia
all’incontrarsi del settore linguistico-umanistico con
quello tecnologico; ogni qual volta si definisce un nuovo
campo di indagine, si assiste infatti alla costituzione in
parallelo di una lingua speciale accompagnata da ben
definite pratiche comunicative e da peculiari dispostivi
terminologici. La varietà sulla quale intendo soffermarmi
è quella dell’e-learning, una lingua speciale nuova più
ristretta rispetto a quella dell’informatica che sta
acquistando diritto di cittadinanza come lo dimostrerà una
serie di esempi che costituiscono sono solo una parte di
quelli che ho potuto analizzare in Bombi (2006); questa
lingua è largamente debitrice per la costituzione del
proprio patrimonio lessicale a tecnicismi di matrice
alloglotta mutuati secondo i tradizionali procedimenti
della linguistica del contatto. Infatti la principale sorgente
alimentatrice delle lingue speciali è costituita dalle
sollecitazioni interlinguistiche.
A causa della dimensione internazionale della lingua
speciale dell’e-learning (d’ora in avanti LSEL) e della sua
appartenenza all’universo dell’informatica in cui l’inglese
gioca un ruolo dominante e pervasivo, il nucleo
terminologico centrale è costituito da anglicismi: la LSEL
genera progressivamente una rete strutturata di tecnicismi
e costrutti accolti sotto forma di prestito linguistico i quali
costituiscono un blocco consolidato di voci in grado di
ritagliarsi uno spazio stabile e ben preciso: segnalo, a
titolo esemplificativo, chat, webforum, fading, lurker,
scaffolding, expertise, avatar, freeware, blog, netiquette,
e-tutor e anche espressioni analitiche come blended
learning, virtual classroom e virtual community, Learning
Management System (Bombi, 2006). La fortuna incontrata
da queste formazioni ha determinato, in alcuni casi, anche
la parallela diffusione del calco (cfr. aula virtuale e
comunità virtuale calchi sintagmatici imperfetti di ingl.
virtual classroom e virtual community) che però spesso
conosce scarso successo: si pensi a learning object, più
diffuso rispetto alla replica oggetti per l’apprendimento, o
a peer to peer learning sul quale non riesce ad avere la
meglio il calco apprendimento tra pari; segnalo ancora
best practices prestito accolto anche come calco con
numerose varianti (migliori pratiche, meglio prassi, buone
pratiche, buone prassi) a conferma dell’uso non ancora
stabilizzato della replica che si sta in ogni caso
diffondendo anche al di là delle cerchie ristrette degli
addetti ai lavori e che guadagna terreno grazie alla
circolazione nell’uso giornalistico. Riusciranno questi
termini a radicarsi e a istituzionalizzarsi nella nostra
lingua o rimarranno tecnicismi legati a questa particolare
Raffaella Bombi
e nuova lingua speciale o addirittura casuals, occasionali
testimoni di fatti del nostro tempo?
2.1.
Due tecnicismi dell’e-learning
Cercheremo ora di interpretare sistema autore e
piattaforma proprietaria, due tecnicismi specifici1 della
lingua speciale dell’e-learning che sollevano interessanti
risvolti tipologici e mettono in gioco effetti sistemici in
sede di lingua replica. Sistema autore trova il suo modello
ispiratore in authoring system e la molteplicità delle
repliche conferma un uso incipiente della voce. E’
possibile infatti trovare non solo il prestito tout court
authoring system e la forma decurtata authoring ma anche
il calco parziale imperfetto sistema (-i) di authoring e il
calco sintagmatico imperfetto sistema autore (Bombi,
2006: 37-38).
A conferma della produttività e fortuna nella LSEL
segnalo ancora sintagmi come programma-autore,
utilizzato in riferimento al software per la costruzione di
ipertesti, pagine web e strumento autore. Quanto a
piattaforma proprietaria dal punto di vista tipologico
rientra tra i calchi sintagmatici imperfetti dell’ingl.
proprietary platform e si caratterizza per l’impiego del
sostantivo proprietario in funzione aggettivale.
Va segnalato che il nuovo valore assunto da
proprietario come voce della lingua speciale
dell’informatica viene registrato nello Zingarelli già nel
1998 (si parla di “prodotto informatico, hardware o
software, proposto come standard da chi lo ha sviluppato
o ne detiene i diritti”); inoltre in italiano questa
espressione entra in concorrenza sinonimica con il prestito
Learning Management System, tipo terminologico più
tecnico. L’accezione di proprietario ha poi trovato un
nuovo assetto nella lingua speciale dell’e-learning con
l’avvento dell’Open Source (che comincia a diffondersi
nel 1998) in quanto viene utilizzato anche nel senso di
“non libero, non open source, non gratuito, sottoposto a
restrizioni”.
Proprietary è pertanto voce propria dell’informatica e
ora anche dei circuiti comunicativi specialistici dell’elearning; dal punto di vista tipologico, è ipotizzabile una
dipendenza dal modello inglese proprietary in termini di
prestito camuffato2: si tratta cioè di un prestito mascherato
in virtù del canale di mutuazione, che è quello di una
lingua tecnico-scientifica, e della marcata affinità formale
tra modello e replica, il che ha favorito la resa ad orecchio
di proprietary3. In conclusione la diffusione di sistema
autore e piattaforma proprietaria, tipologicamente
definibili calchi sintagmatici meccanici di modelli
alloglotti con struttura di sostantivi giustapposti (pur con
ordine
romanzo
di
determinato/sistema
+
determinante/autore), si giustifica nell’ottica di evitare
l’uso di complesse perifrasi: infatti piattaforma
proprietaria è modulo sintetico rispetto a “software per la
gestione della didattica on line soggetto a diritto di
proprietà” ovvero software di cui si “è proprietari”,
mentre sistema autore (“software che permette all’utente
di diventare autore in prima persona di materiali didattici
per corsi on line”) è espressione ellittica in grado di
saltare una pluralità di passaggi che appesantirebbero il
testo.
2.2.
Alcune tipologie
contatto
della
linguistica
del
Sono poi presenti anche alcuni dispositivi
terminologici di questa lingua speciale che rimandano ad
altre peculiari tipologie della linguistica del contatto. In
questa varietà è stato infatti possibile individuare alcuni
casi di prestito decurtato (Gusmani, 1986: 99 sgg.),
tipologia dell’interferenza in cui il modello viene
utilizzato in lingua replica in «forma abbreviata, cioè in
genere con la perdita del secondo elemento» (cfr. blended
per blended learning “la categoria del blended si è estesa
a qualsiasi processo o modello di formazione…”,
Rivoltella, 2006: 13), authoring per authoring system
(Bombi, 2006: 37) e ancora mail per e-mail, chat per chat
line e forum per web forum ormai d’uso anche nella lingua
comune.
Che la tipologia del prestito decurtato trovi alimento
nella lingua comune è dimostrato da una serie di prestiti
analizzati da Brincat (Brincat, 2006) nella varietà di
inglese parlata a Malta tra cui after, cherry, compact
rispettivamente per after hours, cherry brandy, compact
disc (con decurtazione del secondo elemento) e card, clip
(con decurtazione del primo elemento) per credit card,
video clip; infine segnalo l’impiego di wellness per
wellness center (OEDOL, dal 2005, s.v. wellness; cfr.
ZINGARELLI 2006 che registra anche il calco sintagmatico
imperfetto centro benessere col significato di “struttura
attrezzata per terapie fisiche, trattamenti estetici, dietetici
e sim.”, mentre centro wellness è interpretabile in termini
di calco parziale del modello ispiratore). Non mancano
poi casi di prestito di ritorno (Gusmani, 1986: 117-119)
tipologia con cui si evocano i tipi lessicali che, presi a
prestito da una lingua straniera, successivamente, con un
movimento circolare, “ritornano” alla lingua di partenza
1
Utilizzo una delle due polarità terminologiche con cui
L.Serianni definisce fin dal 1985 i termini tecnici opposti ai
tecnicismi collaterali che “riflettono le nozioni proprie di quel
settore” (Serianni, 2005: 127).
2
Per una analisi della nozione di prestito camuffato si rinvia a
Gusmani, 1986: 119-125; la tipologia del prestito camuffato era
già stata oggetto di analisi in Gusmani, 1972: 83-94; si vedano
inoltre i lavori di V. Orioles, Su alcuni casi di prestito camuffato,
«Incontri Linguistici» 8 (1982/83), pp. 137-145 nonché il
recente saggio I russismi nella lingua italiana. Con particolare
riguardo ai sovietismi, Roma, Il Calamo, 2006. Mi permetto
inoltre di rinviare a Bombi, 2005: 159-167 e 339-347.
3
Non può passare sotto silenzio la vistosa discontinuità sintattica
di sistema autore e piattaforma proprietaria: nel primo caso in
fatti la discontinuità sta nel fatto che la nozione di autore è
esocentrica rispetto al sintagma in quanto non si tratta di un
sistema che “è autore” ma di un software che permette all’utente
di diventare autore; per quanto riguarda piattaforma proprietaria
siamo di fronte a un sintagma distante strutturalmente dal
modello in quanto proprietario è sì in funzione aggettivale ma
non nel senso che la piattaforma “è proprietaria” ma nel senso
che implica proprietà dei diritti e dunque rimanda anche qui a
una nozione esterna al sintagma. Inoltre si segnala il fatto che la
non vistosa discontinuità semantica con il termine endogeno
preesistente e la sostanziale assenza del prestito fedele rendono
proprietario un termine borderline dal punto di vista tipologico
tra il prestito camuffato e il calco semantico (Bombi, 2005: 339347).
Lingue in contatto: fortunati percorsi di anglicismi in italiano
con il nuovo valore sviluppato in ambiente alloglotto (cfr.
it. portfolio e si veda in particolare il tipo e-portfolio che
ritorna in italiano con il valore di “raccolta delle
produzioni di uno studente…lungo un determinato arco di
tempo” sviluppato in ambiente anglofono, (Bombi, 2006:
78-79). All’inizio ci siamo domandati quale fosse la
sorgente alimentatrice principale di questa nuova lingua
speciale, il cui profilo tematico è quello di una varietà di
frontiera tra l’informatica e il settore delle tecnologie della
comunicazione e dell’informazione.
Certamente la matrice neologica ricorrente è proprio
quella dell’anglicismo; la LSEL è infatti largamente
debitrice, a causa della sua origine e dimensione
internazionali, all’inglese i cui modelli sono mutuati
prevalentemente come prestiti linguistici analogamente a
quanto si è verificato nella lingua speciale
dell’informatica che per lungo tempo ha subito “senza
reagire l’invasione degli anglicismi, tutt’al più temperati
dall’adattamento fono-morfologico” (Marri, 2003: 184)
anche se “un contributo per l’appropriazione collettiva del
linguaggio informatico potrebbe venire (e sta venendo)
dal ricorso a modi popolari già esistenti o creati ex novo
su materiali ad alta disponibilità: a questa categoria
appartengono chiocciola, faccine, inchiodarsi, smanettare”
(Marri, 2003: 193).
È noto che molti anglicismi entrano attraverso lingue
speciali e, in generale, attraverso discipline in cui il
progresso è veloce, continuo e inarrestabile e pertanto
questa crescita esponenziale delle terminologie spiega
l’ingresso di prestiti non adattati dall’inglese lingua
globale, secondo la definizione di Crystal (2300) con un
ruolo centrale nel processi di rinnovamento dei moduli
lessicali. Walter Belardi (Saggio introduttivo a De Santis,
2005: 5-13), a proposito della lingua dell’ informatica,
osserva come a volte sia addirittura difficile sostituire un
anglicismo che può non trovare un esatto corrispettivo in
lingua replica: perché dire implementare invece di
realizzare e qual è il motivo del successo di questo
termine? Belardi precisa che ragioni semantiche hanno
determinato il successo di implementare che indica
qualche cosa di diverso rispetto a realizzare in quanto
veicola l’idea di un processo che, partendo da uno stadio
iniziale, progredisce gradatamente verso versioni
migliorate seguendo uno stadio dopo l’altro. Sono cioè
“parole potenti” circondate da “un alone magico”
(Beccaria, 2006: 58) nei confronti delle quali osserva
ancora Belardi (in De Santis, 2005: 7-8), a volte non è
attuabile “una naturalizzazione” che peraltro “interessa
solo chi abbia contatti sporadici ed epidermici con un
computer o scarsa o nulla conoscenza dell’inglese scritto
perché tradizione e progresso convergono, in verità, in
una medesima configurazione dato che la prima senza il
secondo sarebbe mera archeologia e il secondo senza la
prima non saprebbe da dove muovere per andare avanti e
aggiornarsi”.
Pertanto a coloro che potrebbero vedere questa lingua
speciale come veicolo di una ulteriore ondata di
anglicismi in italiano si può obiettare che, pur non
potendo formulare predizioni sugli sviluppi futuri ma
proprio sulla base degli analoghi flussi lessicali presenti
nell’informatica, dopo la prima fase pervasiva in cui c’è
forte presenza di esotismi, la lingua standard saprà reagire
con le proprie forti capacità di rielaborazione e
riorganizzazione senza necessariamente
banalizzazioni e ingenui adattamenti.
2.3.
cadere
in
Inopinati percorsi di parole: il caso di slow
food
Altrove ho avuto occasione di osservare (Bombi,
1991) che il sintagma slow food, impiegato per
caratterizzare la tradizionale cucina italiana in
contrapposizione al fast food americano, rientrava tra i
falsi anglicismi, tipologia con cui si intende una creazione
realizzata con materiale straniero ma priva di un modello
nella lingua da cui si presume ispirata (Gusmani, 1986:
106-110). La mancata individuazione in inglese di un
modello confortava l’ipotesi che l’espressione, pur
sollecitata indirettamente dall’esistenza di una dinamica
interlinguistica che aveva portato a istituzionalizzare in
italiano il vero prestito fast food, rientrasse nella tipologia
del falso anglicismo: l’assenza di testimonianze inglesi e,
in particolare, il riferimento ad un fatto di civiltà
tipicamente italiano mi avevano pertanto indotto a
interpretare tale neoformazione in termini di falso
anglicismo. E’ noto che il neologismo incontra immediata
e grande fortuna con la nascita in Italia del movimento,
fondato nel 1986 da Carlo Petrini, che si impegna nella
salvaguardia e diffusione di una nuova filosofia del gusto,
delle tradizioni gastronomiche locali con particolare
attenzione per i suoi prodotti, metodi di coltivazione e di
allevamento in contrapposizione alla standardizzazione e
‘globalizzazione’ del gusto. Il sintagma è infatti registrato
nel GRADIT dal 1989 come “voce pseudoingl., comp. di
slow “lento” e food “cibo”, secondo fast food in
riferimento alla “tendenza gastronomica e movimento che
si oppone alla pratica diffusa di consumare i pasti
frettolosamente, proponendo il ritorno a un’alimentazione
e a uno stile di vita più sano e genuino”. Nonostante
infatti una isolata attestazione in inglese di slow food del
1981, momento genetico dell’innovazione che è rimasto
isolato e non produttivo di effetti stabili sul sistema
(ricavo il dato dalla consultazione del Macmillan
Dictionary on line del 20064 dove si legge che slow food
is “food which is carefully prepared using traditional
cooking methods and organic ingredients, and is intended
to be eaten and enjoyed slowly for maximum benefit”),
certamente la voce conosce una fase di consolidamento
per la quale l’italiano appare risolutivo: infatti il sintagma
non riemerge in inglese se non a seguito del successo
internazionale del movimento dello slow food italiano e le
vicende di questa espressione appartengono alla storia
della recente fortuna dell’italiano in inglese. Se infatti
appena nel 2000 è stata aperta la sede dello Slow Food
negli Stati Uniti a New York (ricavo questi dati dal sito
Internet dello Slow food negli Stati Uniti), la conferma
della diffusione del sintagma ci giunge da testimonianze
tratte dalla stampa giornalistica americana:
The Slow Revolutionary. Originally a protest, his Slow Food
movement has transformed the way we think about cuisine
(«Time» 11 ottobre 2004, p. 64)
4
Ricavo i dati da Macmillan Dictionary on
(http://www.macmillandictionary.com), s.v. slow food.
line
Raffaella Bombi
Se ora tentiamo una valutazione tipologica di questa
interferenza, certamente ci troviamo di fronte al caso
emblematico di un sintagma che ha seguito un percorso
quantomeno inopinato: sorto in italiano con elementi di
matrice inglese e preferito per la forte carica espressiva
che lo contrappone anche al prestito fast food, slow food è
identificabile tipologicamente come falso anglicismo; la
sua immissione in un circuito comunicativo più ampio fa
sì che slow food venga recuperato dall’inglese attraverso
un fenomeno di interferenza interpretabile in termini di
prestito “costruito” sì con materiale inglese ma recepito
nella sua nuova funzione semantica forgiata in ambito
italiano.
3. Processi di ‘formazione della parola’
Una serie di recenti unità lessicali, alcune esogene
altre invece di matrice endogena, può circoscrivere e
individuare un settore della ‘formazione della parola’
sensibile agli influssi alloglotti. si tratta in particolare
delle formazioni definite blend, unità lessicali che si
caratterizzano per essere formate da quei costituenti che
Dardano fin dal 1988 (p. 60) chiama “spezzoni di parole”
estratti cioè da unità lessicali a seguito di vari drastici
processi di accorciamento (o clipping process): sono
esempi di segmenti iniziali catto- (da cui il recente
cattotelefonino), narco- (narcoterrorismo) e di segmento
finale -poli (calciopoli è una delle più recenti formazioni).
Questi segmenti di parole spesso vengono reimpiegati
per creare neoformazioni definite blend, tecnicismo con
cui si fa riferimento a un particolare tipo di “composto”
costituito dall’unione di due forme non libere sorte
attraverso processo di clipping (Bombi, 2005: 271-289).
Si tratta di una risorsa produttiva in sede di creazione
lessicale; sebbene infatti la gran parte di queste
formazioni resti all’interno del ben definito circuito delle
terminologie tecnico-scientifiche, alcune di esse entrano a
grandi passi attraverso la lingua dei giornali e dei mezzi di
comunicazione di massa nell’uso comune in particolare
nel linguaggio giovanile e “il crescente spazio occupato
da tali strutture genera infatti dei visibili effetti sistemici
producendo innanzitutto una riorganizzazione della
‘forma interna’ della lingua volta per volta chiamata in
causa” (Orioles, 2006: 1346).
Tra le neoformazioni di più recente attestazione
indicative di questo procedimento segnalo middlescent da
poco registrato nel lessico giornalistico italiano sotto
forma di prestito. Middlescent ben si inserisce in quella
costellazione di termini vuoi di matrice alloglotta vuoi ora
anche di matrice endogena costruiti da spezzoni di parole:
è infatti interpretabile come costituito dalla forma libera
middle, riferita alla “mezza età” e dalla clipped form scent estratta da adolescent5. Riporto quella che potrebbe
essere la prima attestazione italiana della voce tratta dalla
stampa quotidiana:
5
Il modello inglese ispiratore risulta attestato dal 2000 come si
ricava
dalla
consultazione
on
line
di
http://www.macmillandictionary.com/ ‘In a society which values
youth above all else, we are constantly trying to invent new buzz
words – middlescent, kidult, middle youth in our attempts to
analyse and understand the strange world of modern adulthood.’
(The Independent on Sunday, 6th August 2000).
E il signore di mezza età flirta via sms Nuovi comportamenti
(…) Siamo le prime generazioni nella storia a poter
trasformare la crisi della mezza età in turbe adolescenziali.
Grazie alla Harvard Business Review che ci chiama
middlescents (i più contenti saranno i middlescents di 54
anni, intruppati con chi ne ha 35); grazie ai nostri consumi
(iPod, moto e motorini, abitini e telefonini carini, e altro);
alla libertà d’azione (molto maggiore di quella dei nostri
genitori, specie di fare stupidaggini); ai nostri mille
espedienti per non invecchiare.
(«Corriere della Sera» 16 maggio 2006).
Certamente questo anglicismo, ancora allo status di
occasionalismo, non rappresenta una semplice addizione
all’inventario lessicale dell’italiano, ma caratterizzandosi
anche per una particolare struttura, contribuisce insieme a
numerosi altri casi al complesso rinnovamento strutturale
della lingua italiana.
La conferma della graduale ma ben documentabile
diffusione di unità lessicali con questa particolare struttura
ci giunge non solo dall’ingresso di prestiti, ma anche da
una serie di formazioni endogene ed esogene che si
insinuano nell’uso comune tra cui il recente musifonino,
proprio della lingua speciale della pubblicità, costituito da
due spezzoni di parole musi- e -fonino (rispettivamente da
musica e telefonino); tra le formazioni esogene possiamo
aggiungere neocon (“A Washington “neocon” più forti. E
due moderati lasciano il posto”, «Corriere della sera», 7
novembre 2004) espressione che implica un drastico
accorciamento per back clipping di conservatore
reimpiegato in funzione di suffissoide e con primo
elemento il formante neo-: la conferma che si tratti di un
prestito fedele ci giunge dall’OEDOL che mette a lemma
neocon dal 1979 con il valore di “a proponent or supporter
of neoconservatisms”).
Analogamente a quanto succede in sede morfologica
con quel processo che Gusmani definisce di “induzione di
morfemi” (Gusmani, 1986: 155-164) anche l’uso
produttivo di unità formative esogene, caratterizzate da
strutture innovative, può determinare un incremento
quantitativo attraverso il processo di rinforzo che ci
“riporta alla discussa sinergia di influssi esogeni ed
endogeni operante nel favorire la genesi di una
innovazione” (Orioles, 2006: 22).
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